Maria Carta
Miriam Curcio


Giada Ionà

 

Maria Carta è stata una cantautrice, attrice e politica italiana. Durante la sua carriera di cantante ha ripercorso i molteplici aspetti della musica tradizionale sarda, sapendola aggiornare con arrangiamenti moderni e personali. Nacque a Siligo, un paesino della provincia di Sassari, il 24 giugno 1934. Le fu dato il nome di Maria Giovanna Agostina: Giovanna perché nacque il giorno della festa di san Giovanni e Maria Agostina per ricordare la nonna materna. All'età di otto anni perse il padre per una grave malattia e fu costretta, come del resto tutti i bambini e le bambine della sua condizione sociale, ad affrontare le fatiche quotidiane sia in casa sia in campagna. Fin da piccola mostra di avere una bella voce, lavora e canta, canta e lavora. Il suo primo pubblico è la gente del luogo: le donne che assieme a lei raccolgono le olive, le donne che sarchiano il grano, le donne che lavano i panni al fiume, i pastori, i contadini. Impara i canti natalizi e la messa in latino dal parroco. Canta in chiesa durante le novene, nei riti della Settimana Santa e alle messe solenni. Poi inizia nelle piazze con i cantadores, considerati da sempre i pilastri del canto sardo.

Gli anni Cinquanta portano Maria Carta ad avere una certa riconoscibilità nella sua terra; mentre sfuma la prima opportunità lavorativa che la vede protagonista di un fotoromanzo, vince avvolta da un drappo di seta il concorso Miss Sardegna. Diventa una donna che cammina verso il futuro, e alle soglie degli anni Sessanta lascia l’isola per raggiungere Roma, dove frequenta il Centro studi di musica popolare dell’Accademia di Santa Cecilia diretto da Diego Carpitella, iniziando così a esplorare la sua regione per ricercare e registrare antichi canti salvandoli dall’oblio e dando loro la sua voce:

«In Sardegna il canto è nato femminile, insieme alla poesia è nato, ai tempi del matriarcato…».

Si scontra con la difficoltà di essere accettata come donna sul palcoscenico in Sardegna, perché, racconta,

«allora il canto sardo era appannaggio esclusivo degli uomini».

Si stabilisce definitivamente nella capitale, ma ritorna spesso a casa a raccogliere dalla viva voce di anziani e anziane i canti, le poesie e le melodie. Nell'isola collabora con don Giovanni Maria Dettori, sacerdote silighese, studioso, esperto conoscitore della lingua sarda, dei canti, della poesia e lui stesso poeta riconosciuto nelle più importanti manifestazioni culturali della regione. Da lui impara il canto gregoriano e antiche melodie in lingua sarda. La carriera di Maria inizia ufficialmente nel 1972 quando Ennio Morricone le fa incidere la sigla dello sceneggiato televisivo Mosè, anche se il suo primo disco Paradiso in Re era uscito nel 1971, seguito poi da altri album, fra i quali ricordiamo Delirio e Nuovo Maggio (1973), Dies irae (1974), Vi canto una storia assai vera – un insieme di canti popolari e di protesta politica (1976), La voce e i canti di Maria Carta I e II vol. (1977), Umbras (1978), Aidiridiridinni (1979), Sonos de memoria (1985), fino ad arrivare al suo ultimo Cd, quasi tutto in italiano, Le memorie della musica (1993). Maria canta l’amore, la morte, la gioia, il dolore attraverso antiche e magiche melodie. Il suo cantare, nato dalla necessità e alimentato dalla passione, diventa ben presto un dovere morale, un compito ben preciso da portare avanti.

Con la sua voce unica, capace di suscitare forti emozioni, racconta sentimenti e nostalgie, le speranze di un popolo antico affinché nel mondo se ne conosca la vera anima. Assume un profondo impegno politico in cui il canto diventa momento poetico di lotta, e con ragione le viene attribuito il merito di aver portato la tradizione popolare sarda ad acquisire valore universale. Sempre nel 1972, viene trasmesso dalla Rai il documentario Incontro con Maria Carta nel quale l'artista interagisce con Riccardo Cucciolla recitando versi, cantando e raccontando frammenti autobiografici. Arriva un altro documentario: Maria Carta. Sardegna, una voce con la regia di Gianni Amico e soggetto, sceneggiatura, collaborazione artistica di Salvatore Laurani. Nel 1975 pubblica in Canto rituale – Roma Coines una raccolta di poesie, di “storie” che rievocano certe suggestioni dell’Antologia di Spoon River. Affida alla poesia la denuncia sociale. È il suo sguardo sui dimenticati che dà luce alla disperazione dei morti così come al lavoro che uccide nelle fabbriche del Belgio, alla polvere e al sudore penetrati nelle rughe come ferite, anno dopo anno, sui volti di milioni di donne e uomini distrutti, illuminati dalla luce dell’alba e pietrificati. Lo fa dando voce a una sorta di enciclopedia dei morti, evocando Nicola Virdis che scende a settecento metri nel nero di una miniera. Le sue sono parole politiche.

Nel 1976 è eletta Consigliera comunale di Roma nelle liste del Partito comunista italiano. Negli stessi anni si rafforza un rapporto, già esistente, di stima e di profonda amicizia con Enrico Berlinguer. Di quell’esperienza portata avanti con costanza, scriverà: «L’attività politica è stata un flash nella mia vita. Ho frequentato, mi sono impegnata: e sono momenti che mi sono serviti molto, è stata una grande esperienza. Adesso credo che non fosse giusto fare politica… Forse è stato un mio momento di protesta, di presa di coscienza». Nel 1981 la nascita del figlio David, l’avvenimento più importante della sua vita, le ispira una delle più belle ninne-nanne da inserire nel proprio repertorio. Ma Maria non è solo cantante, ricercatrice e poeta, è anche protagonista di molti film e gode dell’amicizia di registi famosi come Pier Paolo Pasolini e Franco Zeffirelli. Interpreta in Francia la parte di Cecilia in Storia di una comune rivoluzionaria di Jean Louis Comolli. Fa la madre nel Padrino Parte II con Robert De Niro e Marlon Brando di Francis Ford Coppola. È Marta nel Gesù di Nazaret di Zeffirelli. Lavora in Cadaveri eccellenti di Franco Rosi e in Padroni dell’estate di Marco Parodi. Ha il ruolo della vedova nello sceneggiato televisivo Il passatore (il noto brigante ottocentesco) e poi interpreta in teatro Medea con Valeria Moriconi per la regia di Franco Enriquez e santa Teresa d’Avila in A piedi nudi verso Dio (sulla vita del carmelitano spagnolo del Cinquecento san Giovanni della Croce). Gira in India Il reietto delle isole di Giorgio Moser; ha un ruolo nel Camorrista di Giuseppe Tornatore, lavora nei film L’isola di Grazia Deledda, Disamistade di Franco Cabiddu e Le mele marce di Pasquale Festa Campanile. Recita nello spettacolo teatrale Le memorie di Adriano con Giorgio Albertazzi; interpreta Grazia Deledda in un’importante trasmissione di Oliviero Beha.

Gesù di Nazareth

Ma il cinema non è il mondo di Maria Carta, la sua passione di vivere resta sempre il canto. Ed è il canto che la porta da un successo all’altro. La sua celebrità passa le frontiere; è invitata nei più famosi teatri e cattedrali del mondo: dall’Italia in Germania, in Francia, in Svizzera, in Spagna, in Belgio e in altri Paesi d’Europa fino ad arrivare al Bol'šoj di Mosca e poi in America, in Africa, in India. Canta con Joan Baez e con Amália Rodrigues. È invitata dal Presidente sovietico Michail Gorbačëv a Stoccolma per la festa del Premio Nobel. Dal 1980 al 1986 è spesso ospite in Francia dove diventa un mito. Tiene diversi concerti nel Palazzo dei Papi ad Avignone, canta nella basilica di San Severin, all’Olympia e al Théâtre de la Ville di Parigi. I giornali francesi Le Figaro, Le Monde, Humanité, Les Nouvelles littéraires, Le Matin ne riportano i successi e la presentano come la voce che evoca l’anima di un popolo che arriva dalla madre latina e dal mare. La sua fama è ormai, quindi, internazionale, ma dalla seconda metà degli anni Ottanta alcuni eventi dolorosi segnano la sua vita. Muoiono la sorella e la madre e si trova di nuovo da sola.

Il 17 novembre 1986 parte per il Perù dove tiene dei concerti a Lima. Si esibisce poi a New York, nella cattedrale di St. Patrick, con un concerto di canti gregoriani, spiritual e melodie sarde. Il successo è travolgente e i giornali scrivono di quest’avvenimento per diversi giorni. Nel 1988 è nella cattedrale di Saint Mary e poi a Filadelfia. Nel 1989 è ad Amburgo: in quell’anno scopre di essere affetta da una grave malattia, malattia che rende pubblica dopo qualche tempo al Maurizio Costanzo Show. Si esibisce nell’Aula Magna dell’Università di Bologna in occasione delle celebrazioni del IX Centenario; nel 1990 dalla stessa università le è conferito l’incarico di docente a contratto di Antropologia culturale. Anche l’Università di Sassari la sceglie per insegnare il metodo di ricerca sui canti popolari agli/alle studenti. Nel 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga la nomina Commendatrice della Repubblica italiana. La malattia la porta spesso a pensare di arrendersi, ma lei continua a lottare e partecipa a tantissime trasmissioni: è ospite di Maurizio Costanzo, di Pippo Baudo, di Gigi Marzullo, di Wilma de Angelis, di Red Ronnie, canta a San Remo fino a spegnersi nella sua casa a Roma il 22 settembre del 1994.

Dopo la morte, nel 1994 fu istituita la Fondazione Maria Carta, con lo scopo di promuovere la cultura e la musica della Sardegna. A partire dal 2003 la stessa Fondazione attribuisce ogni anno il Premio Maria Carta a chi, in un modo o nell'altro, contribuisce a promuovere l'immagine della cultura sarda in Italia e nel mondo. Nel 2016 la Fondazione è stata promotrice del progetto Freemmos - Liberi di restare, un'iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dello spopolamento delle zone interne dell’isola. A Maria sono intitolate piazze e vie in tutt'Italia, ma soprattutto nella sua amata Sardegna.

Cagliari, foto di Daniela Serra Sassari, foto di Teresa Spano

Traduzione francese

Rachele Stanchina

Maria Carta a été auteure-compositrice-interprète, actrice et femme politique italienne. Tout au long de sa carrière de chanteuse, elle a parcouru les différentes facettes de la musique traditionnelle sarde, sans cesse renouvelée grâce à des arrangements modernes et personnels. Elle est née à Siligo, un petit village situé dans la province de Sassari le 24 juin 1934. Elle porte le prénom de Maria Giovanna Agostina: Giovanna parce qu’ elle est née le jour de la Saint Jean et Maria Agostina en souvenir de sa grand-mère maternelle. Son père meurt des suites d’une grave maladie alors qu’elle n’a que huit ans. Elle est ainsi contrainte, comme pour tous les enfants de sa condition sociale, d’assumer les tâches quotidiennes à la maison comme à la campagne. On remarque très tôt sa très belle voix. A partir de là, sa vie tournera autour du travail et du chant. Les habitants de son village formeront son premier public: les femmes qui font la récolte des olives, celles qui sarclent le blé, celles qui font la lessive au ruisseau, les bergers et les paysans. Le curé lui apprend les chants de Noël et la messe en latin. Elle chante à l’église pendant les neuvaines, les célébrations de la Semaine Sainte et les grands-messes. Ensuite elle chantera sur les places avec les CANTADORES, qui depuis toujours sont considérés comme les piliers du chant sarde.

Durant les années cinquante, Maria devient célèbre sur sa terre natale: elle participera d’abord à un roman-photo qui n’aura pas de suite puis elle gagnera, drapée de soie, le concours de Miss Sardaigne. Elle devient une jeune femme en marche vers son futur et, au début des années soixante, elle quitte son île natale pour Rome où elle fréquente le Centre d’études pour la musique populaire de l’Académie de Sainte Cécile, dirigé par Diego Carpitella. Elle commence ainsi à parcourir sa région natale pour retrouver et enregistrer les vieux chants, en leur donnant sa voix et en les sauvant ainsi de l’oubli

«En Sardaigne le chant est né au féminin, avec la poésie, au temps du matriarcat…”».

Cependant, en Sardaigne, Marie se heurte à la difficulté d’ être acceptée sur les scènes en tant que femme car, comme elle le raconte,

«En ce temps-là le chant sarde était l’ apanage exclusif des hommes».

Elle s’installe finalement dans la Capitale, mais rentre souvent chez elle pour repérer les chants, les poèmes et les airs interprétés de vive voix par des paysans âgés. Sur l’île, elle collabore avec le curé de Siligo, Giovanni Maria Dettori, savant, fin connaisseur de la langue, des chants et de la poésie sarde, qui est lui même un poète renommé au sein des plus importantes manifestations culturelles de la Sardaigne. C’est grâce à lui que Marie apprend le chant grégorien et les vieux airs en langue sarde. La carrière de Maria débute officiellement en 1972 lorsque Ennio Morricone la choisit pour enregistrer le thème dramatique du film télévisé MOÏSE. Son premier album PARADISO IN RE sort en 1971, suivi par d’autres parmi lesquels on trouve Delirio et Nuovo Maggio(1973), Dies Irae(1974), Vi canto una storia assai vera – un recueil de chants populaires et d’engagement politique (1976), La voce e i canti di Maria Carta I rt II (1977), Umbras (1978), Aidiridiridinni (1979), Sonos de memoria (1985) et, pour terminer, son dernier recueil LE MEMORIE DELLA MUSICA (1993) où elle chante presque totalement en italien. Maria chante l’amour, la mort, la joie, la douleur à travers des airs anciens et magiques. Son chant, qui naît de la nécessité et alimenté par la passion, se transforme bientôt en une obligation morale, une tâche bien précise qu’elle doit accomplir.

Avec sa voix particulière, capable de susciter de fortes émotions, elle raconte les sentiments, les nostalgies et les espoirs d’un peuple ancien pour que le monde entier en connaisse la véritable essence. Son travail est empreint d’un fort engagement politique, son chant se transforme en une action poétique de combat et c’est avec raison qu’ on porte à son crédit le mérite d’avoir aidé la tradition populaire sarde à acquérir une valeur universelle. En 1972, le documentaire RENCONTRE AVEC MARIA CARTA est diffusé par la RAI. L’artiste interagit avec Riccardo Cucciolla en récitant des vers, en chantant et en racontant des anecdotes de sa vie. Un autre documentaire est réalisé, MARIA CARTA, SARDEGNA, UNE VOIX par Gianni Amico et Salvatore Laurani en tant que scénariste et collaborateur artistique. En 1975, elle édite CANTO RITUALE- ROMA COINES, un recueil de poèmes et d’histoires qui font penser à L’ANTHOLOGIE DE SPOON RIVER. Elle confie à la poésie le rôle de protestation sociale. Elle pose son regard sur les oubliés, tout en portant son attention au désespoir des victimes ainsi qu’au travail qui tue dans les usines en Belgique, à la poussière et la sueur qui pénètrent dans les rides comme des blessures, au fil du temps, sur les visages de millions d’hommes et de femmes anéantis, pétrifiés éclairés par la simple lumière de l’aube. Maria donne voix à une sorte d’Encyclopédie des morts, évoquant Nicola Virdis qui descend à sept-cent mètres de profondeur dans l’obscurité d’une mine. Ses mots sont des mots politiques.

En 1976, elle est élue Conseillère municipale à Rome dans les listes du Parti Communiste italien et renforce de plus en plus son lien d’amitié et d’estime avec Enrico Berlinguer. De cette expérience, poursuivie avec constance, elle écrira: “Dans ma vie l’activité politique a été comme un éclair: j’ai fréquenté, je me suis engagée et ces moments m’ont servi profondément, cela a été une grande expérience. Aujourd’hui, je pense le contraire, qu’il n’était pas correct de faire de la politique. Peut- être qu’il s’agissait pour moi d’un moment de protestation, de prise de conscience tout à fait personnel.” La naissance de son fils Davide en 1981, qu’elle considère l’évènement le plus important de sa vie, lui inspire une des plus belles berceuses de son répertoire. Mais Maria n’est pas seulement une chanteuse, chercheuse et poétesse, elle est aussi protagoniste de plusieurs long-métrages, amie de metteurs en scène célèbres tels que Pier Paolo Pasolini et Franco Zeffirelli. En France, elle joue le rôle de Cecilia dans HISTOIRE D’UNE SIMPLE REVOLUTIONNAIRE de Jean Louis Comolli. Elle est la mère dans LE PARRAIN II avec Robert De Niro et Marlon Brando dirigés par Francis Ford Coppola. Elle est Marthe dans JESUS DE NAZARETH de Zeffirelli, travaille dans CADAVRES EXQUIS de Franco Rosi e dans SEIGNEURS DE L’ETE de Marco Parodi. Elle interprète également le rôle de la veuve dans la série télévisée LE PASSATEUR (le célèbre brigant du dix-neuvième siècle), puis elle joue dans la pièce de théâtre MEDEE avec Valeria Moriconi sous la direction de Franco Enriquez ainsi que Sainte Thérèse d’Avila dans NUDS-PIEDS VERS LE SEIGNEUR, pièce qui raconte la vie du carmélite espagnol du sixième siècle Saint Jean de la Croix. Elle tournera en Inde LE PARIA DES ILES de Giorgio Moser, obtient un rôle dans LE CAMORRISTE de Giuseppe Tornatore, travaille dans L’ILE DE GRAZIA DELEDDA, DISAMISTADE de Franco Cabiddu et LES POMMES POURRIES de Pasquale Festa Campanile. Maria jouera aussi dans la pièce intitulée MEMOIRES D’HADRIEN avec Giorgio Albertazzi et interprètera Grazia Deledda dans un téléfilm de Oliviero Beha.

Jésus de Nazareth

Cependant, le cinéma n’est pas le monde de Maria Carta car sa passion reste le chant. Sa notoriété dépasse les frontières. Elle est invitée dans les plus grands théâtres et les plus grandes cathédrales du monde, de l’Italie à l’Allemagne, en passant par la France, la Suisse, l’ Espagne, la Belgique et tant autres pays européens, jusqu’au Bolchoï de Moscou, mais aussi sur le continent américain, africain, et en Inde. Elle chantera avec Joan Baez et Amalia Rodrigues. Le Président soviétique Michail Gorbacev l’invitera à Stockholm pour la fête du Prix Nobel. De 1980 à 1986, elle viendra souvent en France et y deviendra un mythe: elle fera plusieurs concerts au Palais des Papes à Avignon, chantera dans la basilique de Saint Severin, à l’Olympia et au Théâtre de la Ville de Paris. Les journaux français, LE FIGARO, LE MONDE, L’HUMANITE, LES NOUVELLES LITTERAIRES, LE MATIN documenteront ses succès tout en la décrivant comme la voix qui raconte l’âme d’un peuple qui tient ses origines de la mer et du monde latin. Sa notoriété est désormais internationale, mais la seconde moitié des années quatre-vingt est parsemée d’ événements douloureux qui marqueront sa vie: sa mère puis sa soeur meurent, se retrouvant ainsi seule.

Le 17 novembre 1986, elle part au Pérou où elle tient des concerts à Lima. Elle se produit ensuite à New York, dans la Cathédrale de Saint Patrick, avec un concert de chants grégoriens, spirituals et mélodies sardes. Son succès est tellement retentissant que les journaux en parleront pendant plusieurs jours. En 1988, elle chante dans la Cathédrale de Saint Mary et ensuite à Philadelphia. En 1989, elle est à Hambourg et c’est là qu’elle apprend être atteinte d’une grave maladie. Elle en donnera publiquement la nouvelle peu de temps après dans l’émission MAURIZIO COSTANZO SHOW. À l’occasion du IX centenaire de fondation de l’Université de Bologne, elle se produit dans l’Aula Magna et en 1990 cette même université lui confie la Charge de professeur invité d’Anthropologie culturelle. L’Université de Sassari la choisit également pour enseigner aux étudiants la méthode de recherche sur les chants populaires. En 1991, elle est nommée Commandeur de la République italienne par le Président Francesco Cossiga. La maladie la pousse souvent à capituler, cependant elle poursuit sa lutte en participant comme invitée à un grand nombre d’émissions télévisées avec Maurizio Costanzo, Pippo Baudo, Gigi Marzullo, Wilma de Angelis, Red Ronnie, sans renoncer à chanter au Festival de San Remo, jusqu’à ce que ses forces l’abandonnent. Elle meurt chez elle à Rome le 22 septembre 1994.

Après sa mort, en 1994, la Fondation Maria Carta est créée afin de promouvoir la culture et la musique sarde et c’est cette même fondation qui, depuis 2003, décerne le Prix Maria Carta à ceux qui, d’une façon ou d’ une autre, contribuent à soutenir et faire connaître la culture sarde en Italie comme dans le monde entier. En 2016, la Fondation a été promotrice du projet FREEMMOS- LIBERI DI RESTARE, une initiative qui vise à sensibiliser l’opinion publique sur le drame de la dépopulation des régions intérieures du territoire sarde. Des places et des rues partout en Italie portent son nom, mais principalement dans sa chère Sardaigne.

Cagliari, photo de Daniela Serra Sassari, photo Teresa Spano

Traduzione inglese

Syd Stapleton

Maria Carta was an Italian singer-songwriter, actress and politician. Throughout her singing career she traversed the many aspects of traditional Sardinian music, with the ability to update tradition with modern and personal arrangements. She was born in Siligo, a small town on the island of Sardinia, on June 24, 1934. At birth she was given the name Maria Giovanna Agostina - Giovanna because she was born on the feast day of Saint John and Maria Agostina in memory of her maternal grandmother. At the age of eight she lost her father to a serious illness and was forced, as were all boys and girls of her social status, to face daily labors both at home and in the countryside. At an early age it became apparent that she had a beautiful voice. She worked and sang. Her first audience was the people of the village - the women who picked olives with her, the women who tended the wheat, the women who washed clothes in the river, the shepherds, and the farmers. She learned Christmas songs and the Latin Mass from the village pastor. She sang in church during novenas, in the rites of Holy Week, and at High Masses. Then she started in the squares with the cantadores (singers), who have always been considered the pillars of Sardinian singing.

By the 1950s, Maria Carta already had achieved some recognition in her land. As her first job opportunity, that saw her star in a photostory faded, she, wrapped in silk taffeta, won the "Miss Sardinia" contest. She was a woman who embraced the future, and on the threshold of the 1960s she left the island and reached Rome, where she attended the Accademia di Santa Cecilia's popular music study center directed by Diego Carpitella, thus beginning to explore her region to research and record ancient songs to save them from oblivion and give them her own voice.

«In Sardinia, singing was born female, along with poetry, at the time of the matriarchy....».

She struggled with the difficulty of being accepted as a woman on stage in Sardinia, because, she said,

«hen Sardinian singing was the exclusive preserve of men.».

She settled, therefore, permanently in the capital, but often returned home to collect songs, poems and melodies from the living voices of old men and women. In Sardinia she collaborated with Don Giovanni Maria Dettori, a priest in Siligo, scholar and expert connoisseur of the Sardinian language, songs, and poetry, and himself a poet recognized by the most important Prizes of the region. From him she learned Gregorian chant and ancient melodies in the Sardinian language. Carta's career officially began in 1972 when Ennio Morricone had her record the theme song for the TV drama "Moses," although her first record "Paradiso in Re" was released in 1971, followed by other albums, including "Delirio" and "Nuovo Maggio" (1973), "Dies Irae" (1974), "Vi canto una storia assai vera" - a collection of folk songs and political protest - (1976), "La voce e i canti di Maria Carta" I and II vol. (1977), "Umbras" (1978), "Aidiridiridinni" (1979), "Sonos de memoria" (1985), up to her latest CD, almost all in Italian, "Le memorie della musica" (1993). Maria sang of love, death, joy, and sorrow through ancient and magical melodies. Her singing, born of necessity and fueled by passion, soon became a moral commitment, a definite task to be carried out.

With her unique voice, capable of arousing strong emotions, she recounts feelings and nostalgia, the hopes of an ancient people so that everyone in the world may know its true soul. She took on a deep political commitment in which singing becomes a poetic moment of struggle, and with reason she is credited with bringing the Sardinian folk tradition to acquire universal value. Also in 1972, a documentary was broadcast by RAI, “Incontro con Maria Carta” in which Carta interacted with Riccardo Cucciolla reciting verses, singing and recounting autobiographical fragments. Yet another documentary “Maria Carta, Sardegna, una voce” was directed by Gianni Amico - with screenplay, artistic collaboration by Salvatore Laurani. In 1975 she published in "Canto Rituale - Roma Coines" a collection of poems, of "stories" that evoke certain suggestions of the Spoon River Anthology. She entrusted poetry with social denunciation. It was her gaze on the forgotten that shed light on the despair of the mountains as well as on the work that killed in the factories of Belgium, on the dust and sweat that penetrated the wrinkles like wounds, year after year, on the faces of millions of broken men and women, illuminated by the light of dawn and petrified. She did so by giving voice to a kind of encyclopedia of the dead, evoking Nicola Virdis descending seven hundred meters into the blackness of a mine. Her words are political.

In 1976 she was elected city councilwoman in Rome on the slate of the Italian Communist Party. And in those years she strengthened an already existing relationship of esteem and deep friendship with Enrico Berlinguer. Of that experience, carried on steadily, she wrote, "Political activity has been a flash in my life. I attended, I engaged, and they are moments that have served me well, it was a great experience. Now I think it was not right to do politics...Perhaps it was my moment of protest, of becoming aware." In 1981, the birth of her son David, the most important event in her life, inspired one of the most beautiful lullabies to be included in her repertoire. But Maria was not only a singer, researcher and poet - she also starred in many films and enjoyed the friendship of famous directors such as Pier Paolo Pasolini and Franco Zeffirelli. She played the part of Cecilia in Jean Louis Comolli's "History of a Common Revolutionary" in France. She played the mother in F. Coppola's "Godfather Part II" with Robert De Niro and Marlon Brando. She is Martha in F. Zeffirelli's "Jesus of Nazareth." She worked in Franco Rosi's "Cadaveri eccellenti" and Marco Parodi's "Padroni dell'estate." She played a widow in the TV script "Il passatore" (Renaissance character) and then plays again "Medea" with Valeria Morioni, by Franco Enriquez and St. Teresa of Avila in "A piedi nudi verso Dio” (about the life of the 16th century Spanish Carmelite St. John of the Cross). She appeared in Giorgio Moser's "The Outcast of the Islands," filmed in India, had a role in Giuseppe Tornatore's "Camorrista," worked in "The Island of Grazia Deledda," in Franco Cabiddu's "Disamistade" and in Raffaele Festa Campanile's "Rotten Apples." She acted in the play "Le memorie di Adriano" with Giorgio Albertazzi. She played Grazia Deledda in a major broadcast by Oliviero Beha.

Jesus of Nazareth

But cinema was not Maria Carta's world - her life passion always remained singing. And it was singing that took her from one success to another. Her celebrity crossed borders - she was invited to sing in the most famous theaters and cathedrals in the world, from Italy to Germany, France, Switzerland, Spain, Belgium, and other countries in Europe, to the Bolshoi in Moscow and then to America, Africa, and India. She sang with Joan Baez and with Amália Rodrigues. She was invited by Soviet President Michail Gorbachov to Stockholm for the Nobel Prize celebration. From 1980 to 1986 she was a frequent guest in France where she became a legend. She gave several concerts in the Papal Palace in Avignon, sang in the basilica of St. Severin, at the Olympia and the Théâtre de la Ville in Paris. The French newspapers Le Figaro, Le Monde, Humanité, Les Nouvelles littéraires, and Le Matin reported her successes and presented her as the voice that evokes the soul of a people coming from the Latin mother and the sea. Her fame was therefore, international, but from the second half of the 1980s some painful events marked her life. Her sister and mother died, and she found herself alone again.

On November 17, 1986, she left for Peru where she gave concerts in Lima. She then performed in New York, at St. Patrick's Cathedral, with a concert of Gregorian chants, spirituals and Sardinian melodies. It was an overwhelming success and newspapers wrote about the event for several days. In 1988 she was at St. Mary's Cathedral and then in Philadelphia. In 1989 she was in Hamburg. In that year she discovered that she was suffering from a serious illness, an illness that she made public, after some time, on the "Maurizio Costanzo Show." In the same year she performed in the Aula Magna of the University of Bologna on the occasion of the IX Centenary celebrations. In 1990 she was awarded the position of contract lecturer in Cultural Anthropology at the same University. The University of Sassari also appointed her to teach her methods of research on folk songs to male and female students. In 1991, President of the Italian Republic, Franceso Cossiga, appointed her Commendatrix of the Italian Republic. Illness often led her to think of giving up, but she continued to fight and participated in many broadcasts. She was a guest of Maurizio Costanzo, Pippo Baudo, Gigi Marzullo, Wilma de Angelis, Red Ronnie, and sang at S. Remo up until the time she passed away at her home in Rome on September 22, 1994.

After her death, the Maria Carta Foundation was established in 1994 with the aim of promoting the culture and music of Sardinia. Since 2003, the same foundation has awarded the Maria Carta Prize each year to those who, in one way or another, contribute to promoting Sardinian culture in Italy and around the world. In 2016, the foundation was the promoter of the Freemmos - Liberi di restare project, an initiative to raise awareness about the drama of depopulation of the island's inland areas.

Cagliari, photo by Daniela Serra Sassari, photo by Teresa Spano

Traduzione spagnola

Alessia Coluccio

Maria Carta fue una cantautora, actriz y política italiana. Durante su carrera recorrió los múltiples apectos de la música tradicional sarda, sabiéndola actualizar con arreglos modernos y personales. Nació en Siligo, un pueblecito de la provincia de Sassari (Cerdeña), el 24 de junio de 1934. Le dieron el nombre de Maria Giovanna Agostina: Giovanna dado que nació el día de la fiesta de San Juan y Maria Agostina en recuerdo de su abuela. Cuando tenía 8 años perdió a su padre a causa de una grave enfermedad y se vio obligada, por otra parte como todos los niños y niñas de su condición social, a enfrentar las labores cotidianas en casa y en el campo. Desde pequeña demuestra tener una linda voz, trabaja y canta, canta y trabaja. Su primer público es la gente del lugar, las mujeres que junto a ella cosechan las aceitunas, escardan el trigo, las mujeres que limpian la ropa en el río, los pastores, los campesinos. Aprende los cantos de Navidad y la misa en latín del párroco. Canta en la iglesia durante las novenas, en los ritos de Semana Santa y en las misas solemnes. Después empieza en las plazas con los cantadores locales, desde siempre considerados los pilares del canto sardo.

Los años 50 llevan a Maria Carta a ser reconocida en su tierra, mientras desaparece la primera oportunidad de trabajo que la ve protagonista en una fotonovela; gana –envuelta por un chal de seda– el concurso de Miss Cerdeña. Se convierte en una mujer que camina hacia el futuro, y en el umbral de los años 60 deja su isla para irse a Roma, donde frecuenta el Centro de estudios de música popular de la Academia de Santa Cecilia dirigido por Diego Carpitella, y así empieza a explorar su territorio para buscar y grabar antiguos cantos salvándolos del olvido y dándoles su voz:

«En Cerdeña el canto nació femenino, junto a la poesía, nació en los tiempos del matriarcado...».

Choca con la dificultadad de ser aceptada como mujer en el escenario en Cerdeña porque, cuenta,

«entonces el canto sardo pertenecía exclusivamente a los hombres».

Se establece definitivamente en Roma, pero regresa a menudo a su casa para recopilar los cantos, las poesías y las melodías de la voz de los ancianos. En la isla colabora con Giovanni Maria Dettori, sacerdote de Siligo, estudioso y experto del idioma sardo, de los cantos, de la poesía y él mismo poeta reconocido en las manifestaciones culturales más importantes de la región. Gracias a él aprende el canto gregoriano y viejas melodías en sardo. La carrera de Maria empieza oficilamente en 1972 cuando Ennio Morricone le hace grabar la canción de la serie televisiva Mosè (Moisés), aunque su primer disco Paradiso in Re había salido ya en 1971, seguido luego de otros álbumes entre los que aquí se recuerdan Delirio y Nuovo Maggio (1973), Dies irae (1974), Vi canto una storia assai vera –un conjunto de cantos populares y de protesta política (1976)–, La voce e i canti di Maria Carta I e II vol. (1977), Umbras (1978), Aidiridiridinni (1979), Sonos de memoria (1985), hasta llegar a su último CD, casi todo en italiano, Le memorie della musica (1993). Maria canta el amor, la muerte, la felicidad, el dolor a través de antiguas melodías mágicas. Su canto, nacido de la necesidad y alimentado por la pasión, se convierte rápidamente en un deber moral, una tarea concreta que tiene que llevar adelante.

on su voz única, capaz de suscitar fuertes emociones, cuenta sentimientos y nostalgias, las esperanzas de un pueblo antiguo para que el resto del mundo conozca su auténtica alma. Asume un profundo compromiso político en donde el canto se convierte en momento poético de lucha, y con razón se le atribuye el mérito de haber otorgado a la tradición popular sarda un valor universal. En 1972 la RAI presenta el documental Incontro con Maria Carta (Encuentro con M.C.) donde la artista interactúa con Riccardo Cucciolla recitando versos, cantando y relatando fragmentos autobiográficos. Llega otro documental, Maria Carta. Sardegna, una voce (M.C., Cerdeña, una voz) dirigido por Gianni Amico con guion, escenografía y colaboración artística de Salvatore Laurani. En 1975 publica Canto rituale (Roma), una recolección de poesías, de ‘historias’ que evocan algunas sugestiones de la Antología de Spoon River. Encomienda la denuncia social a la poesía. Su mirada hacia los olvidados proporciona luz a la desesperación de los muertos así como al trabajo que mata en las fábricas belgas, al polvo y al sudor que penetran en las arrugas como si fueran heridas, año tras año, en los rostros de millones de mujeres y hombres destrozados, iluminados por la luz de la madrugada y petrificados. Lo hace dando voz a una especie de enciclopedia de los muertos, evocando a Nicola Virdis que desciende a setecientos metros bajo tierra en la negrura de una mina. Sus palabras son políticas.

En 1976 sale elegida concejala del ayuntamiento de Roma en las listas del Partido comunista italiano (PCI). Durante esos años refuerza su relación de estimación y profunda amistad con Enrico Berlinguer, presidente del PCI de 1972 a 1984. Sobre esa experiencia, que llevó a cabo con constancia, escribe: «La actividad política fue un flash en mi vida. Participé, me comprometí: y son momentos que me han servido mucho, fue una gran experiencia. Ahora creo que no es justo que haga política… Quizás fue un momento mío de protesta, de toma de conciencia». En 1981 el nacimiento de su hijo David, el evento más iportante de su vida, le inspira una de las canciones de cuna más lindas que añade a su repertorio. Sin embargo Maria no es solo una cantante, investigadora y poetisa, también es protagonista de muchas películas y goza de la amistad con directores de cine del calibre de Pier Paolo Pasolini y Franco Zeffirelli. En Francia interpreta el papel de Cecilia en La Cecilia de Jean Louis Comolli. En El Padrino de Francis Ford Coppola con Robert de Niro y Marlon Brando, Parte II, es la madre. Es Marta en Jesús de Nazaret de Zeffirelli. Trabaja en Excelentísimos cadáveres de Franco Rosi y en Padroni dell’estate (Dueños del verano) de Marco Parodi. Tiene el papel de la viuda en la serie televisiva Il passatore (un famoso bandolero del 800) y luego interpreta a Medea en el teatro, con Valeria Moriconi bajo la dirección de Franco Enriquez, y a santa Teresa de Ávila en A piedi nudi verso Dio (Descalzo hacia Dios), película dedicada a San Juan de la Cruz. Participa en la serie Un reietto delle isole de Giorgio Moser, rodado enteramente en la India; tiene un papel en El Camorrista de Giuseppe Tornatore, trabaja en la película sobre Grazia Deledda L’isola di Grazia Deledda, Disamistade de Franco Cabiddu y en Le mele marce de Pasquale Festa Campanile. Actúa en el espectáculo teatral Las memorias de Adriano con Giorgio Albertazzi; interpreta a Grazia Deledda en un importante programa de la RAI presentado por Oliviero Beha.

Jesús de Nazaret

No obstante, el cine no es el mundo de Maria Carta, la pasión de su vida sigue siendo el canto. Y es el canto lo que la lleva de un éxito a otro. Su fama supera las fronteras; la invitan a los teatros y catedrales más célebres del mundo: desde Italia viaja por toda Europa (Alemania, Bélgica, España, Francia, Suiza, entre otros) hasta llegar al Bolshoi de Moscú y luego al continente americano, al africano, a la India. Canta con Joan Baez y con Amalia Rodrígues. El presidente soviético Mijaíl Gorvachov la invita a Estocolmo en ocasión de la fiesta del Premio Nobel. De 1980 a 1986 a menudo se encuentra en Francia donde se convierte en un mito: hace varios conciertos en el Palacio de los Papas de Aviñón, canta en la basílica de San Severin, en el Olympia y en el Théâtre de la Ville de París. Los periódicos franceses Le Figaro, Le Monde, Humanité, Les Nouvelles littéraires, Le Matin recogen sus éxitos y la presentan como una voz que evoca el alma de un pueblo de madre latina procedente del mar. Su fama ya es internacional, sin embargo algunos eventos dolorosos marcan su vida a partir de la segunda mitad de los años ochenta: su hermana y su madre mueren, y vuelve a encontrarse a solas.

El 17 de noviembre de 1986 sale hacia Perú, donde hace una serie de conciertos en Lima. Se exhibe en la catedral de San Patricio de Nueva York, en un concierto de cantos gregorianos, espirituales y melodias sardas: el éxito es arrasador y los periódicos hablan del acontecimiento durante días. En 1988 se encuentra en la Catedral de Saint Mary y luego en Filadelfia. En 1989 en Hamburgo: ese año descubre que sufre una grave enfermedad, de la que habla públicamente algo más tarde en un programa televisivo italiano. Se exhibe en el aula magna de la Universidad de Bolonia en casión de las celebraciones de su IX Centenario y en 1999 la misma universidad le encarga la docencia del curso de Antropología cultural. La Universidad sarda de Sassari le encarga que enseñe su método de investigación sobre los cantos populares a sus estudiantes. En 1991 el presidente de la República Italiana, Francesco Cossiga (sardo como ella), le otorga el prestigioso título de Commendatrice della Repubblica italiana. La enfermedad la lleva a menudo a pensar en redirse, pero sigue luchando y participa en muchísimos programas de televisión con presentadores como Maurizio Costanzo, Pippo Baudo, Gigi Marzullo, Wilma de Angelis, Red Ronnie; canta en el Festival della canzone italiana de San Remo (1993) pero no pasa la selección. Muere en su casa de Roma el 22 de septiembre de 1994.

Tras su muerte, ese mismo año se instituye la Fondazione Maria Carta, con el objetivo de promover la cultura y la música de Cerdeña. A partir de 2003 dicha fundación otorga anualmente el “Premio Maria Carta” a quien contribuye de algún modo a promover la imagen de la cultura sarda en Italia y en el mundo. En 2016 la Fundación promueve el proyecto Freemos - Liberi di restare (Libres de quedarse), una iniciativa para sensibilizar a la opinión pública sobre el drama de la despoblación de las zonas internas de la isla. En toda Italia hay calles y plazas con su nombre, especialmente en su amada Cerdeña.

Cagliari, foto de Daniela Serra Sassari, foto de Teresa Spano

Amy Beach
Viola d'Anselmo


Elisabetta Sichel

 

Una delle più importanti compositrici e pianiste statunitensi è stata Amy Marcy Cheney Beach, nata il 5 settembre 1867 a Henniker, nel New Hampshire, da Charles Abbott Cheney e Clara Imogene Marcy Cheney. È stata la prima donna americana a essersi cimentata nella produzione di musica colta, componendo innumerevoli poemi sinfonici, e a riscuotere un grandissimo successo, pur non avendo studiato in Europa. Fin da piccola è sempre stata molto legata alla musica, grazie al modello rappresentato dalla madre, un’eccellente pianista e cantante. La stessa Amy venne definita una bambina prodigio: alla tenera età di un anno era già capace di cantare ben quaranta canzoni, a due anni era in grado di improvvisare, usando il contrappunto, qualunque melodia sua madre cantasse e a tre anni sapeva leggere da autodidatta. A quattro anni, mentre passava le vacanze estive alla fattoria del nonno, compose tre valzer per pianoforte a mente, dai titoli Snowflake Waltz, Marlborough Waltz e Mama’s Waltz, che poi suonò alla famiglia una volta tornata a casa. Era perfettamente in grado di riprodurre musica a orecchio, possedendo quello che si definisce “un orecchio assoluto”. I genitori cercarono di tenere il passo con i suoi interessi, fissando però dei paletti per non compromettere la loro autorità agli occhi della figlia. Ma, quando non si soddisfacevano i suoi desideri e standard, la bambina si arrabbiava dando in escandescenze.

Da piccola associava i colori alla musica in tonalità diverse e chiedeva a sua madre di suonare la canzone in un colore. I colori suggerivano l’umore e in seguito la aiutarono a esporre meglio il suo stile compositivo. Finalmente, all’età di sei anni, Amy iniziò con la madre le lezioni di pianoforte, esibendosi in recital pubblici di opere di Beethoven, Chopin e di suoi brani personali. Dopo che uno di questi spettacoli venne recensito dalla rivista d’arte The Folio, Amy venne contattata da diversi agenti, che le proposero un tour di concerti. Ma i genitori, vista la sua giovanissima età, rifiutarono le offerte. Benché fosse stato suggerito loro di mandare la figlia a studiare in un conservatorio europeo, dopo essersi trasferiti a Chelsea, un sobborgo di Boston (diventata la capitale musicale degli Stati Uniti dopo la guerra civile), optarono per una formazione locale, assumendo insegnanti di pianoforte di grande fama. Nel frattempo, arrivata ai 14 anni, Amy iniziò a prendere anche lezioni di armonia e contrappunto. Ma questa fu l’unica istruzione formale come compositrice che ricevette. Dato che le venne rifiutato l’insegnamento di composizione in quanto donna, il resto degli studi proseguì da autodidatta: la giovane, infatti, raccoglieva tutti i libri che poteva trovare sull’argomento, persino in francese, per poterli studiare. Analizzava i capolavori del passato arrivando a riscriverne le parti a memoria, deducendo da sola regole e procedimenti.

Beach fece il suo debutto ufficiale in concerto nel 1883 a sedici anni alla Boston’s Music Hall in un Promenade Concert (concerto in cui parte della sala è destinata al pubblico in piedi), dove suonò Chopin e fu addirittura solista al pianoforte con il Concerto n. 3 in sol minore di Moscheles. Grazie all’esibizione conquistò il pubblico riscuotendo un enorme successo, come mai si era visto prima di allora al concerto di una debuttante. Nei due anni successivi suonò alla Chickering Hall e si esibì nella performance finale della stagione 1884-85 della Boston Symphony. Nel 1885 l’editore di musica di Boston Arthur P. Schmidt, un sostenitore delle donne compositrici, iniziò a far emergere i lavori di Amy Beach. Lo stesso anno, la giovane sposò il dottor Henry Harris Aubrey Beach (le cui iniziali H.H.A. Beach diedero il nome a molte composizioni dell’artista), un chirurgo di Boston e docente di Harvard, che aveva ben 25 anni più di lei. A seguito del matrimonio, accettò di ricoprire il ruolo di mecenate per le arti e matrona della società. Il marito la convinse a non insegnare mai pianoforte e, inoltre, a limitare le sue esibizioni pubbliche a due all’anno, per scopo benefico o per presentare i suoi nuovi lavori, e dedicare il suo tempo esclusivamente alla composizione di opere. E dovette continuare gli studi da autodidatta, perché il dottor Beach disapprovava che sua moglie studiasse con un insegnante. Purtroppo, restrizioni come queste erano tipiche per le donne della classe media e alta dell’epoca.

Di spirito profondamente romantico, il suo stile compositivo era ricco di creatività melodica e inattese sovrapposizioni ritmiche, al punto da richiamare talvolta le sonorità di Brahms e Rachmaninoff, ma anche armonie esotiche e tonalità che corrispondevano, nella sua poetica, a dei colori precisi (il Mi era il giallo, il Sol il rosso). Nel 1892 arrivò per l’artista un grandissimo successo quando la Handel e Haydn Society Orchestra, che non aveva mai suonato un pezzo composto da una donna, eseguì la sua Messa in Mi bemolle maggiore (Mass in E-flat major), che Beach iaveva iniziato a comporre all’età di 19 anni, con parti per solisti, coro, orchestra e organo. I critici musicali dei giornali accolsero con entusiasmo la creazione, eleggendola una delle compositrici più importanti d’America e paragonando la sua Messa a quelle di Cherubini e Bach. Fu proprio lei, alla Boston Symphony Orchestra nel 1896, a diventare la prima donna americana a comporre e pubblicare una sinfonia, la Gaelic Symphony, basata su melodie irlandesi. Riscosse, anche stavolta, un eccezionale successo, tanto che il compositore George Whitefield Chadwick le scrisse una lettera in cui le diceva di essere profondamente orgoglioso di lei e che, volente o nolente, lei avrebbe fatto parte del suo gruppo di compositori di straordinario talento, conosciuti come Second New England School. Con l’aggiunta di Amy Beach, la più giovane partecipante, vennero a essere noti come i Boston Six, un gruppo di compositori — e compositrici — con l’obiettivo di apportare uno stile prettamente americano alle proprie opere.

Nel 1900 Amy debuttò alla Boston Symphony con il suo Concerto per pianoforte come compositrice e solista. Si crede che il pezzo suggerisca le lotte di Beach, prima con la madre e poi con il marito, per il costante controllo della sua vita musicale. Nel giugno 1910 il marito morì e sette mesi dopo se ne andò anche la madre. Beach decise quindi di trasferirsi per un po’ in Europa, per cercare di riprendersi dai lutti e riaffermarsi come pianista. Il primo anno nel Vecchio Continente fu di totale riposo e recupero, ma nel 1912 ricominciò finalmente a dare concerti, debuttando a Dresda. La sua carriera ebbe così un “secondo atto” e un rilancio della performance professionale. Tenne vari concerti in Germania, dove poche furono le voci critiche e tante le lodi che riconobbero il suo genio. Venne infatti definita la prima americana capace di comporre musica con l’eccellenza della qualità europea.

Gli anni europei e quelli del successivo ritorno negli Usa costituirono il terreno per la libera sperimentazione di alcune tecniche post-tonali. Quattro anni dopo la partenza, nel 1914 Beach tornò in America. Nell’anno successivo fu spesso onorata con concerti della sua musica e ricevimenti. A parte i tour a cui partecipava, trascorse gran parte del tempo a New York; intanto componeva e incontrava altre compositrici e musiciste come lei. Usò il suo status di miglior compositrice americana per aiutare giovani musicisti e musiciste a raggiungere il successo, ricoprendo il ruolo di mentore e incoraggiandoli a perfezionare il loro mestiere attraverso il duro lavoro. E tra il 1904 e il 1943 pubblicò numerosissimi articoli incentrati sulla programmazione, preparazione e studio di tecniche per pianisti e pianiste, riportando la sua esperienza e routine personale. Continuò a difendere e diffondere l’educazione musicale, creando in primis il Beach Club, con lo scopo di insegnare le basi della musica ai bambini e alle bambine; ma anche lavorando come leader di alcune organizzazioni focalizzate sull’educazione delle donne, come ad esempio la Society of American Women Composers. Per la sua passione e attività, l’Università del New Hampshire le assegnò un master honoris causa nel 1928.

Tra il 1928 e il 1929 trascorse il suo tempo a Roma, dove si recava a concerti di musica classica ogni giorno. Organizzò anche lei un concerto in cui raccolse una grande somma di denaro per l’American Hospital della città. A partire dal 1940 si trovò costretta a ritirarsi dalle scene e dal lavoro a causa di una malattia cardiaca, che la portò alla morte a New York il 27 dicembre 1944. Durante la sua vita la compositrice scrisse oltre trecento opere, dilettandosi in ogni genere, ma la sua passione sicuramente risiedeva nelle canzoni d’arte e nella musica vocale da camera. Come pianista, suonò sia opere originali che di altri autori e autrici. Ha studiato il canto degli uccelli, i suoni della natura ed è stata influenzata da temi popolari come quelli irlandesi, scozzesi, eschimesi e dei nativi americani. I suoi lavori dimostrano la capacità di creare un collegamento diretto tra musica e testo. Va detto però che, nonostante la fama e i riconoscimenti ricevuti durante tutta la vita, Beach è stata in gran parte trascurata dopo la morte. Solo negli ultimi decenni gli sforzi per ravvivare l’interesse per le opere dell’artista hanno avuto effetto. Oggi è inserita, come unico nome femminile, tra gli ottantasei compositori eccellenti di ogni epoca e nazionalità, su una stele in granito, presso la Hatch Memorial Shell a Boston.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

L'une des compositrices et pianistes américaines les plus importantes a été Amy Marcy Cheney Beach, née le 5 septembre 1867 à Henniker, dans le New Hampshire, de Charles Abbott Cheney et Clara Imogene Marcy Cheney. Elle a été la première femme américaine à se consacrer à la musique savante, composant d'innombrables poèmes symphoniques, et à connaître un immense succès, même sans avoir étudié en Europe. Dès son enfance, elle a toujours été très attachée à la musique, grâce à l'exemple de sa mère, une excellente pianiste et chanteuse. Amy a été définie comme une enfant prodige : à l'âge d'un an, elle pouvait déjà chanter quarante chansons, à deux ans, elle était capable d'improviser en utilisant le contrepoint sur n'importe quelle mélodie chantée par sa mère, et à trois ans, elle savait lire de manière autodidacte. À quatre ans, pendant ses vacances à la ferme de son grand-père, elle a composé trois valses pour piano dans sa tête, intitulées Snowflake Waltz, Marlborough Waltz et Mama’s Waltz, qu'elle a ensuite jouées à sa famille à son retour. Elle pouvait parfaitement reproduire la musique à l'oreille, ayant ce que l'on appelle une « oreille absolue ». Ses parents ont essayé de suivre ses intérêts tout en posant des limites pour maintenir leur autorité. Mais lorsqu'ils ne répondaient pas à ses attentes, elle se mettait en colère et faisait des crises.

Petite, elle associait les couleurs aux différentes tonalités musicales et demandait à sa mère de jouer une chanson dans une certaine couleur. Ces couleurs suggéraient des humeurs et l'ont ensuite aidée à affiner son style de composition. À l'âge de six ans, Amy a enfin commencé les cours de piano avec sa mère et s’est produite lors de récitals publics en jouant des œuvres de Beethoven, Chopin, ainsi que ses propres compositions. Après l'une de ces représentations, le magazine The Folio l’a mentionnée, et Amy a été contactée par plusieurs agents qui lui ont proposé une tournée de concerts. Mais ses parents, en raison de son jeune âge, ont refusé les offres. Bien que certains leur aient conseillé de l’envoyer étudier dans un conservatoire en Europe, ils ont préféré une formation locale après avoir déménagé à Chelsea, en banlieue de Boston (devenue la capitale musicale des États-Unis après la guerre civile). Ils ont donc engagé des professeurs de piano très renommés. À quatorze ans, Amy a aussi commencé des cours d’harmonie et de contrepoint, mais ce fut sa seule formation officielle en composition. Parce qu'elle était une femme, on lui a refusé un enseignement en composition. Elle a donc poursuivi ses études en autodidacte, collectant tous les livres disponibles sur le sujet, même en français, pour les étudier. Elle analysait les chefs-d'œuvre du passé, les recopiant de mémoire et en déduisant seule les règles et procédés.

Amy Beach a fait ses débuts officiels en concert en 1883, à seize ans, lors d’un Promenade Concert à la Boston's Music Hall, où elle a joué Chopin et a été soliste pour le Concerto n°3 en sol mineur de Moscheles. Grâce à cette performance, elle a conquis le public, obtenant un succès jamais vu pour une débutante. Dans les deux années suivantes, elle a joué à la Chickering Hall et lors du concert final de la saison 1884-85 de la Boston Symphony. En 1885, l’éditeur musical de Boston, Arthur P. Schmidt, un grand défenseur des compositrices, a commencé à faire connaître ses œuvres. Cette même année, Amy a épousé le docteur Henry Harris Aubrey Beach, chirurgien à Boston et professeur à Harvard, qui avait 25 ans de plus qu'elle. Après son mariage, elle a accepté de jouer le rôle de mécène et de matrone de la société. Son mari l'a convaincue de ne jamais enseigner le piano et de limiter ses performances publiques à deux par an, uniquement pour des œuvres caritatives ou pour présenter ses nouvelles compositions. Elle a donc continué ses études de manière autodidacte, car le Dr Beach désapprouvait l’idée qu’elle ait un professeur. Malheureusement, de telles restrictions étaient typiques pour les femmes de la classe moyenne et supérieure de l'époque.

D'un esprit profondément romantique, son style de composition était riche en créativité mélodique et en superpositions rythmiques inattendues, évoquant parfois les sonorités de Brahms et Rachmaninoff, mais aussi des harmonies exotiques et des tonalités correspondant, selon elle, à des couleurs précises (le Mi était le jaune, le Sol le rouge). En 1892, Beach a connu un grand succès lorsque l'orchestre Handel et Haydn Society, qui n'avait jamais joué une œuvre composée par une femme, a interprété sa Messe en mi bémol majeur. Les critiques l'ont saluée, la comparant aux messes de Cherubini et de Bach, et l'ont élue comme l'une des plus grandes compositrices américaines. En 1896, elle est devenue la première femme américaine à composer et publier une symphonie, la Gaelic Symphony, basée sur des mélodies irlandaises. Elle a une fois de plus rencontré un succès exceptionnel, au point que le compositeur George Whitefield Chadwick lui a écrit pour exprimer sa fierté et lui dire qu’elle ferait désormais partie, qu’elle le veuille ou non, du groupe de compositeurs de grand talent, connus sous le nom de Second New England School. Avec Amy Beach, ce groupe est devenu les Boston Six, un collectif de compositeurs, hommes et femmes, qui visaient à apporter un style américain à leurs œuvres.

D'un esprit profondément romantique, son style de composition était riche en créativité mélodique et en superpositions rythmiques inattendues, évoquant parfois les sonorités de Brahms et Rachmaninoff, mais aussi des harmonies exotiques et des tonalités correspondant, selon elle, à des couleurs précises (le Mi était le jaune, le Sol le rouge). En 1892, Beach a connu un grand succès lorsque l'orchestre Handel et Haydn Society, qui n'avait jamais joué une œuvre composée par une femme, a interprété sa Messe en mi bémol majeur. Les critiques l'ont saluée, la comparant aux messes de Cherubini et de Bach, et l'ont élue comme l'une des plus grandes compositrices américaines. En 1896, elle est devenue la première femme américaine à composer et publier une symphonie, la Gaelic Symphony, basée sur des mélodies irlandaises. Elle a une fois de plus rencontré un succès exceptionnel, au point que le compositeur George Whitefield Chadwick lui a écrit pour exprimer sa fierté et lui dire qu’elle ferait désormais partie, qu’elle le veuille ou non, du groupe de compositeurs de grand talent, connus sous le nom de Second New England School. Avec Amy Beach, ce groupe est devenu les Boston Six, un collectif de compositeurs, hommes et femmes, qui visaient à apporter un style américain à leurs œuvres.

En 1900, Amy a fait ses débuts à la Boston Symphony en tant que compositrice et soliste avec son Concerto pour piano. Certains pensent que cette œuvre reflète ses luttes, d’abord avec sa mère puis avec son mari, pour le contrôle de sa carrière musicale. En juin 1910, son mari est décédé, suivi sept mois plus tard par sa mère. Amy a alors décidé de s’installer en Europe pour se remettre de ses pertes et relancer sa carrière de pianiste. Après un an de repos, elle a fait son retour sur scène en 1912, avec des concerts à Dresde, où elle a été acclamée pour son talent. En 1914, après quatre ans en Europe, elle est rentrée aux États-Unis, où elle a été honorée par plusieurs concerts de ses œuvres et réceptions. Elle a utilisé sa position de meilleure compositrice américaine pour aider les jeunes musiciens, les encadrant et les encourageant à perfectionner leur art. Entre 1904 et 1943, elle a publié de nombreux articles sur la technique et l'étude pour pianistes, partageant son expérience personnelle. Elle a aussi défendu l’éducation musicale, créant le Beach Club pour enseigner la musique aux enfants et dirigeant des organisations comme la Society of American Women Composers. En 1928, l'Université du New Hampshire lui a décerné un master honoris causa.

Entre 1928 et 1929, elle a passé du temps à Rome, où elle a organisé un concert de charité. À partir de 1940, elle a dû se retirer en raison d'une maladie cardiaque, qui l’a finalement emportée à New York le 27 décembre 1944. Pendant sa vie, Beach a composé plus de 300 œuvres, explorant divers genres, mais sa passion principale était pour les chansons d'art et la musique vocale de chambre. Ses œuvres montrent sa capacité à établir un lien direct entre musique et texte. Malgré la reconnaissance de son vivant, Beach a été largement négligée après sa mort, et ce n'est que ces dernières décennies que l'intérêt pour son travail a été ravivé. Aujourd’hui, elle est la seule femme parmi les 86 compositeurs immortalisés sur un monument en granit au Hatch Memorial Shell de Boston.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

One of the most important American women composers and pianists was Amy Marcy Cheney Beach, born on September 5, 1867, in Henniker, New Hampshire, to Charles Abbott Cheney and Clara Imogene Marcy Cheney. She was the first American woman to try her hand at producing “cultured” music, composing countless symphonic poems, and the first to enjoy great success despite not having studied in Europe. From an early age, she was always very connected to music, thanks to the role model presented by her mother, an excellent pianist and singer. Amy herself was described as a child prodigy - at the tender age of one she was already able to sing as many as forty songs, at two she was able to improvise, using counterpoint, whatever melody her mother sang, and at three she could read, self-taught. At the age of four, while spending her summer vacation at her grandfather's farm, she composed three piano waltzes in her head, titled Snowflake Waltz, Marlborough Waltz, and Mama's Waltz, which she then played to her family when she returned home. She was perfectly capable of playing music by ear, possessing what is called "a pitch perfect ear." Her parents tried to keep up with her interests, but set stakes so as not to compromise their authority in their daughter's eyes. But, when her desires and standards were not met, the child became angry, throwing a fit.

As a child, she associated colors with music in different shades and asked her mother to play the song in a color. The colors suggested mood and later helped her better develop her compositional style. Finally, at the age of six, Amy began piano lessons with her mother, performing in public recitals of works by Beethoven, Chopin and her own pieces. After one of these performances was reviewed by the art magazine The Folio, Amy was approached by several agents, who offered her a concert tour. But her parents, given her very young age, declined the offers. Although it had been suggested to them that they send their daughter to study at a European conservatory, after moving to Chelsea, a suburb of Boston (which became the musical capital of the United States after the Civil War), they opted for a local education, hiring renowned piano teachers. Meanwhile, as she reached the age of 14, Amy also began taking lessons in harmony and counterpoint. But this was the only formal instruction as a composer she received. Because she was refused, as a woman, education in composition, the rest of her studies continued as a self-taught musician. The young woman collected all the books she could find on the subject, even in French, in order to study them. She analyzed past masterpieces going so far as to rewrite parts of them from memory, deducing rules and procedures on her own.

Beach made her official concert debut in 1883 at the age of sixteen at Boston's Music Hall, in a Promenade Concert (a concert in which part of the hall is set aside for a standing audience), where she played Chopin and was even soloist on the piano with Moscheles' Concerto No. 3 in G minor. Thanks to the performance, she won the audience over with enormous success, the likes of which had never before been seen at a debut concert. Over the next two years she played at Chickering Hall and performed in the final performance of the Boston Symphony's 1884-85 season. In 1885 Boston music publisher Arthur P. Schmidt, a supporter of women composers, began to bring out Amy Beach's works. That same year, the young woman married Dr. Henry Harris Aubrey Beach, a Boston surgeon and Harvard professor, who was a full 25 years her senior. Following marriage, she accepted the role of patron for the arts and matron of society. Her husband convinced her never to teach piano and, moreover, to limit her public performances to two a year, for charity or to present her new works, and devote her time exclusively to composing works. And she had to continue her studies as an autodidact, because Dr. Beach disapproved of his wife studying with a teacher. Unfortunately, restrictions such as these were typical for middle- and upper-class women of the time.

Deeply romantic in spirit, her compositional style was rich in melodic creativity and unexpected rhythmic overlays, to the point of sometimes recalling the sonorities of Brahms and Rachmaninoff, but also exotic harmonies and tonalities that corresponded, in her poetics, to precise colors (E was yellow, G was red). In 1892 came a great success for the artist when the Handel and Haydn Society Orchestra, which had never before played a piece composed by a woman, performed her Mass in E-flat Major, which Beach had begun composing at the age of 19, with parts for soloists, choir, orchestra and organ. Newspaper music critics enthusiastically welcomed the creation, declaring her to be one of America's most important composers and comparing her Mass to those of Cherubini and Bach. It was she, at the Boston Symphony Orchestra in 1896, who became the first American woman to compose and publish a symphony, the Gaelic Symphony, based on Irish melodies. She was, again, an outstanding success, so much so that composer George Whitefield Chadwick wrote her a letter telling her he was deeply proud of her and that, like it or not, she would be part of his group of extraordinarily talented composers known as the Second New England School. With the addition of Amy Beach, the youngest participant, they came to be known as the Boston Six, a group of male and female composers with the goal of bringing a distinctly American style to their works.

In 1900 Amy made her Boston Symphony debut with her Piano Concerto as composer and soloist. The piece is believed to suggest Beach's constant struggles, first with her mother and then with her husband, for control of her musical life. In June 1910 her husband died, as did her mother seven months later. Beach then decided to move to Europe for a while to try to recover from her grief and reestablish herself as a pianist. The first year on the Old Continent was one of total rest and recuperation, but in 1912 she began giving concerts again, making her debut in Dresden. Her career thus had a "second act" and a revival of professional performance. She gave several concerts in Germany, where there were few critical voices and much praise that recognized her genius. Indeed, she was called the first American capable of composing music with the excellence of European quality.

The European years and those of her subsequent return to the U.S. provided the ground for her free experimentation with certain post-tonal techniques. In 1914, four years after her departure, Beach returned to America. In the following year she was often honored with concerts of her music and receptions. Apart from the tours she took part in, she spent most of her time in New York, where she composed and met other women composers and musicians like herself. She used her status as America's best composer to help young female and male musicians achieve success, serving as a mentor and encouraging them to perfect their craft through hard work. And between 1904 and 1943 she published numerous articles focusing on planning, preparing and studying techniques for male and female pianists, reporting on her personal experience and routine. She continued to advocate and spread music education, first by creating the Beach Club, with the aim of teaching the basics of music to boys and girls; but also by working as a leader of a number of organizations focused on women's education, such as the Society of American Women Composers. For her passion and activity, the University of New Hampshire awarded her an honorary master's degree in 1928.

Between 1928 and 1929 she spent her time in Rome, where she went to classical music concerts nearly every day. She also organized a concert in which she raised a large sum of money for the city's American Hospital. Beginning in 1940 she found herself forced to retire from the stage and work due to heart disease, which led to her death in New York City on December 27, 1944. During her lifetime she composed more than three hundred works, dabbling in every genre, but her passion surely lay in art songs and vocal chamber music. As a pianist, she played both original works and works by other composers and authors. She studied birdsong, nature sounds and was influenced by folk themes such as Irish, Scottish, Eskimo and Native American. Her works demonstrate the ability to make a direct connection between music and text. It must be said, however, that despite the fame and recognition she received throughout her lifetime, Beach was largely neglected after her death. Only in recent decades have efforts to revive interest in the artist's work taken effect. Today she is included as the only female name among eighty-six outstanding composers of all ages and nationalities on a granite stele at the Hatch Memorial Shell in Boston.

 

Florence Smith Price
Carlotta Desario


Elisabetta Sichel

 

Florence Beatrice Price: sono certa che questo nome non sia familiare a molte e molti, nonostante porti con sé una grande rivoluzione. Stiamo parlando della prima compositrice nera a essere riconosciuta come tale e ad avere una propria sinfonia suonata da una delle principali orchestre statunitensi, la Chicago Symphony Orchestra, nel giugno del 1933.

Florence Beatrice Smith Price nasce il 9 aprile 1887 a Little Rock, in Arkansas. Sua madre, Florence Gulliver, è un’insegnante di musica e musicista di grande talento. Suo padre è uno dei pochi dentisti neri del Paese, in più scrive e dipinge per diletto. È necessario mettere subito in chiaro che le opportunità educative per la popolazione afroamericana nel dopoguerra civile sono assai limitate. Tuttavia, la famiglia Smith ha accesso ai mezzi finanziari necessari per fornire un'istruzione privata di cui Florence ha bisogno per sviluppare al meglio il talento musicale. Cresce in una casa molto elegante: pavimenti in moquette, tre camere da letto con mobili pregiati, una sala per il cucito, una biblioteca con libri e riviste di medicina che la bambina ama leggere. Le biblioteche pubbliche non erano infatti accessibili alle persone di colore. Florence dà inizio allo studio del pianoforte con la madre. Arricchisce poi la sua formazione presso l’Allison Presbyterian Church di Little Rock, dove ascolta regolarmente le opere sacre di Bach, Mendelssohn e Williams. Continua i suoi studi con Charlotte Andrews Stephens, musicista formatasi al Conservatorio di Oberlin. A quattordici anni si diploma alla Capital Hight School come valedictorian, la studente che tiene il discorso di commiato. Viene subito ammessa al New England Conservatory of Music di Boston, uno dei pochi conservatori dell’epoca che accettava persone afroamericane. Lì inizia lo studio dell’organo, della composizione e del contrappunto con maestri riconosciuti.

La madre è solita presentare la figlia come proveniente dalla città messicana di Pueblo, sfruttando l’ambiguità del colore della pelle per evitare che Florence rimanga segnata da un’identità purtroppo molto stigmatizzata. Inoltre, la sua carnagione più chiara è data della discendenza mista: “francese, indiana e spagnola” da parte di madre e “nera, indiana e inglese” da parte di padre. Price però non dimentica mai i propri caratteri ereditari: esplora presto il folk nero e la storia di antenate e antenati. Si laurea nel 1906 con il massimo dei voti e ottiene una doppia specializzazione in pedagogia pianistica e come concertista d’organo. Florence appartiene all’ideologia del “Talented Tenth”, portandosi avanti come una leader del pensiero di DuBois. Seguendo il principio del fondatore, infatti, la pianista sacrifica gli interessi personali e dirige tutti gli sforzi ai fini di un riscatto personale e sociale della popolazione afroamericana. L’istruzione è il principio centrale, il pilastro della comunità. Il privilegio di appartenere a una famiglia benestante unito a una notevole ambiguità razziale le ha sicuramente consentito un maggiore potenziale di azione rispetto alle persone più povere incastrate nella sottomissione post-schiavitù. Price sceglie comunque di abbracciare tutti gli aspetti dell’eredità nera. Come compositrice, coltiva un’estetica attorno alla sua convinzione che

«una musica nazionale molto bella e molto americana può venire dall’unione di tante razze proprio come è fatta la nazione stessa».

Nel 1906 torna in Arkansas e lì inizia la sua carriera di docente presso la Cotton Plant-Arkadelphia Academy a Cotton Plant e presso lo Shorter College di North Little Rock. Insegna per breve tempo, prima di trasferirsi ad Atlanta, in Georgia, dove diviene capo dipartimento di musica alla Clark Atlanta University. È la prima donna ad assumere un ruolo così importante. A causa della segregazione, questa istituzione si rivolge a una fascia demografica principalmente nera ma Price si costruisce comunque un solido profilo come educatrice. Nel 1912 sposa l’avvocato Thomas J. Price, da cui prende il cognome, e torna nuovamente a Little Rock abbandonando l’insegnamento. Qui ha due figlie, Florence Luise e Edith, ma non riesce a trovare lavoro a causa del razzismo ancora presente in città. L’intensificarsi delle tensioni razziali, che possiamo vedere, ad esempio, con il linciaggio di un uomo nero nel 1927, costringe la famiglia a trasferirsi a Chicago, in quella grande migrazione di molti e molte per sfuggire alle leggi di Jim Crow che colpiscono il Sud. Le difficoltà finanziarie unite ai comportamenti violenti del marito portano Florence a divorziare, così si trova a crescere da sola le due figlie. Il divorzio avviene nel gennaio del 1931 e il 14 febbraio dello stesso anno la donna sposa Pusey Dell Arnett, un agente assicurativo ed ex giocatore di baseball vedovo. Probabilmente si separano qualche anno dopo, senza mai divorziare. Per ricavare da vivere Price compone canzoni per spot radiofonici utilizzando lo pseudonimo di Vee Jay, scrive libri per pianisti principianti e lavora come organista alle proiezioni di film muti.

Nel frattempo, vive con la sua amica Margaret Bonds, anche lei pianista e compositrice nera. Questa amicizia collega ben presto Price con lo scrittore Langston Hugues e la contralto Marian Anderson, figure importanti nel mondo dell’arte che la aiuteranno nel successo come compositrice. Nel 1932 Price e Bonds candidano le proprie composizioni per gli Wanamaker Foundation Awards. Price vince il primo premio con la sua Sinfonia in mi minore, e arriva terza con la Sonata per pianoforte, vincendo 500 dollari. Insieme a Bonds e Nora Holt prende parte attiva al Chicago Black Renaissance, un movimento artistico nelle zone meridionali nere della città. Studia orchestrazione e armonia con grandi maestre e maestri, diplomandosi nel 1934 e incontrando spesso persone di notevole spessore artistico nel campo della musica. Grazie a quella vittoria la Chicago Symphony Orchestra esegue la Sinfonia n.1 il 15 giugno 1933: è la prima composizione di una donna afroamericana suonata da una grande orchestra.

«Prima c’è stato un senso di stupore quando la Chicago Symphony Orchestra, composta da maestri musicisti di razza bianca, e diretta dal Dr. Frederick Stock, direttore d’orchestra di fama internazionale, ha oscillato nelle belle e armoniose note di una composizione di una donna di colore»

scrive Robert. S. Abbot sul Chicago Defender.

«E quando, terminata l’esecuzione, il grande auditorium, gremito di amanti della musica di tutte le età, risuonò di applausi sia per la compositrice che per l’esecuzione orchestrale, sembrò che la serata non potesse riservare emozioni maggiori»

Tra i lavori più celebri di Price ricordiamo: Three Little Ne*ro Dances, Songs to a Dark Virgin e My Soul’s Been Anchored in the Lord. Non le manca mai il successo, ma lotta continuamente per portare avanti la sua musica. È possibile osservare la grande dedizione per il proprio lavoro in una lettera del 5 luglio 1943 a Serge Koussevitzky, direttore musicale della Boston Symphony Orchestra, al quale chiede di prendere in considerazione la sua produzione:

«Mio caro dottor Koussevitzky, per cominciare ho due handicap: quelli del sesso e della razza. Io sono una donna, e ho del sangue di nero nelle vene. Sapendo il peggio, allora, saresti abbastanza bravo da tenere a freno l’eventuale inclinazione a considerare la composizione di una donna lunga in termini di emotività ma povera di virilità e contenuto di pensiero …. Quanto all’handicap di razza, posso sollevarla dicendo che non mi aspetto né chiedo alcuna concessione sulla valutazione. Vorrei essere giudicata solo per merito. […] Esaminerai uno dei miei spartiti?»

Nel corso di nove anni (1935-1944), Price scrive sette lettere a Koussewisky ma non ci sono prove che lui abbia mai risposto personalmente. Eppure, in un articolo del York Times del 2014 sul ruolo dell’etnia nella musica da concerto vediamo che «la Boston Symphony deve ancora suonare una nota della sua musica». Alcuni lavori di Price vengono eseguiti dalla Works Progress Administration Symphony Orchestra of Detroit, dalla Chicago Women’s Symphony e dalla Women’s Symphony Orchestra of Chicago. Nel 1940 Florence viene iscritta come compositrice nell’American Society of Composers, Authors and Publishers. Nelle sue produzioni ha riassunto idiomi musicali neri e tradizione classica alla ricerca di una scuola di musica chiaramente americana. Spiritual, ritmi, temi originali africani ed elementi afroamericani si uniscono alla logica della musica tradizionale europea. Nel 1951 riceve una telefonata da sir John Barbirolli, il celebre direttore della Hallé Orchestra di Manchester in Inghilterra, che le commissiona una suite per archi basata su spiritual tradizionali. Price completa il suo lavoro, ma non può assistere all’esecuzione a causa di persistenti problemi di salute. Il suo nome e la sua reputazione raggiungono oramai l’Europa ma lei purtroppo no.

Ancora, nel 1953 dovrebbe ritirare un nuovo premio in Francia, ma anche questa volta è costretta ad annullare. È così che il 3 giugno di quell'anno Florence Price muore al St. Luke’s Hospital di Chicago all’età di 66 anni. La città di Chicago ha onorato la sua memoria nel novembre 1964 con l'intitolazione della Florence B. Price Elementary School nel quartiere North Kenwood. La scuola, chiusa nel 2012, porta ancora il suo nome: Florence B. Price 21st Century Community Academy - Absolute Excellence. Nel 2009 viene trovata una grande collezione di suoi lavori nella casa in cui passava l’estate, oramai abbandonata. La musica di Florence Beatrice Price, nella seconda metà del XX secolo, è stata dimenticata a causa della sua etnia e del suo genere. Solo ora quest’artista di così grande livello sta ricevendo gradualmente il riconoscimento che per troppi anni le è stato precluso. Peccato che non lo scoprirà mai.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Florence Beatrice Price : je suis certaine que ce nom n'est pas familier à beaucoup de personnes, malgré l'énorme révolution qu'il représente. Nous parlons ici de la première compositrice noire reconnue comme telle, et dont une symphonie a été jouée par l'un des principaux orchestres américains, la Chicago Symphony Orchestra, en juin 1933.

Florence Beatrice Smith Price est née le 9 avril 1887 à Little Rock, en Arkansas. Sa mère, Florence Gulliver, est une enseignante de musique et une musicienne talentueuse. Son père est l'un des rares dentistes noirs du pays, et en plus, il écrit et peint pour son plaisir. Il faut tout de suite préciser que les opportunités éducatives pour la population afro-américaine après la guerre civile sont très limitées. Cependant, la famille Smith a les moyens financiers nécessaires pour offrir à Florence une éducation privée afin de développer au mieux son talent musical. Elle grandit dans une maison très élégante : des sols recouverts de moquette, trois chambres avec des meubles de qualité, une salle de couture, une bibliothèque avec des livres et des magazines de médecine qu'elle aime lire. Les bibliothèques publiques n'étant pas accessibles aux personnes de couleur, Florence commence ses études de piano avec sa mère. Elle enrichit ensuite sa formation à l'église presbytérienne Allison de Little Rock, où elle écoute régulièrement les œuvres sacrées de Bach, Mendelssohn et Williams. Elle poursuit ses études avec Charlotte Andrews Stephens, une musicienne formée au Conservatoire d’Oberlin. À quatorze ans, elle obtient son diplôme de la Capital High School en tant que major de promotion, celle qui prononce le discours de fin d'études. Elle est immédiatement admise au New England Conservatory of Music de Boston, l'un des rares conservatoires de l'époque à accepter des personnes afro-américaines. Là, elle commence l'étude de l'orgue, de la composition et du contrepoint avec des professeurs reconnus. Florence commence l'étude du piano avec sa mère. Elle enrichit ensuite sa formation à l'église presbytérienne Allison de Little Rock, où elle écoute régulièrement les œuvres sacrées de Bach, Mendelssohn et Williams. Elle poursuit ses études avec Charlotte Andrews Stephens, une musicienne formée au Conservatoire d'Oberlin. À quatorze ans, elle obtient son diplôme de la Capital High School en tant que valedictorian, c’est-à-dire l’étudiante qui prononce le discours de fin d’études. Elle est immédiatement acceptée au New England Conservatory of Music à Boston, l'un des rares conservatoires de l'époque à accepter des personnes afro-américaines. Là, elle commence l'étude de l'orgue, de la composition et du contrepoint avec des professeurs de renom.

Sa mère a l’habitude de présenter sa fille comme venant de la ville mexicaine de Pueblo, en jouant sur l’ambiguïté de la couleur de peau pour éviter que Florence ne soit marquée par une identité malheureusement très stigmatisée. De plus, son teint plus clair provient de ses origines mixtes : “française, indienne et espagnole” du côté maternel et “noire, indienne et anglaise” du côté paternel. Cependant, Price n'oublie jamais ses origines : elle explore rapidement la musique folk noire ainsi que l’histoire de ses ancêtres. Elle obtient son diplôme en 1906 avec les meilleures notes et une double spécialisation en pédagogie du piano et en tant que concertiste d’orgue. Florence adhère à l’idéologie du “Talented Tenth”, se plaçant comme une leader de la pensée de DuBois. En suivant les principes du fondateur, la pianiste sacrifie ses intérêts personnels et dirige tous ses efforts vers la rédemption personnelle et sociale de la population afro-américaine. L’éducation est le principe central, le pilier de la communauté. Le privilège d’appartenir à une famille aisée, combiné à une ambiguïté raciale notable, lui a certainement permis d'avoir un plus grand potentiel d’action par rapport aux personnes plus pauvres, piégées dans la soumission post-esclavage. Néanmoins, Price choisit d’embrasser tous les aspects de son héritage noir. En tant que compositrice, elle développe une esthétique autour de sa conviction qu:

«une musique nationale très belle et profondément américaine peut naître de la fusion de plusieurs races, tout comme la nation elle-même est constituée».

En 1906, elle retourne en Arkansas et y commence sa carrière d'enseignante à la Cotton Plant-Arkadelphia Academy de Cotton Plant, ainsi qu'au Shorter College de North Little Rock. Elle enseigne pendant une courte période avant de déménager à Atlanta, en Géorgie, où elle devient chef du département de musique à la Clark Atlanta University. Elle est la première femme à occuper un rôle aussi important. En raison de la ségrégation, cette institution s’adresse principalement à une population noire, mais Price parvient tout de même à se forger un solide profil en tant qu'éducatrice. En 1912, elle épouse l'avocat Thomas J. Price, dont elle prend le nom de famille, et retourne à Little Rock, quittant l’enseignement. Là, elle a deux filles, Florence Louise et Edith, mais elle ne parvient pas à trouver un emploi en raison du racisme persistant dans la ville. L’intensification des tensions raciales, illustrée par exemple par le lynchage d'un homme noir en 1927, contraint la famille à déménager à Chicago, dans cette grande migration de nombreuses personnes cherchant à échapper aux lois de Jim Crow qui frappent le Sud. Les difficultés financières, combinées aux comportements violents de son mari, conduisent Florence à divorcer, et elle se retrouve à élever seule ses deux filles. Le divorce a lieu en janvier 1931, et le 14 février de la même année, elle épouse Pusey Dell Arnett, un agent d’assurances et ancien joueur de baseball veuf. Ils se séparent probablement quelques années plus tard, sans jamais divorcer. Pour subvenir à ses besoins, Price compose des chansons pour des publicités radio sous le pseudonyme de Vee Jay, écrit des livres pour pianistes débutants et travaille comme organiste lors de projections de films muets.

Pendant ce temps, elle vit avec son amie Margaret Bonds, elle aussi pianiste et compositrice noire. Cette amitié lie rapidement Price à l'écrivain Langston Hughes et à la contralto Marian Anderson, des figures importantes dans le monde artistique qui l’aideront à réussir en tant que compositrice. En 1932, Price et Bonds soumettent leurs compositions aux Wanamaker Foundation Awards. Price remporte le premier prix avec sa Symphonie en mi mineur et obtient la troisième place avec sa Sonate pour piano, gagnant 500 dollars. Aux côtés de Bonds et de Nora Holt, elle joue un rôle actif dans le Chicago Black Renaissance, un mouvement artistique dans les quartiers noirs du sud de la ville. Elle étudie l’orchestration et l’harmonie avec de grands professeurs, obtient son diplôme en 1934 et rencontre souvent des personnes influentes dans le domaine musical. Grâce à cette victoire, la Chicago Symphony Orchestra interprète la Symphonie n°1 le 15 juin 1933 : c’est la première œuvre d’une femme afro-américaine jouée par un grand orchestre.

«D'abord, il y a eu un sentiment d’étonnement quand la Chicago Symphony Orchestra, composée de musiciens blancs de talent et dirigée par le Dr Frederick Stock, un chef d’orchestre de renommée internationale, a commencé à résonner dans les belles et harmonieuses notes de la composition d’une femme de couleur»

écrit Robert S. Abbott dans le Chicago Defender

«Et lorsque, à la fin de l’exécution, le grand auditorium, rempli d'amateurs de musique de tous âges, éclata en applaudissements, tant pour la compositrice que pour l’orchestre, il sembla que la soirée ne pouvait pas réserver de plus grandes émotions».

Parmi les œuvres les plus célèbres de Price, on trouve Three Little Ne*ro Dances, Songs to a Dark Virgin et My Soul’s Been Anchored in the Lord. Bien qu’elle connaisse le succès, elle lutte constamment pour faire entendre sa musique. On peut observer la grande dévotion pour son travail dans une lettre du 5 juillet 1943 adressée à Serge Koussevitzky, directeur musical du Boston Symphony Orchestra, où elle lui demande de considérer sa production musicale:

«Mon cher Dr Koussevitzky, pour commencer, j’ai deux handicaps: ceux du sexe et de la race. Je suis une femme, et j’ai du sang noir dans les veines. Sachant cela, auriez-vous la bonté de réfréner toute inclination à considérer la composition d’une femme comme étant longue en termes d’émotion mais pauvre en virilité et en contenu de pensée… Quant au handicap racial, je peux le surmonter en disant que je n'attends ni ne demande aucune concession. Je voudrais être jugée uniquement sur mes mérites. […] Accepteriez-vous d’examiner une de mes partitions?»

Au cours de neuf ans (1935-1944), Price écrit sept lettres à Koussevitzky, mais il n’existe aucune preuve qu’il ait jamais répondu personnellement. Pourtant, dans un article du New York Times de 2014 sur le rôle de l’ethnicité dans la musique de concert, on lit que « la Boston Symphony n’a encore jamais joué une note de sa musique ». Certaines œuvres de Price sont interprétées par l'orchestre symphonique de la Works Progress Administration de Détroit, par l'orchestre symphonique féminin de Chicago et par l'orchestre féminin de Chicago. En 1940, Florence est inscrite comme compositrice à la Society of Composers, Authors and Publishers. Dans ses compositions, elle fusionne les idiomes musicaux noirs et la tradition classique dans une recherche d’une école de musique clairement américaine. Spirituals, rythmes, thèmes originaux africains et éléments afro-américains se combinent avec la logique de la musique traditionnelle européenne. En 1951, elle reçoit un appel de Sir John Barbirolli, le célèbre directeur de la Hallé Orchestra de Manchester, en Angleterre, qui lui commande une suite pour cordes basée sur des spirituals traditionnels. Price termine son œuvre, mais ne peut assister à l’exécution en raison de problèmes de santé persistants. Son nom et sa réputation atteignent désormais l'Europe, mais malheureusement pas elle.

Encore une fois, en 1953, elle devait recevoir un nouveau prix en France, mais elle est contrainte d’annuler. C’est ainsi que, le 3 juin de cette année-là, Florence Price meurt à l’hôpital St. Luke’s de Chicago à l’âge de 66 ans. La ville de Chicago a honoré sa mémoire en novembre 1964 en donnant son nom à l’école élémentaire Florence B. Price dans le quartier de North Kenwood. Fermée en 2012, l'école porte toujours son nom : Florence B. Price 21st Century Community Academy - Absolute Excellence. En 2009, une grande collection de ses œuvres a été retrouvée dans la maison où elle passait ses étés, désormais abandonnée. La musique de Florence Beatrice Price a été oubliée dans la seconde moitié du XXe siècle en raison de son ethnie et de son sexe. Ce n’est que maintenant que cette artiste d’un si grand talent commence progressivement à recevoir la reconnaissance qui a été refusée pour beaucoup d'années. Aujourd'hui, elle est reconnue comme une pionnière de la musique classique américaine, une femme afro-américaine qui a su surmonter les obstacles liés à son sexe et à sa race pour produire des œuvres d'une grande profondeur artistique.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

I am sure that the name Florence Beatrice Price is not familiar to many, despite the fact that she represented a great revolution. We are talking about the first black female composer to be recognized as such and to have her own symphony played by a major U.S. orchestra, the Chicago Symphony Orchestra, in June 1933.

Florence Beatrice Smith Price was born on April 9, 1887, in Little Rock, Arkansas. Her mother, Florence Gulliver, was a gifted music teacher and musician. Her father was one of the few black dentists in the country, plus he wrote and painted for pleasure. It should be made clear at the outset that educational opportunities for the African American population in the post-Civil War era were very limited. However, the Smith family had access to the financial means to provide a private education that allowed Florence to develop her musical talents to the fullest. She grew up in a very elegant home, with carpeted floors, three bedrooms with fine furniture, a sewing room, and a library with medical books and magazines that the child loved to read. Public libraries were not accessible to people of color. Florence began studying piano with her mother. She then enriched her education at Allison Presbyterian Church in Little Rock, where she regularly heard classical works of Bach, Mendelssohn and Williams. She continued her studies with Charlotte Andrews Stephens, a musician trained at the Oberlin Conservatory of Music. At age fourteen she graduated from Capital High School as the valedictorian. She was soon admitted to the New England Conservatory of Music in Boston, one of the few conservatories at the time that accepted African Americans. There she began the study of organ, composition and counterpoint with recognized masters.

Her mother used to represent her daughter as coming from the Mexican town of Pueblo, exploiting the ambiguity of skin color to prevent Florence from being marked by an unfortunately highly stigmatized identity. In addition, her lighter complexion came from mixed ancestry: "French, Indian, and Spanish" on her mother's side and "black, Indian, and English" on her father's side. Price, however, never forgot her own hereditary identity - she explored black folklore and the history of ancestry and ancestors early on. She graduated in 1906 with honors and with a double major in piano pedagogy and as an organ recitalist. Florence belonged to the "Talented Tenth" ideology, carrying herself forward as a DuBois thought leader. Following the founder's principle, in fact, the pianist sacrificed personal interests and directed all her efforts toward the personal and social redemption of the African American population. Education was the central principle, the pillar of community. The privilege of belonging to an affluent family coupled with considerable racial ambiguity surely allowed her greater potential for action than poorer people stuck in post-slavery subjugation. Price nevertheless chose to embrace all aspects of black heritage. As a composer, she cultivated an aesthetic around her belief that

«a very beautiful and very American national music can come from the union of many races just as the nation itself is made».

In 1906 she returned to Arkansas and there began her teaching career at Cotton Plant-Arkadelphia Academy in Cotton Plant and at Shorter College in North Little Rock. She taught there briefly before moving to Atlanta, Georgia, where she became head of the music department at Clark Atlanta University. She was the first woman to assume that important role. Because of segregation, this institution catered to a primarily black demographic, but Price nonetheless built a solid profile as an educator. In 1912 she married lawyer Thomas J. Price, from whom she took her last name, and returned again to Little Rock, abandoning teaching. There she had two daughters, Florence Luise and Edith, but was unable to find work because of the racism still present in the city. Escalating racial tensions, which we can see, for example, with the lynching of a black man in 1927, forced the family to move to Chicago, in that great migration of many to escape the Jim Crow laws affecting the South. Financial difficulties combined with her husband's abusive behavior led Florence to a divorce, so she found herself raising her two daughters alone. The divorce took place in January 1931, and on February 14 of that year she married Pusey Dell Arnett, an insurance agent and former baseball player who was widowed. They probably separated a few years later, never divorcing. To make a living Price composed songs for radio commercials using the pseudonym Vee Jay, wrote books for beginning pianists and worked as an organist at silent film screenings.

Meanwhile, she lived with her friend Margaret Bonds, also a black pianist and composer. This friendship soon connected Price with writer Langston Hugues and contralto Marian Anderson, important figures in the art world who would help her succeed as a composer. In 1932 Price and Bonds nominated their own compositions for the Wanamaker Foundation Awards. Price won first prize with her Symphony in E Minor, and came third with the Piano Sonata, winning $500. Along with Bonds and Nora Holt she took an active part in the Chicago Black Renaissance, an artistic movement in the southern black areas of the city. She studied orchestration and harmony with great teachers and masters, graduating in 1934 and often meeting people of considerable artistic depth in the field of music. Thanks to that victory, the Chicago Symphony Orchestra performed Symphony No. 1 on June 15, 1933. It was the first composition by an African American woman played by a major orchestra.

«First there was a sense of awe when the Chicago Symphony Orchestra, composed of master musicians of the white race, and conducted by Dr. Frederick Stock, a conductor of international repute, swung into the beautiful and harmonious notes of a composition by a black woman»

writes Robert. S. Abbot in the Chicago Defender.

«And when, the performance over, the great auditorium, packed with music lovers of all ages, resounded with applause for both the composer and the orchestral performance, it seemed that the evening could hold no greater excitement».

Price's most famous works include Three Little Ne*ro Dances, Songs to a Dark Virgin and My Soul's Been Anchored in the Lord. She never lacked success, but continually struggled to pursue her music. It is possible to observe the great dedication to her work in a letter dated July 5, 1943, to Serge Koussevitzky, music director of the Boston Symphony Orchestra, who she asked to consider her works:

«My dear Dr. Koussevitzky, to begin with I have two handicaps: those of sex and race. I am a woman, and I have black blood in my veins. Knowing the worst, then, you would be good enough to rein in any inclination to consider a woman's composition long on emotionality but short on virility and content of thought .... As for the race handicap, I can raise it by saying that I do not expect or ask for any concessions on evaluation. I would like to be judged only on merit. [...] Will you examine one of my scores?».

Over the course of nine years (1935-1944), Price wrote seven letters to Koussewisky, but there is no evidence that he ever responded personally. Yet, in a 2014 York Times article on the role of ethnicity in concert music we see that "the Boston Symphony has yet to play a note of her music." Some of Price's works were performed by the Works Progress Administration Symphony Orchestra of Detroit, the Chicago Women's Symphony, and the Women's Symphony Orchestra of Chicago. In 1940 Florence was enrolled as a composer in the American Society of Composers, Authors and Publishers. In her productions she subsumed black musical idioms and classical tradition in pursuit of a distinctly American school of music. Spirituals, rhythms, original African themes and African American elements were combined with the logic of traditional European music. In 1951 she received a call from Sir John Barbirolli, the celebrated conductor of the Hallé Orchestra in Manchester, England, who commissioned her to write a suite for strings based on traditional spirituals. Price completed her work but was unable to attend the performance because of persistent health problems. Her name and reputation had then reached Europe but she unfortunately could not.

Again, in 1953 she was supposed to pick up another award in France, but this time too she was forced to cancel. So it was that on June 3 of that year Florence Price died at St. Luke's Hospital in Chicago at the age of 66. The city of Chicago honored her memory in November 1964 by naming the Florence B. Price Elementary School in the North Kenwood neighborhood. The school, which closed in 2012, still bears her name: Florence B. Price 21st Century Community Academy - Absolute Excellence. In 2009, a large collection of her work was found in the house where she spent summers, now abandoned. In the second half of the 20th century Florence Beatrice Price's music was largely forgotten, because of her ethnicity and gender. Only now is this artist of such great caliber gradually receiving the recognition that for too many years was denied her. Too bad she will never find out.

 

Ruth Crawford Seeger
Maria Chiara Pulcini


Elisabetta Sichel

 

Ruth Porter Crawford nasce a East Liverpool, in Ohio, il 3 luglio 1901, secondogenita di una famiglia metodista. Suo padre, Clark Crawford, è uno dei ministri della chiesa mentre sua madre Clara Graves è una casalinga. Nei primi anni di vita Ruth gira gli Stati Uniti, vivendo per brevi periodi in Missouri e Indiana. Inizia a suonare il pianoforte a sei anni; contemporaneamente, mostra subito un’innata passione per la letteratura e la poesia, maturando presto la decisione di diventare una scrittrice o una poeta. Nel 1912 la famiglia si trasferisce a Jacksonville, in Florida, dove Clark muore di tubercolosi due anni dopo. Vedova e con figli e figlie a carico Clara apre una piccola pensione, attività che le fa guadagnare abbastanza per andare avanti rinunciando tuttavia a molti dei privilegi della classe media. Fortunatamente non deve sacrificare l’educazione di sua figlia: Ruth inizia a prendere lezioni di pianoforte da Bertha Foster, fondatrice della School of Musical Art di Jacksonville, e dal 1917 viene istruita dalla migliore insegnante, Valborg Collett, allieva della pianista norvegese Agathe Backer Grøndahl. Dopo aver preso il diploma nel 1918 diventa insegnante nella sua stessa scuola, producendo le prime composizioni per i suoi allievi e le sue allieve; si dedica anche alla carriera di pianista, continuando ad essere supervisionata da Collett e suonando in vari eventi a Jacksonville.

Ruth all'età di sedici anni

Nel 1921 viene accettata all’American Conservatory of Music e si trasferisce a Chicago con l’obiettivo di rimanere il tempo necessario per prendere una certificazione per l’insegnamento. Studia pianoforte con Heniot Levy e Louise Robyn, mentre nel tempo libero va a seguire gli spettacoli di importanti pianisti come Sergei Rachmaninoff e Arthur Rubinstein. Presto si interessa alla composizione musicale, che inizia a studiare durante il secondo anno sotto la guida di Adolf Weidig. A soli 22 anni ha già un proprio stile come mostrano Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano e Music for Small Orchestra, composte in quel periodo: ritmiche asimmetriche, ostinate e materiale atonale, tutti elementi che saranno cardine nella sua futura produzione. Il suo talento è innegabile, eppure il massimo della lode che i critici dell’epoca le riservano è che «suona come un uomo», annotando quanto essa sia lontana dalla musica considerata tipicamente femminile di allora, più sentimentale e pittoresca.

Essendo ormai chiaro che la figlia non avesse alcuna intenzione di essere una semplice insegnante di musica, Clara la raggiunge nel 1923 per poterla supportare. Crawford ottiene la laurea in musica l’anno seguente e decide di continuare gli studi; nello stesso periodo diventa allieva di una delle più importanti pianiste di Chicago, Djane Levoie-Herz, che la introduce al movimento esoterico della Teosofia e al lavoro del pianista russo Alexander Scribian, nonché alla vivace comunità artistica della città, espressione del movimento modernista in voga allora e di cui Ruth sarà una delle figure più originali. Grazie a Hertz incontra i compositori Dane Rudhyar e Henry Cowell, che avranno una grande influenza sui suoi lavori futuri, e il poeta Carl Sandberg, di cui poi sarà insegnante di pianoforte e per il quale musicherà alcuni testi; i più noti provengono dalla raccolta The American Songbag del 1927, di cui Crawford arrangia dieci poesie. È Sandberg che la avvicina alla musica popolare: nei suoi diari descrive un particolare episodio dove Sandberg canta alla chitarra per due bambini, che rimangono rapiti ad ascoltarlo. Comprende così il potere della musica popolare, capace di unire le diverse generazioni. Lo stile diretto e l’uso del vernacolo di Sandberg saranno un’ulteriore fonte di ispirazione, che cercherà di riproporre nella propria musica tramite l’uso di dissonanze e ritmiche asimmetriche.

Crawford con i sui alunni e alunne nel 1950

Nel 1929 è a Peterborough nel New Hempshire ospite della MacDowell Recidency grazie a una borsa di studio. Qui conosce e fa amicizia con il compositore Maurion Bauer, mantenendo i contatti con i suoi amici e amiche a Chicago. In autunno si trasferisce a New York a casa di Blanche Walton, dove inizia a studiare composizione con Charles Seeger, musicologo specializzato in musica folcloristica e insegnante all'Institute of Musical Art di New York – oggi conosciuto come Julliard. Sotto la sua supervisione Crawford continua a sviluppare il suo stile modernista senza però abbandonare la musica popolare. Aiuta Seeger nella scrittura del trattato Tradition and Experiment in the New Music del 1930, tuttavia il suo nome non viene incluso nella pubblicazione.

Grazie ai suoi sforzi e ai brillanti risultati è la prima compositrice a ricevere la Guggeneheim Fellowship, una borsa di studio che le permette di viaggiare a Parigi e Berlino. Qui compone Three Chants: To and Unkind God, To An Angel e To A Kind God. È un pezzo estremamente avanguardista: solo negli anni Sessanta verranno prodotte musiche simili. Tenta più volte di farsi pubblicare, ottenendo anche un colloquio con il famoso editore Emil Hertzka il quale però la rifiuta, avvertendola che per una donna sarebbe stato difficilissimo riuscire a diffondere la propria musica. Crawford non demorde, e viaggia in Austria e Ungheria alla ricerca di supporto. Nonostante i contatti con numerosi colleghi, preferisce comporre da sola, così da poter scrivere una sinfonia che sia davvero sua e non influenzata da altri. Il progetto non andrà in porto ma confluirà nel suo pezzo più famoso: String Quartet 1931, che la consacra come una delle artiste più talentuose e all’avanguardia dell’America dell’epoca, con buona pace per chi sostenesse che una donna non poteva avere il talento necessario per “scrivere come un uomo”.

Nel frattempo, la relazione con Seeger diventa qualcosa di più: i due hanno mantenuto un fitto rapporto epistolare mentre Crawford è in Europa, i consigli di Seeger sono stati fondamentali per la sua produzione di quegli anni; al suo ritorno convolano a nozze, nel 1932. Ruth adotta i tre figli del marito, da cui avrà poi tre figlie e un altro figlio. Nel 1933 rappresenta gli Stati Uniti all'International Society for Contemporary Musical Festival con il brano Three Songs. Quando Seeger viene assunto dalla Resettlement Administration la famiglia si trasferisce a Washington D.C. nel 1936. Qui la musicista, nonostante la fatica di conciliare la sua passione con la vita da casalinga e madre, lavora a stretto contatto con John Lomax e suo figlio Alan, due musicologi esperti di musica popolare, all’Archivio della musica folk americana della Biblioteca del Congresso; per loro trascrive testi e arrangiamenti che vengono poi raccolti e pubblicati in antologie. È convinta che la musica popolare sia in grado di unire le persone e che pertanto sia un bene da preservare. Nei suoi diari scrive:

«La musica folk non è musica da ammirare a distanza e che può essere eseguita solo da chi ha specifici talenti o ha studiato intensamente per acquisire la tecnica […] Per goderne, non c’è bisogno di fronzoli. Basta sedersi comodamente da qualche parte ed eseguirla, con la coscienza che tanti genitori con i loro bambini e bambine hanno fatto la stessa cosa prima di noi e ne hanno goduto – sapendo che il valore della buona musica è stato democraticamente determinato da un accordo generale e dall’accettazione del gruppo».

Si dedica interamente alla musica folk componendo le sue canzoni più famose, tra cui Our Singing Country e Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Col nome da sposata pubblica la collezione di musica popolare American Folk Songs for Children for In Home, School, and Nursery School nel 1948, un testo pensato sia per l’uso scolastico – ancora oggi utilizzato in tal senso – sia a casa, canzoni che i genitori possono cantare ai loro bambini e bambine. Crawford rifiuta di censurare i testi per “adattarli” al suo giovane pubblico, argomentando che i temi come la morte e la malinconia facciano parte della vita; una filosofia che applica sempre al suo insegnamento e che sarà fonte di ispirazione per future maestre e maestri.

Crawford in uno studio di registrazione con Burl Ives

Un cancro all’intestino se la porta via troppo presto, il 18 novembre 1953. Poco prima della sua dipartita Crawford comincia a tornare al suo stile ultramoderno con Suite for Wind Quintet, tre brevi movimenti con flauto, clarinetto, corno e fagotto, un ritorno alle origini che non troverà seguito. Gli ultimi mesi di vita sono resi ancora più tragici da una investigazione dell’Fbi su Charles, vittima del maccartismo a causa delle sue simpatie per i movimenti di sinistra: il giorno in cui scopre di avere il cancro è anche quello in cui il marito viene interrogato, evento che lo porterà poi a dimettersi dal suo lavoro per non compromettere i colleghi. L’eredità di Ruth Crawford Seeger è enorme: due carriere, una come compositrice e una come musicologa, su cui ha retto il suo stile pedagogico. Convinta che la musica dovesse essere accessibile a chiunque, trasmetterà la sua passione ai figli Peter, Peggy e Mike, che ne proseguiranno il lavoro accademico e diventeranno importanti figure del panorama folk americano.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Ruth Porter Crawford est née à East Liverpool, dans l'Ohio, le 3 juillet 1901, deuxième enfant d'une famille méthodiste. Son père, Clark Crawford, est l'un des ministres de l'église tandis que sa mère, Clara Graves, est femme au foyer. Dans ses premières années de vie, Ruth voyage à travers les États-Unis, vivant pendant de courtes périodes dans le Missouri et l'Indiana. Elle commence à jouer du piano à six ans ; en même temps, elle montre immédiatement une passion innée pour la littérature et la poésie, mûrissant rapidement la décision de devenir écrivaine ou poète. En 1912, la famille déménage à Jacksonville, en Floride, où Clark meurt de la tuberculose deux ans plus tard. Veuve et avec des enfants à charge, Clara ouvre une petite pension, activité qui lui permet de gagner suffisamment pour subvenir à leurs besoins, bien qu'elle doive renoncer à de nombreux privilèges de la classe moyenne. Heureusement, elle n'a pas à sacrifier l'éducation de sa fille : Ruth commence à prendre des leçons de piano avec Bertha Foster, fondatrice de la School of Musical Art de Jacksonville, et à partir de 1917, elle est formée par la meilleure enseignante, Valborg Collett, élève de la pianiste norvégienne Agathe Backer Grøndahl. Après avoir obtenu son diplôme en 1918, elle devient enseignante dans sa propre école, composant ses premières œuvres pour ses élèves ; elle se consacre également à une carrière de pianiste, continuant à être encadrée par Collett et jouant lors de divers événements à Jacksonville.

Ruth à l'âge de seize ans

En 1921, elle est acceptée à l'American Conservatory of Music et déménage à Chicago dans le but d'y rester le temps nécessaire pour obtenir une certification pour enseigner. Elle étudie le piano avec Heniot Levy et Louise Robyn, tout en assistant dans son temps libre à des concerts de célèbres pianistes tels que Sergei Rachmaninoff et Arthur Rubinstein. Rapidement, elle s'intéresse à la composition musicale, qu'elle commence à étudier dès la deuxième année sous la direction d'Adolf Weidig. À seulement 22 ans, elle possède déjà son propre style, comme en témoignent ses œuvres Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano et Music for Small Orchestra, composées à cette époque : des rythmes asymétriques, obstinés et de la musique atonale, des éléments qui seront centraux dans sa production future. Son talent est indéniable, mais la plus grande louange que les critiques de l'époque lui réservent est qu'elle «joue comme un homme», soulignant ainsi combien elle se distingue de la musique alors considérée comme typiquement féminine, plus sentimentale et pittoresque.

Il est désormais évident que sa fille n'a aucune intention d'être une simple enseignante de musique, et Clara la rejoint en 1923 pour la soutenir. Crawford obtient son diplôme de musique l'année suivante et décide de poursuivre ses études. Durant cette période, elle devient élève de l'une des plus importantes pianistes de Chicago, Djane Levoie-Herz, qui l'introduit au mouvement ésotérique de la théosophie et à l'œuvre du pianiste russe Alexandre Scriabine, ainsi qu'à la communauté artistique dynamique de la ville, une expression du mouvement moderniste en vogue à l'époque, dont Ruth deviendra l'une des figures les plus originales. Grâce à Hertz, elle rencontre les compositeurs Dane Rudhyar et Henry Cowell, qui auront une grande influence sur ses œuvres futures, et le poète Carl Sandburg, dont elle deviendra l'enseignante de piano et pour lequel elle mettra en musique certains textes ; les plus célèbres proviennent de la collection The American Songbag de 1927, dont Crawford arrange dix poèmes. C'est Sandburg qui la rapproche de la musique populaire : dans ses journaux, elle décrit un épisode particulier où Sandburg chante à la guitare pour deux enfants, captivés par son chant. Elle comprend alors le pouvoir de la musique populaire, capable d'unir les générations. Le style direct et l'utilisation du vernaculaire de Sandburg seront une autre source d'inspiration qu'elle tentera de reproduire dans sa propre musique à travers l'utilisation de dissonances et de rythmes asymétriques.

Crawford avec ses étudiants en 1950

En 1929, elle se trouve à Peterborough, dans le New Hampshire, en tant qu'invitée de la MacDowell Residency grâce à une bourse d'études. Là-bas, elle se lie d'amitié avec le compositeur Marion Bauer, tout en maintenant le contact avec ses amis de Chicago. À l'automne, elle déménage à New York chez Blanche Walton, où elle commence à étudier la composition avec Charles Seeger, musicologue spécialisé dans la musique folklorique et professeur à l'Institute of Musical Art de New York – aujourd'hui connu sous le nom de Juilliard. Sous sa supervision, Crawford continue de développer son style moderniste tout en conservant un lien avec la musique populaire. Elle aide Seeger à rédiger le traité Tradition and Experiment in the New Music en 1930, bien que son nom ne soit pas mentionné dans la publication.

Grâce à ses efforts et à ses brillants résultats, elle devient la première compositrice à recevoir la Guggenheim Fellowship, une bourse d'études qui lui permet de voyager à Paris et à Berlin. Là, elle compose Three Chants: To an Unkind God, To an Angel et To a Kind God, une œuvre extrêmement avant-gardiste dont des pièces similaires ne seront produites que dans les années 1960. Elle tente à plusieurs reprises de se faire publier, obtenant même un entretien avec le célèbre éditeur Emil Hertzka, qui la refuse cependant, l'avertissant qu'il serait très difficile pour une femme de faire diffuser sa musique. Crawford ne se décourage pas et voyage en Autriche et en Hongrie à la recherche de soutien. Malgré ses nombreux contacts avec des collègues, elle préfère composer seule, afin de pouvoir écrire une symphonie qui lui soit vraiment propre et non influencée par d'autres. Le projet n'aboutit pas, mais il se concrétise dans son œuvre la plus célèbre : String Quartet 1931, qui la consacre comme l'une des artistes les plus talentueuses et avant-gardistes de l'Amérique de l'époque, malgré ceux qui affirmaient qu'une femme ne pouvait pas avoir le talent nécessaire pour "écrire comme un homme".

Entre-temps, sa relation avec Seeger évolue : les deux entretiennent une correspondance étroite pendant que Crawford est en Europe, et les conseils de Seeger sont essentiels pour sa production de ces années ; à son retour, ils se marient en 1932. Ruth adopte les trois enfants de son mari, avec qui elle aura ensuite trois filles et un fils supplémentaire. En 1933, elle représente les États-Unis au Festival de la Société internationale pour la musique contemporaine avec la pièce Three Songs. Lorsque Seeger est engagé par la Resettlement Administration, la famille déménage à Washington D.C. en 1936. Là-bas, malgré les difficultés à concilier sa passion avec la vie de femme au foyer et de mère, la musicienne travaille en étroite collaboration avec John Lomax et son fils Alan, deux musicologues experts en musique populaire, aux archives de la musique folk américaine de la Bibliothèque du Congrès. Pour eux, elle transcrit des textes et des arrangements qui seront ensuite rassemblés et publiés dans des anthologies. Elle est convaincue que la musique populaire est capable d'unir les gens et qu'elle est donc un patrimoine à préserver. Dans ses journaux, elle écrit:

«La musique folk n'est pas une musique à admirer de loin et qui ne peut être jouée que par ceux qui ont des talents spécifiques ou qui ont étudié intensément pour acquérir la technique [...] Pour en profiter, il n'est pas nécessaire d'avoir des artifices. Il suffit de s'asseoir confortablement quelque part et de la jouer, avec la conscience que de nombreux parents avec leurs enfants ont fait la même chose avant nous et en ont tiré du plaisir – sachant que la valeur de la bonne musique a été démocratiquement déterminée par un accord général et l'acceptation du groupe.».

Elle se consacre entièrement à la musique folk, composant ses chansons les plus célèbres, telles que Our Singing Country et Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Sous son nom d'épouse, elle publie la collection de musique populaire American Folk Songs for Children for In Home, School, and Nursery School en 1948, un ouvrage conçu à la fois pour un usage scolaire – encore utilisé aujourd'hui à cet effet – et à la maison, avec des chansons que les parents peuvent chanter à leurs enfants. Crawford refuse de censurer les textes pour les "adapter" à son jeune public, affirmant que des thèmes tels que la mort et la mélancolie font partie de la vie ; une philosophie qu'elle applique toujours dans son enseignement et qui sera une source d'inspiration pour les futures éducatrices et éducateurs.

Crawford dans un studio d'enregistrement avec Burl Ives

Un cancer de l'intestin l'emporte trop tôt, le 18 novembre 1953. Peu avant sa mort, Crawford commence à revenir à son style ultramoderne avec Suite for Wind Quintet, trois courts mouvements pour flûte, clarinette, cor et basson, un retour aux sources qui ne trouvera pas de suite. Les derniers mois de sa vie sont rendus encore plus tragiques par une enquête du FBI sur Charles, victime du maccarthysme en raison de ses sympathies pour les mouvements de gauche : le jour où elle apprend qu'elle a un cancer est également celui où son mari est interrogé, un événement qui le poussera ensuite à démissionner pour ne pas compromettre ses collègues. L'héritage de Ruth Crawford Seeger est immense : deux carrières, l'une en tant que compositrice et l'autre en tant que musicologue, qui ont soutenu son style pédagogique. Convaincue que la musique devait être accessible à n’importe qui, elle transmettra sa passion à ses enfants Peter, Peggy et Mike, qui poursuivront son travail académique et deviendront d'importantes figures du paysage folk américain.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Ruth Porter Crawford was born in East Liverpool, Ohio, on July 3, 1901, the second child of a Methodist family. Her father, Clark Crawford, was one of the church's ministers while her mother Clara Graves was a homemaker. In her early years Ruth traveled around the United States, living for short periods in Missouri and Indiana. She began playing the piano at age six, and at the same time quickly showed an innate passion for literature and poetry, soon reaching her decision to become a writer or poet. In 1912 the family moved to Jacksonville, Florida, where her father died of tuberculosis two years later. Widowed and with sons and daughters as dependents, Clara opened a small boarding house, a business that earned her enough to get by while giving up many of the privileges of the middle class. Fortunately, she did not have to sacrifice her daughter's education. Ruth began taking piano lessons from Bertha Foster, founder of the School of Musical Art in Jacksonville, and from 1917 she was taught by the best teacher, Valborg Collett, a student of Norwegian pianist Agathe Backer Grøndahl. After graduating in 1918 she became a teacher at her own school, producing her first compositions for her students and pupils. She also devoted herself to a career as a pianist, continuing to be supervised by Collett and playing at various events in Jacksonville.

Ruth at the age of sixteen

In 1921 she was accepted at the American Conservatory of Music and moved to Chicago with the goal of staying as long as necessary to take a teaching certification. She studied piano with Heniot Levy and Louise Robyn, while in her spare time she went to attend performances by leading pianists such as Sergei Rachmaninoff and Arthur Rubinstein. She soon became interested in music composition, which she began studying during her sophomore year under Adolf Weidig. By the time she was only 22 years old, she already had her own style as Piano Preludes, Sonata for Violin and Piano and Music for Small Orchestra, composed at that time, show. These featured asymmetrical rhythms, ostinatos and atonal material, all of which would be pivotal in her future output. Her talent is undeniable, yet the highest praise reserved for her by critics of the time is that she "sounds like a man," noting how far removed she is from the more sentimental and picturesque music considered typically feminine at the time.

Since it was now clear that her daughter had no intention of being a mere music teacher, Clara joined her in 1923 in order to support her. Ruth Crawford obtained a degree in music the following year and decided to continue her studies. At the same time she became a student of one of Chicago's leading pianists, Djane Levoie-Herz, who introduced her to the esoteric movement of Theosophy and the work of the Russian pianist Alexander Scriabin, as well as to the city's vibrant artistic community, an expression of the modernist movement then in vogue and of which Ruth would be one of the most original figures. Through Herz she met the composers Dane Rudhyar and Henry Cowell, who were to have a great influence on her future work, and the poet Carl Sandberg, whose piano teacher she was later to be and for whom she would set some of his texts to music - the best known appear in the 1927 collection The American Songbag, for which Crawford arranged ten poems. It was Sandberg who brought her closer to popular music - in her diaries she describes a particular episode where Sandberg sings on the guitar for two children, who are enraptured listening to him. She thus come to understand the power of popular music, capable of uniting different generations. Sandberg's direct style and use of the vernacular would be a further source of inspiration, which she would try to replicate in her own music through the use of dissonances and asymmetrical rhythms.

Crawford with his students in 1950

In 1929 she was in Peterborough, New Hampshire, a guest of the MacDowell Colony on a scholarship. There she met and befriended composer Maurion Bauer, while maintaining contact with her friends in Chicago. In the fall she moved to Blanche Walton's home in New York, where she began studying composition with Charles Seeger, a musicologist specializing in folk music and a teacher at New York's Institute of Musical Art-now known as Julliard. Under his supervision Crawford continued to develop her modernist style but without abandoning folk music. She helped Seeger in writing the 1930 treatise Tradition and Experiment in the New Music, however, her name is not included in the publication.

Due to her efforts and brilliant achievements, she was the first female composer to receive the Guggenheim Fellowship, a fellowship that allowed her to travel to Paris and Berlin. There she composed Three Chants: To an Unkind God, To an Angel and To a Kind God. It is an extremely avant-garde piece - only in the 1960s would similar music be produced. She tried several times to get published, even obtaining an interview with the famous publisher Emil Hertzka, who, however, rejected her, warning her that it would be very difficult for a woman to succeed in getting her music published. Crawford did not give up, and traveled to Austria and Hungary in search of support. Despite contacts with numerous colleagues, she preferred to compose on her own so that she could write a symphony that was truly her own and not influenced by others. The project would not go through but would flow into her most famous piece, String Quartet 1931, which established her as one of the most talented and avant-garde artists in America at the time, much to the chagrin of those who argued that a woman could not have the talent necessary to "write like a man."

Meanwhile, her relationship with Seeger became something more. The two maintained a close correspondence while Crawford was in Europe - Seeger's advice was crucial to her output in those years – and upon her return in 1932 they married. Ruth adopted her husband's three children, and later she would have three daughters and a son with him. In 1933 she represented the United States at the International Society for Contemporary Musical Festival with the piece Three Songs. When Seeger was hired by the Resettlement Administration, the family moved to Washington, D.C., in 1936. There the musician, despite struggling to reconcile her passion with life as a housewife and mother, worked closely with John Lomax and his son Alan, two musicologists with expertise in folk music, at the Archives of American Folk Music at the Library of Congress. For them she transcribed lyrics and arrangements that were later collected and published in anthologies. She was convinced that folk music can unite people and was therefore an asset to be preserved. In her journals, she wrote:

«Folk music is not music to be admired from a distance and that can be performed only by those who have specific talents or have studied intensively to acquire the technique [...] To enjoy it, there is no need for frills. Just sit comfortably somewhere and perform it, with the consciousness that so many parents with their boys and girls have done the same thing before us and enjoyed it-knowing that the value of good music was democratically determined by general agreement and group acceptance».

She devoted herself entirely to folk music, composing her most famous songs, including Our Singing Country and Rissolty Rossolty - An American Fantasy for Orchestra. Under her married name, she published the popular music collection American Folk Songs for Children for home, school, and nursery school in 1948, a text designed for both school use - still used that way today - and at home, songs that parents can sing to their boys and girls. Crawford refused to censor the lyrics to "adapt" them to her young audience, arguing that themes such as death and melancholy were part of life - a philosophy she always applied to her teaching and would be an inspiration to future teachers.

Crawford in a recording studio with Burl Ives

Bowel cancer took her away too soon, on November 18, 1953. Shortly before her death Crawford began to return to her ultra-modern style with Suite for Wind Quintet, three short movements with flute, clarinet, horn and bassoon, a return to her roots that could not be followed up. The last months of her life are made even more tragic by an FBI investigation of Charles, a victim of McCarthyism because of his sympathies for left-wing movements. The day she discovered she had cancer was also the day her husband was questioned, an event that will later lead him to resign from his job so as not to compromise his colleagues. Ruth Crawford Seeger's legacy is enormous: two careers, one as a composer and one as a musicologist, on which she based her pedagogical style. Convinced that music should be accessible to everyone, she passed on her passion to her children Peter, Peggy and Mike, who continued her work and became important figures in the American folk scene.


Traduzione spagnola

Silvia Ceccarelli

Ruth Porter Crawford nació en East Liverpool, Ohio, el 3 de julio de 1901, segunda hija de una familia metodista. Su padre Clark Crawford fue ministro de la iglesia y su madre, Clara Graves, ama de casa. En los primeros años de su vida Ruth viaja por los Estados Unidos, viviendo durante periodos cortos en Misuri e Indiana. Empieza a tocar el piano a los seis y, al mismo tiempo, da muestras de una pasión innata por la literatura y la poesía, madurando pronto la decisión de convertirse en escritora o poeta. En 1912 la familia se mueve a Jacksonville, Florida, donde Clark muere de tuberculosis dos años después. Viuda y con hijos e hijas que dependen de ella, Clara abre una pequeña posada, un negocio que le permite sobrevivir, aunque renunciando a muchos de los privilegios de la clase media. Afortunadamente, no tiene que sacrificar la educación de su hija: Ruth empieza a tomar clases de piano con Bertha Foster, fundadora de la Escuela de Arte Musical de Jacksonville, y a partir de 1917 recibe clases de la mejor maestra, Valborg Collett, alumna de la pianista noruega Agathe Backer Grøndahl. Después de graduarse en 1918 se convierte en profesora en su propia escuela, produciendo las primeras composiciones para su alumnado; también se dedica a una carrera como pianista, supervisada por Collett, y toca en varios eventos en Jacksonville.

Rut a la edad de dieciséis años.

En 1921 la aceptan en el Conservatorio Americano de Música y se muda a Chicago con el objetivo de quedarse el tiempo suficiente para obtener una certificación de enseñanza. Estudia piano con Heniot Levy y Louise Robyn y en su tiempo libre sigue las actuaciones de importantes pianistas como Sergei Rachmaninoff y Arthur Rubinstein. Pronto se interesa por la composición musical, que comienza a estudiar durante su segundo año bajo la guía de Adolf Weidig. Con solo 22 años ya tiene un estilo propio como demuestran los Preludios para piano, la Sonata para violín y piano y la Música para pequeña orquesta, compuestas en esa época: ritmos asimétricos, obstinados y material atonal, elementos que serán fundamentales en su futura producción. Su talento es innegable, pero el mayor elogio que la crítica de la época le reserva es que "toca como un hombre", señalando lo lejos que está de la música más sentimental y pintoresca considerada en aquel tiempo típicamente femenina.

Ya que su hija no tiene intención de ser una simple profesora de música, Clara se une a ella en 1923 para apoyarla. Crawford se gradúa en música al año siguiente y decide continuar sus estudios; en el mismo período se convierte en alumna de uno de los pianistas más importantes de Chicago, Djane Levoie-Hertz, quien la introduce en el movimiento esotérico de la Teosofía y en la obra del pianista ruso Alexander Scribian, así como en la animada comunidad artística de la ciudad, expresión del movimiento modernista en boga en ese momento y del cual Ruth sería una de las figuras más originales. Gracias a Hertz conoce a los compositores Dane Rudhyar y Henry Cowell, que tendrán una gran influencia en sus futuras obras, y al poeta Carl Sandberg, del que más tarde será profesora de piano y para quien musicará algunos textos; los más conocidos provienen de la colección de 1927 The American Songbag, de la que Crawford arregló diez poemas. Es Sandberg quien la acerca a la música popular: en sus diarios [Crawford] describe un episodio particular en el que Sandberg canta con la guitarra para dos niños, que se quedan embelesados al escucharlo. Entiende así el poder de la música popular, capaz de unir a diferentes generaciones. El estilo directo de Sandberg y el uso de la lengua vernácula serán una nueva fuente de inspiración, que Crawford intentará reproducir en su música mediante el uso de disonancias y ritmos asimétricos.

Crawford con sus alumnos en 1950

En 1929 se encuentra en Peterborough, New Hempshire, como becaria en la MacDowell Recidency. Allí conoce al compositor Maurion Bauer, del que se hace amiga, manteniéndose en contacto con sus amigos de Chicago. En el otoño se muda a Nueva York a la casa de Blanche Walton, donde comienza a estudiar composición con Charles Seeger, un musicólogo especializado en música folclórica y profesor en el Instituto de Arte Musical de Nueva York, ahora conocido como Julliard. Bajo su supervisión, Crawford continúa desarrollando su estilo modernista sin abandonar la música popular. Ayuda a Seeger a escribir el tratado de 1930 Tradición y Experimentación en la Nueva Música, pero su nombre no se incluye en la publicación.

Gracias a sus esfuerzos y brillantes resultados, es la primera compositora en recibir la Guggeneheim Fellowship, una beca que le permite viajar a París y Berlín. Aquí compone Tres Cantos: A un Dios cruel, A un ángel y A un Dios bondadoso. Es una pieza extremadamente vanguardista: sólo en los años Sesenta se producirá música similar. Intenta varias veces que su trabajo sea publicado, incluso consigue una entrevista con el famoso editor Emil Hertzka que, sin embargo, la rechaza, advirtiéndole que iba a ser muy difícil para una mujer poder difundir su música. Crawford no se rinde y viaja a Austria y Hungría en busca de apoyo. A pesar de los contactos con numerosos colegas, prefiere componer sola, para poder escribir una sinfonía que sea verdaderamente suya y no esté influenciada por otros. El proyecto no prospera, sino que se fusiona en su pieza más famosa: Cuarteto de cuerdas 1931, que la consagra como una de las artistas más talentosas y vanguardistas de Estados Unidos en ese momento, en el rostro de quienes sostenían que una mujer no podía tener el talento necesario para "escribir como un hombre".

Mientras tanto, la relación con Seeger se convierte en algo más: los dos han mantenido una estrecha correspondencia mientras Crawford estaba en Europa, los consejos de Seeger fueron fundamentales para su producción de esos años. A su regreso se casan, en 1932. Ruth adopta a los tres hijos de su marido, y los dos tendrán otras tres hijas y un hijo. En 1933 representa a los Estados Unidos en el Festival de la Sociedad Internacional de Música Contemporánea con la canción Three Songs. Cuando la Administración de Reasentamiento contrata a Seeger, la familia se muda a Washington, D.C., en 1936. Allí la música, a pesar de la lucha por conciliar su pasión con la vida como ama de casa y madre, trabaja estrechamente con John Lomax y su hijo Alan, dos musicólogos expertos en música popular, en el Archivo de Música Folclórica Americana de la Biblioteca del Congreso. Para ellos transcribe textos y arreglos que luego son recopilados y publicados en antologías. Está convencida de que la música popular es capaz de unir a la gente y que, por lo tanto, es algo que hay que preservar. En sus diarios escribe:

«La música folclórica no es una música que se pueda admirar a distancia y que sólo puede ser interpretada por aquellos que tienen talentos específicos o han estudiado intensamente para adquirir la técnica […]. Para disfrutarla, no hay necesidad de florituras. Simplemente hay que sentarse cómodamente en algún lugar y tocar, con la conciencia de que muchos padres y sus hijos han hecho lo mismo antes que nosotros y lo han disfrutado, sabiendo que el valor de la buena música ha sido determinado democráticamente por el acuerdo general y la aceptación del grupo».

famosas, entre ellas Our Singing Country y Rissolty Rossolty – An American Fantasy for Orchestra. Con su apellido de casada en 1948 publica la colección de música popular American Folk Songs for Children for In Home, School and Nursery School, un texto pensado tanto para uso escolar –que se sigue utilizando hoy en día– como para el hogar, canciones que los padres pueden cantar a sus hijos e hijas. Crawford se niega a censurar las letras para "adaptarlas" a su joven público, argumentando que temas como la muerte y la melancolía son parte de la vida; una filosofía que siempre aplica a su enseñanza y que será fuente de inspiración para futuros docentes.

Crawford en un estudio de grabación con Burl Ives

Un cáncer intestinal se la lleva demasiado pronto, el 18 de noviembre de 1953. Poco antes de su muerte, Crawford comienza a volver a su estilo ultramoderno con Suite for Wind Quintet, tres movimientos cortos con flauta, clarinete, trompa y fagot, una vuelta a sus orígenes que no tendrá continuación. Los últimos meses de su vida se vuelven aún más trágicos por una investigación del FBI sobre Charles, víctima del macartismo por sus simpatías por los movimientos de izquierda: el día que descubre que tiene cáncer es también el día en que su marido es interrogado, un acontecimiento que la llevará a dimitir de su trabajo para no comprometer a sus colegas. El legado de Ruth Crawford Seeger es enorme: dos carreras, una como compositora y otra como musicóloga, en las que ha basado su estilo pedagógico. Convencida de que la música debe estar al alcance de cualquiera, transmitió su pasión a sus hijos Peter, Peggy y Mike, quienes continuaron su labor académica y se convirtieron en figuras importantes de la escena folk estadounidense.

 

Louise Talma
Laura Candiani


Elisabetta Sichel

 

Louise nacque in Francia, ad Arcachon, il 31 ottobre 1906; la madre Alma Cecile Garrigues, americana, era un soprano professionista che aveva cambiato il cognome in Talma verso i primi del secolo; il padre è ignoto. Nel 1914 le due si trasferirono negli Usa dove la figlia studiò materie scientifiche in cui eccelleva, pensando di dedicarsi alla chimica, ma poi prevalse l'interesse per la musica. Dopo il diploma superiore, nel 1922 si iscrisse all'Institute of Musical Arts (oggi Juilliard) di New York dove affrontò composizione e pianoforte. Si specializzò in ambito musicale nel 1931 all'Università di New York e nel 1933 alla Columbia University. Dopo il fortunato debutto al pianoforte nel 1926, da quell'anno al '35 ogni estate ritornava in Francia per perfezionarne lo studio con il celebre pianista Isidor Philipp, presso il Conservatorio americano di Fontainebleau; dal 1928 al '39 studiò pure composizione con la grande direttrice d'orchestra e didatta Nadia Boulanger, decidendo nel 1935 che la sua strada era proprio quella. Intanto aveva iniziato a insegnare all'Hunter College di New York dove rimase fino al 1979.

L'incontro con Boulanger sicuramente comportò una svolta, anche umana, infatti Louise si convertì al cattolicesimo nel 1934 (Boulanger le fu madrina) e impresse alla propria vita una totale dedizione alla musica; pure i temi affrontati nelle composizioni passarono spesso dall'amore impossibile (forse la stessa Boulanger) a testi spirituali e legati alla fede, tanto che furono almeno una ventina le sue opere a tematica religiosa. Significativo che abbia lavorato in modo incessante fino alla morte che la raggiunse quasi novantenne a Saratoga Springs, New York, il 13 agosto 1996 mentre stava componendo un brano elegiaco dal titolo The Lengthening Shadows. Nella sua vasta produzione si trovano pezzi per orchestra, con la voce del baritono o con il pianoforte solista; numerosi altri per piano solo, sonate, preludi, variazioni, studi, alcuni ispirati all'Italia (Italian Suite) e a Venezia (una barcarola); dal 1946 al 1994 si contano tredici composizioni di musica da camera, per viola, violino, clarinetto, violoncello, ecc, e anche una fanfara per trombe e tromboni. A partire dal 1928, è impossibile elencare i numerosi brani vocali, con accompagnamenti vari, spesso il pianoforte, talvolta per soprano o tenore, ispirati a testi poetici come quelli di Emily Dickinson, di Keats, di Blake, di Auden.

Due composizioni furono dedicate alla memoria di John F. Kennedy: Dialoghi per pianoforte e orchestra (1964) e un oratorio sulle parole dello stesso presidente assassinato, A Time of Rimember (1967). The Tolling Bell, per baritono e orchestra, nato dalla rielaborazione di testi di Donne, Shakespeare, Marlowe, le fruttò la nomination al Premio Pulitzer per la musica, nel 1969. Di sua mano scrisse il libretto per un'opera da camera per le voci di soprano e mezzosoprano incentrata sul tema della Guerra fredda e sul bisogno umano di utopie, dal titolo Have You Heard? Sai? (1976). A proposito della sua produzione, la stessa Talma la divide in tre fasi: il periodo giovanile definito "neoclassico" (1925-51), il secondo che chiama "periodo seriale" (1952-67) e il terzo: "atonale non seriale" (1967-96), anche se tali etichette di fatto sono relativamente attendibili proprio per la varietà e ampiezza delle sue opere, in cui gli stili e le sonorità di fondono, si alternano e si mescolano. Certo è che la fama iniziò già nel 1943 con la Sonata per pianoforte n.1, seguita da Toccata per orchestra (1944) e Alleluia in forma di toccata per pianoforte (1945); grazie a questi lavori ottenne (seconda donna dopo Ruth Crawford Seeger) il Guggenheim Fellowship in composizione e fu l'unica donna a riceverne due consecutivi, nel 1946 e nel '47. Altri primati le appartengono: è stata la prima donna ammessa all'Istituto nazionale di Lettere e arti nel 1974 ed è stata la prima compositrice americana la cui opera The Alcestiad su libretto di Thornton Wilder debuttò in Europa, a Francoforte, il 1° marzo 1962. A questo proposito vale la pena notare che l'opera era stata completata fino dal 1958 e sottoposta a vari teatri americani, che la apprezzavano ma la giudicavano troppo difficile per gli artisti locali e per il pubblico, non preparato a simili eventi musicali. In Germania invece fu accolta con grande favore, tuttavia si tratta di un lavoro dalla messa in scena assai complessa che richiede enorme dispendio di mezzi, quindi è rimasto pressoché sconosciuto.

Talma, tutta impegnata nella propria missione, non si sposò mai e, grazie alla folta corrispondenza, si conoscono invece alcune relazioni femminili significative. L'Università di Yale conserva molti documenti che la riguardano nella Biblioteca dedicata ai manoscritti e ai libri rari. Fra gli onori ricevuti nella lunga e fortunata carriera si segnalano la medaglia Sibelius per la composizione e il premio internazionale intitolato alla pianista britannica Harriet Cohen, nel 1963, prima compositrice a ottenerlo. Importante pure il fatto che la musicologa, esperta nel valorizzare i talenti femminili, Kendra Preston Leonard le abbia dedicato una intera biografia dal titolo Louise Talma: A Life in Composition, edita nel 2014, e il volume: The art songs of Louise Talma, del 2016.

Della sua ampia produzione rimangono molte incisioni su disco e varie esecuzioni si possono facilmente trovare in rete, per lo più sotto forma di ascolto, ad esempio Sei studi per piano, Let's Touch the Sky, le citate Sonata per piano n.1 e Alleluia in forma di toccata; sono in vendita anche volumi da lei scritti per affrontare lo studio della musica e del pianoforte (Bagatelles), contenenti spartiti e metodo, alcuni dei quali realizzati insieme ad allievi e allieve dei suoi corsi di perfezionamento. Tutto ciò le fa onore e contribuisce a mantenerne vivo il ricordo, valorizzando la sua arte.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

 

Louise est née en France, à Arcachon, le 31 octobre 1906 ; sa mère Alma Cecile Garrigues, américaine, était une soprano professionnelle qui avait changé son nom en Talma au début du siècle ; son père est inconnu. En 1914, elles déménagent aux États-Unis où leur fille étudie des sujets scientifiques dans lesquels elle excelle, pensant se consacrer à la chimie, mais l’intérêt pour la musique l’emporte. En 1922, elle s’inscrit à l’Institute of Musical Arts (aujourd’hui Juilliard) de New York où elle affronte la composition et le piano. Elle se spécialise en musique en 1931 à l’université de New York et en 1933 à l’université Columbia. Après ses débuts chanceux au piano en 1926, elle retourne chaque été en France pour perfectionner son apprentissage avec le célèbre pianiste Isidor Philipp, au Conservatoire américain de Fontainebleau; De 1928 à 1939, elle étudia également la composition avec la grande chef d’orchestre et didatte Nadia Boulanger, décidant en 1935 que c’était sa rue. Elle a commencé à enseigner au Hunter College de New York où elle est restée jusqu’en 1979.

La rencontre avec Boulanger a certainement entraîné un tournant, même humain, car Louise s’est convertie au catholicisme en 1934 (Boulanger lui fut marraine) et a imprimé à sa vie un dévouement total à la musique; les thèmes abordés dans les compositions passèrent souvent de l’amour impossible (peut-être Boulanger elle-même) à des textes spirituels et liés à la foi, de sorte qu’au moins une vingtaine de ses œuvres furent thématiques religieuses. Il est significatif qu’elle ait travaillé sans relâche jusqu’à sa mort, qui la rejoint près de quatre-vingt-dix ans à Saratoga Springs, New York, le 13 août 1996 alors qu’elle composait une chanson élégiaque intitulée The Lengthening Shadows. Dans sa vaste production on trouve des pièces pour orchestre, avec la voix du baryton ou avec le piano soliste; nombreux autres pour piano seul, sonates, préludes, variations, études, certains inspirés de l’Italie (Italian Suite) et de Venise (une barcarola)De 1946 à 1994, on compte treize compositions de musique de chambre, pour alto, violon, clarinette, violoncelle, etc., ainsi qu’une fanfare pour trompettes et trombones. À partir de 1928, il est impossible de lister les nombreux morceaux vocaux, avec des accompagnements variés, souvent le piano, parfois pour soprano ou ténor, inspirés de textes poétiques comme ceux d’Emily Dickinson, de Keats, de Blake, d’Auden.

Deux compositions sont dédiées à la mémoire de John F. Kennedy : Dialogues pour piano et orchestre (1964) et un oratoire sur les paroles du même président assassiné, A Time of Rimember (1967). The Tolling Bell, pour baryton et orchestre, né de la réélaboration de textes de Donne, Shakespeare, Marlowe, lui vaut la nomination au Prix Pulitzer pour la musique, en 1969. De sa propre main, elle a écrit le livret d’un opéra de chambre pour les voix de soprano et de mezzosoprano centré sur le thème de la guerre froide et sur le besoin humain d’utopies, intitulé Have You Heard ? Tu sais ? (1976). À propos de sa production, Talma la divise en trois phases : la période juvénile qualifiée de "néoclassique" (1925-51), la seconde qu’elle appelle "période série" (1952-67) et la troisième : "atonale non sérielle" (1967-96)Même si ces labels sont en fait relativement fiables en raison de la variété et de l’ampleur de ses œuvres, où les styles et les sonorités de fusionnent, alternent et se mélangent. La célébrité commence en 1943 avec la Sonate pour piano nº1, suivie par Toccata pour orchestre (1944) et Alleluia sous forme de touchta pour piano (1945); grâce à ces œuvres, elle obtient (deuxième femme après Ruth Crawford Seeger) le Guggenheim Fellowship en composition et fut la seule femme à en recevoir deux consécutifs, en 1946 et en 1947. D’autres primates lui appartiennent : elle a été la première femme admise à l’Institut national des lettres et des arts en 1974 et elle a été la première compositrice américaine dont l’opéra The Alcestiad sur un livret de Thornton Wilder a fait ses débuts en Europe, à Francfort, le 1er mars 1962. À cet égard, il convient de noter que l’opéra avait été achevé depuis 1958 et soumis à plusieurs théâtres américains, qui l’appréciaient mais la jugeaient trop difficile pour les artistes locaux et le public, non préparé à de tels événements musicaux. En Allemagne, elle a été très bien accueilli, mais il s’agit d’un travail de mise en scène très complexe qui demande une énorme dépense de moyens, elle est donc resté presque inconnu.

Talma, toute engagée dans sa mission, ne s’est jamais mariée et, grâce à une abondante correspondance, on connaît au contraire quelques relations féminines significatives. L’Université de Yale conserve de nombreux documents la concernant dans la bibliothèque consacrée aux manuscrits et aux livres rares. Parmi les honneurs reçus au cours de la longue et chanceuse carrière figurent la médaille Sibelius pour la composition et le prix international intitulé à la pianiste britannique Harriet Cohen, en 1963, première compositrice à l’obtenir. Il est important de noter aussi le fait que la musicologue, experte en valorisation des talents féminins, Kendra Preston Leonard lui ait dédié une biographie entière intitulée Louise Talma : A Life in Composition, éditée en 2014, et le volume : The songs of Louise Talma, de 2016.

De sa grande production il reste beaucoup de disques gravés et diverses exécutions peuvent être facilement trouvées sur le net, principalement sous forme d’écoute, par exemple Six studios par étage, Let’s Touch the Sky, les Sonates pour piano n.1 et Alleluia mentionnées sous forme de touchta; sont également en vente des volumes qu’elle a écrits pour aborder l’étude de la musique et du piano (Bagatelles), contenant des partitions et des méthodes, dont certains réalisés avec des élèves et des élèves de ses cours de perfectionnement. Tout cela lui fait honneur et contribue à garder sa mémoire vivante, en valorisant son art.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

Louise Talma was born in Arcachon, France on October 31, 1906. Her mother was Alma Cecile Garrigues, an American and a professional soprano who changed her surname to Talma around the turn of the century. Her father is unknown. In 1914 Louise and her mother moved to the U.S., where the daughter studied science subjects in which she excelled, thinking of pursuing chemistry, but then her interest in music prevailed. After graduating from high school, she enrolled at the Institute of Musical Arts (now Juilliard) in New York in 1922, where she tackled composition and piano. She majored in music in 1931 at New York University and in 1933 at Columbia University. After her successful piano debut in 1926, she returned to France every summer from that year to 1935 to perfect her study with the celebrated pianist Isidor Philipp at the American Conservatory in Fontainebleau. From 1928 to '39 she also studied composition with the great conductor and teacher Nadia Boulanger, deciding in 1935 that that was her path. Meanwhile, she had begun teaching at Hunter College in New York where she remained until 1979.

Her time with Boulanger certainly involved a turning point, including a human one - Louise converted to Catholicism in 1934 (Boulanger was her godmother) and imprinted her life with a total dedication to music. Likewise, the themes addressed in her compositions often shifted from impossible love (perhaps Boulanger herself) to spiritual and faith-related texts, so that there were at least twenty of her works with religious themes. Significantly, she worked tirelessly until her death, which came to her at almost 90 years old, in Saratoga Springs, New York, on August 13, 1996, while she was composing an elegiac piece entitled The Lengthening Shadows. Her vast output includes pieces for orchestra, with baritone voice or solo piano, and numerous others for solo piano, sonatas, preludes, variations, etudes, some inspired by Italy (Italian Suite, and Venetian Folly: Overture and Barcarolle). From 1946 to 1994 there were thirteen chamber music compositions, for viola, violin, clarinet, cello, etc., and also a fanfare for trumpets and trombones. Beginning in 1928, it is impossible to list the many vocal pieces, with various accompaniments, often the piano, sometimes for soprano or tenor, inspired by poetic texts such as those of Emily Dickinson, Keats, Blake, Auden.

Two compositions were dedicated to the memory of John F. Kennedy: Dialogues for Piano and Orchestra (1964) and an oratorio on the words of the assassinated president himself, A Time to Remember (1967). The Tolling Bell, for baritone and orchestra, which grew out of a reworking of texts by Donne, Shakespeare, and Marlowe, earned her a Pulitzer Prize nomination for music in 1969. She herself wrote the libretto for a chamber opera for soprano and mezzo-soprano voices centered on the theme of the Cold War and the human need for utopias, entitled Have You Heard? You Know? (1976). About her output, Talma divided it into three phases: the youthful period, referred to as "neoclassical" (1925-51), the second she calls the "serial period" (1952-67) and the third: "atonal non-serial" (1967-96), although such labels are only relatively reliable precisely because of the variety and breadth of her works, in which styles and sonorities blend, alternate and mix. What is certain is that her fame began as early as 1943 with the Piano Sonata No. 1, followed by Toccata (1944) for orchestra and Alleluia in the form of a toccata for piano (1945). Thanks to these works she obtained (the second woman after Ruth Crawford Seeger) the Guggenheim Fellowship in composition and was the only woman to receive two consecutive ones, in 1946 and '47. Other firsts belong to her - she was the first woman admitted to the National Institute of Arts and Letters in 1974, and she was the first female American composer whose opera The Alcestiad (libretto by Thornton Wilder) premiered in Europe, in Frankfurt, on March 1, 1962. In this connection it is worth noting that the opera had been completed in 1958 and submitted to various American theaters, which appreciated it but deemed it too difficult for local artists and audiences unprepared for such musical events. In Germany, on the other hand, it was received with great favor, yet it is a work with a very complex staging that requires enormous expenditure of means, so it has remained virtually unknown.

Talma, committed to her own mission, never married and instead, thanks to her extensive correspondence, some significant female relationships are known. Yale University preserves many documents about her in its library dedicated to manuscripts and rare books. Honors received during her long and successful career include the Sibelius medal for composition and the international prize named for British pianist Harriet Cohen. In 1963 she was the first female composer to receive it. Also of importance is the fact that musicologist Kendra Preston Leonard, an expert in showcasing female talent, dedicated an entire biography to her entitled Louise Talma: A Life in Composition, published in 2014, and also the 2016 volume: The Art Songs of Louise Talma.

Of her extensive output, many recordings remain on disc (DISC) and various performances can easily be found online, mostly in the form of listening, e.g. Six Piano Etudes, Let's Touch the Sky, the aforementioned Piano Sonata No. 1 and Alleluia in the form of a toccata. Also for sale are volumes she wrote to address the study of music and piano (Bagatelles), containing sheet music and method, some of which she created together with students and pupils of her master classes. All this honors her and helps to keep her memory alive, enhancing the value of her art.


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

 

Louise nació en Francia, en Arcachon, el 31 de octubre de 1906. Su madre, Alma Cecile Garrigues, mujer estadounidense, era una soprano profesional que cambió su apellido por Talma a principios de siglo; su padre es desconocido. En 1914, ambas se trasladaron a Estados Unidos, donde la hija estudió asignaturas de ciencias en las que destacó –pensando en dedicarse a la química– pero luego prevaleció su interés por la música. Tras graduarse en el instituto, en 1922 se matriculó en el Instituto de Artes Musicales (la actual Juilliard) de Nueva York, donde estudió composición y piano. Se especializó en música en 1931 en la Universidad de Nueva York y en 1933 en la Universidad de Columbia. Tras su exitoso debut como pianista en 1926, regresó a Francia todos los veranos desde ese año hasta 1935 para perfeccionar sus estudios de piano con el famoso pianista Isidor Philipp en el Conservatorio Americano de Fontainebleau. Además, de 1928 a 1939, estudió composición con la gran directora y profesora Nadia Boulanger, decidiendo en 1935 que ese iba a ser su camino. Mientras tanto, había empezado a dar clases en el Hunter College de Nueva York, donde permaneció hasta 1979.

Louise se convirtió al catolicismo en 1934 (Boulanger fue su madrina) e imprimió a su vida una dedicación total a la música. Los temas abordados en sus composiciones también pasaron a menudo del amor imposible (quizá la propia Boulanger) a textos espirituales y relacionados con la fe, de modo que al menos veinte de sus obras tenían temática religiosa. Significativamente, trabajó sin cesar hasta su muerte, que llegó a los casi 90 años en Saratoga Springs (Nueva York) el 13 de agosto de 1996, mientras componía una pieza elegíaca titulada The Lengthening Shadows. Su vasta producción incluye piezas para orquesta, con voz de barítono o piano solo; otras numerosas para piano solo, sonatas, preludios, variaciones, estudios, algunos inspirados en Italia (Suite Italiana) y Venecia (Una barcarola). De 1946 a 1994, compone trece piezas de música de cámara, para viola, violín, clarinete, violonchelo, etc., y también una fanfarria para trompetas y trombones. A partir de 1928, es imposible enumerar las numerosas piezas vocales, con diversos acompañamientos, a menudo piano, a veces para soprano o tenor, inspiradas en textos poéticos como los de Emily Dickinson, Keats, Blake, Auden.

Dos composiciones fueron dedicadas a la memoria de John F. Kennedy: Dialogues for piano and orchestra (1964) y un oratorio sobre las palabras del propio presidente asesinado, A Time of Remembrance (1967). The Tolling Bell, para barítono y orquesta, una reelaboración de textos de Donne, Shakespeare y Marlowe, le valió una nominación al Premio Pulitzer de música en 1969. De su puño y letra escribió el libreto de una ópera de cámara para voces de soprano y mezzosoprano centrada en el tema de la Guerra Fría y la necesidad humana de utopías, titulada Have You Heard? Sai? (1976). La propia Talma divide su producción en tres fases: un primer periodo definido como "neoclásico" (1925-51), un segundo que denomina "periodo serial" (1952-67) y un tercero, "atonal no serial" (1967-96), aunque en realidad estas etiquetas son relativamente fiables, precisamente por la variedad y amplitud de sus obras, en las que se funden, alternan y mezclan estilos y sonoridades. Es cierto que la fama comenzó ya en 1943 con la Sonata para piano nº 1, a la que siguieron Tocata para orquesta (1944) y Aleluya en forma de tocata para piano (1945). Gracias a estas obras, fue la segunda mujer –después de Ruth Crawford Seeger– en obtener la beca Guggenheim de composición y fue la única mujer que recibió dos consecutivas, respectivamente la primera en 1946 y la segunda en 1947. Otras primicias le pertenecen: fue la primera mujer admitida en el Instituto Nacional de Artes y Letras en 1974 y la primera compositora estadounidense cuya ópera The Alcestiad, en un libreto de Thornton Wilder, se estrenó en Europa, en Fráncfort, el 1 de marzo de 1962. A este respecto, cabe señalar que la ópera ya había sido terminada en 1958 y presentada a varios teatros estadounidenses, que la apreciaron, pero la consideraron demasiado difícil para los artistas y el público locales, que no estaban preparados para tales acontecimientos musicales. En Alemania, en cambio, fue recibida muy favorablemente, pero se trata de una obra con una puesta en escena muy compleja que requiere un enorme desembolso de recursos, por lo que ha permanecido prácticamente desconocida.

Talma, toda ella comprometida con su misión, nunca se casó y, gracias a la extensa correspondencia, se conocen en cambio algunas relaciones femeninas significativas. La Universidad de Yale conserva muchos documentos sobre ella en la Biblioteca de Manuscritos y Libros Raros. Entre los honores recibidos durante su larga y exitosa carrera figuran la medalla Sibelius de composición y el premio internacional que lleva el nombre de la pianista británica Harriet Cohen, en 1963, la primera mujer compositora en recibirlo. También es importante el hecho de que la musicóloga Kendra Preston Leonard, experta en dar a conocer el talento femenino, le dedicara una biografía completa titulada Louise Talma: A Life in Composition, publicada en 2014 y el volumen The art songs of Louise Talma, en 2016.

De su amplia producción, se conservan numerosas grabaciones en disco y se pueden encontrar fácilmente en Internet varias interpretaciones, la mayoría en forma de audiciones, por ejemplo Sei studi per piano, Let's Touch the Sky, la Sonata para piano nº 1 antes mencionada y Aleluya en forma de tocata; también están a la venta los volúmenes que escribió para abordar el estudio de la música y el piano (Bagatelas), que contienen partituras y método, algunos de los cuales realizó junto con alumnos de sus clases magistrales. Todo ello la honra y contribuye a mantener viva su memoria y a realzar su arte.

Betty Jackson King
Olga Comparone


Elisabetta Sichel

 

Nella Chicago della fine dei Roaring Twenties, i ruggenti Anni Venti, il 17 febbraio 1928 nasce Betty Jackson. Circondata fin dall’infanzia dalla musica, Betty cresce tra gli insegnamenti della madre, Gertrude Jackson Taylor, e gli inni e i canti religiosi che apprende grazie alla professione di suo padre, il reverendo Frederick D. Jackson, nella comunità della chiesa di Woodlawn. Dotata di uno straordinario talento che non passa inosservato a sua madre, la bambina inizia a studiare e suonare il pianoforte all’età di soli tre anni. La musica le scorre nelle vene e la sua innata capacità viene messa a disposizione, nel corso dell'adolescenza, di varie chiese, in cui la giovane esegue canti e musiche religiose, come insegnatole da suo padre. Insieme alla sorella Catherine e alla madre, inoltre, forma il Jacksonian Trio, a cui presta voce e talento musicale.

Lo studio e l’istruzione costituiscono una costante nella sua vita. Frequenta il Chicago Musical College della Roosevelt University, in cui consegue un bachelor’s degree in pianoforte e un master’s degree in composizione. In questi anni, Betty ha la possibilità di studiare la musica in tutte le sue sfumature, dalla voce al pianoforte fino al perfezionamento della tecnica compositiva. Può farlo anche grazie al supporto e agli insegnamenti delle personalità più illustri di quel periodo. Ma la sua sete di conoscenza, mista a una buona dose di curiosità e a una forte passione, la spinge a volersi formare continuamente. Studia musica al Glassboro College nel New Jersey, presso l’Oakland University nel Michigan, al Westminster Choir College a Princeton e al Peabody Conservatory di Baltimora, nel Maryland.

L’insegnamento costituisce un’altra pietra miliare nella vita di Jackson King che, nel frattempo, si avvia verso una fiorente carriera di pianista e compositrice. La perfetta commistione tra musica e insegnamento comincia nel 1969, quando inizia a lavorare presso la Wildwood High School nel New Jersey; ma questa non sarà la sua unica esperienza come docente. Il suo talento la porta infatti a insegnare musica presso le più prestigiose università degli Stati Uniti: la Laboratory School dell’Università di Chicago, la Dillard University e persino la sua vecchia alma mater, la Roosevelt University. Riceverà per questa significativa attività il premio Teaching Recognition Award dall’ex governatore del New Jersey, Thomas Kean.

Il perno della sua identità si fonda sull’appartenenza alla Black community. Nel 1970, Betty Jackson King diventa Presidente della National Association of Negro Musicians (Nanm), carica che mantiene fino al 1984. L’associazione, tra le più antiche degli Stati Uniti, si occupa di preservare, incoraggiare e sostenere l’attività musicale della comunità afro-americana, in tutti i suoi generi, verso la creazione di una cultura musicale nazionale inclusiva. Quando Betty ne assume la presidenza, l’associazione può contare mille membri attivi, che la accolgono con vivace sostegno ed entusiasmo. L’approvazione degli altri membri non sorprende, perché la donna aveva con l’associazione un solido legame da più di trent’anni: andava agli incontri fin da bambina e aveva ricoperto già un variegato ventaglio di posizioni, curandone i convegni e i laboratori, fino alla carica di vice-presidente. La Nanm, inoltre, si occupa anche di formare e assistere giovani compositori e compositrici, attività che può felicemente beneficiare della lunga esperienza di Betty come insegnante e del suo straordinario talento.

Betty Jackson King (al centro), Zolla McCullough, soprano (a sinistra), Ron McKinley, tenor (a destra), Earl Robinson, baritone (in alto a sinistra) and Lois Raye, mezzo soprano (in alto a destra)

Da musicista nera, Jackson King conosce bene il notevole contribuito che la comunità nera ha dato alla musica, ma è anche tristemente consapevole che essa non goda del riconoscimento che le spetta. Troppo poche persone hanno familiarità con questo eclettico mondo, fatto di ritmi, generi, temi, strumenti e composizioni che lo arricchiscono e ne costituiscono la peculiare caratterizzazione. Per questo motivo, all’interno della Nanm, l'artista cercherà sempre di promuovere e celebrare la tradizione della comunità nera e la sua cultura musicale: uno degli obiettivi principali dell’associazione sarà, infatti, quello di incentivare la presenza di più libri sulla Black history nelle scuole.

King è diventata un’illustre compositrice, pianista e organista. Numerosissimi e variegati sono i suoi lavori: se ne contano circa cento e la maggior parte di essi hanno, in origine, un carattere vocale. La sua produzione si colloca tra i primi esempi della tradizione della musica classica di Chicago e il suo stile, stratificato e ricco, s’intreccia con un linguaggio musicale armonico e caratteristici gruppi di accordi. È stata sposata con Vincent King, da cui ha avuto una figlia, Rochelle. Muore il 1° giugno 1994 a Wildwood, nel New Jersey.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

 

Dans le Chicago de la fin des années folles, le 17 février 1928, Betty Jackson est née. Entourée de musique dès son enfance, Betty grandissait avec les enseignements de sa mère, Gertrude Jackson Taylor, et les hymnes et chants religieux qu’elle apprenait grâce à la profession de son père, le révérend Frederick D. Jackson, dans la communauté de l’église de Woodlawn. Dotée d’un talent extraordinaire qui n'échappe pas à sa mère, l’enfant a commencé à étudier et à jouer du piano dès l’âge de trois ans. La musique coulait dans ses veines, et son aptitude innée a été mise au service de diverses églises pendant son adolescence, où elle exécutait chants et musiques religieuses, comme son père le lui avait enseigné. Avec sa sœur Catherine et sa mère, elle formait également le Jacksonian Trio, auquel elle prêtait sa voix et son talent musical.

Les études et l’instruction représentaient une constante dans sa vie. Elle a fréquenté le Chicago Musical College de la Roosevelt University, où elle a obtenu un bachelor’s degree en piano et un master’s degree en composition. Pendant ces années, Betty avait la possibilité d’étudier la musique dans toutes ses nuances, de la voix au piano, jusqu’au perfectionnement de la technique de composition. Elle pouvait également le faire grâce au soutien et aux enseignements des personnalités les plus illustres de l’époque. Mais sa soif de connaissance, combinée à une bonne dose de curiosité et une grande passion, la poussait à se former continuellement. Elle a ainsi étudié la musique au Glassboro College dans le New Jersey, à l’Université d’Oakland dans le Michigan, au Westminster Choir College à Princeton et au Peabody Conservatory de Baltimore, dans le Maryland.

L’enseignement constituait une autre pierre angulaire de la vie de Jackson King qui, entre-temps, entamait une florissante carrière de pianiste et compositrice. La parfaite fusion entre la musique et l’enseignement a commencé en 1969, lorsqu’elle a commencé à travailler à la Wildwood High School dans le New Jersey ; mais ce n’a pas été sa seule expérience en tant que professeure. Son talent l’a en effet amenée à enseigner la musique dans les universités les plus prestigieuses des États-Unis : la Laboratory School de l’Université de Chicago, la Dillard University et même son ancienne alma mater, la Roosevelt University. Pour cette activité significative, elle a reçu le prix Teaching Recognition Award de l’ancien gouverneur du New Jersey, Thomas Kean.

L’appartenance à la communauté noire constituait le pivot de son identité. En 1970, Betty Jackson King est devenue présidente de la National Association of Negro Musicians (Nanm), un poste qu’elle a occupé jusqu’en 1984. Cette association, l’une des plus anciennes des États-Unis, se consacrait à la préservation, l’encouragement et le soutien de l’activité musicale de la communauté afro-américaine, dans tous ses genres, pour créer une culture musicale nationale inclusive. Lorsque Betty en a pris la présidence, l’association comptait mille membres actifs, qui l'accueillent avec un soutien et un enthousiasme chaleureux. L’approbation des autres membres n’était pas surprenante, car elle entretenait depuis plus de trente ans un lien solide avec l’association : elle assistait aux réunions depuis son enfance et avait déjà occupé un éventail de postes variés, organisant les conférences et ateliers, jusqu’au poste de vice-présidente. La Nanm se consacrait également à former et soutenir de jeunes compositeurs et compositrices, une activité qui bénéficie heureusement de la longue expérience de Betty en tant qu’enseignante et de son talent extraordinaire.

Betty Jackson King (au centre), Zolla McCullough, soprano (à gauche), Ron McKinley, ténor (à droite), Earl Robinson, baryton (en haut à gauche) et Lois Raye, mezzo soprano (en haut à droite)

En tant que musicienne noire, Jackson King connaissait bien l’importante contribution que la communauté noire a apportée à la musique, mais elle était également tristement consciente qu’elle ne recevait pas la reconnaissance qu’elle méritait. Trop peu de personnes connaissaient ce monde éclectique, fait de rythmes, de genres, de thèmes, d’instruments et de compositions qui l'enrichissait et en constituaient le caractère particulier. Pour cette raison, au sein de la Nanm, l’artiste s’efforçait toujours de promouvoir et de célébrer la tradition de la communauté noire et sa culture musicale : l’un des principaux objectifs de l’association était en effet d’encourager la présence de plus de livres sur la Black History dans les écoles.

King est devenue une compositrice, pianiste et organiste illustre. Ses œuvres, nombreuses et variées, comptent environ une centaine de compositions, dont la majorité était, à l’origine, de nature vocale. Sa production se situait parmi les premiers exemples de la tradition de la musique classique de Chicago, et son style, stratifié et riche, s'entrelacent avec un langage musical harmonique et des groupes d’accords caractéristiques. Elle a été mariée à Vincent King, avec qui elle a eu une fille, Rochelle. Elle est morte le 1er juin 1994 à Wildwood, dans le New Jersey.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

In the Chicago of the late Roaring Twenties, Betty Jackson was born on February 17, 1928. Surrounded from childhood by music, Betty grew up among the teachings of her mother, Gertrude Jackson Taylor, and the hymns and religious songs she learned through the profession of her father, Reverend Frederick D. Jackson, in the Woodlawn church community. Blessed with an extraordinary talent that did not go unnoticed by her mother, the child began studying and playing the piano at the age of only three. Music ran through her veins, and her innate ability was made available throughout her adolescence to various churches, where the young girl performed hymns and religious music as taught to her by her father. Together with her sister Catherine and mother, she also formed the Jacksonian Trio, to which she lent her voice and musical talent.

Study and education constituted a constant in her life. She attended Roosevelt University's Chicago Musical College, where she earned a bachelor's degree in piano and a master's degree in composition. During these years, Betty had the opportunity to study music in all its nuances, from voice to piano to perfecting her compositional technique. She could do so, in part, thanks to the support and teachings of the most distinguished personalities of that period. But her thirst for knowledge, mixed with a good dose of curiosity and a strong passion, drove her to want to continuously educate herself. She studied music at Glassboro College in New Jersey, at Oakland University in Michigan, at Westminster Choir College in Princeton and at the Peabody Conservatory in Baltimore, Maryland.

Teaching constituted another milestone in the life of Jackson King, who, in the meantime, was on her way to a flourishing career as a pianist and composer. The perfect blend of music and teaching began in 1969, when she began working at Wildwood High School in New Jersey; but this would not be her only experience as a teacher. In fact, her talent led her to teach music at the most prestigious universities in the United States: the Laboratory School at the University of Chicago, Dillard University, and even her old alma mater, Roosevelt University. She received for this significant activity the Teaching Recognition Award from former New Jersey governor Thomas Kean.

The pivot of her identity is based on membership in the Black community. In 1970, Betty Jackson King became president of the National Association of Negro Musicians (NANM), a position she held until 1984. The association, among the oldest in the United States, is dedicated to preserving, encouraging and supporting the musical activity of the African American community, in all its genres, toward the creation of an inclusive national musical culture. By the time Betty assumed the presidency, the association could count a thousand active members, who greeted it with lively support and enthusiasm. The approval of the other members was not surprising, because she had had a solid connection with the association for more than 30 years - she had been going to meetings since childhood and had already held a varied range of positions, curating its conferences and workshops, all the way up to the position of vice-president. NANM also trains and assists young male and female composers, an activity that happily benefited from Betty's long experience as a teacher and her extraordinary talent.

Betty Jackson King (center), Zolla McCullough, soprano (left), Ron McKinley, tenor (right), Earl Robinson, baritone (top left), and Lois Raye, mezzo soprano (top right)

As a black musician, Jackson King was well aware of the black community's remarkable contribution to music, but she was also sadly aware that it did not receive the recognition it deserves. Too few people are familiar with this eclectic world of rhythms, genres, themes, instruments and compositions that enrich it and form its distinctive characterization. For that reason, within NANM, the artist would always seek to promote and celebrate the tradition of the Black community and its musical culture. One of the association's main goals has been to encourage the presence of more books on Black history in schools.

King became a distinguished composer, pianist and organist. Her works are numerous and varied - there are about a hundred of them, and most of them have, originally, a vocal character. Her output ranks among the earliest examples of the Chicago classical music tradition, and her layered and rich style is interwoven with a harmonic musical language and characteristic chord groups. She was married to Vincent King, by whom she had a daughter, Rochelle. Betty Jackson King died on June 1, 1994, in Wildwood, New Jersey.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

 

A finales de los violentos años veinte (The Roaring Twenties), en Chicago, el 17 de febrero de 1928, nació Betty Jackson. Rodeada de música desde pequeña, Betty creció con la enseñanza de su madre, Gertrude Jackson Taylor, y los himnos y los cantos religiosos que aprendió gracias a la profesión de su padre, el reverendo Fredrick D. Jackson, en la comunidad de la iglesia de Woodlawn. Dotada de un talento extraordinario, que no le pasó desapercibido a su madre, la niña empezó a estudiar y tocar el piano cuando solo tenía tres años. La música corría por sus venas y durante su adolescencia su habilidad innata se puso a disposición de varias iglesias, por las cuales interpretaba cantos y músicas religiosas, como su padre le enseñó. Además, junto a su hermana Catherine y su madre, creó el Jacksonian Trio, al que prestó su voz y su talento musical.

El estudio y la educación fueron una constante en su vida. Asistió al Chicago Musical College de Roosvelt University, donde se graduó en piano (bachelor’s degree) y obtuvo una maestría en composición (master’s degree). En aquellos años, Betty tuvo la posibilidad de estudiar música en todos sus matices, desde la voz hasta el piano, hasta el perfeccionamiento de la técnica compositiva. También pudo hacerlo gracias a la enseñanza de las personalidades más ilustres de esa época. Pero su hambre de conocimiento, mezclada con una buena dosis de curiosidad y fuerte pasión, la llevó a formarse continuamente. Estudió música en el Glassboro College (Nueva Jersey), en la Oakland University (Michigan); en el Westminster Choir College (Princeton) y en el Peabody Conservatory de Baltimore (Maryland).

La enseñanza constituyó otro hito en la vida de Jackson King, quien, entre tanto, se orientó hacia una próspera carrera como pianista y compositora. La mezcla perfecta de la música y la enseñanza comenzó en 1969, cuando empezó a trabajar en la Wildwood High School (Nueva Jersey); pero esta no fue su única experiencia como docente. En efecto, su talento la llevó a enseñar música en las mejores universidades de los Estados Unidos: en la Laboratory School de la universidad de Chicago, en la Dillard University e incluso en su antigua universidad, la Roosvelt University. Su importante actividad mereció el Teaching Recognition Award, que le concedió el antiguo gobernador de Nueva Jersey Thomas Kean.

Su identidad se basa en la pertenencia a la comunidad negra. En 1970, Betty Jackson King llegó a ser Presidenta de la National Association of Negro Musicians (NANM) y ocupó dicho cargo hasta el 1984. La asociación, que es una de las más antiguas de los Estados Unidos, intenta preservar, incentivar y apoyar la actividad musical de la comunidad afroamericana en todos sus géneros hacia la creación de una cultura musical nacional e integradora. Cuando Betty asumió su presidencia, la asociación contaba con mil miembros activos, quienes la recibieron con gran apoyo y entusiasmo. No hay que asombrarse del consenso de otros miembros, porque ella tenía una vinculación sólida con la asociación desde hacía más de treinta años: iba a las reuniones desde niña y ya había ocupado una amplia gama de puestos, dirigiendo las conferencias y los laboratorios, hasta que desempeñó el cargo de vicepresidenta. Además, la NANM se interesó también por formar y asistir a jóvenes compositores y compositoras: una actividad que pudiera beneficiar de la larga experiencia de Betty como docente y de su extraordinario talento.

Betty Jackson King (centro), Zolla McCullough, soprano (izquierda), Ron McKinley, tenor (derecha), Earl Robinson, barítono (arriba a la izquierda) y Lois Raye, mezzosoprano (arriba a la derecha)

Como música negra, Jackson King conocía bien la gran contribución que la comunidad negra dio a la música, pero también era tristemente consciente de que la misma no gozaba del reconocimiento que le correspondía. Muy pocas personas estaban familiarizadas con este ecléctico mundo hecho de ritmos, géneros, temas y composiciones que enriquecen y constituyen su peculiaridad. Por tanto, en la NANM, la artista siempre trató de promover y celebrar la tradición de la comunidad negra y su cultura musical; en efecto, uno de los principales objetivos de la asociación era el de incentivar la adopción de más libros sobre la Historia Negra en las escuelas.

King se convirtió en una ilustre compositora, pianista y organista. Sus obras son muchísimas y variadas: hay alrededor de cien y la mayoría de ellas tienen originalmente un carácter vocal. Su producción se sitúa entre los primeros ejemplos de la tradición musical clásica de Chicago y su estilo, matizado y rico, se entrelaza con un lenguaje musical armónico y unos grupos de acordes distintivos. Estuvo casada con Vincent King, con quien tuvo una hija, Rochelle. Murió el 1 de junio de 1994, en Wildwood, en Nueva Jersey.

 

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