TOTALE STRADE / VIE / PIAZZE / ETC.: |
418 |
INTITOLATE A UOMINI: |
158 |
INTITOLATE A DONNE: |
30 |
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE STRADE INTITOLARE A DONNE |
Madonne (Immacolata, Beata Vergine, Santa Maria etc.): |
1 Madonna (piazza della)
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Sante, beate, martiri: |
4 Santa Geltrude (via) Santa Giustina (via) Santa Maddalena di Sopra Santa Maddalena di Sotto |
Suore e benefattrici religiose, benemerite, fondatrici ordini religiosi e/o enti assistenziali-caritatevoli: |
1 Marcelline (via delle) |
Benefattrici laiche, fondatrici enti assistenziali-caritatevoli: |
2 Wilhelmine Graetzl von Kofler (piazzetta) Anna Ruedl Zagler (via) |
Letterate / umaniste (scrittrici, poete, letterate, critiche, giornaliste, educatrici, pedagoghe, archeologhe, papirologhe...): |
4 Grazia Deledda (via) Maria Montessori (piazza) Angela Nikoletti (piazza) Anita Pichler (piazza) |
Scienziate (matematiche, fisiche, astronome, geografe, naturaliste, biologhe, mediche, botaniche, zoologhe...): |
4 Marie Curie (via) Ipazia (via) Lise Meitner (via) Maria Winkelmann (via) |
Donne dello spettacolo (attrici, cantanti, musiciste, ballerine, registe, scenografe...): |
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Artiste (pittrici, scultrici, miniaturiste, fotografe, fumettiste...): |
1 Maria Delago (piazzetta) |
Figure storiche e politiche (matrone romane, nobildonne, principesse, regine, patriote, combattenti della Resistenza, vittime della lotta politica / guerra / nazismo, politiche, sindacaliste, femministe...): |
7 Ada Buffulini (via) Olimpia Carpi (parco) Claudia de’ Medici (via) Andreina Emeri (via) Filomena Dalla Palma (passaggio) Anne Frank (piazzetta) Waltraud Gebert Deeg (via) |
Lavoratrici / imprenditrici / artigiane: |
1 Carla Lazzerini (passaggio) |
Figure mitologiche o leggendarie, personaggi letterari: |
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Atlete e sportive: |
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Altro (nomi femminili non identificati; toponimi legati a tradizioni locali, ad es. via delle Convertite, via delle Canterine, via della Moretta, via delle Zoccolette; madri di personaggi illustri...): |
5 Marcella Casagrande (piazza) Laura Conti (via) Lucia Frischin (via) Annette von Menz (passaggio) Hildegard Straub (via) |
Censimento a cura di: Irene Fellin
ADA BUFFULINI
Nata a Trieste il 28 settembre 1912, deceduta a Milano il 3 luglio 1991, medico radiologo.
Cresciuta in una famiglia della borghesia irredentista triestina, Ada Buffulini è stata una delle poche donne italiane della sua generazione laureate in Medicina. Appassionata di lettere, musica, arte e, soprattutto della cultura tedesca, è a Milano (dove, negli anni 30, si è trasferita per frequentarvi l'Università) che la ragazza incontra il movimento antifascista. La laurea a pieni voti e con lode, una lunga malattia, la successiva specializzazione in radiologia, non la allontanano dall'impegno democratico. Proprio mentre prepara la specializzazione, Ada conosce Lelio Basso, segretario del Partito socialista e, quando è annunciato l'armistizio, il suo impegno antifascista si fa totale. Progetta e organizza un giornale socialista rivolto alle donne, la Compagna, che uscirà per la prima volta nel luglio 1944, proprio all'indomani dell'arresto di Ada (da mesi entrata in clandestinità) e, con lei, di Maria Arata, Laura Conti e un gruppetto di studenti milanesi.
La Buffulini rimane due mesi in una cella di San Vittore senza che, nei quotidiani interrogatori, i nazifascisti riescano a strapparle qualche utile informazione. Due mesi dopo, il trasferimento in autobus al "campo di transito" di Bolzano. Durante il viaggio, Ada conosce l'operaio e dirigente comunista Carlo Venegoni (che riuscirà a evadere dal lager sudtirolese), che sposerà nel dopoguerra. Lei resta, come medico, nell'infermeria del campo e ciò le consentirà, oltre che curare i malati con la massima dedizione (ne renderanno poi testimonianza, tra gli altri, Mario Micheli nel libro “I vivi e i morti” e Piero Caleffi in “Si fa presto a dire fame”), di organizzare un Comitato clandestino di resistenza che provvederà ad assistere i prigionieri, a mantenere i contatti con le loro famiglie e a organizzare alcune fughe. Quando le SS sospettano che Ada nel campo non si limiti a fare il medico, la rinchiudono nelle "Celle", dove è trattenuta dalla metà di febbraio del 1945, sino alla fine della guerra.
Per Ada Buffulini, quella del 30 aprile 1945 è la prima sera di libertà, che impegna con altri nella preparazione di volantini che saranno diffusi tra i lavoratori della zona industriale di Bolzano all'indomani, Primo Maggio.
Per tre settimane resta a Bolzano, per soccorrere i malati rimasti nell'infermeria del campo, ma anche per contribuire all'organizzazione del Partito socialista nella città. Poi torna a Milano ed entra nella Direzione nazionale del PSI. Vi rimane sino al 1947, quando aderisce al PCI e riprende la sua professione di medico. Per decenni Ada si preoccupa anche - impegnandosi nell'Associazione Nazionale Ex Deportati - che non si perda la memoria dei lager e che ai deportati in quello di Bolzano vadano gli stessi riconoscimenti attribuiti ai superstiti degli altri campi all'estero. Tutto con grande impegno e senza mai dimenticare la passione per la cultura tedesca, che ha continuato a coltivare sino alla morte.
Nel 2008 la città di Bolzano le ha dedicato una via.
OLIMPIA CARPI
Bambina ebrea, nata a Bolzano, nel 1940, arrestata all'indomani dell'8 settembre 1943 e morta ad Auschwitz nel 1944.
MARCELLA CASAGRANDE
1970-1985, vittima di femminicidio.
LAURA CONTI
Nata a Udine il 31 marzo 1921, deceduta a Milano il 25 maggio 1993, medico, pubblicista e parlamentare comunista.
Aveva vissuto a Trieste e a verona ma Milano divenne la sua città di adozione quando vi si trasferì per frequentarvi, all'Università, la Facoltà di medicina. Fu in quel periodo che Laura Conti, era il gennaio del '44, entrò a far parte del Fronte della gioventù di Eugenio Curiel. Incaricata di svolgere attività di proselitismo tra i militari, pochi mesi dopo la giovane studentessa fu arrestata. Era il 4 luglio, e Laura Conti, che era pedinata, si era recata a una riunione di studenti socialisti in casa di Maria Arata. Tutti i partecipanti alla riunione furono tratti in arresto, compresa Ada Buffulini, che avrebbe dovuto condurre l'incontro per conto del partito. Il 7 settembre, la Conti faceva il suo ingresso nel campo di concentramento di Bolzano (matricola 3786 Blocco F) insieme alla Arata e alla Buffulini, in attesa di venire deportata in Germania. Con Ada Buffulini fece parte, in rappresentanza del partito socialista, del comitato clandestino di resistenza del lager. All'inizio del 1945 riuscì a fare pervenire all'esterno un articolo sulle drammatiche condizioni dei deportati a Bolzano che fu pubblicato sulla stampa antifascista italiana e che fu ripreso da Radio Londra. Tornata libera, nel '49 Laura Conti si laureò in medicina. In Austria si specializzò in ortopedia e quindi si trasferì definitivamente a Milano, dove alla professione di medico (ha lavorato come traumatologa presso l'INAIL, poi nei servizi di medicina scolastica di alcuni comuni del Milanese come ortopedico per l'infanzia), affiancò la militanza politica (prima nel PSIUP e poi, dal 1951, nel PCI) e l'attività di divulgatrice e scrittrice.
Tra il 1960 e il 1970 fu eletta consigliere alla Provincia di Milano e, tra il '70 e l'80, consigliere alla Regione Lombardia. Nel 1986 ricevette il premio"Minerva" per la ricerca scientifica e culturale. In anni in cui la questione ambientale era considerata secondaria fu, infatti, tra i primi a introdurre in Italia riflessioni sullo sviluppo-zero, sulla limitatezza delle risorse, sul nesso tra sviluppo industriale e distruzione della natura. Nel '76, in seguito all'incidente di Seveso, aveva condotto una durissima battaglia, anche dalle pagine de l'Unità, contro chi voleva minimizzare il disastro ed eludere responsabilità politiche e civili. A Milano collaborò e fu nel direttivo della "Casa della Cultura" e fondò e diresse l'Associazione Gramsci. Fu inoltre presidente del Comitato scientifico della Lega per l'Ambiente e deputata alla Camera (eletta nel Collegio Firenze-Pistoia), dal 1987 al 1992, facendo parte della Commissione Agricoltura.
Il suo libro Che cos'é l'ecologia divenne base di formazione del nascente ecologismo italiano. All'esperienza della deportazione è dedicato invece La condizione sperimentale (Mondadori, 1965). Al nome di Laura Conti è intitolato il "Laboratorio Territoriale di Educazione Ambientale" della Regione Lombardia e dell'Università degli Studi di Milano.
Il 21 settembre 2007, l'apposita Commissione di Palazzo Marino ha deliberato che, nel marmo del Famedio (il Pantheon di Milano), venisse scolpito anche il nome di Laura Conti.
MARIE CURIE
1867-1934, scienziata.
GRAZIA DELEDDA
1871-1936, letterata umanista.
MARIA DELAGO
Nacque nel 1902 a San Leonardo in Passiria da una famiglia di origini gardenesi trasferitasi però già nel 19esimo secolo nel meranese. Il padre, giudice circondariale, non vedeva di buon occhio le aspirazioni artistiche di Maria, né poteva garantire i mezzi finanziari necessari per uno studio all'estero.
Maria studiò quindi pedagogia e solo in un secondo momento riuscì ad accedere alla Scuola d'arte e mestieri del Museo Austriaco per l'arte e l'industria (1924 -1926). Dopo lo studio si trasferì a Bolzano.
Per realizzare i suoi lavori in ceramica acquisì il forno della ditta Pikl, in via Museo, e vi insediò il proprio atelier. Negli anni Trenta approfondì la sua formazione in Olanda e Monaco dove realizzò anche diverse opere artistiche. Nel 1930 e nel 1932 partecipò alla 5. e alla 6. Biennale di Venezia. Seguirono numerose esposizioni a Bolzano, ma anche Milano, Innsbruck, Rapperswill, Bruxelles, così come premi e riconoscimenti.
Nel 1947 partecipò alla fondazione dell'associazione di artisti altoatesini "Südtiroler Künstlerbund", nel 1964 si aggiudicò il premio Walther von der Vogelweide, nel 1968 ottenne l'adesione onoraria al Südtiroler Künstlerbund.
Il 10 febbraio 1979 Maria Delago morì in seguito alle ferite riportate in un incidente automobilistico.
Maria Delago si è fatta un nome come scultrice, specializzandosi soprattutto in lavori in ceramica smaltata, ma anche in bronzo, e parallelamente si dedicò anche all'arte dell'acquaforte.
CLAUDIA DE' MEDICI
Firenze, 4 giugno 1604 - Innsbruck, 25 dicembre 1648.
Nona e ultima figlia di Ferdinando I de' Medici e Cristina di Lorena (sorella dunque di Cosimo II de' Medici), sposò nel 1621 Federico Ubaldo della Rovere, duca d'Urbino, al quale era stata promessa già quattro anni prima. Ebbero una figlia, Vittoria Della Rovere, futura moglie di Ferdinando II de' Medici. Federico Ubaldo morì già nel 1623 a causa di un attacco epilettico, e Claudia tornò a Firenze, dove fu rinchiusa in convento.
Nel 1626 sposò in seconde nozze Leopoldo V d'Austria, fratello dell'imperatore Ferdinando II, diventato così contessa del Tirolo. Leopoldo morì nel 1632, rendendola vedova per la seconda volta. Alla morte del marito assunse la reggenza del Tirolo in vece del figlio Ferdinando Carlo d'Austria assieme a cinque consiglieri, e la mantenne fino al 1646.
Dapprima sotto Ferdinando II, poi alla morte di questi (1637) sotto Ferdinando III fu correggente di Tirolo e Austria Anteriore. Grazie agli stretti legami con la casa imperiale, l'arciduchessa Claudia ottenne di estendere i possedimenti dell'Austria Anteriore, esigendo in nome dei figli minorenni, i territori conquistati nel ducato di Württemberg. Effettivamente poté prendere possesso di questi territori nel 1636 e farsi giurare fedeltà. Si spese molto in favore della Controriforma, per la reintroduzione della religione cattolica.
Con la pace di Vestfalia i territori furono restituiti al duca Eberardo III di Württemberg, ma l'arciduchessa si era battuta fino all'ultimo perché la restituzione non avvenisse. Fosse riuscita a spuntarla, il ducato di Württemberg sarebbe stato distrutto. Claudia morì poco tempo dopo.
Nel corso della guerra dei trent'anni fece costruire le fortezze di Castel Ehrenberg (noto come "Fort Claudia", a Reutte, in Tirolo), di Kufstein e di Scharnitz (la Porta Claudia sulla chiusa di Scharnitz prende il nome da lei), e si occupò di rinnovare e migliorare le difese del Tirolo, minacciato da una possibile apertura di un fronte meridionale della guerra.
Stimolò anche l'arte, con la costruzione di teatri barocchi, e il commercio, con la costituzione della nuova fiera di Bolzano nel 1635 e lo sviluppo dell'artigianato in Tirolo. Sempre nel 1635 Claudia fondò anche il magistrato mercantile di Bolzano, che più tardi trovò posto nel palazzo mercantile.
Bolzano ha dedicato una via ed una scuola a Claudia de' Medici.
ANDREINA EMERI
Fu una protagonista di spicco degli anni 70 e 80 in Sudtirolo. Sospinte dalla ventata di cambiamento e di emancipazione scaturita dal 68 e dal movimento studentesco, le donne iniziarono a organizzarsi e a formare gruppi. Nel 1971, Andreina Emeri fu tra le fondatrici del collettivo 'Gruppo Alessandra Kollontaj’ di Bolzano, che fino alla sua morte non smise mai di animare presso la propria abitazione.
Autocoscienza e rivendicazione del riconoscimento pubblico e giuridico dei diritti delle donne divennero ben presto due concetti indissolubili. Le donne facevano sentire la loro voce, si attivavano politicamente, scendevano in piazza, scuotevano l’opinione pubblica e mietevano notevoli successi. Le manifestazioni pubbliche non miravano soltanto all’introduzione di nuove leggi, ma avevano anche lo scopo di rendere visibile la profonda esigenza di autodeterminazione delle donne.
Intorno alla figura di Andreina Emeri ruotarono molte delle più importanti iniziative femministe in Sudtirolo. Dall’esperienza del collettivo delle donne 'Kollontaj’ scaturì ad esempio direttamente la creazione, nel 1973, del consultorio AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica), di cui Andreina Emeri divenne presidente e rappresentante nazionale. Nell’ambito del consultorio, mise a disposizione le sue competenze di avvocata fornendo consulenze giuridiche gratuite alle utenti del centro.
Anche la sua attività di avvocata era segnata dall’impegno sociale, in particolare nel settore del diritto della famiglia e del lavoro. Rappresentante legale di sindacati e associazioni di tutela degli inquilini, Andreina Emeri –che era una delle prime avvocate donne del Sudtirolo– divenne presto uno stabile punto di riferimento per tutte le sudtirolesi bisognose di aiuto legale.
A partire dal 1983 Andreina Emeri affiancò al suo impegno come attivista per i diritti delle donne anche la presenza politica nelle istituzioni. Candidata alle elezioni provinciali con la “Lista Alternativa per l’Altro Sudtirolo”, venne eletta in consiglio e riuscì a far sì che le tematiche legate alla condizione delle donne fossero trattate e discusse a livello politico. “Si faceva paladina delle esigenze delle donne con assoluto impegno, caparbietà e capacità di imporsi, senza mai diventare scorretta. Per questo anche i suoi avversari la rispettavano.” Così recita uno dei tanti messaggi di cordoglio seguiti alla sua scomparsa.
Andreina Ardizzone Emeri morì inaspettatamente il 30 luglio 1985 durante un viaggio in Norvegia.
FILOMENA DALLA PALMA
Filomena Dalla Palma, nota anche come la Partigiana Gina, attiva nel Bellunese e trasferitasi stabilmente a Bolzano nel dopoguerra.
La partigiana Gina, Filomena Dalla Palma, nasce il 13 agosto 1921 a Cismon del Grappa. Il padre Giovanni lavora in ferrovia e coltiva i campi; la madre, Maria, ha altri tre bambini, Giulia, Annetta e Luigi, lavora anche in campagna, coltiva mais, qualche vite, alleva qualche animale da cortile per la pura sussistenza e accudisce i figli. Filomena frequenta la scuola elementare, fino alla quinta classe; i genitori la mandano dalle suore a imparare a cucire e a ricamare.
A 17 anni comincia a fare la bambinaia presso alcune famiglie: vive a Milano, a Genova, a Napoli. A Milano scopre l’opera lirica e se ne appassiona: per poter andare alla Scala deve risparmiare ogni centesimo e talvolta rinuncia anche a mangiare pur di poter “andare all’Opera”. La sua preferita è la Traviata, che non si stanca mai di ascoltare. Alla morte del padre torna a Cismon e comincia a lavorare in fabbrica, alla Lancia che, a causa dei bombardamenti su Torino, era stata trasferita a Cismon. Qui entra in contatto con i primi nuclei di Resistenza. Comincia con l’attività di staffetta, compatibile inizialmente con il lavoro in fabbrica, in seguito viene sospettata da parte dei nazisti e dei fascisti di essere un prezioso contatto per le formazioni che operavano sul Grappa e quindi, prima di essere arrestata, va a raggiungere la Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”. Vive in montagna, partecipa alle azioni partigiane, anche a quelle di guerra, funge da collegamento, si occupa dei contatti con la gente, per garantire gli approvvigionamenti delle brigate, la cura degli ammalati, l’organizzazione del vestiario essenziale (camicie, scarpe, cappotti), ecc.
Nel novembre 1944 è vittima, come tutte le formazioni partigiane, del terribile rastrellamento tedesco sul Grappa. In seguito viene catturata, picchiata, torturata, seviziata, ma non cede. Grazie all’interessamento di una contessa, che aveva un ruolo nella Resistenza, ma che era caduta in un tranello e aveva tradito Gina, consegnandola nelle mani dei suoi aguzzini, viene liberata dal Principe Junio Valerio Borghese. Torna in montagna, partecipa alla ricostruzione delle Brigate Partigiane e partecipa attivamente alle fasi finali della guerra di Liberazione.
Nell’immediato dopoguerra viene ricoverata nell’Ospedale Marino di Venezia, dove viene curata. Si trasferisce a Bolzano e, come grande invalida di guerra, viene assunta alla Lancia come archivista. Qui maturerà la sua consuetudine alla documentazione storica. Si sposa nel 1948 con Giliante Tomada, operaio alla Lancia. Fa ancora attività politica per il P.C.I. fino agli anni ’50. Nel 1949 nasce il figlio Luigi e nel 1956 la figlia Maria Teresa.
Nei primi anni Sessanta, a causa di una ristrutturazione aziendale viene costretta dalla Lancia a licenziarsi, per evitare il licenziamento del marito. Mantiene i contatti con l’ANPI di Belluno, Treviso, Feltre, Venezia, partecipa agli incontri di gruppo.
Muore, dopo una lunga malattia, il 17 luglio 2003.
ANNE FRANK, vittima del nazismo.
LUCIA FRISCHIN
Prima donna bolzanina –moglie di un Frisch– di cui si ha notizia di essere stata investita del diritto di Inwohner, ovvero il primo passo per ottenere la cittadinanza (1590).
WALTRAUD GEBERT DEEG
Prato all'Isarco, 9 dicembre 1928 - Brunico, 31 gennaio 1988. È stata una politica italiana di lingua tedesca, che ha sempre militato nelle file della Südtiroler Volkspartei.
Nel 1964, Gebert Deeg e Lidia Menapace (per la Democrazia Cristiana) furono le prime donne a essere elette nel consiglio provinciale di Bolzano. Ambedue saranno poi le prime donne a entrare nella giunta provinciale, in quella stessa legislatura: Menapace fu nominata assessora alla Sanità e Attività sociali, e Waltraud Gebert Deeg fu la sua vice.
Due anni più tardi, fondò la SVP-Frauenbewegung, il movimento femminile della Südtiroler Volkspartei. Fu assessora supplente anche nella successiva legislatura 1968-1973, per poi divenire assessora alla sanità e agli affari sociali per due legislature, dal 1973 al 1983.
Venne poi eletta alla presidenza del consiglio provinciale nella prima metà della successiva legislatura 1983-1988, e vicepresidente nella seconda metà (la presidenza, nel consiglio della provincia di Bolzano, va per metà legislatura a un consigliere di lingua tedesca, nell'altra metà ad uno di lingua italiana), prima donna a ricoprire entrambe le cariche. Morì nel gennaio del 1988, a pochi mesi dal termine del suo mandato.
Molto attiva nel sociale anche al di fuori della politica, fu tra i fondatori della Croce Bianca, ente di assistenza e di trasporto dei malati, dell'associazione provinciale delle famiglie cattoliche, del VKE (associazione per lo sviluppo del bambino attraverso il gioco), del centro assistenza per i malati di tumore.
WILHELMINE GRAETZL VON KOFLER
1802-1866
Principale benefattrice di un Ente morale di tutela dei bambini fondato nel lontano 1847 e a lei dedicato. Scopo di quest'ente di beneficienza fu la cura dei bambini poveri, bisognosi, abbandonati e orfani.
IPAZIA
370-415, scienziata.
CARLA LAZZERINI
Insegnante di Bolzano all'avanguardia nel sociale e nel recupero dei carcerati.
LISE MEITNER
1878-1968
Via Lise Maitner è il nome di una strada periferica della zona industriale. La scelta del nome di una scienziata per questa via non è stata casuale ma ispirata al carattere innovativo di Bolzano Sud. Lisa Meitner è stata una delle più grandi scienziate del secolo scorso, è infatti la fisica austriaca che ha scoperto la fissione nucleare.
Era nata da una famiglia ebrea ma, come si usava negli ambienti dell’alta borghesia, venne educata secondo i dettami della religione protestante. La sua educazione scolastica si concluse presto, alla scuola media, dato che allora le ragazze non erano ammesse a frequentare il Liceo. Si iscrisse comunque all’Università di Vienna e nel 1906, fu la seconda donna ad ottenere il dottorato in Fisica. L’anno successivo Lise Maitner si trasferì a Berlino, per seguire le lezioni di Max Planck. È a Berlino che conosce il giovane chimico Otto Hahn con il quale comincia una collaborazione scientifica trentennale. Le sue condizioni di lavoro sono comunque estremamente problematiche dato che, fino al 1909, le donne non erano ammesse all’università. Lise doveva quindi recarsi al lavoro entrando dalla porta di servizio, per poter accedere alle aule e ai laboratori per gli studenti.
Nel 1926, diventa professoressa (fuori organico) di Fisica nucleare a Berlino ma, nel 1933, le viene ritirato il permesso di insegnamento per le sue origini ebraiche. La situazione peggiora cinque anni dopo: come ebrea, anche se convertita al protestantesimo, Lise Maitner non è più tollerata. La sua vita è in pericolo. Deve scappare, in Olanda prima, e poi in Svezia.
Con Otto Hahn, continuerà ancora a scrivere. La loro corrispondenza è estremamente importante dal punto di vista scientifico perché sono proprio i mesi e gli anni –dopo la fuga di Lise dalla Germania– della scoperta della fissione nucleare. È anche rilevante dal punto di vista umano e politico come testimonia la lettera che qui pubblichiamo –dell’estate 1945– che Lise scrive al suo ex-compagno di studi sul tragico trattamento ricevuto dagli ebrei ad opera dei nazisti.
Per tre anni, Lise Maitner riceverà la nomination per il Nobel, ma il premio non le verrà mai conferito. Lo riceverà invece Otto Hahn nel 1944. Lo stesso Hahn tenterà sempre di minimizzare i meriti di Lise: “Era solo la mia assistente” dirà.
ANNETTE VON MENZ
1796-1869
Dopo la prematura morte dei suoi genitori, Anton Melchior von Menz e Maria Anna von Gummer, Annette entra in possesso del patrimonio familiare, di cui fa parte anche il palazzo nel centro storico di Bolzano, acquistato nel 1807 dai Wolkensteiner. Il colonnello Gaston, barone de la Croix, giunto a Bolzano nel settembre 1811 con una lettera di presentazione del viceré d'Italia per chiederla in moglie, è respinto con fermezza da Annette. La reazione piuttosto brusca della donna vale al consiglio di famiglia una convocazione dinanzi al Procuratore e l'arresto del proprio avvocato di fiducia. Il processo si conclude con l'assoluzione di tutti gli imputati.
Annette von Menz sposa nel 1816 Carlo de' Panzoldi e, alla sua morte, in seconde nozze il conte Ludwig von Sarnthein.
Annette von Menz è passata alla storia (della letteratura) come la "sposa francese".
ANGELA NIKOLETTI
Magré sulla strada del vino, 1905 - Cortaccia sulla strada del vino, 1930
Con il Trattato di Pace di Saint Germain del 1919, il Sudtirolo era entrato a far parte dell’Italia. Ai sudtirolesi era stato promesso che avrebbero potuto continuare a parlare la loro lingua e coltivare le loro tradizioni. Con la presa di potere di Mussolini, la legge Corbinio del 1921 e la legge Gentile del 1923, le clausole di salvaguardia del Trattato diventarono carta straccia: non solo vennero chiuse tutte le scuole tedesche, ma fu anche proibito qualsiasi insegnamento in questa lingua. L’italiano diventò lingua ufficiale a tutti gli effetti. Nonostante la sua scarsa preparazione scolastica, dovuta ai trambusti della guerra, Angela superò l’esame di ammissione all’istituto magistrale delle Suore della Misericordia di Zams, nel Tirolo del Nord. Frequentò il primo anno, ma non ottenne il visto d’uscita per il secondo. Per le autorità fasciste era infatti una sospetta nemica dello Stato: non solo andava a scuola nel Tirolo del Nord, ma in casa le avevano trovato pure una poesia autografa intitolata “Tirolerland” (patria tirolese). Soltanto l’anno successivo le fu nuovamente concesso di recarsi a Zams, dove nel luglio del 1926 si diplomò. In Sudtirolo, la legge Gentile era ormai entrata pienamente in vigore. Quasi tutte le insegnanti di lingua tedesca erano state mandate in pensione o licenziate o trasferite in altri luoghi d’Italia. Le uniche rimaste erano quelle che si erano adeguate.
Angela non esitò un attimo. Visto che non poteva insegnare il tedesco in modo ufficiale, decise di farlo in modo non ufficiale, clandestino, seguendo l’esortazione del redattore del quotidiano Volksbote, il Canonico Michael Gamper, a fare come i primi cristiani che avevano cercato rifugio nelle catacombe. Cosi iniziò ad insegnare in segreto, come molte altre donne in tutta la provincia. Nella cucina della sua casa dava ogni giorno lezioni di scrittura e lettura ad una trentina di bambine e bambini, mai più di cinque alla volta. Le scolare e gli scolari arrivavano singolarmente, senza libri e quaderni, con ferri da maglia o attrezzi da bricolage per sviare i sospetti. Una o due ore dopo se ne andavano, con una nuova poesia o canzone tirolese imparata a memoria.
In Sudtirolo operavano circa 500 insegnanti clandestine, meglio note come le insegnanti delle catacombe (Katakombenlehrerin). Angela Nikoletti venne richiamata più volte dalle autorità, ma non si fece intimorire e continuò ad insegnare. Il 14 maggio del 1927 venne arrestata dai Carabinieri e condannata a 30 giorni di carcere. Uscita di prigione, fu espulsa dal suo comune di residenza. Si nascose allora in una grotta nelle vicinanze del paese, ma venne tradita e il podestà le intimò di andarsene. Un medico italiano la sottopose ad una visita e constatò ufficialmente il suo pessimo stato di salute: era così prostrata da far temere che non riuscisse a superare l’inverno.
Solo allora ottenne il permesso di tornare a casa da sua zia, a Cortaccia. Per un certo tempo le fece compagnia un giovane vicino, Anton Weiss. Quando questi decise di andare in seminario per studiare teologia, Angela ne soffrì molto, come testimoniano una serie di malinconiche poesie composte in quei giorni.
L’ultima nota contenuta nel diario risale al luglio del 1930: Angela era ormai troppo debole per scrivere. Morì il 30 ottobre dello stesso anno. Il suo corpo venne esposto in casa per l’ultimo saluto. Il funerale si trasformò in una marcia di protesta cui partecipò tutto il paese e al quale accorsero pure molte persone dei comuni vicini.
Anche per la popolazione sudtirolese di lingua italiana Angela Nikoletti è diventata una figura di riferimento. Nel 1975, a Bolzano venne infatti fondato il Circolo Angela Nikoletti, un’associazione culturale i cui aderenti sono prevalentemente italiani. Ancora oggi ai nuovi iscritti viene dato in omaggio un opuscolo del movimento antifascista intitolato alle Vittime della barbarie fascista.
Nel 2011 la città di Bolzano ha dedicato a Angela Nikoletti l'omonima piazza nel quartiere Oltrisarco-Aslago, presso il centro civico Rosenbach. Nel 2012 l'amministrazione comunale vi aggiunse una targa commemorativa a Angela Nikoletti quale vittima del fascismo.
ANITA PICHLER
Anita Pichler era nata il 28 gennaio 1948 come seconda di tre figlie di una famiglia di commercianti. Visse la sua infanzia e gioventù tra Scenna, una cittadina nei pressi di Merano, e Solda, und piccolo paesino di montagna ai piedi del ghiacciaio Ortles. Compiuti i 16 anni lasciò il Sudtirolo per frequentare una scuola superiore a Trieste, cui seguì una laurea in Slavistica e Germanistica alla Ca’ Foscari di Venezia. Sempre a Venezia, dal 1974 al 1976 lavorò come redattrice presso l’allora piccola “ma molto vivace” casa editrice Marsilio. Nel 1978 ottenne una borsa di studio presso la Humboldt-Universität di Berlino Est, città in cui allacciò stretti contatti con gli ambienti culturali e in particolare con il gruppo raccolto intorno a Heiner Müller. Spinta da una forte ispirazione letteraria, decise di trasferirsi nuovamente a Venezia, dove il suo incarico di lettrice all’Università le lasciava tempo per dedicarsi alla scrittura. Nel 1991 fu la prima fruitrice della borsa di studio “Anno di Berna” istituita dalla Ripartizione Cultura dell’omonimo Cantone svizzero e svolse per due anni l’incarico di “scrivana ufficiale” nella città bilingue di Biel/Bienne (CH). Durante l’estate del 1995 fu “scrivana“ anche a Villgraten, un paesino del Tirolo Occidentale in cui si organizza una manifestazione culturale molto particolare, la “Kulturwiese”, cui Anita Pichler dedicò molta attenzione.
Il profondo rapporto che legava Anita Pichler alla montagna risale alla sua infanzia. Anche da adulta, ogni anno si recava a Solda per effettuare impegnative arrampicate. A febbraio del 1995 Anita Pichler venne a sapere di essere gravemente malata. Decise così di trasferirsi a Bolzano, dove morì il 6 aprile del 1997, attorniata dalle amiche e dagli amici che le erano stati amorevolmente accanto nel suo ultimo tratto di vita. Con le residue forze che le erano rimaste, aveva continuato a lavorare anche nel periodo della malattia, occupandosi, tra le altre cose, della traduzione in tedesco del romanzo “I sassi di Pantalica” dell’autore siciliano Vincenzo Consolo. “Die Steine von Pantalica” fu pubblicato da Suhrkamp nel 1996.
Per sua espressa volontà, il lascito letterario di Anita Pichler è stato messo a disposizione dell’Archivio Letterario della Österreichische Nationalbibliothek, mentre il suo appartamento veneziano è stato affidato alla società austriaca Literar-Mechana, che tra le altre cose provvede ad assicurare sostegno ad autrici ed autori in difficoltà. Prima di morire, Anita Pichler affidò a Sabine Gruber e Renate Mumelter l’incarico di amministrare la sua eredità.
La tomba di Anita Pichler si trova a Solda, ai piedi del massiccio dell’Ortles.
ANNA ZAGLER
Nata Ruedl (1785-1872) di Caldaro e sposata dal 1802 con un medico di Lana, fondò nel 1860 presso la sua abitazione una cosiddetta “casa per domestici” per offrire un alloggio gratuito alle domestiche anziane, malate e prive di mezzi. L'idea venne dal figlio della donna, Padre Franz Xaver (Josef) Zagler (1803–1872). Egli era entrato in convento ed era un uomo molto dedito al sociale.
Nel 1873 la signora Anna Zagler mette a disposizione la sua casa e dopo la sua morte venne creata la fondazione che si occupò del collocamento di domestiche disoccupate o inabili. Col passare del tempo per via dei cambiamenti storici ed economico sociali, le domestiche erano sempre meno. Per questo motivo la fondazione di Zagler, nel 1987, fu convertita nell’associazione “Casa degli alloggi protetti”, che ha come obiettivo l’assistenza e la protezione per le donne vittime di violenza.
HILDEGARD STRAUB
1907-1998
Moglie di Josef Mayr-Nusser, vittima del nazismo in quanto obiettore di coscienza che si rifiutò di arruolarsi nelle SS.
MARIA WINKELMANN
1670-1720
Fu la più eminente astronoma del XVII secolo. La sua sorte è emblematica del destino collettivo delle donne che si occuparono di tale disciplina: finché l’astronomia restò un’attività artigianale a conduzione familiare, le donne vi svolsero un’importante funzione, quando il settore si istituzionalizzò e divenne un impiego accademico, ne vennero escluse.