Ella Fitzgerald
Valeria Pilone




Giulia Tassi

 

Le origini di Ella Fitzgerald sono un crocevia di tradizioni e popoli differenti, è un’anima meticcia ricca, dalle varie sfumature, come la sua potentissima voce. Nasce il 25 aprile 1917 a Newport News in Virginia da Temperance Henry e William Fitzgerald, entrambi definiti ‘mulatti’, ovvero nati da un individuo bianco e uno nero. I due non sono sposati e nel 1920 sua madre intreccia una relazione con un nuovo compagno, un immigrato portoghese di nome Joseph da Silva, dal quale avrà un’altra figlia, Frances da Silva, a cui Ella sarà molto legata.

Ella ha quindici anni quando sua madre muore per un grave incidente stradale. Continua a vivere con Joseph fino a quando nel 1933 si trasferisce da una zia nel quartiere di Harlem. È brava a danzare e si nutre del jazz di Louis Armstrong, Bing Crosby e The Boswell Sisters. Così arriva la sua occasione. A soli diciassette anni debutta all’Apollo Theater di New York, in una delle famose Amateur Nights, le serate dedicate alle competizioni canore dei dilettanti. Vince il primo premio e da questo momento in poi inizia a cantare per l’orchestra di Chick Webb, diventando una star grazie alla sua virtuosa e straordinaria voce. Dal 1941 comincia la sua straordinaria carriera da solista, che la vedrà impegnata in tour e collaborazioni di successo con i più grandi interpreti della musica internazionale come Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. Il suo manager era – in un’epoca di grandi discriminazioni razziali – a favore dei diritti civili e richiedeva parità di trattamento per le sue e i suoi musicisti, indipendentemente dal loro colore. Ella raccontò di un episodio in cui una squadra di polizia fece irruzione nel backstage durante una tournée per la Filarmonica, al solo fine di infastidire gli artisti e le artiste, salvo poi chiedere l’autografo alla cantante.

Ella ha ricevuto il sostegno di numerosi personaggi celebri,del mondo dello spettacolo e non solo, tra cui Marilyn Monroe, della quale racconta che grazie al suo intervento era riuscita a esibirsi al Mocambo, una discoteca molto in voga negli anni Cinquanta in California: la diva di Hollywood aveva personalmente chiamato il proprietario del locale, dicendogli di accettare l’esibizione di Fitzgerald, e per l’occasione avrebbe prenotato lei stessa tutte le sere un tavolo in prima fila. Proprietario e stampa dell’epoca andarono in visibilio, Ella stessa affermò: «Marilyn era una donna insolita, in anticipo sui tempi. E non lo sapeva», attestando con generosità la lungimiranza della collega artista. Di lei Frank Sinatra aveva detto: «The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this» (Il modo migliore per iniziare una serata musicale è con questa ragazza. Non c’è niente di meglio di così).

La voce di Ella era un dono naturale, potentissima, lucida, cristallina, era emessa senza alcuno sforzo (una dote che noi in Italia abbiamo potuto riscontrare nella superlativa voce di Mina). La sua estensione vocale andava oltre le tre ottave ed era esaltata dalla tecnica scat, ovvero l’imitare il virtuosismo degli strumenti con il solo suono della voce, senza parole. La sua carriera era cominciata all’insegna dell’insicurezza e dell’ansia, sentimenti che sempre più spesso accompagnano le nostre esistenze contemporanee. Ma lei era riuscita a fare di un momento di crisi una opportunità. All’Apollo Theater di New York, infatti, aveva avuto una crisi di nervi prima dell’esibizione di ballo, ma il presentatore insistette affinché salisse lo stesso sul palco e lei lo fece, iniziando a cantare e ammaliando tutti i presenti. Ha lavorato per oltre 59 anni, inciso circa 70 dischi, venduto oltre 40 milioni di copie e vinto 14 Grammy. Aveva detto di sé: «I know I’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people… but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (So di non essere una ragazza affascinante e non è facile per me alzarmi di fronte a una folla di persone… ma ora ho capito che Dio mi ha dato questo talento da usare, quindi sto lì e canto). Il mondo della musica gliene sarà per sempre grato.

Disse anche:

«Suppongo che ciò che ognuno vuole più di ogni altra cosa sia essere amato. E sapere che voi mi amate per il mio canto è davvero troppo per me. Perdonatemi se non ho tutte le parole giuste. Forse posso cantarvelo, e allora lo capirete». L’amore era ciò che aveva ricercato, come tutti, nella vita, e lo aveva ritrovato pienamente solo nella musica. Lo cantava nella bellissima Let’s fall in love: «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love?/Our hearts were made for it./Let’s take a chance./Why be afraid of it?/Let’s close our eyes/And make our own paradise./Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it» (Innamoriamoci/Perché non dovremmo innamorarci?/I nostri cuori sono stati fatti per questo./Corriamo il rischio./Perché avere paura di esso?/Chiudiamo gli occhi/E fare il nostro paradiso./Ora è il momento per questo,/Mentre siamo giovani/Perché avere paura di esso). Cantava la totalizzante forza dell’amore che provoca un fiume di lacrime nella memorabile Cry to me a river: «Cry me a river/‘Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it would have said/It would be a river of tears I cried in bed» (Piangimi un fiume/Perché ho pianto un fiume su di te/Se il mio cuscino potesse parlare,/immagina cosa avrebbe detto/Sarebbe un fiume di lacrime che ho pianto a letto).

L’amore lei lo aveva distribuito a piene mani non solo con la sua musica, ma anche nell’impegno sociale. Nel 1993 aveva fondato, infatti, la Ella Fitzgerald Charitable Foundation per aiutare con la sua ricchezza le persone maggiormente bisognose, che vivevano in condizioni di rischio, svantaggiate, e poter dare loro assistenza per ottenere una migliore qualità della vita. Ancora oggi il consiglio di amministrazione della Fondazione cerca di portare avanti gli obiettivi della sua fondatrice erogando sovvenzioni per fornire opportunità educative per bambini e bambine, promozione dell’amore e della conoscenza della musica, con assistenza a studenti di musica, fornitura di assistenza sanitaria, cibo, alloggio e consulenza a bisognose/i, con particolare attenzione a diabete, problemi di vista e malattie cardiache.

Era, infatti, affetta lei stessa da diabete mellito sin dall’infanzia, malattia che le provocherà l’amputazione di entrambe le gambe, fino a condurla alla morte nella sua casa di Beverly Hills il 15 giugno del 1996. È stata sepolta nella sezione “Santuario delle campane” del Sunset Mission Mausoleum presso il cimitero di Inglewood Park a Inglewood, in California. Dopo il funerale privato, il traffico stradale fu interrotto per permettere il passaggio del corteo della “First Lady of Song”: «Ella is the boss lady. That’s all» (Billy Strayhorn).


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Les origines d’Ella Fitzgerald sont un mixe de traditions et de peuples différents, c’est une âme métisse riche, aux nuances variées, comme sa voix très puissante. Elle est né le 25 avril 1917 à Newport News en Virginie de Temperance Henry et William Fitzgerald, tous deux appelés mulâtres, c’est-à-dire d’un individu blanc et d’un individu noir. Les deux ne sont pas mariés et en 1920 sa mère tisse une relation avec un nouveau compagnon, un immigré portugais du nom de Joseph da Silva, avec qui elle aura une autre fille, Frances da Silva, de laquelle Ella sera très proche.

Elle a 15 ans quand sa mère meurt d’un grave accident de la route. Elle continue à vivre avec Joseph jusqu’à ce qu’elle déménage en 1933 chez une tante dans le quartier de Harlem. Elle est douée pour la danse et se nourrit du jazz de Louis Armstrong, Bing Crosby et The Boswell Sisters. C’est ainsi qu’elle arrive a ses fins. À seulement dix-sept ans, elle fait ses débuts à l’Apollo Theater de New York, dans l’une des fameuses Amateur Nights, les soirées dédiées aux compétitions des amateurs du canoë. Elle remporte le premier prix et commence à chanter pour l’orchestre de Chick Webb, devenant une star grâce à sa voix virtuose et extraordinaire. À partir de 1941, elle commence sa remarquable carrière solo, qui la verra engagée dans des tournées et collaborations à succès avec les plus grands interprètes de la musique internationale comme Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. Son manager était - à une époque de grande discrimination raciale - en faveur des droits civiques et exigeait l’égalité de traitement pour ses musiciens et les siens, quelle que soit leur couleur. Elle raconte un épisode où une équipe de police fait irruption dans les coulisses lors d’une tournée pour la Philharmonie, dans le seul but d’embêter les artistes, avant de demander un autographe à la chanteuse.

Elle a reçu le soutien de nombreuses célébrités du monde du spectacle et non seulement, Marilyn Monroe, dont elle raconte qu’elle a réussi à se produire au Mocambo, une discothèque très en vogue dans les années 50 en Californie : la diva d’Hollywood avait personnellement appelé le propriétaire du club, lui disant d’accepter la performance de Fitzgerald, et pour l’occasion elle aurait réservé elle-même tous les soirs une table au premier rang. Propriétaire et imprimeur de l’époque, elle se montra très visible, affirmant : «Marilyn était une femme inhabituelle, en avance sur son temps. Et elle ne le savait pas », témoignant avec générosité de la clairvoyance de sa collègue artiste. Frank Sinatra avait dit d’elle : «The best way to start any musical evening is with this girl. It don’t get better than this» (La meilleure façon de commencer une soirée musicale est avec cette fille. Il n’y a rien de mieux que cela).

La voix d’Ella était un don naturel, très puissante, brillante, cristalline, émise sans aucun effort (une dot que nous, en Italie, avons pu trouver dans la voix superlative de Mina). Son extension vocale allait au-delà des trois octaves et était exaltée par la technique scat, à savoir l’imitation de la virtuosité des instruments avec le seul son de la voix, sans mots. Lorsqu’elle avait commencé l’insécurité et l’anxiété régnaient sur sa carrière, des sentiments qui accompagnent souvent nos existences contemporaines. Mais elle avait réussi à faire d’un moment de crise une opportunité. À l’Apollo Theater de New York, elle avait eu une crise de nerfs avant la performance de danse, mais le présentateur a insisté pour qu’elle monte sur scène et elle l’a fait, en commençant à chanter et à charmer toutes les personnes présentes. Elle a travaillé pendant plus de 59 ans, enregistré environ 70 disques, vendu plus de 40 millions d’exemplaires et remporté 14 Grammy. Elle avait dit d’elle-même : «I know i’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people... but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (Je sais que je ne suis pas une fille charmante et il n’est pas facile pour moi de me presenter devant une foule de gens... mais maintenant je comprends que Dieu m’a donné ce talent pour l’utiliser, alors je suis là et je chante). Le monde de la musique lui en sera éternellement reconnaissant.

Elle ajoute aussi:

«Je suppose que ce que chacun veut plus que tout autre chose, c’est être aimé. Et savoir que vous m’aimez pour mon chant est vraiment trop pour moi. Pardonnez-moi si je n’ai pas toutes les paroles justes. Peut-être puis-je vous le chanter, et alors vous le comprendrez». L’amour était ce qu’elle avait recherché, comme tous, dans la vie, et elle ne l’avait retrouvé pleinement que dans la musique. Elle le chantait dans la belle Let’s fall in love : «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love? /Our hearts were made for it. /Let’s take a chance. /Why be afraid of it? /Let’s close our eyes/And make our own paradise. /Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it» (Nous tombons amoureux/Pourquoi ne tomberions-nous pas amoureux?/Nos cœurs ont été faits pour cela./Nous courons le risque./Pourquoi avoir peur de lui?/Fermons les yeux/Et faisons notre paradis./Maintenant c’est le moment pour cela,/Alors que nous sommes jeunes/Pourquoi avoir peur de lui). Elle chantait la puissance totale de l’amour qui entraîne un torrent de larmes dans la mémorable Cry to me a river : «Cry me a river/'Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it it it would have said/It would be a river of tears I cried in bed» (Pleure des rivières/Pourquoi ai-je versé une rivière sur toi/Si seulement mon oreiller pouvait parler,/imagine ce qu’il aurait dit/Ce serait une rivière de larmes que j’ai pleuré au lit).

Elle l’avait distribué avec coeur non seulement avec sa musique, mais aussi dans l’engagement social. En 1993, elle a fondé la Fondation Ella Fitzgerald Charitable afin d’aider les personnes les plus nécessiteuses, celles qui vivaient dans des conditions à risque, défavorisées, et de leur apporter une assistance pour obtenir une meilleure qualité de vie. Aujourd’hui encore, le conseil d’administration de la Fondation cherche à poursuivre les objectifs de sa fondatrice en octroyant des subventions pour fournir des opportunités éducatives aux enfants, promouvoir l’amour et la connaissance de la musique, avec assistance aux étudiants en musique, fourniture de soins de santé, de nourriture, de logement et de conseils aux nécessiteux, avec une attention particulière au diabète, aux problèmes de vue et aux maladies cardiaques.

Elle souffrait elle-même de diabète depuis son enfance, une maladie qui provoquera l’amputation de ses deux jambes, jusqu’à sa mort chez elle à Beverly Hills le 15 juin 1996. Elle a été enterrée dans la section "Sanctuaire des cloches" du Sunset Mission Mausoleum au cimetière d’Inglewood Park à Inglewood, en Californie. Après les funérailles privées, la circulation routière a été interrompue pour permettre le passage du cortège de la "Première dame de la chanson" : «Ella is the boss lady. That’s all » (Billy Strayhorn).


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Ella Fitzgerald's origins are a crossroads of different traditions and peoples. She was a richly mixed soul, as varied in nuance as her powerful voice. She was born on April 25, 1917, in Newport News, Virginia, to Temperance Henry and William Fitzgerald. Both were defined as 'mulatto,' meaning born of one white and one black parent. The two were unmarried, and in 1920 her mother entered into a relationship with a new partner, a Portuguese immigrant named Joseph da Silva, by whom she would have another daughter, Frances da Silva, to whom Ella would become very close.

Ella was 15 years old when her mother died in a serious car accident. She continued to live with Joseph until, in 1933, she moved in with an aunt in the Harlem (a predominantly black section of New York. She was good at dancing and fed on the jazz of Louis Armstrong, Bing Crosby, and The Boswell Sisters. Thus came her chance. When she was only seventeen, she made her debut at the Apollo Theater in New York, in one of the famous Amateur Nights - nights devoted to amateur singing competitions. She won first prize and from that time on began singing for Chick Webb's orchestra, becoming a star thanks to her virtuoso and extraordinary voice. From 1941 she began her extraordinary solo career, which would see her engaged in successful tours and collaborations with the greatest interpreters of international music such as Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, and Nat King Cole. Her manager was - in an era of great racial discrimination - supportive of civil rights, and demanded equal treatment for her and her musicians, regardless of their color. Ella recounted an incident in which a police team raided the backstage area during a tour for the Philharmonic, for the sole purpose of harassing the artists and performers, except to then ask the singer for her autograph.

Ella received the support of numerous celebrities, from the world of show business and beyond, including Marilyn Monroe, about whom she recounts that thanks to her intervention she had managed to perform at Mocambo, a nightclub very much in vogue in 1950s California. Monroe, Hollywood diva, had personally called the owner of the club, telling him to accept Fitzgerald's performance, and for the occasion she would book herself a table in the front row every night. The owner and the press of the time went into raptures, Ella herself stating, "Marilyn was an unusual woman, ahead of her time. And she didn't know it," generously attesting to the foresight of her fellow artist. Of Ella, Frank Sinatra had said, "The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this".

Ella's voice was a natural gift, very powerful, lucid, crystal clear, and it was emitted effortlessly (a gift that we in Italy were able to find in Mina's superlative voice). Her vocal range went beyond three octaves and was enhanced by scat technique, that is, imitating the virtuosity of instruments with only the sound of the voice, without words. Her career had begun under a banner of insecurity and anxiety, feelings that increasingly accompany our contemporary existences. But she had managed to turn a moment of crisis into an opportunity. At the Apollo Theater in New York she had had a nervous breakdown before her dance performance, but the announcer insisted that she go on stage anyway, and she did so, beginning by sing, captivating everyone in attendance. She worked for more than 59 years, recorded about 70 records, sold more than 40 million of them, and won 14 Grammys. She once said of herself, "I know I'm no glamour girl, and it's not easy for me to get up in front of a crowd of people... but now I've got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing." The music world will be forever grateful to her.

She also said:

"I suppose what everyone wants more than anything else is to be loved. And to know that you love me for my singing is just too much for me. Forgive me if I don't have all the right words. Perhaps I can sing it to you, and then you will understand." Love was what she had been searching for, like everyone else, in life, and she found it fully only in music. She sang it in her beautiful Let's Fall in Love: "Let's fall in love/Why shouldn't we fall in love?/Our hearts were made for it./Let's take a chance./Why be afraid of it?/Let's close our eyes/And make our own paradise. /Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it" She sang of the all-consuming power of love that causes a river of tears in the memorable Cry Me a River: "Cry me a river/'Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it would have said/It would be a river of tears I cried in bed".

She had lavishly distributed love not only through her music, but also in social engagement. In 1993 she founded the Ella Fitzgerald Charitable Foundation, to use her wealth to help the people most in need, who lived in risky, disadvantaged conditions, and to be able to give them assistance to achieve a better quality of life. To this day, the Foundation's board of directors seeks to carry on its founder's goals by making grants to provide educational opportunities for boys and girls, promotion of the love and knowledge of music, with assistance to music students, provision of health care, food, shelter, and counseling to needy people, with special attention to diabetes, vision problems, and heart disease.

She was herself afflicted with diabetes mellitus since childhood, a disease that would result in the amputation of both her legs, eventually leading to her death at her Beverly Hills home on June 15, 1996. She was buried in the "Shrine of Bells" section of Sunset Mission Mausoleum at Inglewood Park Cemetery in Inglewood, California. After the private funeral, road traffic was stopped to allow the procession of the "First Lady of Song" to pass by. "Ella is the boss lady. That's all" (Billy Strayhorn).


Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Los orígenes de Ella Fitzgerald son una encrucijada de diferentes tradiciones y pueblos, y ella es una preciosa alma mestiza, con distintos matices, como su poderosa voz. Nació el 25 de abril 1917 en Newport News en Virginia, hija de Temperance Henry y William Fiztgerald, ambos definidos como "mulatos", es decir, nacidos de un individuo blanco y otro negro. Aunque no estaban casados, en 1920 su madre estrechó una relación con una nueva pareja, un inmigrante portugués que se llamaba Joseph da Silva. Con él tendrá otra hija, Frances da Silva, a la que Ella se sentirá muy unida.

Cuando Ella tenía quince años, su madre murió a causa de un grave accidente de tráfico. Siguió viviendo con Joseph hasta que en 1933 se mudó al barrio de Harlem a casa de su tía. Se le daba bien bailar y se alimentó del jazz de Louis Armstrong, Bing Crosby y The Boswell Sisters (Las Hermanas Boswell). Fue así como tuvo su oportunidad: a los diecisiete años, debutó en el teatro Apollo de Nueva York, en una de las famosas Amateur Nights, unas veladas dedicadas a concursos de canto para aficionados. Ganó el primer premio y a partir de entonces empezó a cantar para la orquesta de Chick Webb, y se convirtió en una estrella gracias a su virtuosa y extraordinaria voz. A partir de 1941, inició su extraordinaria carrera en solitario, en la que realizó exitosas giras y colaboraciones con los mayores intérpretes de la música internacional, como Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. En una época de gran discriminación racial, su mánager era partidario de los derechos civiles y exigía igualdad de trato para sus músicos y músicas, independientemente del color de su piel. Ella Fitzgerald contó que durante una gira de la Filarmónica, la policia irrumpió en los bastidores con el único propósito de molestar a los y las artistas, pero luego le pidieron un autógrafo a la cantante.

Recibió el apoyo de numerosas celebridades, del mundo del espectáculo y no sólo, entre ellas el de Marilyn Monroe, quien gracias a su ayuda, como relata Ella, le permitió actuar en el Mocambo, una discoteca muy popular de California durante los años cincuenta: la diva de Hollywood había llamado personalmente al dueño del club nocturno, diciéndole que aceptara la actuación de Fitzgerald, y que ella misma reservaría cada noche una mesa en primera fila. El propietario y la prensa de la época quedaron extasiados, y la misma Ella declaró: «Marilyn era una mujer fuera de lo común, moderna para su época. Y ella no lo sabía», lo que atestiguaba generosamente la clarividencia de su compañera actriz. Frank Sinatra había dicho de ella: «The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this (La mejor manera de empezar una velada musical es con esta chica. No hay nada mejor que esto)».

La voz de Ella era un don natural, muy potente, lúcida, cristalina, la emitía sin esfuerzo (un don que en Italia se puede hallar en la superlativa voz de Mina). Su extensión vocal iba más allá de las tres octavas y se veía enriquecida por su técnica del scat, es decir, imitar el virtuosismo de los instrumentos sólo con el sonido de su voz, sin palabras. Su carrera comenzó bajo la bandera de la inseguridad y la ansiedad, sentimientos que acompañan cada vez más nuestras existencias contemporáneas. Pero ella supo transformar un momento de crisis en una oportunidad. En efecto, en el Teatro Apollo de Nueva York, había sufrido un ataque de nervios antes de su actuación de baile, pero el presentador insistió en que subiera al escenario de todos modos y ella lo hizo, empezando a cantar y cautivando a todos los presentes. Trabajó durante más de 59 años, grabó unos 70 discos, vendió más de 40 millones de ejemplare y ganó catorce premios Grammy. Dijo de sí misma: «I know I’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people… but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (Sé que no soy una chica glamurosa y que no me resulta fácil ponerme delante de una multitud, pero ahora me doy cuenta de que Dios me ha dado este talento para que lo utilice, así que simplemente me paro ahí y canto)». El mundo de la música le estará eternamente agradecido.

También dijo:

«Supongo que lo que todo el mundo quiere, más que nada, es que le quieran. Y saber que me queréis por mi forma de cantar es demasiado para mí. Perdonadme si no tengo todas las palabras adecuadas. Tal vez pueda cantarlo y entonces entenderéis». El amor era lo que había buscado, como todo el mundo, en la vida, y sólo lo había encontrado plenamente en la música. Lo cantó en su hermosa Let’s fall in love: «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love? /Our hearts were made for it./Let’s take a chance./Why be afraid of it?/Let’s close our eyes/And make our own paradise./Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it (Enamorémonos /¿Por qué no deberíamos enamorarnos?/Nuestros corazones han sido hechos para ello. /Arriesguémonos / ¿Por qué tenerle miedo? / Cerremos los ojos/ ¿Por qué hacer nuestro propio paraíso?/ Ahora es el momento para ello, / Mientras somos jóvenes / ¿Por qué tenerle miedo?)». Cantó al poder del amor que todo lo consume y que provoca un río de lágrimas en la inolvidable Cry me a river: «Cry me a river / ‘Cause I cried a river over you / If my pillow could talk, /imagine what it would have said / It would be a river of tears I cried in bed (Derrama un río de lágrimas por mí/Porque yo derramé un río de lágrimas por ti/Si mi almohada pudiera hablar,/imagina lo que diría/Derramaría un río de lágrimas que lloré en la cama)».

Ella había repartido amor a raudales, no sólo a través de su música, sino también en su compromiso social. En 1993 fundó la Ella Fitzgerald Charitable Foundation para ayudar con su fortuna a las personas más necesitadas, que vivían en condiciones desfavorecidas y de riesgo, y poder ayudarles a conseguir una mejor calidad de vida. Hoy en día, el consejo de administración de la Fundación trata de llevar a cabo los objetivos de su fundadora, concediendo becas para ofrecer oportunidades educativas a niños y niñas a fin de promover el amor y el conocimiento de la música, ayudando a los/las estudiantes de música, y a fin de ofrecer asistencia sanitaria, alimentos, alojamiento y asesoramiento a los necesitados, centrándose en la diabetes, los problemas de visión y las enfermedades cardiacas.

De hecho, ella misma padecía diabetes mellitus desde la infancia, enfermedad que le provocó la amputación de ambas piernas y la llevó a la muerte en su casa de Beverly Hills el 15 de junio de 1996. Recibió sepultura en la sección «Santuario de las campanas» del Sunset Mission Mausoleum en el cementerio Inglewood Park de Inglewood en California. Tras el funeral privado, el tráfico rodado se interrumpió para permitir el paso del cortejo de la “First Lady of Song”: «Ella is the boss lady. That’s all» (Billy Strayhorn).

Sarah Vaughan
Roberto Del Piano




Giulia Tassi

 

«Non è esattamente bella da vedere, ha una faccia piena di denti con un naso appiattito da salto con gli sci, occhi quasi orientali e una fronte bassa oppressa da un mucchio di capelli neri» 

Questo il malevolo commento sessista di un recensore newyorkese nei confronti di Sarah Vaughan, all’inizio della carriera di lei, negli anni Quaranta. Parole, evidentemente, dettate dal razzismo nei confronti delle persone coloured, parole che peseranno per la vita intera su questa straordinaria cantante (per altro bella e attraente): in una intervista del 1961, rilasciata alla giornalista Barbara Gardner, Sarah (che ha trentasette anni ed è un’artista affermata) dice infatti di sé:

«Ho spesso desiderato essere di un colore di pelle marrone medio. Immaginavo che le persone di quel colore fossero apprezzate più di me. Per la maggior parte delle persone che mi conoscevano – pensavo – ero solo un’altra ragazzina nera per la quale il futuro era oscuro come lo era per migliaia di altre come me»

L’insicurezza, del resto, è un tratto del carattere che si ripresenta a ogni esibizione: prima di salire sul palco è colta da attacchi di panico, crampi all’addome, conati di vomito: eppure – dice di lei Billy Eckstine – «Escludendo la musica lirica, Sarah possiede il più bel suono che io abbia mai ascoltato da una voce umana. E le cose che può fare con la sua voce! E inoltre è una musicista, come ho sempre affermato». Vaughan ha infatti una estensione di tre ottave, con una varietà di suono e di timbro impressionanti e una padronanza delle armonie assoluta, che le permettono variazioni e improvvisazioni ardite. Billy Eckstine è per Sarah Vaughan mentore e punto di riferimento («il mio amico, mio padre, il mio sangue», così lei lo definisce); in realtà, il cognome all’anagrafe è Eckstein, (considerato troppo “ebreo”, dunque anagrammato), è un cantante dalla voce di baritono calda e profonda, tanto di moda negli anni Quaranta, cresciuto nell’orchestra di Earl “Fatha” Hines, una delle cinque più importanti degli Stati Uniti. Musicista capace, oltre che cantante, è un discreto arrangiatore e suona la tromba, il trombone a pistoni e la chitarra; inoltre è dotato di un gusto eccellente e di una curiosità che lo porta a cercare continuamente nuovi talenti. Proprio questa curiosità lo conduce, nell’autunno del 1942, al Teatro Apollo di Harlem, ove si tiene una delle ricorrenti serate dedicate a giovani dilettanti in cerca di notorietà o, più prosaicamente, di una possibilità di mettere in tasca qualche dollaro per tirare avanti. Ed è lì che Billy assiste all’esibizione di Sarah, diciottenne e timidissima, che deve fare ricorso a tutto il suo coraggio per salire sul palco a interpretare Body and soul, un brano difficile e impegnativo capace di mandare in crisi professioniste e professionisti navigati; la giovane non solo vince il concorso, ma Eckstine la prende sotto la sua tutela e convince Earl Hines, il suo capo orchestra di allora, a ingaggiarla come seconda cantante e, all’occorrenza, come pianista. È l’inizio di una carriera straordinaria. E forse non è un caso che, dieci anni prima, la stessa cosa fosse capitata all’allora sconosciuta Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan a Chicago nel 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan nasce a Newark, New Jersey, il 27 marzo 1924, unica figlia di un falegname e di una lavandaia, entrambi appassionati di musica; poco dopo aver imparato a camminare, già esprime attitudine per la musica e i genitori fanno sacrifici per permetterle di prendere lezioni di piano. Da adolescente si esibisce come organista e solista del coro in una chiesa battista della città natale. Dopo la fortunata esibizione all’Apollo, entra dunque a far parte dell’orchestra di Hines, poi di quella che Eckstine forma in proprio nel 1944, e ha occasione di lavorare con molti dei giovani talenti che stanno ponendo le basi per la rivoluzione musicale che resterà nella storia col nome di “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey e Dexter Gordon. Ed è registrando brani con questi artisti che si impone come una delle voci più stupefacenti del XX secolo. L’11 maggio 1945, a New York, registra Lover man, con Dizzy Gillespie & his All Stars, gruppo del quale fa parte anche Charlie Parker; il 25 maggio tre pezzi a suo nome «with Dizzy Gillespie Septet», che comprende, tra gli altri, ancora Charlie Parker, il pianista Tadd Dameron e il batterista Max Roach. Sono proprio questi i brani che la faranno considerare un’esponente dello stile jazzistico chiamato “bebop”; in realtà Sarah non è stata, e comunque non solo, una cantante di jazz, ma una cantante tout court, forse la maggiore interprete, dopo Ella Fitzgerald, di quello che può essere definito il «grande songbook statunitense».

Nel 1947 si sposa col trombettista George Treadwell, che le fa da manager (e che ridisegna la sua immagine) fino al divorzio, avvenuto nel 1957. Per tutti gli anni Cinquanta ottiene un successo dietro l’altro, conquistando il pubblico e la critica; è in questo periodo che le viene dato il soprannome ‘Sassy’, che la accompagna per il resto della carriera, nella quale pubblica una discografia di oltre un centinaio di titoli. Nel 1951 debutta alla Carnegie Hall, accompagnata, tra gli altri, dal sassofonista Lester Young e dal pianista Errol Garner; nel 1954 effettua una celebre serie di registrazioni con lo straordinario quanto sfortunato trombettista Clifford Brown, che morirà giovanissimo in un incidente stradale, due anni dopo; l’anno successivo registra per la EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnata da un’orchestra diretta da Ernie Wilkins, che cura anche gli arrangiamenti, e che ha nelle sue fila grandi jazzisti come i trombonisti Kai Winding e Jay Jay Johnson, il sassofonista Cannonball Adderley e il batterista Roy Haynes. Due anni dopo, per la Mercury, incide un album dedicato alle canzoni del compositore Irving Berlin, nel quale duetta con Billy Eckstine, riportando così l’amico di sempre sotto le luci della ribalta.

Sarah Vaughan a Parigi, nell’abitazione di Quincy Jones, il 27 luglio 1958 (Jean-Pierre Leloir)

Nel 1958 si sposa una seconda volta col giocatore di football Clyde Atkins: la coppia, non potendo avere figli, adotta una bambina; purtroppo, questo secondo matrimonio ha breve durata a causa del comportamento violento di lui. A partire dagli anni Sessanta, i rapporti di Sarah Vaughan con il jazz si fanno sempre più rarefatti: la cantante include nel suo repertorio un po’ di tutto, dalla bossa nova ai Beatles, dalle canzoni di Henry Mancini e Burt Bacharach ai successi tratti dai musical. Nel 1974, per il suo cinquantesimo compleanno, la Carnegie Hall di New York, una delle più prestigiose sale da concerto degli States, organizza tre serate con ospiti d’eccezione, tra i quali i musicisti Count Basie e Gerry Mulligan, i cantanti Mel Tormé e Betty Carter. Nel 1983 le viene consegnato il premio Grammy per l’incisione di un album monografico su musiche di George Gershwin: si tratta di un concerto nel quale è accompagnata dalla Los Angeles Philarmonic Orchestra diretta da Michael Tilson Thomas. È probabilmente l’apice artistico della sua maturità, un disco di immensa eleganza al servizio di una sontuosa track-listing. Data al 1986 uno straordinario incontro live, allo Storyville Jazz Club di New Orleans, con musicisti di estrazione diversissima, da Dizzy Gillespie a Ron Carter, a Herbie Hancock, fino al grande esponente del jazz d’avanguardia Don Cherry: la registrazione dà vita al film documentario Sass-n-Brass. Nel 1989 le viene assegnato un secondo Grammy, alla carriera; Sarah continua a esibirsi praticamente fino alla morte, che la coglie in California, a Hidden Hills, il 3 aprile del 1990, poco dopo il suo sessantaseiesimo compleanno.

Sarah Vaughan e Billy Eckstine al Monterey Jazz Festival, il 18 settembre 1981 (Brian McMillen)

Alla notizia della morte di Sarah Vaughan, Billy Eckstine, che le è sempre stato accanto, ha un primo infarto; poi il suo cuore non regge alla scomparsa di altri grandi amici: Dexter Gordon il 25 aprile 1990, Art Blakey il 16 ottobre 1990, Miles Davis il 28 settembre 1991 e Dizzy Gillespie il 6 gennaio 1993. Poche settimane dopo, l’8 marzo 1993, anche Billy inizia a sua volta l’ultimo viaggio.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Elle n’est pas vraiment belle à voir, elle a un visage plein de dents avec un nez aplati de saut à ski, des yeux presque orientaux et un front bas opprimé par un tas de cheveux noirs»

C’est le commentaire sexiste d’un critiqueur new-yorkais sur Sarah Vaughan au début de sa carrière dans les années 40. Des mots, évidemment, dictés par le racisme envers les personnes coloured, des mots qui pèseront toute la vie sur cette extraordinaire chanteuse (par ailleurs belle et attrayante), dans une interview de 1961, accordée à la journaliste Barbara Gardner, Sarah (qui a trente-sept ans et qui est une artiste affirmée) dit en effet d’elle-même :

«J’ai souvent souhaité être d’une couleur de peau brun moyen. J’imaginais que les gens de cette couleur étaient plus appréciés que moi. Pour la plupart des gens qui me connaissaient - je pensais - j’étais juste une autre petite fille noire pour qui l’avenir était aussi sombre que pour des milliers d’autres comme moi».

L’insécurité, d’ailleurs, est un trait de caractère qui revient à chaque performance : avant de monter sur scène, elle est prise d’attaques de panique, de crampes abdominales, de vomissements : pourtant - dit d’elle Billy Eckstine - «En excluant la musique lyrique, Sarah possède le plus beau son que j’ai jamais entendu d’une voix humaine. Et les choses qu’elle peut faire avec sa voix! Et en plus elle est musicienne, comme je l’ai toujours affirmé». Vaughan a, en effet, une extension de trois octaves, avec une variété de sons et de timbres impressionnants et une maîtrise des harmonies absolues, qui lui permettent des variations et des improvisations audacieuses. Billy Eckstine est pour Sarah Vaughan mentor et point de repère (« mon ami, mon père, mon sang », comme elle le définit); en réalité, le nom de famille à l’état civil est Eckstein, (considéré trop "juif", donc anagé), elle est une chanteuse à la voix de baryton chaude et profonde, à la mode dans les années 40, élevée dans l’orchestre de Earl "Fatha" Hines, l’un des cinq plus importants aux États-Unis. Musicienne capable, en plus d’être chanteuse, elle est arrangeur discrete et joue de la trompette, du trombone à pistons et de la guitare; en outre, elle est dotée d’un goût excellent et d’une curiosité qui l’amène à rechercher continuellement de nouveaux talents. C’est précisément cette curiosité qui l’a conduite, à l’automne 1942, au Théâtre Apollo de Harlem, où a lieu l’une des soirées récurrentes dédiées à de jeunes amateurs en quête de notoriété ou, plus prosaïquement, d’une chance de mettre quelques dollars dans leur poche pour s’en sortir. Et c’est là que Billy assiste à la performance de Sarah, 18 ans et timide, qui doit faire preuve de courage pour monter sur scène pour jouer Body and soul, une chanson difficile et exigeante capable de provoquer des crises même à des professionnels; la jeune fille gagne non seulement le concours, mais Eckstine la prend sous sa tutelle et convainc Earl Hines, son chef d’orchestre d’alors, de l’engager comme deuxième chanteuse et comme pianiste. C’est le début d’une carrière extraordinaire. Et ce n’est peut-être pas un hasard si, dix ans plus tôt, la même chose était arrivée à Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan à Chicago en 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan est née à Newark, New Jersey, le 27 mars 1924, fille unique d’un charpentier et d’une bergeronnette, tous deux passionnés de musique; peu de temps après avoir appris à marcher, les parents font des sacrifices pour lui permettre de prendre des leçons de piano. Adolescente, elle se produit en tant qu’organiste et soliste du chœur dans une église baptiste de sa ville natale. Après son succès à l’Apollo, elle rejoint l’orchestre d’Hines, puis celui qu’Eckstine formé en 1944, elle a l’occasion de travailler avec de nombreux jeunes talents qui qui sont à l'origine de la révolution musicale qui restera dans l’histoire sous le nom de "bebop" : Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey et Dexter Gordon. Et c’est en enregistrant des chansons avec ces artistes qu’elle s’impose comme l’une des voix les plus étonnantes du XXe siècle. Le 11 mai 1945, à New York, elle enregistre Lover man, avec Dizzy Gillespie & his All Stars, avec Charlie Parker ; le 25 mai, trois pièces sous son nom « with Dizzy Gillespie Septet », le pianiste Tadd Dameron et le batteur Max Roach. Ce sont précisément ces morceaux qui la feront considérer comme représentante du style de jazz appelé "bebop"; en réalité, Sarah n’a pas été, et de toute façon pas seulement, une chanteuse de jazz, mais une chanteuse tout court, peut-être l’interprète majeure, après Ella Fitzgerald, de ce qu’on peut appeler le « grand livre de chansons américain».

En 1947, elle épouse le trompettiste George Treadwell, qui la dirige (et redessine son image) jusqu’à son divorce en 1957. Pendant les années 1950, elle obtient un succès après l’autre, conquérant le public et la critique; c’est à cette époque qu’elle reçoit le surnom de 'Sassy', qui l’accompagne pour le reste de sa carrière, dans laquelle elle publie une discographie de plus d’une centaine de titres. En 1951, elle fait ses débuts au Carnegie Hall, accompagnée, entre autres, par le saxophoniste Lester Young et le pianiste Errol Garner; en 1954, elle réalise une célèbre série d’enregistrements avec l’extraordinaire trompettiste Clifford Brown, qui mourra très jeune dans un accident de voiture, deux ans plus tard; l’année suivante, elle enregistre pour l’EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnée d’un orchestre dirigé par Ernie Wilkins, qui s’occupe également des arrangements, et qui a dans ses rangs de grands jazzmen comme les trombonistes Kai Winding et Jay Jay Johnson, le saxophoniste Cannonball Adderley et le batteur Roy Haynes. Deux ans plus tard, pour Mercury, elle enregistre un album dédié aux chansons du compositeur Irving Berlin, dans lequel elle joue en duo avec Billy Eckstine, exposant ainsi son ami de toujours sous les projecteurs.

Sarah Vaughan à Paris, chez Quincy Jones, le 27 juillet 1958 (Jean-Pierre Leloir)

En 1958, elle se marie une seconde fois avec le footballeur Clyde Atkins : le couple, ne pouvant avoir d’enfant, adopte une fille ; malheureusement, ce second mariage est de courte durée à cause de son comportement violent. À partir des années 1960, les relations de Sarah Vaughan avec le jazz se raréfient : elle inclut dans son répertoire un peu de tout, de la bossa nova aux Beatles, des chansons de Henry Mancini et Burt Bacharach aux succès des comédies musicales. En 1974, pour son cinquantième anniversaire, le Carnegie Hall de New York, l’une des plus prestigieuses salles de concert des États, organise trois soirées avec des invités d’exception, parmi lesquels les musiciens Count Basie et Gerry Mulligan, les chanteurs Mel Tormé et Betty Carter. En 1983, elle reçoit le prix Grammy pour l’enregistrement d’un album monographique sur la musique de George Gershwin : il s’agit d’un concert dans lequel elle est accompagnée par l’Orchestre philharmonique de Los Angeles dirigé par Michael Tilson Thomas. C’est probablement l’apogée artistique de sa maturité, un disque d’une immense élégance au service d’un track-listing somptueux. En 1986, au Storyville Jazz Club de La Nouvelle-Orléans, il y a eu une rencontre en direct extraordinaire avec des musiciens d’origines très diverses, de Dizzy Gillespie à Ron Carter en passant par Herbie Hancock et Don Cherry, l’enregistrement donne vie au film documentaire Sass-n-Brass. En 1989, elle reçoit un deuxième Grammy pour sa carrière ; Sarah continue à jouer pratiquement jusqu’à sa mort, qui la rattrape en Californie, à Hidden Hills, le 3 avril 1990, peu après son soixante-sixième anniversaire.

Sarah Vaughan accompagnée du Bob James Trio lors d'un concert enregistré en Suède en 1967

À la nouvelle de la mort de Sarah Vaughan, Billy Eckstine, qui a toujours été à ses côtés, a une première crise cardiaque, puis son cœur ne résiste pas à la disparition d’autres grands amis : Dexter Gordon le 25 avril 1990, Art Blakey le 16 octobre 1990, Miles Davis le 28 septembre 1991 et Dizzy Gillespie le 6 janvier 1993. Quelques semaines plus tard, le 8 mars 1993, Billy commence à son tour son dernier voyage.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"She is not exactly beautiful to look at, she has a face full of teeth with a flattened ski-jumping nose, almost oriental eyes and a low forehead oppressed by a pile of black hair."

This was the malevolent, sexist, comment of a New York reviewer against Sarah Vaughan at the beginning of her career in the 1940s. Words, evidently, dictated by racism against people of color, words that would weigh on this extraordinary (by the way, beautiful and attractive) singer for a lifetime. In a 1961 interview with journalist Barbara Gardner, Sarah (who was thirty-seven years old and an established artist) says of herself:

"I often wished I was of a medium brown skin color. I imagined that people of that color were valued more than me. To most people who knew me--I thought--I was just another little black girl for whom the future was as dark as it was for thousands of others like me."

Insecurity, after all, was a character trait that recurred with every performance. Before she went stage she was seized by panic attacks, abdominal cramps, and vomiting fits - and yet, says Billy Eckstine of her, "Excluding opera music, Sarah possesses the most beautiful sound I have ever heard from a human voice. And the things she can do with her voice! And besides, she is a musician, as I have always claimed." Vaughan had, in fact, a three-octave range, with an impressive variety of sound and timbre and an absolute mastery of harmonies, which allowed her daring variations and improvisations. Billy Eckstine was for Sarah Vaughan a mentor and point of reference ("my friend, my father, my blood," is how she defined him). His last name at birth was Eckstein, (considered too "Jewish," therefore re-written). He was a singer with a warm and deep baritone voice, so fashionable in the 1940s, who grew up in Earl "Fatha" Hines' orchestra, one of the five most important in the United States. A capable musician as well as a singer, he was a decent arranger and played trumpet, slide trombone and guitar. He also had excellent taste and a curiosity that led him to continually seek out new talent. It was exactly this curiosity that led him, in the fall of 1942, to the Apollo Theater in Harlem, to one of the recurring evenings dedicated to young amateurs seeking notoriety or, more prosaically, a chance to put a few dollars in their pockets to get by. And it was there that Billy witnessed the performance of Sarah, eighteen years old and very shy, who had to call upon all her courage to take the stage to interpret Body and Soul, a difficult and challenging piece capable of sending professionals and seasoned pros into crisis. The young woman not only won the contest, but Eckstine took her under his tutelage and convinced Earl Hines, his orchestra leader at the time, to hire her as second singer and, if necessary, as pianist. It was the beginning of an extraordinary career. And perhaps it is no coincidence that, ten years earlier, the same thing happened to the then-unknown Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan in Chicago in 1948 (Ted Williams).

Sarah Vaughan was born in Newark, New Jersey, on March 27, 1924, the only child of a carpenter and a washerwoman, both of whom were music lovers. Shortly after learning to walk, she already expressed an aptitude for music, and her parents made sacrifices to allow her to take piano lessons. As a teenager she performed as organist and choir soloist at a hometown Baptist church. After the successful performance at the Apollo, she then joined Hines's orchestra, then the orchestra that Eckstine formed on his own in 1944, and had the opportunity to work with many of the young talents who were laying the groundwork for the musical revolution that would go down in history as "bebop" - Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey and Dexter Gordon. And it was by recording songs with these artists that she established herself as one of the most amazing voices of the 20th century. On May 11, 1945, in New York, she recorded Lover Man, with Dizzy Gillespie & his All Stars, a group of which Charlie Parker was also a member. Then, on May 25, three pieces under her own name "with the Dizzy Gillespie Septet," which included, among others, Charlie Parker again, pianist Tadd Dameron and drummer Max Roach. It is precisely these pieces that would make her considered an exponent of the jazz style called "bebop". But Sarah was not, and in any case not only, a jazz singer, but a singer tout court, perhaps the greatest interpreter, after Ella Fitzgerald, of what can be called the "great American songbook."

In 1947 she married trumpeter George Treadwell, who served as her manager (and reshaped her image) until her divorce in 1957. Throughout the 1950s she achieved one success after another, winning over audiences and critics. It was during this period that she was given the nickname 'Sassy,' which accompanied her for the rest of her career, in which she released a discography of more than a hundred titles. In 1951 she made her Carnegie Hall debut, accompanied by saxophonist Lester Young and pianist Errol Garner, among others. In 1954 she made a celebrated series of recordings with the extraordinary but unfortunate trumpeter Clifford Brown, who was to die very young in a car accident two years later. The following year she recorded for EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompanied by an orchestra conducted by Ernie Wilkins, who also did the arrangements, and featuring in its ranks such jazz greats as trombonists Kai Winding and Jay Jay Johnson, saxophonist Cannonball Adderley and drummer Roy Haynes. Two years later, for Mercury, she recorded an album dedicated to the songs of composer Irving Berlin, in which she dueted with Billy Eckstine, thus bringing her lifelong friend back into the limelight.

Sarah Vaughan in Paris, at the home of Quincy Jones, July 27, 1958 (Jean-Pierre Leloir)

In 1958 she married a second time, to football player Clyde Atkins. The couple, unable to have children, adopted a little girl. Unfortunately, this second marriage was short-lived because of his violent behavior. Beginning in the 1960s, Sarah Vaughan's relationship with jazz became increasingly rarefied. The singer included in her repertoire a little bit of everything, from bossa nova to the Beatles, from songs by Henry Mancini and Burt Bacharach to hits from musicals. In 1974, for her 50th birthday, New York's Carnegie Hall, one of the most prestigious concert halls in the States, held three evenings with special guests, including musicians Count Basie and Gerry Mulligan and singers Mel Tormé and Betty Carter. In 1983 she was presented with a Grammy award for recording a single-artist album on music by George Gershwin. It was a concert in which she was accompanied by the Los Angeles Philharmonic Orchestra conducted by Michael Tilson Thomas. It is probably the artistic apex of her maturity, a record of immense elegance in the service of sumptuous track-listing. In 1986 there was an extraordinary live encounter, at the Storyville Jazz Club in New Orleans, with musicians from very different backgrounds, from Dizzy Gillespie to Ron Carter to Herbie Hancock to the great avant-garde jazz exponent Don Cherry. The recording gave rise to the documentary film Sass-n-Brass. In 1989 she was awarded a second Grammy, for lifetime achievement. Sarah continued to perform virtually until her death in Hidden Hills, California, on April 3, 1990, shortly after her 66th birthday.

Sarah Vaughan and Billy Eckstine at the Monterey Jazz Festival, September 18, 1981 (Brian McMillen)

At the news of Sarah Vaughan's death, Billy Eckstine, who had always been by her side, had his first heart attack. And his heart could not bear the passing of other great friends - Dexter Gordon on April 25, 1990, Art Blakey on October 16, 1990, Miles Davis on September 28, 1991, and Dizzy Gillespie on January 6, 1993. A few weeks later, on March 8, 1993, Billy also began his final journey.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

«No es propiamente bonita: tiene una boca llena de dientes y una nariz achatada y pronunciada; unos ojos casi orientales y una frente baja enmarcada por mucho pelo negro».

Dijo un crítico de Nueva York con un comentario malicioso y sexista hacia Sarah Vaughan al principio de su carrera en los años Cuarenta. Palabras probablemente dictadas por el racismo hacia la gente de color; palabras que pesarán durante toda la vida de esta cantante extraordinaria (por cierto, hermosa y atractiva): en una entrevista de 1961 concedida a la periodista Barbara Gardner, Sarah –quien tenía treinta y siete años y era una artista ya famosa– dijo de sí misma:

«Siempre quise tener la piel de un marrón intermedio. Creía que la gente de aquel color era más apreciada que yo. Para la mayoría de la gente que me conocía –pensaba– yo era solo otra chica negra para la cual el futuro era tan oscuro como para otras miles».

De hecho, la inseguridad es un rasgo de su carácter que se presenta en cada actuación: antes de subir al escenario, sufre ataques de pánico, calambres abdominales, náuseas; y sin embargo, como dijo de ella Billy Eckstine:«Si excluimos la ópera, Sarah tiene el sonido más hermoso que jamás haya escuchado de una voz humana. ¡Y lo que puede hacer con su voz! E incluso es una música, como siempre he afirmado». En efecto, Vaughan tenía una extensión de tres octavas, con una variación de sonido y timbre impresionante y un dominio perfecto de las armonías que le permitían variaciones e improvisaciones audaces.

 Billy Eckstine fue para Sarah Vaughan maestro y referente («Mi amigo; mi padre; mi propia sangre» como ella misma lo describió); en realidad, su apellido en el registro civil era Eckstein pero resultaba demasiado judío y por lo tanto lo había cambiado un poco; Billy era un cantante con una voz de barítono cálida y profunda, muy en boga en los años Cuarenta formado en la orquesta de Earl “Fatha” Hines, una de las cinco orquestas más importantes de los Estados Unidos. Además de ser cantante, Billy fue un músico talentoso que tocaba la trompeta, el trombón de pistones y la guitarra; tuvo también un excelente gusto y una curiosidad que lo llevó a buscar constantemente nuevos talentos. Y fue precisamente dicha curiosidad que, en otoño de 1942, lo condujo al Teatro Apollo de Harlem, donde se celebraba una de aquellas noches recurrentes dedicadas a jóvenes aficionadas/os en busca de éxito o básicamente de una oportunidad para ganar unos dólares para sobrevivir. Y fue entonces que Billy disfrutó de la actuación de Sarah, una joven tímida de dieciocho años que tuvo que reunir todo su coraje para subir al escenario e interpretar Body and Soul –una canción tan difícil y desafiante que era capaz de hacer temblar a profesionales. Ganó el concurso y Eckstine la puso bajo su protección y convenció a Earl Hines, su director de orquesta de aquel entonces, para contratarla como segunda cantante y pianista. Fue el principio de una extraordinaria carrera. Y quizá no fuera una coincidencia que, diez años atrás, lo mismo le hubiera sucedido a la hasta entonces desconocida Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan en Chicago en 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan nació en Newark, Nueva Jersey, el 27 de marzo de 1924; fue la única hija de un carpintero y una lavandera que eran amantes de la música. Desde muy joven demostró aptitud por la música y sus padres hicieron sacrificios para permitirle que tomara clases de piano. Durante su adolescencia se presentaba como organista y solista del coro en una iglesia baptista de su ciudad natal. Tras su exitosa actuación en el Teatro Apollo, primero formó parte de la orquesta de Hines y luego de la orquesta dirigida por Eckstine en 1944. Sarah tuvo la ocasión de trabajar con los jóvenes talentos que sentaban las bases de la revolución musical que permanecería en la historia con el nombre de “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey y Dexter Gordon. Grabó canciones con dichos artistas y fue así como Sarah se impuso como una de las voces más sorprendentes del siglo XX. El 11 de mayo de 1945, en Nueva York, grabó Lover Man con Dizzy Gillespie & his All Stars, grupo del que también formaba parte Charlie Parker; el 25 de mayo grabó tres temas bajo su propio nombre «with Dizzy Gillespie Septet», grupo que incluye, entre otros, a Charlie Parker, al pianista Tadd Dameron y al baterista Max Roach. Fueron precisamente estas las canciones gracias a las que es considerada una exponente del jazz “bebop”. En realidad, Sarah no fue solo una cantante de Jazz, sino la mejor intérprete, después de Ella Fitzgerald, de lo que definimos el «Gran cancionero estadounidense».

En 1947, se casó con el trompetista George Tradwell, quien le hizo de representante (y rediseñó su imagen) hasta su divorcio en 1957. Durante toda la década de los años Cincuenta logró un éxito tras otro, ganándose tanto al público como a la crítica; en aquellos años recibió el apodo de “Sassy” que la acompañaría durante el resto de su carrera, en la que publicó una discografía de más de un centenar de títulos. En 1951, Sarah debutó en Carnagie Hall, acompañada por el saxofonista Lester Young y el pianista Errol Garner. En 1954, grabó una serie de canciones célebres con el extraordinario y desafortunado trompetista Clifford Brown, que falleció prematuramente en un accidente automovilístico dos años después. Al año siguiente, grabó para la EmArcy el album Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, acompañada por la orquesta de Ernie Wilkins, quien también se encargó de los arreglos musicales y por algunos destacados músicos de jazz como los trompetistas Kai Winding y Jay Jay Johnson, el saxofonista Cannonball Adderley y el baterista Roy Haynes. Dos años después, grabó un álbum para la Mercury dedicado a las canciones del compositor Irving Berlin, en el que cantó a dúo con Billy Eckstine, devolviendo así a la actualidad a su buen amigo de siempre.

Sarah Vaughan en París, en la casa de Quincy Jones, el 27 de julio de 1958 (Jean-Pierre Leloir).

En 1958 se casó por segunda vez con el futbolista Clyde Atkins y al no poder tener hijos, la pareja adoptó una niña; desgraciadamente, este segundo matrimonio tuvo una vida corta por la conducta violenta de él. Desde los años Sesenta, las relaciones de Sarah Vaughan con el jazz se volvieron cada vez más esporádicas: la cantante incluyó en su repertorio un poco de todo, desde la Bossa Nova hasta los Beatles; desde las canciones de Henry Mancini hasta Burt Bacharach, pasando por los éxitos del musical. Al cumplir cincuenta años, en 1974, la Carnagie Hall de Nueva York –una de las salas de conciertos más prestigiosas de los Estados Unidos– organizó tres noches con unos invitados especiales entre los que se encontraban los músicos Count Basie y Gerry Mulligan y los cantantes Mel Tormé y Betty Carter. En 1983 recibió el premio Grammy por la grabación de un álbum monográfico de composiciones de George Gershwin: se trata de un concierto en el que la acompañaba la Orquesta filarmónica de Los Ángeles dirigida por Michael Tilson Thomas. Probablemente con este álbum de inmensa elegancia y una magnifica lista de canciones Sarah llegó al apogeo de madurez artística. Durante un extraordinario encuentro en 1986 en el club Storyville Jazz de Nueva Orleans con unos músicos de orígenes muy diferentes –desde Dizzy Gillespie hasta Ron Carter, Herbie Hancock y el gran exponente de jazz de vanguardia Don Cherry–, se grabó el documental Sass-n-Brass. En 1989 recibió el segundo Grammy por su carrera; Sarah siguió actuando casi hasta su muerte que la sorprendió en Hidden Hills, en California, el 3 de abril de 1990, poco después de cumplir sesenta y seis años.

Sarah Vaughan y Billy Eckstine en el Festival Monterey Jazz, el 18 de septiembre de 1981 (Brian McMillen)

Tras el anuncio del fallecimiento de Sarah Vaughan, Billy Eckstine, que siempre estuvo con ella, tuvo su primer ataque de corazón; luego su corazón no pudo soportar la muerte de otros buenos amigos, como Dexter Gordon el 25 de abril de 1990; Art Blakey el 16 de octubre de 1990; Miles Davis el 28 de septiembre de 1991; Dizzy Gillespie el 6 de enero de 1993. Unas semanas después, el 8 de marzo 1993, Billy también inició su último viaje.

 

Dinah Washington
Chiara Giacomelli




Giulia Tassi

 

Dinah Washington, all’anagrafe Ruth Lee Jones, è stata una cantante statunitense di grande talento, indubbiamente considerata una delle voci più influenti nella storia del blues, tanto da venir soprannominata dall’opinione pubblica "The Queen of the Blues”. Tanto amata quanto criticata per via del suo carattere ostinato e della sua vivace vita privata, non si possono però negare le sue grandi doti artistiche e l’unicità della sua voce penetrante, capace di trasmettere forti emozioni e di adattarsi perfettamente ai vari generi musicali.

Nata il 29 agosto 1924 a Tuscaloosa, Alabama, la piccola Ruth trascorre un’infanzia che è molto lontana dall’essere spensierata: a causa della sfavorevole situazione socio-economica della popolazione afroamericana negli Stati del Sud e dei primi segnali della grande crisi che di lì a poco avrebbe interessato l’intero continente, quando ha soli tre anni la famiglia si trasferisce a Chicago, in cerca di una condizione meno precaria. Pochi i ricordi della cantante statunitense legati a quel periodo: un padre assente, dedito al gioco d’azzardo e privo di un’occupazione stabile, e una madre che, invece, è costretta a lavorare senza sosta per mantenere la famiglia. Per questo motivo Ruth viene spesso affidata alla parrocchia, luogo che, soprattutto nelle grandi città, diventa centro di supporto e di assistenza per le persone bisognose. Qui, finalmente, la svolta: Ruth non è più sola. La Chiesa e la religione diventano un importante punto di riferimento, grazie al quale scopre quella che sarà la sua più grande passione: il canto. A soli dieci anni, infatti, fa già parte del coro della chiesa di St. Luke, dove diventa presto leader e pianista. Durante il giorno frequenta la DuSable High School per studiare musica con il famoso programma di Walter Dyett, mentre la sera si esibisce in svariati night club, esordendo con il suo nome d’arte: Dinah Washington. È un mondo in cui si butta a capofitto e che l’accoglie a braccia aperte: a diciotto anni debutta ufficialmente al Garrick Stage Bar di Chicago e viene notata dal manager Joe Glaser. Costui la presenta a Lionel Hampton, noto direttore d’orchestra e protagonista del jazz degli anni Venti e Trenta, che presto la sceglie come vocalist.

Dinah Washington per la copertina del suo album “Birth of the Blues”

Nel 1943 Dinah Washington ― nome con cui, ormai, è univocamente conosciuta ― firma un contratto con la casa discografica Keynote e comincia a incidere i primi pezzi, affiancata da Hampton stesso, che ne scrive i testi, e Leonard Feather, critico musicale e storico del jazz, ma anche brillante musicista e arrangiatore. Dopo tre anni, per un breve periodo, decide di voler incidere da solista con l’etichetta Apollo Records, allo scopo di esplorare nuovi generi. Spostandosi quindi verso il rhythm and blues, comunemente chiamato R&B, sale in cima alle classifiche con brani come I Love You Yes I Do e It’s Too Soon to Know. È però lasciando l’orchestra di Hampton ed entrando nella prestigiosa Mercury Records nel 1948 che raggiunge il grande successo: con l’incisione di una strepitosa versione di West Side Baby, seguita da numerosissime reinterpretazioni dei più prestigiosi brani dell’epoca, scala qualsiasi classifica e diventa un’icona in tutti gli Stati Uniti. Secondo la critica, il miglior periodo jazz di Dinah Washington è quello che va dal 1954 al 1958, anni in cui si esibisce con i migliori musicisti del panorama musicale del tempo. Risale a questa fase, tra l'altro, la canzone Teach Me Tonight, premiata con il Grammy Hall of Fame Award 1999. È del 1958 la sua trionfale esibizione al famoso Newport Jazz Festival, resa celebre in seguito al documentario che ne è stato tratto, vincitore, per giunta, degli Academy Awards. In ogni caso, il più grande successo di Dinah Washington è senza dubbio la canzone What a Diff’rence a Day Makes, pubblicata nel 1959 e premiata come miglior performance R&B con il Grammy Award. L’album omonimo segna il passaggio dal blues al pop e, nonostante le critiche di chi snobba questo genere, è uno dei più venduti. Sull’onda della raggiunta popolarità, l’etichetta discografica esercita enormi pressioni sulla cantante per la continua pubblicazione di nuovi brani, e per un repertorio necessariamente meno impegnato e più commerciale.

Dinah Washington mentre canta Dinah Washington durante un’esibizione

Alla fine degli anni Cinquanta, Dinah è ormai un’artista affermata e una sex symbol per la popolazione afroamericana, ma è anche uno dei bersagli preferiti della stampa gossip dell’epoca per via della sua burrascosa vita privata: sette matrimoni, sei divorzi e numerose relazioni non ufficiali non passano certo inosservati. Mentre il pubblico continua ad adorarla, i rapporti di lavoro con l’etichetta discografica e con colleghi e colleghe sono sempre più tesi per via del suo carattere forte e volitivo. Accumulata una grande fortuna in pochi anni, specialmente per l’enorme sfruttamento della sua voce da parte della Mercury ― che la costringe alla sconsiderata quantità di 444 incisioni durante il periodo del contratto ― Washington si lancia nel mondo dell’imprenditoria musicale e acquista alcuni locali ad Harlem.

Dinah Washington nel 1962 Dinah Washington

Se nel 1961 l’estenuante contratto con la Mercury giunge al termine, le morbose attenzioni della stampa sulla sua vita privata non accennano affatto ad attenuarsi. Segue per la cantante un indispensabile periodo di pausa e di riflessione, con l’intento, tuttavia, di ritornare sulla scena già l’anno successivo. Purtroppo però, le pressioni sopportate negli anni precedenti, sia a livello lavorativo che a livello mediatico, l’avevano costretta all’assunzione di ansiolitici e medicinali anoressizzanti, danneggiando drammaticamente la sua psiche. L’idea di tornare in quel mondo che tanto la affascinava da bambina, però, ora la terrorizza: inizia a soffrire d’insonnia e a prendere sempre più medicinali, spesso in abbinamento all'alcol. È proprio un letale mix di pillole dietetiche e alcol a causare l’overdose che le toglie la vita a soli 39 anni, a pochi giorni dal Natale 1963.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Dinah Washington, Ruth Lee Jones, était une chanteuse américaine très talentueuse, sans doute considérée comme l’une des voix les plus influentes dans l’histoire du blues, et a été surnommée "The Queen of the Blues". Tant aimée que critiquée en raison de son caractère obstiné et de sa vie privée animée, on ne peut cependant nier ses grandes qualités artistiques et le caractère unique de sa voix pénétrante, capable de transmettre de fortes émotions et de s’adapter parfaitement aux différents genres musicaux.

Née le 29 août 1924 à Tuscaloosa, Alabama, la petite Ruth passe une enfance qui est loin d’être insouciante : en raison de la situation socio-économique défavorable de la population afro-américaine dans les États du Sud et des premiers signes de la grande crise qui allait bientôt toucher l’ensemble du continent, quand à seulement trois ans, la famille déménage à Chicago, à la recherche d’une condition moins précaire. Peu sont les souvenirs de la chanteuse américaine liés à cette période : un père absent, accro au jeu et sans emploi stable, et une mère qui, au contraire, est obligée de travailler sans relâche pour subvenir aux besoins de sa famille. C’est pourquoi Ruth est souvent confiée à la paroisse, lieu qui, surtout dans les grandes villes, devient un centre de soutien et d’assistance pour les personnes dans le besoin. Ici, enfin, la percée : Ruth n’est plus seule. L’Église et la religion deviennent un important point de référence, grâce auquel elle découvre ce qui sera sa plus grande passion : le chant. À seulement dix ans, elle fait déjà partie du chœur de l’église St. Luke, où elle devient rapidement chef et pianiste. Pendant la journée, elle étudie la musique avec le célèbre programme de Walter Dyett, tandis que le soir, elle joue dans plusieurs boîtes de nuit, commençant par son nom de scène : Dinah Washington. C’est un monde où elle se jette la tête la première et l’accueille à bras ouverts : à dix-huit ans, elle fait ses débuts officiels au Garrick Stage Bar de Chicago et elle est remarqué par le manager Joe Glaser. Celui-ci la présente à Lionel Hampton, chef d’orchestre bien connu et protagoniste du jazz des années 1920 et 1930, qui bientôt la choisit comme chanteuse.

Dinah Washington pour la pochette de son album « Birth of the Blues »

En 1943, Dinah Washington signe un contrat avec la maison de disques Keynote et commence à enregistrer les premières pièces, avec Hampton lui-même, qui en écrit les paroles, et Leonard Feather, critique musical et historien du jazz, mais aussi brillant musicien et arrangeur. Après trois ans, elle décide d’enregistrer en solo avec le label Apollo Records pour explorer de nouveaux genres. Elle se dirige ensuite vers le rhythm et le blues, communément appelé R&B, et se hisse au sommet des classements avec des chansons comme I Love You Yes I Do et It’s Too Soon to Know. C’est cependant en quittant l’orchestre de Hampton et en entrant dans le prestigieux Mercury Records en 1948 qu’elle obtient le grand succès : avec l’enregistrement d’une magnifique version de West Side Baby, suivie de nombreuses réinterprétations des plus prestigieuses chansons de l’époque, échelle tout classement et devient une icône dans tous les États-Unis. Selon la critique, la meilleure période jazz de Dinah Washington est celle de 1954 à 1958, où elle se produit avec les meilleurs musiciens du panorama musical de l’époque. La chanson Teach Me Tonight, lauréate du Grammy Hall of Fame Award 1999, a également été interprétée. En 1958, sa performance triomphale au célèbre Newport Jazz Festival, rendue célèbre à la suite du documentaire qui en a été tiré, vainqueur, par ailleurs, des Academy Awards. Quoi qu’il en soit, le plus grand succès de Dinah Washington est sans aucun doute la chanson What a Diff’rence a Day Makes, publiée en 1959 et récompensée comme la meilleure performance R&B avec le Grammy Award. L’album du même nom marque le passage du blues à la pop et, malgré les critiques de ceux qui snobent ce genre, il est l’un des plus vendus. En raison de sa popularité grandissante, le label exerce une pression énorme sur la chanteuse pour la publication continue de nouvelles chansons, et pour un répertoire nécessairement moins engagé et plus commercial.

Dinah Washington chante Dinah Washington lors d'une représentation

À la fin des années 1950, Dinah est désormais une artiste reconnue et un sex symbol pour la population afro-américaine, mais elle est aussi l’une des cibles préférées de la presse gossip de l’époque en raison de sa vie privée orageuse : Sept mariages, six divorces et de nombreuses relations non officielles ne passent pas inaperçues. Alors que le public continue de l’adorer, les relations de travail avec le label et avec ses collègues sont de plus en plus tendues en raison de son caractère fort et volontaire. Elle a accumulé une grande fortune en quelques années, particulièrement en raison de l’énorme exploitation de sa voix par Mercury qui la force à enregistrer 444 enregistrements au cours de la période du contrat, Washington se lance dans le monde de l’entrepreneuriat musical et achète quelques locaux à Harlem.

Dinah Washington nel 1962 Dinah Washington

Si en 1961 le contrat épuisant avec Mercury arrive à son terme, l’attention macabre de la presse sur sa vie privée ne semble guère s’atténuer. Une période de pause et de réflexion s’ensuit pour la chanteuse, avec l’intention toutefois de revenir sur la scène dès l’année suivante. Malheureusement, les pressions subies au cours des années précédentes, tant sur le plan professionnel que médiatique, l’avaient contrainte à prendre des anxiolytiques et des médicaments anorexifiants, endommageant dramatiquement son psychisme. L’idée de retourner dans ce monde qui la fascinait tant étant enfant, cependant, la terrifie maintenant : elle commence à souffrir d’insomnie et à prendre de plus en plus de médicaments, souvent en combinaison avec l’alcool. C’est un mélange mortel de pilules diététiques et d’alcool qui provoque l’overdose qui lui ôte la vie à seulement 39 ans, à quelques jours de Noël 1963.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Dinah Washington, born Ruth Lee Jones, was a gifted American singer, undoubtedly considered one of the most influential voices in the history of the blues, so much so that she was often dubbed "The Queen of the Blues". As beloved as she was, she was criticized because of her obstinate character and lively private life. However, there is no denying her great artistic gifts and the uniqueness of her piercing voice, capable of conveying strong emotions and adapting perfectly to diverse musical genres.

Born on August 29, 1924, in Tuscaloosa, Alabama, young Ruth spent a childhood that was far from carefree. Due to the unfavorable socio-economic situation of the African American population in the southern States and the first signs of the great crisis that would soon affect the entire continent, the family moved to Chicago when she was only three years old, in search of a less precarious condition. Some of the U.S. singer's memories related to that period were of an absent, gambling father with no stable employment, and a mother who, instead, was forced to work tirelessly to support the family. For that reason, Ruth was often entrusted to the local parish church, a place that, especially in large cities, had become centers of support and assistance for people in need. Here, finally, was a turning point - Ruth was no longer alone. Church and religion became an important reference point, thanks to which she discovered what would be her greatest passion - singing. At only ten years old, she was already part of the choir at St. Luke's Church, where she soon became a lead singer and pianist. During the day she attended DuSable High School to study music with Walter Dyett's famous program, while at night she performed in a variety of night clubs, debuting under her stage name - Dinah Washington. It was a world into which she threw herself and which welcomed her with open arms. At eighteen she made her official debut at the Garrick Stage bar in Chicago and was noticed by manager Joe Glaser. He introduced her to Lionel Hampton, a well-known conductor and jazz star of the 1920s and 1930s, who soon chose her as his vocalist.

Dinah Washington for the cover of her album “Birth of the Blues”

In 1943 Dinah Washington - the name by which, by then, she was uniquely known - signed a contract with the Keynote record company and began recording her first pieces, joined by Hampton himself, who wrote the lyrics, and Leonard Feather, a music critic and jazz historian, but also a brilliant musician and arranger. After three years, she decided she wanted to record solo on the Apollo Records label in order to explore new genres. Moving then toward rhythm and blues, commonly called R&B, she climbed to the top of the charts with songs such as I Love You Yes I Do and It's Too Soon to Know. It was, however, by leaving the Hampton Orchestra and joining the prestigious Mercury Records in 1948 that she achieved great success, with the recording of a stunning version of West Side Baby, followed by numerous reinterpretations of the most prestigious songs of the time. She climbed to the top of the charts again and became an icon throughout the United States. According to critics, Dinah Washington's best jazz period is from 1954 to 1958, years in which she performed with the best musicians in the music scene of the time. The song Teach Me Tonight, which was awarded the 1999 Grammy Hall of Fame Award, among others, dates from this phase. His triumphant performance at the famous Newport Jazz Festival, made famous as a result of the documentary that was made from it, and which won Academy Awards to boot, is from 1958. In any case, Dinah Washington's greatest success was undoubtedly the song What a Difference a Day Makes, released in 1959 and awarded the Grammy Award for Best R&B Performance. The album with that title marked her transition from blues to pop and, despite criticism from those who snub the genre, was one of the best-selling. On the wave of her achieved popularity, the record label exerted enormous pressure on the singer to continuously release new songs, and for a necessarily less engaging and more commercial repertoire.

Dinah Washington singing Dinah Washington during a performance

By the late 1950s, Dinah was an established artist and a sex symbol for the African American population, but she was also a favorite target of the gossip press of the time because of her stormy private life. Seven marriages, six divorces, and numerous unofficial relationships certainly didn’t go unnoticed. While the public continued to adore her, her working relationships with her record label and colleagues became increasingly strained because of her strong-willed character. Having amassed a large fortune in just a few years, especially due to Mercury's enormous exploitation of her voice - which forced her into the reckless number of 444 recordings during a contract period - Washington threw herself into the world of music entrepreneurship and bought a few venues in Harlem.

Dinah Washington in 1962 Dinah Washington

If the grueling contract with Mercury came to an end in 1961, the morbid press attention to her private life showed no sign of abating. A much-needed period of pause and reflection followed for the singer, who intended, nevertheless, to return to the scene as early as the following year. Unfortunately, however, the pressures she had endured in the previous years, both at work and in the media, had forced her to take medications for anxiety and anorexia, which dramatically damaged her psyche. The idea of returning to the world that so fascinated her as a child, however, then terrified her. She began to suffer from insomnia and to take more and more medication, often in combination with alcohol. It was a lethal mix of diet pills and alcohol that caused the overdose that took her life at just 39 years old, just days before the Christmas of 1963.


Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Dinah Washington, cuyo verdadero nombre era Ruth Lee Jones, fue una cantante estadounidense de gran talento, calificada sin duda como una de las voces más influyentes de la historia del blues, hasta el punto de que el público la apodó The Queen of the Blues. Tan querida como criticada por su carácter obstinado y su agitada vida privada, su gran talento artístico y la singularidad de su penetrante voz, capaz de transmitir fuertes emociones y de adaptarse perfectamente a diversos géneros musicales, son innegables.

Nació el 29 de agosto de 1924 en Tuscaloosa, Alabama. La pequeña Ruth vive una infancia que dista mucho de ser tranquila: debido a la desfavorable situación socioeconómica de la población afroamericana en el sur de Estados Unidos y a los primeros indicios de la gran crisis que pronto afectaría a todo el continente, cuando ella sólo tenía tres años, su familia se trasladó a Chicago, en busca de una situación menos precaria. Son pocos los recuerdos de la cantante estadounidense de aquel período: un padre ausente, entregado al juego de azar y sin trabajo fijo, y una madre que, en cambio, se veía obligada a trabajar sin parar para mantener a la familia. Por eso, a menudo la dejaban en la parroquia, un lugar que, sobre todo en las grandes ciudades, se había convertido en centro de apoyo y asistencia para las personas necesitadas. De ahí en adelante, el gran cambio: Ruth ya no está sola: la Iglesia y la religión se convierten en un importante punto de referencia, a través del cual descubre la que será su mayor pasión: el canto. De hecho, con sólo diez años, ya forma parte del coro de la iglesia de San Lucas, donde pronto se convertirá en directora y pianista. Durante el día, asistía a la Dusable High School para estudiar música con el famoso programa de Walter Dyett, mientras que por la noche actuaba en varios clubes nocturnos, debutando con su nombre artístico: Dinah Washington. Fue un mundo al que se lanzó y que la acogió con los brazos abiertos: a los dieciocho años debutó oficialmente en el Garrick Stage Bar de Chicago y llamó la atención del manager Joe Glaser. Éste la presentó a Lionel Hampton, reconocido director de orquesta y estrella del jazz de los años veinte y treinta, que no tardó en elegirla como cantante.

Dinah Washington por la portada de su disco “Birth of the Blues”

En 1943, Dinah Washington –nombre con el que, a partir de entonces, era unánimemente conocida– firmó un contrato con la discográfica Keynote y empezó a grabar sus primeras canciones, ayudada por el propio Hampton, que escribía las letras, y por Leonard Feather, crítico musical e historiador del jazz que también era un brillante músico y arreglista. Al cabo de tres años, durante un breve periodo, decidió que quería grabar en solitario con el sello Apollo Records, con el fin de explorar nuevos géneros. Se acercó entonces al rhythm and blues, comúnmente llamado R&B, y escaló posiciones con canciones como I Love You Yes I Do y con It's Too Soon to Know. Cuando dejó la orquesta de los Hampton y se unió a la prestigiosa Mercury Records en 1948, Dinah alcanzó el éxito: con la grabación de una asombrosa versión de West Side Baby, a la que siguieron numerosas reinterpretaciones de las canciones más prestigiosas de la época, escaló posiciones y se convirtió en un icono en Estados Unidos. Según la crítica, el mejor periodo de jazz de Dinah Washington es el que va de 1954 a 1958, durante el cual actuó con los mejores músicos del panorama musical de la época. A dicho periodo pertenece, entre otras cosas, la canción Teach Me Tonight, con la que recibió en 1999 el Grammy Hall of Fame Award. Su triunfal actuación en el famoso Newport Jazz Festival, que alcanzó la fama posteriormente a través del documental derivado de este evento y ganó diversos Premios Óscar, se remonta a 1958. De todos modos, el mayor éxito de Dinah Washington es sin duda la canción What a Diff’rence a Day Makes, publicada en 1959, que ganó el Grammy a la mejor interpretación vocal de R&B. El álbum homónimo marcó el cambio de estilo del blues al pop y, a pesar de las críticas de quienes despreciaban este género, fue uno de los más vendidos. Aprovechando su popularidad, la discográfica ejerció una enorme presión sobre la cantante para que lanzara continuamente nuevas canciones, y para que su repertorio fuera necesariamente menos comprometido y más comercial.

Dinah Washington cantando Dinah Washington durante una actuación

A finales de los años 50, Dinah era una artista consolidada y un icono sexual para la población afroamericana, pero también era el blanco favorito de la prensa rosa de la época debido a su tumultuosa vida privada: siete matrimonios, seis divorcios y numerosas relaciones extraoficiales no pasaron ciertamente desapercibidos. Aunque el público seguía adorando su música, sus relaciones laborales con la discográfica y con sus compañeros y compañeras eran cada vez más tensas debido a su carácter fuerte y volitivo. Tras amasar una enorme fortuna en pocos años, sobre todo debido a la enorme explotación de su voz por parte de la Mercury –que la obligó a realizar la desconsiderada cantidad de 444 grabaciones durante el periodo del contrato–, Dinah Washington se lanzó al mundo del empresariado musical y compró algunos locales en Harlem.

Dinah Washington en 1962 Dinah Washington

Si por un lado el contrato agotador con Mercury llegó a su fin en 1961, por el otro la morbosa atención de la prensa sobre su vida privada no daba señales de disminuir en absoluto. La cantante se tomó un periodo de descanso y reflexión, con la intención de volver a los escenarios al año siguiente. Desafortunadamente, las presiones que había soportado en los años anteriores, tanto en el trabajo como en los medios de comunicación, la habían obligado a tomar ansiolíticos y medicamentos anorexígenos, que perjudicaron su psique. La idea de volver a ese mundo que tanto la fascinaba de niña ahora la aterrorizaba: empezó a sufrir insomnio y a tomar cada vez más medicamentos, a menudo en combinación con alcohol. Una mezcla letal de pastillas para adelgazar y alcohol provocó una sobredosis que acabó con su vida con sólo 39 años, pocos días antes de la Navidad de 1963.

 

Nina Simone
Simona Guerrini




Giulia Tassi

 

Eunice Kathleen Waymon nasceva a Tyron, nella Carolina del Nord; correva l'anno 1933 e il clima di segregazione razziale pesava fortemente in quegli anni, nel sud degli Stati Uniti, ed era tale che Eunice dovette adeguarsi ai dettami imposti alla sua etnia. Sesta di otto figli, iniziò a suonare il pianoforte all'età di tre anni, mostrando quindi sin da piccolissima propensione allo studio della musica; a sei anni ebbe ufficialmente inizio la sua formazione classica. Eunice crebbe in una famiglia decisamente religiosa, la madre era un membro molto attivo della chiesa e della comunità locale; la giovanissima pianista aveva iniziato a esibirsi al pianoforte e all'organo in chiesa – dove cantava e suonava assieme alle sorelle – e venne infatti notata da un'insegnante di pianoforte che la prese sotto la sua ala, Mrs. Mazzanovich, che verrà poi definita dalla cantante come la sua “madre bianca”. Con il contributo economico della sua comunità, che istituì una fondazione destinata a giovani talenti che non potevano permettersi gli studi superiori e che volle quindi sostenerne le doti, la ragazza intraprese gli studi alla Juilliard di New York; tuttavia, nonostante la dedizione e la ferrea disciplina con cui Eunice affrontò in quegli anni lo studio del pianoforte e in generale nonostante la sua formazione da musicista classica, nel 1950 vide respinta la sua successiva domanda per una borsa di studio in musica al Curtis Institute di Philadelphia; la motivazione era chiaramente legata alla sua etnia. Seguendo, quindi, l'esempio di Billie Holiday, la ragazza si trasferì ad Atlantic City, dove trovò lavoro come pianista in un locale notturno, il Midtown Bar and Grill, dove prese il nome d'arte di Nina Simone: il primo era il nome con cui la chiamava il fidanzato dell'epoca mentre Simone era un riferimento a Simone Signoret, famosa attrice francese.

Inizialmente Nina era solita eseguire brani tratti dal repertorio pianistico classico e dalla tradizione gospel; tuttavia, pena il licenziamento, le fu richiesto dal proprietario del locale di esibirsi anche come cantante: fu questo l'inizio della Nina Simone che passerà alla storia della musica come una delle cantanti più influenti di tutti i tempi e che nel 2000 vincerà un Grammy alla carriera.

Nina Simone nel 1968

Nina Simone si avvicinerà al repertorio Blues e Jazz solamente tre anni dopo le esibizioni nel locale di Atlantic City. Arriviamo al brano I loves you, Porgy, primo vero successo della cantante; lavorando al Midtown Bar conobbe Jerry Fields, il suo primo agente; si trasferì quindi a New York, dove di giorno lavorava come cameriera e la sera incideva febbrilmente nuovi brani: è infatti del 1959 il primo album, Little blue girl, stesso anno in cui venne a mancare Billie Holiday: i cultori del genere trovarono in Nina un degno astro nascente. Non solo estremamente dotata a livello musicale ma anche spiccatamente carismatica, il suo modo di gestire il palco e di intrattenere il rapporto col pubblico durante i live era sorprendente e non poté passare inosservato: così grande era la sua influenza sul pubblico che le venne attribuito il nome di High Priestess of Soul ovvero la grande sacerdotessa dell'anima. Qualche anno più tardi – era il 1960 – conobbe quello che divenne poi suo manager e futuro marito, Andrew Strout, dalla cantante definito come il “miglior manager del mondo”. Il 1960 fu l'anno di debutto del singolo che la portò al successo: Ain't Got No, I Got Life, che si classificò al secondo posto nel Regno Unito; in seguito, nel corso degli anni Sessanta iniziò a incidere per l'etichetta discografica Phillips, con la quale pubblicò brani che divennero poi dei veri e propri inni contro il razzismo come Old Jim Crow e Mississppi Goddam. Il rapporto tra i due si fece negli anni piuttosto turbolento e instabile, ma il matrimonio avvenne nel 1961 e nove mesi più tardi nacque la figlia Lisa; proprio a causa della gestione degli aspetti della maternità e di quelli lavorativi nacquero ulteriori attriti tra i due: Nina era felice di fare la madre ma il marito-manager la spronava a essere sempre più produttiva e a incidere maggiormente.

Le lotte e gli scontri per l'affermazione dei diritti civili dei neri si fecero particolarmente accesi in quegli anni; la cantante divenne un'attivista, la causa fu un'inesauribile fonte per la sua attività espressiva musicale; dare voce a chi non ne aveva o non ne aveva abbastanza. La sua musica era uno specchio dei conflitti che dilaniavano gli Stati Uniti in quegli anni: lei stessa ne diede la definizione di Black Classical Music, a indicare il “melting pot” di generi e influenze culturali, sociali, politiche che andavano a prendere corpo nei suoi brani: un mix di musica classica, gospel, Blues e Jazz, ma anche di folk e ballate: ricordiamo la celebre Strange Fruit interpretata memorabilmente da Billie Holiday, da lei ripresa. Questa ballad ha il merito di aver riportato all'attenzione generale gli orrori perpetrati dalla comunità bianca ai danni della popolazione nera americana. Restando in tema di diritti civili, una canzone femminista ed emblematica è Four Women, in cui l'autrice esplora tramite il racconto dei sentimenti di quattro donne la condizione delle nere in America, che per sopravvivere devono adeguarsi come schiave, o della loro bellezza o della loro situazione sociale. La contestazione divenne per Nina Simone la ragione della sua arte e della sua vita. Sviluppò un connubio con Martin Luther King, condividendo il pensiero di figure come Malcolm X, James Baldwin, Lorraine Hansberry, arrivando così a una visione politica sempre più radicale che contribuì ad acuire i problemi col marito, che come manager aveva una visione eccessivamente commerciale secondo la cantante. Altro brano degno di nota e poco diffuso in quel periodo a causa del titolo è Mississippi Goddam.

Nina Simone nel 1965

Nel 1968, quando Martin Luther King venne assassinato, Nina Simone decise di divorziare e di trasferirsi alle Barbados, poi in Liberia, in Africa. Gli album e i brani della cantante vennero raramente fatti conoscere in questo momento negli Usa, da lei ribattezzati “United Snakes of America”; ad esempio, l'album Baltimore che uscì nel 1978. Abbandonò gli Stati Uniti accusando l'Fbi e la Cia di essere colpevoli delle discriminazioni in atto e di non agire contro il razzismo. La situazione psicologica ed economica della cantante iniziò a crollare velocemente; l'attività concertistica e di scrittura cessò. Nina Simone continuerà a spostarsi in quegli anni, trasferendosi poi in Egitto, in Turchia, in Olanda, in Svizzera e infine in Francia, ad Aix-en Provence e a Parigi; a causa di esigenze economiche riprese a esibirsi, dopo che per un periodo si erano perse le sue tracce: ecco infatti che nel 1976 comparve al Festival Jazz di Montreaux in Svizzera; in quest'occasione il pubblico la accolse con entusiasmo e calore ma divenne chiaro al contempo che qualcosa era cambiato. Le venne diagnosticata una forma di bipolarismo, tenuta a bada da alcuni farmaci. Del 1978 è l'album Baltimore che segna un ritorno della cantante all'attività discografica; nel 1980 la casa di moda Chanel usò il brano My Baby Just Cares for Me in uno spot pubblicitario, contribuendo in questo modo alla riscoperta della musica di Nina Simone, che divenne quindi un'icona del Jazz; il brano entrò nelle classifiche inglesi senza che all'interprete venisse riconosciuto alcun diritto.

Nel 1985, dopo una serie di ristampe e di articoli relativi ai suoi album, Simone si ripresentò con un nuovo Lp, Nina's back, seguito da Live & Kickin'. Morì a Carry-Le-Rouet nel 2003 a seguito di un peggioramento di salute dovuto al cancro al seno, all'età di settant'anni. Le ceneri vennero sparse in diverse parti dell'Africa, come gesto di ricongiungimento con la terra degli avi, secondo la sua volontà.

Nina Simone durante un concerto a Morlaix, Francia, nel maggio 1982

Nina Simone ha fatto della causa dei diritti civili del popolo nero e delle donne la ragione della sua arte e della sua vita; la musica che ha scritto era nutrita dal desiderio di raccontare e contrastare le ingiustizie che in quegli anni si perpetravano negli Stati Uniti. Proprio grazie a figure profondamente radicate nella cultura Blues, come Billie Holiday e Bessie Smith, Nina Simone poté raccogliere l'eredità di un'esperienza di vita trasmessa anche grazie alla materia musicale. La cantante incise lungo la sua carriera oltre trenta album, ricevendo importanti riconoscimenti dentro e fuori dagli Stati Uniti.«All I want is equality, For my sister, my brother, my people, and me».


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Eunice Kathleen Waymon est née à Tyron, en Caroline du Nord; l’année 1933 et le climat de ségrégation raciale pesait lourdement dans ces années-là, dans le sud des États-Unis, et était telle qu’Eunice qui a dû s’adapter aux exigences imposées à son ethnie. Sixième de huit enfants, elle commence à jouer du piano à l’âge de trois ans, montrant ainsi une propension très faible à étudier la musique; à six ans, elle commence officiellement sa formation classique. Eunice a grandi dans une famille religieuse, sa mère était un membre très actif de l’église et de la communauté locale; la très jeune pianiste avait commencé à jouer au piano et à l’orgue à l’église - où elle chantait et jouait avec ses sœurs - et elle fut remarquée par un professeur de piano qui la prit sous son aile, Mrs. Mazzanovich, qui sera plus tard définie par la chanteuse comme sa "mère blanche". Avec la contribution financière de sa communauté, qui créa une fondation destinée aux jeunes talents qui ne pouvaient se permettre d’études supérieures et qui voulut donc soutenir ses talents, elle entreprit ses études à Juilliard de New York; cependant, malgré le dévouement et la discipline sans faille avec lesquels Eunice a affronté l’étude du piano au cours de ces années et en général malgré sa formation de musicien classique, en 1950, sa candidature pour une bourse de musique au Curtis Institute de Philadelphie a été rejetée ; la motivation était clairement liée à son origine ethnique. Suivant l’exemple de Billie Holiday, la jeune fille déménagea à Atlantic City, où elle trouva un emploi de pianiste dans une boîte de nuit, le Midtown Bar and Grill, où elle prit le nom artistique de Nina Simone : Le premier était le nom du petit ami de l’époque, tandis que Simone était une référence à Simone Signoret, célèbre actrice française.

Initialement, Nina avait l’habitude de jouer des morceaux du répertoire de piano classique et de la tradition gospel; cependant, sous peine de licenciement, le propriétaire du restaurant lui a demandé de se produire également en tant que chanteuse : Ce fut le début de Nina Simone qui entrera dans l’histoire de la musique comme l’une des chanteuses les plus influentes de tous les temps et qui gagnera un Grammy à la carrière en 2000.

Nina Simone en 1968

Nina Simone n’abordera le répertoire Blues et Jazz que trois ans après les représentations dans le club d’Atlantic City. Nous arrivons à la chanson I loves you, Porgy, premier vrai succès de la chanteuse; travaillant au Midtown Bar, elle fit la connaissance de Jerry Fields, son premier agent; puis elle s’installa à New York, où elle travaillait de jour comme serveuse et le soir elle y chantait fébrilement de nouveaux morceaux : En effet, en 1959, le premier album, Little blue girl, la même année que la mort de Billie Holiday : les amateurs du genre ont trouvé en Nina une étoile naissante digne de ce nom. Non seulement extrêmement douée au niveau musical mais aussi très charismatique, sa façon de gérer la scène et d’entretenir la relation avec le public pendant les concerts était surprenante et ne put passer inaperçue : si grande était son influence sur le public qu’on lui attribua le nom de High Priestess of Soul ou la grande prêtresse de l’âme. Quelques années plus tard - c’était en 1960 - elle a connu celui qui est devenu son manager et futur mari, Andrew Strout, par la chanteuse définie comme le "meilleur manager du monde". 1960 est la première année du succès du single : Ain’t Got No, I Got Life, qui se classe deuxième au Royaume-Uni, puis commence à enregistrer pour le label Phillips dans les années 1960, avec laquelle elle a publié des chansons qui sont devenues de véritables hymnes contre le racisme comme Old Jim Crow et Mississppi Goddam. La relation entre les deux a été plutôt turbulente et instable au cours des années, mais le mariage a eu lieu en 1961 et neuf mois plus tard, la fille Lisa est née; à cause de la gestion des aspects de la maternité et du travail, d’autres frictions sont nées entre les deux : Nina était heureuse d’être mère, mais le mari-manager l’encourageait à être de plus en plus productive et à jouer davantage.

Tant de luttes pour l’affirmation des droits civils des Noirs se firent particulièrement vives pendant ces années ; la chanteuse devint une activiste, la cause fut une source inépuisable pour son activité expressive musicale ; donner une voix à ceux qui n’en avaient pas ou n’en avaient pas assez. Sa musique était un miroir des conflits qui déchiraient les États-Unis dans ces années-là : elle en donna elle-même la définition de Black Classical Music, pour désigner le "melting pot" de genres et d’influences culturelles, sociales, politiques qui allaient prendre corps dans ses chansons : Un mélange de musique classique, gospel, Blues et Jazz, mais aussi de folk et de ballades : rappelons la célèbre Strange Fruit interprétée de façon mémorable par Billie Holiday, qu’elle a reprise. Cette ballade a le mérite d’avoir porté à l’attention générale les horreurs perpétrées par la communauté blanche au détriment de la population noire américaine. En ce qui concerne les droits civiques, une chanson féministe emblématique est Four Women, dans laquelle l’auteur explore à travers le récit des sentiments de quatre femmes la condition des noires en Amérique, qui doivent s’adapter comme esclaves pour survivre, ou de leur beauté ou de leur situation sociale. La contestation devint pour Nina Simone la raison de son art et de sa vie. Elle a développé une alliance avec Martin Luther King, partageant la pensée de personnalités telles que Malcolm X, James Baldwin, Lorraine Hansberry, arrivant ainsi à une vision politique de plus en plus radicale qui a contribué à aggraver les problèmes avec son mari, qui, en tant que manager, avait une vision trop commerciale selon la chanteuse. Mississippi Goddam est un autre morceau remarquable et peu répandu à cette époque en raison de son titre.

Nina Simone en 1965

En 1968, quand Martin Luther King a été assassiné, Nina Simone a décidé de divorcer et de déménager à la Barbade, puis au Libéria, en Afrique. Les albums et les chansons de la chanteuse ont rarement été présentés aux États-Unis, qu’elle a rebaptisés "United Snakes of America"; par exemple, l’album Baltimore qui est sorti en 1978. Elle a quitté les États-Unis en accusant le FBI et la CIA d’être coupables de discrimination et de ne pas agir contre le racisme. La situation psychologique et économique de la chanteuse a commencé à s’effondrer rapidement; l’activité de concert et d’écriture a cessé. Nina Simone continuera à se déplacer pendant ces années, s’installant ensuite en Égypte, en Turquie, en Hollande, en Suisse et enfin en France, à Aix-en-Provence et à Paris; en raison de besoins économiques, elle recommence à se produire, après avoir perdu pendant un certain temps sa trace : En 1976, elle est apparue au Festival de Jazz de Montreaux en Suisse; à cette occasion, le public l’a accueillie avec enthousiasme et chaleur mais il est devenu clair en même temps que quelque chose avait changé. On lui a diagnostiqué une forme de bipolarité contrôlée par certains médicaments. En 1980, la maison de mode Chanel utilise la chanson My Baby Just Cares for Me dans une publicité, contribuant ainsi à la redécouverte de la musique de Nina Simone, elle devint alors une icône du Jazz ; le morceau entra dans les charts anglais sans que l’interprète ne soit reconnu aucun droit.

En 1985, après une série de rééditions et d’articles relatifs à ses albums, Simone revient avec un nouveau Lp, Nina, suivi de Live & Kickin'. Elle est décédé à Carry-Le-Rouet en 2003 à la suite d’une détérioration de sa santé due au cancer du sein à l’âge de 70 ans. Les cendres furent dispersées dans différentes parties de l’Afrique, comme geste de réunion avec la terre des ancêtres, selon sa volonté.

Nina Simone lors d'un concert à Morlaix, France, en mai 1982

Nina Simone a fait de la cause des droits civils du peuple noir et des femmes la raison de son art et de sa vie; la musique qu’elle a écrite était nourrie par le désir de raconter et de contrer les injustices qui se perpétraient aux États-Unis au cours de ces années. C’est grâce à des figures profondément enracinées dans la culture Blues, comme Billie Holiday et Bessie Smith, que Nina Simone a pu recueillir l’héritage d’une expérience de vie transmise aussi grâce à la matière musicale. La chanteuse a enregistré plus de trente albums tout au long de sa carrière, recevant d’importantes distinctions aux États-Unis et ailleurs. «All I want is equality, For my sister, my brother, my people, and me».


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Eunice Kathleen Waymon was born in Tyron, North Carolina in 1933, and had to adapt to the dictates imposed on her ethnicity. The practice of racial segregation was strongly in force in those years in the southern United States. The sixth of eight children, she began playing the piano at the age of three, showing a propensity for studying music from a very early age. Her classical training officially began when she was six years old. Eunice grew up in a decidedly religious family, her mother being a very active member of the local church and religious community. The very young pianist had begun performing by playing the piano and organ in church - where she played and sang along with her sisters. She was noticed by a piano teacher who took her under her wing, Mrs. Mazzanovich, who would later be referred to by the singer as her "white mother." With the financial support of her community, which had set up a foundation intended for young talents who could not afford higher studies and wanted to support her talent, the girl embarked on her studies at Juilliard in New York. However, despite the dedication and iron discipline with which Eunice approached her piano studies in those years, and in general despite her training as a classical musician, in 1950 she saw her subsequent application for a scholarship in music at the Curtis Institute in Philadelphia rejected for reasons related to her ethnicity. Following Billie Holiday's example, she moved to Atlantic City, where she found work as a pianist in a nightclub, the Midtown Bar and Grill, where she took the stage name of Nina Simone. “Nina” was the name she was called by her boyfriend of the time, while “Simone” was a reference to Simone Signoret, a famous French actress and writer.

Initially Nina performed pieces from the classical piano repertoire and the gospel tradition. However, threatened with dismissal, she was required by the owner of the venue to start performing as a singer as well. This was the beginning of the Nina Simone who would go down in music history as one of the most influential singers of all time, and who would win a Grammy for lifetime achievement in 2000.

Nina Simone in 1968

Nina Simone approached the Blues and Jazz repertoire only after three years of work in the Atlantic City venue. This produced the song I Loves You, Porgy, the singer's first real success. Working at the Midtown Bar she met Jerry Fields, her first agent. She then moved to New York, where she worked as a waitress during the day and feverishly recorded new songs in the evenings. Her first album, Little Blue Girl, dates from 1959, the same year in which Billie Holiday died, and devotees of the genre found in Nina a worthy rising star. Extremely gifted musically but also distinctly charismatic, her way of handling the stage and engaging with the audience during live performances was astonishing and could not go unnoticed. So great was her influence on audiences that she was given the name The High Priestess of Soul. In 1960 she met the man who later became her manager, and husband, Andrew Strout, described by the singer as the "best manager in the world." 1960 was also the debut year of the hit single Ain't Got No / I Got Life, which became the #2 song in the U.K. Later in the 1960s, she began recording for the Phillips record label, through which she released songs that later became anthems against racism such as Old Jim Crow and Mississippi Goddam. The relationship between Simone and Strout became rather turbulent and unstable over the years, but the marriage took place in 1961 and nine months later their daughter Lisa was born. It was because of conflict between motherhood and work that the first frictions arose between the two. Nina was happy in the role of a mother but her husband-manager wanted her to be more and more productive in her musical career.

The struggles and clashes for the affirmation of black civil rights became particularly heated in those years. The singer became an activist, and the cause was an inexhaustible source of her musical expressive activity - giving voice to those who had nothing, or not enough. Her music became a mirror of the conflicts that were tearing the United States apart in those years. She gave it the title of Black Classical Music, indicating the "melting pot" of the cultural, social, and political influences that went into her songs - a mix of classical, gospel, Blues and Jazz, but also folk and ballads. We can recall the famous song Strange Fruit memorably interpreted by Billie Holiday, later revived by Nina Simone. This ballad was focused on bringing to general attention the horrors perpetrated on black Americans by whites. Staying on the subject of civil rights, a song that is also feminist and emblematic is Four Women, in which the songwriter explores the condition of black women in America through the story of the feelings of four women, who in order to survive must adapt as slaves, either to their beauty or to their social situation. For Nina Simone protest became the reason for her art and her life. She developed a union with Martin Luther King, sharing the thinking of figures such as Malcom X, James Baldwin, and Lorraine Hansberry (author of A Raisin in the Sun), thus arriving at an increasingly radical political vision that contributed to exacerbating problems with her husband, who as a manager had an excessively commercial and mainstream vision according to the singer. An especially noteworthy song that was not widespread at the time because of its title is Mississippi Goddam.

Nina Simone in 1965

In 1968, the year that Martin Luther King was assassinated, Nina Simone decided to divorce her husband and move to Barbados, then to Liberia, Africa. During this period the singer's albums and songs were rarely released in the U.S., which she dubbed the "United Snakes of America". As an example, the album Baltimore, which was released in 1978. She left the U.S. accusing the FBI and CIA of being guilty of ongoing discrimination and failing to act against racism. The singer's psychological and economic situation began to collapse quickly - both concert and writing activity ceased. Nina Simone continued to move around during those years, later moving to Egypt, Turkey, Holland, Switzerland, and finally to France, to Aix-en Provence and Paris. Due to economic needs, she resumed performing, after a period of absence. She appeared in 1976 at the Montreaux Jazz Festival in Switzerland. On that occasion the audience greeted her with enthusiasm and warmth, but it became clear at the same time that something had changed. She was diagnosed with a form of bipolarism, which was kept at bay by some medication. The 1978 album Baltimore marked a return of the singer to recording activity. In 1980 the fashion house Chanel used the song My Baby Just Cares for Me in a commercial, which then became a jazz icon, thus contributing to the rediscovery of Nina Simone's music. The song entered the British charts, but without Simone being given any rights to the income it produced.

In 1985, after a series of reissues and articles related to her albums, Simone resurfaced with a new LP, Nina's Back, followed by Live & Kickin'. She died at the age of 70, in Carry-Le-Rouet, France in 2003, after suffering deteriorating health due to breast cancer. Her ashes were scattered in different parts of Africa as a gesture of reunion with the land of her ancestors, according to Simone's wishes.

Nina Simone during a concert in Morlaix, France, in May 1982

Nina Simone made the cause of black and women's civil rights the reason for her art and her life. The music she wrote was nourished by a desire to report, and counter, the injustices that were being perpetrated in the United States in those years. It was thanks to figures deeply rooted in Blues culture, such as Billie Holiday and Bessie Smith, that Nina Simone was able to reap a legacy of a life experience that was also transmitted through music. The singer recorded more than thirty albums throughout her career, receiving major recognition inside and outside the United States. "All I want is equality, For my sister, my brother, my people, and me." (From Mississippi Goddam)


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

Eunice Kathleen Waymon nació en Tyron, Carolina del Norte; era el año 1933 y el clima de segregación racial era fuerte en aquellos años en el sur de los Estados Unidos, hasta tal punto que Eunice tuvo que adaptarse a los dictámenes impuestos a su gente. Sexta de ocho hijos, comenzó a tocar el piano a la edad de tres años, demostrando así desde muy pequeña propensión al estudio de la música; a los seis años comenzó oficialmente su formación clásica. Eunice se crió en una familia decididamente religiosa, su madre era un miembro muy activo de la iglesia y de la comunidad local; la joven pianista había comenzado a tocar el piano y el órgano en la iglesia –donde cantaba y tocaba con sus hermanas– y una profesora de piano se dio cuenta de ella y la acogió bajo su ala, la señora Mazzanovich, a quien llamaría su “madre blanca”. Con la aportación económica de su comunidad, que creó una fundación para jóvenes talentos que no podían permitirse la educación superior y que, por lo tanto, quería apoyar a sus talentos, la joven comenzó sus estudios en la Juilliard de Nueva York. Sin embargo, a pesar de la dedicación y la férrea disciplina con que Eunice afrontó el estudio del piano en aquellos años y, en general, a pesar de su formación como música clásica, en 1950 le denegaron la solicitud de una beca de música en el Curtis Institute de Filadelfia: la motivación estaba claramente relacionada con su origen étnico. Siguiendo el ejemplo de Billie Holiday, la chica se mudó a Atlantic City, donde encontró trabajo como pianista en un club nocturno, el Midtown Bar and Grill, donde eligió el nombre artístico de Nina Simone: el primero era el nombre con el que la llamaba su novio de aquella época, mientras que Simone era una referencia a Simone Signoret, la famosa actriz francesa.

Al principio, Nina interpretaba canciones del repertorio de piano clásico y de la tradición góspel; no obstante, so pena el despido, el dueño del local le pidió que actuara también como cantante: este fue el comienzo de Nina Simone, la cual pasaría a la historia de la música como una de las cantantes más influyentes de todos los tiempos y que, en el año 2000, ganaría un Grammy.

Nina Simone en 1968

Nina Simone se acerca al repertorio de Blues y Jazz sólo tres años después de tocar en el club de Atlantic City. Llegamos a la canción I loves you, Porgy, primer auténtico éxito de la cantante; trabajando en el Midtown Bar conoció a Jerry Fields, su primer agente; luego se mudó a Nueva York, donde durante el día trabajaba como camarera y por la noche grababa febrilmente nuevas canciones: de hecho, el primer álbum, Little blue girl, es de 1959, el mismo año en que falleció Billie Holiday: los cultivadores del género encontraron en Nina una digna estrella emergente. No sólo muy dotada a nivel musical, sino también notablemente carismática, su manera de controlar el escenario y de entablar una relación con el público durante las actuaciones en directo era sorprendente y no podía pasar desapercibida: su influencia en el público era tan grande que se le atribuyó el nombre de High Priestess of Soul, es decir la gran sacerdotisa del alma. Unos años más tarde, en 1960, conoció a quien luego se convirtió en su manager y futuro esposo, Andrew Strout, a quien la cantante definió como el “mejor manager del mundo”. 1960 fue el año del estreno del sencillo que la llevó al éxito: Ain't Got No, I Got Life que alcanzó el número 2 en el Reino Unido; a continuación, en los años 60 comenzó a grabar para la discográfica Phillips, con la que publicó canciones que se convirtieron en verdaderos himnos contra el racismo, como Old Jim Crow y Mississippi Goddam. Con el paso del tiempo, la relación entre los dos se hizo bastante turbulenta e inestable, pero en 1961 se casaron y nueve meses después nació su hija Lisa; precisamente debido a la gestión de los aspectos de la maternidad y de los aspectos laborales, nacieron aún más fricciones entre los dos: Nina estaba contenta de ser madre, pero su marido-manager la impulsó a ser cada vez más productiva y a grabar cada vez más.

Las luchas y los enfrentamientos por la afirmación de los derechos civiles de los negros se agudizaron especialmente en aquellos años; la cantante se convirtió en una activista, la causa fue una fuente inagotable para su actividad expresiva musical; dar voz a quienes no la tenían o no tenían suficiente. Su música era un espejo de los conflictos que desgarraban a Estados Unidos en aquellos años: ella misma dio la definición de Black Classical Music para indicar el melting pot de géneros e influencias culturales, sociales, políticas que iban tomando cuerpo en sus canciones; una mezcla de música clásica, gógspel, Blues y Jazz, pero también de folk y baladas; recordemos la famosa Strange Fruit interpretada memorablemente por Billie Holiday y retomada por Nina. Esta balada tiene el mérito de llamar la atención sobre los horrores perpetrados por la comunidad blanca contra la población negra de los Estados Unidos. Siguiendo con el tema de los derechos civiles, una canción feminista y emblemática es Four Women, en la que la autora explora, a través de la narración de los sentimientos de cuatro mujeres, la condición de las mujeres negras en Estados Unidos, que deben conformarse con ser esclavas para sobrevivir, o con su belleza o condición social. La protesta se convirtió para Nina Simone en la razón de su arte y de su vida. Desarrolló una unión con Martin Luther King, compartiendo el pensamiento de figuras como Malcolm X, James Baldwin, Lorraine Hansberry, llegando así a una visión política cada vez más radical que contribuyó a empeorar los problemas con su marido, quien como manager tenía una visión excesivamente comercial según la cantante. Otro album sencillo notable y poco difundido en ese período debido al título es Mississippi Goddam.

Nina Simone en 1965

En 1968, cuando Martin Luther King fue asesinado, Nina Simone decidió divorciarse y mudarse a las Barbados, luego a Liberia, en África. Los álbumes y canciones de la cantante raramente se dieron a conocer en los Estados Unidos, a los que rebautizó como United Snakes of America; por ejemplo, el álbum Baltimore de 1978. Abandonó los Estados Unidos acusando al FBI y a la CIA de ser culpables de la discriminación y de no actuar contra el racismo. La situación psicológica y económica de la cantante comenzó a derrumbarse rápidamente; la actividad concertista y de composición cesaron. Nina Simone seguirá viajando a Egipto, Turquía, Holanda, Suiza y Francia (Aix-en-Provence y París). Por razones económicas, Nina Simone volvió a actuar después de haber desaparecido durante un tiempo: en 1976 apareció en el Festival de Jazz de Montreaux (Suiza). En aquella ocasión, el público la recibió con entusiasmo y calidez, pero al mismo tiempo se hizo evidente que algo había cambiado. Se le diagnosticó una forma de trastorno bipolar, mantenido bajo control con medicación. El álbum Baltimore de 1978 marca el regreso de la cantante a la industria discográfica; en 1980 la casa de moda Chanel utilizó la canción My Baby Just Cares for Me en un anuncio publicitario, contribuyendo así al redescubrimiento de la música de Nina Simone, la cual se convirtió de este modo en un icono del jazz.

En 1985, después de una serie de reimpresiones y artículos acerca de sus álbumes, Simone volvió con un nuevo LP, Nina's Back, seguido de Live & Kickin'. Murió en Carry-Le-Rouet en 2003 debido al deterioro de su salud como resultado de un cáncer de mama, a la edad de setenta años. Según su voluntad, las cenizas fueron esparcidas por varias partes de África, como gesto de reunificación con la tierra de los ancestros.

Nina Simone durante un concierto en Morlaix, Francia, en mayo de 1982

Nina Simone hizo de la causa de los derechos civiles de la población negra y de las mujeres la razón de su arte y de su vida; la música que escribió se nutría con el deseo de contar y contrarrestar las injusticias cometidas en Estados Unidos en aquellos años. Gracias a figuras profundamente arraigadas en la cultura del Blues, como Billie Holiday y Bessie Smith, Nina Simone pudo recoger el legado de una experiencia de vida transmitida también a través de la música. La cantante grabó más de 30 álbumes a lo largo de su carrera, recibiendo importantes reconocimientos dentro y fuera de los Estados Unidos. «All I want is equality, For my sister, my brother, my people, and me».

 

Clara Kathleen Barnett Rogers
Gemma Pacella




Giulia Capponi

 

Sono coesistite almeno tre diverse grandi attitudini nella persona di Clara Rogers: compositrice, cantante e insegnante di musica, ma anche autrice di libri di pedagogia musicale. Clara Kathleen Barnett nasce il 14 gennaio del 1844 a Cheltenham in Inghilterra in quella che definiremmo una famiglia d’arte: suo padre, John Barnett, compositore della celebre opera The Mountain Sylph, è considerato il "padre dell'opera inglese" e suo cugino è il compositore tedesco Giacomo Meyerbeer. Anche lei mostra un precoce interesse per la composizione: infatti, dopo aver studiato in casa con i genitori e in seguito al trasferimento in Germania, già all'età di 13 anni diviene la più giovane studente mai ammessa al Conservatorio di Lipsia. Qui incontra personalità note dell’universo musicale: studia pianoforte con Moscheles e Plaidy, teoria con Papperitz e Richter, ensemble con David e Rietz e canto con Goetze, ma non composizione, settore all'epoca precluso alle donne. 

Dopo essersi diplomata nel 1860 con il massimo dei voti, Clara continua i suoi studi con Hans von Bülow e inizia la carriera di cantante. Debutta a Torino nel 1863 nel ruolo di Isabella, nell’opera Roberto il Diavolo di Meyerbeer, con il nome d'arte di Clara Doria. In seguito si esibisce a Genova, Livorno, Firenze e Napoli, in Lucia di Lammermoor, in Maria di Rohan, in cui canta il ruolo della protagonista, in La Sonnambula, La Vestale e Rigoletto. Lasciata l'Italia si reca a Londra, dove si distingue sulle scene per cinque anni. A seguito del consolidamento della sua carriera operistica in Europa, si trasferisce in America, con Carl Rosa e Parepa, titolari della Parepa-Rosa Opera Company che, dopo aver assicurato ai Barnett che la figlia sarebbe stata al sicuro con loro, riuscirono a reclutarla per la loro seconda stagione americana. Debutta, così, il 4 ottobre 1871 alla New York Academy of Music in The Bohemian Girl (La zingara) e successivamente canta nei ruoli di Donna Elvira in Don Giovanni, della Contessa in Le nozze di Figaro, di Marcellina in Water Carrier e di Camilla in Zampa o La sposa di marmo. Aggiunge al suo repertorio anche il personaggio maschile di Jemmy in una edizione del Guglielmo Tell in lingua italiana e Madeleine al fianco di Theodore Wachtel in un estratto in tedesco dal Postillon de Longjumeau (Il postiglione di Longjumeau), opera di Adolphe Adam oggi quasi dimenticata.

Si esibisce pure a Boston e Filadelfia tra il 1872 e il 1873, cantando con la compagnia Maretzek, e si inserisce nella vivace comunità artistica della città, condividendo amicizie con Amy Beach, Margaret Ruthven Lang e il poeta Henry Wadsworth Longfellow, di cui riporterà una poesia nella prima pagina di uno dei suoi libri di pedagogia musicale: The Philosophy of Singing. Lasciato il palcoscenico operistico, a Boston si esibisce perlopiù come soprano solista della Trinity Church e proprio qui, il 24 aprile 1878, sposa un avvocato del luogo, Henry Munroe Rogers. Dopo sette anni di successi, a seguito del matrimonio, Clara Barnett Rogers termina la sua carriera concertistica, senza, tuttavia, abbandonare i propri studi e l'interesse per la musica: è in questo periodo, infatti, che inizia a dedicarsi alla composizione, per cui aveva manifestato grande attrazione fin da giovane, e nel 1902 è nominata “professore” al New England Conservatory of Music. Comincia così la sua incredibile produzione musicale: la maggior parte delle sue composizioni sono canzoni che utilizzano testi scelti e che lei colloca efficacemente all'interno della tradizione del Romanticismo tedesco, allora imperante. Compone anche una Sonata per violino e pianoforte, una Sonata per violoncello e pianoforte, due Quartetti per archi, quattro opere per pianoforte . Abbina inoltre la composizione musicale a quella teorica e scrive diversi libri sull'arte del canto, oltre ad un'autobiografia in tre volumi. Muore a Boston l'8 marzo 1931.

Clara Kathleen Barnett Rogers e i suoi ospiti nel suo salone di Boston 

Cantante, compositrice e pedagoga anglo-americana, Clara è stata un'artista molto apprezzata nel suo tempo e decisamente prolifica: ha composto quasi 100 canzoni per voce e ha scritto sei trattati sulla pedagogia del canto come il già citato The Philosophy of Singing (1893), e ancora Dreaming True (1899), My Voice and I (1910), Your Voice and You (1925) e Clearcut Speech in Song (1927). Clara Kathleen Rogers ha oltrepassato una serie di limiti che la cultura patriarcale dell'epoca ha provato a imporle. Come cantante d'opera non è stata esente da critiche, come si evince dall'osservazione di Carlo Rosa che le disse: «Se tu avessi solo due note in più nella tua voce saresti una delle grandi artiste del mondo», eppure ciò non ha impedito la sua carriera di successo tra l’Europa e l’America, interpretando alcuni dei ruoli più noti e rilevanti della scena operistica mondiale. E in particolare, come compositrice, l’impossibilità di accedere ai corsi di studio in quanto donna, non ha interrotto il suo interesse per la composizione, dimostrato fin da bambina.

Conoscere la sua esperienza mi ha aiutata, dunque, a consolidare un pensiero: come per la letteratura è stata a lungo preclusa alle donne la possibilità di firmare le loro opere, senza per questo impedire di crearle, così nel campo della musica risultava impensabile che una donna potesse comporre, generare testi e spartiti di note. Eppure, Clara Kathleen Rogers non si è limitata a eseguire con la voce le opere composte da uomini: si potrebbe, metaforicamente, dire che ha rotto il muro del suono, quel tabù, figlio di un sistema androcentrico, che poneva il logos, l’arte creativa dell’intelletto, come appannaggio esclusivo maschile, anche nel mondo musicale, dedicandosi all’arte che più la affascinava e imprimendo sulla scena mondiale la sua firma originale.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Au moins trois grandes aptitudes différentes ont coexisté en la personne de Clara Rogers : compositrice, chanteuse et professeur de musique, mais aussi auteur de livres de pédagogie musicale. Clara Kathleen Barnett est née le 14 janvier 1844 à Cheltenham en Angleterre dans ce que nous appellerions une famille d’art : son père, John Barnett, compositeur du célèbre opéra The Mountain Sylph, est considéré comme le "père de l’opéra anglais" et son cousin est le compositeur allemand Giacomo Meyerbeer. Après avoir étudiée à la maison avec ses parents et après avoir déménagée en Allemagne, elle devient dès l’âge de 13 ans la plus jeune étudiante jamais admise au Conservatoire de Leipzig. Elle y rencontre des personnalités connues de l’univers musical : elle étudie le piano avec Moscheles et Plaidy, la théorie avec Papperitz et Richter, l’ensemble avec David et Rietz et le chant avec Goetze, mais pas la composition, secteur à l’époque fermé aux femmes.

Après avoir obtenu son diplôme en 1860 avec mention, Clara poursuit ses études avec Hans von Bülow et commence sa carrière de chanteuse. Elle fait ses débuts à Turin en 1863 dans le rôle d’Isabelle, dans l’opéra Roberto il Diavolo de Meyerbeer, sous le nom de scène de Clara Doria. Elle se produit ensuite à Gênes, Livourne, Florence et Naples, dans Lucia di Lammermoor, dans Maria di Rohan, où elle chante le rôle principal, dans La Sonnambula, La Vestale et Rigoletto. Après avoir quitté l’Italie, elle se rend à Londres, où elle se distingue sur scène pendant cinq ans. Après la consolidation de sa carrière d’opéra en Europe, elle s’installe en Amérique avec Carl Rosa et Parepa, propriétaires de la Parepa-Rosa Opera Company qui, après avoir assuré aux Barnett que sa fille serait en sécurité avec eux, ont réussi à la recruter pour leur deuxième saison américaine. Elle fait ses débuts le 4 octobre 1871 à la New York Academy of Music dans The Bohemian Girl (La zingara) et chante plus tard dans les rôles de Donna Elvira dans Don Giovanni, de la Contessa dans Les Noces de Figaro, de Marcellina dans Water Carrier et de Camilla dans Zampa ou de la mariée de marbre. Elle ajoute également à son répertoire le personnage masculin de Jemmy dans une édition du Guillaume Tell en langue italienne et Madeleine aux côtés de Theodore Wachtel dans un extrait en allemand du Postillon de Longjumeau (Le postillon de Longjumeau) l’œuvre d’Adolphe Adam aujourd’hui presque oubliée.

Elle se produit également à Boston et Philadelphie entre 1872 et 1873, chantant avec la compagnie Maretzek, et s’insère dans la communauté artistique animée de la ville, partageant des amitiés avec Amy Beach, Margaret Ruthven Lang et le poète Henry Wadsworth Longfellow, dont elle rapportera un poème en première page d’un de ses livres de pédagogie musicale : The Philosophy of Singing. Après avoir quitté la scène d’opéra, elle se produit principalement à Boston en tant que soprano soliste de la Trinity Church et c’est ainsi, le 24 avril 1878, elle épouse un avocat local, Henry Munroe Rogers. Après sept années de succès, à la suite de son mariage, Clara Barnett Rogers met fin à sa carrière de concertiste, sans toutefois abandonner ses études et son intérêt pour la musique : c’est à cette période qu’elle commence à se consacrer à la composition, En 1902, elle est nommée "professeur" au New England Conservatory of Music. Ainsi commence son incroyable production musicale : la plupart de ses compositions sont des chansons qui utilisent des textes choisis et qu’elle place efficacement dans la tradition du romantisme allemand, alors dominant. Elle compose aussi une Sonate pour violon et piano, une Sonate pour violoncelle et piano, deux Quatuors pour cordes, quatre opéras pour piano. Elle associe également la composition musicale à la composition théorique et écrit plusieurs livres sur l’art du chant, ainsi qu’une autobiographie en trois volumes. Elle meurt à Boston le 8 mars 1931.

Clara Kathleen Barnett Rogers et ses invités dans son salon de Boston

Chanteuse, compositrice et pédagogue anglo-américaine, Clara a été une artiste très appréciée de son temps et très prolifique : elle a composé près de 100 chansons par voix et a écrit six traités sur la pédagogie du chant comme The Philosophy of Singing (1893) mai aussi Dreaming True (1899), My Voice and I (1910), Your Voice and You (1925) et Clearcut Speech in Song (1927). Clara Kathleen Rogers a franchi une série de limites que la culture patriarcale de l’époque a essayé de lui imposer. En tant que chanteuse d’opéra, elle n’a pas été exempte de critiques, comme le montre l’observation de Carlo Rosa qui lui dit : «Si tu n’avais que deux notes de plus dans ta voix, tu serais l’une des grandes artistes du monde»Pourtant, cela ne l’a pas empêché de réussir sa carrière entre l’Europe et l’Amérique, jouant certains des rôles les plus connus et les plus importants de la scène de l’opéra mondial. Et en particulier, en tant que compositrice, l’impossibilité d’accéder aux cours d’étude en tant que femme n’a pas interrompu son intérêt pour la composition, démontré dès son enfance.

Connaître son expérience m’a donc aidée à consolider une pensée : comme pour la littérature, il a longtemps été interdit aux femmes de signer leurs œuvres, sans pour autant empêcher de les créer, ainsi, dans le domaine de la musique, il était impensable qu’une femme puisse composer, générer des textes et des partitions de notes. Et pourtant, Clara Kathleen Rogers ne s’est pas contentée d’exécuter avec sa voix les œuvres composées d’hommes : on pourrait, métaphoriquement, dire qu’elle a brisé le mur du son, ce tabou, fils d’un système androcentrique, qui posait le logos, l’art créatif de l’intellect, en tant qu’apanage exclusif masculin, même dans le monde musical, en se consacrant à l’art qui la fascinait le plus et en imprimant sur la scène mondiale sa signature originale.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

At least three different great aptitudes coexisted in the person of Clara Barnett - composer, singer and music teacher, and she was also an author of books on music pedagogy. Clara Kathleen Barnett was born on January 14, 1844, in Cheltenham, England, into what we can call an artistic family. Her father, John Barnett, composer of the famous opera The Mountain Sylph, is considered the "father of English opera," and her cousin is the German composer Giacomo Meyerbeer. She, too, showed an early interest in composition. After studying at home with her parents, at only the age of 12 she became the youngest student ever admitted to the Leipzig Conservatory. There she met well-known personalities in the musical universe. She studied piano with Moscheles and Plaidy, theory with Papperitz and Richter, ensemble with David and Rietz, and singing with Goetze, but not composition, a field at the time barred to women.

After graduating from Leipzig in 1860 with highest honors, Rogers continued her studies with Hans von Bülow and began a singing career. She made her debut in Turin in 1863 as Isabella in Meyerbeer's opera Robert the Devil, under the stage name Clara Doria. She later performed in Genoa, Livorno, Florence, and Naples in Lucia di Lammermoor, in Maria di Rohan, in which she sang the title role of Maria Padilla, in La Sonnambula, La Vestale, and Rigoletto. Leaving Italy, she went to London where she distinguished herself on the concert scene for five years. Following the consolidation of her operatic career in Europe, she emigrated to America, with Carl Rosa and his wife Euphrosyne Parepa-Rosa, owners of the Parepa-Rosa Opera Company, who, after assuring the Barnetts that their daughter would be safe with them, were able to recruit her for their own second American season. She debuted, thus, on October 4, 1871, at the New York Academy of Music in The Bohemian Girl and subsequently sang as Donna Elvira in Don Giovanni, as Countess in The Marriage of Figaro, Marcellina in Water Carrier and Camilla in Zampa (La Sposa di Marmo). She also sang the part of Jemmy in an Italian-language William Tell and Magdalena opposite Theodore Wachtel in a German excerpt from Postillon de Lonjumeaue.

She performed in Boston and Philadelphia between 1872 and 1873, singing with the Maretzek company, and became part of the cities' vibrant artistic community, sharing friendships with Amy Beach, Margaret Ruthven Lang and the poet Henry Wadsworth Longfellow, one of whose poems she would present on the first page of her book on musical pedagogy, The Philosophy of Singing. Leaving the operatic stage, in Boston she performed mostly as soprano soloist at Trinity Church and it was there, on April 24, 1878, that she married a local lawyer, Henry Munroe Rogers. After seven successful years, and following her marriage, Clara Barnett Rogers ended her concert career, without, however, abandoning her studies and interest in music. It was during that period, that she began to devote herself to composition, for which she had shown a great attraction from an early age, and in 1902 she was appointed a professor at the New England Conservatory of Music. She thus engaged in her incredible musical production. Most of her compositions are songs that use selected texts and which she effectively situates within the tradition of German Romanticism, then prevailing. She also composed sonatas for violin and cello and a string quartet. Barnett Rogers also combined musical and theoretical composition and wrote several books on the art of singing, as well as a three-volume autobiography. She died in Boston on March 8, 1931.

Clara Kathleen Barnett Rogers and her guests in her Boston salon

A British-American singer, composer, and pedagogue, Clara was a highly regarded artist of her time and decidedly prolific. She composed nearly 100 songs for voice and wrote six treatises on the pedagogy of singing such as the aforementioned The Philosophy of Singing (1893), and again Dreaming True (1899), My Voice and I (1910), Your Voice and You (1925), and Clearcut Speech in Song (1927). Clara Kathleen Rogers crossed a number of boundaries that the patriarchal culture of her time tried to impose on her. As an opera singer she was not exempt from criticism, as evidenced by a remark by Carlo Rosa who said to her, "If you had only two more notes in your voice you would be one of the great artists of the world," yet this did not prevent her from a successful career in Europe and America, performing some of the best-known and most relevant roles on the world opera scene. And in particular, as a composer, the impossibility for a woman of acces to courses of study, did not interrupt her interest in composition, demonstrated since childhood.

Knowing about her experience helps us, therefore, to consolidate a thought. Just as in the field of literature women were long precluded from signing their works, without preventing them from creating them, so in the field of music it was unthinkable that a woman could compose, generate lyrics and complex scores. Yet, Clara Kathleen Rogers did not limit herself to performing works written by men, devoting herself to the art that fascinated her most and stamping her original signature on the world stage. One could say, metaphorically, that she broke the sound barrier, that taboo, a child of a male-centered system, which considered creative art of the intellect as the exclusive preserve of men, even in the world of music.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

En la persona de Clara Rogers coexistieron al menos tres grandes aptitudes diferentes: para la composición, para el canto y para la enseñanza de la música, pero también fue autora de libros de pedagogía musical. Clara Kathleen Barnett nació el 14 de enero de 1844 en Cheltenham, Inglaterra, en la que podríamos considerar una familia de artistas. Su padre, John Barnett, compositor de la célebre obra The Mountain Sylph, es considerado el “padre de la ópera inglesa” y su primo fue el compositor alemán Giacomo Meyerbeer. Ella también muestra un interés precoz por la composición: después de estudiar en casa con sus padres y después de mudarse a Alemania, a los 13 años se convierte en la estudiante más joven jamás admitida en el Conservatorio de Leipzig. Allí conoce a personalidades conocidas del mundo de la música: estudia piano con Moscheles y Plaidy, teoría con Papperitz y Richter, conjuntos con David y Rietz y canto con Goetze, pero no estudia composición, sector que en aquel entonces era inaccesible para las mujeres.

Después de graduarse en 1860 con la nota máxima, Clara continuó sus estudios con Hans von Bülow y comenzó su carrera como cantante. Debutó en Turín en 1863 en el papel de Isabella, en la obra Roberto el Diablo de Meyerbeer, con el nombre artístico de Clara Doria. Posteriormente actuó en Génova, Livorno, Florencia y Nápoles, en Lucia di Lammermoor, en Maria di Rohan, donde canta el papel de la protagonista, en La Sonnambula, La Vestale y Rigoletto. Deja Italia para dirigirse a Londres, donde destaca en los escenarios durante cinco años. Después de consolidar su carrera operística en Europa, se traslada a Estados Unidos, con Carl Rosa y Parepa, propietarios de la Parepa-Rosa Opera Company, quienes, después de asegurar a los Barnett que su hija estaría a salvo con ellos, logran reclutarla para su segunda temporada estadounidense. Debuta, así, el 4 de octubre de 1871 en la New York Academy of Music en The Bohemian Girl (La chica bohemia) y posteriormente canta en los papeles de Donna Elvira en Don Giovanni, de la Condesa en Le nozze di Figaro, de Marcellina en Water Carrier y de Camilla en Zampa o La sposa di marmo. Añade a su repertorio el personaje masculino de Jemmy en una edición de Guillermo Tell en italiano y Madeleine junto a Theodore Wachtel en un extracto en alemán del Postillon de Longjumeau (El postillón de Lonjumeau), obra de Adolphe Adam hoy casi olvidada.

También actúa en Boston y Filadelfia entre 1872 y 1873, cantando con la compañía Maretzek, y forma parte de la vibrante comunidad artística de la ciudad, entablando amistades con Amy Beach, Margaret Ruthven Lang y el poeta Henry Wadsworth Longfellow, cuyo poema aparecerá en la portada de uno de sus libros de pedagogía musical: The Philosophy of Singing. Tras abandonar el escenario de la ópera, en Boston actúa principalmente como soprano solista de la Trinity Church y ahí, el 24 de abril de 1878, se casa con un abogado local, Henry Munroe Rogers. Después de siete años de éxitos, Clara Barnett Rogers terminó su carrera de concertista, pero sin dejar de lado sus estudios y su interés por la música: de hecho en ese período comenzó a dedicarse a la composición, por la que había manifestado gran atracción desde muy joven, y en 1902 fue nombrada “profesora” en el New England Conservatory of Music. Así comienza su increíble producción musical: la mayoría de sus composiciones son canciones que utilizan letras escogidas y que ella sitúa eficazmente dentro de la tradición del Romanticismo alemán, imperante en aquel entonces. También compone una sonata para violín y piano, una sonata para violonchelo y piano, dos cuartetos para arcos y cuatro obras para piano. También combina la composición musical con la teórica y escribe varios libros sobre el arte del canto, además de una autobiografía en tres volúmenes. Muere en Boston el 8 de marzo de 1931.

Clara Kathleen Barnett Rogers y sus invitados en su salón de Boston

Cantante, compositora y pedagoga angloamericana, Clara fue una artista muy apreciada en su época y decididamente prolífica: compuso casi 100 canciones para voz y escribió seis tratados sobre la pedagogía del canto, como The Philosophy of Singing (1893), Dreaming True (1899), My Voice and I (1910), Your Voice and You (1925) y Clearcut Speech in Song (1927). Clara Kathleen Rogers traspasó una serie de límites que la cultura patriarcal de la época había intentado imponerle. Como cantante de ópera, no quedó exenta de críticas, como demuestra la observación de Carlo Rosa, quien le dijo: «Si tuvieras dos notas más en tu voz, serías una de las grandes artistas del mundo», sin embargo, esto no impidió su exitosa carrera entre Europa y Estados Unidos, interpretando algunos de los papeles más conocidos y relevantes de la escena operística mundial. Y, en particular, como compositora, la imposibilidad de acceder a los estudios oficiales como mujer, no interrumpió su interés por la composición, demostrado desde niña.

Conocer su experiencia me ha ayudado a consolidar una reflexión: como en la literatura durante mucho tiempo se ha negado a las mujeres la posibilidad de firmar sus obras, sin por ello impedirles crearlas, así en el campo de la música era impensable que una mujer pudiera componer, generar letras y partituras de notas. No obstante, Clara Kathleen Rogers no se limitó a interpretar con su voz las obras compuestas por hombres: se podría decir, metafóricamente, que rompió el muro del sonido, ese tabú, hijo de un sistema androcéntrico, que ponía el logos, el arte creativo del intelecto, como dominio exclusivo de los hombres, incluso en el mundo de la música, dedicándose al arte que más la fascinaba e imprimiendo en el escenario mundial su firma original.

Ethel Smith
Elisabetta Uboldi




Giulia Capponi

 

«Era preoccupata che la sua musica sarebbe morta con lei e la sua eredità musicale sarebbe andata perduta. E forse questo è anche successo, ma adesso sta riemergendo». La musicista Leah Broad commenta così la figura di Ethel Smyth, compositrice, scrittrice e suffragetta inglese che fu largamente acclamata per le sue opere e per le doti artistiche.

Nasce il 22 aprile 1858 a Sidcup nella contea del Kent, in Inghilterra, e fin dalla più tenera età si mostra interessata al mondo della musica. Suo padre, generale dell’esercito, si oppone categoricamente alle sue aspirazioni, ma con gli anni è costretto a cedere di fronte alla tenacia della figlia, che arriva addirittura a chiudersi in camera e rifiutare il cibo, pur di vedersi riconosciuta la possibilità di realizzarsi in ciò che ama. A 17 anni inizia a studiare con il musicista Alexander Ewing che le presenta le opere di Wagner e Berlioz e due anni dopo si trasferisce a Lipsia, in Germania, dove si iscrive al conservatorio, che abbandona in breve tempo poiché ritiene che il livello di insegnamento sia troppo basso. Nonostante la delusione iniziale, Ethel non accantona il suo sogno e decide di prendere lezioni private da Heinrich von Herzogenberg, compositore, pianista di grande talento e direttore del Bach-Verein di Lipsia che, insieme alla moglie, la introduce nel proprio circolo. Il 26 gennaio 1884 debutta come compositrice di musica da camera ed è la prima donna a calcare il palcoscenico del Metropolitan House Opera di New York, ma le opinioni sulle sue doti artistiche dimostrano ben presto il doppio standard di valutazione riservato alle donne. Risulta infatti impossibile per la critica del tempo considerare il suo lavoro basandosi unicamente sulle melodie ascoltate e Ethel finisce per essere giudicata non come artista, ma in quanto donna. Quando si esibisce con musiche incalzanti, potenti e ritmiche viene tacciata di essere troppo mascolina e non avere il tocco femminile; quando invece presenta brani delicati e melodiosi viene accusata di non essere all’altezza dei suoi colleghi uomini.

Una delle sue opere più importanti è The Wreckers, definita una composizione femminista perché si pone l’obiettivo di portare alla ribalta la voce delle donne: infatti il personaggio principale è una donna che cerca di liberarsi dalle costrizioni che le vengono imposte dalla società. Lo stile melodico e il linguaggio armonico e incalzante attraggono spettatori e spettatrici, intrigati dal conoscere l’evoluzione della trama. Nel 1910 abbraccia il movimento delle suffragette e compone appositamente per la causa il brano The March of Women, che diventerà l’inno delle femministe nelle loro battaglie per il diritto di voto. Nel marzo del 1912 risponde alla chiamata di Emmeline Pankhurst e, insieme a un centinaio di attiviste, lancia sassi contro le finestre dei parlamentari contrari a estendere il diritto di voto alle donne. Ethel sceglie la casa del segretario Lewis Harcourt, il quale si era beffato delle suffragette, affermando che se tutte le donne fossero state belle e sagge come sua moglie non si sarebbe creato problemi nel riconoscere loro il diritto di voto. Proprio quella sera, diverse manifestanti, tra cui Ethel Smyth e Emmeline Pankhurst, vengono arrestate e trasferite nel carcere di Holloway, dove rimarranno per circa due mesi. Quando il suo caro amico musicista e direttore d’orchestra Thomas Beecham si reca in carcere per farle visita, assiste alla marcia delle suffragette sulle note del loro inno, mentre Ethel in persona dirige la melodia dalla cella con uno spazzolino da denti.

A causa del peggioramento della sordità che la affligge in età adulta, oltre alla musica, si dedica anche alla scrittura e tra il 1919 e il 1940 redige una decina di testi, quasi tutti autobiografici. Nel suo libro Female Pipings in Eden descrive l’esperienza carceraria rimarcando la bellezza di trovarsi in compagnia di donne tanto diverse per età ed estrazione sociale, ma unite dallo stesso amore per la libertà e l’uguaglianza. Allo scoppio della Grande Guerra si reca a Vichy, in Francia, dove presta servizio come infermiera e tecnica di radiologia, in aiuto ai soldati feriti e mutilati, nonostante sia contraria a qualunque forma di atto bellico. Negli anni Venti la sua popolarità cresce e nel 1922 viene nominata Commendatrice dell’eccellentissimo ordine dell’impero britannico, diventando la prima donna a essere insignita del titolo di Dama.

Ethel Smyth a Londra nel 1912 durante un meeting della WSPU 

La sua personalità è turbolenta e rifiuta di sottostare ai rigidi dettami della società: non si sposerà mai e i suoi amori saranno quasi tutti femminili. È ben noto il suo rapporto intimo con Emmeline Pankhurst e all’età di 71 anni conosce e si invaghisce della scrittrice Virginia Woolf che commenta: «siamo molto differenti, le nostre menti sono totalmente diverse ed è proprio questo che ci unisce». Il loro intenso legame durerà fino alla morte di Woolf avvenuta nel 1941. In una lettera a Henry Brewster, unico uomo con cui ha una relazione sentimentale, Ethel scrive: «Mi chiedo perché mi riesca tanto più facile amare con passione il mio stesso sesso…»Oltre alla musica e alla scrittura, Ethel si dedica allo sport e ai viaggi. Pratica equitazione, tennis e golf ed è sempre accompagnata dai suoi fedeli cani per i quali ha una vera dedizione.

Nel maggio del 1928 la Bbc trasmette due suoi concerti in diretta nazionale e, nel giorno del settantacinquesimo compleanno, il suo lavoro viene celebrato alla Royal Albert Hall in presenza della Regina, sotto la direzione dell'amico Thomas Beecham. Purtroppo in quegli anni Ethel è ormai divenuta completamente sorda e non è in grado né di apprezzare la sua stessa musica né di sentire l’ammirazione della folla giunta per lei. Muore l’8 maggio 1944 a Woking, in Inghilterra, all’età di 86 anni, e Beecham la ricorda con queste parole: «Era una creatura testarda, indomabile, invincibile. Niente poteva domarla, niente poteva scoraggiarla e fino al suo ultimo giorno ha conservato queste straordinarie qualità»

La dottoressa Amy Zigler, insegnante di musica e ricercatrice del Salem College, studia e analizza le opere di Ethel Smyth dal 2005 e questo è quanto riporta sulle sfide quotidiane e la personalità della musicista: «Mentre stava costruendo la sua carriera, buona parte dei commenti non erano sulla sua musica, ma sul suo genere. Erano in molti a credere che le donne non fossero capaci di elaborare musica che avesse lo stesso valore di quella prodotta dagli uomini. Ha rincorso le sue passioni sia nella musica che nella vita. Era ambiziosa e impudente. Non aveva paura di bussare alla porta di un direttore d’orchestra o rompere i vetri della casa di un politico: nella sua mente erano entrambe azioni necessarie».

L’8 marzo del 2022, in occasione della Giornata internazionale della donna, le è stata dedicata una statua collocata nella Duke’s Court Plaza a Woking. La scultrice Christine Charlesworth descrive così la sua opera: «La statua rappresenta Ethel Smyth con la sua gonna in tweed, nell’atto di dirigere entusiasta un’orchestra con la sua bacchetta. La giacca è semiaperta, le braccia tengono il ritmo e gli occhi sono pieni di concentrazione. Nella tasca tiene un foglio di carta sempre pronto per appuntare nuove idee per la sua musica o note per un nuovo libro».

 La statua di Ethel Smith a Woking, Regno Unito

Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Elle craignait que sa musique meure avec elle et que son héritage musical soit perdu. Et peut-être cela est arrivé, mais maintenant elle est en train de resurgir ». La musicienne Leah Broad commente ainsi la figure d’Ethel Smyth, compositrice, écrivain et suffragette anglaise qui fut largement acclamée pour ses œuvres et ses talents artistiques.

Né le 22 avril 1858 à Sidcup dans le comté de Kent, en Angleterre, elle se montre dès son plus jeune âge intéressé par le monde de la musique. Son père, général de l’armée, s’oppose catégoriquement à ses aspirations, mais avec les années, il est contraint de céder face à la ténacité de sa fille, qui arrive même à s’enfermer dans sa chambre et à refuser la nourriture, pour se voir reconnaître la possibilité de se réaliser dans ce qu’elle aime. À 17 ans, elle commence à étudier avec le musicien Alexander Ewing qui lui présente les œuvres de Wagner et Berlioz, et deux ans plus tard, elle s’installe à Leipzig, en Allemagne, où elle s’inscrit au conservatoire, qu’elle abandonne rapidement parce qu’elle estime que le niveau d’enseignement est trop bas. Malgré sa déception initiale, Ethel n’abandonne pas son rêve et décide de prendre des leçons privées avec Heinrich von Herzogenberg, compositeur, pianiste talentueux et directeur du Bach-Verein de Leipzig qui, avec sa femme, l’introduit dans son cercle. Le 26 janvier 1884, elle fait ses débuts en tant que compositrice de musique de chambre et elle est la première femme à fouler la scène du Metropolitan House Opera de New York, mais les opinions sur ses talents artistiques démontrent rapidement le double standard d’évaluation réservé aux femmes. Il est en effet impossible pour la critique du temps de considérer son travail en se basant uniquement sur les mélodies entendues et Ethel finit par être jugée non pas comme artiste, mais comme femme. Lorsqu’elle joue avec de la musique pressante, puissante et rythmique, elle est accusée d’être trop masculine et de ne pas avoir la touche féminine ; lorsqu’elle présente des morceaux délicats et mélodieux, elle est accusée de ne pas être à la hauteur de ses collègues masculins.

L’une de ses œuvres les plus importantes est The Wreckers, définie comme une composition féministe car elle vise à faire entendre la voix des femmes: en effet, le personnage principal est une femme qui cherche à se libérer des contraintes qui lui sont imposées par la société. Le style mélodique et le langage harmonieux et pressant attirent les spectateurs et les spectatrices, intrigués par l’évolution du trame. En 1910, elle embrasse le mouvement des suffragettes et compose spécialement pour l’extrait de la chanson The March of Women, qui deviendra l’hymne des féministes dans leurs batailles pour le droit de vote. En mars 1912, elle répond à l’appel d’Emmeline Pankhurst et, avec une centaine d’activistes, lance des pierres contre les fenêtres des parlementaires opposés à l’extension du droit de vote aux femmes. Ethel choisit la maison du secrétaire Lewis Harcourt, qui se moquait des suffragettes, affirmant que si toutes les femmes étaient belles et sages comme sa femme, il n’y aurait aucun problème à leur accorder le droit de vote. Ce soir-là, plusieurs manifestants, dont Ethel Smyth et Emmeline Pankhurst, sont arrêtés et transférés à la prison de Holloway, où ils resteront environ deux mois. Lorsque son ami musicien et chef d’orchestre Thomas Beecham se rend en prison pour lui rendre visite, il assiste à la marche des suffragettes sur les notes de leur hymne, tandis qu’Ethel en personne dirige la mélodie depuis la cellule avec une brosse à dents.

En raison de l’aggravation de sa surdité à l’âge adulte, en plus de la musique, elle se consacre également à l’écriture et rédige entre 1919 et 1940 une dizaine de textes, presque tous autobiographiques. Dans son livre Female Pipings in Eden, elle décrit l’expérience carcérale en remarquant la beauté de se trouver en compagnie de femmes aussi différentes selon leur âge et leur origine sociale, mais unies par le même amour pour la liberté et l’égalité. Au début de la Grande Guerre, elle se rend à Vichy, en France, où elle travaille en tant qu’infirmière et technique de radiologie, aidant les soldats blessés et mutilés, bien qu’elle soit contre toute forme de guerre. Dans les années 1920, sa popularité grandit et en 1922, elle est nommée Commendatrice de l’ordre de l’Empire britannique, devenant la première femme à recevoir le titre de Dame.

Ethel Smyth à Londres en 1912 lors d'une réunion de la WSPU

Sa personnalité est turbulente et refuse de se soumettre aux stricts préceptes de la société : elle ne se mariera jamais et ses amours seront presque toutes féminines. Sa relation intime avec Emmeline Pankhurst est bien connue et à l’âge de 71 ans elle connaît et s’éprend de l’écrivain Virginia Woolf qui commente : « nous sommes très différents, nos esprits sont totalement différents et c’est justement cela qui nous unit ». Leur lien intense durera jusqu’à la mort de Woolf en 1941. Dans une lettre à Henry Brewster, seul homme avec qui elle a une relation amoureuse, Ethel écrit : «Je me demande pourquoi il m’est d’autant plus facile d’aimer avec passion mon propre sexe...» En plus de la musique et de l’écriture, Ethel se consacre au sport et aux voyages. Elle pratique l’équitation, le tennis et le golf et elle est toujours accompagnée de ses chiens fidèles pour lesquels elle a un vrai dévouement.

En mai 1928, la BBC diffuse deux de ses concerts en direct national et, le jour de ses 75 ans, son travail est célébré au Royal Albert Hall en présence de la Reine, sous la direction de son ami Thomas Beecham. Malheureusement, au cours de ces années, Ethel est devenue complètement sourde et n’est pas en mesure d’apprécier sa propre musique ni d’entendre l’admiration de la foule venue pour elle. Elle meurt le 8 mai 1944 à Woking, en Angleterre, à l’âge de 86 ans, et Beecham se souvient d’elle avec ces mots : «C’était une créature têtue, indomptable, invincible. Rien ne pouvait la dompter, rien ne pouvait la décourager et jusqu’à son dernier jour, elle a conservé ces qualités extraordinaires ».

Le Dr Amy Zigler, professeur de musique et chercheuse au Salem College, étudie et analyse les œuvres d’Ethel Smyth depuis 2005, et voici ce qu’elle rapporte sur les défis quotidiens et la personnalité de la musicienne : «Pendant qu’elle construisait sa carrière, la plupart des commentaires ne portaient pas sur sa musique, mais sur son genre. Nombreux étaient ceux qui pensaient que les femmes n’étaient pas capables d’élaborer de la musique qui ait la même valeur que celle produite par les hommes. Elle a poursuivi ses passions à la fois dans la musique et dans la vie. Elle était ambitieuse et impudente. Elle n’avait pas peur de frapper à la porte d’un chef d’orchestre ou de casser les vitres de la maison d’un politicien : dans son esprit, les deux actions étaient nécessaires»

Le 8 mars 2022, à l’occasion de la Journée internationale de la femme, une statue lui a été dédiée dans la Duke’s Court Plaza à Woking. La sculptrice Christine Charlesworth décrit ainsi son œuvre : «La statue représente Ethel Smyth avec sa jupe en tweed, en train de diriger avec enthousiasme un orchestre avec sa baguette. La veste est à moitié ouverte, les bras tiennent le rythme et les yeux sont pleins de concentration. Dans sa poche, elle garde une feuille en papier toujours prête à épingler de nouvelles idées pour sa musique ou des notes pour un nouveau livre ».

La statue d'Ethel Smith à Woking, UK

Traduzione inglese

Syd Stapleton

"She was worried that her music would die with her and her musical legacy would be lost. And maybe that even happened, but now it's resurfacing." Musician Leah Broad thus comments on Ethel Smyth, an English composer, writer and suffragist who was widely acclaimed for her works and artistic gifts.

She was born on April 22, 1858, in Sidcup in the county of Kent, England, and from an early age showed an interest in the world of music. Her father, an army general, was adamantly opposed to her aspirations, but over the years he was forced to give in to his daughter's tenacity. She even went as far as locking herself in her room and refusing food in order to be given the chance to fulfill herself in what she loved. At 17, she began studying with musician Alexander Ewing, who introduced her to the works of Wagner and Berlioz, and two years later she moved to Leipzig, Germany, where she enrolled in the conservatory there, which she soon abandoned because she felt the level of instruction was too low. Despite her initial disappointment, Ethel didn’t shelve her dream and decided to take private lessons from Heinrich von Herzogenberg, a composer, gifted pianist and director of the Leipzig Bach-Verein, who, together with his wife, introduced her into their circle. On January 26, 1884, she made her debut as a chamber music composer, and later became the first woman composer to have an opera performed by the Metropolitan Opera in New York, but opinions about her artistic gifts soon demonstrated the double standard of evaluation reserved for women. Indeed, it proved impossible for critics of the time to consider her work based solely on the melodies heard, and Ethel ended up being judged not as an artist but as a woman. When she performed urgent, powerful and rhythmic music she was accused of being too masculine and lacking the feminine touch. When she presented delicate and melodious pieces she was accused of not being equal to her male colleagues.

One of her most important works is The Wreckers, called a feminist composition because it aims to bring women's voices to the forefront - the main character is a woman trying to free herself from the constraints imposed on her by society. The style is melodic and harmonious, and compelling language attracted spectators and onlookers, who were intrigued to learn about the plot's development. In 1910 she embraced the suffragist movement and composed specifically for the cause the song The March of Women, which would become the anthem of feminists in their battles for the right to vote. In March 1912, she answered Emmeline Pankhurst's call and, together with a hundred activists, threw stones through the windows of MPs opposed to extending the right to vote to women. Ethel chose the home of Secretary Lewis Harcourt, who had mocked the suffragists, saying that if all women were as beautiful and wise as his wife, he would have no problem granting them the right to vote. That very evening, several protesters, including Ethel Smyth and Emmeline Pankhurst, were arrested and transferred to Holloway Prison, where they would remain for about two months. When her close friend, musician and conductor Thomas Beecham, traveled to the jail to visit them, he watched the suffragists march to the notes of their anthem, while Ethel herself conducted the tune from her cell with a toothbrush.

Because of the worsening deafness that plagued her in adulthood, she turned to writing in addition to music, and between 1919 and 1940 she penned a dozen texts, almost all of them autobiographical. In her book Female Pipings in Eden she described her prison experience, remarking on the beauty of being in the company of women so different in age and social background, but united by the same love of freedom and equality. At the outbreak of the World War I she went to Vichy, France, where she served as a nurse and radiology technician, helping wounded and maimed soldiers, despite being opposed to any form of warfare. In the 1920s her popularity grew, and in 1922 she was made a Commander of the Most Excellent Order of the British Empire, becoming the first woman to be awarded the title of Dame.

Ethel Smyth in London in 1912 during a WSPU meeting

Her personality was turbulent and she refused to submit to the strict dictates of society. She never married and her loves were almost all female. Her intimate relationship with Emmeline Pankhurst is well known, and at the age of 71 she met and fell in love with the writer Virginia Woolf, who commented, "we are very different, our minds are totally different, and that is what unites us." Their intense bond would last until Woolf's death in 1941. In a letter to Henry Brewster, the only man with whom she had a romantic relationship, Ethel wrote, "I wonder why I find it so much easier to passionately love my own sex..." In addition to music and writing, Ethel devoted herself to sports and travel. She practiced horseback riding, tennis and golf and was always accompanied by her faithful dogs for whom she had a true dedication.

In May 1928 the BBC broadcast two of her concerts live nationwide, and on her seventy-fifth birthday her work was celebrated at the Royal Albert Hall in the presence of the Queen, under the direction of her friend Thomas Beecham. Unfortunately, by those years Ethel has become completely deaf and was unable either to appreciate her own music or to hear the admiration of the crowd that had come for her. She died on May 8, 1944, in Woking, England, at the age of 86, and Beecham remembered her in these words, "She was a stubborn, indomitable, invincible creature. Nothing could tame her, nothing could deter her, and until her last day she retained these extraordinary qualities."

Dr. Amy Zigler, a music teacher and researcher at Salem College, has been studying and analyzing Ethel Smyth's works since 2005, and this is what she reports on the musician's daily challenges and personality: "As she was building her career, much of the commentary was not about her music, but about her gender. There were many who believed that women were not capable of producing music that had the same value as that produced by men. She followed her passions both in music and in life. She was ambitious and impudent. She was not afraid to knock on a conductor's door or break the glass of a politician's house - in her mind both were necessary actions."

On March 8, 2022, International Women's Day, a statue placed in Duke's Court Plaza in Woking was dedicated to her. Sculptor Christine Charlesworth describes her work as follows, "The statue depicts Ethel Smyth in her tweed skirt, in the act of enthusiastically conducting an orchestra with her baton. Her jacket is half-open, her arms hold the rhythm and her eyes are full of concentration. In her pocket she keeps a sheet of paper always ready to jot down new ideas for her music or notes for a new book."

The Ethel Smith statue in Woking, UK

Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

«Le preocupaba que su música muriera con ella y se perdiera su patrimonio musical. Quizá sucedió, pero ahora está resurgiendo». Así la música Leah Broad comenta la figura de Ethel Smyth, compositora, escritora y sufragista inglesa ampliamente aclamada por sus obras y sus dotes artísticas.

Nació el 22 de abril de 1858 en Sidcup en el condado de Kent (Inglaterra) y se interesó por el mundo de la música desde una edad muy temprana. Su padre, un general del ejército, se opuso rotundamente a sus aspiraciones, pero años después se vio obligado a ceder frente a la tenacidad de su hija, quien incluso llegó a encerrarse en su habitación rechazando la comida para que se le reconociera la posibilidad de realizarse en lo que amaba. A los 17 años comenzó a estudiar con el músico Alexander Ewing, quien le introdujo las obras de Wagner y Berlioz. Dos años después se trasladó a Leipzig (Alemania) donde ingresó en el Conservatorio que pronto abandonó por el bajo nivel de enseñanza. A pesar de la decepción inicial, Ethel no dejó su sueño y decidió acudir a clases con Heinrich von Herzogenberg, compositor, pianista talentoso y director de Bach-Verein de Leipzig, quien, junto a su esposa, la introdujo en su círculo. El 26 de enero de 1884 debutó como compositora de música de cámara y fue la primera mujer en subir al escenario de la Metropolitan House Opera de Nueva York, pero las opiniones sobre sus dotes artísticas mostraron rápidamente la doble evaluación que recibían las mujeres. En efecto, para los críticos de su época resultaba imposible considerar sus obras teniendo únicamente en cuenta las melodías escuchadas, de modo que Ethel se vio juzgada no como artista, sino como mujer. Cuando actuaba con músicas rápidas, poderosa y rítmicas la acusaban de ser demasiado masculina y de no tener un toque femenino; en cambio, cuando presentaba canciones delicadas y melodiosas la acusaban de no estar a la altura de otros colegas suyos varones.

Una de sus obras más importantes es The Wreckers, la cual fue definida como una composición feminista, porque tuvo como objetivo poner la voz de las mujeres en primer plano: en efecto, la figura principal es una mujer que intenta liberarse de las constriciones que le impone la sociedad. El estilo melódico y el lenguaje armónico y rápido atrae a las espectadoras y a los espectadores, intrigados por saber la trama. En 1910, abrazó el movimiento sufragista y compuso especialmente para la causa la canción The March of Women (La Marcha de las mujeres), que se convirtió en el himno feminista en la lucha de las mujeres por el derecho al voto. En marzo de 1912 respondió a la llamada de Emmeline Pankhurst y junto a un centenar de activistas lanzaron piedras a las ventanas de los parlamentarios contrarios al sufragio femenino. Ethel eligió la casa del secretario Lewis Harcourt, quien se había burlado de las sufragistas y había afirmado que si todas las mujeres hubieran sido tan hermosas y sabias como su esposa, no hubiera tenido problemas en concederles el derecho al voto. Esa misma noche, varias manifestantes, entre ellas Ethel Smyth y Emmeline Pankhurst, fueron apresadas y llevadas a la cárcel de Holloway, donde permanecieron dos meses. Cuando su amigo Thomas Beecham, músico y director de orquesta, las visitó en la cárcel, asistió a la marcha de las sufragistas bajo las notas de su himno, cuya melodía dirigía Ethel desde su celda con un cepillo de dientes.

Debido al empeoramiento de la sordera que la afectó en la edad adulta, aparte de la música, se dedicó también a la escritura y, entre 1919 y 1940, redactó una decena de textos, casi todos autobiográficos. En su libro Female Pipings in Eden describió su experiencia en la prisión destacando la hermosura de estar en compañía de otras mujeres de diferentes edades y orígenes, pero unidas por el mismo amor a la libertad y a la igualdad. Al estallar la primera guerra mundial se fue a Vichy, Francia, donde prestó servicio como enfermera y radióloga para ayudar a los soldados heridos y mutilados, aunque se opusiera a cualquier forma de guerra. En los años Veinte su popularidad creció y en 1922 fue nombrada Comendadora de la Excelentísima Orden del Imperio Británico y fue la primera mujer en recibir el ítulo de Dama.

Ethel Smyth en Londres en 1912 durante una reunión de la WSPU

Su personalidad fue turbulenta y se negó a someterse a las rígidas normas de la sociedad: nunca se casó y sus amores fueron casi todos femeninos. Era bien conocida su íntima relación con Emmeline Pankhurst y a los 71 años conoció a la escritora Virginia Woolf, de la que se enamoró y de quien dijo: «Somos muy diferentes, nuestras mentes son muy distintas y eso es lo que nos une». Su intensa relación duró hasta la muerte de Woolf que tuvo lugar en 1941. En una carta a Henry Brewster, el único hombre con quien tuvo una relación sentimental, Ethel escribió : «Quisiera saber por qué me resulta tan fácil amar a mi propio sexo apasionadamente...». Además de a la música y a la escritura, Ethel se dedicó al deporte y a los viajes. Practicó el deporte ecuestre, el tenis y el golf, siempre acompañada por sus fieles perros, por los que tuvo una verdadera pasión.

En mayo de 1928, la BBC transmitió dos de sus conciertos en toda la nación y cuando cumplió setenta y cinco años su obra se celebró en la Royal Halbert Hall frente a la Reina, bajo la dirección de su amigo Thomas Beecham. Por desgracia, en aquellos años Ethel ya era completamente sorda y no pudo apreciar su propia música ni sentir la admiración de la multitud que había ido a verla. Murió el 8 de mayo de 1944 en Woking (Inglaterra) a los ochenta y seis años. Beecham la recordó con estas palabras: «Era una criatura testaruda, indomable, imbatible. Nada podía domarla, nada podía desmoralizarla y hasta el último día mantuvo dichas extraordinarias cualidades».

Amy Zigler, profesora de música, investigadora en el Salem College, estudia y analiza las obras de Ethel Smyth desde 2005 y sobre los desafíos diarios y la personalidad de la música afirma lo siguiente: «Mientras construía su carrera, la mayoría de los comentarios no eran sobre su música, sino sobre su género. Mucha gente creía que las mujeres no eran capaces de componer música del mismo valor que la producida por los hombres. Persiguió sus pasiones tanto en la música como en su vida. Era ambiciosa e impudente. No tenía miedo de llamar a la puerta de un director de orquesta o de romper las ventanas de la casa de un político: en su mente ambas eran acciones necesarias».

El 8 de marzo de 2022, en el Día Internacional de la Mujer, le dedicaron una estatua en la Duke’s Court Plaza en Woking. La escultora Christine Charlesworth la describió así: «La estatua representa a Ethel Smyth con su falda de tweed en el acto de dirigir con entusiasmo la orquesta con su batuta. La chaqueta está semiabierta, los brazos llevan el compás y los ojos están llenos de concentración. En el bolsillo tiene una hoja de papel siempre lista para apuntar nuevas ideas para su música o tomar apuntes para su nuevo libro».

La estatua de Ethel Smith en Woking, UK

 

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