Dagmar Olrik
Chiara Baldini
Giulia Canetto
Se siete appassionate/i di arti tessili e figurative, la conoscenza della figura di Dagmar Olrik vi regalerà qualche bella emozione, accompagnata ahimè però da altrettanti imbarazzi. A iniziare dal fatto che, inserendo il suo nome su Wikipedia, sarete accolte/i da questa precisa frase: «Dagmar Olrik (1860-1932) è stato un pittore e artista di arazzi danese». Benissimo. Tutto esatto, fuorché un piccolo, insignificante dettaglio: Dagmar, in danese, è un nome femminile e la nostra straordinaria artista non era affatto un pittore, ma una pittrice, tessitrice, decoratrice, artista e chi più ne ha più ne metta. Un’artista a tutto tondo, insomma, un genio assoluto di testa e di mani. Una delle tantissime anime grandi, intelligenze folgoranti, cancellate con una semplice E in fondo al sostantivo dalla storia della cultura. Eh no, cari/e signori/e, sarà davvero il caso di restituire a ciascuna/o i propri meriti e ad altri le proprie responsabilità. Iniziando, ovviamente, dalla consultazione di siti e pagine web più affidabili e approfondite di Wikipedia, che ogni tanto ci trascina in scivoloni di stile e di contenuti di cui sarebbe opportuno riuscire a fare a meno.
![]() |
Conosciamo allora un pochino meglio Dagmar Olrik, figlia primogenita di una famiglia benestante della Copenaghen del XIX secolo, nata nel 1860. Una ragazzina certamente fortunata, poiché nonostante il numero ragguardevole di fratelli e sorelle (ben sei, tutti nati e nate dopo di lei), ebbe in sorte genitori tanto illuminati da far studiare e crescere culturalmente tutti i loro figli e le loro figlie, secondo le relative inclinazioni. Il padre, Henrik Benedictus Olrik, era un quotato pittore, esperto non soltanto dell’arte del pennello, ma anche di scultura e di lavorazione della porcellana. La madre, Hermina Valentiner, apparteneva anch’essa a una famiglia altoborghese e visse per quasi ottant’anni immersa in un ambiente familiare ricco di cultura e arte, ma insieme di lavoro e apprendimento, cui diede certamente in prima persona il proprio contributo. Dopo aver trascorso un anno nel prestigioso Collegio d'arte femminile di Tegne-og Kunstindustriskolen for Kvinder, nel 1879 Dagmar, che mostrava un talento e una passione fuori dal comune, iniziò un percorso di crescita artistica e tecnica sotto la guida attenta e amorevole di suo padre e, successivamente, del pittore Viggo Pedersen, amico di famiglia, valente paesaggista e conoscitore profondo dell’arte europea, soprattutto di stampo impressionista. Pedersen, oltre ad aver studiato per sette anni all’Accademia delle Belle Arti, aveva anch’egli imparato il mestiere dal padre e seppe instaurare con la sua allieva un legame di tipo paterno, insegnandole con grande efficacia le tecniche del colore e dell’immagine.
![]() |
![]() |
![]() |
Fattoria con polli | Natura morta con crescione indiano, 1850 |
Una mattina di Settembre nel giardino di Haveselskabet
|
Dagmar divenne in breve tempo così abile nella pittura, da riuscire a esporre le sue opere per la prima volta a Charlottenborg nel 1893, un fatto eccezionale per una donna a fine Ottocento. La mostra fu tanto apprezzata, che nel corso degli anni successivi le fu chiesto più volte di esporre di nuovo lì le sue opere. Tuttavia, tre anni dopo, furono gli arazzi a diventare l'interesse principale di Dagmar, già dal 1896, quando creò un quadro intrecciato sulla base di un cartone creato da Johanne Frimondt. Da un’artista all’altra, quindi, nel reciproco riconoscimento dei rispettivi talenti, le donne di Danimarca stavano dando vita a una vera rivoluzione al femminile nel campo delle arti figurative. Consiglio a tutte e tutti di cercare nel Web i dipinti di Johanne Frimondt. Vi ci vorrà un pochino di pazienza, perché si trova solo materiale in lingua danese, ma non occorre certo essere poliglotte/i per cogliere immediatamente la bellezza dei paesaggi di questa semi sconosciuta, eppure incredibilmente talentuosa, pittrice del XIX secolo. Certamente le splendide linee e il senso delicato del colore non sfuggirono a Dagmar, che scelse proprio un dipinto di Johanne per iniziare a cimentarsi in quella che sarebbe diventata la forma d’arte più importante della sua vita.
Spinta dal desiderio costante di imparare e animata da un profondissimo desiderio di conoscenza, decide, nel 1900, di intraprendere un viaggio-studi in giro per l'Europa, l'occasione che doveva cambiare per sempre la sua esistenza e offrirle l’opportunità di dar lustro al proprio talento. Fu proprio in Italia, infatti, che apprese l'arte della tessitura e della creazione di arazzi, soprattutto a Roma e a Firenze. Ne fu talmente folgorata, che gettò tutta sé stessa nello studio della tecnica del nodo e della produzione tessile. Due anni dopo, nel 1902, ormai abilissima, divenne capo del laboratorio di tessitura di arazzi nel municipio di Copenaghen. Lì, su iniziativa del fratello Axel, iniziò a decorare le sale del Municipio con arazzi basati sulla storia della Danimarca di Fabricius (Johann Albert Fabricius, vissuto a cavallo tra Sei e Settecento, è considerato il fondatore della storiografia nell'ambito della letteratura latina e greca). L'incarico durò ben 18 anni e la produzione contò decine di opere dalle dimensioni ragguardevoli e dal valore artistico inestimabile. Intraprese anche lavori di riparazione e ristrutturazione di antichi arazzi per il Museo Nazionale, per l'Università di Copenaghen e per diverse case padronali. Dagmar Olrik divenne così indiscussa protagonista della rinascita dell'interesse danese per l'arte dell'arazzo, che andava ormai perdendosi anche a causa della precisione richiesta da questa forma espressiva estremamente complessa.
![]() |
Dagmar Olrik con un assistente a Copenhagen |
Sempre attenta alla necessità di tramandare le forme artistiche da una generazione all’altra, formò un certo numero di studenti e soprattutto studentesse, affinché la assistessero nel suo lavoro e insieme avessero la possibilità di seguire le proprie passioni e inclinazioni con competenza. Sul Web è disponibile una bellissima fotografia in bianco e nero che ritrae Dagmar, ormai canuta, nel suo laboratorio, mentre assiste al lavoro di due apprendiste, chine sugli intrecci. Sullo sfondo una grande finestra fa entrare nel vasto salone un po’ di luce naturale, mentre l’insegnante tiene la mano sinistra appoggiata a un grosso arazzo, ancora incompleto, incorniciato da un pannello di legno a tutta parete. Alle sue spalle un altro grande pannello rappresenta una scena di battaglia, con spade sguainate, soldati, fiamme. In primo piano, sulla sinistra di chi guarda, le mani di una ragazza, che appaiono bianche e delicate e insieme forti e capaci. Proprio come lei, probabilmente. E come tutte le donne che hanno saputo, grazie al loro indomabile coraggio e all’immenso talento, fare la storia. Ed è proprio questo che accadeva nel laboratorio di Dagmar Olrik: nel ricostruire, un nodo alla volta, fotogrammi del passato danese, le apprendiste impegnate nella tessitura stavano scrivendo la storia vera, quella fatta di lavoro e di impegno, di intelligenza femminile e di arte del sapere e del saper fare. Ieri come oggi.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
Si vous êtes passionné/e par les arts textiles et figuratifs, découvrir la figure de Dagmar Olrik vous procurera de belles émotions, accompagnées, hélas, de quelques embarras. À commencer par le fait qu'en recherchant son nom sur Wikipédia, vous serez accueilli/e par cette phrase précise: «Dagmar Olrik (1860-1932) était un peintre et artiste de tapisseries danois.» Très bien. Tout est exact, sauf un petit détail insignifiant: Dagmar, en danois, est un prénom féminin, et notre artiste extraordinaire n’était en aucun cas un peintre, mais bien une peintre, tisserande, décoratrice, artiste et bien plus encore. Une artiste complète, un véritable génie de l’esprit et des mains. Une des innombrables grandes âmes, des intelligences fulgurantes, effacées de l’histoire de la culture par une simple lettre à la fin d’un mot. Eh bien non, chers et chères lecteur/rice)s, il est vraiment temps de rendre à chacun/e ses mérites et à d’autres leurs responsabilités. En commençant, bien sûr, par la consultation de sites et de pages web plus fiables et approfondis que Wikipédia, qui nous entraîne parfois dans des faux pas de style et de contenu dont il vaudrait mieux se passer.
![]() |
Apprenons donc à mieux connaître Dagmar Olrik, fille aînée d’une famille aisée de Copenhague au XIXe siècle, née en 1860. Une enfant certainement chanceuse, car malgré le nombre impressionnant de frères et sœurs (six, tous nés après elle), elle a eu la chance d’avoir des parents assez éclairés pour offrir à tous leurs enfants une éducation et une culture en accord avec leurs inclinations. Son père, Henrik Benedictus Olrik, était un peintre réputé, expert non seulement dans l’art du pinceau, mais aussi dans la sculpture et le travail de la porcelaine. Sa mère, Hermina Valentiner, appartenait également à une famille de la haute bourgeoisie et vécut près de quatre-vingts ans dans un environnement familial riche en culture et en art, mais aussi en travail et en apprentissage, auquel elle contribue certainement en première ligne. Après avoir passé une année dans le prestigieux Collège d’art féminin Tegne- og Kunstindustriskolen for Kvinder, en 1879, Dagmar, qui montrait un talent et une passion hors du commun, entame un parcours de formation artistique et technique sous la direction attentive et bienveillante de son père, puis du peintre Viggo Pedersen, un ami de la famille, paysagiste talentueux et fin connaisseur de l’art européen, en particulier de l’impressionnisme. Pedersen, qui avait étudié pendant sept ans à l’Académie des Beaux-Arts et appris son métier auprès de son propre père, établit avec son élève un lien de type paternel, lui enseignant avec efficacité les techniques de la couleur et de l’image.
![]() |
![]() |
![]() |
Ferme avec des poules | Nature morte avec cresson indien, 1850 |
Un matin de septembre dans le jardin de Haveselskabet
|
En peu de temps, Dagmar développe une grande maîtrise de la peinture, si bien qu’elle put exposer ses œuvres pour la première fois à Charlottenborg en 1893, un fait exceptionnel pour une femme à la fin du XIXe siècle. L’exposition a été tellement appréciée que, dans les années suivantes, elle a reçu plusieurs invitations pour y présenter à nouveau ses œuvres. Cependant, trois ans plus tard, c'étaient les tapisseries qui capturaient son intérêt principal. Dès 1896, elle a créé une œuvre tissée sur la base d’un carton dessiné par Johanne Frimondt. D’une artiste à une autre, dans une reconnaissance mutuelle de leurs talents respectifs, les femmes du Danemark donnaient naissance à une véritable révolution féminine dans le domaine des arts figuratifs. Je vous conseille vivement de rechercher sur Internet les peintures de Johanne Frimondt. Il faudra faire preuve d’un peu de patience, car le matériel disponible est uniquement en danois, mais il n’est pas nécessaire d’être polyglotte pour saisir immédiatement la beauté des paysages de cette artiste du XIXe siècle, à la fois méconnue et incroyablement talentueuse. Dagmar ne manqua certainement pas d’apprécier ces magnifiques lignes et ce sens délicat de la couleur, au point de choisir précisément une peinture de Johanne pour commencer à explorer ce qui allait devenir la forme d’art la plus importante de sa vie.
Poussée par un désir constant d’apprendre et animée par une soif profonde de connaissance, elle prend en 1900 la décision d’entreprendre un voyage d’étude à travers l’Europe, une expérience qui devait bouleverser son existence et lui offrir l’opportunité de mettre son talent en lumière. C’est en Italie qu’elle découvre l’art du tissage et de la création de tapisseries, notamment à Rome et à Florence. Elle en est tellement fascinée qu’elle se consacre entièrement à l’étude des techniques du nouage et de la production textile. Deux ans plus tard, en 1902, désormais experte, elle prend la tête de l’atelier de tapisserie de l’hôtel de ville de Copenhague. Là, sous l’impulsion de son frère Axel, elle se lance dans la décoration des salles municipales avec des tapisseries inspirées de l’histoire du Danemark de Fabricius (Johann Albert Fabricius, historien du tournant des XVIIe et XVIIIe siècles, considéré comme le fondateur de l’historiographie dans le domaine de la littérature latine et grecque). Cette mission dure dix-huit ans et aboutit à la création de dizaines d’œuvres de grandes dimensions et d’une valeur artistique inestimable. Elle entreprend également des travaux de restauration et de réparation de tapisseries anciennes pour le Musée National, l’Université de Copenhague et plusieurs demeures aristocratiques. Dagmar Olrik devient ainsi l’indiscutable figure de proue de la renaissance de l’intérêt danois pour l’art de la tapisserie, une tradition en voie de disparition en raison de la précision extrême exigée par cette forme d’expression particulièrement complexe.
![]() |
Dagmar Olrik avec un assistant à Copenhague |
Toujours soucieuse de transmettre les savoirs artistiques d’une génération à l’autre, elle forme un certain nombre d’élèves, surtout des jeunes femmes, qui les assistent dans son travail et peuvent ainsi suivre leurs passions et développer leurs compétences. Sur Internet, il est possible de trouver une magnifique photographie en noir et blanc représentant Dagmar, déjà âgée et aux cheveux blancs, dans son atelier, observant le travail de deux apprenties penchées sur leurs métiers à tisser. À l’arrière-plan, une grande fenêtre laisse entrer un peu de lumière naturelle dans la vaste salle, tandis que l’enseignante repose sa main gauche sur une immense tapisserie encore inachevée, encadrée par un panneau de bois couvrant tout le mur. Derrière elle, un autre panneau représente une scène de bataille, avec des épées dégainées, des soldats et des flammes. Au premier plan, sur la gauche, on distingue les mains d’une jeune femme, à la fois blanches et délicates, mais aussi fortes et habiles. Probablement à l’image de Dagmar elle-même. Et de toutes ces femmes qui, grâce à leur courage indomptable et à leur immense talent, ont fait l’Histoire. C’est précisément ce qui se passait dans l’atelier de Dagmar Olrik: en reconstruisant, un nœud à la fois, des fragments du passé danois, les apprenties en train de tisser écrivaient la véritable histoire, celle qui se nourrit de travail et d’effort, d’intelligence féminine et de l’art du savoir et du savoir-faire. Hier comme aujourd’hui.
Traduzione spagnola
Francesco Rapisarda
Si les apasionan las artes textiles y figurativas, conocer la figura de Dagmar Olrik les regalará algunas hermosas emociones, aunque, lamentablemente, también hechos embarazosos como la versión italiana de Wikipedia que la transforma en un pintor (pittorE). Perfecto. Todo correcto, salvo un pequeño e insignificante detalle: Dagmar, en danés, es un nombre femenino y nuestra extraordinaria artista no era en absoluto un pintor, sino una pintora, tejedora, decoradora, artista y mucho más. En definitiva, una artista de pies a cabeza, un genio absoluto tanto de mente como de manos. Una de esas tantísimas almas grandiosas, inteligencias deslumbrantes, borradas de la historia de la cultura con una simple letra final que las masculiniza. Pues no, queridas/os señoras/es, es realmente el momento de devolver a cada persona sus méritos y a otros sus responsabilidades. Empezando, por supuesto, por consultar sitios y páginas web más fiables y detalladas que Wikipedia, que de vez en cuando nos arrastra a deslices de estilo y contenido de los que sería mejor prescindir.
![]() |
Entonces, conozcamos un poco mejor a Dagmar Olrik, la hija primogénita de una familia acomodada de la Copenhague del siglo XIX, nacida en 1860. Una niña ciertamente afortunada, ya que, a pesar del considerable número de hermanos y hermanas (nada menos que seis, todos nacidos después de ella), tuvo la suerte de contar con unos padres lo suficientemente ilustrados como para permitir que todas sus hijas e hijos recibieran educación y crecieran culturalmente según sus respectivas inclinaciones. Su padre, Henrik Benedictus Olrik, era un pintor de renombre, experto no solo en el arte del pincel, sino también en escultura y en el trabajo de la porcelana. Su madre, Hermina Valentiner, también pertenecía a una familia de la alta burguesía y vivió casi ochenta años en un entorno familiar rico en cultura y arte, pero también en trabajo y aprendizaje, al que sin duda contribuyó personalmente. Después de pasar un año en el prestigioso Colegio de Arte Femenino Tegne-og Kunstindustriskolen for Kvinder, en 1879 Dagmar, quien mostraba un talento y una pasión fuera de lo común, inició un camino de crecimiento artístico y técnico bajo la atenta y afectuosa guía de su padre y, posteriormente, del pintor Viggo Pedersen, amigo de la familia, destacado paisajista y profundo conocedor del arte europeo, especialmente de influencia impresionista. Pedersen, además de haber estudiado durante siete años en la Academia de Bellas Artes, también había aprendido el oficio de su padre y logró establecer con su alumna un vínculo de tipo paternal, enseñándole con gran eficacia las técnicas del color y la imagen.
![]() |
![]() |
![]() |
Granja con gallinas | Bodegón con berro indio, 1850 |
Una mañana de septiembre en el jardín de Haveselskabet
|
Dagmar se volvió tan hábil en la pintura en poco tiempo que, en 1893, logró exponer sus obras por primera vez en Charlottenborg, un hecho excepcional para una mujer a finales del siglo XIX. La muestra fue tan apreciada que, en los años siguientes, le solicitaron en varias ocasiones que volviera a exhibir allí sus obras. Sin embargo, tres años después, los tapices se convirtieron en el interés principal de Dagmar, ya desde 1896, cuando creó una obra entretejida basada en un cartón diseñado por Johanne Frimondt. Por tanto, de una artista a otra, en un reconocimiento mutuo de sus respectivos talentos, las mujeres de Dinamarca estaban dando vida a una verdadera revolución femenina en el campo de las artes figurativas. Recomiendo a todas y todos buscar en la web las pinturas de Johanne Frimondt. Hará falta un poco de paciencia, ya que solo se encuentra material en danés, pero no es necesario ser políglota para captar de inmediato la belleza de los paisajes de esta pintora del siglo XIX, casi desconocida y, sin embargo, increíblemente talentosa. Sin duda, las espléndidas líneas y el delicado sentido del color no le pasaron desapercibidos a Dagmar, quien eligió precisamente una pintura de Johanne para comenzar a adentrarse en lo que se convertiría en la forma de arte más importante de su vida.
En 1900, impulsada por el constante deseo de aprender y animada por un profundo anhelo de conocimiento, decidió emprender un viaje de estudios por Europa, una oportunidad que cambiaría para siempre su existencia y le ofrecería la posibilidad de dar brillo a su talento. Fue precisamente en Italia donde aprendió el arte de la tejeduría y la creación de tapices, especialmente en Roma y Florencia. Se sintió tan cautivada por ello que se entregó por completo al estudio de la técnica del nudo y la producción textil. Dos años después, en 1902, ya sumamente hábil, obtuvo el cargo de directora del taller de tapicería del municipio de Copenhague. Allí, por iniciativa de su hermano Axel, comenzó a decorar las salas del Ayuntamiento con tapices basados en la historia de Dinamarca según Fabricius (Johann Albert Fabricius, que vivió entre los siglos XVII y XVIII, es considerado el fundador de la historiografía en la literatura latina y griega). El cargo duró 18 años y la producción incluyó decenas de obras de grandes dimensiones y un valor artístico incalculable. También emprendió trabajos de reparación y restauración de antiguos tapices para el Museo Nacional, la Universidad de Copenhague y varias casas señoriales. Dagmar Olrik se convirtió en la indiscutida protagonista del renacimiento del interés danés por el arte del tapiz, que ya comenzaba a perderse debido a la precisión requerida por esta forma de expresión extremadamente compleja.
![]() |
Dagmar Olrik con un asistente en Copenhague |
Siempre atenta a la necesidad de transmitir las formas artísticas de una generación a otra, formó a un cierto número de estudiantes y, sobre todo, de mujeres, para que la asistieran en su trabajo e, inclusive, pudieran seguir sus pasiones e inclinaciones con competencia. En la web se puede ver una hermosa fotografía en blanco y negro que retrata a Dagmar, ya canosa, en su taller, mientras observa el trabajo de dos aprendices, inclinadas sobre los entrelazados. En el fondo, una gran ventana deja entrar algo de luz natural al amplio salón, mientras la maestra tiene la mano izquierda apoyada sobre un gran tapiz, aún incompleto, enmarcado por un panel de madera que ocupa toda la pared. Detrás de ella, otro gran panel representa una escena de batalla, con espadas desenvainadas, soldados y llamas. En primer plano, a la izquierda de quien mira, las manos de una joven, que parecen blancas y delicadas y, al mismo tiempo, fuertes y capaces. Probablemente, como ella. Y como todas las mujeres que, gracias a su indomable coraje y su inmenso talento, hicieron la historia. Y eso es precisamente lo que ocurría en el taller de Dagmar Olrik: al reconstruir, nudo por nudo, fotogramas del pasado danés, las aprendices que se dedicaban a la tejeduría estaban escribiendo la verdadera historia, la que se basa en el trabajo y el esfuerzo, en la inteligencia femenina y en el arte del saber y del saber hacer. Tanto ayer como hoy.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
If you are a lover(s) of textile and figurative arts, knowledge of the figure of Dagmar Olrik will give you some good excitement, accompanied alas, however, by just as many embarrassments. Starting with the fact that, upon entering her name on Italian Wikipedia, you will be greeted by this exact sentence: "Dagmar Olrik (1860-1932) è stato un pittore e artista di arazzi danese." Very good. All correct, except for one small, insignificant detail - Dagmar, in Danish, is a feminine name, and our remarkable artist was not a male painter at all, but a female painter, weaver, decorator, artist, you name it. A well-rounded artist, in short, an absolute genius of head and hands. One of the many great souls, dazzling intelligences, erased with a simple E (“pittore”) at the end of the noun from the history of culture. Eh no, dear ladies and gentlemen, it will indeed be a case of giving back to each of them their merits and to others their responsibilities. Beginning, of course, by consulting more reliable and in-depth sites and web pages than Italian Wikipedia, which occasionally drags us into slips of style and content that we should be able to do without.
![]() |
Let us then get to know Dagmar Olrik a little better, the eldest daughter of a wealthy family in 19th-century Copenhagen, born in 1860. She was certainly a lucky little girl, for despite the considerable number of brothers and sisters (as many as six, all of whom were born and born after her), she was blessed with such enlightened parents that all their sons and daughters were educated and culturally raised according to their relative inclinations. The father, Henrik Benedictus Olrik, was a notable painter, skilled not only in the art of the brush but also in sculpture and porcelain work. Her mother, Hermina Valentiner, also belonged to an upper-class family and lived for nearly eighty years immersed in a family environment rich in culture and art, but at the same time in work and learning, to which she certainly made her own contribution. After spending a year at the prestigious Tegne-og Kunstindustriskolen for Kvinder's Women's Art College, in 1879 Dagmar, who displayed an uncommon talent and passion, began a path of artistic and technical growth under the careful and loving guidance of her father and, later, of the painter Viggo Pedersen, a family friend, talented landscape painter and profound connoisseur of European art, especially Impressionist art. Pedersen, in addition to having studied for seven years at the Academy of Fine Arts, had also learned his trade from his father and was able to establish a father-like bond with his pupil, teaching her very effectively the techniques of color and image.
![]() |
![]() |
![]() |
Farm with chickens | Still life with Indian cress, 1850 |
A September morning in the garden of Haveselskabet
|
Dagmar quickly became so adept at painting that she was able to exhibit her works for the first time in Charlottenborg in 1893, which was exceptional for a woman in the late nineteenth century. The exhibition was so well-received that over the next few years she was asked several times to exhibit her works there again. Three years later, however, it was tapestries that became Dagmar's main interest, as early as 1896, when she created a woven painting based on a cartoon created by Johanne Frimondt. From one artist to another, then, in mutual recognition of each other's talents, the women of Denmark were starting a true feminine revolution in the field of fine arts. I advise everyone to search the Web for the paintings of Johanne Frimondt. It will take you a tiny bit of patience, because only Danish-language material can be found, but you certainly do not have to be a polyglot to immediately grasp the beauty of the landscapes of this semi-unknown, yet incredibly talented, 19th-century painter. Certainly the beautiful lines and delicate sense of color did not escape Dagmar, who chose one of Johanne's paintings in particular to begin to try her hand at what would become the most important art form of her life.
Driven by a constant desire to learn and animated by a very deep desire for knowledge, she decided, in 1900, to embark on a study trip around Europe, an opportunity that was to change her existence forever and offer her the chance to lend luster to her talent. It was in Italy, in fact, that she learned the art of weaving and tapestry making, especially in Rome and Florence. She was so thunderstruck by it that she threw her whole self into the study of knot technique and textile production. Two years later, in 1902, then very skilled, she became head of the tapestry weaving workshop in Copenhagen City Hall. There, on the initiative of her brother Axel, she began decorating the halls of City Hall with tapestries based on Fabricius's history of Denmark (Johann Albert Fabricius, who lived at the turn of the seventeenth and eighteenth centuries, is considered the founder of historiography in the field of Latin and Greek literature). The assignment lasted a full 18 years and the production included dozens of works of considerable size and priceless artistic value. She also undertook repair and renovation work on old tapestries for the National Museum, the University of Copenhagen and several manor houses. Olrik thus became an undisputed protagonist of the revival of Danish interest in the art of tapestry, which was now also being lost due to the precision required by this extremely complex form of expression.
![]() |
Dagmar Olrik with an assistant in Copenhagen |
Always mindful of the need to pass on artistic forms from one generation to the next, she trained a number of students and especially female students to assist her in her work and together have the opportunity to follow their passions and inclinations competently. A beautiful black-and-white photograph is available on the Web showing Dagmar, then with a cane, in her workshop, assisting the work of two female apprentices, bent over weaving. In the background a large window lets some natural light into the vast hall, while the teacher holds her left hand resting on a large tapestry, still unfinished, framed by a full-wall wooden panel. Behind her, another large panel depicts a battle scene, with drawn swords, soldiers, and flames. In the foreground, on the viewer's left, are the hands of a girl, appearing white and delicate and at the same time strong and capable. Just like her, probably. And like all women who have been able, through their indomitable courage and immense talent, to make history. And that is precisely what was happening in Dagmar Olrik's workshop - in reconstructing, one knot at a time, frames of the Danish past, the apprentices engaged in weaving were writing the real history, the one made of work and commitment, of female intelligence and the art of knowing and knowing how to make. Yesterday as today.