Una nuova rete di Camera d’autrice nasce ad Avola, in provincia di Siracusa, dove il 9 giugno 2024 vengono intitolate otto camere ad altrettante figure rilevanti dell’isola.

 
 


Agriturismo Cavagrande, Alle Riserve, Avola

In un posto meraviglioso, preriserva di Cavagrande del Cassibile, Alle Riserve – Agriturismo Cavagrande (Avola), Rosa Balistreri ha trovato l’ambiente perfetto per sé. Una siciliana, licatese cresciuta al quartiere marina, tra i vicoli e le vie strette, in mezzo alle pietre e al sole, la potrete conoscere immergendovi in un panorama mozzafiato. La famiglia era povera assai, la madre casalinga e il padre falegname, e di lavoro ce n’era poco per tutti. A sedici anni è costretta a sposarsi. Del resto, tutto nella sua vita è stato difficile. Rosa finisce in carcere per colpa del marito, latru jucaturi e mbriacuni ed è costretta ad emigrare a Firenze. Una vita di sacrifici e sofferenze. A Firenze conosce Manfredi, un pittore, e tanti artisti, gente colta, che apprezza l’arte di Rosa. Finisce a cantare in televisione, nonostante abbia imparato a leggere e scrivere a trent’anni. Ma la verità, come diceva Lei, è che conosce il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque laureato. La rabbia che aveva dentro l’ha tirata fuori con la sua voce, roca e potente, l’ha cantata con tutta l’anima, per protestare, sì, perché si può protestare in mille modi. Rosa è diversa, è un’attivista che fa comizi con la chitarra! Nelle sue canzoni parla della fame, della disoccupazione, delle donne madri, dell’emigrazione, del razzismo. Insomma, parla di tutto il dolore della sua terra e della sua gente. E poi racconta la Sicilia, le sue campagne bruciate dal sole e le rive del mare battute dal vento d’Africa e dalla salsedine. Ha dato voce alla sua terra, ha dato voce alla sua anima. È tornata in Sicilia nel ‘71, a Palermo. La vita dura di Rosa ora era ricca delle sue canzoni, della gente che amava ascoltarla, perché la sua voce è bella e importanti le sue parole. Qui, in questo angolo di paradiso, Alle Riserve – Agriturismo Cavagrande, la sua intensa voce continua a risuonare.



Casa vacanze Il Cortile della Giara, Avola

In un cortile del centro storico di Avola, c’è la casa vacanze La Giara. Il luogo perfetto per intitolare una camera alla fotografa che, con le sue immagini, ha raccontato la Sicilia. Una vita emblematica la sua. Palermitana del ‘35, comincia tardi a lavorare, prima come giornalista, per diventare poi una delle più grandi fotografe italiane di impegno sociale e politico. Vissuta negli anni di piombo, l’unica donna tra colleghi fotografi, cercava sempre un varco con l’obiettivo in mano, spintonata da tutti, respinta verso l’angolo dove donne dal velo nero piangevano. Il suo obiettivo testimonia quel dolore. Senza condizionamenti ideologici né pregiudizi, collabora con il giornale “L’Ora”. Scattando foto ai delitti di mafia, arriva alla fama internazionale. Ma sono i volti di siciliane e siciliani, visi di gente comune, che meglio esprimono spaccati di vita, testimonianza autentica del dolore sociale. Tanta bellezza e speranza anche nel dolore, sempre. Un’opera quella di Letizia Battaglia che narra di Palermo, della Sicilia, del mondo. Ne Il Cortile della Giara, un pannello pieno di foto, insieme a bellissime riviste di sue fotografie, racconta di Letizia Battaglia, la fotografa che ha raccontato la Sicilia.



Resort & Event Nuovo Crisilio Castello, Avola

A Elvira Mancuso, scrittrice, maestra, donna indipendente, è stata intitolata la camera d’entrata dell’incantevole resort Nuovo Crisilio Castello, ad Avola. Maestra elementare, nubile per scelta, nel 1906 scrive la sua opera più importante e famosa: Annuzza la maestrina, una storia autobiografica incentrata sulla condizione della donna in Sicilia ad inizio del XX secolo. Nel suo saggio Sulla condizione della donna borghese in Sicilia, denuncia tutti i pregiudizi che mortificano il ruolo della donna. È con la storia di Annuzza, poi pubblicata con il titolo Vecchia storia… inverosimile, che la scrittrice rifiuta il matrimonio come sistemazione per la vita. L’autrice esprime tutta la sua avversione e il rifiuto verso il sistema etico e morale dell’epoca in Sicilia, che mortifica e opprime la sensibilità e dignità di tutte le donne. Annuzza è una volpicina, una scintilla dentro il conformismo borghese del paese. Vecchia la storia, ma nuovissimo il pathos, tanto che Leonardo Sciascia scrive del romanzo: «In questo libro vi sono molte verità che non invecchiano». Una scrittrice, Elvira Mancuso, ritenuta oggi fondamentale nella storia della letteratura femminile italiana. A Lei dedicato il pannello che ne descrive la vita e l’opera, che insieme ai suoi libri e a foto, rende accogliente e intimo lo spazio a lei intitolato.



Casa Le Pigne, Avola

Alla Signora dell’editoria, Elvira Giorgianni Sellerio, nella Casa Le Pigne (Avola), è intitolata una camera. Diventata un’icona nell’immaginario culturale italiano per il suo amore per la letteratura, Elvira, con la casa editrice fondata con il marito Enzo, la Sellerio, è stata una pioniera del panorama culturale nel secondo Novecento. Sempre pronta a incoraggiare il lavoro femminile e il talento di scrittrici e scrittori siciliani, come Gesualdo Bufalino, Maria Messina, Luisa Adorno, Alicia Gimenez-Bartlett e soprattutto Andrea Camilleri, creatore dell’amato commissario Montalbano, che ha stretto con lei un’amicizia fraterna, la Signora, e la sua casa editrice, si distingue per la sua delicatezza, per il suo taglio sociale più implicito e per la nascita di una collana: i celebri volumetti tascabili de La memoria, con la loro copertina blu e la loro grafica raffinata. Uno splendido pannello, in questo luogo ospitale sul lungomare di Avola, racconta la sua storia, insieme a foto e libri a lei dedicati. La Signora amava le storie, sapeva riconoscerle, custodirle, restituirle nella felicità del proprio racconto e nel talento del mestiere. Con un solo filo si è fatta tramite di un rapporto bellissimo tra gente che racconta storie e altra gente che le ascolta.



Villa Eben-Ezer, Avola

A due passi dal mare, ad Avola, c’è il B&B Villa Eben-Ezer. Entrando, nella hall della struttura, si rimane colpiti dallo sguardo riflessivo di Maria Grazia Cutuli, la giornalista a cui è intitolata la camera d’autrice. Caparbia, impegnata, testarda, bella, professionale: tutto questo era Maria Grazia Cutuli. Caparbia per la sua ferrea volontà di scalare il muro di una professione come quella giornalistica, considerata difficile, se non impossibile, per una donna e per giunta meridionale. Impegnata socialmente a difesa dei più deboli, veniva considerata una «rompiscatole» per l’insistenza con cui chiedeva risposte a ciò che cercava. Catanese, da sempre interessata alla scrittura e comunicazione giornalistica, collabora a «La Sicilia», lavora a Telecolor ma si occupa di politica con l’ufficio stampa della Camera del lavoro della CGIL. Poi il settimanale «Epoca», e la sua politica estera, prima dalla redazione e, finalmente, come inviata. Una giornalista in prima linea. Il migliore, la migliore giornalista è quella che riesce ad essere prima di altri nel posto giusto al momento giusto. Quel luogo per Maria Grazia è l’Afganistan dei talebani. Dopo l’11 settembre l’Afganistan si fa rovente. È a Kabul che scrive il suo ultimo reportage: ha visitato un campo talebano in cui c’era del gas nervino. Viene assassinata il 19 novembre 2001. Un’inviata speciale Maria Grazia Cutuli, che va ricordata per l’esemplare pregnanza della sua vita. In questo accogliente luogo, Villa Eben-Ezer, si potrà leggere la storia della giornalista, un bel libro a fumetti di Paola Cannatella e Giuseppe Galeani “Maria Grazia Cutuli. Dove la terra brucia”, ammirare le sue foto e curarne la memoria.



Maison Bijou, Avola

In pieno centro di Avola, in una posizione che guarda al mare, c’è il B&B Maison Bijou, un luogo accogliente in cui ogni camera è dedicata ad una pietra preziosa, Diamante, Acquamarina, Smeraldo. Posto perfetto per la nostra Incantadora Tina Di Lorenzo. L’attrice teatrale, amatissima durante la Belle Époque, figlia del marchese Corrado di Lorenzo del Castelluccio, ha sangue netino ma il teatro già da piccola scorreva nelle sue vene. È a Noto che “il fuoco sacro” in lei divampa. Gli applausi di Napoli la rendono l’astro nascente dell’arte drammatica: bellissima nel tratto, dolcissima per la voce, nobile nel portamento e nei modi. Dopo Napoli, sarà la volta del teatro Paganini di Genova, quello Nuovo di Firenze, e ancora Torino, Roma e Bologna. Qui, Gabriele D'Annunzio rimane incantato davanti a tanta bellezza e grazia. Eppure, Tina non è un’attrice dannunziana. Non le piace l’artificio e la posa, la gestualità esagerata e l’effetto. Eternamente composta, preferisce un repertorio piano e cordiale, ricco di umanità e di borghese realismo. Un’anti Duse. Riconosciuta come una delle maggiori interpreti del teatro italiano tra Ottocento e Novecento, i consensi di critica e pubblico l’hanno soprannominata “Angelicata” e, in America Latina, “Encantadora”. Negli anni ’20 decide di smettere, rimane a Milano, dedita agli affetti. A Milano è sepolta. La sua tomba, impreziosita da un bassorilievo in bronzo dello scultore Leonardo Bistolfi, la rappresenta in compagnia di due figure allegoriche alate: la Bontà e l’Arte. Il Teatro Comunale di Noto, in precedenza intitolato a re Vittorio Emanuele II, dal 2011 porta il suo nome, per mantenere viva la memoria quest’illustre artista. Qui, nella preziosa Maison Bijou, ad Avola, potrete conoscere la sua storia, ammirarne le immagini e leggere di lei, della sua vita, delle sue opere.



B&b Villa Urso, Avola

Il solare B&b Villa Urso non poteva non intitolare la sua camera d’autrice a Giuni Russo, un’artista di ricerca, sperimentale e d’avanguardia: la voce del sole. Ha spaziato nella sua carriera tra vari generi, incluso il pop, la musica sacra, il jazz e l'elettronica, sfruttando la sua estensione vocale che le permetteva facili cambi di registro. Era in grado di coprire cinque ottave e raggiungere, per acutezza, toni che imitavano il pezzo che l’ha resa famosa. Professionalmente legata ad artisti come Franco Battiato, Giuni Russo è stata una ricercatrice severa di vie altre, sia in ambito musicale che in quello spirituale. Le grandi e i grandi mistici diventano per lei fonte di nuova ispirazione, in un rapporto dialettico tra suono e silenzio. Considerata tra le grandi interpreti del Novecento, il suo patrimonio artistico è tutelato e promosso dall’Associazione GiuniRussoArte. Villa Urso, una struttura ricettiva sul mare, è piena di colori caldi, il giallo dei limoni e il verde intenso delle sue foglie, il luogo perfetto per la grande artista a cui è intitolata la camera d’entrata. Un meraviglioso pannello, artisticamente decorato, racconta di Giuni Russo, insieme a foto e libri a lei dedicati.



Villa Trinacria al borgo, Avola

Non poteva esserci luogo migliore per la scrittrice e attrice Goliarda Sapienza della Villa Trinacria al borgo, la casa dallo stile liberty sita a ridosso del Borgo Marinaro, ad Avola. Una donna autentica, pronta a mettersi in gioco con estrema passionalità, questa è stata Goliarda. Catanese, figlia di un avvocato socialista e di una sindacalista, respira un clima di assoluta libertà. Attraverso la recitazione Goliarda esprime la pienezza e contraddizione del suo animo. In ogni situazione e persona legge quel risvolto poetico che poi trasporterà in letteratura. Attraverso una scrittura politica e intimista, riesce a svelare l’estrema problematicità dell’esistenza umana. È «L'arte della gioia», il suo romanzo pubblicato postumo, che con la sua protagonista, Modesta, scardina modelli letterari e comportamenti codificati. È una donna vitale e scomoda, potentemente immorale. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto, che attraversa bufere storiche e tempeste sentimentali protetta da un infallibile talismano interiore: «l’arte della gioia». Un romanzo da leggere perché «L’allegria, come il pane e le lacrime, con tutti s’ha da spartire». Nella bellissima saletta di lettura della Villa Trinacria al borgo, a lei intitolata, ci si può immergere nei suoi scritti, godere delle immagini a lei dedicate e sentirsi avvolti dai colori intensi di Sicilia.



Guesthouse FanfullArt, Roma

Nell’ambito del progetto Altra Verso, realizzato con il contributo della Regione Lazio, la Guesthouse FanfullArt, sita nel quartiere Pigneto di Roma, l’8 giugno 2024 dedica una serie di nove camere d’autrice a nove viaggiatrici che hanno scritto, disegnato e raccontato il mondo.



NELLIE BLY

05/05/1864 – 27/01/1922
Giornalista statunitense, autrice sotto copertura di inchieste sociologiche su temi urgenti e viaggiatrice instancabile. Raggiunse la notorietà nel 1899, quando partì da sola da New York a spese del giornale per cui scriveva, il World, riuscendo a compiere il giro del mondo in soli 72 giorni.



ANITA CONTI

17/05/1899 – 25/12/1997
Celebre per essere stata la prima oceanografa di Francia, il suo lavoro la portò a viaggiare assiduamente. Tra le sue attività, realizza carte nautiche, disinnesca le mine finite nei fondali marini durante la Seconda Guerra Mondiale, studia gli allevamenti di ostriche e la pesca del salmone, intuendo precocemente i rischi ambientali che ne derivano.



AMELIA EARHART

24/07/1897 – 02/07/1937
Aviatrice statunitense, nel 1931 è la prima donna a sorvolare l’Atlantico in aereo e nel 1935 la prima ad attraversare il Pacifico in solitaria. Scompare con il suo aereo nel 1937, mentre tenta il giro del mondo volando sopra l’equatore. Tra le sue attività, quella di stilista si distingue per l’interesse a ideare un vestiario femminile più comodo e pratico.



ALEXANDRA DAVID-NÉEL

28/10/1868 – 08/09/1969
Viaggiatrice e studiosa dell’Oriente, in particolare delle dottrine indo-buddhiste. Soggiorna per quattordici anni da sola tra India, Cina e Tibet. La sua impresa più celebre fu quella di entrare nella città proibita di Lhasa, capitale del Tibet, nell’inverno del 1923 dopo mesi di cammino. Fu la prima donna occidentale a riuscire in questo intento.



GERTRUDE BELL

14/07/1868 – 12/07/1926
A venticinque anni si dedica all’esplorazione del Medio Oriente, in particolare i siti archeologici come Petra o l’antica Babilonia, scattando migliaia di fotografie e raccogliendo informazioni e approfondimenti sul mondo arabo. La sua competenza le permette di giocare un ruolo diplomatico fondamentale nella nascita dell’attuale Iraq.



ISABELLA BIRD

15/10/1831 – 07/10/1804
Scrittrice inglese dalla sconfinata curiosità, iniziò a esplorare il mondo, dal Canada al Giappone, dall’Himalaya alle Hawaii, dal Medio Oriente al Magreb, spinta dalla volontà di curare la salute cagionevole. Fu la prima donna invitata dalla Royal Geographical Society a tenere una conferenza.



MARIA SIBYLLA MERIAN

1647 – 1717
Entomologa, illustratrice e imprenditrice tedesca. La sua passione per i fiori e il ciclo vitale delle farfalle la porta a viaggiare in Suriname, in America meridionale. Nel 1705 le sue ricerche vengono pubblicate nel volume Metamorfosi Insectorum Surinamensium, in cui compaiono anche le sue vivaci illustrazioni.



ELLA MAILLART

20/02/1903 – 27/03/1997
Fotografa e scrittrice, nel 1939 parte da Ginevra con Annamarie Schwarzenbach. Le due raggiungono Kabul dopo sei mesi di viaggio in auto, passando per la Jugoslavia, la Turchia e l’Iran. Una volta arrivate in Afghanistan, Maillart prosegue da sola fino in India. Il resoconto di questo lungo viaggio viene pubblicato nel volume La via crudele.



ANNIE LONDONDERRY

(data di nascita incerta) 1870 - 11/11/1947
Ciclista dilettante, si cimentò nel giro del mondo in bicicletta in solitaria. Partì da Boston il 25 giugno del 1894 e concluse il suo tour il 12 settembre 1895. Dopo la sua impresa molte donne seguirono il suo esempio e cominciarono a guidare le biciclette. 





L’area compresa tra il capoluogo trentino e il Lago di Garda accoglie la proposta di due classi turistiche dell’Istituto Tecnico Tambosi, in partenariato con il Liceo delle arti Vittoria, per dare vita a una rete di strutture ricettive desiderose di valorizzare l’ingegno femminile aderendo all’iniziativa Camera d’autrice. Con il sostegno della Fondazione Caritro, il supporto dell’APT Garda Trentino, del Consorzio Turistico e della Comunità Valle dei Laghi, e la partecipazione di Fidapa e BPW Italy, il progetto ha portato a inaugurare, il 29 maggio 2024, quattro camere d’albergo, due in B&B e una in agriturismo intitolandole ad altrettante figure femminili nate o vissute nel territorio.

L’hotel garnì Lillà di Terlago intitola una sua camera ad Anna Proclemer, attrice e doppiatrice trentina di chiara fama.





L’hotel Ideal di Sarche dedica due camere contigue a due grandi donne, unite da una profonda amicizia, Nedda Falzolgher, poeta e scrittrice ed Edda Albertini, attrice.



L’albergo Miralaghi di Padergnone sceglie di ricordare la cantante lirica soprano Alide Maria Salvetta.



La Casa di Ines, a Calavino di Madruzzo dedica a Luisa Zeni, agente segreta irredentista.



La Dimora Ai Volti, di Stravino, intitola a Erika Giovanna Klien, pittrice e pedagoga, rappresentante dell’arte cinetica.



L’agriturismo La Corte dei Ciliegi a Vigolo Baselga, omaggia Paola de Manincor, autrice di affreschi dalla Cina al Brasile, dalla Bosnia all’Australia.

Camera d'autrice 

 

cameradoppiloghi

 

 

Camera d'autrice è un'iniziativa di Toponomastica femminile indirizzata alle strutture ricettive del Paese.

Locandiere, direttrici, conduttori e conduttrici di alberghi che condividono i temi delle pari opportunità e intendono valorizzare l’ingegno femminile, dedicano una serata, e intitolano una delle loro camere, a una letterata, preferibilmente collegata al territorio. Le/gli ospiti troveranno all’interno della stanza libri, foto e richiami alla figura e all’opera della scrittrice in questione.

Imogen Holst
Emilia Guarneri




Giulia Capponi

 

Imogen Clare Holst è stata una compositrice, arrangiatrice, direttrice di coro, insegnante e scrittrice britannica. Nasce a Londra nel 1907 da Isobel Harrison, soprano, e Gustav Theodore Holst, compositore e direttore d’orchestra. Cresce, quindi, in un ambiente nel quale la componente musicale e artistica era molto forte: la famiglia del padre, infatti, vantava musicisti e musiciste da diverse generazioni e la madre incontrerà Holst proprio nelle aule del Royal College of Music, a Londra. Studia alla St Paul’s Girls’ School, dove insegnava anche il padre: è immersa nella musica dal primo giorno di vita e questa resterà la sua fedele compagna fino alla fine. Nei primi anni di formazione, studia pianoforte con Eleanor Shuttleworth, violino con André Mangeot e teoria musicale con Jane Joseph. Sarà quest’ultima a incoraggiarla e spronarla a lavorare alle prime composizioni; così nel 1920 dirige la sua Dance of the Nymphs and Shepherds. Oltre ad aver composto la parte musicale, Holst aveva anche ideato una coreografia: la danza è, infatti e fin da subito, un’altra enorme passione della giovane donna, che aveva pure tentato l’ammissione alla Ginner-Mawer School of Dance and Drama qualche tempo prima. All’età di diciannove anni si iscrive al Royal College of Music di Londra, dove riceve diversi riconoscimenti per le sue composizioni. Qui scopre il proprio talento per la direzione d’orchestra, ruolo che solitamente erano gli uomini a ricoprire.

Negli anni successivi crea diverse composizioni per musica da camera e lascia la casa dei genitori per un duplice motivo: muoversi attraverso Belgio, Italia e Germania, ma anche trovare la propria indipendenza. Tra il settembre 1930 e il maggio 1931 Imogen Holst investe il suo tempo compiendo diversi viaggi in Europa, alcuni dei quali incentrati sulla musica o sulla ricerca di luoghi significativi e legati a personalità di grande rilievo, delle quali lei stessa si sente in qualche maniera erede. È il caso, ad esempio, di Mozart a Salisburgo e Vienna, di Bach a Berlino. Terminato il percorso di studi, si ritrova a dover affrontare alcuni problemi di salute che la costringono a rinunciare a diverse attività che aveva intrapreso, tra le quali la danza e il pianoforte. Decide perciò di diventare un’insegnante e di collaborare, nel frattempo, come organizzatrice con l’English Folk Dance and Song Society, un ente di promozione della musica folk inglese nato nel 1932. Sono anni complicati dal punto di vista economico e personale: Gustav Holst si ammala e muore nel 1934; gli verrà dedicato un concerto diretto dalla figlia nell’anno successivo. Nonostante le difficoltà che si ritrova ad affrontare, le produzioni della musicista inglese iniziano ad attrarre l’attenzione della critica e del pubblico in generale: questo le permette di concentrarsi sulla stesura della biografia del padre, che verrà pubblicata nel 1938 e ben accolta dalla critica. Durante la Seconda guerra mondiale lavora per il Council for the Encouragement of Music and the Arts, con l’obiettivo di promuovere ed esaltare la musica, l’arte e più in generale la cultura britannica. Allo stesso tempo compie atti di solidarietà lavorando per il Bloomsbury House Refugee Committee, che si occupa di aiutare rifugiati e rifugiate musiciste. Nel 1940, invece, si reca nelle aree rurali del Regno Unito per incoraggiare la popolazione a svolgere attività musicali; tre anni dopo progetta un corso per giovani donne, in modo da farle unire in orchestre e partecipare a eventi musicali. Nasce così a Dartington un’orchestra amatoriale, frutto degli insegnamenti basati sulla pratica e l’allenamento continui; durante gli anni trascorsi in questo Paese, prendono vita diverse composizioni.

Un momento fondamentale per la carriera della musicista è sicuramente l’incontro con Benjamin Britten, avvenuto proprio a Dartington. Si tratta di un celebre compositore, direttore e pianista dal ruolo centrale nella musica inglese del ventesimo secolo; tra le sue opere maggiormente conosciute si ricordano quelle composte per i quartetti da camera o per le orchestre: prima tra tutte Peter Grimes. Inoltre, la sua figura è particolarmente nota per l’immersione nei fatti del suo tempo e la frequentazione degli esponenti del mondo intellettuale e artistico, oltre che musicale. Imogen Holst individua in Britten una sorta di erede musicale del padre e diviene presto sua assistente. Si trasferisce così ad Aldeburgh, dove partecipa alla realizzazione dell’annuale festival del paese, del quale diventa direttrice artistica nel 1956. Durante il periodo accanto al grande musicista, tiene un diario nel quale racconta la precarietà economica che questo lavoro le provoca. Nonostante ciò, continua con dedizione assoluta l’impegno per il festival annuale, al quale affianca nuovamente quello della produzione musicale: sono gli anni delle cantate per voci femminili e delle suite. Successivamente, nel 1964, rinuncia alla posizione di assistente per concentrarsi sulle composizioni e sulla ricostruzione della storia della figura paterna, così da poter poi scrivere diversi libri in merito. Nel 1952 aveva fondato un coro che si esibirà in diversi luoghi della nazione, e che conserverà un posto fisso all’interno del festival di Aldeburgh, di cui abbandona il ruolo di direttrice nel 1967. Alla morte di Britten, avvenuta diversi anni dopo, la musicista lascia la conduzione del festival, pur restandone però Direttrice artistica emerita. 

In occasione del centenario della nascita del padre, si impegna nelle pubblicazioni sulla sua vita e nell’istituzione di un museo a lui dedicato e situato a Cheltenham. L’attività di scrittura non riguarda, tuttavia, soltanto la biografia di Gustav Holst: scrive anche di musica più in generale, toccando temi quali la direzione dei cori. Da questo momento in poi, Imogen Holst si trova ad affrontare gravi problemi di salute, problemi che la condurranno alla morte ad Aldeburgh nel 1984. Nonostante non abbia ricevuto molti riconoscimenti in vita, l’opera di Imogen Holst è molto interessante anche dal punto di vista delle contaminazioni di cui si è nutrita e dell’apporto originale che ha donato alla musica inglese del suo tempo. Si riconosce nella sua produzione l’estro di un’artista poliedrica, affezionata a tutte le arti e profondamente curiosa, oltre che consapevole delle proprie radici e della propria formazione. La storia di questa donna appare oggi bisognosa di essere suonata, cantata, ascoltata, scritta e letta perché per anni è stata taciuta. Il suo nome risuona spesso ed esclusivamente quando si parla di Gustav Holst e Benjamin Britten. Ma prima di essere una figlia e un’assistente, Imogen Holst è stata, per tutta la vita, una donna libera e una musicista dallo straordinario valore, nonché fonte di ispirazione per le musiciste che l’hanno succeduta. È indispensabile ricordare anche il suo impegno sociale, che ha portato avanti usando come strumento proprio la musica, che diviene un ponte in grado di unire persone e realtà altrimenti isolate.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Imogen Clare Holst a été une compositrice, arrangeuse, directrice de choir, enseignante et écrivaine britannique. Elle est née à Londres en 1907 d’ Isobel Harrison, soprano, et Gustav Theodore Holst, compositeur et directeur d’orchestre. Elle grandit, donc, dans un environnement où la composante musicale et artistique était très forte: la famille de son père, en effet, comptait des musiciens et musiciennes depuis plusieurs générations et sa mère rencontrera Holst justement dans les salles du Royal College of Music, à Londres. Elle a étudié à la St.Paul’s Girls’ School, où enseignait également son père: elle est immergée dans la musique dès son premier jour de vie et celle-ci restera sa fidèle compagne jusqu’à la fin. Dans les premières années de formation, elle étudie le piano avec Eleanor Shuttleworth, le violon avec André Mangeot et la théorie musicale avec Jane Joseph. Cette dernière la encouragera et la poussera à travailler sur ses premières compositions: ainsi en 1920 elle dirige sa Dance of the Nymphs and Shepherds. En plus d’avoir composé la partie musicale, Holst avait aussi concu une chorégraphie: la danse est, en faite jusqu’au premier moment, une autre grande passion de la jeune femme, qui avait aussi tenté d’etre admise à la Ginner-Mawer School of Dance and Drama quelque temps avant. À l'âge de dix-neuf ans, elle s’inscrit au Royal College of Music de Londres, où elle reçoit plusieurs distinctions pour ses compositions. Là, elle découvre son talent pour la direction d’orchestre, un rôle qui souvent était réservé aux hommes.

Dans les années suivantes elle crée plusieurs compositions de musique de chambre et quitte la maison de ses parents pour deux raisons: voyager à travers la Belgique, l’Italie et l'Allemagne, mais aussi trouver son indépendance. Entre septembre 1930 et mai 1931, Imogen Holst investit son temps en faisant plusieurs voyages en Europe, dont certains centrés sur la musique ou la recherche de lieux significatifs liés à des personnalités de grande importance, dont elle se sent en quelque sorte héritière. C’est le cas, par exemple, de Mozart à Salzbourg et Vienne, de Bach à Berlin. Terminé son cours d' études, elle doit faire face à certains problèmes de santé qui l'obligent à renoncer à plusieurs activités qu’elle avait entreprises, dont la danse et le piano. Elle décide donc de devenir enseignante et de collaborer, entre-temps, comme organisatrice avec l’English Folk Dance and Song Society, une organisation de promotion de la musique folk anglaise fondée en 1932. Ce sont des années compliquées du point de vue économique et personnel: Gustav Holst tombe malade et meurt en 1934; sa fille lui dédiera un concert direct par elle-même l’année suivante. Malgré les difficultés auxquelles elle doit faire face, les productions de la musicienne anglaise commencent à attirer l’attention de la critique et du public en général: cela lui permet de se concentrer sur la rédaction de la biographie de son père, qui sera publiée en 1938 et bien accueillie par la critique. Pendant la Seconde Guerre mondiale, elle travaille pour le Council for the Encouragement of Music and the Arts, avec pour objectif de promouvoir et valoriser la musique, l’art et plus en général la culture britannique. En même temps, elle fait des actes de solidarité en travaillant pour le Bloomsbury House Refugee Committee qui s’occupe d’aider les musiciens et musiciennes réfugiés. En 1940, elle se rend dans les zones rurales du Royaume-Uni pour encourager la population à pratiquer des activités musicales; trois ans plus tard, elle conçoit un cours pour jeunes femmes, afin de les réunir en orchestres et de les faire participer à des événements musicaux. Ainsi il est né à Dartington un orchestre amateur, fruit des enseignements basés sur la pratique et l'entraînement constants; pendant les années passées dans ce pays, plusieurs compositions voient le jour.

Un moment fondamental dans la carrière de la musicienne est sûrement la rencontre avec Benjamin Britten, survenue justement à Dartington. Il s’agit d’un célèbre compositeur, directeur d’orchestre et pianiste du rôle central dans la musique anglaise du vingtième siècle; parmi ses œuvres les plus connues figurent celles composées pour les quatuors de chambre ou pour les orchestres: la plus célèbre étant Peter Grimes. De plus, sa figure est particulièrement connue pour son immersion dans les faits de son temps et sa fréquentation des éminents représentants du monde intellectuel et artistique, ainsi que musical. Imogen Holst voit en Britten une sorte d'héritier musical de son père et elle devient bientôt son assistante. Elle déménage alors à Aldeburgh, où elle participe à la réalisation annuelle du festival du village, dont elle devient directrice artistique en 1956. Pendant la période aux côtés du grand musicien, elle tient un journal dans lequel elle raconte la précarité économique que ce travail lui cause. Malgré cela, elle poursuit avec une dévotion absolue son engagement pour le festival annuel, auquel elle ajoute à nouveau celui de la production musicale: ce sont les années des cantates pour voix féminines et des suites. Par la suite, en 1964, elle renonce à la position d’assistante pour se concentrer sur les compositions et la reconstruction de l’histoire de la figure paternelle, afin de pouvoir écrire plusieurs livres à ce sujet. En 1952 elle fonde un chœur qui se produira en différents lieux de la nation, et qui conservera une place fixe au sein du festival d'Aldeburgh, dont elle abandonne le rôle de directrice en 1967. À la mort de Britten, survenue plusieurs années après, la musicienne quitte la direction du festival, tout en restant Directrice artistique émérite.

À l'occasion du centenaire de la naissance de son père, elle s’engage dans des publications sur sa vie et dans l’institution d’un musée à lui dédié et situé à Cheltenham. Son activité d'écriture ne se limite toutefois pas seulement à la biographie de Gustav Holst: elle écrit également sur la musique en général, abordant des thèmes tels que la direction des chœurs. À partir de ce moment, Imogen Holst fait face à de graves problèmes de santé, qui la conduiront à la mort à Aldeburgh en 1984. Bien qu’elle n’ait pas reçu beaucoup de reconnaissances de son vivant, l'œuvre d’ Imogen Holst est très intéressante du point de vue des influences dont elle s’est nourrie et de l’apport original qu’elle a apporté à la musique anglaise de son époque. Sa production révèle l'ingéniosité d’une artiste polyvalente, passionnée par toutes les formes d’art et profondément curieuse, tout en étant consciente de ses racines et de sa formation. L’histoire de cette femme apparait aujourd’hui comme necessitant d’etre jouee, chantée, ecoutée, écrite et lue, car elle est restée silencieuse pendant des années. Son nom est souvent mentionné exclusivement lorsqu'il s’agit de Gustav Holst et de Benjamin Britten. Mais avant d’etre une fille et une assistante, imogen Holst a été, toute sa vie, une femme libre et une musicenne d’une valeur extraordinaire, ainsi qu’une source d’inspiration pour les musiciennes qui l’ont suivie. Il est indispensable de rappeler également son engagement social, qu’elle a poursuivi en utilisant la musique comme outil, un pont capable d’unir des personnes et des réalités autrement isolées.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Imogen Clare Holst was a British composer, arranger, choral conductor, teacher and writer. She was born in London in 1907 to Isobel Harrison, a soprano, and Gustav Theodore Holst, a composer and conductor. She grew up, therefore, in an environment in which the musical and artistic component was very strong. Her father's family boasted male and female musicians for several generations, and her mother met Mr. Holst in the classrooms of the Royal College of Music, London. Imogen studied at St Paul's Girls' School, where her father also taught. She was immersed in music from day one and it would remain her faithful companion until the end. In her early formative years, she studied piano with Eleanor Shuttleworth, violin with André Mangeot, and music theory with Jane Joseph. It was the latter who encouraged and spurred her to work on her first compositions. Thus, in 1920, she directed her Dance of the Nymphs and Shepherds. In addition to composing the musical part, Holst had also devised choreography. Dance was, from early on, another huge passion of the young woman, who had also attempted to gain admission to the Ginner-Mawer School of Dance and Drama some time earlier. At the age of nineteen she enrolled at the Royal College of Music in London, where she received several awards for her compositions. There she discovered her talent for conducting, a role that men usually filled.

In the following years she created several compositions for chamber music and left her parents' home for two reasons - to move through Belgium, Italy and Germany, but also to find her own independence. Between September 1930 and May 1931 Holst invested her time making several trips to Europe, some of which focused on music or on finding the significant places associated with notable personalities, to whom she herself felt she was somehow heir. This is the case, for example, with Mozart in Salzburg and Vienna and Bach in Berlin. When she finished her studies, she was faced with some health problems that forced her to give up several activities she had undertaken, including dance and piano. She therefore decided to become a teacher and to work, in the meantime, as an organizer with the English Folk Dance and Song Society, a body for the promotion of English folk music founded in 1932. These were complicated years financially and personally. Gustav Holst fell ill and died in 1934. A concert directed by his daughter would be dedicated to him in the following year. Despite the difficulties she faced, the English musician's productions begin to attract the attention of critics and the general public. This allowed her to concentrate on writing a biography of her father, which was published in 1938 and well received by critics. During World War II she worked for the Council for the Encouragement of Music and the Arts, with the aim of promoting and exalting music, art and British culture more generally. At the same time she performed acts of solidarity by working for the Bloomsbury House Refugee Committee, which was concerned with helping refugees and refugee women musicians. In 1940, she went to rural areas of the United Kingdom to encourage people to engage in musical activities. Three years later she designed a course for young women to join orchestras and participate in musical events. Thus, an amateur orchestra was born in Darington, the result of teachings based on continuous practice and training, and during her years there, several compositions came to life.

A pivotal moment in the musician's career was certainly a meeting with Benjamin Britten, which took place in Darrington. He was a celebrated composer, conductor and pianist with a central role in twentieth-century English music. Among his best-known works are those composed for chamber quartets or orchestras - first among them Peter Grimes. In addition, he was particularly noted for his immersion in the events of his time and his frequentation of intellectual and artistic, as well as musical, figures. Imogen Holst identified Britten as a kind of musical heir to her father and soon became his assistant. She thus moved to Aldeburgh, where she participated in the creation of the town's annual festival, of which she became artistic director in 1956. During the years alongside the great musician, she kept a diary in which she recounted the economic precariousness this job brought her. In spite of this, she continued her commitment to the annual festival with absolute dedication, to which she again joined that of music production. These were the years of cantatas for female voices and suites. Later, in 1964, she gave up the position of assistant to concentrate on compositions and the reconstruction of her father's history, so that she could then write several books on the subject. In 1952 she founded a choir that would perform at various venues across the nation, and retained a permanent place within the Aldeburgh Festival, which she relinquished as director in 1967. After Britten's death several years later, Imogen left the management of the festival, though she remained its Artistic Director Emeritus.

On the centenary of her father's birth, she became involved in publications about his life and the establishment of a museum dedicated to him and located in Cheltenham. However, her writing activity was not only about Gustav Holst's biography. She also wrote about music more generally, touching on topics such as conducting choirs. From that time on, Imogen Holst faced serious health problems, problems that would lead to her death in Aldeburgh in 1984. Although she did not receive much recognition during her lifetime, Imogen Holst's oeuvre is also very interesting from the point of view of the contributions she fed on and the original contribution she made to the English music of her time. One can recognize in her output the flair of a multifaceted artist, fond of all the arts and deeply curious, as well as aware of her own roots and training. This woman's story appears to be in need of being played, sung, heard, written and read today because for years it has been silenced. Her name resonates often and exclusively when Gustav Holst and Benjamin Britten are mentioned. But before being a daughter and an assistant, Imogen Holst was, throughout her life, a free woman and a musician of extraordinary value, as well as an inspiration to the women musicians who succeeded her. It is also essential to remember her social commitment, which she carried out using music as her tool, became a bridge that can unite people and situations otherwise isolated.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

Imogen Clare Holst fue compositora, arreglista, directora de coro, profesora y escritora británica. Nació en Londres en 1907 hija de Isobel Harrison, soprano, y Gustav Theodore Holst, compositor y director de orquesta. Se crió, por lo tanto, en un entorno en el que el componente musical y artístico era muy fuerte: la familia de su padre contaba con músicos y músicas desde hacía varias generaciones y su madre había conocido a Holst precisamente en las aulas del Royal College of Music de Londres. Estudia en la St Paul’s Girls’ School, donde también enseña su padre: desde el primer día de su vida está inmersa en la música, la cual seguirá siendo su fiel compañera hasta el final. En sus primeros años de formación estudia piano con Eleanor Shuttleworth, violín con André Mangeot y teoría musical con Jane Joseph. Será esta última quien la anime y la aliente a trabajar en las primeras composiciones; así en 1920 dirige su Dance of the Nymphs and Shepherds. Además de componer la parte musical, Holst también había ideado una coreografía: de hecho, la danza era, desde el principio, otra gran pasión de la joven, que también había intentado ingresar en la Escuela Ginner-Mawer de Danza y Drama algún tiempo antes. A los diecinueve años se inscribe en el Royal College of Music de Londres, donde recibe varios reconocimientos por sus composiciones. Ahí descubre su talento para la dirección de orquesta, papel que normalmente desempeñaban los hombres.

En los años siguientes crea diferentes composiciones para música de cámara y deja la casa de sus padres por dos razones: para moverse por Bélgica, Italia y Alemania, pero también para encontrar su independencia. Entre septiembre de 1930 y mayo de 1931, Imogen Holst invierte su tiempo en varios viajes por Europa, algunos de los cuales se centran en la música o en la búsqueda de lugares significativos que estén relacionados con personalidades de gran importancia, de las que ella misma se siente en cierto modo heredera. Es el caso, por ejemplo, de Mozart en Salzburgo y Viena, de Bach en Berlín. Al terminar sus estudios, se enfrenta a problemas de salud que la obligan a renunciar a diversas actividades, como la danza y el piano. Por lo tanto, decide convertirse en profesora y, mientras tanto, colaborar como organizadora con la English Folk Dance and Song Society, una organización de promoción de la música folclórica inglesa creada en 1932. Son años complicados desde el punto de vista económico y personal: Gustav Holst cae enfermo y muere en 1934; al año siguiente su hija dirigirá un concierto dedicado a él. A pesar de las dificultades a las que se enfrenta, sus producciones comienzan a atraer la atención de la crítica y del público en general, lo que le permite concentrarse en la redacción de la biografía de su padre, que será publicada en 1938 y muy bien acogida por la crítica. Durante la Segunda Guerra Mundial trabajó para el Council for the Encouragement of Music and the Arts, con el objetivo de promover y exaltar la música, el arte y la cultura británica en general. Al mismo tiempo, realiza actos de solidaridad trabajando para el Bloomsbury House Refugee Committee, que se ocupa de ayudar a refugiados y a refugiadas, también a músicas. En 1940, viaja a las zonas rurales del Reino Unido para animar a la población a involucrarse en actividades musicales. Tres años más tarde, diseña un curso para mujeres jóvenes para que se unan a orquestas y participen en eventos musicales. Así nace en Dartington una orquesta amateur, fruto de las enseñanzas basadas en la práctica y el entrenamiento continuo; durante los años transcurridos en esta localidad, diversas composiciones cobran vida.

Sin duda, un momento crucial para la carrera de esta música es el encuentro con Benjamin Britten, que tuvo lugar en Dartington. Se trata de un famoso compositor, director y pianista que desempeñó un papel central en la música inglesa del siglo XX; entre sus obras más conocidas se encuentran las composiciones para cuartetos de cámara o para orquestas, entre todas Peter Grimes. Asimismo, su figura es particularmente conocida por la inmersión en los hechos de su tiempo y la frecuentación de los exponentes del mundo intelectual y artístico, además de musical. Imogen Holst ve en Britten una especie de heredero musical de su padre y pronto se convierte en su asistente. Se muda a Aldeburgo, donde participa en la realización del festival anual local, del que se convierte en directora artística en 1956. Durante el período junto al gran músico, escribe un diario en el que relata la precariedad económica que conlleva este trabajo. A pesar de ello, continúa, con dedicación absoluta, el compromiso con el festival anual, al que se une de nuevo el de la producción musical: son los años de las canciones para voces femeninas y de las suites. Posteriormente, en 1964, renuncia a su puesto de asistente para concentrarse en las composiciones y la reconstrucción de la historia de la figura paterna, con miras a escribir varios libros sobre el tema. En 1952 funda un coro que actuará en diferentes lugares del país y que conservará un puesto fijo dentro del festival de Aldeburgo, cuyo papel de directora abandonó en 1967. A la muerte de Britten, varios años después, la cantante deja la dirección del festival, aunque sigue siendo Directora artística emérita.

Con motivo del centenario del nacimiento de su padre, se dedica a las publicaciones sobre su vida y a la creación de un museo dedicado a él, situado en Cheltenham. Sin embargo, la actividad de escritura no se limita a la biografía de Gustav Holst: también escribe sobre música en general, tocando temas como la dirección de coros. A partir de ese momento, Imogen Holst se enfrenta a graves problemas de salud, problemas que la llevarán a su muerte en Aldeburgo en 1984. A pesar de que no haya recibido muchos reconocimientos en vida, la obra de Imogen Holst es también muy interesante desde el punto de vista de las contaminaciones de las que se alimentó y de la contribución original que aportó a la música inglesa de su época. Se reconoce en su producción el estro de una artista poliédrica, apegada a todas las artes y profundamente curiosa, además de consciente de sus raíces y de su formación. Hoy en día, es necesario tocar, cantar, escuchar, escribir y leer la historia de esta mujer porque durante años ha sido silenciada. Su nombre resuena a menudo y exclusivamente cuando se habla de Gustav Holst y Benjamin Britten. Pero antes de ser hija y asistente, Imogen Holst fue, durante toda su vida, una mujer libre y una música de extraordinario valor, así como fuente de inspiración para las músicas que la sucedieron. Es indispensable recordar también su compromiso social, que llevó adelante utilizando como instrumento precisamente la música, que se convirtió en un puente capaz de unir a personas y realidades de otro modo aisladas.

 

Rebecca Clarke




Giulia Capponi

 

La compositrice anglo-americana Rebecca Clarke, rinomata a livello internazionale come virtuosa della viola, è stata anche una delle prime suonatrici orchestrali professioniste ed è considerata la compositrice britannica più illustre della generazione tra le due guerre, classificata da Gramophone Classical Music Awards come «una delle migliori del suo tempo».

Nata il 27 agosto 1886 nel borgo londinese di Harrow, nel Regno Unito, da Joseph Thacher Clarke, un americano, e da Agnes Paulina Helferich, tedesca, la sua è stata un’infanzia angustiata da un padre violento. Iniziò a suonare il violino a otto anni, dopo aver assistito alle lezioni che venivano impartite al fratello, Hans Thacher, di quindici mesi più piccolo di lei. Suo padre aveva un rigoroso senso della morale vittoriana ed era molto severo con la figlia, ma, avendo notato una sua precoce propensione per la musica ed essendo lui stesso interessato a questa disciplina, le consentì di entrare alla Royal Academy of Music nel 1903 per studiare violino. Nel 1905 Rebecca abbandonò l’Accademia dopo aver rifiutato una proposta di matrimonio fattale dal suo insegnante di armonia, Percy Hilder Miles, che in seguito le lasciò nel testamento il proprio prezioso violino Stradivari. Dopo un breve periodo a casa, si iscrisse al Royal College of Music e fu una delle prime ragazze studenti di composizione di sir Charles Villiers Stanford. Su sua sollecitazione, spostò l'attenzione dal violino alla viola, studiando con Lionel Tertis, considerato da alcuni critici il più grande violista dell'epoca. Dovette lasciare il College nel 1910, quando il padre le tagliò i fondi, e si mantenne suonando la viola. È stata una delle prime musiciste orchestrali professioniste dal momento in cui fu selezionata da sir Henry Wood per la Queen's Hall Orchestra nel 1912.

Rebecca Clarke con la viola Rebecca Clarke nel 1911

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Clarke era negli Stati Uniti, dove si era trasferita per continuare la sua carriera artistica, e rimase bloccata non avendo ottenuto il visto per tornare in Gran Bretagna. Spesso ha composto sotto pseudonimi maschili, poiché l'idea che una donna potesse scrivere opere così complesse era socialmente inconcepibile. Un breve duetto per viola e pianoforte, intitolato Morpheus, noto con lo pseudonimo di Anthony Trent, fu presentato in anteprima al suo recital congiunto del 1918 con la violoncellista May Mukle. L'anno successivo si classificò seconda in un concorso di composizione al Berkshire Festival con una Sonata per viola, questa volta firmata da lei stessa. Il brano, sui settantadue presentati, si guadagnò grande considerazione, ottenendo successo di pubblico e il riconoscimento ufficiale di compositrice, ma la pubblicazione a stampa avverrà solo nel 1921 negli Stati Uniti, certamente più aperti alla musica al femminile dell'Inghilterra. La sua Sonata si compone di tre movimenti: impetuoso, vivace, adagio; il finale si libera in forma brillante, concludendosi con la stessa forza che caratterizza l'inizio, con il pianoforte che incalza l'ossessiva tessitura della viola. Nel 1924 Rebecca intraprese la carriera di solista e di appartenente a un ensemble a Londra, dopo aver completato per la prima volta un tour mondiale nel biennio 1922-23. Si è pure esibita in diverse registrazioni negli anni Venti e Trenta e ha partecipato a trasmissioni musicali della Bbc. La sua produzione successiva fu sporadica, in quanto cominciò a soffrire di una forma cronica di depressione, dovuta anche allo sconforto per lo scarso apprezzamento che riceveva per il suo lavoro.

Rebecca Clarke mentre suona la viola

Casualmente in una strada di Manhattan incontrò James Friskin, un compositore e pianista da concerto che era stato suo compagno al Royal College of Music, e i due si sposarono nel 1944, quando entrambi avevano circa cinquant’anni. Dopo il matrimonio, Rebecca smise di esibirsi e di comporre, nonostante l'incoraggiamento del marito, anche se ha continuato a lavorare sugli arrangiamenti fino a poco prima della morte. Vendette lo Stradivari che le era stato lasciato in eredità e istituì il premio May Mukle per violoncellisti alla Royal Academy, premio che viene ancora oggi assegnato ogni anno. Dopo la morte del marito nel 1967, Clarke iniziò a scrivere un libro di memorie, completato nel 1973, ma mai pubblicato. Vi descrive i suoi primi anni di vita, segnati dalle frequenti percosse da parte del padre e da relazioni familiari tese che hanno influenzato negativamente la sua esistenza. Morì nella propria casa di New York all'età di 93 anni, il 13 ottobre 1979. Le sue opere ricordano quelle di altri compositori inglesi dell'inizio del XX secolo, conformi allo stile in voga. Clarke conosceva molti importanti musicisti dell'epoca, tra cui Bloch e Ravel, ai quali il suo lavoro è stato paragonato, anche Debussy è spesso citato tra i suoi ispiratori. C'è una chiarezza di trama, densa e ritmicamente complessa, in gran parte della sua musica, così come un'inclinazione impressionista e una natura emotivamente intensa. Tra il 1939 e il 1942, l'ultimo periodo prolifico verso la fine della carriera compositiva, il suo stile divenne più chiaro e contrappuntistico, con tratti distintivi del neoclassicismo.

Gran parte della sua produzione è stata scritta per gli ensemble da camera di sole donne in cui ha suonato, tra cui il Norah Clench Quartet, l’English Ensemble e Le d'Aranyi Sisters. Le sue composizioni in totale comprendono cinquantadue brani per voce solista accompagnati da pianoforte e/o violino, undici opere corali, ventuno brani da camera. La Sonata per viola (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia per violoncello e pianoforte (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) per violino, viola e pianoforte recentemente pubblicata, Passacaglia su una antica melodia inglese per viola (o violoncello) e pianoforte (1940-41), Preludio, Allegro e Pastorale (1941), brano influenzato dal neoclassicismo, scritto per clarinetto e viola, sono le sue opere più note. Oltre alla musica da camera per archi, Clarke ha scritto molte canzoni, di natura più leggera. The Seal Man per voce solista e pianoforte (1922), con parole di John Masefield, e Tiger, Tiger per voce e pianoforte (1929-33), con parole di William Blake, sono le più conosciute ed eseguite. Il suo lavoro è stato dimenticato per un lungo periodo di tempo, ma ha riconquistato interesse nel 1976 in seguito a una trasmissione radiofonica che celebrava il suo novantesimo compleanno. Oltre la metà della sua produzione rimane inedita e in possesso personale degli eredi, e molti pezzi sono stati pubblicati solo di recente.

Rebecca Clarke nel 1918

La Rebecca Clarke Society è stata fondata nel 2000 per promuovere lo studio e l'esecuzione della sua musica dalle musicologhe Liane Curtis e Jessie Ann Owens, e ha sede presso il Women's Studies Research Center alla Brandeis University. La Società ha reso disponibili composizioni inedite della musicista, pubblicando oltre venticinque opere precedentemente sconosciute e anche A Rebecca Clarke Reader. L'accoglienza moderna del lavoro di Clarke è stata generalmente positiva. La sua Sonata per viola in una recensione del 1981 è stata definita un «pezzo premuroso e ben costruito»; una recensione del 1985 ne notava «l'intensità emotiva e l'uso di colori dai toni scuri». Andrew Achenbach ha definito Morpheus «sorprendente» e «languido». Laurence Vittes ha notato che la sua Ninna nanna è «estremamente dolce e tenera». Nel 2017 Bbc Radio 3 ha dedicato cinque ore alla sua musica come compositrice della settimana.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

La compositrice anglo-américaine Rebecca Clarke, renommée internationalement en tant que virtuose de l’alto, elle a aussi été l’une des premières altistes d’orchestre professionnelles et elle est considérée comme la compositrice britannique la plus illustre de la génération de l’entre-deux-guerres, classée par les Gramophone Classical Music Awards comme «l’une des meilleures de son temps».

Née le 27 août 1886 dans le quartier londonien de Harrow, au Royaume-Uni, de Joseph Thatcher Clarke, un américain, et de Agnes Paulina Helferich, allemande, son enfance a été perturbée par un père violent. Elle a commencé à jouer le violon à huit ans, après avoir participé aux cours donnés à son frère, Hans Thacher, quinze ans plus jeune qu’elle. Son père avait un sens rigoureux de la morale victorienne et il était très sévère avec sa fille, mais, en voyant sa propension précoce à la musique et étant lui-même intéressé à cette discipline, il lui a permis d’entrer à la Royal Academy of Music en 1903 pour étudier le violon. En 1905 Rebecca a quitté l’Académie après avoir refusé une proposition de mariage par son enseignant d'harmonie, Percy Hilder Miles, qui lui a ensuite légué son précieux violon Stradivarius. Après une courte période à la maison, elle s’est inscrite au Royal College of Music et elle a été l’une des premières étudiantes filles de composition de sir Charles Villiers Stanford. Sur sa sollicitation, elle a changé du violon à la viole, en étudiant avec Lionel Tertis, considéré par certains critiques comme le plus grand altiste de l’époque. Elle a dû quitter le Collège en 1910, lorsque son père lui a coupé les vivres, et elle s'est maintenue en jouant de l'alto. Elle a été l’une des premières musiciennes de l’orchestre professionnelles du moment elle a été sélectionnée par Sir Henry Wood pour la Queen’s Hall Orchestra en 1912.

Rebecca Clarke avec l'alto Rebecca Clarke en 1911

Au début de la Seconde Guerre mondiale, Clarke se trouvait aux Etats-Unis, où elle a déménagé pour poursuivre sa carrière artistique, et elle est restée bloquée faute d’avoir pu obtenir le visa pour rentrer en Grande-Bretagne. Elle a composé souvent sous des pseudonymes masculins, puisque l’idée qu’une femme puisse écrire des oeuvres si complexes était socialement inconcevable. Un court duo pour alto et piano, intitulé Morpheus, connu sous le pseudonyme d' Anthony Trent, a été présenté en avant-première dans son récital conjoint du 1918 avec la violoncelliste May Mukle. L’année suivante elle s’est classée deuxième au concours de composition au Berkshire Festival avec une Sonata per viola, cette fois signée par elle-même. La pièce, parmi les soixante-douze proposées, lui vaut l’estime du public et la reconnaissance officielle en tant que compositrice, mais la publication imprimée aura lieu seulement en 1921 aux Etats-Unis, sûrement plus ouverts à la musique au feminin que l’Angleterre. Sa Sonata se compose de trois mouvements: impetuoso, vivace, adagio; le final se libère dans une forme brillante, concluant avec la même force que le début, le piano pressant la texture obsessionnelle de l’alto. En 1924 Rebecca entame une carrière de soliste et de membre d’un ensemble à Londre, après avoir terminé pour la première fois une tournée mondiale en 1922-23. Elle a également participé à plusieurs enregistrements dans les années vingt et trente, ainsi qu’à des émissions musicales de la Bbc. Sa production suivante a été sporadique, car elle a commencé à souffrir d’une forme chronique de dépression, également due au découragement face au manque d'appréciation pour son travail.

Rebecca Clarke joue de l'alto

Par hasard dans une rue de Manhattan elle a rencontré James Friskin, un compositeur et pianiste de concert qui avait été son camarade au Royal College of Music, et les deux se sont mariés en 1944, quand ils avaient tous deux environ cinquante ans. Après leur mariage, Rebecca a arrêté de se produire et de composer, malgré les encouragements de son mari, bien qu’elle ait continué à travailler sur des arrangements jusqu’au peu de temps avant sa mort. Elle a vendu le Stradivarius qui lui a été légué et elle institue le prix May Mukle pour violoncellistes au Royal Academy, prix qui est toujours décerné chaque année. Après la mort de son mari en 1967, Clarke commence à écrire un livre de mémoires, achevé en 1973, mais jamais publié. Elle en y décrit ses premières années de vie, marquées par les coups fréquents de son père et par des relations familiales difficiles qui ont négativement affecté son existence. Elle meurt dans son domicile de New York à l'âge de 93 ans, le 13 octobre 1979. Ses œuvres rappellent celles d’autres compositeurs anglais du début du XXe siècle, qui se conforment au style en vogue. Clarke connaissait de nombreux musiciens importants de l’époque, notamment Bloch et Ravel, auxquels son travail a été comparé, Debussy aussi a été souvent cité parmi ses inspirateurs. Une grande partie de sa musique présente une texture claire, dense et complexe sur le plan rythmique, ainsi qu'une tendance impressionniste et une nature émotionnellement intense. Entre 1939 et 1942, la dernière période prolifique vers la fin de sa carrière compositive, son style est devenu plus clair et contrapuntique, avec des traits distinctifs du néoclassicisme.

Une grande partie de sa production a été écrite pour les ensembles de chambre exclusivement féminins dans lesquels elle a joué, notamment le Norah Clench Quarter, l’English Ensemble et Le d’Aranyi Sisters. Au total, ses compositions comprennent cinquante-deux pièces pour voix soliste accompagnées de piano et/ou violon, onze œuvres chorales, vingt-et-une pièces de chambre. La Sonata per viola (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia per violoncello e pianoforte (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) pour violon, alto et piano récemment publié, Passacaglia sur une ancienne mélodie anglaise pour alto (ou violoncelle) et piano (1949-41), Preludio, Allegro e Pastorale (1941), pièce influencée par le néoclassicisme, écrit pour clarinette et alto, sont ses oeuvres les plus connues. Ainsi que de la musique de chambres pour cordes, Clarke a écrit de nombreuses chansons, plus légères. The Seal Man pour voix soliste et piano (1922), avec les paroles écrites par John Masefield, et Tiger, Tiger pour voix et piano (1929-33), avec les paroles écrites de William Blake, sont les plus connues et les plus jouées. Son travail a été oublié pendant une longue période, mais il a connu un regain d'intérêt en 1976 à la suite d’une transmission radiophonique célébrant son 90ème anniversaire. Plus de la moitié de sa production reste inédite et en possession personnelle de ses héritiers, et de nombreuses pièces n’ont été publiées que récemment.

Rebecca Clarke en 1918

La Rebecca Clarke Society a été fondée en 2000 afin de promouvoir l'étude et l'exécution de sa musique par les musicologues Liane Curtis et Jessi Ann Owens, et elle est basée au Women’s Studies Research Center de l’université de Brandeis. La Société a mis à disposition des compositions inédites de la musicienne, en publiant plus de vingt-cinq œuvres précédemment inconnues et ainsi que A Rebecca Clarke Reader. L’accueil moderne du travail de Clarke a été généralement positif. Sa Sonata per viola, dans une critique de 1981, a été décrite comme une «pièce attentive et bien construite», une critique de 1985 a noté son «intensité émotionnelle et son usage des couleurs sombres». Andrew Achenbach a qualifié Morpheus de «frappant» et de «langoureux». Laurence Vittes a noté que sa Ninna Nanna est «extrêmement douce et tendre». En 2017 Bbc Radio 3 a dédié cinq heures à sa musique en tant que compositrice de la semaine.


Traduzione inglese

Anglo-American composer Rebecca Clarke, internationally renowned as a viola virtuoso, was also one of the first female professional orchestral musicians and is considered the most distinguished British composer of the interwar generation, ranked by Gramophone Classical Music Awards as "one of the best of her time."

Born August 27, 1886, in the London suburb of Harrow, UK, to Joseph Thacher Clarke, an American, and Agnes Paulina Helferich, a German, hers was a childhood distressed by an abusive father. She began playing the violin at the age of eight, after attending lessons given to her brother, Hans Thacher, fifteen months younger than her. Her father had a strong sense of Victorian morality and was very strict with his daughter, but, having noticed her early inclination for music and being himself interested in the discipline, he allowed her to enter the Royal Academy of Music in 1903 to study violin. In 1905 Rebecca dropped out of the Academy after rejecting a marriage proposal made to her by her harmony teacher, Percy Hilder Miles, who later left her his own prized Stradivarius violin in his will. After a brief period at home, she enrolled at the Royal College of Music and was one of Sir Charles Villiers Stanford's first female composition students. At his urging, she shifted her focus from the violin to the viola, studying with Lionel Tertis, considered by some critics to be the greatest violist of the time. She had to leave college in 1910, when her father cut off her funds, and supported herself by playing the viola. She was one of the first female professional orchestral musicians, starting from the time of her selection by Sir Henry Wood for the Queen's Hall Orchestra in 1912.

Rebecca Clarke with the viola Rebecca Clarke in 1911

At the outbreak of World War II, Clarke was in the United States, where she had moved to continue her artistic career, and was stranded having failed to obtain a visa to return to Britain. She often composed under male pseudonyms, as the idea that a woman could write such complex works was popularly inconceivable. A short duet for viola and piano, entitled Morpheus, made public under the pseudonym Anthony Trent, was premiered at her 1918 joint recital with cellist May Mukle. The following year she placed second in a composition competition at the Berkshire Festival with a Sonata for viola, this time signed by herself. The piece, out of the seventy-two submitted, earned high regard, gaining her public acclaim and official recognition as a composer, but printed publication would not occur until 1921 in the United States, certainly more open to women's music than England. Her Sonata consists of three movements: impetuoso, vivace, and adagio. The finale breaks free in brilliant form, concluding with the same force as the beginning, with the piano following the viola's haunting texture. In 1924 Rebecca embarked on a career as a soloist and ensemble member in London, having first completed a world tour in 1922-23. She also performed on several recordings in the 1920s and 1930s and participated in BBC music broadcasts. Her subsequent output was sporadic, as she began to suffer from a form of chronic depression, due in part to her discouragement over the little appreciation she received for her work.

Rebecca Clarke playing the viola

By chance, she met James Friskin on a Manhattan street, a composer and concert pianist who had been her partner at the Royal College of Music, and the two were married in 1944, when they were both in their early fifties. After the marriage, Rebecca stopped performing and composing, despite her husband's encouragement, although she continued to work on arrangements until shortly before her death. She sold the Stradivarius bequeathed to her and established the May Mukle prize for cellists at the Royal Academy, a prize that is still awarded annually. After her husband's death in 1967, Clarke began writing a memoir, completed in 1973 but never published. In it she describes her early years, marked by frequent beatings by her father and strained family relationships that negatively affected her life. She died at her home in New York City at the age of 93 on October 13, 1979. Her works resemble those of other English composers of the early 20th century, conforming to the style in vogue. Clarke knew many important musicians of the time, including Bloch and Ravel, to whom her work has been compared. Debussy is also often cited as another of her inspirations. There is a clarity of texture, dense and rhythmically complex, in much of her music, as well as an impressionistic bent and an emotionally intense nature. Between 1939 and 1942, the last prolific period toward the end of her compositional career, her style became clearer and more contrapuntal, with distinctive traits of neoclassicism.

Much of her output was written for the all-female chamber ensembles in which she played, including the Norah Clench Quartet, the English Ensemble, and Le d'Aranyi Sisters. Her compositions in total include fifty-two pieces for solo voice accompanied by piano and/or violin, eleven choral works, and twenty-one chamber pieces. The Sonata for Viola (1919), Morpheus (1917-18), Rhapsody for Cello and Piano (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) for violin, viola and piano (recently published), Passacaglia on an Old English Melody for Viola (or Cello) and Piano (1940-41), and Prelude, Allegro and Pastoral (1941), a neoclassical influenced piece written for clarinet and viola, are her best-known works. In addition to chamber music for strings, Clarke wrote many songs of a lighter nature. The Seal Man for solo voice and piano (1922), with words by John Masefield, and Tiger, Tiger for voice and piano (1929-33), with words by William Blake, are the best known and most performed. Her work was forgotten for a long time, but recaptured interest in 1976 following a radio broadcast celebrating her 90th birthday. More than half of her output remains unpublished and in the personal possession of her heirs, and many pieces have only recently been published.

Rebecca Clarke in 1918

The Rebecca Clarke Society was founded in 2000 to promote the study and performance of her music by musicologists Liane Curtis and Jessie Ann Owens, and is based at the Women's Studies Research Center at Brandeis University. The Society has made available previously unpublished compositions by the musician, publishing over twenty-five previously unknown works as well as A Rebecca Clarke Reader. The modern reception of Clarke's work has been generally positive. Her Viola Sonata in a 1981 review was called a "thoughtful and well-constructed piece." A 1985 review noted its "emotional intensity and use of dark-toned colors." Andrew Achenbach called Morpheus "striking" and "languid." Laurence Vittes noted that her Lullaby is "extremely sweet and tender." In 2017 BBC Radio 3 devoted five hours to her music as composer of the week.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

La compositora angloamericana Rebecca Clarke, reconocida mundialmente por su virtuosismo con la viola, también fue una de las primeras mujeres en integrarse profesionalmente a una orquesta. Es considerada la compositora británica más prominente de la generación de entreguerras y fue elogiada por los Gramophone Classical Music Awards como «una de las mejores de su época».

Nació el 27 de agosto de 1886 en el barrio londinense de Harrow (Reino Unido), hija de Joseph Thacher Clarke, estadounidense, y Agnes Paulina Helferich, alemana, y tuvo una infancia difícil debido a los malos tratos por parte de su padre. Comenzó a tocar el violín a los ocho años, tras asistir a las clases que le estaban dando a su hermano, Hans Thacher, quien tenía quince meses menos que ella. Su padre tenía un marcado sentido de la moral victoriana y era muy estricto con su hija, sin embargo al haber notado su temprana inclinación por la música y al estar él mismo interesado en la disciplina, le permitió que ingresara en la Real Academia de Música en 1903 para estudiar violín. En 1905, Rebecca abandonó la Academia tras rechazar una propuesta de matrimonio que le hizo su profesor de armonía, Percy Hilder Miles, quien más tarde le dejó en herencia su propio y preciado violín Stradivarius. Tras un breve periodo en casa, se matriculó en el Royal College of Music y fue una de las primeras alumnas de composición de Sir Charles Villiers Stanford. A instancias de éste, cambió el violín por la viola y estudió con Lionel Tertis, considerado por algunos críticos el mejor violista de la época. Cuando su padre le cortó los fondos, tuvo que dejar el College en 1910, y se mantuvo tocando la viola. Fue una de las primeras músicas de orquesta profesionales, ya que Sir Henry Wood la seleccionó para la Queen's Hall Orchestra en 1912.

Rebecca Clarke con la viola Rebecca Clarke en 1911

Al estallar la Segunda Guerra Mundial, Clarke se encontraba en Estados Unidos, adonde se había trasladado para continuar su carrera artística, y se vio en la imposibilidad de obtener un visado para regresar a Gran Bretaña. A menudo componía bajo seudónimos masculinos, ya que la idea de que una mujer pudiera escribir obras tan complejas era socialmente inconcebible. Un breve dúo para viola y piano titulado Morpheus, conocido bajo el seudónimo de Anthony Trent, se estrenó en su recital conjunto de 1918 con la violonchelista May Mukle. Al año siguiente logró el segundo puesto en un concurso de composición del Festival de Berkshire con una Sonata para viola y piano, esta vez bajo su propio nombre. La pieza, seleccionada entre las setenta y dos obras presentadas, le valió gran estima, la aclamación del público y el reconocimiento oficial como compositora, pero no se publicó hasta 1921 y en Estados Unidos, donde había una mayor apertura hacia la música compuesta por mujeres respecto a Inglaterra. Su Sonata se compone de tres movimientos: impetuoso, vivace, adagio; el final se desarrolla de forma brillante, concluyendo con la misma fuerza que caracteriza el inicio, con el piano que sostiene la obsesiva textura de la viola. En 1924, Rebecca inició una carrera como solista y componente de un conjunto en Londres, tras haber realizado por primera vez una gira mundial en 1922-23. También participó a varias grabaciones en las décadas de los años veinte y treinta y a programas musicales de la BBC. Su producción posterior fue esporádica, ya que empezó a sufrir una forma crónica de depresión, debida en parte al desánimo por la falta de reconocimiento que recibía por su trabajo.

Rebecca Clarke tocando la viola

Por casualidad, en una calle de Manhattan, conoció a James Friskin, un compositor y concertista de piano que había sido su compañero en el Royal College of Music, y se casaron en 1944, cuando rondaban los 50 años. Tras la boda, Rebecca dejó de tocar y componer, a pesar de los ánimos de su marido, aunque siguió trabajando en arreglos musicales hasta poco antes de morir. Vendió el Stradivarius que le habían dejado en herencia e instituyó el premio May Mukle para violonchelistas en la Royal Academy, premio que se sigue concediendo anualmente. Después del fallecimiento de su marido en 1967, Clarke empezó a escribir sus memorias, que terminó en 1973, pero nunca las publicó. En ellas describe sus primeros años, marcados por las frecuentes palizas de su padre y unas tensas relaciones familiares que afectaron negativamente su existencia. Murió en su casa de Nueva York, a la edad de 93 años, el 13 de octubre de 1979. Sus obras recuerdan las de otros compositores ingleses de principios del siglo XX, ajustadas al estilo en boga. Clarke conocía a muchos músicos importantes de su época, como Bloch y Ravel, con quienes se ha comparado su obra; también se cita a menudo a Debussy entre sus inspiradores. Hay una claridad de textura, densa y rítmicamente compleja, en gran parte de su música, así como una inclinación impresionista y una naturaleza emocionalmente intensa. Entre 1939 y 1942, el último periodo prolífico hacia el final de su carrera como compositora, su estilo se volvió más claro y contrapuntístico, con rasgos distintivos del neoclasicismo.

Gran parte de su producción la compuso para los conjuntos de cámara exclusivamente femeninos en los que tocaba, como el Norah Clench Quartet, el English Ensemble y The Sisters D'Aranyi. En total, sus composiciones incluyen cincuenta y dos piezas para voz solista acompañada de piano y/o violín, once obras corales y veintiuna piezas de cámara. Sus obras más conocidas son: la Sonata para viola y piano (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia para violonchelo y piano (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) para violín, viola y piano publicada recientemente, Passacaglia sobre una antigua melodía inglesa para viola (o violonchelo) y piano (1940-41), Preludio, Allegro y Pastorale (1941), pieza influida por el neoclasicismo, compuesta para clarinete y viola. Además de música de cámara para cuerdas, Clarke escribió muchas canciones de carácter más ligero. The Seal Man para voz solista y piano (1922), con letra de John Masefield, y Tiger, Tiger para voz y piano (1929-33), con letra de William Blake, son sus canciones más conocidas e interpretadas. Su obra cayó en el olvido durante mucho tiempo, pero recobró interés en 1976 a raíz de una emisión radiofónica que celebraba su 90 cumpleaños. Más de la mitad de su producción permanece inédita y en manos de sus herederos, y muchas piezas se han publicado recientemente.

Rebecca Clarke en 1918

En 2000, las musicólogas Liane Curtis y Jessie Ann Owens fundaron la Rebecca Clarke Society para promover el estudio y la interpretación de su música, con sede en el Centro de Investigación de Estudios sobre la Mujer de la Universidad Brandeis (Massachusetts). Esta Sociedad ha puesto a disposición del público composiciones inéditas de la compositora, a través de la publicación de veinticinco obras musicales desconocidas hasta entonces y de un libro titulado A Rebecca Clarke Reader. La recepción moderna de la obra de Clarke ha sido generalmente positiva. En una reseña de 1981, su Sonata para viola y piano se describió como una «pieza reflexiva y bien elaborada»; en una reseña de 1985 se destacó la «intensidad emocional y el uso de colores oscuros» de esta última pieza. Andrew Achenbach calificó Morpheus de 'impactante' y 'lánguida'. Laurence Vittes calificó su Canción de cuna para violín y chelo de «extremadamente dulce y tierna». En 2017, BBC Radio 3 dedicó cinco horas a su música como compositora de la semana.

 

Liza Lehmann




Giulia Capponi

 

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, meglio conosciuta come Liza Lehmann, soprano e compositrice inglese, nacque l'11 luglio del 1862 a Londra, al n.139 di Westbourne Terrace. Fu la primogenita di altre tre sorelle, Marianna, Amelia e Alma, sempre vestite allo stesso modo per volontà e vezzo della madre, Amelia Chambers di Edimburgo, una compositrice e arrangiatrice che si firmava A.L. Era anche considerata una talentuosa cantante ma lei, come osservò nelle sue memorie Liza, non ebbe mai sufficiente autostima per esibirsi con costanza. Il padre invece non amava particolarmente la musica, era un pittore tedesco, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, figlio di un miniaturista di Amburgo che aveva sposato un'italiana di Padova.

I genitori di Liza vivevano in Italia ma, con l'approssimarsi del parto e augurandosi di aspettare un figlio maschio, tornarono a Londra per garantirgli la cittadinanza e un'educazione britannica. Quando nacque Liza, come ironicamente osservò l'interessata nella sua autobiografia, tornarono invece in Italia e vi restarono per cinque anni. Trascorrevano l'inverno a Roma e l'estate a Sorrento, dove le figlie andavano scalze nell'aranceto di casa e Liza imparò prestissimo l'italiano come seconda lingua. Si può dire che nacque al momento giusto, nel posto giusto e nella famiglia giusta. Uno di quei casi in cui le condizioni favorevoli di partenza si sposano all'ambizione e al talento favorendo il successo. Infatti crebbe in un'atmosfera artistica e vivace, amico di famiglia era Franz Liszt, che suonava sovente per loro anticipando le sue composizioni, e frequentavano la casa molte persone famose e alla moda. Tra gli altri, Giuseppe Verdi, a cui suo padre aveva dipinto un ritratto, così anche Liza ebbe modo di avvicinarlo e conoscerlo, cantando per lui tradizionali canzoni scozzesi. E poi erano habitué il poeta Robert Browning e l’illustratore George du Maurier, tra gli altri.

Liza Lehmann al pianoforte

Liza visse dunque i suoi primi anni tra Germania, Francia e Italia, ma i genitori infine si stabilirono a Londra. Trascorse l'infanzia, come usava allora, istruita in casa da una lunga serie di governanti, pazienti, impazienti o decisamente aggressive all'insaputa dei genitori ,che ricevevano gli ospiti e vivevano le loro giornate lontano dalla nursery. Il padre l'avrebbe voluta pittrice ma la vita andò diversamente. Infatti Liza ricevette le prime lezioni di piano e di canto dalla madre, poiché aveva scoperto che ne aveva ereditato il dono della voce. A partire dall'adolescenza studiò in modo più sistematico canto con Alberto Randegger e Jenny Lind a Londra e composizione con vari maestri, con Niels Raunkilde a Roma, Wilhelm Frendenberg a Wiesbaden e Hannish McCunn a Londra. Debuttò come cantante il 23 novembre 1885, in un recital al Monday Popular Concert di Londra e proseguì in tournée per una decina d'anni in Europa, ricevendo lodi e incoraggiamenti da diversi musicisti, tra cui Clara Schumann e Joseph Joachim. Il 14 luglio 1894 diede l'ultimo concerto al St. Jame's Hall di Londra e, alla fine dell'anno, sposò Herbert Bedford, lasciò l'attività concertistica e si dedicò solo alla composizione musicale. Del marito Liza usava dire che fosse "un artista nato", pittore, musicista, compositore. Con lui trascorse i primi due anni dopo il matrimonio in una casetta in campagna, assaporando il gusto di una vita semplice e tranquilla dopo il periodo vorticoso di viaggi e concerti, ma dovettero tornare a Londra per un problema di salute di Herbert. Ebbero due figli, entrambi versati nella musica, ma Rudolf, il primogenito, morì durante la Grande Guerra, mentre Leslie Herbert fu un inventore che giocò un ruolo importante nello studio dei radar. Fu padre del direttore d'orchestra Steuart Bedford e del compositore David Bedford.

Per tornare all’opera di Liza, si distinguono almeno tre periodi nella sua produzione. Inizialmente la carriera di cantante prevedeva canzoni tradizionali britanniche, melodie francesi e lieder tedeschi. Nel secondo periodo fu in bilico tra repertorio classico e commerciale, scrivendo per musicisti e per l'infanzia. Sue composizioni su poemi di Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson e Lewis Carroll sono ancora reperibili ai nostri giorni. Il terzo e ultimo periodo, che comincia nel 1910 con i viaggi in America, durante i quali si accompagna al pianoforte, da sola o con due o quattro musicisti, termina con la sua morte; le composizioni riflettono la sua ricerca di senso e le canzoni si fanno più brevi. In complesso la sua produzione contempla quattrocento pezzi vocali, di cui trecentocinquanta sono canzoni, per meglio dire: cicli di canzoni, canzoni per l'infanzia, e poi quartetti vocali con accompagnamento, pezzi strumentali e opere per il teatro. In particolare, nel 1901 scrisse il ciclo di canzoni The Daisy Chain, e nel 1904 le fu commissionato un lavoro, Sergent Brue, che ebbe un buon successo a Londra e a Broadway, dove per la prima volta fu rappresentata l'opera di una compositrice, ma per qualche motivo Liza rimase contrariata dal committente e decise di non scrivere più per il teatro. In seguito cambiò idea e nel 1906 si dedicò all'opera comica The Vicar of Wakefield e nel 1916 compose anche Everyman, che fu eseguita dalla Beecham Opera Company. La critica concorda nell'affermare che tutta la sua produzione rivela, in qualche misura, l'influenza di Schumann e i brani più eseguiti risultano essere In a Persian Garden, The Daisy Chain, In Memoriam, basato su un poema di Alfred Tennyson.

Ritratto autografato di Liza Lehmann Liza Lehmann sulle carte delle Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" (1914)

Negli anni 1911-12 fu la prima presidente della Society of Women Musicians e, nel periodo seguente, fu professoressa alla Guildhall School of Music, per cui nel 1913 scrisse un testo scolastico per avviare al canto: Practical Hints for Students of Singing. Nell’ultima fase della sua vita si dedicò all’autobiografia, terminata nel 1918; fu pubblicata postuma con il titolo The life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, London, 1919). Morì a Pinner, nel Middlesex, all'età di cinquantasei anni, il 19 settembre del 1918 e fu sepolta nell'ala est dell'Highgate Cemetery con suo padre e suo marito. Sulla tomba si erge un angelo che regge una lira, a memento del talento musicale di famiglia, una scultura dell'artista Muriel Perrin.

Nonostante la notorietà che ebbe in vita, dopo la morte le sue opere furono quasi dimenticate, ma gli studi di genere degli ultimi decenni stanno portando alla luce i lavori delle donne nei vari ambiti artistici, che giacciono impolverati nelle biblioteche o nelle soffitte e anche i suoi pezzi vengono riascoltati. Grazie a questo revival la musica di Liza risuona ancora in noi e per noi, a oltre cento anni dalla sua scrittura, con realismo e ironia e sorprendentemente dona conforto.

Liza Lehmann in età matura

Traduzione francese

Rachele Stanchina

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, mieux connue sous le nom de Liza Lehmann, chanteuse soprano et compositrice anglaise, est née le 11 juillet 1862 à Londres, au 139 Westbourne Terrace. Fille d’un couple d’artistes, elle avait trois soeurs, Marianna, Amelia et Alma. Leur mère, Amelia Chambers, était compositrice et transcriptrice de nombreuses chansons populaires connue sous le pseudonyme minimaliste A.L. Elle était considérée comme une chanteuse de talent, mais elle n’eut jamais suffisamment confiance en elle pour se produire avec constance d’après les souvenirs de Liza. Son père, Augustus Rudolf Lahmann, était un peintre allemand et fils d’un peintre miniaturiste d’Hamburg et d’une italienne de Padoue. Il n’aimait pas beaucoup la musique.

Les parents de Liza habitaient en Italie, mais à l’approche de la naissance du bébé et dans l’espoir d’avoir un garçon, ils décidèrent de rentrer à Londres afin de lui garantir la citoyenneté anglaise ainsi qu’une éducation britannique. Mais à la naissance de Liza, comme elle-même le fit remarquer de façon assez ironique dans son autobiographie, ils rentrèrent en Italie pour y rester cinq ans. Ils séjournaient l’hiver à Rome et l’été à Sorrento où les filles marchaient pieds nus dans l’orangeraie de la maison. Liza apprit très tôt l’italien et deviendra sa deuxième langue.On peut dire qu’elle est née au bon moment, dans la bonne famille et au bon endroit, un de ces rares cas où les conditions favorables de la naissance se conjuguent à l’ambition et au talent pour en faciliter le succès.En effet, Liza grandit dans un environnement artistique, vivant, animé par de nombreuses rencontres telles que Franz Liszt, compositeur et pianiste, ami de la famille, qui venait chez les Lehmann jouer ses dernières compositions, ou d’autres personnalités célèbres comme le compositeur Giuseppe Verdi qu’elle connût en chantant pour lui des chansons traditionnelles écossaises et dont le père de Liza avait realisé le portrait. La maison familiale était aussi fréquentée entre autre par le poète Robert Browning et l’illustrateur George du Maurier.

Liza Lehmann au piano

La petite Liza vécut donc ses prémières années entre l’Allemagne, la France et l’Italie, mais ses parents finirent par s’établir à Londres. Elle passa son enfance chez elle, comme cela était d’usage à l’époque, éduquée par de nombreuses gouvernantes plus ou moins patientes voire quelquefois aggressives tandis que ses parents recevaient des hôtes et vivaient leur vie à l’écart de la nurserie. Le père aurait voulu faire de Liza une peintre, mais la vie en décida autrement. Elle découvrit bientôt le chant, une passion partagée avec sa mère qui lui donna ses premières leçons. A partir de l’adolescence, elle étudia le chant de façon plus systématique avec Albert Randegger et Jenny Lind à Londres, ainsi que la composition avec plusieurs maîtres de musique tels que Niels Raunkilde à Rome, Wilhelm Frendenberg à Wiesbaden et Annish McCunn à Londres. Le 23 novembre 1885, elle débuta dans un recital au Monday Popular Concert de Londres et partit ensuite en tournée en Europe pendant une dizaine d’années. Plusieurs musiciens, parmi lesquels Clara Schumann et Joseph Joachim l’encouragèrent dans dans cette voie. Le 14 juillet 1894 elle donna son dernier concert au St. Jame’s Hall de Londres, et épousa Herbert Bedforf. A partir de ce moment, elle abandonna les concerts et se dédia exclusivement à la composition musicale. D’après Liza, son mari était un “artiste né”, peintre, musicien, compositeur. Lors de leur deux prémières années de mariage, ils vécurent dans une petite maison de campagne, menant une vie simple et calme après le long tourbillon des voyages et des concerts. Mais bientôt un problème de santé de Herbert les obligea à rentrer à Londres. Le couple eut deux enfants, tous deux doués en musique: le premier, Rudolf trouva la mort durant la Grande Guerre tandis que le deuxième, Leslie, fut inventeur et joua un grand rôle dans les études des radars. Il eut deux fils, Steuart Bedford et David Bedford qui furent respectivement directeur d’orchestre et compositeur.

Pour en revenir à Liza,trois périodes marquent sa production. Au début de sa carrière de chanteuse, elle interpretait des chants traditionnels britanniques, des mélodies françaises et des lieders allemands. Puis, elle se partagea entre un répertoire classique et un autre commercial, en écrivant des chansons enfantines mais aussi pour des musiciens. Encore aujourd’hui, on peut trouver ses compositions sur les poèmes de Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson et Lewis Carrol. Enfin la dernière période, qui débuta en 1910 avec les voyages en Amérique et durant lesquels elle jouait du piano, seule ou accompagnée de deux ou quatre musiciens, prit fin lors de son décès. Ses compositions étaient plus courtes et transmettaient la recherche d’un sens profond.Toute sa production compte quatre cent pièces vocales, dont trois cent cinquante sont des cycles de chansons, des chansons enfantines, des quartets vocaux avec accompagnement, des pièces instrumentales ou encore des œuvres théâtrales. Pour être plus précis, en 1901, elle écrivit le cycle de chansons THE DAISY CHAIN et en 1904 on lui demanda SERGENT BRUE qui obtint un certain succès à Londres ainsi qu’ à Broadway. C’était la prémière fois qu’on mettait en scène l’oeuvre d’un compositeur. Cependant, pour un motif inconnu, Liza se brouilla avec le commanditaire et prit la decision de ne plus écrire pour le théatre. Par la suite, elle changea d’avis et en 1906, elle se dédia à l’ œuvre comique THE VICAR OF WAKEFIEL. En 1916, elle composa EVERYMAN jouée par la Beecham Opera Company. La critique est unanime sur le fait que toute sa production fut influencée, dans une certaine mesure, par l’oeuvre de Schumann. Ses pièces les plus jouées sont IN A PERSIAN GARDEN, THE DAISY CHAIN et IN MEMORIAM, d’après un poème d’ Alfred Tennyson.

Portrait dédicacé de Liza Lehmann Liza Lehmann sur les cartes Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" (1914)

Pendant les années 1911-1912, elle fut la prémière présidente de la Society of Women Musicians et, dans la période suivante, elle devint professeur à la Guildehall School of Music. Pour cette école elle écrivit PRACTICAL HINTS FOR STUDENTS OF SINGIN, un ouvrage pour s’initier au chant. Dans la dernière partie de sa vie, elle se dédia à son autobiographie qu’ elle acheva en 1918. Elle fut éditée après sa mort sous le titre THE LIFE OF LIZA LEHMANN, BY HERSELF (T Fisher Unwin, London 1919). Liza est morte le 19 Septembre 1918 à l’âge de 56 ans dans le Middlesex et fut enterrée avec son père et son mari dans la partie Est du Highgate Cemetery. Sur son tombeau, on peut y admirer une sculpture representant un ange soutenant une lyre de l’artiste Muriel Perrin qui témoigne du talent musical de la famille.

Malgré la célébrité qu’elle connut de son vivant, ses œuvres tombèrent presque dans l’oubli après sa mort. Toutefois, lors de ces dernières décennies, des études du genre mettent en lumière les travaux de femmes dans différents domaines artistiques qui demeuraient oubliés dans les bibliothèques ou dans les greniers. Depuis, ses partitions sont à nouveau écoutées. C’est grâce à ce renouveau que la musique de Liza résonne encore en nous et pour nous, cent ans après sa création, avec réalisme et ironie, en nous donnant un réconfort surprenant.

Liza Lehmann à l'âge mûr

Traduzione inglese

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, better known as Liza Lehmann, English soprano and composer, was born July 11, 1862, at 139 Westbourne Terrace in London. She was the eldest of four sisters, Marianne, Amelia and Alma, who were always dressed the same way at the wish of their mother, Amelia Chambers of Edinburgh, a composer and arranger, who signed herself “A.L.” Their mother was also considered a talented singer but she, as Liza observed in her memoirs, never had sufficient self-esteem to perform consistently. Her father, on the other hand, was not particularly fond of music - he was a German painter, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, the son of a Hamburg miniaturist who had married an Italian woman from Padua.

Liza's parents lived in Italy but, as childbirth approached and they hoped for a son, they returned to London to provide him citizenship and a British education. When Liza was born, as was wryly observed in her autobiography, they instead returned to Italy and remained there for five years. They spent winters in Rome and summers in Sorrento, where the daughters went barefoot in the orange grove at home and Liza learned Italian as a second language very early. It could be said that she was born at the right time, in the right place and to the right family. One of those cases where favorable starting conditions, married to ambition and talent, favor success. She grew up in an artistic and lively atmosphere. A family friend was Franz Liszt, who often played for them anticipating his compositions, and many famous and fashionable people frequented the house. Among others were Giuseppe Verdi, of whom her father had painted a portrait, so Liza got to know and engage with him, serenading him with traditional Scottish songs. Among other regulars were the poet Robert Browning and the illustrator George du Maurier.

Liza Lehmann at the piano

Liza thus lived her early years between Germany, France and Italy, but her parents finally settled in London. She spent her childhood, as was the custom then, being home-schooled by a long line of governesses, patient, impatient, or downright aggressive without the knowledge of her parents ,who received guests and lived out their days away from the nursery. Her father would have wanted her to be a painter, but life turned out differently. Liza received her first piano and singing lessons from her mother, as her mother discovered that Liza had inherited the gift of a singing voice. Starting in her teens she studied singing more systematically with Alberto Randegger and Jenny Lind in London and composition with various masters - Niels Raunkilde in Rome, Wilhelm Frendenberg in Wiesbaden and Hannish McCunn in London. She made her singing debut on November 23, 1885, in a recital at the Monday Popular Concert in London, and went on to tour for a decade in Europe, receiving praise and encouragement from various musicians, including Clara Schumann and Joseph Joachim. On July 14, 1894, she gave a last concert at St. James Hall in London. At the end of that year, she married Herbert Bedford, gave up concert activity and devoted herself only to music composition. Liza used to say of her husband that he was "a born artist," a painter, musician, and composer. She spent the first two years with him after marriage in a cottage in the country, savoring the taste of a simple, quiet life after the whirlwind period of travel and concerts, but they had to return to London because of Herbert's health. They had two sons, both of whom were versed in music, but Rudolf, the eldest son, died during World War I, while Leslie Herbert was an inventor who played an important role in the development of radar. He was the father of conductor Stuart Bedford and composer David Bedford.

To return to Liza's work, at least three periods can be distinguished in her output. Initially her singing career involved traditional British songs, French melodies, and German lieder. In the second period she worked in both a classical and popular repertoire, writing for musicians and for children. Her compositions on poems by Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson, and Lewis Carroll can still be found to this day. The third and final period, beginning in 1910 with trips to America, during which she accompanied herself on the piano, alone or with two or four musicians, ended with her death. These later compositions reflect her search for meaning and the songs become shorter. Overall, her output totaled some four hundred vocal pieces, three hundred and fifty of which are songs, more precisely, song cycles, and children's songs. She also wrote vocal quartets with accompaniment, instrumental pieces and works for the theater. In particular, in 1901 she wrote the song cycle The Daisy Chain, and in 1904 she was commissioned to write a work, Sergeant Brue, which was a good success in London and on Broadway, where for the first time the composer's work was performed, but for some reason Liza remained displeased with the experience and decided not to write for the theater anymore. She later changed her mind and in 1906 devoted herself to the comic opera The Vicar of Wakefield, and in 1916 she also composed Everyman, which was performed by the Beecham Opera Company. Critics agree that all her work reflects Schumann's influence to some extent, and the most performed pieces turned out to be In a Persian Garden, The Daisy Chain, and In Memoriam, based on a poem by Alfred Tennyson.

Autographed portrait of Liza Lehmann Liza Lehmann on Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" cards (1914)

In the years 1911-12 she was the first president of the Society of Women Musicians, and in the following period she was a professor at the Guildhall School of Music, for which, in 1913, she wrote a educational text for students of song, Practical Hints for Students of Singing. In the last phase of her life she devoted herself to an autobiography, completed in 1918. It was published posthumously under the title The Life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, London, 1919). She died in Pinner, Middlesex, at the age of fifty-six on September 19, 1918, and was buried in the east wing of Highgate Cemetery with her father and husband. On the grave stands an angel holding a lyre, a memento of the family's musical talent, a sculpture by artist Muriel Perrin.

Despite the fame she achieved in her lifetime, after her death her works were almost forgotten. But gender studies in recent decades are bringing to light the works of women in various artistic fields, which previously lay dusty in libraries or attics, and her pieces are being heard again. Thanks to this revival, Liza's music still resonates in us and for us, more than a hundred years after she wrote it with realism and irony, and surprisingly gives comfort.

Liza Lehmann in mature age

Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, mejor conocida como Liza Lehmann, soprano y compositora inglesa, nació el 11 de junio de 1862 en Londres, en el número 139 de Westbourne Terrace. Fue la primogénita de tres hermanas Marianna, Amelia y Alma, quienes siempre vestían de la misma manera por voluntad y capricho de su madre, Amelia Chambers de Edimburgo, una compositora y arreglista que firmaba con sus iniciales A.L. Ésta última era considerada una cantante talentosa, pero ella, como observó Liza en sus memorias, nunca tuvo suficiente autoestima para exhibirse con constancia. Su padre, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, hijo de un miniaturista de Hamburgo que se había casado con una italiana de Padua, era pintor y no amaba particularmente la música.

Los padres de Liza vivían en Italia, pero, como esperaban un hijo y se acercaba el día del nacimiento, regresaron a Londres para otorgarle la ciudadanía y una educación británica. Cuando nació Liza, como observó irónicamente ella misma en su autobiografía, volvieron a Italia y permanecieron allí durante cinco años. Pasaban el invierno en Roma y el verano en Sorrento, donde ella y sus hermanas iban descalzas en el huerto de naranjos de la casa, de modo que Liza aprendió el italiano como segundo idioma a una edad temprana. Se puede decir que Liza nació en el momento adecuado, en el lugar adecuado y en el seno de la familia adecuada. Uno de esos casos en los que las condiciones favorables de partida se combinan con la ambición y el talento, lo que favorece el éxito de la persona. De hecho, Liza se crió en un entorno artístico y culturalmente vibrante. Franz Liszt, un amigo muy cercano de su familia, a menudo tocaba para ellos y anticipaba lo que serían sus composiciones. Su casa era un punto de encuentro para muchas personalidades ilustres y de moda, como Giuseppe Verdi, a quien su padre había retratado. En semejantes ocasiones, Liza tuvo la oportunidad de conocer al músico y cantarle algunas canciones tradicionales escocesas. Entre otras personalidades habituales se encontraban el poeta Robert Browning y el ilustrador George du Maurier.

Liza Lehmann al piano

Liza vivió sus primeros años entre Alemania, Francia e Italia, pero finalmente sus padres se establecieron en Londres. Pasó su infancia educada en casa, como era costumbre en aquel entonces, por una larga serie de gobernantas. Algunas de estas institutrices tenían buen carácter, mientras que otras eran impacientes o incluso agresivas, sin que sus padres lo supieran. Estos últimos estaban ocupados atendiendo a los invitados y raramente pasaban tiempo en el cuarto de las niñas. Su padre habría deseado que fuera pintora, pero la vida tomó otro rumbo. Por consiguiente, Liza recibió sus primeras clases de piano y canto de su madre, quien descubrió que había heredado el don de la voz. En la adolescencia estudió canto de forma más sistemática con Alberto Randegger y Jenny Lind, en Londres, y composición con varios maestros: con Niels Raunkilde en Roma, Wilhelm Frendenberg en Wiesbaden y Hannish McCunn en Londres. Debutó como cantante el 23 de noviembre de 1885, en un recital en uno de los conciertos populares de los lunes (Monday Popular Concert) de Londres, y realizó giras por Europa durante unos diez años, en las que recibió los elogios de varios músicos y músicas, entre ellos Clara Schumann y Joseph Joachim, que la animaban a seguir. El 14 de julio de 1894 dio su último concierto en el St. James's Hall de Londres y, a finales de año, se casó con Herbert Bedford, dejó la actividad de concertista y se dedicó exclusivamente a la composición musical. Liza solía decir de su marido que era un artista nato, un pintor, un músico, un compositor. Con él pasó los dos primeros años tras la boda en una casa de campo, para disfrutar de una vida sencilla y tranquila después del torbellino de viajes y conciertos. Sin embargo, tuvieron que regresar a Londres debido a un problema de salud de Herbert. Tuvieron dos hijos, ambos con talento para la música, pero Rudolf, el primogénito, murió durante la Gran Guerra, mientras que Leslie Herbert fue un inventor que jugó un papel importante en el estudio de los radares. Fue padre del director de orquesta Steuart Bedford y del compositor David Bedford.

Por lo que respecta a la obra de Liza, se pueden distinguir al menos tres periodos en su producción. Al principio, su carrera como cantante incluyó canciones tradicionales británicas, melodías francesas y lieder alemanes. En el segundo periodo, alternó entre el repertorio clásico y el comercial, escribiendo para músicos y para la infancia. Sus composiciones sobre poemas de Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson y Lewis Carroll aún pueden encontrarse hoy en día. El tercer y último periodo, que comenzó en 1910 con conciertos en Estados Unios, durante los cuales se acompañaba a sí misma al piano, sola o con dos o cuatro músicos, terminó con su muerte. Ese periodo se caracteriza por unas composiciones que reflejan su búsqueda de sentido y las canciones se hicieron más breves. En general, su producción se compone de cuatrocientas piezas vocales, trescientas cincuenta de las cuales son canciones, o mejor dicho: ciclos de canciones, canciones para la infancia, y luego cuartetos vocales con acompañamiento, piezas instrumentales y obras para el teatro. En 1901 compuso el ciclo de canciones The Daisy Chain y en 1904 le encargaron una obra titulada Sergent Brue, que obtuvo una buena acogida en Londres y en Broadway, donde por primera vez se representó la obra de un compositora. Sin embargo, por alguna razón Liza se sintió molesta durante el encargo y decidió no volver a escribir para el teatro. En 1906 cambió de opinión y se dedicó a la ópera cómica The Vicar of Wakefield; en 1916 compuso Everyman, estrenada por la Beecham Opera Company. Los críticos coinciden en que toda su obra revela, en cierta medida, la influencia de Schumann. Las piezas más interpretadas son: In a Persian garden, The Daisy Chain, In Memoriam, ésta última basada en un poema de Alfred Tennyson.

Retrato autografiado de Liza Lehmann Liza Lehmann sobre las tarjetas de la "Segunda serie de celebridades musicales" de Wills's Cigarrillos (1914)

En los años 1911-1912 la compositora fue la primera presidenta de la Sociedad de Mujeres Músicas y, sucesivamente, fue profesora en la Guildhall School of Music. En 1913, en calidad de profesora de canto, escribió un texto escolar de iniciación al canto: Practical Hints for Students of Singing. En la última etapa de su vida se dedicó a su autobiografía que terminó en 1918; se publicó póstumamente con el título The life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, Londres, 1919). El 19 de septiembre de 1918, la música falleció en Pinner, Middlesex, a los cincuenta y seis años, y recibió sepultura en el ala este del cementerio de Highgate (Londres) junto a su padre y a su marido. Sobre la tumba hay un ángel que sostiene una lira, una obra del escultor Muriel Perrin, que recuerda el talento musical de la familia.

A pesar de la notoriedad de que gozó en vida, tras su muerte sus obras cayeron prácticamente en el olvido. Sin embargo, los estudios de género de las últimas décadas están sacando a la luz las obras de mujeres en diversos campos artísticos, ya que yacían empolvadas en las bibliotecas o en los desvanes. De igual forma, sus piezas también se escuchan hoy en día. Gracias a este redescubrimiento, la música de Liza sigue resonando entre nosotros cien años más tarde con un realismo y una ironía que sorprendentemente nos reconforta.

Liza Lehmann en edad madura

 

Ethel Smith
Elisabetta Uboldi




Giulia Capponi

 

«Era preoccupata che la sua musica sarebbe morta con lei e la sua eredità musicale sarebbe andata perduta. E forse questo è anche successo, ma adesso sta riemergendo». La musicista Leah Broad commenta così la figura di Ethel Smyth, compositrice, scrittrice e suffragetta inglese che fu largamente acclamata per le sue opere e per le doti artistiche.

Nasce il 22 aprile 1858 a Sidcup nella contea del Kent, in Inghilterra, e fin dalla più tenera età si mostra interessata al mondo della musica. Suo padre, generale dell’esercito, si oppone categoricamente alle sue aspirazioni, ma con gli anni è costretto a cedere di fronte alla tenacia della figlia, che arriva addirittura a chiudersi in camera e rifiutare il cibo, pur di vedersi riconosciuta la possibilità di realizzarsi in ciò che ama. A 17 anni inizia a studiare con il musicista Alexander Ewing che le presenta le opere di Wagner e Berlioz e due anni dopo si trasferisce a Lipsia, in Germania, dove si iscrive al conservatorio, che abbandona in breve tempo poiché ritiene che il livello di insegnamento sia troppo basso. Nonostante la delusione iniziale, Ethel non accantona il suo sogno e decide di prendere lezioni private da Heinrich von Herzogenberg, compositore, pianista di grande talento e direttore del Bach-Verein di Lipsia che, insieme alla moglie, la introduce nel proprio circolo. Il 26 gennaio 1884 debutta come compositrice di musica da camera ed è la prima donna a calcare il palcoscenico del Metropolitan House Opera di New York, ma le opinioni sulle sue doti artistiche dimostrano ben presto il doppio standard di valutazione riservato alle donne. Risulta infatti impossibile per la critica del tempo considerare il suo lavoro basandosi unicamente sulle melodie ascoltate e Ethel finisce per essere giudicata non come artista, ma in quanto donna. Quando si esibisce con musiche incalzanti, potenti e ritmiche viene tacciata di essere troppo mascolina e non avere il tocco femminile; quando invece presenta brani delicati e melodiosi viene accusata di non essere all’altezza dei suoi colleghi uomini.

Una delle sue opere più importanti è The Wreckers, definita una composizione femminista perché si pone l’obiettivo di portare alla ribalta la voce delle donne: infatti il personaggio principale è una donna che cerca di liberarsi dalle costrizioni che le vengono imposte dalla società. Lo stile melodico e il linguaggio armonico e incalzante attraggono spettatori e spettatrici, intrigati dal conoscere l’evoluzione della trama. Nel 1910 abbraccia il movimento delle suffragette e compone appositamente per la causa il brano The March of Women, che diventerà l’inno delle femministe nelle loro battaglie per il diritto di voto. Nel marzo del 1912 risponde alla chiamata di Emmeline Pankhurst e, insieme a un centinaio di attiviste, lancia sassi contro le finestre dei parlamentari contrari a estendere il diritto di voto alle donne. Ethel sceglie la casa del segretario Lewis Harcourt, il quale si era beffato delle suffragette, affermando che se tutte le donne fossero state belle e sagge come sua moglie non si sarebbe creato problemi nel riconoscere loro il diritto di voto. Proprio quella sera, diverse manifestanti, tra cui Ethel Smyth e Emmeline Pankhurst, vengono arrestate e trasferite nel carcere di Holloway, dove rimarranno per circa due mesi. Quando il suo caro amico musicista e direttore d’orchestra Thomas Beecham si reca in carcere per farle visita, assiste alla marcia delle suffragette sulle note del loro inno, mentre Ethel in persona dirige la melodia dalla cella con uno spazzolino da denti.

A causa del peggioramento della sordità che la affligge in età adulta, oltre alla musica, si dedica anche alla scrittura e tra il 1919 e il 1940 redige una decina di testi, quasi tutti autobiografici. Nel suo libro Female Pipings in Eden descrive l’esperienza carceraria rimarcando la bellezza di trovarsi in compagnia di donne tanto diverse per età ed estrazione sociale, ma unite dallo stesso amore per la libertà e l’uguaglianza. Allo scoppio della Grande Guerra si reca a Vichy, in Francia, dove presta servizio come infermiera e tecnica di radiologia, in aiuto ai soldati feriti e mutilati, nonostante sia contraria a qualunque forma di atto bellico. Negli anni Venti la sua popolarità cresce e nel 1922 viene nominata Commendatrice dell’eccellentissimo ordine dell’impero britannico, diventando la prima donna a essere insignita del titolo di Dama.

Ethel Smyth a Londra nel 1912 durante un meeting della WSPU 

La sua personalità è turbolenta e rifiuta di sottostare ai rigidi dettami della società: non si sposerà mai e i suoi amori saranno quasi tutti femminili. È ben noto il suo rapporto intimo con Emmeline Pankhurst e all’età di 71 anni conosce e si invaghisce della scrittrice Virginia Woolf che commenta: «siamo molto differenti, le nostre menti sono totalmente diverse ed è proprio questo che ci unisce». Il loro intenso legame durerà fino alla morte di Woolf avvenuta nel 1941. In una lettera a Henry Brewster, unico uomo con cui ha una relazione sentimentale, Ethel scrive: «Mi chiedo perché mi riesca tanto più facile amare con passione il mio stesso sesso…»Oltre alla musica e alla scrittura, Ethel si dedica allo sport e ai viaggi. Pratica equitazione, tennis e golf ed è sempre accompagnata dai suoi fedeli cani per i quali ha una vera dedizione.

Nel maggio del 1928 la Bbc trasmette due suoi concerti in diretta nazionale e, nel giorno del settantacinquesimo compleanno, il suo lavoro viene celebrato alla Royal Albert Hall in presenza della Regina, sotto la direzione dell'amico Thomas Beecham. Purtroppo in quegli anni Ethel è ormai divenuta completamente sorda e non è in grado né di apprezzare la sua stessa musica né di sentire l’ammirazione della folla giunta per lei. Muore l’8 maggio 1944 a Woking, in Inghilterra, all’età di 86 anni, e Beecham la ricorda con queste parole: «Era una creatura testarda, indomabile, invincibile. Niente poteva domarla, niente poteva scoraggiarla e fino al suo ultimo giorno ha conservato queste straordinarie qualità»

La dottoressa Amy Zigler, insegnante di musica e ricercatrice del Salem College, studia e analizza le opere di Ethel Smyth dal 2005 e questo è quanto riporta sulle sfide quotidiane e la personalità della musicista: «Mentre stava costruendo la sua carriera, buona parte dei commenti non erano sulla sua musica, ma sul suo genere. Erano in molti a credere che le donne non fossero capaci di elaborare musica che avesse lo stesso valore di quella prodotta dagli uomini. Ha rincorso le sue passioni sia nella musica che nella vita. Era ambiziosa e impudente. Non aveva paura di bussare alla porta di un direttore d’orchestra o rompere i vetri della casa di un politico: nella sua mente erano entrambe azioni necessarie».

L’8 marzo del 2022, in occasione della Giornata internazionale della donna, le è stata dedicata una statua collocata nella Duke’s Court Plaza a Woking. La scultrice Christine Charlesworth descrive così la sua opera: «La statua rappresenta Ethel Smyth con la sua gonna in tweed, nell’atto di dirigere entusiasta un’orchestra con la sua bacchetta. La giacca è semiaperta, le braccia tengono il ritmo e gli occhi sono pieni di concentrazione. Nella tasca tiene un foglio di carta sempre pronto per appuntare nuove idee per la sua musica o note per un nuovo libro».

 La statua di Ethel Smith a Woking, Regno Unito

Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Elle craignait que sa musique meure avec elle et que son héritage musical soit perdu. Et peut-être cela est arrivé, mais maintenant elle est en train de resurgir ». La musicienne Leah Broad commente ainsi la figure d’Ethel Smyth, compositrice, écrivain et suffragette anglaise qui fut largement acclamée pour ses œuvres et ses talents artistiques.

Né le 22 avril 1858 à Sidcup dans le comté de Kent, en Angleterre, elle se montre dès son plus jeune âge intéressé par le monde de la musique. Son père, général de l’armée, s’oppose catégoriquement à ses aspirations, mais avec les années, il est contraint de céder face à la ténacité de sa fille, qui arrive même à s’enfermer dans sa chambre et à refuser la nourriture, pour se voir reconnaître la possibilité de se réaliser dans ce qu’elle aime. À 17 ans, elle commence à étudier avec le musicien Alexander Ewing qui lui présente les œuvres de Wagner et Berlioz, et deux ans plus tard, elle s’installe à Leipzig, en Allemagne, où elle s’inscrit au conservatoire, qu’elle abandonne rapidement parce qu’elle estime que le niveau d’enseignement est trop bas. Malgré sa déception initiale, Ethel n’abandonne pas son rêve et décide de prendre des leçons privées avec Heinrich von Herzogenberg, compositeur, pianiste talentueux et directeur du Bach-Verein de Leipzig qui, avec sa femme, l’introduit dans son cercle. Le 26 janvier 1884, elle fait ses débuts en tant que compositrice de musique de chambre et elle est la première femme à fouler la scène du Metropolitan House Opera de New York, mais les opinions sur ses talents artistiques démontrent rapidement le double standard d’évaluation réservé aux femmes. Il est en effet impossible pour la critique du temps de considérer son travail en se basant uniquement sur les mélodies entendues et Ethel finit par être jugée non pas comme artiste, mais comme femme. Lorsqu’elle joue avec de la musique pressante, puissante et rythmique, elle est accusée d’être trop masculine et de ne pas avoir la touche féminine ; lorsqu’elle présente des morceaux délicats et mélodieux, elle est accusée de ne pas être à la hauteur de ses collègues masculins.

L’une de ses œuvres les plus importantes est The Wreckers, définie comme une composition féministe car elle vise à faire entendre la voix des femmes: en effet, le personnage principal est une femme qui cherche à se libérer des contraintes qui lui sont imposées par la société. Le style mélodique et le langage harmonieux et pressant attirent les spectateurs et les spectatrices, intrigués par l’évolution du trame. En 1910, elle embrasse le mouvement des suffragettes et compose spécialement pour l’extrait de la chanson The March of Women, qui deviendra l’hymne des féministes dans leurs batailles pour le droit de vote. En mars 1912, elle répond à l’appel d’Emmeline Pankhurst et, avec une centaine d’activistes, lance des pierres contre les fenêtres des parlementaires opposés à l’extension du droit de vote aux femmes. Ethel choisit la maison du secrétaire Lewis Harcourt, qui se moquait des suffragettes, affirmant que si toutes les femmes étaient belles et sages comme sa femme, il n’y aurait aucun problème à leur accorder le droit de vote. Ce soir-là, plusieurs manifestants, dont Ethel Smyth et Emmeline Pankhurst, sont arrêtés et transférés à la prison de Holloway, où ils resteront environ deux mois. Lorsque son ami musicien et chef d’orchestre Thomas Beecham se rend en prison pour lui rendre visite, il assiste à la marche des suffragettes sur les notes de leur hymne, tandis qu’Ethel en personne dirige la mélodie depuis la cellule avec une brosse à dents.

En raison de l’aggravation de sa surdité à l’âge adulte, en plus de la musique, elle se consacre également à l’écriture et rédige entre 1919 et 1940 une dizaine de textes, presque tous autobiographiques. Dans son livre Female Pipings in Eden, elle décrit l’expérience carcérale en remarquant la beauté de se trouver en compagnie de femmes aussi différentes selon leur âge et leur origine sociale, mais unies par le même amour pour la liberté et l’égalité. Au début de la Grande Guerre, elle se rend à Vichy, en France, où elle travaille en tant qu’infirmière et technique de radiologie, aidant les soldats blessés et mutilés, bien qu’elle soit contre toute forme de guerre. Dans les années 1920, sa popularité grandit et en 1922, elle est nommée Commendatrice de l’ordre de l’Empire britannique, devenant la première femme à recevoir le titre de Dame.

Ethel Smyth à Londres en 1912 lors d'une réunion de la WSPU

Sa personnalité est turbulente et refuse de se soumettre aux stricts préceptes de la société : elle ne se mariera jamais et ses amours seront presque toutes féminines. Sa relation intime avec Emmeline Pankhurst est bien connue et à l’âge de 71 ans elle connaît et s’éprend de l’écrivain Virginia Woolf qui commente : « nous sommes très différents, nos esprits sont totalement différents et c’est justement cela qui nous unit ». Leur lien intense durera jusqu’à la mort de Woolf en 1941. Dans une lettre à Henry Brewster, seul homme avec qui elle a une relation amoureuse, Ethel écrit : «Je me demande pourquoi il m’est d’autant plus facile d’aimer avec passion mon propre sexe...» En plus de la musique et de l’écriture, Ethel se consacre au sport et aux voyages. Elle pratique l’équitation, le tennis et le golf et elle est toujours accompagnée de ses chiens fidèles pour lesquels elle a un vrai dévouement.

En mai 1928, la BBC diffuse deux de ses concerts en direct national et, le jour de ses 75 ans, son travail est célébré au Royal Albert Hall en présence de la Reine, sous la direction de son ami Thomas Beecham. Malheureusement, au cours de ces années, Ethel est devenue complètement sourde et n’est pas en mesure d’apprécier sa propre musique ni d’entendre l’admiration de la foule venue pour elle. Elle meurt le 8 mai 1944 à Woking, en Angleterre, à l’âge de 86 ans, et Beecham se souvient d’elle avec ces mots : «C’était une créature têtue, indomptable, invincible. Rien ne pouvait la dompter, rien ne pouvait la décourager et jusqu’à son dernier jour, elle a conservé ces qualités extraordinaires ».

Le Dr Amy Zigler, professeur de musique et chercheuse au Salem College, étudie et analyse les œuvres d’Ethel Smyth depuis 2005, et voici ce qu’elle rapporte sur les défis quotidiens et la personnalité de la musicienne : «Pendant qu’elle construisait sa carrière, la plupart des commentaires ne portaient pas sur sa musique, mais sur son genre. Nombreux étaient ceux qui pensaient que les femmes n’étaient pas capables d’élaborer de la musique qui ait la même valeur que celle produite par les hommes. Elle a poursuivi ses passions à la fois dans la musique et dans la vie. Elle était ambitieuse et impudente. Elle n’avait pas peur de frapper à la porte d’un chef d’orchestre ou de casser les vitres de la maison d’un politicien : dans son esprit, les deux actions étaient nécessaires»

Le 8 mars 2022, à l’occasion de la Journée internationale de la femme, une statue lui a été dédiée dans la Duke’s Court Plaza à Woking. La sculptrice Christine Charlesworth décrit ainsi son œuvre : «La statue représente Ethel Smyth avec sa jupe en tweed, en train de diriger avec enthousiasme un orchestre avec sa baguette. La veste est à moitié ouverte, les bras tiennent le rythme et les yeux sont pleins de concentration. Dans sa poche, elle garde une feuille en papier toujours prête à épingler de nouvelles idées pour sa musique ou des notes pour un nouveau livre ».

La statue d'Ethel Smith à Woking, UK

Traduzione inglese

Syd Stapleton

"She was worried that her music would die with her and her musical legacy would be lost. And maybe that even happened, but now it's resurfacing." Musician Leah Broad thus comments on Ethel Smyth, an English composer, writer and suffragist who was widely acclaimed for her works and artistic gifts.

She was born on April 22, 1858, in Sidcup in the county of Kent, England, and from an early age showed an interest in the world of music. Her father, an army general, was adamantly opposed to her aspirations, but over the years he was forced to give in to his daughter's tenacity. She even went as far as locking herself in her room and refusing food in order to be given the chance to fulfill herself in what she loved. At 17, she began studying with musician Alexander Ewing, who introduced her to the works of Wagner and Berlioz, and two years later she moved to Leipzig, Germany, where she enrolled in the conservatory there, which she soon abandoned because she felt the level of instruction was too low. Despite her initial disappointment, Ethel didn’t shelve her dream and decided to take private lessons from Heinrich von Herzogenberg, a composer, gifted pianist and director of the Leipzig Bach-Verein, who, together with his wife, introduced her into their circle. On January 26, 1884, she made her debut as a chamber music composer, and later became the first woman composer to have an opera performed by the Metropolitan Opera in New York, but opinions about her artistic gifts soon demonstrated the double standard of evaluation reserved for women. Indeed, it proved impossible for critics of the time to consider her work based solely on the melodies heard, and Ethel ended up being judged not as an artist but as a woman. When she performed urgent, powerful and rhythmic music she was accused of being too masculine and lacking the feminine touch. When she presented delicate and melodious pieces she was accused of not being equal to her male colleagues.

One of her most important works is The Wreckers, called a feminist composition because it aims to bring women's voices to the forefront - the main character is a woman trying to free herself from the constraints imposed on her by society. The style is melodic and harmonious, and compelling language attracted spectators and onlookers, who were intrigued to learn about the plot's development. In 1910 she embraced the suffragist movement and composed specifically for the cause the song The March of Women, which would become the anthem of feminists in their battles for the right to vote. In March 1912, she answered Emmeline Pankhurst's call and, together with a hundred activists, threw stones through the windows of MPs opposed to extending the right to vote to women. Ethel chose the home of Secretary Lewis Harcourt, who had mocked the suffragists, saying that if all women were as beautiful and wise as his wife, he would have no problem granting them the right to vote. That very evening, several protesters, including Ethel Smyth and Emmeline Pankhurst, were arrested and transferred to Holloway Prison, where they would remain for about two months. When her close friend, musician and conductor Thomas Beecham, traveled to the jail to visit them, he watched the suffragists march to the notes of their anthem, while Ethel herself conducted the tune from her cell with a toothbrush.

Because of the worsening deafness that plagued her in adulthood, she turned to writing in addition to music, and between 1919 and 1940 she penned a dozen texts, almost all of them autobiographical. In her book Female Pipings in Eden she described her prison experience, remarking on the beauty of being in the company of women so different in age and social background, but united by the same love of freedom and equality. At the outbreak of the World War I she went to Vichy, France, where she served as a nurse and radiology technician, helping wounded and maimed soldiers, despite being opposed to any form of warfare. In the 1920s her popularity grew, and in 1922 she was made a Commander of the Most Excellent Order of the British Empire, becoming the first woman to be awarded the title of Dame.

Ethel Smyth in London in 1912 during a WSPU meeting

Her personality was turbulent and she refused to submit to the strict dictates of society. She never married and her loves were almost all female. Her intimate relationship with Emmeline Pankhurst is well known, and at the age of 71 she met and fell in love with the writer Virginia Woolf, who commented, "we are very different, our minds are totally different, and that is what unites us." Their intense bond would last until Woolf's death in 1941. In a letter to Henry Brewster, the only man with whom she had a romantic relationship, Ethel wrote, "I wonder why I find it so much easier to passionately love my own sex..." In addition to music and writing, Ethel devoted herself to sports and travel. She practiced horseback riding, tennis and golf and was always accompanied by her faithful dogs for whom she had a true dedication.

In May 1928 the BBC broadcast two of her concerts live nationwide, and on her seventy-fifth birthday her work was celebrated at the Royal Albert Hall in the presence of the Queen, under the direction of her friend Thomas Beecham. Unfortunately, by those years Ethel has become completely deaf and was unable either to appreciate her own music or to hear the admiration of the crowd that had come for her. She died on May 8, 1944, in Woking, England, at the age of 86, and Beecham remembered her in these words, "She was a stubborn, indomitable, invincible creature. Nothing could tame her, nothing could deter her, and until her last day she retained these extraordinary qualities."

Dr. Amy Zigler, a music teacher and researcher at Salem College, has been studying and analyzing Ethel Smyth's works since 2005, and this is what she reports on the musician's daily challenges and personality: "As she was building her career, much of the commentary was not about her music, but about her gender. There were many who believed that women were not capable of producing music that had the same value as that produced by men. She followed her passions both in music and in life. She was ambitious and impudent. She was not afraid to knock on a conductor's door or break the glass of a politician's house - in her mind both were necessary actions."

On March 8, 2022, International Women's Day, a statue placed in Duke's Court Plaza in Woking was dedicated to her. Sculptor Christine Charlesworth describes her work as follows, "The statue depicts Ethel Smyth in her tweed skirt, in the act of enthusiastically conducting an orchestra with her baton. Her jacket is half-open, her arms hold the rhythm and her eyes are full of concentration. In her pocket she keeps a sheet of paper always ready to jot down new ideas for her music or notes for a new book."

The Ethel Smith statue in Woking, UK

Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

«Le preocupaba que su música muriera con ella y se perdiera su patrimonio musical. Quizá sucedió, pero ahora está resurgiendo». Así la música Leah Broad comenta la figura de Ethel Smyth, compositora, escritora y sufragista inglesa ampliamente aclamada por sus obras y sus dotes artísticas.

Nació el 22 de abril de 1858 en Sidcup en el condado de Kent (Inglaterra) y se interesó por el mundo de la música desde una edad muy temprana. Su padre, un general del ejército, se opuso rotundamente a sus aspiraciones, pero años después se vio obligado a ceder frente a la tenacidad de su hija, quien incluso llegó a encerrarse en su habitación rechazando la comida para que se le reconociera la posibilidad de realizarse en lo que amaba. A los 17 años comenzó a estudiar con el músico Alexander Ewing, quien le introdujo las obras de Wagner y Berlioz. Dos años después se trasladó a Leipzig (Alemania) donde ingresó en el Conservatorio que pronto abandonó por el bajo nivel de enseñanza. A pesar de la decepción inicial, Ethel no dejó su sueño y decidió acudir a clases con Heinrich von Herzogenberg, compositor, pianista talentoso y director de Bach-Verein de Leipzig, quien, junto a su esposa, la introdujo en su círculo. El 26 de enero de 1884 debutó como compositora de música de cámara y fue la primera mujer en subir al escenario de la Metropolitan House Opera de Nueva York, pero las opiniones sobre sus dotes artísticas mostraron rápidamente la doble evaluación que recibían las mujeres. En efecto, para los críticos de su época resultaba imposible considerar sus obras teniendo únicamente en cuenta las melodías escuchadas, de modo que Ethel se vio juzgada no como artista, sino como mujer. Cuando actuaba con músicas rápidas, poderosa y rítmicas la acusaban de ser demasiado masculina y de no tener un toque femenino; en cambio, cuando presentaba canciones delicadas y melodiosas la acusaban de no estar a la altura de otros colegas suyos varones.

Una de sus obras más importantes es The Wreckers, la cual fue definida como una composición feminista, porque tuvo como objetivo poner la voz de las mujeres en primer plano: en efecto, la figura principal es una mujer que intenta liberarse de las constriciones que le impone la sociedad. El estilo melódico y el lenguaje armónico y rápido atrae a las espectadoras y a los espectadores, intrigados por saber la trama. En 1910, abrazó el movimiento sufragista y compuso especialmente para la causa la canción The March of Women (La Marcha de las mujeres), que se convirtió en el himno feminista en la lucha de las mujeres por el derecho al voto. En marzo de 1912 respondió a la llamada de Emmeline Pankhurst y junto a un centenar de activistas lanzaron piedras a las ventanas de los parlamentarios contrarios al sufragio femenino. Ethel eligió la casa del secretario Lewis Harcourt, quien se había burlado de las sufragistas y había afirmado que si todas las mujeres hubieran sido tan hermosas y sabias como su esposa, no hubiera tenido problemas en concederles el derecho al voto. Esa misma noche, varias manifestantes, entre ellas Ethel Smyth y Emmeline Pankhurst, fueron apresadas y llevadas a la cárcel de Holloway, donde permanecieron dos meses. Cuando su amigo Thomas Beecham, músico y director de orquesta, las visitó en la cárcel, asistió a la marcha de las sufragistas bajo las notas de su himno, cuya melodía dirigía Ethel desde su celda con un cepillo de dientes.

Debido al empeoramiento de la sordera que la afectó en la edad adulta, aparte de la música, se dedicó también a la escritura y, entre 1919 y 1940, redactó una decena de textos, casi todos autobiográficos. En su libro Female Pipings in Eden describió su experiencia en la prisión destacando la hermosura de estar en compañía de otras mujeres de diferentes edades y orígenes, pero unidas por el mismo amor a la libertad y a la igualdad. Al estallar la primera guerra mundial se fue a Vichy, Francia, donde prestó servicio como enfermera y radióloga para ayudar a los soldados heridos y mutilados, aunque se opusiera a cualquier forma de guerra. En los años Veinte su popularidad creció y en 1922 fue nombrada Comendadora de la Excelentísima Orden del Imperio Británico y fue la primera mujer en recibir el ítulo de Dama.

Ethel Smyth en Londres en 1912 durante una reunión de la WSPU

Su personalidad fue turbulenta y se negó a someterse a las rígidas normas de la sociedad: nunca se casó y sus amores fueron casi todos femeninos. Era bien conocida su íntima relación con Emmeline Pankhurst y a los 71 años conoció a la escritora Virginia Woolf, de la que se enamoró y de quien dijo: «Somos muy diferentes, nuestras mentes son muy distintas y eso es lo que nos une». Su intensa relación duró hasta la muerte de Woolf que tuvo lugar en 1941. En una carta a Henry Brewster, el único hombre con quien tuvo una relación sentimental, Ethel escribió : «Quisiera saber por qué me resulta tan fácil amar a mi propio sexo apasionadamente...». Además de a la música y a la escritura, Ethel se dedicó al deporte y a los viajes. Practicó el deporte ecuestre, el tenis y el golf, siempre acompañada por sus fieles perros, por los que tuvo una verdadera pasión.

En mayo de 1928, la BBC transmitió dos de sus conciertos en toda la nación y cuando cumplió setenta y cinco años su obra se celebró en la Royal Halbert Hall frente a la Reina, bajo la dirección de su amigo Thomas Beecham. Por desgracia, en aquellos años Ethel ya era completamente sorda y no pudo apreciar su propia música ni sentir la admiración de la multitud que había ido a verla. Murió el 8 de mayo de 1944 en Woking (Inglaterra) a los ochenta y seis años. Beecham la recordó con estas palabras: «Era una criatura testaruda, indomable, imbatible. Nada podía domarla, nada podía desmoralizarla y hasta el último día mantuvo dichas extraordinarias cualidades».

Amy Zigler, profesora de música, investigadora en el Salem College, estudia y analiza las obras de Ethel Smyth desde 2005 y sobre los desafíos diarios y la personalidad de la música afirma lo siguiente: «Mientras construía su carrera, la mayoría de los comentarios no eran sobre su música, sino sobre su género. Mucha gente creía que las mujeres no eran capaces de componer música del mismo valor que la producida por los hombres. Persiguió sus pasiones tanto en la música como en su vida. Era ambiciosa e impudente. No tenía miedo de llamar a la puerta de un director de orquesta o de romper las ventanas de la casa de un político: en su mente ambas eran acciones necesarias».

El 8 de marzo de 2022, en el Día Internacional de la Mujer, le dedicaron una estatua en la Duke’s Court Plaza en Woking. La escultora Christine Charlesworth la describió así: «La estatua representa a Ethel Smyth con su falda de tweed en el acto de dirigir con entusiasmo la orquesta con su batuta. La chaqueta está semiabierta, los brazos llevan el compás y los ojos están llenos de concentración. En el bolsillo tiene una hoja de papel siempre lista para apuntar nuevas ideas para su música o tomar apuntes para su nuevo libro».

La estatua de Ethel Smith en Woking, UK

 

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