Dusty Springfield
Laura Candiani


Marika Banci

 

Era il 1965 e al Festival di Sanremo si esibivano, a fianco di interpreti italiani/e, cantanti di fama internazionale, soprattutto di provenienza inglese e americana; quell'edizione fu vinta da Bobby Solo con Se piangi, se ridi, in parte risarcito dell'esclusione dell'anno precedente, quando non fu fatto cantare in playback a causa dell'abbassamento di voce. Su quel palco, insieme fra gli altri a Gene Pitney, Petula Clark, Connie Francis, comparve anche la giovane e graziosa inglese Dusty Springfield, semisconosciuta al pubblico italiano. Cantò due brani che non lasciarono un segno particolare: Tu che ne sai e Di fronte all'amore. Ma proprio lì aveva ascoltato una canzone che l'aveva colpita particolarmente e che continua a essere bellissima: Io che non vivo, musica e voce di Pino Donaggio, testo di Vito Pallavicini. Pensate che se ne vendettero più di 80 milioni di dischi in tutto il mondo e fu cantata dalle massime celebrità: da Cher a Elvis Presley, da Tom Jones a Brenda Lee. E Dusty, appunto, se la portò a Londra dove la fece tradurre dall'amica Vicky Wickham: nacque così You Don't Have to Say You Love Me che le fruttò ottime vendite e grande popolarità.

Paul e Ringo con Tom Jones e Dusty Springfield ai Melody Maker Pop Awards alla Post Office Tower, Londra, 13 settembre 1966

Prendendo qualche notizia da Ondarock (specie riguardo al memorabile Lp Dusty in Memphis) e dal bel libro di Lucio Mazzi Just like a woman dedicato alle straordinarie donne interpreti del pop, del rock e della canzone d'autore, si viene a sapere che Dusty si chiamava Mary Isabel Catherine Bernadette O'Brien, ma fu soprannominata Dusty, che si potrebbe tradurre con "impolverata" perché era una bambina molto vivace e giocava spesso a pallone all'aria aperta. Era nata a Londra il 16 aprile 1939 da una coppia arrivata dall'Irlanda e amava fin da piccola la musica, grazie anche alla passione del nonno che le faceva ascoltare dischi di qualità; lei però voleva cantare e aveva come idolo la celebre Peggy Lee. Prima dei venti anni lasciò gli studi ed entrò in un gruppo musicale femminile: le Lana Sisters; l'esperienza le fu utile per darle delle basi di armonia, di tecnica di canto e di registrazione dei suoni. Cominciò con qualche esibizione in pubblico e alla tv, incise fra l'altro la versione tradotta del brano di Mina Tintarella di luna. Nel 1960 formò un gruppo folk con il fratello Tom e Reshad Feild, denominato The Springfields; ebbero un certo successo, trovarono un contratto, perfino poterono cantare a Nashville, il tempio americano della musica folk, e registrare un album. Ma il trio durò poco perché lei decise di fare carriera da solista, scegliendo come cognome proprio Springfield, e perché altri generi di musica si stavano affermando.

Subito realizza un 45 giri che entra nelle classifiche e le dà notorietà: I Only Want To Be with You; seguono altri dischi interessanti (fra cui A Girl Called Dusty) e collaborazioni con musicisti destinati a grande fama, come Burt Bacharach e Carole King. Viene anche in Italia e fa conoscere Stupido stupido, versione tradotta di Wishin' and Hopin'. In quello stesso 1964 a Città del Capo, in Sudafrica, avviene un fatto senza precedenti: si esibisce in un concerto in cui il pubblico, per sua richiesta, è misto e ciò le frutta l'immediata espulsione dal Paese. Sarà definita una scocciatrice dalla stampa britannica; in realtà è una persona coerente, dal carattere spiccato, che non tollera il razzismo e le discriminazioni. Un sondaggio della rivista New Musical Express comunque la mette al primo posto fra le voci femminili, eppure era l'epoca di cantanti forse più celebri di lei come Sandie Shaw (la ricordate? amava esibirsi a piedi nudi) e Cilla Black.

Tornando al Festival di Sanremo e alla registrazione del futuro grande successo, anzi un evergreen come si dice in gergo, fra le prime cento canzoni di ogni tempo secondo un sondaggio della Bbc, si racconta che Dusty fosse molto pignola, attenta ai suoni, una vera perfezionista e pretendeva un effetto di eco che in studio non si riusciva a ottenere. Alla fine fu soddisfatta quando poté cantare nel fondo di una scala, dalla cantina della sede discografica dove era stato montato un microfono. In breve ebbe anche un'altra notevole gratificazione professionale perché le fu offerto un programma televisivo tutto per sé dove lanciò il secondo Lp e presentò al pubblico inglese nuovi talenti, personaggi del blues emergenti, da Steve Wonder ragazzino alle Supremes, da Marvin Gaye ai Temptations. Riconfermata in patria cantante dell'anno, la sua carriera trova sbocchi straordinari negli Usa dove la talentuosa Carole King scrive apposta per lei Some of Your Lovin' e Goin' Back e Bacharach le regala The Look of Love, brano indimenticabile che farà parte della colonna sonora del film Agente 007 Casino Royale.

Dusty era assai miope, ma non portava gli occhiali per mostrare i suoi begli occhi sempre truccati alla perfezione; indossava abiti luccicanti che mettevano in evidenza la sua figurina snella e minuta, portava i capelli biondi, secondo la moda di allora, gonfi e cotonati, ma era una ragazza cattolica di provenienza umile, dal carattere mutevole, insicura, con molti dolori dentro di sé che mascherava sotto l'apparente felicità ed eleganza. Un suo problema poco risolto, vista l'epoca, era l'orientamento sessuale che le creava notevoli disagi e inquietudine. Quello però che metteva pace fra le due anime, quella di Mary e quella di Dusty, era la notevole voce di mezzosoprano estremamente duttile, tanto che l'avevano soprannominata "gazza ladra", perché alla lettera rubava modi, tonalità, stile, acuti, passando da un genere all'altro con una disinvoltura senza pari: tradizione, folk, pop, rock, blues, soul, tutto era in grado di sperimentare.

Fra 1967 e 1970 la sua carriera è all'apice: incide nuovi album in cui inserisce raffinate interpretazioni di pezzi nuovi, scritti per lei da Bacharach e altri prestigiosi musicisti, a fianco di versioni inglesi di successi internazionali, fra cui Ne me quitte pas di Jacques Brel. Ritorna alla Bbc con trasmissioni tutte sue, ma di nuovo negli Usa, la sua seconda patria artistica, raccoglie i successi più clamorosi e realizza quello che probabilmente è il suo album migliore, Dusty in Memphis, in cui sfoggia le grandi doti vocali. Dal 1971 inizia tuttavia un decennio in cui Dusty vede appannarsi la sua popolarità, inoltre è il momento in cui la stampa pettegola comincia a interrogarsi sulla sua vita sentimentale; che sia una conseguenza di questo o un caso, certo è che la cantante si trasferisce a vivere a Hollywood e lascia la vita pubblica e il suo lavoro, forse anche per una serie di cure. Nel 1978 ritorna sulle scene con un nuovo look: capelli corti, spettinati, sempre bella ed elegante; ha da promuovere l'album In Begins Again e l'anno dopo ha un altro disco da presentare al pubblico, mentre si esibisce per l'ultima volta a Londra, in un importante evento benefico, davanti alle massime autorità.

Poi è il silenzio, finché Dusty viene coinvolta in un concerto dei Pet Shop Boys, suoi grandissimi ammiratori; è il 1987 e con loro canta What Have I Done to Deserve This? che diventa subito molto popolare. L'anno seguente un album celebra i 25 anni di carriera, intanto decide di ritornare a vivere in Gran Bretagna. Nel 1989 i Pet Shop Boys le dedicano nuovi brani e producono Reputation che la riporta al successo. Nel 1995, mentre sta registrando canzoni inedite, Dusty avverte un nodulo al seno che verrà curato e combattuto, ma dopo tre anni la battaglia è persa. Non fa in tempo a ricevere l'onorificenza di Officer of the Order of the British Empire e muore il 2 marzo 1999 a Henley-on-Thames, non ancora sessantenne. Persino Elisabetta II, notoriamente assai riservata, spenderà per lei sincere parole di rimpianto. D'altra parte proprio una regina se n'era andata, anche se del pop.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

 

C'était en 1965 et au Festival de Sanremo que se produisaient, aux côtés des interprètes italiens, des chanteurs de renommée internationale, principalement d'origine anglaise et américaine ; cette édition a été remportée par Bobby Solo avec Se piangi, se ridi, partiellement compensé par l'exclusion de l'année précédente, lorsqu'il n’avait pas pu chanter en playback à cause de sa voix qui avait baissé. Sur cette scène, aux côtés d'autres comme Gene Pitney, Petula Clark, Connie Francis, est apparue aussi la jeune et jolie anglaise Dusty Springfield, presque inconnue du public italien. Elle a chanté deux pièces qui n’ont pas laissé de trace particulière : Tu che ne sai et Di fronte all'amore. Mais c'est là qu'elle a entendu une chanson qui l'impactera particulièrement et qui continue à être magnifique : Io che non vivo, musique et voix de Pino Donaggio, texte de Vito Pallavicini. Pensez que plus de 80 millions de disques ont été vendus dans le monde entier et elle a été chantée par les plus grandes célébrités : de Cher à Elvis Presley, de Tom Jones à Brenda Lee. Et Dusty, justement, l'a emporté à Londres où elle l’a traduit par son amie Vicky Wickham : c’est ainsi qu’est né You Don't Have to Say You Love Me, qui lui rapportera d'excellentes ventes et une grande popularité.

Paul et Ringo avec Tom Jones et Dusty Springfield aux Melody Maker Pop Awards à la Post Office Tower, Londres le 13 septembre 1966

En prenant quelques informations d'Ondarock (surtout concernant le mémorable LP Dusty in Memphis) et du beau livre de Lucio Mazzi Just Like a Woman dédié aux extraordinaires femmes interprètes de pop, de rock et de chanson d'auteur, on apprend que Dusty s'appelait Mary Isabel Catherine Bernadette O'Brien, mais on la surnomme Dusty, qui pourrait se traduire par "poussiéreuse" car elle était une enfant très vive et jouait souvent au ballon en plein air. Elle est née à Londres le 16 avril 1939 d'un couple venu d'Irlande et elle aime la musique depuis son enfance, grâce aussi à la passion de son grand-père qui lui faisait écouter des disques de qualité ; elle, cependant, voulait chanter et avait pour idole la célèbre Peggy Lee. Avant d'avoir vingt ans, elle quitte les études et rejoint un groupe musical féminin : les Lana Sisters ; cette expérience lui est utile pour lui donner des bases d'harmonie, de technique vocale et d'enregistrement des sons. Elle commence par quelques performances publiques et à la télévision, elle enregistre entre autres la version traduite du pièce de Mina Tintarella di luna. En 1960, elle forme un groupe folk avec son frère Tom et Reshad Feild, nommé The Springfields ; ils ont un certain succès, trouvent un contrat et purent même chanter à Nashville, le temple américain de la musique folk, et enregistrer un album. Mais le trio dure peu car elle décide de faire carrière en solo, choisissant comme nom de scène justement Springfield, et parce que d'autres genres de musique s'affirment.

Elle réalise immédiatement un 45 tours qui entre dans les classements et lui donnera notoriété : I Only Want to Be with You ; d'autres disques intéressants suivent (dont A Girl Called Dusty) et des collaborations avec des musiciens destinés à une grande renommée, comme Burt Bacharach et Carole King. Elle a vécu aussi en Italie et a fait connaître Stupido stupido, version traduite de Wishin' and Hopin'. Cette même année, en 1964, à Cape Town, en Afrique du Sud, un fait sans précédent se produit : elle se produit lors d'un concert où le public, à sa demande, était mixte, ce qui lui vaut une expulsion immédiate du pays. Elle a été qualifiée de casse-pieds par la presse britannique ; en réalité, c'était une personne cohérente, au caractère bien trempé, qui ne tolérait pas le racisme et les discriminations. Un sondage de la revue New Musical Express la place néanmoins au premier rang parmi les voix féminines, et pourtant c'était l'époque de chanteuses peut-être plus célèbres qu'elle comme Sandie Shaw (vous vous en souvenez ? elle aimait se produire pieds nus) et Cilla Black.

En revenant au Festival de Sanremo et à l'enregistrement de son futur grand succès, en fait un evergreen comme on dit dans le jargon, parmi les cent premières chansons de tous les temps selon un sondage de la BBC, on raconte que Dusty était très exigeante, attentive aux sons, une véritable perfectionniste qui exigeait un effet d'écho que l'on ne pouvait pas obtenir en studio. À la fin, elle était satisfaite lorsqu'elle pouvait chanter au fond d'un escalier, depuis la cave de la maison de disque où un microphone avait été installé. En peu de temps, elle a eu aussi une autre gratification professionnelle notable car on lui propose une émission télévisée entièrement dédiée où elle lance son deuxième LP et présente au public anglais de nouveaux talents, des personnages du blues émergents, de Steve Wonder jeune aux Supremes, de Marvin Gaye aux Temptations. Reconduite chez elle comme chanteuse de l'année, sa carrière trouve des débouchés extraordinaires aux États-Unis où la talentueuse Carole King lui écrit Some of Your Lovin' et Goin' Back et Bacharach lui offre The Look of Love, pièce inoubliable qui fera partie de la bande originale du film Agente 007 Casino Royale.

Dusty était très myope, mais elle ne portait pas de lunettes pour montrer ses beaux yeux toujours parfaitement maquillés ; elle portait des vêtements scintillants qui mettaient en valeur sa silhouette mince et petite, elle avait des cheveux blonds, selon la mode de l'époque, volumineux et bouclés, mais c'était une fille catholique d'origine modeste, au caractère changeant, insécure, avec beaucoup de douleurs en elle qu'elle masquait sous l'apparente joie et élégance. Un de ses problèmes non résolus, vu l'époque, était son orientation sexuelle qui lui créait des désagréments et de l'inquiétude. Ce qui mettait cependant la paix entre les deux âmes, celle de Mary et celle de Dusty, était sa voix de mezzo-soprano extrêmement versatile, tant et si bien qu'on l'avait surnommée "pie voleuse", car littéralement elle volait des façons, des tonalités, des styles, des aigus, passant d'un genre à l'autre avec une aisance inégalée : tradition, folk, pop, rock, blues, soul, elle pouvait tout expérimenter.

Entre 1967 et 1970, sa carrière était à son apogée : elle enregistrait de nouveaux albums dans lesquels elle incluait des interprétations raffinées de pièces nouveaux, écrits pour elle par Bacharach et d'autres musiciens prestigieux, à côté de versions anglaises de succès internationaux, dont Ne me quitte pas de Jacques Brel. Elle revenait à la BBC avec des émissions toutes à elle, mais de nouveau aux États-Unis, sa deuxième patrie artistique, elle récoltait les succès les plus éclatants et réalisait ce qui est probablement son meilleur album, Dusty in Memphis, dans lequel elle mettait en avant ses grandes qualités vocales. À partir de 1971, elle entame cependant une décennie où Dusty voit sa popularité s'estomper, de plus, c'était le moment où la presse People commençait à s'interroger sur sa vie sentimentale ; que ce soit une conséquence de cela ou une coïncidence, il est certain que la chanteuse a déménagé à Hollywood et a abandonné la vie publique et son travail, peut-être aussi à cause d'une série de soins. En 1978, elle retourne sur scène avec un nouveau look:cheveux courts, décoiffés, toujours belle et élégante; elle avait à promouvoir l'album In Begins Again et l'année suivante, elle avait un autre disque à présenter au public, tout en se produisant pour la dernière fois à Londres, lors d'un important événement caritatif, devant les plus hautes autorités.

Puis vint le silence, jusqu'à ce que Dusty soit impliquée dans un concert des Pet Shop Boys, ses grands admirateurs ; c'était en 1987 et avec eux elle chante What Have I Done to Deserve This?, qui devient immédiatement très populaire. L'année suivante, un album célébre les 25 ans de carrière, entre-temps elle décide de retourner vivre en Grande-Bretagne. En 1989, les Pet Shop Boys lui dédient de nouvelles pièces et produisent Reputation qui la ramène au succès. En 1995, tandis qu'elle enregistrait des chansons inédites, Dusty sentait une grosseur au sein qui sera traitée et combattue, mais après trois ans, la bataille sera perdue. Elle ne reçoit pas à temps l'honneur de Officer of the Order of the British Empire et meurt le 2 mars 1999 à Henley-on-Thames, pas encore sexagénaire. Même Élisabeth II, notoirement très réservée, dépense pour elle des paroles sincères de regret. D'autre part, une reine était vraiment partie, même si c'était du pop.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

 

Era 1965 y en el Festival de San Remo, junto a artistas italianas e italianos, actuaban cantantes de renombre internacional, sobre todo de origen británico y estadounidense. En aquella edición ganó Bobby Solo con la canción Se Piangi, se ridi, lo que lo ompensó parcialmente de la exclusión del año anterior, cuando no le permitieron cantar en Playback debido a una pérdida de voz. En ese escenario, junto a otras cantantes como Gene Pitney, Petula Clark y Connie Francis, también apareció la joven y agraciada británica Dusty Springfield, poco conocida entre el público italiano. Cantó dos canciones que no dejaron una huella singular: Tu che ne sai y Di fronte all’amore. Pero justo allí escuchó una canción que la impresionó particularmente y que sigue siendo muy hermosa: Io che non vivo, música y voz de Pino Donaggio, letra de Vito Pallavicini. Pensad que se vendieron más de 80 millones de discos en todo el mundo y que fue interpretada por las mayores celebridades: de Cher a Elvis Presley, de Tom Jones a Brenda Lee. Y Dusty, precisamente, la llevó a Londres y se la hizo traducir por su amiga Vicky Wickham dando a luz You Don’t Have to Say You Love Me, que le dio buenas ventas y gran popularidad.

Paul y Ringo con Tom Jones y Dusty Springfield en los premios Melody Maker Pop Awards en la Post Office Tower, Londres, 13 de septiembre de 1966

Teniendo en cuenta la información de Ondarock (especialmente sobre el memorable disco «Dusty in Memphis») y en el buen libro de Lucio Mazzi Just like a Woman dedicado a las extraordinarias mujeres intérpretes del pop, del rock y de la canción de autor, sabemos que Dusty se llamaba Mary Isabel Catherine Bernadette O’Brien, pero fue apodada Dusty, que podemos traducir con «polvorienta», porque era una niña muy activa y a menudo jugaba al aire libre. Nació en Londres el 16 de abril de 1939 de padres inmigrantes irlandeses y desde niña amaba la música, también gracias a la pasión de su abuelo que le hacía escuchar discos de calidad; pero ella quería cantar e idolatraba a Peggy Lee. Antes de los veinte años dejó los estudios y se unió a un grupo musical femenino: las Lana Sisters. La experiencia le fue útil ya que le dio las bases de armonía, de técnica de canto y de grabación de sonidos. Comenzó con algunas actuaciones en público y en la televisión, grabó, entre otras cosas, la versión traducida de la canción de Mina Tintarella di Luna. En 1960, creó un grupo de folk con sus hermanos Tom y Reshad Feild que llamaron The Springfields. Los tres tuvieron bastante éxito, consiguieron un contrato e incluso cantaron en Nashville –el templo estadounidense de la mùsica folk– y grabaron un álbum. Pero el trío no duró mucho porque ella decidió hacer carrera en solitario –con el mismo apellido Springfield– y otros géneros musicales se estaban imponiendo.

Enseguida grabó el 45 rpm I Only Want to be with You que llegó a ser un hit y le dio fama; siguen otros discos interesantes, como A Girl Called Dusty, y colaboraciones con músicos destinados a la fama, como Burt Bacharach y Carole King. Fue también a Italia y dio a conocer la versión traducida de Wishin’ and Hopin’: Stupido Stupido. En ese mismo 1964, en la Ciudad del Cabo, en Sudáfrica, ocurrió un hecho sin precedentes: actuó en un concierto donde solicitó que el público fuera mixto y eso le causó enseguida la expulsión del país. La prensa británica la consideraba molesta; en efecto, fue una persona consecuente con un carácter fuerte que no toleraba el racismo y las discriminaciones. Una encuesta de la revista New Musical Express la puso en primer lugar entre todas las voces femeninas, sin embargo, era una época en que había cantantes quizás más famosas que ella, como Sandie Shaw (¿La recordáis? Le gustaba actuar descalza) y Cilla Black.

Volviendo al Festival de San Remo y a la grabación de su gran éxito, que también puede decirse de popularidad perenne, entre las cien mejores canciones según una encuesta de la BBC, se dice que Dusty era muy meticulosa, atentas a los sonidos, una verdadera perfeccionista y que exigía un efecto de eco que no se podía conseguir en el estudio. Por fin, se sintió satisfecha cuando pudo cantar en el rincón más humilde de una escalera, desde la bodega de la sede discográfica donde habían colocado un micrófono. Pronto tuvo otra gran gratificación profesional cuando le propusieron un programa de televisión propio donde presentó su segundo álbum e introdujo al público nuevos talentos, a nuevas promesas del blues: desde el joven Steve Wonder hasta las Supremes, de Marvin Gaye a los Temptations. Reafirmada como mejor cantante del año en su país, su carrera alcanzó nuevas alturas en los Estados Unidos, donde la talentosa Carole King escribió solo para ella Some of Your Lovin’ y Goin’ Back y Bacharach le regaló The Look of Love, una canción inolvidable que fue incluida en la banda sonora de la película 007 Casino Royal.

Dusty era muy miope, pero no usaba gafas para mostrar sus hermosos ojos siempre perfectamente maquillados; vestía ropas brillantes que resaltaban su figura esbelta y menuda, llevaba el cabello rubio y esponjoso, según la moda de la época, pero detrás de esa imagen de felicidad y elegancia, se escondía una chica católica de origen humilde, voluble, insegura y con muchos dolores interiores. En la época en que vivía, su orientación sexual era un tema pendiente que le causaba un gran malestar e inquietud. Lo que logró apaciguar las dos almas, la de Mary y la de Dusty, fue la voz extraordinaria de mezzosoprano altamente versátil, hasta el punto que la apodaron «urraca», porque literalmente robaba modos, tonalidades, estilos, agudos, mientras pasaba de un género a otro con una facilitad sin igual: tradiciones, folk, pop, rock, blues, soul; todo estaba a su alcance.

Entre 1967 y 1970 su carrera estaba en su apogeo: grabó nuevos discos en los que incluyó refinadas versiones de nuevas canciones escritas para ella por Bacharach y otros prestigiosos músicos, junto a versiones inglesas de éxitos internacionales, como Ne me quitte pas de Jacques Brel. Volvió a la BBC con programas proprios, pero nuevamente se fue a los Estados Unidos, su segunda patria artística, donde logró sus mejores éxitos y realizó quizás su mejor álbum en el que exhibió su voz dotada: Dusty in Memphis. Sin embargo, desde 1971 comenzó una década en la que Dusty vio su popularidad decaer y paralelamente el periodismo sensacionalista empezó a interesarse por su vida amorosa. Coincidencia o no, lo que fue cierto es que la cantante se mudó a vivir a Hollywood y dejó su vida pública y su carrera, quizás también para recibir algún tipo de tratamiento. En 1978, regresó con un nuevo aspecto: cabello corto y despeinado, siempre hermosa y elegante. Tenía que promover el álbum In Begins Again y el año siguiente lanzó otro disco , mientras actuaba por última vez en Londres, en un gran evento benéfico, ante a las máximas autoridades.

Y luego hubo silencio hasta el 1987, cuando Dusty fue invitada a un concierto de los Pet Shop Boys, sus grandes admiradores, y junto a ellos cantó ¿What Have I done to Deserve This? que rápidamente se hizo muy popular. El año siguiente un álbum conmemoró sus 25 años de carrera, mientras tanto decidió regresar a vivir en el Reino Unido. En 1989 los Pet Shop Boys le dedicaron nuevas canciones y produjeron Reputation que la devolvió al éxito. En 1995, mientras grababa unas canciones inéditas, Dusty sintió un bulto en el pecho que fue tratado y contra el cual luchó, pero después de tres años perdió su batalla. No alcanzó a recibir la Orden del Imperio Británico. Murió el 2 de marzo de 1999 en Henley-on-Thames, sin llegar a los sesenta años. Incluso la reina Isabel II, conocida por ser muy reservada, dedicó sinceras palabras de pésame para ella. De hecho había fallecido una reina, aunque fuera del pop.

 

Nico
Simona Guerrini


Marika Banci

 

Nata a Colonia il 16 ottobre del 1938 da genitori di origini spagnole e iugoslave, Christa Päffgen trascorre l’infanzia nella Germania nazista, dove suo padre muore in manicomio in seguito a danni cerebrali riportati dopo aver preso servizio nella Wehrmacht, l’esercito tedesco. Per sfuggire ai bombardamenti, la madre Margarete Schulze si rifugia assieme alla piccola di due anni nella foresta di Sprea, a nord di Berlino. In seguito, terminata la guerra, madre e figlia si trasferiscono nella parte di Berlino di amministrazione statunitense, di cui Christa assorbe la cultura. La ragazza, durante la scuola, lavora anche come sarta e come commessa di lingerie. In quegli anni viene notata dall'industria della moda: Christa è alta, slanciata, elegante, e intraprende la carriera di modella. Quando ha tredici anni viene violentata da un sergente statunitense. L’uomo è arrestato e processato dalla corte marziale, ma la ferita di Christa rimarrà indelebile (della vicenda è infatti eredità il brano Secret Side, contenuto nel suo quarto album solista, The End, del 1974). La ragazza continua a lavorare come modella. Durante un soggiorno a Ibiza un amico fotografo la ribattezza “Nico”, in onore del regista greco Nikos Papatakis con cui il fotografo stava al tempo intrattenendo una relazione. Alla ragazza il nome piace e decide di adottarlo come nome d'arte (in un primo momento “Krista Nico”). 

Nico viene richiesta a Parigi dalla celebre rivista di moda Vogue e da altri magazine di rilevo. All’età di diciassette anni viene ingaggiata da Coco Chanel, per cui lavora brevemente prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove prosegue con successo nella professione di modella. Lavora anche come attrice, prende parte a diversi spot pubblicitari per poi apparire in piccoli ruoli di film di successo. Viene notata da Federico Fellini che le offrirà una parte marginale nel suo celebre film La dolce vita (1969). La musica inizia a presentarsi in misura rilevante nella vita di Nico: nel 1962 la modella presta il suo volto alla copertina dell’album Moon Beams, del grande jazzista Bill Evans. Arriviamo così nella New York d’inizio anni Sessanta. Nico s’imbatte proprio in Niko Papatakis, con cui avrà una relazione per circa due anni, nonostante la differenza d’età. Viaggiando apprende diverse lingue: l'inglese, il francese, lo spagnolo e l’italiano. Riesce a stringere molte amicizie che l’aiuteranno a farsi strada. Tra le varie conoscenze influenti, anche Alain Delon. I due hanno una relazione da cui nasce un figlio, detto Ari, mai riconosciuto dal celebre attore. La modella non riesce ad occuparsene a tempo pieno e lo affida alla nonna paterna; il ragazzo cresce quindi in una situazione paradossale: viene allevato dalla famiglia del padre, senza tuttavia mai incontrarlo.

Marcello Mastroianni e Nico sul set de “La dolce vita” (Federico Fellini, 1960). Photo credits: radiocittaperta.it

La musica nel frattempo prende sempre più spazio nella vita di Nico. Il primo live avviene nel 1963, al Blue Angel di New York, dove interpreta una versione del brano My Funny Valentine, un classico di Rodgers e Hart. Nel 1965 incontra Brian Jones, chitarrista-polistrumentista dei Rolling Stones, e registra il suo primo singolo I’m Not Saying. Il lato B del singolo è prodotta da Jimmy Page, chitarrista dei Led Zeppelin. Incontra inoltre il già celebre Jimi Hendrix al festival di Monterey. Nel 1966 arriva la svolta: Andy Warhol la inserisce nella sua celebre Factory, un collettivo di artisti di cui lui rappresentava il centro nevralgico. L’artista comprende le potenzialità della figura di Nico, soprattutto a livello estetico. Sarà in questo contesto che è incoraggiata dallo stesso Warhol a unirsi ai Velvet Underground, di cui lui è produttore. The Velvet Underground and Nico, del marzo 1967, è il primo disco della cantante, in cui la presenza è tuttavia marginale a livello compositivo: testi e melodie vengono infatti scritti prevalentemente dal frontman Lou Reed e lei si ritrova a fare un ottimo lavoro di carattere prevalentemente interpretativo. Il disco inizialmente fa fatica ad affermarsi ma verrà poi nel tempo considerato dalla rivista Rolling Stone come uno dei migliori cinquecento album di sempre, nella posizione numero 13. La rivista Uncut lo considererà invece il migliore album di debutto di tutti i tempi. Nico stringe un buon rapporto con John Cale, chitarrista della band, al contrario di quello intessuto con Lou Reed: una relazione, anche sentimentale, in cui tra i due sembrerebbe esserci soprattutto reciproca invidia. Di lì a poco la cantante decide infatti di separare il suo percorso da quello dei Velvet Underground, poiché per lei limitante.

Nico e Andy Warhol ritratti come Batman e Robin nel 1967 – © Frank Bez
Nico e i Velvet Underground

Chelsea Girl è il suo primo lavoro solista, qualche mese dopo l’uscita dai Velvet Underground. Si esibisce spesso al Doom di New York, accompagnata da grandi musicisti. Nella track list dell’album troviamo anche un’interpretazione di I'll Keep It with Mine di Bob Dylan, conosciuto due anni prima a Parigi. Nico stessa tuttavia, così come il pubblico, considererà negli anni questo disco come non sufficientemente riuscito. Nel luglio 1967 avviene l’incontro con Jim Morrison, il “re lucertola”. I due hanno una relazione intensa, tra viaggi e uso di droghe psichedeliche; in questo contesto Morrison si prende cura della cantante, spronando Nico a scrivere lei stessa la propria musica e i propri testi, a cui lei dedica un’attenta cura. Jim tornerà poi dalla compagna Pamela Courson. Nonostante la rottura, dell’eredità del rapporto vi è traccia nella pubblicazione di The Marble Index, di cui la cantante scrive interamente testi e musica. L’album, all’epoca d'avanguardia, vende inzialmente poco ma in seguito diviene un classico. Sempre frequentando la Factory, Nico fa poi la conoscenza di Iggy Pop e degli Stooges.

Gli anni Settanta sono problematici, drammatici, caratterizzati dalla presenza dell’eroina, di cui farà uso per circa quindici anni. Dopo essersi trasferita in Italia col regista sperimentale Philippe Garrel, la cantante scrive, nella costiera amalfitana, quello che è forse considerato il suo capolavoro, Desertshore. I due si trasferiscono poi a Parigi, in un malmesso appartamento di proprietà del padre di Garrel, e in quegli anni i due girano una serie di film sperimentali di scarso successo. È in questo periodo che Nico perde la custodia del figlio Ari, che in seguito diverrà a sua volta tossicodipendente. Nonostante i problemi con l’eroina, Nico continua a registrare dischi sperimentali. È nel 1974 che, in onore di Jim Morrison, incide The End, con Brian Eno al sintetizzatore. Camera Obscura è invece del 1987. Questi dischi getteranno le basi del post-punk, della new wave e del movimento dark. Nella metà degli anni Ottanta Nico si accinge ai suoi ultimi tour, molto dedita alla droga, senza fissa dimora e aggressiva: si dice abbia minacciato di accoltellare il suo stesso manager, facendo andare il furgone fuori strada.

Estate 1988, 18 luglio: durante un soggiorno a Ibiza assieme al figlio Ari, Nico esce in bicicletta in quella che è forse la giornata più calda dell’anno. Durante il percorso ha un mancamento, cade, sbatte la testa. Viene portata urgentemente in diversi ospedali dell’isola ma è sempre respinta perché la sua assicurazione sanitaria non è in regola. Soltanto la Croce Rossa l’accetta ma, a causa di una diagnosi sbagliata (“insolazione”) la cantante muore di lì a poche ore. Il mito di Nico resta tuttavia vivo ed attuale. La sua figura è un punto di riferimento di classe, ricercatezza ed eleganza. La sua voce e la sua musica sono indimenticabili.


Traduzione francese

Rachele Stanchina

 

Christa Paffgen dite Nico est née à Cologne le 16 octobre 1938 de parents d’origine espagnole et yougoslave. Elle passe son enfance dans l’Allemagne nazie où son père meurt dans un asile à la suite de lésions cérébrales dues à son service dans la Wehrmacht pendant la Deuxième Guerre Mondiale. Sa mère Margarete Schulze, pour fuir les bombardements, se réfugie avec la petite Christa alors âgée de deux ans dans la forêt de Sprea, au nord de Berlin. Une fois la guerre terminée, mère et fille s’installent dans la zone de Berlin qui est contrôlée par les Etats-Unis, et Christa se nourrit de l’ambiance et de la culture américaine. Durant sa scolarité, la jeune fille travaille comme couturière et vendeuse de lingerie. C’est à cette période qu’elle est remarquée dans le monde de la mode: elle est grande, élancée et élégante. Elle entame alors une carrière de mannequin. A l’âge de treize ans, elle est violée par un sergent américain. L’homme est arrêté et jugé par la cour martiale mais la blessure de Christa restera indélébile et elle en parlera dans la chanson Secret Side qui fait partie de son quatrième album comme soliste, The End, de 1974.Cette blessure n ’empêchera pas la jeune fille de continuer à travailler comme mannequin. Pendant un séjour à Ibiza, un ami photographe lui donne le surnom “Nico”, en l’honneur du metteur en scène Nikos Papatakis avec lequel il avait une liaison à cette époque. La jeune fille aime ce surnom et elle décide de l’adopter comme nom d’artiste (au début Khrista Nico).

Elle est appelée à Paris par la célèbre revue de mode Vogue ainsi que par d’autres magazines importants. Elle a dix-sept ans lorsqu’ elle est engagée par Coco Chanel, pour laquelle elle travaille avant de partir pour les Etats-Unis et continuer avec succès sa carrière de mannequin. Elle est aussi actrice: elle tourne plusieurs publicités puis elle obtient des petits rôles dans des films à succès. Federico Fellini la remarque et lui offrira un rôle marginal dans son célèbre film La dolce vita (1969). La musique commence à devenir importante dans sa vie. En 1962, le visage de Nico apparaît sur la couverture de l’album Moon Beams du grand musicien Jazz Bill Evans. On arrive ainsi dans le New York du début des années soixante. Nico rencontre Niko Papatakis et elle entretient avec lui une liaison qui durera presque deux ans malgré la différence d’âge. En voyageant, elle apprend plusieurs langues comme l’anglais, le français, l’espagnol et l’italien et elle nouera des liens d’amitié qui l’aideront à se faire une place dans la vie. Parmi ces connaissances importantes, celle d’ Alain Delon. Elle aura une liaison avec l’acteur et ils auront un fils prénommé Ari que le célèbre acteur ne reconnaîtra jamais. Le mannequin, n’arrivant pas à s’en occuper complètement, le confie à sa grande-mère paternelle. C’est ainsi que le garçon vit dans une situation paradoxale étant élevé par la famille de son père qu’il ne rencontrera jamais.

Marcello Mastroianni et Nico sur le tournage de « La dolce vita » (Federico Fellini, 1960). Photo credits: radiocittaperta.it

Entre-temps la musique prend de plus en plus de place dans la vie de Nico. En 1963, elle se produit dans son premier live au Blue Angel de New York où elle y interprète une version de My Funny Valentine, un classique des Rodgers and Hart. En 1965, elle rencontre Brian Jones, guitariste et multi-instrumentiste des Rolling Stones, et enregistre son premier single I’m not saying. La face B du single est produite par Jimmy Page, guitariste des Led Zeppelin. Au festival de Monterey, elle fait aussi la rencontre du déjà célèbre Jimi Hendrix. L’année 1966 est l’année du grand changement: Andy Warhol la fait participer à sa fameuse Factory, un atelier d’artistes dont il est le centre névralgique. Warhol détecte tout de suite le potentiel artistique de Nico, surtout au niveau esthétique, et il l’encourage à se lier aux Velvet Underground dont il est le producteur. Le premier disque de la chanteuse est The Velvet Underground et Nico (1967) mais au niveau de la composition son apport est marginal car elle ne fait que chanter et interpréter magnifiquement les mélodies et les textes écrits par le leader du groupe Lou Reed. Le disque a des débuts difficiles mais au fil des années la revue Rolling Stones le considérera comme l’un des cinq-cents plus grands albums de tous les temps, occupant ainsi la 13e position, tandis que pour la revue Uncut il est le meilleur album de tous les temps. Nico a un bon rapport amical avec John Cale, guitariste du groupe, bien différent de celui qu’elle entretient avec Lou Reed avec qui elle a une liaison aussi bien professionnelle que sentimentale caractérisée par une envie mutuelle. Bientôt la chanteuse, qui se sent limitée artistiquement, décide de se séparer des Velvet Underground.

Nico et Andy Warhol interprétés comme Batman et Robin en 1967 – © Frank Bez
Nico et le Velvet Underground

Quelque mois plus tard sort Chelsea Girl, son premier album en tant que soliste. Elle se produit souvent, accompagnée de grands musiciens, au Doom de New York. Parmi la track list de l’album on peut y écouter une interprétation de I’ll Keep It with Mine de Bob Dylan qu’elle a rencontré à Paris deux ans auparavant. Toutefois elle-même et son public considèrent cet album comme peu abouti. Au mois de juillet 1967, elle rencontre Jim Morrison, le “roi lézard” avec qui elle aura une liaison intense, ponctuée de voyages et d’usage de drogues psychédéliques. Durant cette période, Morrison prend soin de la chanteuse et la pousse à composer sa musique et à écrire ses textes, ce qu’elle fait avec beaucoup d’application. Toutefois Jim la quittera pour retourner avec son ex compagne Pamela Courson. Malgré leur rupture, l’album The Marble Index montre que le lien entre les deux artistes a eu des conséquences importantes pour Nico puisqu’elle est désormais autrice des musiques et des textes de ses chansons. Cet album d’avant-garde devient un classique même si au début il ne se vend que quelques copies. C’est toujours dans la Factory que Nico fait la rencontre de Iggy Pop et des Stooges.

Les années soixante-dix sont dramatiques et difficiles pour Nico, marquées par l’usage d’héroïne qui l’accompagnera pendant une quinzaine d’années. Nico s’installe en Italie avec le metteur en scène Philippe Garrel et, sur la Côte amalfitaine, elle écrit Desertshore qui est considéré comme son chef d’œuvre. Plus tard, le couple vivra à Paris dans un studio en mauvais état qui appartient au père de Garrel. C’est à cette période qu’ils tournent une série de films expérimentaux ayant peu de succès, et au même moment Nico perd la garde de son fils Ari qui deviendra à son tour toxicomane. Malgré tous les problèmes dus à la dépendance des drogues, Nico continue à enregistrer des disques: en 1974 sort The End en hommage à Jim Morrison avec Brian Eno au synthétiseur et en 1987 sort Camera Obscur. Ces deux disques vont poser les bases du post-punk, de la New-Wave et du mouvement dark. A la moitié des années quatre-vingt, Nico effectue ses dernières tournées. Elle est toxicomane, agressive et sans domicile fixe. On raconte qu’un jour, elle aurait menacé d’un couteau son manager lui faisant perdre ainsi le contrôle de son véhicule.

Le 18 juillet 1988, lors d’un séjour à Ibiza en compagnie de son fils Ari, elle sort faire un tour à vélo sous la canicule. Sur le parcours, elle a une malaise, tombe et se cogne la tête. On la transporte d’urgence dans plusieurs hôpitaux de l’île mais à chaque fois on refuse son admission car son assurance médicale n’est pas en règle. Finalement, la Croix Rouge la prend en charge mais à cause d’un diagnostique erroné (coup de soleil) Nico meurt quelques heures après probablement d’une hémorragie cérébrale. Le mythe de Nico est encore vivant de nos jours: son image reste synonyme de classe, d’élégance et de raffinement et sa voix et sa musique restent inoubliables.


Traduzione francese

Erika Incatasciato

 

 Nacida en Colonia (Alemania) el 16 de octubre de 1938 de padres de origen español y yugoslavo, Christa Päffgen pasó su infancia en la Alemania nazi, donde su padre murió en un manicomio a causa de lesiones cerebrales sufridas sirviendo en el ejército alemán Wehrmacht. Para escapar de los bombardeos, su madre Margarete Schulze se refugió con su hija de dos años en el bosque de Spree, al norte de Berlín. Después de la guerra, madre e hija se mudaron al sector de Berlín de ocupación estadounidense, donde Christa absorbió su cultura. Mientras estudiaba en la escuela, la joven, trabajaba como costurera y como vendedora de lencería. En aquellos años, la industria de la moda la consideró: Christa era alta, esbelta, elegante y empezó su carrera de modelo. Cuando tenía trece años la violó un sargento estadounidense. El hombre fue apresado y juzgado por la corte marcial, pero la herida será imborrable (en efecto, la canción Secret Side, incluída en su cuarto álbum The End de 1974, es hereda esa historia). La joven siguió trabajando como modelo. Durante una estancia en Ibiza, un amigo fotógrafo la llamó «Nico», en honor al director griego Nico Papatakis, con quien el fotógrafo tenía una relación en aquella época. A la joven le gustó el nombre y decidió adoptarlo como nombre artístico (primero fue «Krista Nico»).

Nico fue requerida en París por la famosa revista «Vogue» y por otras revistas importantes. Cuando tenía diecisiete años la contrató Coco Chanel, para quien trabajó por poco tiempo antes de mudarse a los Estados Unidos, donde siguió con éxito su carrera de modelo. Trabajó también como actriz: participó en varios anuncios y luego apareció en pequeños papeles de películas exitosas. Federico Fellini la notó y le ofreció un papel secundario en la película La Dolce Vita (1969). La música comenzó a presentarse de manera importante en la vida de Nico: en 1962, de modelo, presta su cara a la portada del álbum Moon Beams del gran músico de jazz Bill Evans. A principios de los años sesenta en Nueva York, Nico encontró justo a Nico Papatakis, con quien tuvo una relación durante unos dos años, a pesar de la diferencia de edad. Viajando aprendió varios idiomas: el inglés, el francés, el español y el italiano. Logró entablar amistad con muchas personas que la ayudarán a abrirse camino. Entre los contactos influyentes, también estaba Alain Delon. Ambos tuvieron una relación de la que nació un hijo llamado Ari, jamás reconocido por el famoso actor. La modelo no lograba ocuparse completamente de él y lo confió a la abuela paterna; el joven creció en una situación paradójica: fue criado por la familia de su padre al que nunca conoció.

Marcello Mastroianni y Nico en la gira de «La dolce vita» (Federico Fellini, 1960). Photo credits: radiocittaperta.it

La música, mientras tanto, tomaba cada vez más espacio en la vida de Nico. El primer concierto en vivo fue en 1963 en el Blue Angel (Nueva York), donde interpretó su versión de la canción My Funny Valentine, un clásico de Rodgers y Hart. En 1965 conoció a Brian Jones, guitarrista y multi-instrumentista de los Rolling Stones, y grabó su primer sencillo I’m not Saying. El lado B del sencillo fue producido por Jimmy Page, guitarrista de los Led Zeppelin. Además, conoció al ya famoso Jimi Handrix en el festival de Monterey. En 1966 su vida hizo un viraje: Andy Warhol la incorporó en su famosa «Factory», un colectivo de artistas cuyo centro era él mismo. El artista comprendió el potencial de la figura de Nico sobre todo a nivel estético. En ese contexto, fue alentada a unirse a los Velvet Underground por el mismo Warhol, que era su productor. The Velvet Underground and Nico, de marzo 1967, fue el primer álbum de la cantante, cuya presencia fue marginal a nivel compositivo: letras y melodías fueron escrita principalmente por el líder Lou Reed y ella tuvo que hacer un excelente trabajo sobre todo de carácter interpretativo. Al principio, el álbum no tuvo mucho éxito, pero luego fue considerado por la revista «Rolling Stones» como uno de los mejores quinientos álbumes de todos los tiempos, en el número 13. La revista «Uncut» se dio cuenta de que era el mejor álbum debut de todos los tiempos. Nico tuvo una buena relación con John Cale, guitarrista de la banda, a diferencia de la que tuvo con Lou Reed: una relación, incluso sentimental, en la que parecía que ambos tuvieran envidia mutua. Poco después, la cantante decidió separar su camino de los Velvet Underground, porque pensaba que la limitaban.

Nico y Andy Warhol interpretados como Batman y Robin en 1967 – © Frank Bez
Nico e i Velvet Underground

Chelsea Girl fue su primer trabajo en solitario, unos meses después de dejar a los Velvet Underground. Actuó con frecuencia en el Doom de Nueva York, acompañada por grandes músicos. En la lista de canciones del álbum está también su interpretación de I’ll Keep It with Mine de Bob Dylan, que había conoció dos años antes en París. Sin embargo, en esos años, la misma Nico consideró dicho álbum como no suficientemente exitoso. En julio 1967, conoció a Jim Morrison, el «Rey Lagarto». Los dos tuvieron una relación intensa entre viajes y uso de drogas psicodélicas; en semejante contexto, Morrison se cuidó de la cantante, animando a Nico a escribir su propia música y letras, a las que ella dedicó una cuidadosa atención. Luego, Jim volvió a su compañera Pamela Courson. A pesar de la ruptura, el legado de la relación se reflejó en la publicación de The Marble Index, del que la cantante escribió todas las letras y músicas. El álbum, en su época vanguardista, vendió poco al principio, pero más tarde se convirtió en un clásico. Otra vez gracias a la Factory, Nico conoció a Iggy Pop y a Los Stooges.

Los años setenta fueron problemáticos, dramáticos y caracterizados por la presencia de la heroína, que consumió durante quince años. Al mudarse a Italia con el director experimental Philippe Garrel, la cantante escribió en la costa Amalfitana lo que quizás se hubiera considerado su obra maestra: Desertshore. Luego, los dos se mudaron a París en un apartamento abandonado de propiedad del padre de Garrel y en aquellos años filmaron una serie de películas experimentales de escaso éxito. Fue en esa época que Nico perdió la custodia de su hijo Ari, quien más tarde se convirtió en un adicto. A pesar de sus problemas con la heroína, Nico siguió grabando álbumes experimentales. En 1974, en honor de Jim Morrison, grabó The End con Brian Eno en el sintetizador. Camera Obscura es de 1987. Estos álbumes sentaron las bases de Post Punk, New Wave y del movimiento dark. A mediados de los años ochenta, Nico se preparaba para sus últimas giras, totalmente adicta a las drogas, sin hogar y muy agresiva: se dice que una vez amenazó con apuñalar a su propio mánager, haciendo que la furgoneta saliera de la carretera.

Verano 1988, 18 de julio: durante una estancia en Ibiza con su hijo Ari, Nico salió en bicicleta en el día quizás más caluroso del año. Mientras estaba de paseo tuvo un desmayo, cayó y se golpeó la cabeza. La llevaron de urgencia a varios hospitales de la isla, pero siempre la rechazaban ya que su seguro de salud no estaba en regla. Solo la Cruz Roja la aceptó, pero debido a un diagnóstico erróneo (insolación) la cantante falleció en unas horas. El mito de Nico sigue vivo y actual. Su figura es un punto de referencia de clase, refinamiento y elegancia. Su voz y su música son inolvidables.

 

June Carter
Valeria Pilone


Marika Banci

 

Di recente, ho avuto occasione di guardare una miniserie che mi è piaciuta moltissimo, Daisy Jones & The Six. Si tratta della storia di una rock band degli anni Settanta, dall’ascesa sulla scena musicale di Los Angeles fino alla fama e alla caduta, avvenuta con la loro separazione proprio al culmine del successo. Ma è anche la storia di un amore che porta al tormento e poi alla liberazione. Nello scorrere gli episodi che vedono protagonisti Daisy Jones, Billy Dunne e Camila Alvarez, non ho potuto fare a meno di andare con la mente a un collegamento (anche se solo in parte) alla storia reale di June Carter e Johnny Cash. June nasce a Maces Springs, in Virginia, nel 1923 e sin da subito manifesta le sue doti artistiche di cantante e musicista. Nel 1943 forma un gruppo con la madre Maybelle Carter e le sorelle Helen e Anita, chiamato Mother Maybelle & the Carter Sisters. June ha doti canore e recitative, soprattutto una spiccata verve comica, per cui riescono a dare vita al famoso Grand Ole Opry, programma radiofonico settimanale di musica country e concerti, trasmesso dal vivo sulla radio Wsm di Nashville ogni venerdì e sabato sera, attraverso il quale conosce molti artisti noti, tra cui Elvis Presley.

Ma il programma è il galeotto dell’incontro che le cambierà per sempre la vita. A Nashville passa per caso, per una gita scolastica, un ragazzo, che sente cantare June e ne rimane rapito. È Johnny Cash, che si ripresenterà qualche anno dopo al Grand Ole Opry per cominciare un sodalizio artistico con June senza precedenti, partendo dal brano Ring of fire. Questo pezzo ha una storia particolare: June lo scrive insieme al marito, il cantautore Merle Kilgore, e lo fa interpretare a sua sorella, Anita Carter. Johnny lo ascolta e ne realizza un arrangiamento diverso e particolare come la tematica del brano, ovvero un uomo sposato che canta una canzone scritta per lui da una donna anch’essa sposata ma ormai innamorata del cantante. È il preludio in musica della loro passione, che all’inizio è contenuta. Tra i due ci sono un’alchimia e sinergia pazzesche, non solo artistiche. Johnny, però, è un uomo molto complicato: oltre a essere sposato – come June, appunto – è da tempo in preda ad alcol e stupefacenti, in una discesa sempre più repentina agli inferi, come molte rockstar di quell’epoca (nella miniserie Daisy Jones & The Six, è Daisy la geniale e tormentata artista rock, che rischia – come Cash – di dissolversi per sempre). June è attratta, ma allo stesso tempo respinge l’idea di stare con lui, perché ha paura, teme che questa storia possa distruggerla e perché le sue forti convinzioni religiose le impediscono di lasciarsi andare liberamente a una storia adultera. Ma Johnny non molla, non intende perdere June e le chiede di sposarla per ben trenta volte, dopo aver rischiato di morire per una overdose ed essersi impegnato a ripulirsi. L’attrazione e la chimica tra i due è fortissima e la loro relazione era già cominciata da tempo. June non può più opporsi, in fondo non lo vuole, e così acconsente al matrimonio. Si sposano nel 1968 e da allora resteranno insieme fino alla fine, quando nel maggio del 2003 June muore in seguito alle complicazioni di un intervento al cuore e Johnny la raggiunge nel settembre dello stesso anno.

 

La carriera di June è stata folgorante: un talento naturale per la musica, ma anche per la scrittura, per il cinema e la televisione (si ricorderà il suo personaggio di Sister Ruth nella serie televisiva La signora del West). Alla storia d’amore con Johnny Cash è dedicato il biopic del 2005 Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, prodotto dal figlio John Carter Cash ed interpretato da Reese Witherspoon, che vinse l’Oscar come migliore attrice protagonista, e da uno straordinario Joaquin Phoenix (Golden Globe come miglior attore in un film commedia o musicale), oltre a decine di altri premi di cui questo film ha fatto incetta. Nonostante la solida relazione e l’amore che legava i due artisti, June ha dovuto farsi carico più volte delle fragilità dell’uomo che amava. I demoni della sua mente, dovuti anche a una vita segnata dal dolore (un suo fratello era rimasto ucciso in un incidente sul lavoro e il rapporto con il padre era sempre stato conflittuale), erano ritornati a completare l’opera di distruzione del corpo e dell’anima di Johnny. June gli resta accanto, senza rinunciare alla sua carriera, con un’incrollabile fiducia nella possibilità che il suo uomo possa sempre farcela e tornare a rialzarsi dalle ceneri, come un’araba fenice. Vincerà l’ultimo premio nel 1999, il Grammy per l’album Press on. Le canzoni sia da solista che quelle cantate con il marito, sono pregne della loro passione per la musica e per l’amore che li lega:

«You’ve got a way to keep me on your side,/You give me cause for love that I can’t hide./For you I know I’d even try to turn the tide,/Because you’re mine, I walk the line» (Tu hai un modo di tenermi vicino a te,/mi dai un motivo per amare che io non posso celare./Per te io so che proverei persino a superare la corrente./Perché tu sei mia, io rigo dritto).

La storia di questa artista della musica country meriterebbe di essere raccontata anche senza Johnny. È, infatti, singolare che, cercando notizie in rete, le foto e i siti riportino il nome di June sempre e solo abbinato alla storia d’amore e di musica che l’ha unita a Cash. Eppure, lei aveva iniziato ben prima la sua carriera, andando in tournée finanche con Presley. Ci ha pensato certamente il figlio John Carter Cash, che ha prodotto l’album Anchored in Love: A Tribute to June Carter Cash, pubblicato nel 2007 con vari artisti e artiste di musica country, tra cui Sheryl Crow, Willie Nelson, Loretta Lynn, Rosanne Cash, Emmylou Harris e Kris Kristofferson, che eseguono le più belle canzoni di June.

Lo stesso John ammirava in June la tenacia e ne avvertiva la superiorità e l’equilibrio, come testimoniano le sue stesse parole dedicate alla compagna in un celeberrimo biglietto di auguri, in occasione del di lei sessantacinquesimo compleanno:

«Buon compleanno principessa, ormai siamo vecchi e ci siamo abituati l’uno all’altra. La pensiamo nello stesso modo. Leggiamo la mente dell’altro. Sappiamo quello che l’altro vuole anche senza dirlo. A volte ci irritiamo anche un po’. Forse a volte ci diamo anche per scontati. Ma ogni tanto, come oggi, medito su questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la vita con la più grande donna che abbia mai incontrato. Continui ad affascinarmi e a ispirarmi. La tua influenza mi rende migliore. Sei l’oggetto del mio desiderio, la prima ragione della mia esistenza. Ti amo tantissimo. Buon compleanno principessa».

Di lei ci resta il ricordo di una donna tenace, appassionata, una virtuosa della musica country, libera di divorziare e risposarsi per tre volte, fino a legarsi all’uomo che – nonostante le sue irreparabili debolezze – non riesce a non amare per sempre, in un cerchio di fuoco divorante:

«The taste of love is sweet/When hearts like ours meet/I fell for you like a child/Oh, but the fire went wild/I fell into a burning ring of fire» (Il sapore dell’amore è dolce/quando cuori come i nostri si incontrano/mi sono innamorato di te come un bimbo/oh, ma poi il fuoco è diventato incontrollato/sono caduto dentro un ardente cerchio di fuoco).


Traduzione francese

Rachele Stanchina

 

J’ai récemment eu l’occasion de regarder une série que j’ai beaucoup aimée, Daisy Jones &The six. Il s’agit de l’histoire d’un groupe de rock des années soixante-dix, de leurs premiers pas sur la scène musicale de Los Angeles jusqu’à leur célébrité mondiale et leur chute après leur séparation survenue au sommet de leur succès. Mais c’est aussi l’histoire d’un amour qui mène à la souffrance puis à la libération. En suivant les épisodes, dont les protagonistes sont Daisy Jones, Billy Dunne et Camila Alvarez, je n’ai pu m’empêcher de penser à la véritable histoire de June Carter et Johnny Cash. June naît à Maces Springs dans l’état de Virginie en 1923. Ses qualités artistiques de chanteuse et musicienne sont tout de suite remarquées. En 1943, elle fonde un groupe, le Mother Maybelle & the Carter Sisters, avec sa mère Maybelle Carter et ses sœurs Helen et Anita. June est douée non seulement comme chanteuse mais aussi comme comédienne grâce à une verve comique spontanée, ce que lui permet de créer le célèbre Grand Ole Opry, une émission de radio hebdomadaire de musique country et concerts, diffusée tous les vendredis et les samedis soirs en direct sur la radio Wsm de Nashville. Cette émission lui permet de connaître beaucoup d’artistes célèbres parmi lesquels Elvis Presley, et elle sera pour June le lieu de la rencontre qui changera à jamais sa vie.

Un jour, un jeune homme nommé Johnny Cash passe par hasard à Nashville en voyage scolaire: il entend June chanter et sa voix le ravit. Peu d’années après, Johnny participera au Grand Ole Opry pour donner naissance avec Ring of fire à une collaboration artistique avec June sans précédent. L’ histoire de cette chanson est particulière. En effet, June la compose avec son mari, le chanteur-compositeur Merle Kilgore et la fait interpréter par sa sœur Anita Carter. Johnny l’entend et en réalise un arrangement différent. Le sujet aussi est original car il s’agit de l’histoire d’un homme marié qui chante une chanson écrite pour lui par une femme, mariée elle aussi, mais désormais amoureuse du chanteur. C’est le prélude en musique de leur passion qui au début demeure cachée. Entre les deux artistes, il y a une alchimie et une synergie très forte et pas seulement artistique. Cependant, Johnny est un homme complexe: il est non seulement marié, comme June, mais depuis quelques temps il est sous l’emprise de l’alcool et de drogues, ce qui le conduit rapidement aux enfers comme beaucoup d’autres artistes de l’époque. Or, dans la mini série Daisy Jones & The Six, c’est Daisy, géniale artiste rock tourmentée, qui risque de se perdre à jamais. June est attirée par Johnny mais, en même temps, elle rejette l’idée de se lier à lui car elle a peur et craint que cette liaison ne puisse la détruire. De plus, ses fortes convictions religieuses l’empêchent de se laisser emporter dans une relation extraconjugale. Mais Johnny ne se rend pas, il ne veut pas la perdre. Il la demande en mariage au moins trente fois après avoir risqué de mourir d’une overdose et avoir promis d’abandonner les drogues. L’attraction et l’alchimie entre les deux est si forte et leur liaison ayant démarrée depuis quelques temps, finit par convaincre June d’accepter ce mariage, n’ayant plus la volonté de s’y opposer. Les noces sont célébrées en 1968 et les deux époux resteront liés jusqu’à leurs derniers jours. June meurt en 2003 suite à des complications dues à une intervention au cœur et Johnny la suivra au mois de septembre de la même année.

 

La carrière de June a été foudroyante car elle avait un talent naturel pour la musique ainsi que pour l’écriture, le cinéma et la télé (on se rappellera de son personnage Sister Ruth dans la série télévisée La dame de l’ouest). En 2005, sort sur les écrans le film biographique Walk the line produit par leur fils John Carter Cash et interprété par Reese Witherspoon qui gagne l’Oscar de la meilleure actrice pour le rôle de June et Joaquin Phoenix qui obtient le Golden Globe comme meilleur acteur de film comique ou musical pour son interprétation de Johnny. Le film raconte l’histoire d’amour de June et Johnny et reçoit des dizaines de prix. Malgré la relation solide et l’amour inconditionnel qui liait les deux artistes, June a dû s’occuper à maintes reprises de la fragilité de son époux, obsédé par les démons de l’esprit qui le conduisaient à sa propre destruction. La vie de Johnny avait été marquée par la douleur de perdre l’un de ses frères décédé à la suite d’un accident de travail et les rapports qu’il entretenait avec son père avaient toujours été conflictuels. Mais June croît en lui, à son rétablissement tel le Phénix qui renaît de ses cendres, et reste à ses côtés sans renoncer cependant à sa carrière.Elle obtient son dernier prix en 1999, le Grammy pour l’album Press on. Les chansons qu’elle y interprète comme soliste et celles où elle se produit avec son époux sont empreintes de leur passion pour la musique et de leur amour:

” You’ve got away to keep me on your side,/You give me cause for love that I can’t hide./For you I know I’d even try to turn the tide,/Because you’re mine, I walk the line” (Tu t’ es enfui pour me garder près de toi/tu me donnes raison pour l’amour que je ne peux pas cacher./Pour toi je sais que j’essaierais de lutter contre la marée/Parce que tu m’appartiens, je marche droit”).

L’histoire de cette artiste de la musique country mériterait d’ être racontée sans faire mention de son époux. Il est bizarre que toutes les nouvelles, les photos et les infos que l’on repère sur le net présentent le nom de June toujours lié à l’histoire d’amour et de musique qu’elle a vécu avec Cash. Or, sa carrière avait commencé bien avant sa rencontre avec Johnny, elle était déjà célèbre suite à sa tournée avec Presley. Heureusement leur fils John Carter Cash a reconnu le talent de sa mère en produisant en 2007 l’album Anchored in love: A tribute to June Carter Cash, qui réunit les plus belles chansons de June interprétées par plusieurs artistes de musique country tels que Sheryl Crow, Willie Nelson, Loretta Lynn, Rosanne Cash, Emmylou Harris et Kris Kristofferson.

Son époux John admirait aussi sa ténacité et en reconnaissait la supériorité et l’équilibre, comme témoignent les mots qu’il écrivit à sa compagne sur une carte de voeux lors de son soixante-cinquième anniversaire

“Joyeux anniversaire princesse, nous sommes désormais vieux et nous nous sommes habitués l’un à l’autre. Nous avons les mêmes idées, nous lisons chacun dans les pensées de l’autre. Nous connaissons les désirs de l’autre même sans parler. Quelquefois nous nous énervons, peut être aussi que nous tenons tout pour acquis. Mais parfois, comme aujourd’hui, je réfléchis et je me rends compte de la chance que j’ai de partager ma vie avec la plus grande femme que j’ai jamais rencontrée. Tu me fascines et tu m’inspires depuis toujours, ton influence m’améliore. Tu es l’objet de mon désir, la première raison de mon existence. Je t’aime à la folie. Joyeux anniversaire princesse”.

Il nous reste de June le souvenir d’une femme tenace et passionnée ainsi que celui d’une virtuose de la musique country. Une femme capable de divorcer et de se marier à nouveau trois fois, jusqu’à se lier avec un homme qu’elle aimera pour toujours d’un amour éternel, malgré les faiblesses irréparables qu’il manifeste.

“The taste of love is sweet/When hearts like ours meet/ I fell for you like a child/ Oh, but the fire went wild/ I fell into a burning ring of fire” (La saveur de l’amour est sucrée/lorsque des cœurs comme les nôtres se rencontrent/avec toi je me sens comme une enfant /oh, mais le feu est devenu immense/ je suis tombée dans un cercle de flammes ardentes”.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

Recently, I had a chance to watch a miniseries that I really enjoyed, Daisy Jones & The Six. It is the story of a 1970s rock band, from their rise on the Los Angeles music scene to their rise to fame, and then their fall, which came with their split - right at the height of their success. But it is also the story of a love that leads to torment and then liberation. In scrolling through the episodes featuring Daisy Jones, Billy Dunne and Camila Alvarez, I couldn't help but go with my mind to a connection (even if only in part) to the real-life story of June Carter and Johnny Cash. June was born in Maces Springs, Virginia, in 1923. From early on she manifested her artistic gifts as a singer and musician. In 1943 she formed a group with her mother Maybelle Carter and sisters Helen and Anita called Mother Maybelle & the Carter Sisters. June had singing and acting talents, especially a strong comic spirit, so they managed to start the famous Grand Ole Opry, a weekly country music and concert radio program broadcast live on Nashville's WSM radio station every Friday and Saturday night, through which she met many well-known artists, including Elvis Presley.

But the program became the source of an encounter that would change her life forever. A boy happened to pass through Nashville on a school field trip, and when he heard June singing he was captivated. He was Johnny Cash, who would turn up a few years later at the Grand Ole Opry to begin an unprecedented artistic partnership with June, starting with the song Ring of Fire. This piece has a particular history - June wrote it with her husband, the songwriter Merle Kilgore, and had her sister, Anita Carter, perform it. Johnny listened to it and did an arrangement of it that is as different and particular as the theme of the song, which was a married man singing a song written for him by a woman who is also married but now in love with the singer. It was a prelude in music to their passion, which was initially contained. There was a crazy chemistry and synergy between the two, not only artistic. Johnny, however, was a very complicated man. In addition to being married – as was June - he had long been in the throes of alcohol and drugs, in an increasingly abrupt descent into the underworld, like many rock stars of that era (in the miniseries Daisy Jones & The Six, it is Daisy, the brilliant and troubled rock artist, who is in danger - like Cash - of dissolving forever). June was attracted to him, but at the same time she rejected the idea of being with him, because she was afraid - afraid that an affair with him would destroy her, and because her strong religious convictions prevented her from allowing herself to freely indulge in an adulterous affair. But Johnny did not give up - he didn’t intend to lose June, and he asked her, thirty times, to marry him, after having been near death from an overdose and having committed himself to getting clean. The attraction and chemistry between the two was very strong, and their relationship had long since begun. June could no longer object, after all, she didn’t want to end it, and so she agreed to the marriage. They were married in 1968 and from then on remained together until the end, when in May 2003 June died as a result of complications from heart surgery and Johnny joined her in September of the same year.

 

June's career was dazzling. She was a natural at music, but also for writing and acting for film and television (one will remember her character of Sister Ruth in the television series Dr. Quinn, Medicine Woman). The 2005 biopic When Love Burns the Soul - Walk the Line, was dedicated to her love affair with Johnny Cash. It was produced by her son John Carter Cash and stars Reese Witherspoon, who won an Oscar for Best Actress in a Leading Role, and the extraordinary Joaquin Phoenix (Golden Globe for Best Actor in a Comedy or Musical Film). The film racked up dozens of other awards. Despite the solid relationship and the love that bound the two artists, June had to take on the frailties of the man she loved many times. The demons in his mind, due in part to a life marked by grief (one of his brothers had been killed in an accident at work and his relationship with his father had always been contentious), had returned to complete the work of destroying Johnny's body and soul. June stood by him, without giving up her career, with an unshakable faith in the possibility that her man could always make it and rise again from the ashes, like a phoenix. She would win her last award in 1999, the Grammy for the album Press On. The songs, both solo and those sung with her husband, are steeped in their passion for music and their love for each other:

"You've got a way to keep me on your side,/You give me cause for love that I can't hide. /For you I know I'd even try to turn the tide,/Because you're mine, I walk the line".

The story of this country music artist would deserve to be told even without Johnny. It is, in fact, peculiar that, searching for news on the web, photos and sites bring up June's name always and only coupled with the story of love and music that united her with Cash. Yet, she had begun her career much earlier, even touring with Elvis Presley. It was honored by her son John Carter Cash, who produced the album Anchored in Love: A Tribute to June Carter Cash, released in 2007 with various country music artists and performers, including Sheryl Crow, Willie Nelson, Loretta Lynn, Rosanne Cash, Emmylou Harris, and Kris Kristofferson, performing June's finest songs.

Johnny Cash himself admired June's tenacity and sensed her superiority and poise, as evidenced by his own words dedicated to his companion in a celebrated birthday card on the occasion of her sixty-fifth birthday:

"Happy birthday princess, we're old now and used to each other. We think the same way. We read each other's minds. We know what the other wants even without saying it. Sometimes we even irritate each other a little. Maybe sometimes we even take each other for granted. But every now and then, like today, I meditate on this and realize how lucky I am to share life with the greatest woman I have ever met. You continue to fascinate and inspire me. Your influence makes me better. You are the object of my desire, the first reason for my existence. I love you so much. Happy birthday princess."

Of her, we are left with the memory of a tenacious, passionate woman, a country music virtuoso, free to divorce and remarry three times, until she bound herself to the man whom - despite his irreparable weaknesses - she cannot help but love forever, in a circle of consuming fire:

«The taste of love is sweet/When hearts like ours meet/I fell for you like a child/Oh, but the fire went wild/I fell into a burning ring of fire»


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

 

Hace poco tuve la oportunidad de ver una miniserie que me gustó mucho, Daisy Jones & The Six. Es la historia de un grupo rock de los años setenta, desde su ascenso en la escena musical de Los Ángeles hasta su fama y caída, que se produjo con su disolución durante su apogeo. Pero también es la historia de un amor que conduce al tormento y luego a la liberación. Al recorrer los episodios protagonizados por Daisy Jones, Billy Dunne y Camila Álvarez, no pude que pensar en una conexión -aunque sólo fuera en parte- con la historia real de June Carter y Johnny Cash. June nació en Maces Springs (Virginia) en 1923 y enseguida manifestó sus dotes artísticas como cantante y música. En 1943 formó un grupo con su madre Maybelle Carter y sus hermanas Helen y Anita, llamado Mother Maybelle & the Carter Sisters. June tiene dotes para el canto y la interpretación, y sobre todo una gran vis cómica, gracias a la cual dio vida al famoso Grand Ole Opry, un programa de radio semanal de música country y conciertos, emitido en directo por la emisora Wsm de Nashville todos los viernes y sábados por la noche, a través del cual conoce a muchos artistas conocidos, entre ellos a Elvis Presley.

Sin embargo, el programa es la antesala del encuentro que cambiará su vida para siempre. En Nashville, un chico pasa por casualidad durante una excursión escolar, oye cantar a June y queda cautivado por ella. Es Johnny Cash, que se presentará unos años más tarde en el Grand Ole Opry para iniciar una colaboración artística sin precedentes con June, a partir de la canción Ring of Fire. Esta pieza tiene una historia especial: June la escribe junto a su marido, el cantautor Merle Kilgore, y la hace interpretar por su hermana, Anita Carter. Johnny la escucha y hace un arreglo tan diferente y particular como el tema de la canción: un hombre casado que canta una canción escrita para él por una mujer que también está casada pero que ahora está enamorada del cantante. Es el preludio musical de su pasión, al principio contenida. Entre los dos hay una química y una sinergia locas, no sólo artísticas. Johnny, sin embargo, es un hombre muy complicado: además de estar casado - de hecho como June,-, lleva mucho tiempo en las garras del alcohol y las drogas, en un descenso cada vez más abrupto a los infiernos, como muchas estrellas del rock de la época (en la miniserie Daisy Jones & The Six, es Daisy la brillante y atormentada artista rock, que corre el peligro -como Cash- de disolverse para siempre). June se siente atraída, pero al mismo tiempo rechaza la idea de estar con él, porque tiene miedo, teme que esta aventura la destruya y porque sus fuertes convicciones religiosas le impiden permitirse libremente una aventura adúltera. Pero Johnny no se da por vencido, no piensa perder a June y le pide treinta veces que se case con él, después de haber corrido el riesgo de morir de una sobredosis y de haberse comprometido a desintoxicarse. La atracción y la química entre ambos es muy fuerte y su relación ya había comenzado hacía tiempo. June ya no puede oponerse, al fin y al cabo no lo quiere, y por eso acepta el matrimonio. Se casan en 1968 y desde entonces permanecen juntos hasta el final, cuando en mayo de 2003 June fallece tras complicaciones derivadas de una operación de corazón y Johnny se une a ella en septiembre del mismo año.

 

La carrera de June fue deslumbrante: talento natural para la música, pero también para la escritura, el cine y la televisión (se recordará su personaje de la Hermana Ruth en la serie de televisión La Dama del Oeste). A su historia de amor con Johnny Cash está dedicada la película biográfica de 2005 When Love Burns the Soul - Walk the Line, producida por su hijo John Carter Cash y protagonizada por Reese Witherspoon, ganadora del Oscar a la mejor actriz protagonista, y un extraordinario Joaquin Phoenix (Globo de Oro al mejor actor en una película de comedia o musical), además de otras decenas de premios que esta película ha acumulado. A pesar de la sólida relación y del amor que los unía, June tuvo que enfrentarse varias veces a las debilidades del hombre al que amaba. Los demonios de su mente, debidos también a una vida marcada por el dolor (uno de sus hermanos había muerto en un accidente laboral y la relación con su padre siempre había sido conflictiva), habían regresado para completar el trabajo de destruir el cuerpo y el alma de Johnny. June permanece a su lado, sin renunciar a su carrera, con una fe inquebrantable en la posibilidad de que su hombre siempre pueda salir adelante y resurgir de sus cenizas, como el ave fénix. En 1999 ganó su último premio, el Grammy por el álbum Press on. Las canciones, tanto las que canta en solitario como las que canta con su marido, están llenas de su pasión por la música y del amor que les une:

«You’ve got a way to keep me on your side,/You give me cause for love that I can’t hide./For you I know I’d even try to turn the tide,/Because you’re mine, I walk the line» (Tienes una manera de mantenerme de tu lado,/Me das motivos para el amor que no puedo ocultar./Por ti sé que incluso intentaría cambiar las tornas,/Porque eres mía, camino la línea).

La historia de esta artista de música country merece ser contada incluso sin Johnny. De hecho, es singular que, al buscar noticias en la red, las fotos y los sitios saquen a relucir el nombre de June siempre y sólo en relación con la historia de amor y música que la unió a Cash. Sin embargo, ella había comenzado su carrera mucho antes, incluso haciendo giras con Presley. De ella se ocupó sin duda su hijo John Carter Cash, que produjo el álbum Anchored in Love: A Tribute to June Carter Cash, publicado en 2007 con varios artistas de música country, entre ellos Sheryl Crow, Willie Nelson, Loretta Lynn, Rosanne Cash, Emmylou Harris y Kris Kristofferson, interpretando las canciones más bellas de June.

El propio John admiraba la tenacidad de June y percibía su superioridad y aplomo, como atestiguan sus propias palabras dedicadas a su compañera en una famosísima tarjeta de cumpleaños con motivo de su 65 cumpleaños:

«Feliz cumpleaños princesa, ya somos viejos y estamos acostumbrados el uno al otro. Pensamos igual. Nos leemos la mente. Sabemos lo que el otro quiere incluso sin decirlo. A veces incluso nos irritamos un poco. A veces incluso nos damos por sentados. Pero de vez en cuando, como hoy, medito sobre ello y me doy cuenta de la suerte que tengo de compartir la vida con la mujer más grande que he conocido. Sigues fascinándome e inspirándome. Tu influencia me hace mejor. Eres el objeto de mi deseo, la razón principal de mi existencia. Te quiero muchísimo. Feliz cumpleaños princesa».

De ella nos queda el recuerdo de una mujer tenaz y apasionada, virtuosa de la música country, libre de divorciarse y volverse a casar tres veces, hasta que se unió al hombre al que -a pesar de sus irreparables debilidades- no pudo evitar amar para siempre, en un círculo de fuego consumidor:

«The taste of love is sweet/When hearts like ours meet/I fell for you like a child/Oh, but the fire went wild/I fell into a burning ring of fire» (El sabor del amor es dulce/Cuando corazones como los nuestros se encuentran/Caí por ti como un niño/Oh, pero el fuego se volvió salvaje/Caí en un ardiente anillo de fuego).

Betty Jackson King
Olga Comparone


Elisabetta Sichel

 

Nella Chicago della fine dei Roaring Twenties, i ruggenti Anni Venti, il 17 febbraio 1928 nasce Betty Jackson. Circondata fin dall’infanzia dalla musica, Betty cresce tra gli insegnamenti della madre, Gertrude Jackson Taylor, e gli inni e i canti religiosi che apprende grazie alla professione di suo padre, il reverendo Frederick D. Jackson, nella comunità della chiesa di Woodlawn. Dotata di uno straordinario talento che non passa inosservato a sua madre, la bambina inizia a studiare e suonare il pianoforte all’età di soli tre anni. La musica le scorre nelle vene e la sua innata capacità viene messa a disposizione, nel corso dell'adolescenza, di varie chiese, in cui la giovane esegue canti e musiche religiose, come insegnatole da suo padre. Insieme alla sorella Catherine e alla madre, inoltre, forma il Jacksonian Trio, a cui presta voce e talento musicale.

Lo studio e l’istruzione costituiscono una costante nella sua vita. Frequenta il Chicago Musical College della Roosevelt University, in cui consegue un bachelor’s degree in pianoforte e un master’s degree in composizione. In questi anni, Betty ha la possibilità di studiare la musica in tutte le sue sfumature, dalla voce al pianoforte fino al perfezionamento della tecnica compositiva. Può farlo anche grazie al supporto e agli insegnamenti delle personalità più illustri di quel periodo. Ma la sua sete di conoscenza, mista a una buona dose di curiosità e a una forte passione, la spinge a volersi formare continuamente. Studia musica al Glassboro College nel New Jersey, presso l’Oakland University nel Michigan, al Westminster Choir College a Princeton e al Peabody Conservatory di Baltimora, nel Maryland.

L’insegnamento costituisce un’altra pietra miliare nella vita di Jackson King che, nel frattempo, si avvia verso una fiorente carriera di pianista e compositrice. La perfetta commistione tra musica e insegnamento comincia nel 1969, quando inizia a lavorare presso la Wildwood High School nel New Jersey; ma questa non sarà la sua unica esperienza come docente. Il suo talento la porta infatti a insegnare musica presso le più prestigiose università degli Stati Uniti: la Laboratory School dell’Università di Chicago, la Dillard University e persino la sua vecchia alma mater, la Roosevelt University. Riceverà per questa significativa attività il premio Teaching Recognition Award dall’ex governatore del New Jersey, Thomas Kean.

Il perno della sua identità si fonda sull’appartenenza alla Black community. Nel 1970, Betty Jackson King diventa Presidente della National Association of Negro Musicians (Nanm), carica che mantiene fino al 1984. L’associazione, tra le più antiche degli Stati Uniti, si occupa di preservare, incoraggiare e sostenere l’attività musicale della comunità afro-americana, in tutti i suoi generi, verso la creazione di una cultura musicale nazionale inclusiva. Quando Betty ne assume la presidenza, l’associazione può contare mille membri attivi, che la accolgono con vivace sostegno ed entusiasmo. L’approvazione degli altri membri non sorprende, perché la donna aveva con l’associazione un solido legame da più di trent’anni: andava agli incontri fin da bambina e aveva ricoperto già un variegato ventaglio di posizioni, curandone i convegni e i laboratori, fino alla carica di vice-presidente. La Nanm, inoltre, si occupa anche di formare e assistere giovani compositori e compositrici, attività che può felicemente beneficiare della lunga esperienza di Betty come insegnante e del suo straordinario talento.

Betty Jackson King (al centro), Zolla McCullough, soprano (a sinistra), Ron McKinley, tenor (a destra), Earl Robinson, baritone (in alto a sinistra) and Lois Raye, mezzo soprano (in alto a destra)

Da musicista nera, Jackson King conosce bene il notevole contribuito che la comunità nera ha dato alla musica, ma è anche tristemente consapevole che essa non goda del riconoscimento che le spetta. Troppo poche persone hanno familiarità con questo eclettico mondo, fatto di ritmi, generi, temi, strumenti e composizioni che lo arricchiscono e ne costituiscono la peculiare caratterizzazione. Per questo motivo, all’interno della Nanm, l'artista cercherà sempre di promuovere e celebrare la tradizione della comunità nera e la sua cultura musicale: uno degli obiettivi principali dell’associazione sarà, infatti, quello di incentivare la presenza di più libri sulla Black history nelle scuole.

King è diventata un’illustre compositrice, pianista e organista. Numerosissimi e variegati sono i suoi lavori: se ne contano circa cento e la maggior parte di essi hanno, in origine, un carattere vocale. La sua produzione si colloca tra i primi esempi della tradizione della musica classica di Chicago e il suo stile, stratificato e ricco, s’intreccia con un linguaggio musicale armonico e caratteristici gruppi di accordi. È stata sposata con Vincent King, da cui ha avuto una figlia, Rochelle. Muore il 1° giugno 1994 a Wildwood, nel New Jersey.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

 

Dans le Chicago de la fin des années folles, le 17 février 1928, Betty Jackson est née. Entourée de musique dès son enfance, Betty grandissait avec les enseignements de sa mère, Gertrude Jackson Taylor, et les hymnes et chants religieux qu’elle apprenait grâce à la profession de son père, le révérend Frederick D. Jackson, dans la communauté de l’église de Woodlawn. Dotée d’un talent extraordinaire qui n'échappe pas à sa mère, l’enfant a commencé à étudier et à jouer du piano dès l’âge de trois ans. La musique coulait dans ses veines, et son aptitude innée a été mise au service de diverses églises pendant son adolescence, où elle exécutait chants et musiques religieuses, comme son père le lui avait enseigné. Avec sa sœur Catherine et sa mère, elle formait également le Jacksonian Trio, auquel elle prêtait sa voix et son talent musical.

Les études et l’instruction représentaient une constante dans sa vie. Elle a fréquenté le Chicago Musical College de la Roosevelt University, où elle a obtenu un bachelor’s degree en piano et un master’s degree en composition. Pendant ces années, Betty avait la possibilité d’étudier la musique dans toutes ses nuances, de la voix au piano, jusqu’au perfectionnement de la technique de composition. Elle pouvait également le faire grâce au soutien et aux enseignements des personnalités les plus illustres de l’époque. Mais sa soif de connaissance, combinée à une bonne dose de curiosité et une grande passion, la poussait à se former continuellement. Elle a ainsi étudié la musique au Glassboro College dans le New Jersey, à l’Université d’Oakland dans le Michigan, au Westminster Choir College à Princeton et au Peabody Conservatory de Baltimore, dans le Maryland.

L’enseignement constituait une autre pierre angulaire de la vie de Jackson King qui, entre-temps, entamait une florissante carrière de pianiste et compositrice. La parfaite fusion entre la musique et l’enseignement a commencé en 1969, lorsqu’elle a commencé à travailler à la Wildwood High School dans le New Jersey ; mais ce n’a pas été sa seule expérience en tant que professeure. Son talent l’a en effet amenée à enseigner la musique dans les universités les plus prestigieuses des États-Unis : la Laboratory School de l’Université de Chicago, la Dillard University et même son ancienne alma mater, la Roosevelt University. Pour cette activité significative, elle a reçu le prix Teaching Recognition Award de l’ancien gouverneur du New Jersey, Thomas Kean.

L’appartenance à la communauté noire constituait le pivot de son identité. En 1970, Betty Jackson King est devenue présidente de la National Association of Negro Musicians (Nanm), un poste qu’elle a occupé jusqu’en 1984. Cette association, l’une des plus anciennes des États-Unis, se consacrait à la préservation, l’encouragement et le soutien de l’activité musicale de la communauté afro-américaine, dans tous ses genres, pour créer une culture musicale nationale inclusive. Lorsque Betty en a pris la présidence, l’association comptait mille membres actifs, qui l'accueillent avec un soutien et un enthousiasme chaleureux. L’approbation des autres membres n’était pas surprenante, car elle entretenait depuis plus de trente ans un lien solide avec l’association : elle assistait aux réunions depuis son enfance et avait déjà occupé un éventail de postes variés, organisant les conférences et ateliers, jusqu’au poste de vice-présidente. La Nanm se consacrait également à former et soutenir de jeunes compositeurs et compositrices, une activité qui bénéficie heureusement de la longue expérience de Betty en tant qu’enseignante et de son talent extraordinaire.

Betty Jackson King (au centre), Zolla McCullough, soprano (à gauche), Ron McKinley, ténor (à droite), Earl Robinson, baryton (en haut à gauche) et Lois Raye, mezzo soprano (en haut à droite)

En tant que musicienne noire, Jackson King connaissait bien l’importante contribution que la communauté noire a apportée à la musique, mais elle était également tristement consciente qu’elle ne recevait pas la reconnaissance qu’elle méritait. Trop peu de personnes connaissaient ce monde éclectique, fait de rythmes, de genres, de thèmes, d’instruments et de compositions qui l'enrichissait et en constituaient le caractère particulier. Pour cette raison, au sein de la Nanm, l’artiste s’efforçait toujours de promouvoir et de célébrer la tradition de la communauté noire et sa culture musicale : l’un des principaux objectifs de l’association était en effet d’encourager la présence de plus de livres sur la Black History dans les écoles.

King est devenue une compositrice, pianiste et organiste illustre. Ses œuvres, nombreuses et variées, comptent environ une centaine de compositions, dont la majorité était, à l’origine, de nature vocale. Sa production se situait parmi les premiers exemples de la tradition de la musique classique de Chicago, et son style, stratifié et riche, s'entrelacent avec un langage musical harmonique et des groupes d’accords caractéristiques. Elle a été mariée à Vincent King, avec qui elle a eu une fille, Rochelle. Elle est morte le 1er juin 1994 à Wildwood, dans le New Jersey.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

In the Chicago of the late Roaring Twenties, Betty Jackson was born on February 17, 1928. Surrounded from childhood by music, Betty grew up among the teachings of her mother, Gertrude Jackson Taylor, and the hymns and religious songs she learned through the profession of her father, Reverend Frederick D. Jackson, in the Woodlawn church community. Blessed with an extraordinary talent that did not go unnoticed by her mother, the child began studying and playing the piano at the age of only three. Music ran through her veins, and her innate ability was made available throughout her adolescence to various churches, where the young girl performed hymns and religious music as taught to her by her father. Together with her sister Catherine and mother, she also formed the Jacksonian Trio, to which she lent her voice and musical talent.

Study and education constituted a constant in her life. She attended Roosevelt University's Chicago Musical College, where she earned a bachelor's degree in piano and a master's degree in composition. During these years, Betty had the opportunity to study music in all its nuances, from voice to piano to perfecting her compositional technique. She could do so, in part, thanks to the support and teachings of the most distinguished personalities of that period. But her thirst for knowledge, mixed with a good dose of curiosity and a strong passion, drove her to want to continuously educate herself. She studied music at Glassboro College in New Jersey, at Oakland University in Michigan, at Westminster Choir College in Princeton and at the Peabody Conservatory in Baltimore, Maryland.

Teaching constituted another milestone in the life of Jackson King, who, in the meantime, was on her way to a flourishing career as a pianist and composer. The perfect blend of music and teaching began in 1969, when she began working at Wildwood High School in New Jersey; but this would not be her only experience as a teacher. In fact, her talent led her to teach music at the most prestigious universities in the United States: the Laboratory School at the University of Chicago, Dillard University, and even her old alma mater, Roosevelt University. She received for this significant activity the Teaching Recognition Award from former New Jersey governor Thomas Kean.

The pivot of her identity is based on membership in the Black community. In 1970, Betty Jackson King became president of the National Association of Negro Musicians (NANM), a position she held until 1984. The association, among the oldest in the United States, is dedicated to preserving, encouraging and supporting the musical activity of the African American community, in all its genres, toward the creation of an inclusive national musical culture. By the time Betty assumed the presidency, the association could count a thousand active members, who greeted it with lively support and enthusiasm. The approval of the other members was not surprising, because she had had a solid connection with the association for more than 30 years - she had been going to meetings since childhood and had already held a varied range of positions, curating its conferences and workshops, all the way up to the position of vice-president. NANM also trains and assists young male and female composers, an activity that happily benefited from Betty's long experience as a teacher and her extraordinary talent.

Betty Jackson King (center), Zolla McCullough, soprano (left), Ron McKinley, tenor (right), Earl Robinson, baritone (top left), and Lois Raye, mezzo soprano (top right)

As a black musician, Jackson King was well aware of the black community's remarkable contribution to music, but she was also sadly aware that it did not receive the recognition it deserves. Too few people are familiar with this eclectic world of rhythms, genres, themes, instruments and compositions that enrich it and form its distinctive characterization. For that reason, within NANM, the artist would always seek to promote and celebrate the tradition of the Black community and its musical culture. One of the association's main goals has been to encourage the presence of more books on Black history in schools.

King became a distinguished composer, pianist and organist. Her works are numerous and varied - there are about a hundred of them, and most of them have, originally, a vocal character. Her output ranks among the earliest examples of the Chicago classical music tradition, and her layered and rich style is interwoven with a harmonic musical language and characteristic chord groups. She was married to Vincent King, by whom she had a daughter, Rochelle. Betty Jackson King died on June 1, 1994, in Wildwood, New Jersey.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

 

A finales de los violentos años veinte (The Roaring Twenties), en Chicago, el 17 de febrero de 1928, nació Betty Jackson. Rodeada de música desde pequeña, Betty creció con la enseñanza de su madre, Gertrude Jackson Taylor, y los himnos y los cantos religiosos que aprendió gracias a la profesión de su padre, el reverendo Fredrick D. Jackson, en la comunidad de la iglesia de Woodlawn. Dotada de un talento extraordinario, que no le pasó desapercibido a su madre, la niña empezó a estudiar y tocar el piano cuando solo tenía tres años. La música corría por sus venas y durante su adolescencia su habilidad innata se puso a disposición de varias iglesias, por las cuales interpretaba cantos y músicas religiosas, como su padre le enseñó. Además, junto a su hermana Catherine y su madre, creó el Jacksonian Trio, al que prestó su voz y su talento musical.

El estudio y la educación fueron una constante en su vida. Asistió al Chicago Musical College de Roosvelt University, donde se graduó en piano (bachelor’s degree) y obtuvo una maestría en composición (master’s degree). En aquellos años, Betty tuvo la posibilidad de estudiar música en todos sus matices, desde la voz hasta el piano, hasta el perfeccionamiento de la técnica compositiva. También pudo hacerlo gracias a la enseñanza de las personalidades más ilustres de esa época. Pero su hambre de conocimiento, mezclada con una buena dosis de curiosidad y fuerte pasión, la llevó a formarse continuamente. Estudió música en el Glassboro College (Nueva Jersey), en la Oakland University (Michigan); en el Westminster Choir College (Princeton) y en el Peabody Conservatory de Baltimore (Maryland).

La enseñanza constituyó otro hito en la vida de Jackson King, quien, entre tanto, se orientó hacia una próspera carrera como pianista y compositora. La mezcla perfecta de la música y la enseñanza comenzó en 1969, cuando empezó a trabajar en la Wildwood High School (Nueva Jersey); pero esta no fue su única experiencia como docente. En efecto, su talento la llevó a enseñar música en las mejores universidades de los Estados Unidos: en la Laboratory School de la universidad de Chicago, en la Dillard University e incluso en su antigua universidad, la Roosvelt University. Su importante actividad mereció el Teaching Recognition Award, que le concedió el antiguo gobernador de Nueva Jersey Thomas Kean.

Su identidad se basa en la pertenencia a la comunidad negra. En 1970, Betty Jackson King llegó a ser Presidenta de la National Association of Negro Musicians (NANM) y ocupó dicho cargo hasta el 1984. La asociación, que es una de las más antiguas de los Estados Unidos, intenta preservar, incentivar y apoyar la actividad musical de la comunidad afroamericana en todos sus géneros hacia la creación de una cultura musical nacional e integradora. Cuando Betty asumió su presidencia, la asociación contaba con mil miembros activos, quienes la recibieron con gran apoyo y entusiasmo. No hay que asombrarse del consenso de otros miembros, porque ella tenía una vinculación sólida con la asociación desde hacía más de treinta años: iba a las reuniones desde niña y ya había ocupado una amplia gama de puestos, dirigiendo las conferencias y los laboratorios, hasta que desempeñó el cargo de vicepresidenta. Además, la NANM se interesó también por formar y asistir a jóvenes compositores y compositoras: una actividad que pudiera beneficiar de la larga experiencia de Betty como docente y de su extraordinario talento.

Betty Jackson King (centro), Zolla McCullough, soprano (izquierda), Ron McKinley, tenor (derecha), Earl Robinson, barítono (arriba a la izquierda) y Lois Raye, mezzosoprano (arriba a la derecha)

Como música negra, Jackson King conocía bien la gran contribución que la comunidad negra dio a la música, pero también era tristemente consciente de que la misma no gozaba del reconocimiento que le correspondía. Muy pocas personas estaban familiarizadas con este ecléctico mundo hecho de ritmos, géneros, temas y composiciones que enriquecen y constituyen su peculiaridad. Por tanto, en la NANM, la artista siempre trató de promover y celebrar la tradición de la comunidad negra y su cultura musical; en efecto, uno de los principales objetivos de la asociación era el de incentivar la adopción de más libros sobre la Historia Negra en las escuelas.

King se convirtió en una ilustre compositora, pianista y organista. Sus obras son muchísimas y variadas: hay alrededor de cien y la mayoría de ellas tienen originalmente un carácter vocal. Su producción se sitúa entre los primeros ejemplos de la tradición musical clásica de Chicago y su estilo, matizado y rico, se entrelaza con un lenguaje musical armónico y unos grupos de acordes distintivos. Estuvo casada con Vincent King, con quien tuvo una hija, Rochelle. Murió el 1 de junio de 1994, en Wildwood, en Nueva Jersey.

 

Louise Talma
Laura Candiani


Elisabetta Sichel

 

Louise nacque in Francia, ad Arcachon, il 31 ottobre 1906; la madre Alma Cecile Garrigues, americana, era un soprano professionista che aveva cambiato il cognome in Talma verso i primi del secolo; il padre è ignoto. Nel 1914 le due si trasferirono negli Usa dove la figlia studiò materie scientifiche in cui eccelleva, pensando di dedicarsi alla chimica, ma poi prevalse l'interesse per la musica. Dopo il diploma superiore, nel 1922 si iscrisse all'Institute of Musical Arts (oggi Juilliard) di New York dove affrontò composizione e pianoforte. Si specializzò in ambito musicale nel 1931 all'Università di New York e nel 1933 alla Columbia University. Dopo il fortunato debutto al pianoforte nel 1926, da quell'anno al '35 ogni estate ritornava in Francia per perfezionarne lo studio con il celebre pianista Isidor Philipp, presso il Conservatorio americano di Fontainebleau; dal 1928 al '39 studiò pure composizione con la grande direttrice d'orchestra e didatta Nadia Boulanger, decidendo nel 1935 che la sua strada era proprio quella. Intanto aveva iniziato a insegnare all'Hunter College di New York dove rimase fino al 1979.

L'incontro con Boulanger sicuramente comportò una svolta, anche umana, infatti Louise si convertì al cattolicesimo nel 1934 (Boulanger le fu madrina) e impresse alla propria vita una totale dedizione alla musica; pure i temi affrontati nelle composizioni passarono spesso dall'amore impossibile (forse la stessa Boulanger) a testi spirituali e legati alla fede, tanto che furono almeno una ventina le sue opere a tematica religiosa. Significativo che abbia lavorato in modo incessante fino alla morte che la raggiunse quasi novantenne a Saratoga Springs, New York, il 13 agosto 1996 mentre stava componendo un brano elegiaco dal titolo The Lengthening Shadows. Nella sua vasta produzione si trovano pezzi per orchestra, con la voce del baritono o con il pianoforte solista; numerosi altri per piano solo, sonate, preludi, variazioni, studi, alcuni ispirati all'Italia (Italian Suite) e a Venezia (una barcarola); dal 1946 al 1994 si contano tredici composizioni di musica da camera, per viola, violino, clarinetto, violoncello, ecc, e anche una fanfara per trombe e tromboni. A partire dal 1928, è impossibile elencare i numerosi brani vocali, con accompagnamenti vari, spesso il pianoforte, talvolta per soprano o tenore, ispirati a testi poetici come quelli di Emily Dickinson, di Keats, di Blake, di Auden.

Due composizioni furono dedicate alla memoria di John F. Kennedy: Dialoghi per pianoforte e orchestra (1964) e un oratorio sulle parole dello stesso presidente assassinato, A Time of Rimember (1967). The Tolling Bell, per baritono e orchestra, nato dalla rielaborazione di testi di Donne, Shakespeare, Marlowe, le fruttò la nomination al Premio Pulitzer per la musica, nel 1969. Di sua mano scrisse il libretto per un'opera da camera per le voci di soprano e mezzosoprano incentrata sul tema della Guerra fredda e sul bisogno umano di utopie, dal titolo Have You Heard? Sai? (1976). A proposito della sua produzione, la stessa Talma la divide in tre fasi: il periodo giovanile definito "neoclassico" (1925-51), il secondo che chiama "periodo seriale" (1952-67) e il terzo: "atonale non seriale" (1967-96), anche se tali etichette di fatto sono relativamente attendibili proprio per la varietà e ampiezza delle sue opere, in cui gli stili e le sonorità di fondono, si alternano e si mescolano. Certo è che la fama iniziò già nel 1943 con la Sonata per pianoforte n.1, seguita da Toccata per orchestra (1944) e Alleluia in forma di toccata per pianoforte (1945); grazie a questi lavori ottenne (seconda donna dopo Ruth Crawford Seeger) il Guggenheim Fellowship in composizione e fu l'unica donna a riceverne due consecutivi, nel 1946 e nel '47. Altri primati le appartengono: è stata la prima donna ammessa all'Istituto nazionale di Lettere e arti nel 1974 ed è stata la prima compositrice americana la cui opera The Alcestiad su libretto di Thornton Wilder debuttò in Europa, a Francoforte, il 1° marzo 1962. A questo proposito vale la pena notare che l'opera era stata completata fino dal 1958 e sottoposta a vari teatri americani, che la apprezzavano ma la giudicavano troppo difficile per gli artisti locali e per il pubblico, non preparato a simili eventi musicali. In Germania invece fu accolta con grande favore, tuttavia si tratta di un lavoro dalla messa in scena assai complessa che richiede enorme dispendio di mezzi, quindi è rimasto pressoché sconosciuto.

Talma, tutta impegnata nella propria missione, non si sposò mai e, grazie alla folta corrispondenza, si conoscono invece alcune relazioni femminili significative. L'Università di Yale conserva molti documenti che la riguardano nella Biblioteca dedicata ai manoscritti e ai libri rari. Fra gli onori ricevuti nella lunga e fortunata carriera si segnalano la medaglia Sibelius per la composizione e il premio internazionale intitolato alla pianista britannica Harriet Cohen, nel 1963, prima compositrice a ottenerlo. Importante pure il fatto che la musicologa, esperta nel valorizzare i talenti femminili, Kendra Preston Leonard le abbia dedicato una intera biografia dal titolo Louise Talma: A Life in Composition, edita nel 2014, e il volume: The art songs of Louise Talma, del 2016.

Della sua ampia produzione rimangono molte incisioni su disco e varie esecuzioni si possono facilmente trovare in rete, per lo più sotto forma di ascolto, ad esempio Sei studi per piano, Let's Touch the Sky, le citate Sonata per piano n.1 e Alleluia in forma di toccata; sono in vendita anche volumi da lei scritti per affrontare lo studio della musica e del pianoforte (Bagatelles), contenenti spartiti e metodo, alcuni dei quali realizzati insieme ad allievi e allieve dei suoi corsi di perfezionamento. Tutto ciò le fa onore e contribuisce a mantenerne vivo il ricordo, valorizzando la sua arte.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

 

Louise est née en France, à Arcachon, le 31 octobre 1906 ; sa mère Alma Cecile Garrigues, américaine, était une soprano professionnelle qui avait changé son nom en Talma au début du siècle ; son père est inconnu. En 1914, elles déménagent aux États-Unis où leur fille étudie des sujets scientifiques dans lesquels elle excelle, pensant se consacrer à la chimie, mais l’intérêt pour la musique l’emporte. En 1922, elle s’inscrit à l’Institute of Musical Arts (aujourd’hui Juilliard) de New York où elle affronte la composition et le piano. Elle se spécialise en musique en 1931 à l’université de New York et en 1933 à l’université Columbia. Après ses débuts chanceux au piano en 1926, elle retourne chaque été en France pour perfectionner son apprentissage avec le célèbre pianiste Isidor Philipp, au Conservatoire américain de Fontainebleau; De 1928 à 1939, elle étudia également la composition avec la grande chef d’orchestre et didatte Nadia Boulanger, décidant en 1935 que c’était sa rue. Elle a commencé à enseigner au Hunter College de New York où elle est restée jusqu’en 1979.

La rencontre avec Boulanger a certainement entraîné un tournant, même humain, car Louise s’est convertie au catholicisme en 1934 (Boulanger lui fut marraine) et a imprimé à sa vie un dévouement total à la musique; les thèmes abordés dans les compositions passèrent souvent de l’amour impossible (peut-être Boulanger elle-même) à des textes spirituels et liés à la foi, de sorte qu’au moins une vingtaine de ses œuvres furent thématiques religieuses. Il est significatif qu’elle ait travaillé sans relâche jusqu’à sa mort, qui la rejoint près de quatre-vingt-dix ans à Saratoga Springs, New York, le 13 août 1996 alors qu’elle composait une chanson élégiaque intitulée The Lengthening Shadows. Dans sa vaste production on trouve des pièces pour orchestre, avec la voix du baryton ou avec le piano soliste; nombreux autres pour piano seul, sonates, préludes, variations, études, certains inspirés de l’Italie (Italian Suite) et de Venise (une barcarola)De 1946 à 1994, on compte treize compositions de musique de chambre, pour alto, violon, clarinette, violoncelle, etc., ainsi qu’une fanfare pour trompettes et trombones. À partir de 1928, il est impossible de lister les nombreux morceaux vocaux, avec des accompagnements variés, souvent le piano, parfois pour soprano ou ténor, inspirés de textes poétiques comme ceux d’Emily Dickinson, de Keats, de Blake, d’Auden.

Deux compositions sont dédiées à la mémoire de John F. Kennedy : Dialogues pour piano et orchestre (1964) et un oratoire sur les paroles du même président assassiné, A Time of Rimember (1967). The Tolling Bell, pour baryton et orchestre, né de la réélaboration de textes de Donne, Shakespeare, Marlowe, lui vaut la nomination au Prix Pulitzer pour la musique, en 1969. De sa propre main, elle a écrit le livret d’un opéra de chambre pour les voix de soprano et de mezzosoprano centré sur le thème de la guerre froide et sur le besoin humain d’utopies, intitulé Have You Heard ? Tu sais ? (1976). À propos de sa production, Talma la divise en trois phases : la période juvénile qualifiée de "néoclassique" (1925-51), la seconde qu’elle appelle "période série" (1952-67) et la troisième : "atonale non sérielle" (1967-96)Même si ces labels sont en fait relativement fiables en raison de la variété et de l’ampleur de ses œuvres, où les styles et les sonorités de fusionnent, alternent et se mélangent. La célébrité commence en 1943 avec la Sonate pour piano nº1, suivie par Toccata pour orchestre (1944) et Alleluia sous forme de touchta pour piano (1945); grâce à ces œuvres, elle obtient (deuxième femme après Ruth Crawford Seeger) le Guggenheim Fellowship en composition et fut la seule femme à en recevoir deux consécutifs, en 1946 et en 1947. D’autres primates lui appartiennent : elle a été la première femme admise à l’Institut national des lettres et des arts en 1974 et elle a été la première compositrice américaine dont l’opéra The Alcestiad sur un livret de Thornton Wilder a fait ses débuts en Europe, à Francfort, le 1er mars 1962. À cet égard, il convient de noter que l’opéra avait été achevé depuis 1958 et soumis à plusieurs théâtres américains, qui l’appréciaient mais la jugeaient trop difficile pour les artistes locaux et le public, non préparé à de tels événements musicaux. En Allemagne, elle a été très bien accueilli, mais il s’agit d’un travail de mise en scène très complexe qui demande une énorme dépense de moyens, elle est donc resté presque inconnu.

Talma, toute engagée dans sa mission, ne s’est jamais mariée et, grâce à une abondante correspondance, on connaît au contraire quelques relations féminines significatives. L’Université de Yale conserve de nombreux documents la concernant dans la bibliothèque consacrée aux manuscrits et aux livres rares. Parmi les honneurs reçus au cours de la longue et chanceuse carrière figurent la médaille Sibelius pour la composition et le prix international intitulé à la pianiste britannique Harriet Cohen, en 1963, première compositrice à l’obtenir. Il est important de noter aussi le fait que la musicologue, experte en valorisation des talents féminins, Kendra Preston Leonard lui ait dédié une biographie entière intitulée Louise Talma : A Life in Composition, éditée en 2014, et le volume : The songs of Louise Talma, de 2016.

De sa grande production il reste beaucoup de disques gravés et diverses exécutions peuvent être facilement trouvées sur le net, principalement sous forme d’écoute, par exemple Six studios par étage, Let’s Touch the Sky, les Sonates pour piano n.1 et Alleluia mentionnées sous forme de touchta; sont également en vente des volumes qu’elle a écrits pour aborder l’étude de la musique et du piano (Bagatelles), contenant des partitions et des méthodes, dont certains réalisés avec des élèves et des élèves de ses cours de perfectionnement. Tout cela lui fait honneur et contribue à garder sa mémoire vivante, en valorisant son art.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

Louise Talma was born in Arcachon, France on October 31, 1906. Her mother was Alma Cecile Garrigues, an American and a professional soprano who changed her surname to Talma around the turn of the century. Her father is unknown. In 1914 Louise and her mother moved to the U.S., where the daughter studied science subjects in which she excelled, thinking of pursuing chemistry, but then her interest in music prevailed. After graduating from high school, she enrolled at the Institute of Musical Arts (now Juilliard) in New York in 1922, where she tackled composition and piano. She majored in music in 1931 at New York University and in 1933 at Columbia University. After her successful piano debut in 1926, she returned to France every summer from that year to 1935 to perfect her study with the celebrated pianist Isidor Philipp at the American Conservatory in Fontainebleau. From 1928 to '39 she also studied composition with the great conductor and teacher Nadia Boulanger, deciding in 1935 that that was her path. Meanwhile, she had begun teaching at Hunter College in New York where she remained until 1979.

Her time with Boulanger certainly involved a turning point, including a human one - Louise converted to Catholicism in 1934 (Boulanger was her godmother) and imprinted her life with a total dedication to music. Likewise, the themes addressed in her compositions often shifted from impossible love (perhaps Boulanger herself) to spiritual and faith-related texts, so that there were at least twenty of her works with religious themes. Significantly, she worked tirelessly until her death, which came to her at almost 90 years old, in Saratoga Springs, New York, on August 13, 1996, while she was composing an elegiac piece entitled The Lengthening Shadows. Her vast output includes pieces for orchestra, with baritone voice or solo piano, and numerous others for solo piano, sonatas, preludes, variations, etudes, some inspired by Italy (Italian Suite, and Venetian Folly: Overture and Barcarolle). From 1946 to 1994 there were thirteen chamber music compositions, for viola, violin, clarinet, cello, etc., and also a fanfare for trumpets and trombones. Beginning in 1928, it is impossible to list the many vocal pieces, with various accompaniments, often the piano, sometimes for soprano or tenor, inspired by poetic texts such as those of Emily Dickinson, Keats, Blake, Auden.

Two compositions were dedicated to the memory of John F. Kennedy: Dialogues for Piano and Orchestra (1964) and an oratorio on the words of the assassinated president himself, A Time to Remember (1967). The Tolling Bell, for baritone and orchestra, which grew out of a reworking of texts by Donne, Shakespeare, and Marlowe, earned her a Pulitzer Prize nomination for music in 1969. She herself wrote the libretto for a chamber opera for soprano and mezzo-soprano voices centered on the theme of the Cold War and the human need for utopias, entitled Have You Heard? You Know? (1976). About her output, Talma divided it into three phases: the youthful period, referred to as "neoclassical" (1925-51), the second she calls the "serial period" (1952-67) and the third: "atonal non-serial" (1967-96), although such labels are only relatively reliable precisely because of the variety and breadth of her works, in which styles and sonorities blend, alternate and mix. What is certain is that her fame began as early as 1943 with the Piano Sonata No. 1, followed by Toccata (1944) for orchestra and Alleluia in the form of a toccata for piano (1945). Thanks to these works she obtained (the second woman after Ruth Crawford Seeger) the Guggenheim Fellowship in composition and was the only woman to receive two consecutive ones, in 1946 and '47. Other firsts belong to her - she was the first woman admitted to the National Institute of Arts and Letters in 1974, and she was the first female American composer whose opera The Alcestiad (libretto by Thornton Wilder) premiered in Europe, in Frankfurt, on March 1, 1962. In this connection it is worth noting that the opera had been completed in 1958 and submitted to various American theaters, which appreciated it but deemed it too difficult for local artists and audiences unprepared for such musical events. In Germany, on the other hand, it was received with great favor, yet it is a work with a very complex staging that requires enormous expenditure of means, so it has remained virtually unknown.

Talma, committed to her own mission, never married and instead, thanks to her extensive correspondence, some significant female relationships are known. Yale University preserves many documents about her in its library dedicated to manuscripts and rare books. Honors received during her long and successful career include the Sibelius medal for composition and the international prize named for British pianist Harriet Cohen. In 1963 she was the first female composer to receive it. Also of importance is the fact that musicologist Kendra Preston Leonard, an expert in showcasing female talent, dedicated an entire biography to her entitled Louise Talma: A Life in Composition, published in 2014, and also the 2016 volume: The Art Songs of Louise Talma.

Of her extensive output, many recordings remain on disc (DISC) and various performances can easily be found online, mostly in the form of listening, e.g. Six Piano Etudes, Let's Touch the Sky, the aforementioned Piano Sonata No. 1 and Alleluia in the form of a toccata. Also for sale are volumes she wrote to address the study of music and piano (Bagatelles), containing sheet music and method, some of which she created together with students and pupils of her master classes. All this honors her and helps to keep her memory alive, enhancing the value of her art.


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

 

Louise nació en Francia, en Arcachon, el 31 de octubre de 1906. Su madre, Alma Cecile Garrigues, mujer estadounidense, era una soprano profesional que cambió su apellido por Talma a principios de siglo; su padre es desconocido. En 1914, ambas se trasladaron a Estados Unidos, donde la hija estudió asignaturas de ciencias en las que destacó –pensando en dedicarse a la química– pero luego prevaleció su interés por la música. Tras graduarse en el instituto, en 1922 se matriculó en el Instituto de Artes Musicales (la actual Juilliard) de Nueva York, donde estudió composición y piano. Se especializó en música en 1931 en la Universidad de Nueva York y en 1933 en la Universidad de Columbia. Tras su exitoso debut como pianista en 1926, regresó a Francia todos los veranos desde ese año hasta 1935 para perfeccionar sus estudios de piano con el famoso pianista Isidor Philipp en el Conservatorio Americano de Fontainebleau. Además, de 1928 a 1939, estudió composición con la gran directora y profesora Nadia Boulanger, decidiendo en 1935 que ese iba a ser su camino. Mientras tanto, había empezado a dar clases en el Hunter College de Nueva York, donde permaneció hasta 1979.

Louise se convirtió al catolicismo en 1934 (Boulanger fue su madrina) e imprimió a su vida una dedicación total a la música. Los temas abordados en sus composiciones también pasaron a menudo del amor imposible (quizá la propia Boulanger) a textos espirituales y relacionados con la fe, de modo que al menos veinte de sus obras tenían temática religiosa. Significativamente, trabajó sin cesar hasta su muerte, que llegó a los casi 90 años en Saratoga Springs (Nueva York) el 13 de agosto de 1996, mientras componía una pieza elegíaca titulada The Lengthening Shadows. Su vasta producción incluye piezas para orquesta, con voz de barítono o piano solo; otras numerosas para piano solo, sonatas, preludios, variaciones, estudios, algunos inspirados en Italia (Suite Italiana) y Venecia (Una barcarola). De 1946 a 1994, compone trece piezas de música de cámara, para viola, violín, clarinete, violonchelo, etc., y también una fanfarria para trompetas y trombones. A partir de 1928, es imposible enumerar las numerosas piezas vocales, con diversos acompañamientos, a menudo piano, a veces para soprano o tenor, inspiradas en textos poéticos como los de Emily Dickinson, Keats, Blake, Auden.

Dos composiciones fueron dedicadas a la memoria de John F. Kennedy: Dialogues for piano and orchestra (1964) y un oratorio sobre las palabras del propio presidente asesinado, A Time of Remembrance (1967). The Tolling Bell, para barítono y orquesta, una reelaboración de textos de Donne, Shakespeare y Marlowe, le valió una nominación al Premio Pulitzer de música en 1969. De su puño y letra escribió el libreto de una ópera de cámara para voces de soprano y mezzosoprano centrada en el tema de la Guerra Fría y la necesidad humana de utopías, titulada Have You Heard? Sai? (1976). La propia Talma divide su producción en tres fases: un primer periodo definido como "neoclásico" (1925-51), un segundo que denomina "periodo serial" (1952-67) y un tercero, "atonal no serial" (1967-96), aunque en realidad estas etiquetas son relativamente fiables, precisamente por la variedad y amplitud de sus obras, en las que se funden, alternan y mezclan estilos y sonoridades. Es cierto que la fama comenzó ya en 1943 con la Sonata para piano nº 1, a la que siguieron Tocata para orquesta (1944) y Aleluya en forma de tocata para piano (1945). Gracias a estas obras, fue la segunda mujer –después de Ruth Crawford Seeger– en obtener la beca Guggenheim de composición y fue la única mujer que recibió dos consecutivas, respectivamente la primera en 1946 y la segunda en 1947. Otras primicias le pertenecen: fue la primera mujer admitida en el Instituto Nacional de Artes y Letras en 1974 y la primera compositora estadounidense cuya ópera The Alcestiad, en un libreto de Thornton Wilder, se estrenó en Europa, en Fráncfort, el 1 de marzo de 1962. A este respecto, cabe señalar que la ópera ya había sido terminada en 1958 y presentada a varios teatros estadounidenses, que la apreciaron, pero la consideraron demasiado difícil para los artistas y el público locales, que no estaban preparados para tales acontecimientos musicales. En Alemania, en cambio, fue recibida muy favorablemente, pero se trata de una obra con una puesta en escena muy compleja que requiere un enorme desembolso de recursos, por lo que ha permanecido prácticamente desconocida.

Talma, toda ella comprometida con su misión, nunca se casó y, gracias a la extensa correspondencia, se conocen en cambio algunas relaciones femeninas significativas. La Universidad de Yale conserva muchos documentos sobre ella en la Biblioteca de Manuscritos y Libros Raros. Entre los honores recibidos durante su larga y exitosa carrera figuran la medalla Sibelius de composición y el premio internacional que lleva el nombre de la pianista británica Harriet Cohen, en 1963, la primera mujer compositora en recibirlo. También es importante el hecho de que la musicóloga Kendra Preston Leonard, experta en dar a conocer el talento femenino, le dedicara una biografía completa titulada Louise Talma: A Life in Composition, publicada en 2014 y el volumen The art songs of Louise Talma, en 2016.

De su amplia producción, se conservan numerosas grabaciones en disco y se pueden encontrar fácilmente en Internet varias interpretaciones, la mayoría en forma de audiciones, por ejemplo Sei studi per piano, Let's Touch the Sky, la Sonata para piano nº 1 antes mencionada y Aleluya en forma de tocata; también están a la venta los volúmenes que escribió para abordar el estudio de la música y el piano (Bagatelas), que contienen partituras y método, algunos de los cuales realizó junto con alumnos de sus clases magistrales. Todo ello la honra y contribuye a mantener viva su memoria y a realzar su arte.

Ruth Crawford Seeger
Maria Chiara Pulcini


Elisabetta Sichel

 

Ruth Porter Crawford nasce a East Liverpool, in Ohio, il 3 luglio 1901, secondogenita di una famiglia metodista. Suo padre, Clark Crawford, è uno dei ministri della chiesa mentre sua madre Clara Graves è una casalinga. Nei primi anni di vita Ruth gira gli Stati Uniti, vivendo per brevi periodi in Missouri e Indiana. Inizia a suonare il pianoforte a sei anni; contemporaneamente, mostra subito un’innata passione per la letteratura e la poesia, maturando presto la decisione di diventare una scrittrice o una poeta. Nel 1912 la famiglia si trasferisce a Jacksonville, in Florida, dove Clark muore di tubercolosi due anni dopo. Vedova e con figli e figlie a carico Clara apre una piccola pensione, attività che le fa guadagnare abbastanza per andare avanti rinunciando tuttavia a molti dei privilegi della classe media. Fortunatamente non deve sacrificare l’educazione di sua figlia: Ruth inizia a prendere lezioni di pianoforte da Bertha Foster, fondatrice della School of Musical Art di Jacksonville, e dal 1917 viene istruita dalla migliore insegnante, Valborg Collett, allieva della pianista norvegese Agathe Backer Grøndahl. Dopo aver preso il diploma nel 1918 diventa insegnante nella sua stessa scuola, producendo le prime composizioni per i suoi allievi e le sue allieve; si dedica anche alla carriera di pianista, continuando ad essere supervisionata da Collett e suonando in vari eventi a Jacksonville.

Ruth all'età di sedici anni

Nel 1921 viene accettata all’American Conservatory of Music e si trasferisce a Chicago con l’obiettivo di rimanere il tempo necessario per prendere una certificazione per l’insegnamento. Studia pianoforte con Heniot Levy e Louise Robyn, mentre nel tempo libero va a seguire gli spettacoli di importanti pianisti come Sergei Rachmaninoff e Arthur Rubinstein. Presto si interessa alla composizione musicale, che inizia a studiare durante il secondo anno sotto la guida di Adolf Weidig. A soli 22 anni ha già un proprio stile come mostrano Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano e Music for Small Orchestra, composte in quel periodo: ritmiche asimmetriche, ostinate e materiale atonale, tutti elementi che saranno cardine nella sua futura produzione. Il suo talento è innegabile, eppure il massimo della lode che i critici dell’epoca le riservano è che «suona come un uomo», annotando quanto essa sia lontana dalla musica considerata tipicamente femminile di allora, più sentimentale e pittoresca.

Essendo ormai chiaro che la figlia non avesse alcuna intenzione di essere una semplice insegnante di musica, Clara la raggiunge nel 1923 per poterla supportare. Crawford ottiene la laurea in musica l’anno seguente e decide di continuare gli studi; nello stesso periodo diventa allieva di una delle più importanti pianiste di Chicago, Djane Levoie-Herz, che la introduce al movimento esoterico della Teosofia e al lavoro del pianista russo Alexander Scribian, nonché alla vivace comunità artistica della città, espressione del movimento modernista in voga allora e di cui Ruth sarà una delle figure più originali. Grazie a Hertz incontra i compositori Dane Rudhyar e Henry Cowell, che avranno una grande influenza sui suoi lavori futuri, e il poeta Carl Sandberg, di cui poi sarà insegnante di pianoforte e per il quale musicherà alcuni testi; i più noti provengono dalla raccolta The American Songbag del 1927, di cui Crawford arrangia dieci poesie. È Sandberg che la avvicina alla musica popolare: nei suoi diari descrive un particolare episodio dove Sandberg canta alla chitarra per due bambini, che rimangono rapiti ad ascoltarlo. Comprende così il potere della musica popolare, capace di unire le diverse generazioni. Lo stile diretto e l’uso del vernacolo di Sandberg saranno un’ulteriore fonte di ispirazione, che cercherà di riproporre nella propria musica tramite l’uso di dissonanze e ritmiche asimmetriche.

Crawford con i sui alunni e alunne nel 1950

Nel 1929 è a Peterborough nel New Hempshire ospite della MacDowell Recidency grazie a una borsa di studio. Qui conosce e fa amicizia con il compositore Maurion Bauer, mantenendo i contatti con i suoi amici e amiche a Chicago. In autunno si trasferisce a New York a casa di Blanche Walton, dove inizia a studiare composizione con Charles Seeger, musicologo specializzato in musica folcloristica e insegnante all'Institute of Musical Art di New York – oggi conosciuto come Julliard. Sotto la sua supervisione Crawford continua a sviluppare il suo stile modernista senza però abbandonare la musica popolare. Aiuta Seeger nella scrittura del trattato Tradition and Experiment in the New Music del 1930, tuttavia il suo nome non viene incluso nella pubblicazione.

Grazie ai suoi sforzi e ai brillanti risultati è la prima compositrice a ricevere la Guggeneheim Fellowship, una borsa di studio che le permette di viaggiare a Parigi e Berlino. Qui compone Three Chants: To and Unkind God, To An Angel e To A Kind God. È un pezzo estremamente avanguardista: solo negli anni Sessanta verranno prodotte musiche simili. Tenta più volte di farsi pubblicare, ottenendo anche un colloquio con il famoso editore Emil Hertzka il quale però la rifiuta, avvertendola che per una donna sarebbe stato difficilissimo riuscire a diffondere la propria musica. Crawford non demorde, e viaggia in Austria e Ungheria alla ricerca di supporto. Nonostante i contatti con numerosi colleghi, preferisce comporre da sola, così da poter scrivere una sinfonia che sia davvero sua e non influenzata da altri. Il progetto non andrà in porto ma confluirà nel suo pezzo più famoso: String Quartet 1931, che la consacra come una delle artiste più talentuose e all’avanguardia dell’America dell’epoca, con buona pace per chi sostenesse che una donna non poteva avere il talento necessario per “scrivere come un uomo”.

Nel frattempo, la relazione con Seeger diventa qualcosa di più: i due hanno mantenuto un fitto rapporto epistolare mentre Crawford è in Europa, i consigli di Seeger sono stati fondamentali per la sua produzione di quegli anni; al suo ritorno convolano a nozze, nel 1932. Ruth adotta i tre figli del marito, da cui avrà poi tre figlie e un altro figlio. Nel 1933 rappresenta gli Stati Uniti all'International Society for Contemporary Musical Festival con il brano Three Songs. Quando Seeger viene assunto dalla Resettlement Administration la famiglia si trasferisce a Washington D.C. nel 1936. Qui la musicista, nonostante la fatica di conciliare la sua passione con la vita da casalinga e madre, lavora a stretto contatto con John Lomax e suo figlio Alan, due musicologi esperti di musica popolare, all’Archivio della musica folk americana della Biblioteca del Congresso; per loro trascrive testi e arrangiamenti che vengono poi raccolti e pubblicati in antologie. È convinta che la musica popolare sia in grado di unire le persone e che pertanto sia un bene da preservare. Nei suoi diari scrive:

«La musica folk non è musica da ammirare a distanza e che può essere eseguita solo da chi ha specifici talenti o ha studiato intensamente per acquisire la tecnica […] Per goderne, non c’è bisogno di fronzoli. Basta sedersi comodamente da qualche parte ed eseguirla, con la coscienza che tanti genitori con i loro bambini e bambine hanno fatto la stessa cosa prima di noi e ne hanno goduto – sapendo che il valore della buona musica è stato democraticamente determinato da un accordo generale e dall’accettazione del gruppo».

Si dedica interamente alla musica folk componendo le sue canzoni più famose, tra cui Our Singing Country e Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Col nome da sposata pubblica la collezione di musica popolare American Folk Songs for Children for In Home, School, and Nursery School nel 1948, un testo pensato sia per l’uso scolastico – ancora oggi utilizzato in tal senso – sia a casa, canzoni che i genitori possono cantare ai loro bambini e bambine. Crawford rifiuta di censurare i testi per “adattarli” al suo giovane pubblico, argomentando che i temi come la morte e la malinconia facciano parte della vita; una filosofia che applica sempre al suo insegnamento e che sarà fonte di ispirazione per future maestre e maestri.

Crawford in uno studio di registrazione con Burl Ives

Un cancro all’intestino se la porta via troppo presto, il 18 novembre 1953. Poco prima della sua dipartita Crawford comincia a tornare al suo stile ultramoderno con Suite for Wind Quintet, tre brevi movimenti con flauto, clarinetto, corno e fagotto, un ritorno alle origini che non troverà seguito. Gli ultimi mesi di vita sono resi ancora più tragici da una investigazione dell’Fbi su Charles, vittima del maccartismo a causa delle sue simpatie per i movimenti di sinistra: il giorno in cui scopre di avere il cancro è anche quello in cui il marito viene interrogato, evento che lo porterà poi a dimettersi dal suo lavoro per non compromettere i colleghi. L’eredità di Ruth Crawford Seeger è enorme: due carriere, una come compositrice e una come musicologa, su cui ha retto il suo stile pedagogico. Convinta che la musica dovesse essere accessibile a chiunque, trasmetterà la sua passione ai figli Peter, Peggy e Mike, che ne proseguiranno il lavoro accademico e diventeranno importanti figure del panorama folk americano.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Ruth Porter Crawford est née à East Liverpool, dans l'Ohio, le 3 juillet 1901, deuxième enfant d'une famille méthodiste. Son père, Clark Crawford, est l'un des ministres de l'église tandis que sa mère, Clara Graves, est femme au foyer. Dans ses premières années de vie, Ruth voyage à travers les États-Unis, vivant pendant de courtes périodes dans le Missouri et l'Indiana. Elle commence à jouer du piano à six ans ; en même temps, elle montre immédiatement une passion innée pour la littérature et la poésie, mûrissant rapidement la décision de devenir écrivaine ou poète. En 1912, la famille déménage à Jacksonville, en Floride, où Clark meurt de la tuberculose deux ans plus tard. Veuve et avec des enfants à charge, Clara ouvre une petite pension, activité qui lui permet de gagner suffisamment pour subvenir à leurs besoins, bien qu'elle doive renoncer à de nombreux privilèges de la classe moyenne. Heureusement, elle n'a pas à sacrifier l'éducation de sa fille : Ruth commence à prendre des leçons de piano avec Bertha Foster, fondatrice de la School of Musical Art de Jacksonville, et à partir de 1917, elle est formée par la meilleure enseignante, Valborg Collett, élève de la pianiste norvégienne Agathe Backer Grøndahl. Après avoir obtenu son diplôme en 1918, elle devient enseignante dans sa propre école, composant ses premières œuvres pour ses élèves ; elle se consacre également à une carrière de pianiste, continuant à être encadrée par Collett et jouant lors de divers événements à Jacksonville.

Ruth à l'âge de seize ans

En 1921, elle est acceptée à l'American Conservatory of Music et déménage à Chicago dans le but d'y rester le temps nécessaire pour obtenir une certification pour enseigner. Elle étudie le piano avec Heniot Levy et Louise Robyn, tout en assistant dans son temps libre à des concerts de célèbres pianistes tels que Sergei Rachmaninoff et Arthur Rubinstein. Rapidement, elle s'intéresse à la composition musicale, qu'elle commence à étudier dès la deuxième année sous la direction d'Adolf Weidig. À seulement 22 ans, elle possède déjà son propre style, comme en témoignent ses œuvres Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano et Music for Small Orchestra, composées à cette époque : des rythmes asymétriques, obstinés et de la musique atonale, des éléments qui seront centraux dans sa production future. Son talent est indéniable, mais la plus grande louange que les critiques de l'époque lui réservent est qu'elle «joue comme un homme», soulignant ainsi combien elle se distingue de la musique alors considérée comme typiquement féminine, plus sentimentale et pittoresque.

Il est désormais évident que sa fille n'a aucune intention d'être une simple enseignante de musique, et Clara la rejoint en 1923 pour la soutenir. Crawford obtient son diplôme de musique l'année suivante et décide de poursuivre ses études. Durant cette période, elle devient élève de l'une des plus importantes pianistes de Chicago, Djane Levoie-Herz, qui l'introduit au mouvement ésotérique de la théosophie et à l'œuvre du pianiste russe Alexandre Scriabine, ainsi qu'à la communauté artistique dynamique de la ville, une expression du mouvement moderniste en vogue à l'époque, dont Ruth deviendra l'une des figures les plus originales. Grâce à Hertz, elle rencontre les compositeurs Dane Rudhyar et Henry Cowell, qui auront une grande influence sur ses œuvres futures, et le poète Carl Sandburg, dont elle deviendra l'enseignante de piano et pour lequel elle mettra en musique certains textes ; les plus célèbres proviennent de la collection The American Songbag de 1927, dont Crawford arrange dix poèmes. C'est Sandburg qui la rapproche de la musique populaire : dans ses journaux, elle décrit un épisode particulier où Sandburg chante à la guitare pour deux enfants, captivés par son chant. Elle comprend alors le pouvoir de la musique populaire, capable d'unir les générations. Le style direct et l'utilisation du vernaculaire de Sandburg seront une autre source d'inspiration qu'elle tentera de reproduire dans sa propre musique à travers l'utilisation de dissonances et de rythmes asymétriques.

Crawford avec ses étudiants en 1950

En 1929, elle se trouve à Peterborough, dans le New Hampshire, en tant qu'invitée de la MacDowell Residency grâce à une bourse d'études. Là-bas, elle se lie d'amitié avec le compositeur Marion Bauer, tout en maintenant le contact avec ses amis de Chicago. À l'automne, elle déménage à New York chez Blanche Walton, où elle commence à étudier la composition avec Charles Seeger, musicologue spécialisé dans la musique folklorique et professeur à l'Institute of Musical Art de New York – aujourd'hui connu sous le nom de Juilliard. Sous sa supervision, Crawford continue de développer son style moderniste tout en conservant un lien avec la musique populaire. Elle aide Seeger à rédiger le traité Tradition and Experiment in the New Music en 1930, bien que son nom ne soit pas mentionné dans la publication.

Grâce à ses efforts et à ses brillants résultats, elle devient la première compositrice à recevoir la Guggenheim Fellowship, une bourse d'études qui lui permet de voyager à Paris et à Berlin. Là, elle compose Three Chants: To an Unkind God, To an Angel et To a Kind God, une œuvre extrêmement avant-gardiste dont des pièces similaires ne seront produites que dans les années 1960. Elle tente à plusieurs reprises de se faire publier, obtenant même un entretien avec le célèbre éditeur Emil Hertzka, qui la refuse cependant, l'avertissant qu'il serait très difficile pour une femme de faire diffuser sa musique. Crawford ne se décourage pas et voyage en Autriche et en Hongrie à la recherche de soutien. Malgré ses nombreux contacts avec des collègues, elle préfère composer seule, afin de pouvoir écrire une symphonie qui lui soit vraiment propre et non influencée par d'autres. Le projet n'aboutit pas, mais il se concrétise dans son œuvre la plus célèbre : String Quartet 1931, qui la consacre comme l'une des artistes les plus talentueuses et avant-gardistes de l'Amérique de l'époque, malgré ceux qui affirmaient qu'une femme ne pouvait pas avoir le talent nécessaire pour "écrire comme un homme".

Entre-temps, sa relation avec Seeger évolue : les deux entretiennent une correspondance étroite pendant que Crawford est en Europe, et les conseils de Seeger sont essentiels pour sa production de ces années ; à son retour, ils se marient en 1932. Ruth adopte les trois enfants de son mari, avec qui elle aura ensuite trois filles et un fils supplémentaire. En 1933, elle représente les États-Unis au Festival de la Société internationale pour la musique contemporaine avec la pièce Three Songs. Lorsque Seeger est engagé par la Resettlement Administration, la famille déménage à Washington D.C. en 1936. Là-bas, malgré les difficultés à concilier sa passion avec la vie de femme au foyer et de mère, la musicienne travaille en étroite collaboration avec John Lomax et son fils Alan, deux musicologues experts en musique populaire, aux archives de la musique folk américaine de la Bibliothèque du Congrès. Pour eux, elle transcrit des textes et des arrangements qui seront ensuite rassemblés et publiés dans des anthologies. Elle est convaincue que la musique populaire est capable d'unir les gens et qu'elle est donc un patrimoine à préserver. Dans ses journaux, elle écrit:

«La musique folk n'est pas une musique à admirer de loin et qui ne peut être jouée que par ceux qui ont des talents spécifiques ou qui ont étudié intensément pour acquérir la technique [...] Pour en profiter, il n'est pas nécessaire d'avoir des artifices. Il suffit de s'asseoir confortablement quelque part et de la jouer, avec la conscience que de nombreux parents avec leurs enfants ont fait la même chose avant nous et en ont tiré du plaisir – sachant que la valeur de la bonne musique a été démocratiquement déterminée par un accord général et l'acceptation du groupe.».

Elle se consacre entièrement à la musique folk, composant ses chansons les plus célèbres, telles que Our Singing Country et Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Sous son nom d'épouse, elle publie la collection de musique populaire American Folk Songs for Children for In Home, School, and Nursery School en 1948, un ouvrage conçu à la fois pour un usage scolaire – encore utilisé aujourd'hui à cet effet – et à la maison, avec des chansons que les parents peuvent chanter à leurs enfants. Crawford refuse de censurer les textes pour les "adapter" à son jeune public, affirmant que des thèmes tels que la mort et la mélancolie font partie de la vie ; une philosophie qu'elle applique toujours dans son enseignement et qui sera une source d'inspiration pour les futures éducatrices et éducateurs.

Crawford dans un studio d'enregistrement avec Burl Ives

Un cancer de l'intestin l'emporte trop tôt, le 18 novembre 1953. Peu avant sa mort, Crawford commence à revenir à son style ultramoderne avec Suite for Wind Quintet, trois courts mouvements pour flûte, clarinette, cor et basson, un retour aux sources qui ne trouvera pas de suite. Les derniers mois de sa vie sont rendus encore plus tragiques par une enquête du FBI sur Charles, victime du maccarthysme en raison de ses sympathies pour les mouvements de gauche : le jour où elle apprend qu'elle a un cancer est également celui où son mari est interrogé, un événement qui le poussera ensuite à démissionner pour ne pas compromettre ses collègues. L'héritage de Ruth Crawford Seeger est immense : deux carrières, l'une en tant que compositrice et l'autre en tant que musicologue, qui ont soutenu son style pédagogique. Convaincue que la musique devait être accessible à n’importe qui, elle transmettra sa passion à ses enfants Peter, Peggy et Mike, qui poursuivront son travail académique et deviendront d'importantes figures du paysage folk américain.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Ruth Porter Crawford was born in East Liverpool, Ohio, on July 3, 1901, the second child of a Methodist family. Her father, Clark Crawford, was one of the church's ministers while her mother Clara Graves was a homemaker. In her early years Ruth traveled around the United States, living for short periods in Missouri and Indiana. She began playing the piano at age six, and at the same time quickly showed an innate passion for literature and poetry, soon reaching her decision to become a writer or poet. In 1912 the family moved to Jacksonville, Florida, where her father died of tuberculosis two years later. Widowed and with sons and daughters as dependents, Clara opened a small boarding house, a business that earned her enough to get by while giving up many of the privileges of the middle class. Fortunately, she did not have to sacrifice her daughter's education. Ruth began taking piano lessons from Bertha Foster, founder of the School of Musical Art in Jacksonville, and from 1917 she was taught by the best teacher, Valborg Collett, a student of Norwegian pianist Agathe Backer Grøndahl. After graduating in 1918 she became a teacher at her own school, producing her first compositions for her students and pupils. She also devoted herself to a career as a pianist, continuing to be supervised by Collett and playing at various events in Jacksonville.

Ruth at the age of sixteen

In 1921 she was accepted at the American Conservatory of Music and moved to Chicago with the goal of staying as long as necessary to take a teaching certification. She studied piano with Heniot Levy and Louise Robyn, while in her spare time she went to attend performances by leading pianists such as Sergei Rachmaninoff and Arthur Rubinstein. She soon became interested in music composition, which she began studying during her sophomore year under Adolf Weidig. By the time she was only 22 years old, she already had her own style as Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano and Music for Small Orchestra, composed at that time, show. These featured asymmetrical rhythms, ostinatos and atonal material, all of which would be pivotal in her future output. Her talent is undeniable, yet the highest praise reserved for her by critics of the time is that she "sounds like a man," noting how far removed she is from the more sentimental and picturesque music considered typically feminine at the time.

Since it was now clear that her daughter had no intention of being a mere music teacher, Clara joined her in 1923 in order to support her. Ruth Crawford obtained a degree in music the following year and decided to continue her studies. At the same time she became a student of one of Chicago's leading pianists, Djane Levoie-Herz, who introduced her to the esoteric movement of Theosophy and the work of the Russian pianist Alexander Scriabin, as well as to the city's vibrant artistic community, an expression of the modernist movement then in vogue and of which Ruth would be one of the most original figures. Through Herz she met the composers Dane Rudhyar and Henry Cowell, who were to have a great influence on her future work, and the poet Carl Sandberg, whose piano teacher she was later to be and for whom she would set some of his texts to music - the best known appear in the 1927 collection The American Songbag, for which Crawford arranged ten poems. It was Sandberg who brought her closer to popular music - in her diaries she describes a particular episode where Sandberg sings on the guitar for two children, who are enraptured listening to him. She thus come to understand the power of popular music, capable of uniting different generations. Sandberg's direct style and use of the vernacular would be a further source of inspiration, which she would try to replicate in her own music through the use of dissonances and asymmetrical rhythms.

Crawford with his students in 1950

In 1929 she was in Peterborough, New Hampshire, a guest of the MacDowell Colony on a scholarship. There she met and befriended composer Maurion Bauer, while maintaining contact with her friends in Chicago. In the fall she moved to Blanche Walton's home in New York, where she began studying composition with Charles Seeger, a musicologist specializing in folk music and a teacher at New York's Institute of Musical Art-now known as Julliard. Under his supervision Crawford continued to develop her modernist style but without abandoning folk music. She helped Seeger in writing the 1930 treatise Tradition and Experiment in the New Music, however, her name is not included in the publication.

Due to her efforts and brilliant achievements, she was the first female composer to receive the Guggenheim Fellowship, a fellowship that allowed her to travel to Paris and Berlin. There she composed Three Chants: To an Unkind God, To an Angel and To a Kind God. It is an extremely avant-garde piece - only in the 1960s would similar music be produced. She tried several times to get published, even obtaining an interview with the famous publisher Emil Hertzka, who, however, rejected her, warning her that it would be very difficult for a woman to succeed in getting her music published. Crawford did not give up, and traveled to Austria and Hungary in search of support. Despite contacts with numerous colleagues, she preferred to compose on her own so that she could write a symphony that was truly her own and not influenced by others. The project would not go through but would flow into her most famous piece, String Quartet 1931, which established her as one of the most talented and avant-garde artists in America at the time, much to the chagrin of those who argued that a woman could not have the talent necessary to "write like a man."

Meanwhile, her relationship with Seeger became something more. The two maintained a close correspondence while Crawford was in Europe - Seeger's advice was crucial to her output in those years – and upon her return in 1932 they married. Ruth adopted her husband's three children, and later she would have three daughters and a son with him. In 1933 she represented the United States at the International Society for Contemporary Musical Festival with the piece Three Songs. When Seeger was hired by the Resettlement Administration, the family moved to Washington, D.C., in 1936. There the musician, despite struggling to reconcile her passion with life as a housewife and mother, worked closely with John Lomax and his son Alan, two musicologists with expertise in folk music, at the Archives of American Folk Music at the Library of Congress. For them she transcribed lyrics and arrangements that were later collected and published in anthologies. She was convinced that folk music can unite people and was therefore an asset to be preserved. In her journals, she wrote:

«Folk music is not music to be admired from a distance and that can be performed only by those who have specific talents or have studied intensively to acquire the technique [...] To enjoy it, there is no need for frills. Just sit comfortably somewhere and perform it, with the consciousness that so many parents with their boys and girls have done the same thing before us and enjoyed it-knowing that the value of good music was democratically determined by general agreement and group acceptance».

She devoted herself entirely to folk music, composing her most famous songs, including Our Singing Country and Rissolty Rossolty - An American Fantasy for Orchestra. Under her married name, she published the popular music collection American Folk Songs for Children for home, school, and nursery school in 1948, a text designed for both school use - still used that way today - and at home, songs that parents can sing to their boys and girls. Crawford refused to censor the lyrics to "adapt" them to her young audience, arguing that themes such as death and melancholy were part of life - a philosophy she always applied to her teaching and would be an inspiration to future teachers.

Crawford in a recording studio with Burl Ives

Bowel cancer took her away too soon, on November 18, 1953. Shortly before her death Crawford began to return to her ultra-modern style with Suite for Wind Quintet, three short movements with flute, clarinet, horn and bassoon, a return to her roots that could not be followed up. The last months of her life are made even more tragic by an FBI investigation of Charles, a victim of McCarthyism because of his sympathies for left-wing movements. The day she discovered she had cancer was also the day her husband was questioned, an event that will later lead him to resign from his job so as not to compromise his colleagues. Ruth Crawford Seeger's legacy is enormous: two careers, one as a composer and one as a musicologist, on which she based her pedagogical style. Convinced that music should be accessible to everyone, she passed on her passion to her children Peter, Peggy and Mike, who continued her work and became important figures in the American folk scene.


Traduzione spagnola

Silvia Ceccarelli

Ruth Porter Crawford nació en East Liverpool, Ohio, el 3 de julio de 1901, segunda hija de una familia metodista. Su padre Clark Crawford fue ministro de la iglesia y su madre, Clara Graves, ama de casa. En los primeros años de su vida Ruth viaja por los Estados Unidos, viviendo durante periodos cortos en Misuri e Indiana. Empieza a tocar el piano a los seis y, al mismo tiempo, da muestras de una pasión innata por la literatura y la poesía, madurando pronto la decisión de convertirse en escritora o poeta. En 1912 la familia se mueve a Jacksonville, Florida, donde Clark muere de tuberculosis dos años después. Viuda y con hijos e hijas que dependen de ella, Clara abre una pequeña posada, un negocio que le permite sobrevivir, aunque renunciando a muchos de los privilegios de la clase media. Afortunadamente, no tiene que sacrificar la educación de su hija: Ruth empieza a tomar clases de piano con Bertha Foster, fundadora de la Escuela de Arte Musical de Jacksonville, y a partir de 1917 recibe clases de la mejor maestra, Valborg Collett, alumna de la pianista noruega Agathe Backer Grøndahl. Después de graduarse en 1918 se convierte en profesora en su propia escuela, produciendo las primeras composiciones para su alumnado; también se dedica a una carrera como pianista, supervisada por Collett, y toca en varios eventos en Jacksonville.

Rut a la edad de dieciséis años.

En 1921 la aceptan en el Conservatorio Americano de Música y se muda a Chicago con el objetivo de quedarse el tiempo suficiente para obtener una certificación de enseñanza. Estudia piano con Heniot Levy y Louise Robyn y en su tiempo libre sigue las actuaciones de importantes pianistas como Sergei Rachmaninoff y Arthur Rubinstein. Pronto se interesa por la composición musical, que comienza a estudiar durante su segundo año bajo la guía de Adolf Weidig. Con solo 22 años ya tiene un estilo propio como demuestran los Preludios para piano, la Sonata para violín y piano y la Música para pequeña orquesta, compuestas en esa época: ritmos asimétricos, obstinados y material atonal, elementos que serán fundamentales en su futura producción. Su talento es innegable, pero el mayor elogio que la crítica de la época le reserva es que "toca como un hombre", señalando lo lejos que está de la música más sentimental y pintoresca considerada en aquel tiempo típicamente femenina.

Ya que su hija no tiene intención de ser una simple profesora de música, Clara se une a ella en 1923 para apoyarla. Crawford se gradúa en música al año siguiente y decide continuar sus estudios; en el mismo período se convierte en alumna de uno de los pianistas más importantes de Chicago, Djane Levoie-Hertz, quien la introduce en el movimiento esotérico de la Teosofía y en la obra del pianista ruso Alexander Scribian, así como en la animada comunidad artística de la ciudad, expresión del movimiento modernista en boga en ese momento y del cual Ruth sería una de las figuras más originales. Gracias a Hertz conoce a los compositores Dane Rudhyar y Henry Cowell, que tendrán una gran influencia en sus futuras obras, y al poeta Carl Sandberg, del que más tarde será profesora de piano y para quien musicará algunos textos; los más conocidos provienen de la colección de 1927 The American Songbag, de la que Crawford arregló diez poemas. Es Sandberg quien la acerca a la música popular: en sus diarios [Crawford] describe un episodio particular en el que Sandberg canta con la guitarra para dos niños, que se quedan embelesados al escucharlo. Entiende así el poder de la música popular, capaz de unir a diferentes generaciones. El estilo directo de Sandberg y el uso de la lengua vernácula serán una nueva fuente de inspiración, que Crawford intentará reproducir en su música mediante el uso de disonancias y ritmos asimétricos.

Crawford con sus alumnos en 1950

En 1929 se encuentra en Peterborough, New Hempshire, como becaria en la MacDowell Recidency. Allí conoce al compositor Maurion Bauer, del que se hace amiga, manteniéndose en contacto con sus amigos de Chicago. En el otoño se muda a Nueva York a la casa de Blanche Walton, donde comienza a estudiar composición con Charles Seeger, un musicólogo especializado en música folclórica y profesor en el Instituto de Arte Musical de Nueva York, ahora conocido como Julliard. Bajo su supervisión, Crawford continúa desarrollando su estilo modernista sin abandonar la música popular. Ayuda a Seeger a escribir el tratado de 1930 Tradición y Experimentación en la Nueva Música, pero su nombre no se incluye en la publicación.

Gracias a sus esfuerzos y brillantes resultados, es la primera compositora en recibir la Guggeneheim Fellowship, una beca que le permite viajar a París y Berlín. Aquí compone Tres Cantos: A un Dios cruel, A un ángel y A un Dios bondadoso. Es una pieza extremadamente vanguardista: sólo en los años Sesenta se producirá música similar. Intenta varias veces que su trabajo sea publicado, incluso consigue una entrevista con el famoso editor Emil Hertzka que, sin embargo, la rechaza, advirtiéndole que iba a ser muy difícil para una mujer poder difundir su música. Crawford no se rinde y viaja a Austria y Hungría en busca de apoyo. A pesar de los contactos con numerosos colegas, prefiere componer sola, para poder escribir una sinfonía que sea verdaderamente suya y no esté influenciada por otros. El proyecto no prospera, sino que se fusiona en su pieza más famosa: Cuarteto de cuerdas 1931, que la consagra como una de las artistas más talentosas y vanguardistas de Estados Unidos en ese momento, en el rostro de quienes sostenían que una mujer no podía tener el talento necesario para "escribir como un hombre".

Mientras tanto, la relación con Seeger se convierte en algo más: los dos han mantenido una estrecha correspondencia mientras Crawford estaba en Europa, los consejos de Seeger fueron fundamentales para su producción de esos años. A su regreso se casan, en 1932. Ruth adopta a los tres hijos de su marido, y los dos tendrán otras tres hijas y un hijo. En 1933 representa a los Estados Unidos en el Festival de la Sociedad Internacional de Música Contemporánea con la canción Three Songs. Cuando la Administración de Reasentamiento contrata a Seeger, la familia se muda a Washington, D.C., en 1936. Allí la música, a pesar de la lucha por conciliar su pasión con la vida como ama de casa y madre, trabaja estrechamente con John Lomax y su hijo Alan, dos musicólogos expertos en música popular, en el Archivo de Música Folclórica Americana de la Biblioteca del Congreso. Para ellos transcribe textos y arreglos que luego son recopilados y publicados en antologías. Está convencida de que la música popular es capaz de unir a la gente y que, por lo tanto, es algo que hay que preservar. En sus diarios escribe:

«La música folclórica no es una música que se pueda admirar a distancia y que sólo puede ser interpretada por aquellos que tienen talentos específicos o han estudiado intensamente para adquirir la técnica […]. Para disfrutarla, no hay necesidad de florituras. Simplemente hay que sentarse cómodamente en algún lugar y tocar, con la conciencia de que muchos padres y sus hijos han hecho lo mismo antes que nosotros y lo han disfrutado, sabiendo que el valor de la buena música ha sido determinado democráticamente por el acuerdo general y la aceptación del grupo».

famosas, entre ellas Our Singing Country y Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Con su apellido de casada en 1948 publica la colección de música popular American Folk Songs for Children for In Home, School and Nursery School, un texto pensado tanto para uso escolar –que se sigue utilizando hoy en día– como para el hogar, canciones que los padres pueden cantar a sus hijos e hijas. Crawford se niega a censurar las letras para "adaptarlas" a su joven público, argumentando que temas como la muerte y la melancolía son parte de la vida; una filosofía que siempre aplica a su enseñanza y que será fuente de inspiración para futuros docentes.

Crawford en un estudio de grabación con Burl Ives

Un cáncer intestinal se la lleva demasiado pronto, el 18 de noviembre de 1953. Poco antes de su muerte, Crawford comienza a volver a su estilo ultramoderno con Suite for Wind Quintet, tres movimientos cortos con flauta, clarinete, trompa y fagot, una vuelta a sus orígenes que no tendrá continuación. Los últimos meses de su vida se vuelven aún más trágicos por una investigación del FBI sobre Charles, víctima del macartismo por sus simpatías por los movimientos de izquierda: el día que descubre que tiene cáncer es también el día en que su marido es interrogado, un acontecimiento que la llevará a dimitir de su trabajo para no comprometer a sus colegas. El legado de Ruth Crawford Seeger es enorme: dos carreras, una como compositora y otra como musicóloga, en las que ha basado su estilo pedagógico. Convencida de que la música debe estar al alcance de cualquiera, transmitió su pasión a sus hijos Peter, Peggy y Mike, quienes continuaron su labor académica y se convirtieron en figuras importantes de la escena folk estadounidense.

 

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