Liza Lehmann




Giulia Capponi

 

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, meglio conosciuta come Liza Lehmann, soprano e compositrice inglese, nacque l'11 luglio del 1862 a Londra, al n.139 di Westbourne Terrace. Fu la primogenita di altre tre sorelle, Marianna, Amelia e Alma, sempre vestite allo stesso modo per volontà e vezzo della madre, Amelia Chambers di Edimburgo, una compositrice e arrangiatrice che si firmava A.L. Era anche considerata una talentuosa cantante ma lei, come osservò nelle sue memorie Liza, non ebbe mai sufficiente autostima per esibirsi con costanza. Il padre invece non amava particolarmente la musica, era un pittore tedesco, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, figlio di un miniaturista di Amburgo che aveva sposato un'italiana di Padova.

I genitori di Liza vivevano in Italia ma, con l'approssimarsi del parto e augurandosi di aspettare un figlio maschio, tornarono a Londra per garantirgli la cittadinanza e un'educazione britannica. Quando nacque Liza, come ironicamente osservò l'interessata nella sua autobiografia, tornarono invece in Italia e vi restarono per cinque anni. Trascorrevano l'inverno a Roma e l'estate a Sorrento, dove le figlie andavano scalze nell'aranceto di casa e Liza imparò prestissimo l'italiano come seconda lingua. Si può dire che nacque al momento giusto, nel posto giusto e nella famiglia giusta. Uno di quei casi in cui le condizioni favorevoli di partenza si sposano all'ambizione e al talento favorendo il successo. Infatti crebbe in un'atmosfera artistica e vivace, amico di famiglia era Franz Liszt, che suonava sovente per loro anticipando le sue composizioni, e frequentavano la casa molte persone famose e alla moda. Tra gli altri, Giuseppe Verdi, a cui suo padre aveva dipinto un ritratto, così anche Liza ebbe modo di avvicinarlo e conoscerlo, cantando per lui tradizionali canzoni scozzesi. E poi erano habitué il poeta Robert Browning e l’illustratore George du Maurier, tra gli altri.

Liza Lehmann al pianoforte

Liza visse dunque i suoi primi anni tra Germania, Francia e Italia, ma i genitori infine si stabilirono a Londra. Trascorse l'infanzia, come usava allora, istruita in casa da una lunga serie di governanti, pazienti, impazienti o decisamente aggressive all'insaputa dei genitori ,che ricevevano gli ospiti e vivevano le loro giornate lontano dalla nursery. Il padre l'avrebbe voluta pittrice ma la vita andò diversamente. Infatti Liza ricevette le prime lezioni di piano e di canto dalla madre, poiché aveva scoperto che ne aveva ereditato il dono della voce. A partire dall'adolescenza studiò in modo più sistematico canto con Alberto Randegger e Jenny Lind a Londra e composizione con vari maestri, con Niels Raunkilde a Roma, Wilhelm Frendenberg a Wiesbaden e Hannish McCunn a Londra. Debuttò come cantante il 23 novembre 1885, in un recital al Monday Popular Concert di Londra e proseguì in tournée per una decina d'anni in Europa, ricevendo lodi e incoraggiamenti da diversi musicisti, tra cui Clara Schumann e Joseph Joachim. Il 14 luglio 1894 diede l'ultimo concerto al St. Jame's Hall di Londra e, alla fine dell'anno, sposò Herbert Bedford, lasciò l'attività concertistica e si dedicò solo alla composizione musicale. Del marito Liza usava dire che fosse "un artista nato", pittore, musicista, compositore. Con lui trascorse i primi due anni dopo il matrimonio in una casetta in campagna, assaporando il gusto di una vita semplice e tranquilla dopo il periodo vorticoso di viaggi e concerti, ma dovettero tornare a Londra per un problema di salute di Herbert. Ebbero due figli, entrambi versati nella musica, ma Rudolf, il primogenito, morì durante la Grande Guerra, mentre Leslie Herbert fu un inventore che giocò un ruolo importante nello studio dei radar. Fu padre del direttore d'orchestra Steuart Bedford e del compositore David Bedford.

Per tornare all’opera di Liza, si distinguono almeno tre periodi nella sua produzione. Inizialmente la carriera di cantante prevedeva canzoni tradizionali britanniche, melodie francesi e lieder tedeschi. Nel secondo periodo fu in bilico tra repertorio classico e commerciale, scrivendo per musicisti e per l'infanzia. Sue composizioni su poemi di Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson e Lewis Carroll sono ancora reperibili ai nostri giorni. Il terzo e ultimo periodo, che comincia nel 1910 con i viaggi in America, durante i quali si accompagna al pianoforte, da sola o con due o quattro musicisti, termina con la sua morte; le composizioni riflettono la sua ricerca di senso e le canzoni si fanno più brevi. In complesso la sua produzione contempla quattrocento pezzi vocali, di cui trecentocinquanta sono canzoni, per meglio dire: cicli di canzoni, canzoni per l'infanzia, e poi quartetti vocali con accompagnamento, pezzi strumentali e opere per il teatro. In particolare, nel 1901 scrisse il ciclo di canzoni The Daisy Chain, e nel 1904 le fu commissionato un lavoro, Sergent Brue, che ebbe un buon successo a Londra e a Broadway, dove per la prima volta fu rappresentata l'opera di una compositrice, ma per qualche motivo Liza rimase contrariata dal committente e decise di non scrivere più per il teatro. In seguito cambiò idea e nel 1906 si dedicò all'opera comica The Vicar of Wakefield e nel 1916 compose anche Everyman, che fu eseguita dalla Beecham Opera Company. La critica concorda nell'affermare che tutta la sua produzione rivela, in qualche misura, l'influenza di Schumann e i brani più eseguiti risultano essere In a Persian Garden, The Daisy Chain, In Memoriam, basato su un poema di Alfred Tennyson.

Ritratto autografato di Liza Lehmann Liza Lehmann sulle carte delle Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" (1914)

Negli anni 1911-12 fu la prima presidente della Society of Women Musicians e, nel periodo seguente, fu professoressa alla Guildhall School of Music, per cui nel 1913 scrisse un testo scolastico per avviare al canto: Practical Hints for Students of Singing. Nell’ultima fase della sua vita si dedicò all’autobiografia, terminata nel 1918; fu pubblicata postuma con il titolo The life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, London, 1919). Morì a Pinner, nel Middlesex, all'età di cinquantasei anni, il 19 settembre del 1918 e fu sepolta nell'ala est dell'Highgate Cemetery con suo padre e suo marito. Sulla tomba si erge un angelo che regge una lira, a memento del talento musicale di famiglia, una scultura dell'artista Muriel Perrin.

Nonostante la notorietà che ebbe in vita, dopo la morte le sue opere furono quasi dimenticate, ma gli studi di genere degli ultimi decenni stanno portando alla luce i lavori delle donne nei vari ambiti artistici, che giacciono impolverati nelle biblioteche o nelle soffitte e anche i suoi pezzi vengono riascoltati. Grazie a questo revival la musica di Liza risuona ancora in noi e per noi, a oltre cento anni dalla sua scrittura, con realismo e ironia e sorprendentemente dona conforto.

Liza Lehmann in età matura

Traduzione francese

Rachele Stanchina

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, mieux connue sous le nom de Liza Lehmann, chanteuse soprano et compositrice anglaise, est née le 11 juillet 1862 à Londres, au 139 Westbourne Terrace. Fille d’un couple d’artistes, elle avait trois soeurs, Marianna, Amelia et Alma. Leur mère, Amelia Chambers, était compositrice et transcriptrice de nombreuses chansons populaires connue sous le pseudonyme minimaliste A.L. Elle était considérée comme une chanteuse de talent, mais elle n’eut jamais suffisamment confiance en elle pour se produire avec constance d’après les souvenirs de Liza. Son père, Augustus Rudolf Lahmann, était un peintre allemand et fils d’un peintre miniaturiste d’Hamburg et d’une italienne de Padoue. Il n’aimait pas beaucoup la musique.

Les parents de Liza habitaient en Italie, mais à l’approche de la naissance du bébé et dans l’espoir d’avoir un garçon, ils décidèrent de rentrer à Londres afin de lui garantir la citoyenneté anglaise ainsi qu’une éducation britannique. Mais à la naissance de Liza, comme elle-même le fit remarquer de façon assez ironique dans son autobiographie, ils rentrèrent en Italie pour y rester cinq ans. Ils séjournaient l’hiver à Rome et l’été à Sorrento où les filles marchaient pieds nus dans l’orangeraie de la maison. Liza apprit très tôt l’italien et deviendra sa deuxième langue.On peut dire qu’elle est née au bon moment, dans la bonne famille et au bon endroit, un de ces rares cas où les conditions favorables de la naissance se conjuguent à l’ambition et au talent pour en faciliter le succès.En effet, Liza grandit dans un environnement artistique, vivant, animé par de nombreuses rencontres telles que Franz Liszt, compositeur et pianiste, ami de la famille, qui venait chez les Lehmann jouer ses dernières compositions, ou d’autres personnalités célèbres comme le compositeur Giuseppe Verdi qu’elle connût en chantant pour lui des chansons traditionnelles écossaises et dont le père de Liza avait realisé le portrait. La maison familiale était aussi fréquentée entre autre par le poète Robert Browning et l’illustrateur George du Maurier.

Liza Lehmann au piano

La petite Liza vécut donc ses prémières années entre l’Allemagne, la France et l’Italie, mais ses parents finirent par s’établir à Londres. Elle passa son enfance chez elle, comme cela était d’usage à l’époque, éduquée par de nombreuses gouvernantes plus ou moins patientes voire quelquefois aggressives tandis que ses parents recevaient des hôtes et vivaient leur vie à l’écart de la nurserie. Le père aurait voulu faire de Liza une peintre, mais la vie en décida autrement. Elle découvrit bientôt le chant, une passion partagée avec sa mère qui lui donna ses premières leçons. A partir de l’adolescence, elle étudia le chant de façon plus systématique avec Albert Randegger et Jenny Lind à Londres, ainsi que la composition avec plusieurs maîtres de musique tels que Niels Raunkilde à Rome, Wilhelm Frendenberg à Wiesbaden et Annish McCunn à Londres. Le 23 novembre 1885, elle débuta dans un recital au Monday Popular Concert de Londres et partit ensuite en tournée en Europe pendant une dizaine d’années. Plusieurs musiciens, parmi lesquels Clara Schumann et Joseph Joachim l’encouragèrent dans dans cette voie. Le 14 juillet 1894 elle donna son dernier concert au St. Jame’s Hall de Londres, et épousa Herbert Bedforf. A partir de ce moment, elle abandonna les concerts et se dédia exclusivement à la composition musicale. D’après Liza, son mari était un “artiste né”, peintre, musicien, compositeur. Lors de leur deux prémières années de mariage, ils vécurent dans une petite maison de campagne, menant une vie simple et calme après le long tourbillon des voyages et des concerts. Mais bientôt un problème de santé de Herbert les obligea à rentrer à Londres. Le couple eut deux enfants, tous deux doués en musique: le premier, Rudolf trouva la mort durant la Grande Guerre tandis que le deuxième, Leslie, fut inventeur et joua un grand rôle dans les études des radars. Il eut deux fils, Steuart Bedford et David Bedford qui furent respectivement directeur d’orchestre et compositeur.

Pour en revenir à Liza,trois périodes marquent sa production. Au début de sa carrière de chanteuse, elle interpretait des chants traditionnels britanniques, des mélodies françaises et des lieders allemands. Puis, elle se partagea entre un répertoire classique et un autre commercial, en écrivant des chansons enfantines mais aussi pour des musiciens. Encore aujourd’hui, on peut trouver ses compositions sur les poèmes de Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson et Lewis Carrol. Enfin la dernière période, qui débuta en 1910 avec les voyages en Amérique et durant lesquels elle jouait du piano, seule ou accompagnée de deux ou quatre musiciens, prit fin lors de son décès. Ses compositions étaient plus courtes et transmettaient la recherche d’un sens profond.Toute sa production compte quatre cent pièces vocales, dont trois cent cinquante sont des cycles de chansons, des chansons enfantines, des quartets vocaux avec accompagnement, des pièces instrumentales ou encore des œuvres théâtrales. Pour être plus précis, en 1901, elle écrivit le cycle de chansons THE DAISY CHAIN et en 1904 on lui demanda SERGENT BRUE qui obtint un certain succès à Londres ainsi qu’ à Broadway. C’était la prémière fois qu’on mettait en scène l’oeuvre d’un compositeur. Cependant, pour un motif inconnu, Liza se brouilla avec le commanditaire et prit la decision de ne plus écrire pour le théatre. Par la suite, elle changea d’avis et en 1906, elle se dédia à l’ œuvre comique THE VICAR OF WAKEFIEL. En 1916, elle composa EVERYMAN jouée par la Beecham Opera Company. La critique est unanime sur le fait que toute sa production fut influencée, dans une certaine mesure, par l’oeuvre de Schumann. Ses pièces les plus jouées sont IN A PERSIAN GARDEN, THE DAISY CHAIN et IN MEMORIAM, d’après un poème d’ Alfred Tennyson.

Portrait dédicacé de Liza Lehmann Liza Lehmann sur les cartes Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" (1914)

Pendant les années 1911-1912, elle fut la prémière présidente de la Society of Women Musicians et, dans la période suivante, elle devint professeur à la Guildehall School of Music. Pour cette école elle écrivit PRACTICAL HINTS FOR STUDENTS OF SINGIN, un ouvrage pour s’initier au chant. Dans la dernière partie de sa vie, elle se dédia à son autobiographie qu’ elle acheva en 1918. Elle fut éditée après sa mort sous le titre THE LIFE OF LIZA LEHMANN, BY HERSELF (T Fisher Unwin, London 1919). Liza est morte le 19 Septembre 1918 à l’âge de 56 ans dans le Middlesex et fut enterrée avec son père et son mari dans la partie Est du Highgate Cemetery. Sur son tombeau, on peut y admirer une sculpture representant un ange soutenant une lyre de l’artiste Muriel Perrin qui témoigne du talent musical de la famille.

Malgré la célébrité qu’elle connut de son vivant, ses œuvres tombèrent presque dans l’oubli après sa mort. Toutefois, lors de ces dernières décennies, des études du genre mettent en lumière les travaux de femmes dans différents domaines artistiques qui demeuraient oubliés dans les bibliothèques ou dans les greniers. Depuis, ses partitions sont à nouveau écoutées. C’est grâce à ce renouveau que la musique de Liza résonne encore en nous et pour nous, cent ans après sa création, avec réalisme et ironie, en nous donnant un réconfort surprenant.

Liza Lehmann à l'âge mûr

Traduzione inglese

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, better known as Liza Lehmann, English soprano and composer, was born July 11, 1862, at 139 Westbourne Terrace in London. She was the eldest of four sisters, Marianne, Amelia and Alma, who were always dressed the same way at the wish of their mother, Amelia Chambers of Edinburgh, a composer and arranger, who signed herself “A.L.” Their mother was also considered a talented singer but she, as Liza observed in her memoirs, never had sufficient self-esteem to perform consistently. Her father, on the other hand, was not particularly fond of music - he was a German painter, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, the son of a Hamburg miniaturist who had married an Italian woman from Padua.

Liza's parents lived in Italy but, as childbirth approached and they hoped for a son, they returned to London to provide him citizenship and a British education. When Liza was born, as was wryly observed in her autobiography, they instead returned to Italy and remained there for five years. They spent winters in Rome and summers in Sorrento, where the daughters went barefoot in the orange grove at home and Liza learned Italian as a second language very early. It could be said that she was born at the right time, in the right place and to the right family. One of those cases where favorable starting conditions, married to ambition and talent, favor success. She grew up in an artistic and lively atmosphere. A family friend was Franz Liszt, who often played for them anticipating his compositions, and many famous and fashionable people frequented the house. Among others were Giuseppe Verdi, of whom her father had painted a portrait, so Liza got to know and engage with him, serenading him with traditional Scottish songs. Among other regulars were the poet Robert Browning and the illustrator George du Maurier.

Liza Lehmann at the piano

Liza thus lived her early years between Germany, France and Italy, but her parents finally settled in London. She spent her childhood, as was the custom then, being home-schooled by a long line of governesses, patient, impatient, or downright aggressive without the knowledge of her parents ,who received guests and lived out their days away from the nursery. Her father would have wanted her to be a painter, but life turned out differently. Liza received her first piano and singing lessons from her mother, as her mother discovered that Liza had inherited the gift of a singing voice. Starting in her teens she studied singing more systematically with Alberto Randegger and Jenny Lind in London and composition with various masters - Niels Raunkilde in Rome, Wilhelm Frendenberg in Wiesbaden and Hannish McCunn in London. She made her singing debut on November 23, 1885, in a recital at the Monday Popular Concert in London, and went on to tour for a decade in Europe, receiving praise and encouragement from various musicians, including Clara Schumann and Joseph Joachim. On July 14, 1894, she gave a last concert at St. James Hall in London. At the end of that year, she married Herbert Bedford, gave up concert activity and devoted herself only to music composition. Liza used to say of her husband that he was "a born artist," a painter, musician, and composer. She spent the first two years with him after marriage in a cottage in the country, savoring the taste of a simple, quiet life after the whirlwind period of travel and concerts, but they had to return to London because of Herbert's health. They had two sons, both of whom were versed in music, but Rudolf, the eldest son, died during World War I, while Leslie Herbert was an inventor who played an important role in the development of radar. He was the father of conductor Stuart Bedford and composer David Bedford.

To return to Liza's work, at least three periods can be distinguished in her output. Initially her singing career involved traditional British songs, French melodies, and German lieder. In the second period she worked in both a classical and popular repertoire, writing for musicians and for children. Her compositions on poems by Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson, and Lewis Carroll can still be found to this day. The third and final period, beginning in 1910 with trips to America, during which she accompanied herself on the piano, alone or with two or four musicians, ended with her death. These later compositions reflect her search for meaning and the songs become shorter. Overall, her output totaled some four hundred vocal pieces, three hundred and fifty of which are songs, more precisely, song cycles, and children's songs. She also wrote vocal quartets with accompaniment, instrumental pieces and works for the theater. In particular, in 1901 she wrote the song cycle The Daisy Chain, and in 1904 she was commissioned to write a work, Sergeant Brue, which was a good success in London and on Broadway, where for the first time the composer's work was performed, but for some reason Liza remained displeased with the experience and decided not to write for the theater anymore. She later changed her mind and in 1906 devoted herself to the comic opera The Vicar of Wakefield, and in 1916 she also composed Everyman, which was performed by the Beecham Opera Company. Critics agree that all her work reflects Schumann's influence to some extent, and the most performed pieces turned out to be In a Persian Garden, The Daisy Chain, and In Memoriam, based on a poem by Alfred Tennyson.

Autographed portrait of Liza Lehmann Liza Lehmann on Wills's Cigarettes "Musical Celebrities Second Series" cards (1914)

In the years 1911-12 she was the first president of the Society of Women Musicians, and in the following period she was a professor at the Guildhall School of Music, for which, in 1913, she wrote a educational text for students of song, Practical Hints for Students of Singing. In the last phase of her life she devoted herself to an autobiography, completed in 1918. It was published posthumously under the title The Life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, London, 1919). She died in Pinner, Middlesex, at the age of fifty-six on September 19, 1918, and was buried in the east wing of Highgate Cemetery with her father and husband. On the grave stands an angel holding a lyre, a memento of the family's musical talent, a sculpture by artist Muriel Perrin.

Despite the fame she achieved in her lifetime, after her death her works were almost forgotten. But gender studies in recent decades are bringing to light the works of women in various artistic fields, which previously lay dusty in libraries or attics, and her pieces are being heard again. Thanks to this revival, Liza's music still resonates in us and for us, more than a hundred years after she wrote it with realism and irony, and surprisingly gives comfort.

Liza Lehmann in mature age

Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, mejor conocida como Liza Lehmann, soprano y compositora inglesa, nació el 11 de junio de 1862 en Londres, en el número 139 de Westbourne Terrace. Fue la primogénita de tres hermanas Marianna, Amelia y Alma, quienes siempre vestían de la misma manera por voluntad y capricho de su madre, Amelia Chambers de Edimburgo, una compositora y arreglista que firmaba con sus iniciales A.L. Ésta última era considerada una cantante talentosa, pero ella, como observó Liza en sus memorias, nunca tuvo suficiente autoestima para exhibirse con constancia. Su padre, Wilhelm Augustus Rudolf Lehmann, hijo de un miniaturista de Hamburgo que se había casado con una italiana de Padua, era pintor y no amaba particularmente la música.

Los padres de Liza vivían en Italia, pero, como esperaban un hijo y se acercaba el día del nacimiento, regresaron a Londres para otorgarle la ciudadanía y una educación británica. Cuando nació Liza, como observó irónicamente ella misma en su autobiografía, volvieron a Italia y permanecieron allí durante cinco años. Pasaban el invierno en Roma y el verano en Sorrento, donde ella y sus hermanas iban descalzas en el huerto de naranjos de la casa, de modo que Liza aprendió el italiano como segundo idioma a una edad temprana. Se puede decir que Liza nació en el momento adecuado, en el lugar adecuado y en el seno de la familia adecuada. Uno de esos casos en los que las condiciones favorables de partida se combinan con la ambición y el talento, lo que favorece el éxito de la persona. De hecho, Liza se crió en un entorno artístico y culturalmente vibrante. Franz Liszt, un amigo muy cercano de su familia, a menudo tocaba para ellos y anticipaba lo que serían sus composiciones. Su casa era un punto de encuentro para muchas personalidades ilustres y de moda, como Giuseppe Verdi, a quien su padre había retratado. En semejantes ocasiones, Liza tuvo la oportunidad de conocer al músico y cantarle algunas canciones tradicionales escocesas. Entre otras personalidades habituales se encontraban el poeta Robert Browning y el ilustrador George du Maurier.

Liza Lehmann al piano

Liza vivió sus primeros años entre Alemania, Francia e Italia, pero finalmente sus padres se establecieron en Londres. Pasó su infancia educada en casa, como era costumbre en aquel entonces, por una larga serie de gobernantas. Algunas de estas institutrices tenían buen carácter, mientras que otras eran impacientes o incluso agresivas, sin que sus padres lo supieran. Estos últimos estaban ocupados atendiendo a los invitados y raramente pasaban tiempo en el cuarto de las niñas. Su padre habría deseado que fuera pintora, pero la vida tomó otro rumbo. Por consiguiente, Liza recibió sus primeras clases de piano y canto de su madre, quien descubrió que había heredado el don de la voz. En la adolescencia estudió canto de forma más sistemática con Alberto Randegger y Jenny Lind, en Londres, y composición con varios maestros: con Niels Raunkilde en Roma, Wilhelm Frendenberg en Wiesbaden y Hannish McCunn en Londres. Debutó como cantante el 23 de noviembre de 1885, en un recital en uno de los conciertos populares de los lunes (Monday Popular Concert) de Londres, y realizó giras por Europa durante unos diez años, en las que recibió los elogios de varios músicos y músicas, entre ellos Clara Schumann y Joseph Joachim, que la animaban a seguir. El 14 de julio de 1894 dio su último concierto en el St. James's Hall de Londres y, a finales de año, se casó con Herbert Bedford, dejó la actividad de concertista y se dedicó exclusivamente a la composición musical. Liza solía decir de su marido que era un artista nato, un pintor, un músico, un compositor. Con él pasó los dos primeros años tras la boda en una casa de campo, para disfrutar de una vida sencilla y tranquila después del torbellino de viajes y conciertos. Sin embargo, tuvieron que regresar a Londres debido a un problema de salud de Herbert. Tuvieron dos hijos, ambos con talento para la música, pero Rudolf, el primogénito, murió durante la Gran Guerra, mientras que Leslie Herbert fue un inventor que jugó un papel importante en el estudio de los radares. Fue padre del director de orquesta Steuart Bedford y del compositor David Bedford.

Por lo que respecta a la obra de Liza, se pueden distinguir al menos tres periodos en su producción. Al principio, su carrera como cantante incluyó canciones tradicionales británicas, melodías francesas y lieder alemanes. En el segundo periodo, alternó entre el repertorio clásico y el comercial, escribiendo para músicos y para la infancia. Sus composiciones sobre poemas de Shelley, Christina Rossetti, Robert Louis Stevenson y Lewis Carroll aún pueden encontrarse hoy en día. El tercer y último periodo, que comenzó en 1910 con conciertos en Estados Unios, durante los cuales se acompañaba a sí misma al piano, sola o con dos o cuatro músicos, terminó con su muerte. Ese periodo se caracteriza por unas composiciones que reflejan su búsqueda de sentido y las canciones se hicieron más breves. En general, su producción se compone de cuatrocientas piezas vocales, trescientas cincuenta de las cuales son canciones, o mejor dicho: ciclos de canciones, canciones para la infancia, y luego cuartetos vocales con acompañamiento, piezas instrumentales y obras para el teatro. En 1901 compuso el ciclo de canciones The Daisy Chain y en 1904 le encargaron una obra titulada Sergent Brue, que obtuvo una buena acogida en Londres y en Broadway, donde por primera vez se representó la obra de un compositora. Sin embargo, por alguna razón Liza se sintió molesta durante el encargo y decidió no volver a escribir para el teatro. En 1906 cambió de opinión y se dedicó a la ópera cómica The Vicar of Wakefield; en 1916 compuso Everyman, estrenada por la Beecham Opera Company. Los críticos coinciden en que toda su obra revela, en cierta medida, la influencia de Schumann. Las piezas más interpretadas son: In a Persian garden, The Daisy Chain, In Memoriam, ésta última basada en un poema de Alfred Tennyson.

Retrato autografiado de Liza Lehmann Liza Lehmann sobre las tarjetas de la "Segunda serie de celebridades musicales" de Wills's Cigarrillos (1914)

En los años 1911-1912 la compositora fue la primera presidenta de la Sociedad de Mujeres Músicas y, sucesivamente, fue profesora en la Guildhall School of Music. En 1913, en calidad de profesora de canto, escribió un texto escolar de iniciación al canto: Practical Hints for Students of Singing. En la última etapa de su vida se dedicó a su autobiografía que terminó en 1918; se publicó póstumamente con el título The life of Liza Lehmann, by Herself (T Fisher Unwin, Londres, 1919). El 19 de septiembre de 1918, la música falleció en Pinner, Middlesex, a los cincuenta y seis años, y recibió sepultura en el ala este del cementerio de Highgate (Londres) junto a su padre y a su marido. Sobre la tumba hay un ángel que sostiene una lira, una obra del escultor Muriel Perrin, que recuerda el talento musical de la familia.

A pesar de la notoriedad de que gozó en vida, tras su muerte sus obras cayeron prácticamente en el olvido. Sin embargo, los estudios de género de las últimas décadas están sacando a la luz las obras de mujeres en diversos campos artísticos, ya que yacían empolvadas en las bibliotecas o en los desvanes. De igual forma, sus piezas también se escuchan hoy en día. Gracias a este redescubrimiento, la música de Liza sigue resonando entre nosotros cien años más tarde con un realismo y una ironía que sorprendentemente nos reconforta.

Liza Lehmann en edad madura

 

Rebecca Clarke




Giulia Capponi

 

La compositrice anglo-americana Rebecca Clarke, rinomata a livello internazionale come virtuosa della viola, è stata anche una delle prime suonatrici orchestrali professioniste ed è considerata la compositrice britannica più illustre della generazione tra le due guerre, classificata da Gramophone Classical Music Awards come «una delle migliori del suo tempo».

Nata il 27 agosto 1886 nel borgo londinese di Harrow, nel Regno Unito, da Joseph Thacher Clarke, un americano, e da Agnes Paulina Helferich, tedesca, la sua è stata un’infanzia angustiata da un padre violento. Iniziò a suonare il violino a otto anni, dopo aver assistito alle lezioni che venivano impartite al fratello, Hans Thacher, di quindici mesi più piccolo di lei. Suo padre aveva un rigoroso senso della morale vittoriana ed era molto severo con la figlia, ma, avendo notato una sua precoce propensione per la musica ed essendo lui stesso interessato a questa disciplina, le consentì di entrare alla Royal Academy of Music nel 1903 per studiare violino. Nel 1905 Rebecca abbandonò l’Accademia dopo aver rifiutato una proposta di matrimonio fattale dal suo insegnante di armonia, Percy Hilder Miles, che in seguito le lasciò nel testamento il proprio prezioso violino Stradivari. Dopo un breve periodo a casa, si iscrisse al Royal College of Music e fu una delle prime ragazze studenti di composizione di sir Charles Villiers Stanford. Su sua sollecitazione, spostò l'attenzione dal violino alla viola, studiando con Lionel Tertis, considerato da alcuni critici il più grande violista dell'epoca. Dovette lasciare il College nel 1910, quando il padre le tagliò i fondi, e si mantenne suonando la viola. È stata una delle prime musiciste orchestrali professioniste dal momento in cui fu selezionata da sir Henry Wood per la Queen's Hall Orchestra nel 1912.

Rebecca Clarke con la viola Rebecca Clarke nel 1911

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Clarke era negli Stati Uniti, dove si era trasferita per continuare la sua carriera artistica, e rimase bloccata non avendo ottenuto il visto per tornare in Gran Bretagna. Spesso ha composto sotto pseudonimi maschili, poiché l'idea che una donna potesse scrivere opere così complesse era socialmente inconcepibile. Un breve duetto per viola e pianoforte, intitolato Morpheus, noto con lo pseudonimo di Anthony Trent, fu presentato in anteprima al suo recital congiunto del 1918 con la violoncellista May Mukle. L'anno successivo si classificò seconda in un concorso di composizione al Berkshire Festival con una Sonata per viola, questa volta firmata da lei stessa. Il brano, sui settantadue presentati, si guadagnò grande considerazione, ottenendo successo di pubblico e il riconoscimento ufficiale di compositrice, ma la pubblicazione a stampa avverrà solo nel 1921 negli Stati Uniti, certamente più aperti alla musica al femminile dell'Inghilterra. La sua Sonata si compone di tre movimenti: impetuoso, vivace, adagio; il finale si libera in forma brillante, concludendosi con la stessa forza che caratterizza l'inizio, con il pianoforte che incalza l'ossessiva tessitura della viola. Nel 1924 Rebecca intraprese la carriera di solista e di appartenente a un ensemble a Londra, dopo aver completato per la prima volta un tour mondiale nel biennio 1922-23. Si è pure esibita in diverse registrazioni negli anni Venti e Trenta e ha partecipato a trasmissioni musicali della Bbc. La sua produzione successiva fu sporadica, in quanto cominciò a soffrire di una forma cronica di depressione, dovuta anche allo sconforto per lo scarso apprezzamento che riceveva per il suo lavoro.

Rebecca Clarke mentre suona la viola

Casualmente in una strada di Manhattan incontrò James Friskin, un compositore e pianista da concerto che era stato suo compagno al Royal College of Music, e i due si sposarono nel 1944, quando entrambi avevano circa cinquant’anni. Dopo il matrimonio, Rebecca smise di esibirsi e di comporre, nonostante l'incoraggiamento del marito, anche se ha continuato a lavorare sugli arrangiamenti fino a poco prima della morte. Vendette lo Stradivari che le era stato lasciato in eredità e istituì il premio May Mukle per violoncellisti alla Royal Academy, premio che viene ancora oggi assegnato ogni anno. Dopo la morte del marito nel 1967, Clarke iniziò a scrivere un libro di memorie, completato nel 1973, ma mai pubblicato. Vi descrive i suoi primi anni di vita, segnati dalle frequenti percosse da parte del padre e da relazioni familiari tese che hanno influenzato negativamente la sua esistenza. Morì nella propria casa di New York all'età di 93 anni, il 13 ottobre 1979. Le sue opere ricordano quelle di altri compositori inglesi dell'inizio del XX secolo, conformi allo stile in voga. Clarke conosceva molti importanti musicisti dell'epoca, tra cui Bloch e Ravel, ai quali il suo lavoro è stato paragonato, anche Debussy è spesso citato tra i suoi ispiratori. C'è una chiarezza di trama, densa e ritmicamente complessa, in gran parte della sua musica, così come un'inclinazione impressionista e una natura emotivamente intensa. Tra il 1939 e il 1942, l'ultimo periodo prolifico verso la fine della carriera compositiva, il suo stile divenne più chiaro e contrappuntistico, con tratti distintivi del neoclassicismo.

Gran parte della sua produzione è stata scritta per gli ensemble da camera di sole donne in cui ha suonato, tra cui il Norah Clench Quartet, l’English Ensemble e Le d'Aranyi Sisters. Le sue composizioni in totale comprendono cinquantadue brani per voce solista accompagnati da pianoforte e/o violino, undici opere corali, ventuno brani da camera. La Sonata per viola (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia per violoncello e pianoforte (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) per violino, viola e pianoforte recentemente pubblicata, Passacaglia su una antica melodia inglese per viola (o violoncello) e pianoforte (1940-41), Preludio, Allegro e Pastorale (1941), brano influenzato dal neoclassicismo, scritto per clarinetto e viola, sono le sue opere più note. Oltre alla musica da camera per archi, Clarke ha scritto molte canzoni, di natura più leggera. The Seal Man per voce solista e pianoforte (1922), con parole di John Masefield, e Tiger, Tiger per voce e pianoforte (1929-33), con parole di William Blake, sono le più conosciute ed eseguite. Il suo lavoro è stato dimenticato per un lungo periodo di tempo, ma ha riconquistato interesse nel 1976 in seguito a una trasmissione radiofonica che celebrava il suo novantesimo compleanno. Oltre la metà della sua produzione rimane inedita e in possesso personale degli eredi, e molti pezzi sono stati pubblicati solo di recente.

Rebecca Clarke nel 1918

La Rebecca Clarke Society è stata fondata nel 2000 per promuovere lo studio e l'esecuzione della sua musica dalle musicologhe Liane Curtis e Jessie Ann Owens, e ha sede presso il Women's Studies Research Center alla Brandeis University. La Società ha reso disponibili composizioni inedite della musicista, pubblicando oltre venticinque opere precedentemente sconosciute e anche A Rebecca Clarke Reader. L'accoglienza moderna del lavoro di Clarke è stata generalmente positiva. La sua Sonata per viola in una recensione del 1981 è stata definita un «pezzo premuroso e ben costruito»; una recensione del 1985 ne notava «l'intensità emotiva e l'uso di colori dai toni scuri». Andrew Achenbach ha definito Morpheus «sorprendente» e «languido». Laurence Vittes ha notato che la sua Ninna nanna è «estremamente dolce e tenera». Nel 2017 Bbc Radio 3 ha dedicato cinque ore alla sua musica come compositrice della settimana.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

La compositrice anglo-américaine Rebecca Clarke, renommée internationalement en tant que virtuose de l’alto, elle a aussi été l’une des premières altistes d’orchestre professionnelles et elle est considérée comme la compositrice britannique la plus illustre de la génération de l’entre-deux-guerres, classée par les Gramophone Classical Music Awards comme «l’une des meilleures de son temps».

Née le 27 août 1886 dans le quartier londonien de Harrow, au Royaume-Uni, de Joseph Thatcher Clarke, un américain, et de Agnes Paulina Helferich, allemande, son enfance a été perturbée par un père violent. Elle a commencé à jouer le violon à huit ans, après avoir participé aux cours donnés à son frère, Hans Thacher, quinze ans plus jeune qu’elle. Son père avait un sens rigoureux de la morale victorienne et il était très sévère avec sa fille, mais, en voyant sa propension précoce à la musique et étant lui-même intéressé à cette discipline, il lui a permis d’entrer à la Royal Academy of Music en 1903 pour étudier le violon. En 1905 Rebecca a quitté l’Académie après avoir refusé une proposition de mariage par son enseignant d'harmonie, Percy Hilder Miles, qui lui a ensuite légué son précieux violon Stradivarius. Après une courte période à la maison, elle s’est inscrite au Royal College of Music et elle a été l’une des premières étudiantes filles de composition de sir Charles Villiers Stanford. Sur sa sollicitation, elle a changé du violon à la viole, en étudiant avec Lionel Tertis, considéré par certains critiques comme le plus grand altiste de l’époque. Elle a dû quitter le Collège en 1910, lorsque son père lui a coupé les vivres, et elle s'est maintenue en jouant de l'alto. Elle a été l’une des premières musiciennes de l’orchestre professionnelles du moment elle a été sélectionnée par Sir Henry Wood pour la Queen’s Hall Orchestra en 1912.

Rebecca Clarke avec l'alto Rebecca Clarke en 1911

Au début de la Seconde Guerre mondiale, Clarke se trouvait aux Etats-Unis, où elle a déménagé pour poursuivre sa carrière artistique, et elle est restée bloquée faute d’avoir pu obtenir le visa pour rentrer en Grande-Bretagne. Elle a composé souvent sous des pseudonymes masculins, puisque l’idée qu’une femme puisse écrire des oeuvres si complexes était socialement inconcevable. Un court duo pour alto et piano, intitulé Morpheus, connu sous le pseudonyme d' Anthony Trent, a été présenté en avant-première dans son récital conjoint du 1918 avec la violoncelliste May Mukle. L’année suivante elle s’est classée deuxième au concours de composition au Berkshire Festival avec une Sonata per viola, cette fois signée par elle-même. La pièce, parmi les soixante-douze proposées, lui vaut l’estime du public et la reconnaissance officielle en tant que compositrice, mais la publication imprimée aura lieu seulement en 1921 aux Etats-Unis, sûrement plus ouverts à la musique au feminin que l’Angleterre. Sa Sonata se compose de trois mouvements: impetuoso, vivace, adagio; le final se libère dans une forme brillante, concluant avec la même force que le début, le piano pressant la texture obsessionnelle de l’alto. En 1924 Rebecca entame une carrière de soliste et de membre d’un ensemble à Londre, après avoir terminé pour la première fois une tournée mondiale en 1922-23. Elle a également participé à plusieurs enregistrements dans les années vingt et trente, ainsi qu’à des émissions musicales de la Bbc. Sa production suivante a été sporadique, car elle a commencé à souffrir d’une forme chronique de dépression, également due au découragement face au manque d'appréciation pour son travail.

Rebecca Clarke joue de l'alto

Par hasard dans une rue de Manhattan elle a rencontré James Friskin, un compositeur et pianiste de concert qui avait été son camarade au Royal College of Music, et les deux se sont mariés en 1944, quand ils avaient tous deux environ cinquante ans. Après leur mariage, Rebecca a arrêté de se produire et de composer, malgré les encouragements de son mari, bien qu’elle ait continué à travailler sur des arrangements jusqu’au peu de temps avant sa mort. Elle a vendu le Stradivarius qui lui a été légué et elle institue le prix May Mukle pour violoncellistes au Royal Academy, prix qui est toujours décerné chaque année. Après la mort de son mari en 1967, Clarke commence à écrire un livre de mémoires, achevé en 1973, mais jamais publié. Elle en y décrit ses premières années de vie, marquées par les coups fréquents de son père et par des relations familiales difficiles qui ont négativement affecté son existence. Elle meurt dans son domicile de New York à l'âge de 93 ans, le 13 octobre 1979. Ses œuvres rappellent celles d’autres compositeurs anglais du début du XXe siècle, qui se conforment au style en vogue. Clarke connaissait de nombreux musiciens importants de l’époque, notamment Bloch et Ravel, auxquels son travail a été comparé, Debussy aussi a été souvent cité parmi ses inspirateurs. Une grande partie de sa musique présente une texture claire, dense et complexe sur le plan rythmique, ainsi qu'une tendance impressionniste et une nature émotionnellement intense. Entre 1939 et 1942, la dernière période prolifique vers la fin de sa carrière compositive, son style est devenu plus clair et contrapuntique, avec des traits distinctifs du néoclassicisme.

Une grande partie de sa production a été écrite pour les ensembles de chambre exclusivement féminins dans lesquels elle a joué, notamment le Norah Clench Quarter, l’English Ensemble et Le d’Aranyi Sisters. Au total, ses compositions comprennent cinquante-deux pièces pour voix soliste accompagnées de piano et/ou violon, onze œuvres chorales, vingt-et-une pièces de chambre. La Sonata per viola (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia per violoncello e pianoforte (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) pour violon, alto et piano récemment publié, Passacaglia sur une ancienne mélodie anglaise pour alto (ou violoncelle) et piano (1949-41), Preludio, Allegro e Pastorale (1941), pièce influencée par le néoclassicisme, écrit pour clarinette et alto, sont ses oeuvres les plus connues. Ainsi que de la musique de chambres pour cordes, Clarke a écrit de nombreuses chansons, plus légères. The Seal Man pour voix soliste et piano (1922), avec les paroles écrites par John Masefield, et Tiger, Tiger pour voix et piano (1929-33), avec les paroles écrites de William Blake, sont les plus connues et les plus jouées. Son travail a été oublié pendant une longue période, mais il a connu un regain d'intérêt en 1976 à la suite d’une transmission radiophonique célébrant son 90ème anniversaire. Plus de la moitié de sa production reste inédite et en possession personnelle de ses héritiers, et de nombreuses pièces n’ont été publiées que récemment.

Rebecca Clarke en 1918

La Rebecca Clarke Society a été fondée en 2000 afin de promouvoir l'étude et l'exécution de sa musique par les musicologues Liane Curtis et Jessi Ann Owens, et elle est basée au Women’s Studies Research Center de l’université de Brandeis. La Société a mis à disposition des compositions inédites de la musicienne, en publiant plus de vingt-cinq œuvres précédemment inconnues et ainsi que A Rebecca Clarke Reader. L’accueil moderne du travail de Clarke a été généralement positif. Sa Sonata per viola, dans une critique de 1981, a été décrite comme une «pièce attentive et bien construite», une critique de 1985 a noté son «intensité émotionnelle et son usage des couleurs sombres». Andrew Achenbach a qualifié Morpheus de «frappant» et de «langoureux». Laurence Vittes a noté que sa Ninna Nanna est «extrêmement douce et tendre». En 2017 Bbc Radio 3 a dédié cinq heures à sa musique en tant que compositrice de la semaine.


Traduzione inglese

Anglo-American composer Rebecca Clarke, internationally renowned as a viola virtuoso, was also one of the first female professional orchestral musicians and is considered the most distinguished British composer of the interwar generation, ranked by Gramophone Classical Music Awards as "one of the best of her time."

Born August 27, 1886, in the London suburb of Harrow, UK, to Joseph Thacher Clarke, an American, and Agnes Paulina Helferich, a German, hers was a childhood distressed by an abusive father. She began playing the violin at the age of eight, after attending lessons given to her brother, Hans Thacher, fifteen months younger than her. Her father had a strong sense of Victorian morality and was very strict with his daughter, but, having noticed her early inclination for music and being himself interested in the discipline, he allowed her to enter the Royal Academy of Music in 1903 to study violin. In 1905 Rebecca dropped out of the Academy after rejecting a marriage proposal made to her by her harmony teacher, Percy Hilder Miles, who later left her his own prized Stradivarius violin in his will. After a brief period at home, she enrolled at the Royal College of Music and was one of Sir Charles Villiers Stanford's first female composition students. At his urging, she shifted her focus from the violin to the viola, studying with Lionel Tertis, considered by some critics to be the greatest violist of the time. She had to leave college in 1910, when her father cut off her funds, and supported herself by playing the viola. She was one of the first female professional orchestral musicians, starting from the time of her selection by Sir Henry Wood for the Queen's Hall Orchestra in 1912.

Rebecca Clarke with the viola Rebecca Clarke in 1911

At the outbreak of World War II, Clarke was in the United States, where she had moved to continue her artistic career, and was stranded having failed to obtain a visa to return to Britain. She often composed under male pseudonyms, as the idea that a woman could write such complex works was popularly inconceivable. A short duet for viola and piano, entitled Morpheus, made public under the pseudonym Anthony Trent, was premiered at her 1918 joint recital with cellist May Mukle. The following year she placed second in a composition competition at the Berkshire Festival with a Sonata for viola, this time signed by herself. The piece, out of the seventy-two submitted, earned high regard, gaining her public acclaim and official recognition as a composer, but printed publication would not occur until 1921 in the United States, certainly more open to women's music than England. Her Sonata consists of three movements: impetuoso, vivace, and adagio. The finale breaks free in brilliant form, concluding with the same force as the beginning, with the piano following the viola's haunting texture. In 1924 Rebecca embarked on a career as a soloist and ensemble member in London, having first completed a world tour in 1922-23. She also performed on several recordings in the 1920s and 1930s and participated in BBC music broadcasts. Her subsequent output was sporadic, as she began to suffer from a form of chronic depression, due in part to her discouragement over the little appreciation she received for her work.

Rebecca Clarke playing the viola

By chance, she met James Friskin on a Manhattan street, a composer and concert pianist who had been her partner at the Royal College of Music, and the two were married in 1944, when they were both in their early fifties. After the marriage, Rebecca stopped performing and composing, despite her husband's encouragement, although she continued to work on arrangements until shortly before her death. She sold the Stradivarius bequeathed to her and established the May Mukle prize for cellists at the Royal Academy, a prize that is still awarded annually. After her husband's death in 1967, Clarke began writing a memoir, completed in 1973 but never published. In it she describes her early years, marked by frequent beatings by her father and strained family relationships that negatively affected her life. She died at her home in New York City at the age of 93 on October 13, 1979. Her works resemble those of other English composers of the early 20th century, conforming to the style in vogue. Clarke knew many important musicians of the time, including Bloch and Ravel, to whom her work has been compared. Debussy is also often cited as another of her inspirations. There is a clarity of texture, dense and rhythmically complex, in much of her music, as well as an impressionistic bent and an emotionally intense nature. Between 1939 and 1942, the last prolific period toward the end of her compositional career, her style became clearer and more contrapuntal, with distinctive traits of neoclassicism.

Much of her output was written for the all-female chamber ensembles in which she played, including the Norah Clench Quartet, the English Ensemble, and Le d'Aranyi Sisters. Her compositions in total include fifty-two pieces for solo voice accompanied by piano and/or violin, eleven choral works, and twenty-one chamber pieces. The Sonata for Viola (1919), Morpheus (1917-18), Rhapsody for Cello and Piano (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) for violin, viola and piano (recently published), Passacaglia on an Old English Melody for Viola (or Cello) and Piano (1940-41), and Prelude, Allegro and Pastoral (1941), a neoclassical influenced piece written for clarinet and viola, are her best-known works. In addition to chamber music for strings, Clarke wrote many songs of a lighter nature. The Seal Man for solo voice and piano (1922), with words by John Masefield, and Tiger, Tiger for voice and piano (1929-33), with words by William Blake, are the best known and most performed. Her work was forgotten for a long time, but recaptured interest in 1976 following a radio broadcast celebrating her 90th birthday. More than half of her output remains unpublished and in the personal possession of her heirs, and many pieces have only recently been published.

Rebecca Clarke in 1918

The Rebecca Clarke Society was founded in 2000 to promote the study and performance of her music by musicologists Liane Curtis and Jessie Ann Owens, and is based at the Women's Studies Research Center at Brandeis University. The Society has made available previously unpublished compositions by the musician, publishing over twenty-five previously unknown works as well as A Rebecca Clarke Reader. The modern reception of Clarke's work has been generally positive. Her Viola Sonata in a 1981 review was called a "thoughtful and well-constructed piece." A 1985 review noted its "emotional intensity and use of dark-toned colors." Andrew Achenbach called Morpheus "striking" and "languid." Laurence Vittes noted that her Lullaby is "extremely sweet and tender." In 2017 BBC Radio 3 devoted five hours to her music as composer of the week.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

La compositora angloamericana Rebecca Clarke, reconocida mundialmente por su virtuosismo con la viola, también fue una de las primeras mujeres en integrarse profesionalmente a una orquesta. Es considerada la compositora británica más prominente de la generación de entreguerras y fue elogiada por los Gramophone Classical Music Awards como «una de las mejores de su época».

Nació el 27 de agosto de 1886 en el barrio londinense de Harrow (Reino Unido), hija de Joseph Thacher Clarke, estadounidense, y Agnes Paulina Helferich, alemana, y tuvo una infancia difícil debido a los malos tratos por parte de su padre. Comenzó a tocar el violín a los ocho años, tras asistir a las clases que le estaban dando a su hermano, Hans Thacher, quien tenía quince meses menos que ella. Su padre tenía un marcado sentido de la moral victoriana y era muy estricto con su hija, sin embargo al haber notado su temprana inclinación por la música y al estar él mismo interesado en la disciplina, le permitió que ingresara en la Real Academia de Música en 1903 para estudiar violín. En 1905, Rebecca abandonó la Academia tras rechazar una propuesta de matrimonio que le hizo su profesor de armonía, Percy Hilder Miles, quien más tarde le dejó en herencia su propio y preciado violín Stradivarius. Tras un breve periodo en casa, se matriculó en el Royal College of Music y fue una de las primeras alumnas de composición de Sir Charles Villiers Stanford. A instancias de éste, cambió el violín por la viola y estudió con Lionel Tertis, considerado por algunos críticos el mejor violista de la época. Cuando su padre le cortó los fondos, tuvo que dejar el College en 1910, y se mantuvo tocando la viola. Fue una de las primeras músicas de orquesta profesionales, ya que Sir Henry Wood la seleccionó para la Queen's Hall Orchestra en 1912.

Rebecca Clarke con la viola Rebecca Clarke en 1911

Al estallar la Segunda Guerra Mundial, Clarke se encontraba en Estados Unidos, adonde se había trasladado para continuar su carrera artística, y se vio en la imposibilidad de obtener un visado para regresar a Gran Bretaña. A menudo componía bajo seudónimos masculinos, ya que la idea de que una mujer pudiera escribir obras tan complejas era socialmente inconcebible. Un breve dúo para viola y piano titulado Morpheus, conocido bajo el seudónimo de Anthony Trent, se estrenó en su recital conjunto de 1918 con la violonchelista May Mukle. Al año siguiente logró el segundo puesto en un concurso de composición del Festival de Berkshire con una Sonata para viola y piano, esta vez bajo su propio nombre. La pieza, seleccionada entre las setenta y dos obras presentadas, le valió gran estima, la aclamación del público y el reconocimiento oficial como compositora, pero no se publicó hasta 1921 y en Estados Unidos, donde había una mayor apertura hacia la música compuesta por mujeres respecto a Inglaterra. Su Sonata se compone de tres movimientos: impetuoso, vivace, adagio; el final se desarrolla de forma brillante, concluyendo con la misma fuerza que caracteriza el inicio, con el piano que sostiene la obsesiva textura de la viola. En 1924, Rebecca inició una carrera como solista y componente de un conjunto en Londres, tras haber realizado por primera vez una gira mundial en 1922-23. También participó a varias grabaciones en las décadas de los años veinte y treinta y a programas musicales de la BBC. Su producción posterior fue esporádica, ya que empezó a sufrir una forma crónica de depresión, debida en parte al desánimo por la falta de reconocimiento que recibía por su trabajo.

Rebecca Clarke tocando la viola

Por casualidad, en una calle de Manhattan, conoció a James Friskin, un compositor y concertista de piano que había sido su compañero en el Royal College of Music, y se casaron en 1944, cuando rondaban los 50 años. Tras la boda, Rebecca dejó de tocar y componer, a pesar de los ánimos de su marido, aunque siguió trabajando en arreglos musicales hasta poco antes de morir. Vendió el Stradivarius que le habían dejado en herencia e instituyó el premio May Mukle para violonchelistas en la Royal Academy, premio que se sigue concediendo anualmente. Después del fallecimiento de su marido en 1967, Clarke empezó a escribir sus memorias, que terminó en 1973, pero nunca las publicó. En ellas describe sus primeros años, marcados por las frecuentes palizas de su padre y unas tensas relaciones familiares que afectaron negativamente su existencia. Murió en su casa de Nueva York, a la edad de 93 años, el 13 de octubre de 1979. Sus obras recuerdan las de otros compositores ingleses de principios del siglo XX, ajustadas al estilo en boga. Clarke conocía a muchos músicos importantes de su época, como Bloch y Ravel, con quienes se ha comparado su obra; también se cita a menudo a Debussy entre sus inspiradores. Hay una claridad de textura, densa y rítmicamente compleja, en gran parte de su música, así como una inclinación impresionista y una naturaleza emocionalmente intensa. Entre 1939 y 1942, el último periodo prolífico hacia el final de su carrera como compositora, su estilo se volvió más claro y contrapuntístico, con rasgos distintivos del neoclasicismo.

Gran parte de su producción la compuso para los conjuntos de cámara exclusivamente femeninos en los que tocaba, como el Norah Clench Quartet, el English Ensemble y The Sisters D'Aranyi. En total, sus composiciones incluyen cincuenta y dos piezas para voz solista acompañada de piano y/o violín, once obras corales y veintiuna piezas de cámara. Sus obras más conocidas son: la Sonata para viola y piano (1919), Morpheus (1917-18), Rapsodia para violonchelo y piano (1923), Midsummer Moon, Dumka (1941) para violín, viola y piano publicada recientemente, Passacaglia sobre una antigua melodía inglesa para viola (o violonchelo) y piano (1940-41), Preludio, Allegro y Pastorale (1941), pieza influida por el neoclasicismo, compuesta para clarinete y viola. Además de música de cámara para cuerdas, Clarke escribió muchas canciones de carácter más ligero. The Seal Man para voz solista y piano (1922), con letra de John Masefield, y Tiger, Tiger para voz y piano (1929-33), con letra de William Blake, son sus canciones más conocidas e interpretadas. Su obra cayó en el olvido durante mucho tiempo, pero recobró interés en 1976 a raíz de una emisión radiofónica que celebraba su 90 cumpleaños. Más de la mitad de su producción permanece inédita y en manos de sus herederos, y muchas piezas se han publicado recientemente.

Rebecca Clarke en 1918

En 2000, las musicólogas Liane Curtis y Jessie Ann Owens fundaron la Rebecca Clarke Society para promover el estudio y la interpretación de su música, con sede en el Centro de Investigación de Estudios sobre la Mujer de la Universidad Brandeis (Massachusetts). Esta Sociedad ha puesto a disposición del público composiciones inéditas de la compositora, a través de la publicación de veinticinco obras musicales desconocidas hasta entonces y de un libro titulado A Rebecca Clarke Reader. La recepción moderna de la obra de Clarke ha sido generalmente positiva. En una reseña de 1981, su Sonata para viola y piano se describió como una «pieza reflexiva y bien elaborada»; en una reseña de 1985 se destacó la «intensidad emocional y el uso de colores oscuros» de esta última pieza. Andrew Achenbach calificó Morpheus de 'impactante' y 'lánguida'. Laurence Vittes calificó su Canción de cuna para violín y chelo de «extremadamente dulce y tierna». En 2017, BBC Radio 3 dedicó cinco horas a su música como compositora de la semana.

 

Imogen Holst
Emilia Guarneri




Giulia Capponi

 

Imogen Clare Holst è stata una compositrice, arrangiatrice, direttrice di coro, insegnante e scrittrice britannica. Nasce a Londra nel 1907 da Isobel Harrison, soprano, e Gustav Theodore Holst, compositore e direttore d’orchestra. Cresce, quindi, in un ambiente nel quale la componente musicale e artistica era molto forte: la famiglia del padre, infatti, vantava musicisti e musiciste da diverse generazioni e la madre incontrerà Holst proprio nelle aule del Royal College of Music, a Londra. Studia alla St Paul’s Girls’ School, dove insegnava anche il padre: è immersa nella musica dal primo giorno di vita e questa resterà la sua fedele compagna fino alla fine. Nei primi anni di formazione, studia pianoforte con Eleanor Shuttleworth, violino con André Mangeot e teoria musicale con Jane Joseph. Sarà quest’ultima a incoraggiarla e spronarla a lavorare alle prime composizioni; così nel 1920 dirige la sua Dance of the Nymphs and Shepherds. Oltre ad aver composto la parte musicale, Holst aveva anche ideato una coreografia: la danza è, infatti e fin da subito, un’altra enorme passione della giovane donna, che aveva pure tentato l’ammissione alla Ginner-Mawer School of Dance and Drama qualche tempo prima. All’età di diciannove anni si iscrive al Royal College of Music di Londra, dove riceve diversi riconoscimenti per le sue composizioni. Qui scopre il proprio talento per la direzione d’orchestra, ruolo che solitamente erano gli uomini a ricoprire.

Negli anni successivi crea diverse composizioni per musica da camera e lascia la casa dei genitori per un duplice motivo: muoversi attraverso Belgio, Italia e Germania, ma anche trovare la propria indipendenza. Tra il settembre 1930 e il maggio 1931 Imogen Holst investe il suo tempo compiendo diversi viaggi in Europa, alcuni dei quali incentrati sulla musica o sulla ricerca di luoghi significativi e legati a personalità di grande rilievo, delle quali lei stessa si sente in qualche maniera erede. È il caso, ad esempio, di Mozart a Salisburgo e Vienna, di Bach a Berlino. Terminato il percorso di studi, si ritrova a dover affrontare alcuni problemi di salute che la costringono a rinunciare a diverse attività che aveva intrapreso, tra le quali la danza e il pianoforte. Decide perciò di diventare un’insegnante e di collaborare, nel frattempo, come organizzatrice con l’English Folk Dance and Song Society, un ente di promozione della musica folk inglese nato nel 1932. Sono anni complicati dal punto di vista economico e personale: Gustav Holst si ammala e muore nel 1934; gli verrà dedicato un concerto diretto dalla figlia nell’anno successivo. Nonostante le difficoltà che si ritrova ad affrontare, le produzioni della musicista inglese iniziano ad attrarre l’attenzione della critica e del pubblico in generale: questo le permette di concentrarsi sulla stesura della biografia del padre, che verrà pubblicata nel 1938 e ben accolta dalla critica. Durante la Seconda guerra mondiale lavora per il Council for the Encouragement of Music and the Arts, con l’obiettivo di promuovere ed esaltare la musica, l’arte e più in generale la cultura britannica. Allo stesso tempo compie atti di solidarietà lavorando per il Bloomsbury House Refugee Committee, che si occupa di aiutare rifugiati e rifugiate musiciste. Nel 1940, invece, si reca nelle aree rurali del Regno Unito per incoraggiare la popolazione a svolgere attività musicali; tre anni dopo progetta un corso per giovani donne, in modo da farle unire in orchestre e partecipare a eventi musicali. Nasce così a Dartington un’orchestra amatoriale, frutto degli insegnamenti basati sulla pratica e l’allenamento continui; durante gli anni trascorsi in questo Paese, prendono vita diverse composizioni.

Un momento fondamentale per la carriera della musicista è sicuramente l’incontro con Benjamin Britten, avvenuto proprio a Dartington. Si tratta di un celebre compositore, direttore e pianista dal ruolo centrale nella musica inglese del ventesimo secolo; tra le sue opere maggiormente conosciute si ricordano quelle composte per i quartetti da camera o per le orchestre: prima tra tutte Peter Grimes. Inoltre, la sua figura è particolarmente nota per l’immersione nei fatti del suo tempo e la frequentazione degli esponenti del mondo intellettuale e artistico, oltre che musicale. Imogen Holst individua in Britten una sorta di erede musicale del padre e diviene presto sua assistente. Si trasferisce così ad Aldeburgh, dove partecipa alla realizzazione dell’annuale festival del paese, del quale diventa direttrice artistica nel 1956. Durante il periodo accanto al grande musicista, tiene un diario nel quale racconta la precarietà economica che questo lavoro le provoca. Nonostante ciò, continua con dedizione assoluta l’impegno per il festival annuale, al quale affianca nuovamente quello della produzione musicale: sono gli anni delle cantate per voci femminili e delle suite. Successivamente, nel 1964, rinuncia alla posizione di assistente per concentrarsi sulle composizioni e sulla ricostruzione della storia della figura paterna, così da poter poi scrivere diversi libri in merito. Nel 1952 aveva fondato un coro che si esibirà in diversi luoghi della nazione, e che conserverà un posto fisso all’interno del festival di Aldeburgh, di cui abbandona il ruolo di direttrice nel 1967. Alla morte di Britten, avvenuta diversi anni dopo, la musicista lascia la conduzione del festival, pur restandone però Direttrice artistica emerita. 

In occasione del centenario della nascita del padre, si impegna nelle pubblicazioni sulla sua vita e nell’istituzione di un museo a lui dedicato e situato a Cheltenham. L’attività di scrittura non riguarda, tuttavia, soltanto la biografia di Gustav Holst: scrive anche di musica più in generale, toccando temi quali la direzione dei cori. Da questo momento in poi, Imogen Holst si trova ad affrontare gravi problemi di salute, problemi che la condurranno alla morte ad Aldeburgh nel 1984. Nonostante non abbia ricevuto molti riconoscimenti in vita, l’opera di Imogen Holst è molto interessante anche dal punto di vista delle contaminazioni di cui si è nutrita e dell’apporto originale che ha donato alla musica inglese del suo tempo. Si riconosce nella sua produzione l’estro di un’artista poliedrica, affezionata a tutte le arti e profondamente curiosa, oltre che consapevole delle proprie radici e della propria formazione. La storia di questa donna appare oggi bisognosa di essere suonata, cantata, ascoltata, scritta e letta perché per anni è stata taciuta. Il suo nome risuona spesso ed esclusivamente quando si parla di Gustav Holst e Benjamin Britten. Ma prima di essere una figlia e un’assistente, Imogen Holst è stata, per tutta la vita, una donna libera e una musicista dallo straordinario valore, nonché fonte di ispirazione per le musiciste che l’hanno succeduta. È indispensabile ricordare anche il suo impegno sociale, che ha portato avanti usando come strumento proprio la musica, che diviene un ponte in grado di unire persone e realtà altrimenti isolate.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Imogen Clare Holst a été une compositrice, arrangeuse, directrice de choir, enseignante et écrivaine britannique. Elle est née à Londres en 1907 d’ Isobel Harrison, soprano, et Gustav Theodore Holst, compositeur et directeur d’orchestre. Elle grandit, donc, dans un environnement où la composante musicale et artistique était très forte: la famille de son père, en effet, comptait des musiciens et musiciennes depuis plusieurs générations et sa mère rencontrera Holst justement dans les salles du Royal College of Music, à Londres. Elle a étudié à la St.Paul’s Girls’ School, où enseignait également son père: elle est immergée dans la musique dès son premier jour de vie et celle-ci restera sa fidèle compagne jusqu’à la fin. Dans les premières années de formation, elle étudie le piano avec Eleanor Shuttleworth, le violon avec André Mangeot et la théorie musicale avec Jane Joseph. Cette dernière la encouragera et la poussera à travailler sur ses premières compositions: ainsi en 1920 elle dirige sa Dance of the Nymphs and Shepherds. En plus d’avoir composé la partie musicale, Holst avait aussi concu une chorégraphie: la danse est, en faite jusqu’au premier moment, une autre grande passion de la jeune femme, qui avait aussi tenté d’etre admise à la Ginner-Mawer School of Dance and Drama quelque temps avant. À l'âge de dix-neuf ans, elle s’inscrit au Royal College of Music de Londres, où elle reçoit plusieurs distinctions pour ses compositions. Là, elle découvre son talent pour la direction d’orchestre, un rôle qui souvent était réservé aux hommes.

Dans les années suivantes elle crée plusieurs compositions de musique de chambre et quitte la maison de ses parents pour deux raisons: voyager à travers la Belgique, l’Italie et l'Allemagne, mais aussi trouver son indépendance. Entre septembre 1930 et mai 1931, Imogen Holst investit son temps en faisant plusieurs voyages en Europe, dont certains centrés sur la musique ou la recherche de lieux significatifs liés à des personnalités de grande importance, dont elle se sent en quelque sorte héritière. C’est le cas, par exemple, de Mozart à Salzbourg et Vienne, de Bach à Berlin. Terminé son cours d' études, elle doit faire face à certains problèmes de santé qui l'obligent à renoncer à plusieurs activités qu’elle avait entreprises, dont la danse et le piano. Elle décide donc de devenir enseignante et de collaborer, entre-temps, comme organisatrice avec l’English Folk Dance and Song Society, une organisation de promotion de la musique folk anglaise fondée en 1932. Ce sont des années compliquées du point de vue économique et personnel: Gustav Holst tombe malade et meurt en 1934; sa fille lui dédiera un concert direct par elle-même l’année suivante. Malgré les difficultés auxquelles elle doit faire face, les productions de la musicienne anglaise commencent à attirer l’attention de la critique et du public en général: cela lui permet de se concentrer sur la rédaction de la biographie de son père, qui sera publiée en 1938 et bien accueillie par la critique. Pendant la Seconde Guerre mondiale, elle travaille pour le Council for the Encouragement of Music and the Arts, avec pour objectif de promouvoir et valoriser la musique, l’art et plus en général la culture britannique. En même temps, elle fait des actes de solidarité en travaillant pour le Bloomsbury House Refugee Committee qui s’occupe d’aider les musiciens et musiciennes réfugiés. En 1940, elle se rend dans les zones rurales du Royaume-Uni pour encourager la population à pratiquer des activités musicales; trois ans plus tard, elle conçoit un cours pour jeunes femmes, afin de les réunir en orchestres et de les faire participer à des événements musicaux. Ainsi il est né à Dartington un orchestre amateur, fruit des enseignements basés sur la pratique et l'entraînement constants; pendant les années passées dans ce pays, plusieurs compositions voient le jour.

Un moment fondamental dans la carrière de la musicienne est sûrement la rencontre avec Benjamin Britten, survenue justement à Dartington. Il s’agit d’un célèbre compositeur, directeur d’orchestre et pianiste du rôle central dans la musique anglaise du vingtième siècle; parmi ses œuvres les plus connues figurent celles composées pour les quatuors de chambre ou pour les orchestres: la plus célèbre étant Peter Grimes. De plus, sa figure est particulièrement connue pour son immersion dans les faits de son temps et sa fréquentation des éminents représentants du monde intellectuel et artistique, ainsi que musical. Imogen Holst voit en Britten une sorte d'héritier musical de son père et elle devient bientôt son assistante. Elle déménage alors à Aldeburgh, où elle participe à la réalisation annuelle du festival du village, dont elle devient directrice artistique en 1956. Pendant la période aux côtés du grand musicien, elle tient un journal dans lequel elle raconte la précarité économique que ce travail lui cause. Malgré cela, elle poursuit avec une dévotion absolue son engagement pour le festival annuel, auquel elle ajoute à nouveau celui de la production musicale: ce sont les années des cantates pour voix féminines et des suites. Par la suite, en 1964, elle renonce à la position d’assistante pour se concentrer sur les compositions et la reconstruction de l’histoire de la figure paternelle, afin de pouvoir écrire plusieurs livres à ce sujet. En 1952 elle fonde un chœur qui se produira en différents lieux de la nation, et qui conservera une place fixe au sein du festival d'Aldeburgh, dont elle abandonne le rôle de directrice en 1967. À la mort de Britten, survenue plusieurs années après, la musicienne quitte la direction du festival, tout en restant Directrice artistique émérite.

À l'occasion du centenaire de la naissance de son père, elle s’engage dans des publications sur sa vie et dans l’institution d’un musée à lui dédié et situé à Cheltenham. Son activité d'écriture ne se limite toutefois pas seulement à la biographie de Gustav Holst: elle écrit également sur la musique en général, abordant des thèmes tels que la direction des chœurs. À partir de ce moment, Imogen Holst fait face à de graves problèmes de santé, qui la conduiront à la mort à Aldeburgh en 1984. Bien qu’elle n’ait pas reçu beaucoup de reconnaissances de son vivant, l'œuvre d’ Imogen Holst est très intéressante du point de vue des influences dont elle s’est nourrie et de l’apport original qu’elle a apporté à la musique anglaise de son époque. Sa production révèle l'ingéniosité d’une artiste polyvalente, passionnée par toutes les formes d’art et profondément curieuse, tout en étant consciente de ses racines et de sa formation. L’histoire de cette femme apparait aujourd’hui comme necessitant d’etre jouee, chantée, ecoutée, écrite et lue, car elle est restée silencieuse pendant des années. Son nom est souvent mentionné exclusivement lorsqu'il s’agit de Gustav Holst et de Benjamin Britten. Mais avant d’etre une fille et une assistante, imogen Holst a été, toute sa vie, une femme libre et une musicenne d’une valeur extraordinaire, ainsi qu’une source d’inspiration pour les musiciennes qui l’ont suivie. Il est indispensable de rappeler également son engagement social, qu’elle a poursuivi en utilisant la musique comme outil, un pont capable d’unir des personnes et des réalités autrement isolées.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Imogen Clare Holst was a British composer, arranger, choral conductor, teacher and writer. She was born in London in 1907 to Isobel Harrison, a soprano, and Gustav Theodore Holst, a composer and conductor. She grew up, therefore, in an environment in which the musical and artistic component was very strong. Her father's family boasted male and female musicians for several generations, and her mother met Mr. Holst in the classrooms of the Royal College of Music, London. Imogen studied at St Paul's Girls' School, where her father also taught. She was immersed in music from day one and it would remain her faithful companion until the end. In her early formative years, she studied piano with Eleanor Shuttleworth, violin with André Mangeot, and music theory with Jane Joseph. It was the latter who encouraged and spurred her to work on her first compositions. Thus, in 1920, she directed her Dance of the Nymphs and Shepherds. In addition to composing the musical part, Holst had also devised choreography. Dance was, from early on, another huge passion of the young woman, who had also attempted to gain admission to the Ginner-Mawer School of Dance and Drama some time earlier. At the age of nineteen she enrolled at the Royal College of Music in London, where she received several awards for her compositions. There she discovered her talent for conducting, a role that men usually filled.

In the following years she created several compositions for chamber music and left her parents' home for two reasons - to move through Belgium, Italy and Germany, but also to find her own independence. Between September 1930 and May 1931 Holst invested her time making several trips to Europe, some of which focused on music or on finding the significant places associated with notable personalities, to whom she herself felt she was somehow heir. This is the case, for example, with Mozart in Salzburg and Vienna and Bach in Berlin. When she finished her studies, she was faced with some health problems that forced her to give up several activities she had undertaken, including dance and piano. She therefore decided to become a teacher and to work, in the meantime, as an organizer with the English Folk Dance and Song Society, a body for the promotion of English folk music founded in 1932. These were complicated years financially and personally. Gustav Holst fell ill and died in 1934. A concert directed by his daughter would be dedicated to him in the following year. Despite the difficulties she faced, the English musician's productions begin to attract the attention of critics and the general public. This allowed her to concentrate on writing a biography of her father, which was published in 1938 and well received by critics. During World War II she worked for the Council for the Encouragement of Music and the Arts, with the aim of promoting and exalting music, art and British culture more generally. At the same time she performed acts of solidarity by working for the Bloomsbury House Refugee Committee, which was concerned with helping refugees and refugee women musicians. In 1940, she went to rural areas of the United Kingdom to encourage people to engage in musical activities. Three years later she designed a course for young women to join orchestras and participate in musical events. Thus, an amateur orchestra was born in Darington, the result of teachings based on continuous practice and training, and during her years there, several compositions came to life.

A pivotal moment in the musician's career was certainly a meeting with Benjamin Britten, which took place in Darrington. He was a celebrated composer, conductor and pianist with a central role in twentieth-century English music. Among his best-known works are those composed for chamber quartets or orchestras - first among them Peter Grimes. In addition, he was particularly noted for his immersion in the events of his time and his frequentation of intellectual and artistic, as well as musical, figures. Imogen Holst identified Britten as a kind of musical heir to her father and soon became his assistant. She thus moved to Aldeburgh, where she participated in the creation of the town's annual festival, of which she became artistic director in 1956. During the years alongside the great musician, she kept a diary in which she recounted the economic precariousness this job brought her. In spite of this, she continued her commitment to the annual festival with absolute dedication, to which she again joined that of music production. These were the years of cantatas for female voices and suites. Later, in 1964, she gave up the position of assistant to concentrate on compositions and the reconstruction of her father's history, so that she could then write several books on the subject. In 1952 she founded a choir that would perform at various venues across the nation, and retained a permanent place within the Aldeburgh Festival, which she relinquished as director in 1967. After Britten's death several years later, Imogen left the management of the festival, though she remained its Artistic Director Emeritus.

On the centenary of her father's birth, she became involved in publications about his life and the establishment of a museum dedicated to him and located in Cheltenham. However, her writing activity was not only about Gustav Holst's biography. She also wrote about music more generally, touching on topics such as conducting choirs. From that time on, Imogen Holst faced serious health problems, problems that would lead to her death in Aldeburgh in 1984. Although she did not receive much recognition during her lifetime, Imogen Holst's oeuvre is also very interesting from the point of view of the contributions she fed on and the original contribution she made to the English music of her time. One can recognize in her output the flair of a multifaceted artist, fond of all the arts and deeply curious, as well as aware of her own roots and training. This woman's story appears to be in need of being played, sung, heard, written and read today because for years it has been silenced. Her name resonates often and exclusively when Gustav Holst and Benjamin Britten are mentioned. But before being a daughter and an assistant, Imogen Holst was, throughout her life, a free woman and a musician of extraordinary value, as well as an inspiration to the women musicians who succeeded her. It is also essential to remember her social commitment, which she carried out using music as her tool, became a bridge that can unite people and situations otherwise isolated.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

Imogen Clare Holst fue compositora, arreglista, directora de coro, profesora y escritora británica. Nació en Londres en 1907 hija de Isobel Harrison, soprano, y Gustav Theodore Holst, compositor y director de orquesta. Se crió, por lo tanto, en un entorno en el que el componente musical y artístico era muy fuerte: la familia de su padre contaba con músicos y músicas desde hacía varias generaciones y su madre había conocido a Holst precisamente en las aulas del Royal College of Music de Londres. Estudia en la St Paul’s Girls’ School, donde también enseña su padre: desde el primer día de su vida está inmersa en la música, la cual seguirá siendo su fiel compañera hasta el final. En sus primeros años de formación estudia piano con Eleanor Shuttleworth, violín con André Mangeot y teoría musical con Jane Joseph. Será esta última quien la anime y la aliente a trabajar en las primeras composiciones; así en 1920 dirige su Dance of the Nymphs and Shepherds. Además de componer la parte musical, Holst también había ideado una coreografía: de hecho, la danza era, desde el principio, otra gran pasión de la joven, que también había intentado ingresar en la Escuela Ginner-Mawer de Danza y Drama algún tiempo antes. A los diecinueve años se inscribe en el Royal College of Music de Londres, donde recibe varios reconocimientos por sus composiciones. Ahí descubre su talento para la dirección de orquesta, papel que normalmente desempeñaban los hombres.

En los años siguientes crea diferentes composiciones para música de cámara y deja la casa de sus padres por dos razones: para moverse por Bélgica, Italia y Alemania, pero también para encontrar su independencia. Entre septiembre de 1930 y mayo de 1931, Imogen Holst invierte su tiempo en varios viajes por Europa, algunos de los cuales se centran en la música o en la búsqueda de lugares significativos que estén relacionados con personalidades de gran importancia, de las que ella misma se siente en cierto modo heredera. Es el caso, por ejemplo, de Mozart en Salzburgo y Viena, de Bach en Berlín. Al terminar sus estudios, se enfrenta a problemas de salud que la obligan a renunciar a diversas actividades, como la danza y el piano. Por lo tanto, decide convertirse en profesora y, mientras tanto, colaborar como organizadora con la English Folk Dance and Song Society, una organización de promoción de la música folclórica inglesa creada en 1932. Son años complicados desde el punto de vista económico y personal: Gustav Holst cae enfermo y muere en 1934; al año siguiente su hija dirigirá un concierto dedicado a él. A pesar de las dificultades a las que se enfrenta, sus producciones comienzan a atraer la atención de la crítica y del público en general, lo que le permite concentrarse en la redacción de la biografía de su padre, que será publicada en 1938 y muy bien acogida por la crítica. Durante la Segunda Guerra Mundial trabajó para el Council for the Encouragement of Music and the Arts, con el objetivo de promover y exaltar la música, el arte y la cultura británica en general. Al mismo tiempo, realiza actos de solidaridad trabajando para el Bloomsbury House Refugee Committee, que se ocupa de ayudar a refugiados y a refugiadas, también a músicas. En 1940, viaja a las zonas rurales del Reino Unido para animar a la población a involucrarse en actividades musicales. Tres años más tarde, diseña un curso para mujeres jóvenes para que se unan a orquestas y participen en eventos musicales. Así nace en Dartington una orquesta amateur, fruto de las enseñanzas basadas en la práctica y el entrenamiento continuo; durante los años transcurridos en esta localidad, diversas composiciones cobran vida.

Sin duda, un momento crucial para la carrera de esta música es el encuentro con Benjamin Britten, que tuvo lugar en Dartington. Se trata de un famoso compositor, director y pianista que desempeñó un papel central en la música inglesa del siglo XX; entre sus obras más conocidas se encuentran las composiciones para cuartetos de cámara o para orquestas, entre todas Peter Grimes. Asimismo, su figura es particularmente conocida por la inmersión en los hechos de su tiempo y la frecuentación de los exponentes del mundo intelectual y artístico, además de musical. Imogen Holst ve en Britten una especie de heredero musical de su padre y pronto se convierte en su asistente. Se muda a Aldeburgo, donde participa en la realización del festival anual local, del que se convierte en directora artística en 1956. Durante el período junto al gran músico, escribe un diario en el que relata la precariedad económica que conlleva este trabajo. A pesar de ello, continúa, con dedicación absoluta, el compromiso con el festival anual, al que se une de nuevo el de la producción musical: son los años de las canciones para voces femeninas y de las suites. Posteriormente, en 1964, renuncia a su puesto de asistente para concentrarse en las composiciones y la reconstrucción de la historia de la figura paterna, con miras a escribir varios libros sobre el tema. En 1952 funda un coro que actuará en diferentes lugares del país y que conservará un puesto fijo dentro del festival de Aldeburgo, cuyo papel de directora abandonó en 1967. A la muerte de Britten, varios años después, la cantante deja la dirección del festival, aunque sigue siendo Directora artística emérita.

Con motivo del centenario del nacimiento de su padre, se dedica a las publicaciones sobre su vida y a la creación de un museo dedicado a él, situado en Cheltenham. Sin embargo, la actividad de escritura no se limita a la biografía de Gustav Holst: también escribe sobre música en general, tocando temas como la dirección de coros. A partir de ese momento, Imogen Holst se enfrenta a graves problemas de salud, problemas que la llevarán a su muerte en Aldeburgo en 1984. A pesar de que no haya recibido muchos reconocimientos en vida, la obra de Imogen Holst es también muy interesante desde el punto de vista de las contaminaciones de las que se alimentó y de la contribución original que aportó a la música inglesa de su época. Se reconoce en su producción el estro de una artista poliédrica, apegada a todas las artes y profundamente curiosa, además de consciente de sus raíces y de su formación. Hoy en día, es necesario tocar, cantar, escuchar, escribir y leer la historia de esta mujer porque durante años ha sido silenciada. Su nombre resuena a menudo y exclusivamente cuando se habla de Gustav Holst y Benjamin Britten. Pero antes de ser hija y asistente, Imogen Holst fue, durante toda su vida, una mujer libre y una música de extraordinario valor, así como fuente de inspiración para las músicas que la sucedieron. Es indispensable recordar también su compromiso social, que llevó adelante utilizando como instrumento precisamente la música, que se convirtió en un puente capaz de unir a personas y realidades de otro modo aisladas.

 

Carmen Bulgarelli Campori
Laura Candiani




Martina Zinni

 

Nata il 3 maggio 1910 a Modena, ultima dei tre figli di Michele e Rosalinda Tusini originari della Bassa Modenese, mostrò precoce predisposizione per il canto e iniziò la formazione come soprano, debuttando nel 1934 con il nome d'arte Carmen Caro. Riscosse subito un bel successo in Lussemburgo, nello Stabat Mater di Rossini, ma poco dopo, in vista della prima di Aida, a Lugano, ebbe seri problemi alle corde vocali, così dovette rinunciare. Ma forse fu una fortuna, perché da quel momento si dedicò con passione alla composizione, alla concertazione e alla direzione d'orchestra, diventando una pioniera in Italia. Nel 1932 era nata la figlia Graziolina che sarà assistente regista e sceneggiatrice, poi affermata pittrice naïf e moglie del grande "mago della luce" Giuseppe Rotunno. Votata all'arte anche lei, dunque. Con la piccola e il marito, il marchese Egidio Campori, esploratore, documentarista e pittore, lasciano Modena, dove il palazzo di famiglia e pregevole galleria d'arte era andato distrutto durante la guerra, e si trasferiscono alle porte di Firenze, a Incisa in Val d'Arno. Dal 1948 al 1950 Carmen frequenta i prestigiosi corsi di perfezionamento dell'Accademia Chigiana di Siena tenuti dal celebre direttore e violinista olandese Paul van Kempen.  

Carmen Bulgarelli Campori mentre dirige un’orchestra di 100 musicisti durante le prove al teatro di Buenos Aires negli anni ’40

Al debutto a Milano con l'Orchestra d'archi di Bologna riceve il plauso di Wally Toscanini; fra il 1951 e il '65 dirige oltre 500 fra concerti e opere liriche soprattutto di Puccini e di Verdi, lavorando più all'estero che in Italia. Fra i cantanti con cui collabora troviamo i grandi del periodo, da Anna Moffo a Mario Del Monaco, che accompagna in una trionfale tournée in Germania, da Luciano Pavarotti a Mirella Freni, che dirige rispettivamente in Rigoletto e Bohème; fra i maggiori concertisti si può citare il violinista Uto Ughi, che nel 1954 era un bambino prodigio. Con Maria Callas l'incontro fortunato avvenne durante un Maggio Musicale Fiorentino. Intanto apprezzate compositrici, come le argentine Ana Serrano Redonnet (191?-93) e Celia Torrá (1884-1962), che furono pure direttrici d'orchestra al Colón di Buenos Aires, affidavano propri lavori alla sua bacchetta o, vincendo la sua modestia e il carattere schivo, la presentavano in modo lusinghiero al pubblico di un concerto, come accadde a Verona con Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), altra bella figura di artista poliedrica.

Carmen Bulgarelli è stata ospite dell'Orchestra di Hilversum, municipalità dei Paesi Bassi, e di numerose Orchestre sinfoniche tedesche: quelle di Hannover, Dortmund, Bamberga, Düsserldorf, Berlino, Monaco, Stoccarda, Amburgo. Ha fatto tournée in Spagna, Svizzera, Lussemburgo, Olanda, Gibilterra, Malta e in Argentina e Uruguay. Nel nostro Paese ha diretto l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna ed è stata la prima donna (e unica, all'epoca) alla guida delle Orchestre sinfoniche della Rai di Milano, Torino, Roma, dal 1993 unificate nella sede torinese. Purtroppo però non esistono dischi che testimonino la sua intensa attività. Nel 1950 ricevette dal Presidente della Repubblica l'ordine al merito e nel 1963 il premio Gazzotti della città di Modena. A proposito della brillante carriera, che la vide di fatto la prima direttrice di successo in Italia, riportiamo un episodio significativo del clima del periodo: il 18 marzo 1954 nella rubrica "La settimana Incom" dell'Istituto Luce (che veniva presentata nelle sale cinematografiche prima della proiezione) un minuto e quindici secondi sono dedicati a lei. Il titolo del servizio è emblematico: Direttrice in gonnella, mentre una musichetta fa da sfondo sonoro. L'inizio è inquietante: «Sa anche fare il bucato!», e sentite il resto. Infatti quel breve filmato in bianco e nero si può trovare oggi su You Tube e, al di là delle battute banali, si scopre invece un grande talento mentre dirige (scusate se è poco) la sinfonia Italiana di Mendelssohn. Un altro filmato che ne mostra il gesto sicuro e la padronanza dell'orchestra la vede sul podio a Berlino, nel 1960, durante le prove con il celeberrimo tenore Del Monaco mentre esegue due romanze: Addio fiorito asil e Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (sul podio) con il tenore Mario Del Monaco durante le prove di “Ah, la paterna mano” e “Addio fiorito asil”, Berlino 1960

Molto importante nel renderle omaggio e ricordarne le doti appare l'intervento di Clemente Terni, intitolato Carmen Bulgarelli Campori, eccezionale concertatrice e direttrice d'orchestra, nel convegno fiorentino del 19 giugno 2003 organizzato dalla Commissione regionale toscana per le Pari opportunità in collaborazione con la Società Italiana di Musicologia. Nell'occasione l'esperto fece ascoltare delle registrazioni inedite degli anni Sessanta della sinfonia del Don Pasquale di Donizetti, della sinfonia dei Vespri Siciliani di Verdi e del preludio di Aida. Mise in luce inoltre la lunga preparazione e il metodo di lavoro seguito dalla musicista attraverso le sue note sulle partiture, depositate in uno specifico fondo presso la Biblioteca comunale di Incisa in Val d'Arno, dove è morta prematuramente il 4 aprile 1965. Una targa, apposta nel 2009 in piazza Capanni, fa riferimento al suo legame con la cittadina, peccato che sia definita "direttore" e che, come spesso avviene, il cognome del marito preceda il suo. Nel 2011 a Modena è stata ricordata, nella saletta del Foro Boario, per la pubblicazione del volume della studiosa e collaboratrice di Vv Lucia Navarrini Carmen Campori. Una donna direttore d'orchestra. L'8 marzo 2019 è stato presentato il Dizionario biografico delle donne modenesi, voluto dalla Provincia e curato da Roberta Pinelli, dopo una ricerca durata cinque anni, e fra i 2355 nomi figura anche Carmen Bulgarelli, a fianco di celebrità e di tanti personaggi femminili dimenticati. Viene citata spesso come esempio significativo pure nel libro della giovane musicologa Ilaria Giani dal titolo eloquente: Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Targa in Piazza Capanni, Incisa in Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un interessante articolo su internet (ytali.com, 22.10.2020) ce ne offre poi un ritratto originale e inedito, da parte di chi la conobbe a Incisa, soprattutto relativo allo studio delle partiture, per esempio quella di Un ballo in maschera di Verdi: da un lato lo spartito, dall'altro un disco con la direzione di Toscanini, maestro indiscusso, da ascoltare e assimilare, non per copiarne l'esecuzione, ma per coglierne il metodo, lo stile. Un particolare che ci fa riflettere riguarda le recensioni citate da Giani, che erano tante, eppure coglievano spesso l'esteriorità della direttrice piuttosto che la sua innegabile bravura. Era «altissima, snella, figura da indossatrice, incedere elegante» (scrisse il musicologo Giuseppe Pugliese); il pubblico l'apprezzava e, ricordandosi «ch'era donna, anche se direttore d'orchestra», le recapitava «sul palcoscenico gentili mazzi di fiori»(parole del noto critico musicale Giulio Confalonieri), e non vi sarà sfuggito il dettaglio: "anche se". Meriterebbe ben più di una semplice targa questa grande donna, esempio per tutte quelle che l'hanno seguita sullo stesso difficile cammino, tuttavia non se ne ha traccia nella odonomastica; «la quintessenza della musicalità», così ebbe a definirla in modo lusinghiero il docente e compositore Bruno Bettinelli (1913-2004) che di talenti se ne intendeva, avendo formato fra gli altri Claudio Abbado, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, e... Gianna Nannini. 


Traduzione francese

Née le 3 mai 1910 à Modène, dernière des trois enfants de Michele et Rosalinda Tusini originaires de Bassa Modenese, elle montre une prédisposition précoce au chant et commence sa formation comme soprano, débutant en 1934 sous le nom de scène Carmen Caro. Elle rencontre immédiatement un grand succès au Luxembourg, dans le Stabat Mater de Rossini, mais peu après, en vue de la première d’Aida, à Lugano, elle rencontre de sérieux problèmes aux niveau des cordes vocales. Mais ce fut peut-être une chance, car à partir de ce moment-là, elle se consacra avec passion à la composition, à la concertation et à la direction d’orchestre, devenant une pionnière en Italie. En 1932 est née sa fille Graziolina qui sera assistante réalisatrice et scénariste, puis peintre naïve et épouse du grand "magicien de la lumière" Giuseppe Rotunno. Vouée à l’art, donc. Avec sa fille et son mari, le marquis Egidio Campori, explorateur, documentariste et peintre, ils quittent Modène, où le palais familial et précieuse galerie d’art avait été détruit pendant la guerre, et ils déménagent aux portes de Florence, à Incisa in Val d’Arno. De 1948 à 1950, Carmen fréquente les prestigieux cours de perfectionnement de l’Académie Chigiana de Sienne donnés par le célèbre directeur et violoniste hollandais Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori dirigeant un orchestre de 100 musiciens lors des répétitions au théâtre de Buenos Aires dans les années 40

Ses débuts à Milan avec l’Orchestra d’archi de Bologne reçoivent l’approbation de Wally Toscanini; entre 1951 et 1965 elle dirige plus de 500 concerts et opéras notamment de Puccini et de Verdi, travaillant plus à l’étranger qu’en Italie. Parmi les chanteurs avec lesquels elle collabore, on trouve les grands de l’époque, d’Anna Moffo à Mario Del Monaco, qu’elle accompagne dans une tournée triomphale en Allemagne, de Luciano Pavarotti à Mirella Freni, qu’elle dirige respectivement en Rigoletto et Bohème; En 1954, Uto Ughi était un enfant prodige. Avec Maria Callas, la rencontre eut lieu lors d’un Maggio Musicale Fiorentino. Pendant ce temps, des compositrices appréciées, comme Ana Serrano Redonnet (191-93) et Celia Torrá (1884-1962), qui étaient également chefs d’orchestre au Colón de Buenos Aires, confiaient leurs travaux à sa baguette ou, en gagnant sa modestie et son caractère réservé, la présentaient de manière flatteuse au public d’un concert, comme ce fut le cas à Vérone avec Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), autre belle figure d’artiste polyédrique.

Carmen Bulgarelli a été l’invitée de l’Orchestre de Hilversum, municipalité des Pays-Bas, et de nombreux orchestres symphoniques allemands : ceux de Hanovre, Dortmund, Bamberg, Düsserldorf, Berlin, Munich, Stuttgart, Hambourg. Elle a fait des tournées en Espagne, en Suisse, au Luxembourg, aux Pays-Bas, à Gibraltar, à Malte et en Argentine et en Uruguay. Dans notre pays, elle a dirigé l’Orchestre du Théâtre Communal de Bologne et a été la première femme (et unique, à l’époque) à diriger les Orchestres symphoniques de la Rai de Milan, Turin, Rome, unifiées depuis 1993 au siège de Turin. Malheureusement, aucun disque ne témoigne de son activité intense. En 1950, elle reçoit du Président de la République l’ordre du Mérite et en 1963 le prix Gazzotti de la ville de Modène. A propos de la brillante carrière, qui la vit en fait la première directrice à succès en Italie, nous rapportons un épisode significatif du climat de la période : le 18 mars 1954 dans la rubrique "La semaine Incom" de l’Institut Luce (qui était présentée dans les salles de cinéma avant la projection) une minute et quinze secondes lui sont consacrées. Le titre du service est emblématique : Directrice en jupe, tandis qu’une musique sert de fond sonore. Le début est inquiétant : « Elle sait aussi faire la lessive» et écoutez le reste. En fait, ce court métrage en noir et blanc peut être trouvé aujourd’hui sur You Tube et, au-delà des blagues banales, on découvre un grand talent tout en dirigeant (désolé si c’est peu) la symphonie italienne de Mendelssohn. Un autre film qui montre le geste sûr et la maîtrise de l’orchestre la voit sur le podium à Berlin, en 1960, pendant les répétitions avec le célèbre ténor Del Monaco en exécutant deux romances: Adieu fleuri asil et Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (sur le podium) avec le ténor Mario Del Monaco lors des répétitions de « Ah, la paterna mano » et « Addio fioreto asil », Berlin 1960

Il a été très importante de souligner en lui rendant hommage, ses qualités durant l’intervention de Clemente Terni, intitulée Carmen Bulgarelli Campori, exceptionnelle concertatrice et chef d’orchestre, lors de la conférence florentine du 19 juin 2003 organisée par la Commission régionale toscane pour l’égalité des chances en collaboration avec la Société italienne de musicologie. À cette occasion, l’expert fit écouter des enregistrements inédits des années Soixante de la symphonie du Don Pasquale de Donizetti, de la symphonie des Vêpres siciliennes de Verdi et du prélude d’Aida. Elle met également en lumière la longue préparation et la méthode de travail suivie par la musicienne à travers ses notes sur les partitions, déposées dans un fonds spécifique à la Bibliothèque municipale d’Incisa in Val d’Arno, où elle est morte prématurément le 4 avril 1965. Une plaque, apposée en 2009 sur la place Capanni, fait référence à son lien avec la ville, dommage qu’elle soit appelée "directeur" et que, comme souvent, le nom de son mari précède le sien. En 2011, à Modène, elle a été rappelée, dans la salle du Forum Boario, pour la publication du volume de la chercheuse et collaboratrice de Vv Lucia Navarrini Carmen Campori. Une femme chef d’orchestre. Le 8 mars 2019 a été présenté le Dictionnaire biographique des femmes de Modène, voulu par la Province et édité par Roberta Pinelli, après une recherche de cinq ans, et parmi les 2355 noms figure également Carmen Bulgarelli, aux côtés de célébrités et de nombreux personnages féminins oubliés. Elle est souvent citée comme un exemple significatif dans le livre de la jeune musicologue Ilaria Giani avec un titre éloquent : Directrices sans orchestre (Lim-poche, 2020).

Plaque sur la Piazza Capanni, gravée dans le Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un article intéressant sur internet (ytali.com, 22.10.2020) nous en offre un portrait original et inédit, de la part de ceux qui l’ont rencontrée à Incisa, surtout relatif à l’étude des partitions, par exemple celle d’Un bal masqué de Verdi d’autre part, un disque avec la direction de Toscanini, maître incontesté, à écouter et à assimiler, non pas pour en copier l’exécution, mais pour en saisir la méthode, le style. Un détail qui nous fait réfléchir concerne les critiques citées par Giani, qui étaient nombreuses, et pourtant elles saisissaient souvent l’extériorité de la directrice plutôt que son indéniable habileté. Elle était «très grande, mince, figure de mannequin, allure élégante» (écrivit le musicologue Giuseppe Pugliese); le public l’appréciait et, se souvenant «qu’elle était femme, bien que chef d’orchestre», les distribuait «sur scène de doux bouquets de fleurs»(paroles du célèbre critique musical Giulio Confalonieri), et vous n’aurez pas manqué le détail : "même si". Cette grande femme mériterait bien plus qu’une simple plaque, par exemple pour toutes celles qui l’ont suivie sur le même chemin difficile, mais on n’en a pas trace dans la dentisterie; «la quintessence de la musicalité». C’est ainsi que le professeur et compositeur Bruno Bettinelli (1913-2004) qui s’y connaît en talents, ayant formé entre autres Claudio Abbado, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, et... Gianna Nannini, l’ont définie de manière flatteuse.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Carmen Campori was born May 3, 1910, in Modena, the last of three children of Michele and Rosalinda Tusini, originally from the Bassa Modenese. Campori showed an early predisposition for singing and began training as a soprano, making her debut in 1934 under the stage name Carmen Caro. She immediately enjoyed great success in Luxembourg, in Rossini's Stabat Mater, but shortly afterwards, ahead of the premiere of Aida in Lugano, she had serious vocal cord problems, so she had to give up. But perhaps that was fortunate, because from that time on she devoted herself passionately to composition, organizing concerts and conducting, becoming a pioneer in Italy. By 1932 her daughter Graziolina had been born, who would be an assistant director and screenwriter, then an established naïf painter and wife of the great "wizard of light" Giuseppe Rotunno. Devoted to art, too, then. With the little girl and her husband, Marquis Egidio Campori, explorer, documentary filmmaker and painter, Carmen left Modena, where the family palace and valuable art gallery had been destroyed during the war, and moved to the outskirts of Florence, to Incisa in Val d'Arno. From 1948 to 1950 Carmen attended prestigious master classes at the Accademia Chigiana in Siena taught by the celebrated Dutch conductor and violinist Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori conducting an orchestra of 100 musicians during rehearsals at the Buenos Aires theater in the 1940s

On her debut in Milan with the Bologna String Orchestra she received praise from Wally Toscanini (daughter of Arturo Toscanini). Between 1951 and 1965 she conducted more than 500 concerts and operas, especially by Puccini and Verdi, working more abroad than in Italy. Among the singers with whom she collaborated we find the greats of the period, from Anna Moffo to Mario Del Monaco, whom she accompanied on a triumphant tour of Germany, from Luciano Pavarotti to Mirella Freni, whom she conducted in Rigoletto and La Bohème, respectively. Among the major concert artists she worked with we can mention the violinist Uto Ughi, who was a child prodigy in 1954. A fortunate encounter occurred with Maria Callas during a Maggio Musicale in Florence. Meanwhile, esteemed female composers, such as the Argentine Ana Serrano Redonnet (191?-93) and Celia Torrá (1884-1962), who were also conductors at the Colón in Buenos Aires, entrusted their own works to her baton or, overcoming her modesty and shy nature, flatteringly presented her to a concert audience, as happened in Verona with Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), another fine figure of a multifaceted artist.

Carmen Bulgarelli was a guest of the Hilversum Orchestra, a municipality in the Netherlands, and of numerous German Symphony Orchestras, also those of Hannover, Dortmund, Bamberg, Düsserldorf, Berlin, Munich, Stuttgart, and Hamburg. She toured to Spain, Switzerland, Luxembourg, Holland, Gibraltar, Malta, and to Argentina and Uruguay. In Italy, she conducted the Orchestra of the Teatro Comunale in Bologna and was the first woman (and only, at the time) at the helm of the Rai Symphony Orchestras of Milan, Turin, and Rome, since 1993 unified in Turin. Unfortunately, however, there are no recordings that testify to her intense activity. In 1950 she received the Order of Merit from the President of the Republic and in 1963 the Gazzotti Prize from the city of Modena. Speaking of her brilliant career, which saw her the first successful female director in Italy, a significant episode reflected the climate of the period. On March 18, 1954 in the film "La settimana Incom" of the Istituto Luce (which was presented in movie theaters before a screening) one minute and fifteen seconds are dedicated to her. The title of the feature is emblematic: “Director in a Skirt,” while a little music plays in the background. The beginning is weird: "She can even do laundry!" In fact, that short black-and-white film can be found on You Tube today, and beyond the corny jokes, one instead discovers a great talent as she conducts (in a sadly brief review) Mendelssohn's Italian symphony. Another part of the film shows her confident gestures and mastery of the orchestra, on the podium in Berlin in 1960 rehearsing with the celebrated tenor Del Monaco while performing two romances, Addio fiorito asil and Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (on the podium) with tenor Mario Del Monaco during rehearsals of “Ah, la paterna mano” and “Addio fioreto asil”, Berlin 1960

Very important in paying tribute to her and remembering her gifts is the speech by Clemente Terni, entitled Carmen Bulgarelli Campori, exceptional concert master and conductor, at the June 19, 2003 Florentine conference organized by the Tuscan Regional Commission for Equal Opportunities, in collaboration with the Italian Society of Musicology. On that occasion, the expert played unpublished recordings from the 1960s of the symphony from Donizetti's Don Pasquale, the symphony from Verdi's I Vespri Siciliani and the prelude from Aida. It also shed light on the long preparation and working method followed by the musician through her notes on the scores, deposited in a specific collection at the Municipal Library of Incisa in Val d'Arno, where she died prematurely on April 4, 1965. A plaque, affixed in 2009 in Piazza Capanni, refers to her connection with the town. Unfortunately, she is referred to as (a male) "director" and, as is often the case, her husband's last name precedes hers. In 2011 in Modena she was remembered, in the small hall of the Foro Boario, for the publication of the volume by scholar and Vv contributor Lucia Navarrini, Carmen Campori, A Female Conductor. On March 8, 2019, the Biographical Dictionary of Modenese Women, commissioned by the Province and edited by Roberta Pinelli was presented, after five years of research, and among the 2,355 names Carmen Bulgarelli also appears, alongside celebrities and many forgotten female characters. She is also mentioned often as a significant figure in the book by young musicologist Ilaria Giani with the eloquent title: Female Conductors Without Orchestras (Lim-hatches, 2020).

Plaque in Piazza Capanni, engraved in the Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

An interesting article on the internet (ytali.com, 10/22/2020) gives us an original and unpublished portrait of her, from those who knew her in Incisa, especially relating to the study of the scores, for example that of Verdi's Un ballo in maschera: on one side the score, on the other a recording with the conducting of Toscanini, the undisputed maestro, to be listened to and assimilated, not to copy the performance, but to grasp the method, the style. One detail that gives us pause concerns the reviews cited by Giani, of which there were many, yet they often captured the conductor's appearance rather than her undeniable skill. She was "very tall, slender, with the figure of a model, an elegant gait" (wrote musicologist Giuseppe Pugliese); the audience appreciated her and, remembering "that she was a woman, even if she was a conductor," delivered " kind bouquets of flowers to her on the stage "(words of noted music critic Giulio Confalonieri), and you will not have missed the qualification, "even if."


Traduzione spagnola

Chiara Ficili

Nacida el 3 de Mayo de 1910 en Módena, la menor de tres hijos de Michele y Rosalinda Tusini originarios de la Bassa Modenese, mostró una precoz predisposición para el canto e inició su formación como soprano, debutando con el nombre artístico de Carmen Caro en 1934. Tuvo inmediatamente gran éxito en Luxemburgo, en el Stabat Mater de Rossini, pero poco después, en vista del estreno de Aida en Lugano, tuvo serios problemas en las cuerdas vocales, de modo que tuvo que renunciar. Pero quizás fue una suerte, porque desde aquel momento se dedicó con pasión a la composición, a los conciertos y a la dirección de orquesta, convirtiéndose en una pionera en Italia. En 1932 nació su hija Graziolina que se convertiría en asistente Directora y guionista, y luego en afirmada pintora naïf y esposa del gran "mago de la luz" Giuseppe Rotunno. Así pues, ella también fue devota al arte. Con la pequeña y su marido, el marqués Egidio Campori, explorador, documentalista y pintor, dejan Módena, donde el palacio de la familia que era una importante galería de arte, había sido destruido durante la guerra, y se trasladan a las puertas de Florencia, a un pueblo llamado Incisa in Val d’Arno. De 1948 a 1950 Carmen asiste a los prestigiosos cursos de perfeccionamiento de la Academia Chigiana de Siena dictados por el célebre director y violinista holandés Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori dirigiendo una orquesta de 100 músicos durante los ensayos en el teatro de Buenos Aires en los años 1940.

En su debut en Milán con la Orquesta de Cuerda de Bolonia recibe la aprobación de Wally Toscanin, la segunda hija de Arturo Toscanini; entre 1951 y 1965 dirigió mas de 500 conciertos y óperas, sobre todo de Puccini y de Verdi, trabajando más en el extranjero que en Italia. Entre los cantantes con los que colabora encontramos a los grandes de aquel período, desde Anna Moffo hasta Mario Del Monaco, que acompaña en una triunfal gira por Alemania, desde Luciano Pavarotti hasta Mirella Freni, que dirige respectivamente en Rigoletto y Bohème. Entre los principales concertistas se puede mencionar al violinista Uto Ughi, quien en 1954 era un niño prodigio. Su encuentro afortunado con Maria Callas ocurrió durante un Maggio Musicale Fiorentino. Mientras tanto, apreciadas compositoras como las argentinas Ana Serrano Redonnet (191?-93) y Celia Torrá (1884-1962), quienes también fueron directoras de orquesta en el Colón de Buenos Aires, confiaban sus propias obras a su batuta o, venciendo su modestia y su carácter reservado, las presentaban de manera halagadora ante el público de un concierto, como ocurrió en Verona con Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), otra destacada figura de artista polifacética.

Carmen Bulgarelli fue una invitada de la Orquesta de Hilversum, municipio de los Países Bajos, y de numerosas orquestas sinfónicas alemanas: las de Hannover, Dortmund, Bamberg, Düsseldorf, Berlín, Múnich, Stuttgart, Hamburgo. Realizó giras por España, Suiza, Luxemburgo, Países Bajos, Gibraltar, Malta, Argentina y Uruguay. En Italia, dirigió la Orquesta del Teatro Municipal di Bolonia y fue la primera mujer (y única en su época) que dirigió al mismo tiempo las Orquestas Sinfónicas de la Rai de Milán, Turín y Roma, desde 1993 unificadas en la sede de Turín. Desafortunadamente, no existen discos que testimonen su intensa actividad. En 1950 recibió la Orden al Mérito del Presidente de la República y en 1963 el Premio Gazzotti de la ciudad de Módena. En cuanto a su brillante carrera, en la que fue la primera directora de éxito de Italia, mencionamos un episodio significativo del clima de su época: el 18 de marzo de 1954, en la sección "La settimana Incom" del Istituto Luce (que se presentaba en los cines antes de la proyección), se le dedicó un minuto y quince segundos. El título del documento es emblemático: Directora con faldas, mientras hay una musica sirve de fondo sonoro. El inicio es inquietante: «¡También sabe hacer la colada!», y así sigue. En efecto, este cortometraje en blanco y negro se puede encontrar hoy en YouTube y, más allá del tono sardónic, en cambio descubrimos a un gran talento mientras dirige (por si fuera poco) la Sinfonía Italiana de Mendelssohn. Otro vídeo que muestra su gesto firme y su dominio de la orquesta la recoge en el podio en Berlín, en 1960, durante los ensayos con el famoso tenor Del Monaco mientras interpreta dos romanzas: Addio, fiorito asil y Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (en el podio) con el tenor Mario Del Monaco durante los ensayos de “Ah, la paterna mano” y “Addio fioreto asil”, Berlín 1960

Es muy importante porque le rinde homenaje y recuerda sus cualidades la intervención de Clemente Terni –titulada Carmen Bulgarelli Campori, excepcional concertista y directora de orquesta– en la conferencia florentina del 19 de junio de 2003 organizada por la Comisión Regional Toscana para la Igualdad de Oportunidades en colaboración con la Sociedad Italiana de Musicología. En dicha ocasión, el experto hizo escuchar grabaciones inéditas de los años sesenta de la sinfonía de Don Pasquale de Donizetti, la sinfonía de los Vespri Siciliani de Verdi y el preludio de Aida. demás, mostró la larga preparación y el método de trabajo seguido por la música a través de sus notas en las partituras, depositadas en un fondo específico de la biblioteca municipal de Incisa in Val d’Arno, pueblo donde murió prematuramente el 4 de abril de 1965. (FOTO TARGA) Una inscripción de 2009 situada en la plaza Capanni hace referencia a su relación con el pueblo, lástima que en ella la llamen ‘direttore’ (director) en lugar de ‘direttrice’ (directora) y que, como sucede a menudo, el apellido de su esposo preceda el suyo. En 2011 la recordaron en Módena, en la salita del Foro Boario, en ocasión de la publicación del volumen de Lucia Navarrini, estudiosa y colaboradora de Vv, Carmen Campori. Una donna dorettore d’orchestra (‘Carmen Campori. Una mujer director de orquesta’). El 8 de marzo de 2019 se hizo la presentación del Dizionario biografico delle donne modenesi (Diccionario biográfico de las mujeres de Módena), promovido por la Provincia y editado por Roberta Pinelli, tras cinco años de investigación: entro los 2355 nombres, al lado de algunas celebridades y de muchos personajes femeninos olvidados, también se encuentra el de Carmen Bulgarelli. También aparece citada a menudo como ejemplo significativo en el estudio de la jven musicóloga Iaria Giani, cuyo título es elocuente: Direttrici senza orchestra (Lim, 2020; ’Directoras sin orquesta’).

Placa en Piazza Capanni, grabada en Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un interesante artículo publicado en la red (ytali.com, 22.10.2020) ofrece un retrato original e inédito por parte de quien la conoció en Incisa, especialmente en relación al estudio de las partituras, como por ejemplo la de Un ballo in maschera de Verdi: por un lado la partitura, por el otro un disco con la dirección de Toscanini, maestro indiscutido, para escucharlo y asimilarso, no para copiar su ejecución, sino para captar el método y el estilo. Un detalle que nos hace reflexionar son las reseñas citadas por Giani, que fueron muchas y sin embargo a menudo relataban la exterioridad de la directora en lugar de su innegable capacidad. Era «altísima, delgada, con una figura de modelo, con un movimiento elegante» (dijo de ella el musicólogo Giuseppe Pugliese); el público la apreciaba y, recordando que «se trataba de una mujer, por bien que fuera director de orquesta», le mandaba «gentiles ramos de flores al escenario» (son palabras del crítico musical Giulio Confalonieri): habréis notado el ‘por bien que’…

Esta gran mujer se merecería mucho más que una simple inscripción, ejemplo para todas aquellas que recorrieron después ese mismo difícil camino, y sin embargo, en la no hay rastro de ella en los nombres de calles y plazas de Italia; «la quintaesencia de la musicalidad», así la definió el docente y compositor Bruno Bettinelli (1913-2004), que sabía reconocer a los talentos ya que formó, entre otros, a Claudio Abbado Riccardo Muti, Maurizio Pollini y… Gianna Nannini.

 

Vítězslava Kaprálová
Virginia Mariani




Martina Zinni

 

Secondo la classifica di Bachtrack (rivista di musica online internazionale con sede a Londra che pubblica elenchi di musica classica, opera, balletto e danza, nonché recensioni, interviste e articoli di carattere generale), ci sono otto donne tra le/i cento migliori direttori d'orchestra del mondo oggi. E, se non ci fosse lei, forse nessuna di loro ci sarebbe! Purtroppo è vissuta soltanto venticinque anni, Vitulka, come veniva spesso chiamata la compositrice e direttrice d'orchestra. La madre era una stimata cantante e insegnante di canto e il padre un compositore e insegnante di musica: per questo, molto probabilmente, il suo talento si è manifestato fin dall'infanzia e a nove anni, infatti, ha scritto la sua prima composizione: V říši bájí (Nel regno delle favole). 

Vítězslava Kaprálová è nata il 24 gennaio 1915 a Brno, allora nell'Impero austro-ungarico (ora Repubblica Ceca), in una famiglia intrecciata con la musica ed è stata una compositrice e direttrice d'orchestra. Grazie al padre compositore, Václav Kaprál, e alla mamma cantante, Viktorie Kaprálová, ha studiato composizione con Vilém Petrželka e direzione orchestrale con Zdeněk Chalabala al Conservatorio di Brno. Václav, già allievo di Leoš Janáček, gestiva una scuola di musica, una delle più ricercate del Paese all'epoca: erano così interessanti le sue lezioni che gli alunni si alternavano con lui ogni venti minuti durante il giorno. Viktorie insegnava canto e si esibiva nelle sale da concerto. La musica è stata, quindi, una parte essenziale della vita di Vítězslava fin dall'inizio e i suoi genitori si resero presto conto che aveva ereditato la loro passione e le facevano fare ore e ore di pratica, ascoltando e analizzando opere musicali straniere ogni giorno. Essendo nata durante la Prima guerra mondiale, tutta la sua breve vita è stata piena di eventi storici significativi. I Kapral hanno cresciuto la loro figlia nel rispetto della coscienza nazionale e della libertà e della democrazia duramente conquistate nell'autunno del 1918: forse è per questo che Vitka a soli dieci anni ha dedicato una delle sue prime composizioni a T. G. Masaryk, fondatore e primo presidente della Cecoslovacchia.

Nella sua attività artistica ha composto musica per pianoforte solo, canzoni altamente considerate, un quartetto d'archi, un trio per legni, musica per violoncello e anche per violino e pianoforte, una cantata con accompagnamento orchestrale, due concerti per pianoforte, due suite orchestrali, una sinfonietta e un concertino per clarinetto, violino e orchestra; la sua prima opera fu scritta all'età di diciassette anni. Vivace e ambiziosa, ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e possiamo immaginare che, in quanto donna, non abbia avuto vita facile in un mondo orchestrale prettamente maschile… ma tutto ciò che doveva fare era prendere la bacchetta in mano e "bacchettare" i colleghi. Nel 1930 entrò al Conservatorio di Brno, dove iniziò a studiare composizione con Vilém Petrželka e direzione d'orchestra con Zdeněk Chalabala. Si diplomò nel 1935 con la composizione del Concerto per pianoforte in re minore, che diresse durante la cerimonia di laurea. Entrò poi al Conservatorio di Praga sotto la guida dell'influente compositore Vítězslav Novák. Qui ha anche imparato da uno dei più importanti direttori cechi del XX secolo: Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová mentre dirige un’orchestra

Nel suo lavoro è stata ispirata principalmente dalla natura, dalla sua bellezza e dal suo mistero. Ha trovato una fortunata vena, per esempio, nel pittoresco villaggio di Tři Studně, nel centro del Žďárské Vrchy, area paesaggistica protetta, dove i Kaprál erano soliti andare al loro cottage. Oltre alla bellezza della natura, è stata ispirata dalle opere di importanti poeti, come Vítězslav Nezval, Jan Neruda e Fráňa Šrámek. Dall'ottobre 1937 Kaprálová visse a Parigi, dove ricevette una borsa di studio per ulteriori studi. All'Ecole Normale de Musique de Paris si iscrisse alla classe di direttore d'orchestra Charles Munch e frequentò pure lezioni private con Bohuslav Martinů. Alla fine, anche se lui era sposato e lei era fidanzata con Rudolf Kopecký, ebbero una storia d'amore. Si recò brevemente in Gran Bretagna per partecipare al festival della International Society for Contemporary Music. «La sera ho aperto il concerto subito dopo l'inno. Un signore mi disse che il mio numero era il più bello fino ad allora e che il mondo avrebbe sentito parlare molto di me in modo che un giorno me lo ricordassi», scrisse ai suoi genitori a Londra nel 1938. Poi partì per Brno, ma terminò la sua ultima visita dopo pochi mesi e tornò a Parigi. Poco dopo, compose due brani in memoria del celebre scrittore Karel Čapek, pianto da tutta la nazione ceca.

Vítězslava Kaprálová con Václav Kaprál e Bohuslav Martinů

Dopo che l'esercito tedesco marciò nel resto della ex Cecoslovacchia libera, capitolata il 15 marzo 1939, Kaprálová trovò parziale conforto proprio nella musica. Il negativo stato mentale della compositrice si rifletteva, ad esempio, nella composizione Concertino per violino, clarinetto e orchestra, nella cui partitura scrisse «Giobbe 30:26». Si riferiva a un passo della Bibbia: «Ho aspettato il bene con speranza, e il male è venuto, ho aspettato la luce e sono venute le tenebre». L'occupazione tedesca del suo Paese la distrusse non solo mentalmente, ma anche esistenzialmente: non poteva tornare a casa, non riceveva aiuti finanziari o borse di studio. Ruppe, allora, con il suo fidanzato Kopecký a causa di una diversa visione del mondo, poiché si era unito ai fascisti. Successivamente, ancora a Parigi, incontrò il figlio del pittore Alphonse Mucha, Jiří, scrittore, pubblicista, corrispondente di guerra e traduttore. Un anno dopo, il 23 aprile 1940, si promisero amore eterno davanti all'altare. L'ultima volta che scrisse a "Tatulen e Mamulka" (papà e mamma) fu l'11 maggio 1940: piena di gioia e di emozioni, li informava del suo matrimonio. Indossava un abito azzurro, una camicetta di pizzo, un cappello dello stesso colore blu con fiori bianchi, velo, scarpe e guanti bianchi, un mazzo di gigli tra le mani. «Chiediamo la vostra benedizione e speriamo sia io che il mio caro Jirka che saremo in grado di ripagare tutte le vostre preoccupazioni con amore e conforto…» scriveva.

Quando la lettera arrivò ai suoi genitori, Vítězslava era già stata ricoverata in ospedale a Montpellier, in Francia, con ancora tre settimane di vita. «Sentivo che si stava allontanando, che uno dopo l'altro il legame che la legava a questo mondo si stava strappando e rimaneva solo l'amore. Mi tenne con entrambe le mani, ma si allontanò… Stava cominciando ad albeggiare. Il suo respiro era corto. Poi si fermò per sempre. Le ho messo una mano sugli occhi e le ho detto: 'Addio Vitka'», così il marito Jiří Mucha descrisse la sua dipartita. Il padre lo apprese in agosto durante un festival musicale a Luhačovice. La notizia della morte di Vítězslava Kaprálová fu trasmessa quel giorno alla radio della Bbc: uno dei massimi direttori d'orchestra cechi, ma in realtà la prima direttrice, moriva all'età di soli venticinque anni, probabilmente di tubercolosi miliare. Durante la sua brevissima vita, era riuscita a scrivere più di quaranta composizioni estremamente preziose, a dirigere l'Orchestra Filarmonica Ceca a Praga e l'Orchestra Sinfonica della Radio di Bratislava, ma non a leggere la risposta dei genitori alla propria lettera. Sebbene Vítězslava Kaprálová sia morta molto giovane, le sue note continuano a vivere, infatti è una delle compositrici ceche più frequentemente eseguite, specie all'estero. La sua eredità artistica è curata dalla Kapralova Society, una compagnia musicale con sede a Toronto.

Vítězslava Kaprálová nel 1935

Nel 1946 la principale istituzione accademica della Repubblica Ceca, l'Accademia delle Scienze e delle Arti, ha premiato Vítězslava Kaprálová con l'adesione come membro in memoriam. Nel 1948, solo dieci donne su 648 membri dell'Accademia avevano ricevuto questo onore e solo una su dieci era attiva nella musica. Quella donna era Vitka Kaprálová dell'ex sobborgo di Brno.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Selon le classement de Bachtrack (revue musicale en ligne internationale basée à Londres qui publie des listes de musique classique, d'opéra, de ballet et de danse, ainsi que des critiques, des interviews et des articles de caractère général), il y a huit femmes parmi les cent meilleurs chefs d'orchestre du monde aujourd'hui. Et, sans elle, peut-être qu'aucune d'entre elles ne serait là! Malheureusement, elle n'a vécu que vingt-cinq ans, Vitulka, comme on appelait souvent la compositrice et cheffe d'orchestre. Sa mère était une chanteuse et professeure de chant estimée, et son père un compositeur et professeur de musique : c'est pourquoi, très probablement, son talent s'est manifesté dès l'enfance et à neuf ans, en effet, elle a écrit sa première composition : V říši bájí (Dans le royaume des contes de fées).

Vítězslava Kaprálová est née le 24 janvier 1915 à Brno, alors dans l'Empire austro-hongrois (aujourd'hui République tchèque), dans une famille plongée dans la musique et elle était compositrice et cheffe d'orchestre. Grâce à son père compositeur, Václav Kaprál, et à sa mère chanteuse, Viktorie Kaprálová, elle a étudié la composition avec Vilém Petrželka et la direction d'orchestre avec Zdeněk Chalabala au Conservatoire de Brno. Václav, déjà élève de Leoš Janáček, dirigeait une école de musique, l'une des plus recherchées du pays à l'époque : ses cours étaient si captivants que les élèves se relayaient avec lui toutes les vingt minutes tout au long de la journée. Viktorie enseignait le chant et se produisait dans les salles de concert. La musique a donc été une partie essentielle de la vie de Vítězslava dès le début et ses parents ont vite réalisé qu'elle avait hérité de leur passion, lui faisant faire des heures et des heures de pratique, en écoutant et en analysant des œuvres musicales étrangères chaque jour. Née pendant la Première Guerre mondiale, toute sa courte vie a été marquée par des événements historiques significatifs. Les Kaprál ont élevé leur fille dans le respect de la conscience nationale et de la liberté et de la démocratie chèrement acquises à l'automne 1918 : c'est peut-être pour cela que Vitka, à seulement dix ans, a dédié l'une de ses premières compositions à T. G. Masaryk, fondateur et premier président de la Tchécoslovaquie.

Dans son activité artistique, elle a composé de la musique pour piano solo, des chansons très estimées, un quatuor à cordes, un trio pour bois, de la musique pour violoncelle et aussi pour violon et piano, une cantate avec accompagnement orchestral, deux concertos pour piano, deux suites orchestrales, une sinfonietta et un concertino pour clarinette, violon et orchestre ; sa première œuvre a été écrite à l'âge de dix-sept ans. Vive et ambitieuse, elle a laissé une marque indélébile dans l'histoire de la musique et on peut imaginer qu'en tant que femme, elle n'a pas eu la vie facile dans un monde orchestral principalement masculin… mais tout ce qu'elle avait à faire, c'était de prendre la baguette en main et de "commander" ses collègues. En 1930, elle est entrée au Conservatoire de Brno, où elle a commencé à étudier la composition avec Vilém Petrželka et la direction d'orchestre avec Zdeněk Chalabala. Elle a obtenu son diplôme en 1935 avec la composition du Concerto pour piano en ré mineur, qu'elle a dirigé pendant la cérémonie de remise des diplômes. Elle est ensuite entrée au Conservatoire de Prague sous la direction de l'influent compositeur Vítězslav Novák. Là, elle a également appris auprès de l'un des plus importants chefs d'orchestre tchèques du XXe siècle : Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová en dirigeant un orchestre

Dans son travail, elle a été principalement inspirée par la nature, sa beauté et son mystère. Elle a trouvé une veine fertile, par exemple, dans le pittoresque village de Tři Studně, au centre des Žďárské Vrchy, une zone paysagère protégée, où les Kaprál avaient l'habitude d'aller dans leur cottage. En plus de la beauté de la nature, elle a été inspirée par les œuvres de poètes importants, comme Vítězslav Nezval, Jan Neruda et Fráňa Šrámek. À partir d'octobre 1937, Kaprálová a vécu à Paris, où elle a reçu une bourse pour des études supplémentaires. À l'École Normale de Musique de Paris, elle s'est inscrite dans la classe de direction d'orchestre de Charles Munch et a également pris des cours privés avec Bohuslav Martinů. Finalement, bien qu'elle était mariée et fiancée à Rudolf Kopecký, ils ont eu une histoire d'amour. Elle s'est rendue brièvement en Grande-Bretagne pour participer au festival de la Société internationale pour la musique contemporaine. «Le soir, j'ai ouvert le concert juste après l'hymne. Un monsieur m'a dit que mon numéro était le plus beau jusqu'alors et que le monde entendrait beaucoup parler de moi un jour», écrivait-elle à ses parents à Londres en 1938. Elle est reparti ensuite pour Brno, mais elle terminera sa dernière visite après quelques mois et elle retournera à Paris. Peu de temps après, elle composera deux pièces en mémoire du célèbre écrivain Karel Čapek, pleuré par toute la nation tchèque.

Vítězslava Kaprálová avec Václav Kaprál e Bohuslav Martinů

Après que l'armée allemande ait marché dans le reste de l'ancienne Tchécoslovaquie libre, capitulée le 15 mars 1939, Kaprálová trouvera un réconfort partiel dans la musique. L'état mental négatif de la compositrice se reflétait, par exemple, dans la composition Concertino pour violon, clarinette et orchestre, dans la partition de laquelle elle écrivait «Job 30:26». Cela se référait à un passage de la Bible : «J'ai espéré le bien, et le mal est arrivé ; j'ai attendu la lumière, et ce sont les ténèbres qui sont venues.» L'occupation allemande de son pays l’avait détruite non seulement mentalement, mais aussi existentiellement : elle ne pouvait pas rentrer chez elle, ne recevait aucune aide financière ni bourse d'études. Elle a rompu alors avec son fiancé Kopecký en raison d'une vision du monde différente, car il s'était joint aux fascistes. Plus tard, encore à Paris, elle rencontrera le fils du peintre Alphonse Mucha, Jiří, écrivain, publiciste, correspondant de guerre et traducteur. Un an plus tard, le 23 avril 1940, ils se promisent amour éternel devant l'autel. La dernière fois qu'elle a écrit à "Tatulen et Mamulka" (papa et maman) a été le 11 mai 1940 : pleine de joie et d'émotions, elle les informait de son mariage. Elle portait une robe bleue, un chemisier en dentelle, un chapeau bleu de la même couleur avec des fleurs blanches, un voile, des chaussures et des gants blancs, un bouquet de lys à la main. «Nous demandons votre bénédiction et espérons, moi et mon cher Jirka, être capables de vous rendre tout votre souci avec amour et réconfort…» écrivait-elle.

Quand la lettre arrive à ses parents, Vítězslava était déjà hospitalisée à Montpellier, en France, avec encore trois semaines à vivre. «Je sentais qu'elle s'éloignait, qu'un à un les liens qui la reliaient à ce monde se brisaient et qu'il ne restait que l'amour. Elle me tenait avec les deux mains, mais elle s'éloignait… Le jour commençait à poindre. Sa respiration était courte. Puis elle s'est arrêtée pour toujours. Je lui ai posé une main sur les yeux et lui ai dit : 'Adieu Vitka'», ainsi a décrit son mari Jiří Mucha son départ. Son père l'a appris en août lors d'un festival de musique à Luhačovice. La nouvelle de la mort de Vítězslava Kaprálová a été annoncée ce jour-là à la radio de la BBC : l'un des plus grands chefs d'orchestre tchèques, mais en réalité la première femme cheffe d'orchestre, est morte à l'âge de vingt-cinq ans, probablement de tuberculose miliaire. Au cours de sa vie très brève, elle avait réussi à écrire plus de quarante compositions extrêmement précieuses, à diriger l'Orchestre philharmonique tchèque à Prague et l'Orchestre symphonique de la radio de Bratislava, mais pas à lire la réponse de ses parents à sa propre lettre. Bien que Vítězslava Kaprálová soit morte très jeune, ses notes continuent de vivre, en effet elle est l'une des compositrices tchèques les plus souvent jouées, surtout à l'étranger. Son héritage artistique est entretenu par la Kapralova Society, une association musicale basée à Toronto.

Vítězslava Kaprálová dans le 1935

En 1946, la principale institution académique des sciences et des arts, a récompensé Vítězslava Kaprálová en lui accordant l'adhésion en tant que membre in memoriam. En 1948, seulement dix femmes sur 648 membres de l'Académie avaient reçu cet honneur et une seule d'entre elles était active dans le domaine de la musique. Cette femme était Vitka Kaprálová de l'ancien faubourg de Brno.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 According to a ranking by Bachtrack (a London-based international online music magazine that publishes listings of classical music, opera, ballet, and dance, as well as reviews, interviews, and general articles), there are eight women among the world’s one hundred best conductors. And, if she were not there, perhaps none of them would be! Unfortunately, Vitulka, as the composer and conductor was often known, lived only twenty-five years. Her mother was a highly regarded singer and vocal teacher and her father a composer and music teacher. Her talent manifested itself from childhood, and at the age of nine she wrote her first composition, V říši bájí (In the Realm of Fairy Tales).

Vítězslava Kaprálová was born on January 24, 1915, in Brno, then in the Austro-Hungarian Empire (now the Czech Republic), into a family deeply engaged with music, and became a composer and conductor. Thanks to her composer father, Václav Kaprál, and singer mother, Viktorie Kaprálová, she studied composition with Vilém Petrželka and orchestral conducting with Zdeněk Chalabala at the Brno Conservatory. Václav, a former student of Leoš Janáček, ran a music school, one of the most sought-after in the country at the time. So popular were his lessons that pupils took turns with him every twenty minutes during the day. Viktorie taught singing and performed in concert halls. Music was, therefore, an essential part of Vítězslava's life from the beginning, and her parents soon realized that she had inherited their passion and made her practice hours and hours, listening to and analyzing foreign musical works every day. Having been born during World War I, her entire short life was filled with significant historical events. The Kaprals raised their daughter with respect for national consciousness and for the freedom and democracy hard won in the fall of 1918. Perhaps this is why Vitka at only ten years old dedicated one of her first compositions to T. G. Masaryk, founder and first president of Czechoslovakia.

In her artistic activity she composed music for piano solos, highly regarded songs, a string quartet, a woodwind trio, music for cello and also for violin and piano, a cantata with orchestral accompaniment, two piano concertos, two orchestral suites, a symphonietta and a concertino for clarinet, violin and orchestra. Her first opera was written at the age of seventeen. Lively and ambitious, she left an indelible mark on the history of music, and we can imagine that, as a woman, she didn’t have an easy time in a purely male orchestral world. But all she had to do was to take the baton in her hand to lead her colleagues.In 1930 she entered the Brno Conservatory, where she began studying composition with Vilém Petrželka and conducting with Zdeněk Chalabala. She graduated in 1935 with the composition of the Piano Concerto in D minor, which she conducted during the graduation ceremony. She then entered the Prague Conservatory under the guidance of the influential composer Vítězslav Novák. There she also learned from one of the most important Czech conductors of the 20th century - Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová conducting an orchestra

In her works, she was inspired mainly by nature - its beauty and mystery. She found a source of inspiration, for example, in the picturesque village of Tři Studně, in the center of Žďárské Vrchy, a protected landscape area, where the Kaprál used to go to their cottage. Besides the beauty of nature, she was inspired by the works of important poets, such as Vítězslav Nezval, Jan Neruda and Fráňa Šrámek. From October of 1937 Kaprálová lived in Paris, where she received a scholarship for further study. At the Ecole Normale de Musique de Paris she enrolled in the conductor Charles Munch’s class and also attended private lessons with Bohuslav Martinů. Eventually, even though he was married and she was engaged to Rudolf Kopecký, they had a love affair. She briefly traveled to Britain to attend the International Society for Contemporary Music festival. "In the evening I opened the concert right after the anthem. A gentleman told me that my number was the most beautiful until then and that the world would hear a lot about me so that one day I would be remembered," she wrote to her parents from London in 1938. She then left for Brno, but ended her visit after a few months and returned to Paris. Soon after, she composed two songs in memory of the famous writer Karel Čapek, mourned by the entire Czech nation.

Vítězslava Kaprálová with Václav Kaprál and Bohuslav Martinů

After the German army marched into the rest of the former free Czechoslovakia, which capitulated on March 15, 1939, Kaprálová found, at least partially, an outlet in music. The composer's negative mental state was reflected, for example, in the composition Concertino for violin, clarinet and orchestra, in the score of which she wrote "Job 30:26." She was referring to a passage from the Bible - "I waited for good with hope, and evil came, I waited for light and darkness came." The German occupation of her country destroyed her not only mentally, but also her practical life - she could not return home, and she received no financial aid or scholarships. She broke, then, with her fiancé Kopecký because of a different worldview, as he had joined the fascists. Later, still in Paris, she met the painter Alphonse Mucha's son Jiří, a writer, publicist, war correspondent and translator. A year later, on April 23, 1940, they promised each other eternal love before the altar. The last time she wrote to "Tatulen and Mamulka" (father and mother) was May 11, 1940. Full of joy and excitement, she informed them of her marriage. She wore a blue dress, a lace blouse, a hat of the same blue color with white flowers, veil, white shoes and gloves, a bouquet of lilies in her hands. "We ask for your blessing and hope both my dear Jirka and I will be able to repay all your concerns with love and comfort," she wrote.

By the time the letter reached her parents, Vítězslava had already been hospitalized in Montpellier, France, with three weeks left to live. "I felt that she was drifting away, that one by one the ties that bound her to this world were being torn and only love remained. She held me with both hands, but she pulled away - it was beginning to happen. Her breath was short. Then she was stopped for good. I put my hand over her eyes and said, 'Goodbye Vitka,'" is how her husband Jiří Mucha described her departure. Her father learned of it in August during a music festival in Luhačovice. The news of Vítězslava Kaprálová's death was broadcast that day on BBC radio: one of the leading Czech conductors, but actually the first female conductor, died at the age of only twenty-five, probably of aggresive tuberculosis (or typhoid fever). During her very short life, she had managed to write more than forty extremely valuable compositions, to conduct the Czech Philharmonic Orchestra in Prague and the Bratislava Radio Symphony Orchestra, but not to read her parents' response to her last letter. Although Vítězslava Kaprálová died very young, her work lives on. She is one of the most frequently performed Czech composers, especially abroad. Her artistic legacy is cared for by the Kapralova Society, a Toronto-based non-profit organization formed to promote her works.

Vítězslava Kaprálová in 1935

In 1946 the Czech Republic's leading academic institution, the Academy of Sciences and Arts, honored Vítězslava Kaprálová as a member in memoriam. In 1948, only ten women out of 648 members of the Academy had received this honor, and only one out of the ten was active in music. That woman was Vitka Kaprálová from the former suburb, Brno.


Traduzione spagnola

Federica La Spina

Según la clasificación de «Bachtrack» (revista internacional de música en línea, con sede en Londres, que publica listas de música clasica, ópera, ballet y danza, así como reseñas, entrevistas y artículos de carácter general), en la actualidad hay ocho mujeres entre los y las cien mejores directores y directoras de orquesta del mundo. Además, si ella no estuviera, ¡quizá ninguna de ellas existiría! Desgraciadamente, sólo vivió veinticinco años, Vitulka, como a menudo llamaban a la compositora y directora de orquesta. Su madre era una estimada cantante y maestra de canto y su padre un compositor y maestro de música: muy probablemente por eso, su talento se manifestó desde su infancia y a los nueve años, efectivamente, realizó su primera composición: V říši bájí (En el reino de los cuentos de hadas).

Vítězslava Kaprálová nació el 24 de enero de 1915 en Brno, entonces en el Imperio austrohúngaro (actual República Checa), en una familia relacionada con la música y fue compositora y directora de orquesta. Gracias a su padre compositor, Václav Kaprál, y a su madre cantante, Viktorie Kaprálová, estudió composición con Vilém Petrželka y dirección de orquesta con Zdeněk Chalabala en el Conservatorio de Brno. Václav, que ya era alumno de Leoš Janáček, dirigía una escuela de música, una de las más solicitadas del país en aquella época: sus clases eran tan interesantes que sus estudiantes se turnaban cada veinte minutos durante el día. Viktorie enseñaba canto y se exhibía en auditorios. La música fue, por tanto, una parte fundamental de la vida de Vítězslava desde el principio y sus padres pronto se dieron cuenta de que ella había heredado la misma pasión y la hacían practicar horas y horas, escuchando y analizando obras musicales extranjeras todos los días. Al haber nacido durante la Primera Guerra Mundial, toda su breve vida estuvo llena de acontecimientos históricos significativos. Los Kapral criaron a su hija respetando la conciencia nacional, la libertad y la democracia duramente conquistadas en el otoño de 1918: quizá por eso Vitka, con sólo diez años, dedicó una de sus primeras composiciones a T. G. Masaryk, fundador de Checoslovaquia y primer presidente del país.

En su actividad artística, compuso música para piano solista, canciones muy bien consideradas, un cuarteto de cuerda, un trío para vientos de madera, música para violonchelo y también para violín y piano, una cantata con acompañamiento orquestal, dos conciertos para piano, dos suites orquestales, una sinfonietta y un concertino para clarinete, violín y orquesta; su primera ópera la compuso a los diecisiete años.Vivaz y ambiciosa, dejó una marca indeleble en la historia de la música y podemos imaginar que, por ser mujer, no tuvo una vida fácil en un mundo orquestal dominado por los hombres... pero todo lo que tenía que hacer era llevar la batuta ella. En 1930 entró en el Conservatorio de Brno, donde empezó a estudiar composición con Vilém Petrželka y dirección de orquesta con Zdeněk Chalabala. Se graduó en 1935 con la composición del Concierto para piano en re menor, que dirigió durante su ceremonia de graduación. Luego entró en el Conservatorio de Praga bajo la dirección del influyente compositor Vítězslav Novák. Allí aprendió también de uno de los directores checos más importantes del siglo XX: Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová dirigiendo una orquesta

En su trabajo, se inspiró sobre todo en la naturaleza, su belleza y su misterio. Encontró una gran inspiración, por ejemplo, en el pintoresco pueblo de Tři Studně, en el centro de Žďárské Vrchy, una área paisajística protegida, donde los Kaprál solían ir a su casa de campo. Además de inspirarse en la belleza de la naturaleza, se inspiró también en las obras de importantes poetas, como Vítězslav Nezval, Jan Neruda y Fráňa Šrámek. Desde octubre de 1937 Kaprálová vivió en París, donde tenía una beca para seguir con sus estudios en la École Normale de Musique de París donde se matriculó en la clase de dirección de orquesta Charles Munch y también asistió a clases particulares de Bohuslav Martinů. A pesar de que él estaba casado y ella tenía novio, al final tuvieron un romance. Fue por breve tiempo a Gran Bretaña donde participó al festival de la International Society for Contemporary Music: «He abierto yo el concierto tocando enseguida después del himno. Un señor me ha dicho que mi número era el más bello hasta aquel momento y que el mundo oirá hablar de mí, para que lo recuerde», les escribió a sus padres desde Londres en 1938. Luego fue a Brno, terminó su última visita al cabo de pocos meses y volvió a París. Poco después compuso dos fragmentos en memoria del célebre escritor Karel Čapek llorado toda la nación checa.

Vítězslava Kaprálová with Václav Kaprál y Bohuslav Martinů

Después de que el ejército alemán marchó sobre el resto de la ex Checoslovaquia libre, que capituló el 15 de marzo de 1939, Kaprálová encontró una parcial consolación justamente en la música. El estado mental negativo de la compositora se reflejaba en la composición, por ejemplo, del Concertino per violino, clarinetto e orchestra, en cuya partitura escribió «Job 30: 26». Se refería al siguiente paso de la Biblia: «Cuando esperaba yo el bien, entonces vino el mal; y cuando esperaba luz, vino la oscuridad.». La ocupación alemana de su país la destruyó no solo mentalmente sino existencialmente: no podía volver a casa, no recibía ayuda financiera o becas. Entonces rompió con su prometido Kopecký a causa de su visión del mundo, opuesta, pues se había unido a los fascistas. Más tarde, aún en París, conoció al hijo del pintor Alphonse Mucha, Jiří, escritor, publicitario, corresponsal de guerra y traductor. Un año más tarde, el 23 de abril de 1940, se prometieron amor eterno frente al altar. La última vez que escribió a “Tatulen e Mamulka” (papá y mamá) fue el 11 de mayo de 1940. Llena de felicidad y de emoción, les comunicaba y describía su boda: llevaba un vestido azul, una blusa de encaje, un sombrero del mismo color con flores blancas, una veleta, zapatos y guantes blancos, un ramo de lirios en sus manos. «Pedimos vuestra bendición y tanto yo como mi querido Jirka esperamos poder compensar vuestras preocupaciones con nuestro amor y confortación» escribía.

Cuando la carta les llegó a sus padres, Vítězslava ya estaba ingresada en un hospital de Montpellier y le quedaban tres semanas de vida. «Sentía que se estaba alejando, que uno tras otro los vínculos que la ataban a este mundo se estaban desgarrando y quedaba solamente el amor. Me sujetó con ambas manos, pero se alejó… Estaba empezando a amanecer. Su respiración era entrecortada. Luego se detuvo para siempre. Le puse una mano encima de los ojos y le dije: “Adiós Vitka”», así su esposo Jiří Mucha describió su partida. Su padre lo supo en agosto durante el festival musical de Luhačovice. La noticia de la muerte de Vítězslava Kaprálová fue transmitida por radio, por la BBC, ese día: uno de los máximos directores de orquesta checos, en realidad la primera directora, moría con solo veinticinco años de edad, probablemente de tuberculosis miliar. Durante su brevísima vida, había conseguido escribir más de cuarenta composiciones de grandísimo valor, había dirigido la orquesta Filarmónica Checa en Praga y la Orquesta Sinfónica de la Radio de Bratislava, pero no había podido leer la respuesta de sus padres a su última carta. A pesar de haber muerto muy jóven, las notas de Vítězslava Kaprálovásiguen vivas; en efecto es una de las compositoras checas interpretadas con mayor frecuencia, especialmente en el extranjero. Su herencia artística está bajo el cuidado de la Kapralova Society, una compañía musical con sede en Toronto.

Vítězslava Kaprálová in 1935

En 1946 la institución principal de la República Checa, la Academia de las Ciencias y de las Artes, premió a Vítězslava Kaprálová con su adhesión in memoriam. En 1948, de 648 miembros de la Academia, solo diez mujeres habían recibido este honor y solo una de diez era activa en el campo de la música. Esta mujer era Vitka Kaprálová del ex suburbio de Brno.

 

Veronika Dudárova
Valeria Pilone




Martina Zinni

 

Ricordare Veroníka Dudárova tra le donne che si sono distinte nel campo della musica è un atto certamente coraggioso in tempo di guerra russo-ucraina. È stata una personalità importante, considerata come una delle migliori musiciste di Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Minsk e Novosibirsk. Dare spazio alla conoscenza della biografia di Veroníka Dudárova vuole essere anche un atto di libertà espressiva nello stordimento e smarrimento generale provocato dalle atrocità belliche subite dalla popolazione ucraina, che – tra l’altro – ha causato un’operazione di respingimento di artisti e artiste russe dai palchi e dagli eventi europei, operazione a cui abbiamo assistito dall’inizio del conflitto e che ci appare tanto sproporzionata quanto non pertinente alle logiche della guerra. Veroníka Dudárova ha avuto una brillante creatività artistica, si è esibita in molti tour in diversi paesi del mondo, sempre con grande successo (in rete si trovano ampie sezioni con video delle sue direzioni), ed è stata la prima donna russa a dirigere un’orchestra.

Era nata nel 1916 a Baku, in Azerbaigian, in una famiglia di nobili osseti (il gruppo etnico di maggioranza dell’Ossezia, regione storica a nord del Caucaso, al confine tra Georgia e Russia). Aveva iniziato a suonare il piano all’età di cinque anni presso l’Accademia di musica Hajibeyov di Baku e poi a Leningrado con Pavel Serebryakov, il famoso interprete di Rachmaninov. Nel 1947 si era diplomata al Conservatorio di Mosca ed era entrata a far parte dell’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca come direttrice junior, e solo dopo tredici anni ha potuto assumere il ruolo di direttrice principale. Al Conservatorio di Mosca aveva preso lezioni di direzione d’orchestra con Nikolai Anosov e studiato musicologia con Lev Ginzburg. Nel 1991, dopo la caduta del comunismo, ha fondato l’Orchestra Sinfonica della Russia, che ha diretto fino al 2003. È morta a Mosca il 15 gennaio 2009. Veroníka era una persona molto talentuosa, il suo stile nella direzione dell’orchestra era coreografico, i suoi movimenti espressivi, era in grado di ricreare un’atmosfera magica che rendeva brillanti le sue esecuzioni per bellezza estetica e armonia, come confermato da tanti critici musicali. Con tanto tenace studio era riuscita a esprimere tutti gli stili e le tendenze del panorama musicale, dalla musica classica a quella più moderna, durante l’arco di una longeva carriera. Aveva anche un’attenzione per giovani musicisti e musiciste, che faceva lavorare con lei impartendo autentiche lezioni di direzione orchestrale. Chi ha collaborato con lei ne riferisce come di una Maestra d’orchestra di talento innato e una persona creativa dalle spiccate doti umane, musicali e artistiche, oltre che molto generosa con colleghi e colleghe, che riusciva – a fatica ma instancabilmente – a portare fuori dall’Unione Sovietica in tournée.

«La gente dice che dirigere un’orchestra non è una professione femminile. Non è vero! Quando Veronika Dudárova era in piedi vicino al palco aveva una tale aura, un tale potere nei suoi gesti, nei suoi occhi, controllava assolutamente l’orchestra», ha affermato la musicologa russa Zhanna Dozortseva. Questa immagine rievoca alla mente le direzioni di una nostra grande Maestra d’orchestra, Gianna Fratta, la cui difesa della parità di genere in un mondo da sempre considerato appannaggio dei maschi, è tenace e risoluta come il suo talento. La Maestra Fratta, infatti, in un post su Facebook scriveva: «Ancora oggi, il 19 aprile 2023, esistono giornali (come un quotidiano siculo in un articolo dell’altro giorno) che parlano di me scrivendo Gianna Fratta, la moglie di Piero Pelù. No, ma dico, puoi definirmi direttrice d’orchestra, pianista, cavaliere della Repubblica, docente di composizione, Presidente della Camerata Musicale Barese, puoi parlare dei miei titoli di studio (6 lauree di secondo livello, ad esempio, tra cui una laurea in legge), puoi dire delle mie presenze nei cda di varie istituzioni culturali italiane, puoi dire dei miei primati come direttrice d’orchestra in tutto il mondo... e invece scrivi “la moglie di...”. La strada da fare è davvero tantissima!».

Come la maggior parte dei direttori d’orchestra sovietici, Dudárova sosteneva compositori russi tradizionali come Ciajkovskij, Miakovsky, Glazunov, Liadov e Khatchaturian. Tuttavia, non era contraria alla musica di Shostakovich, tra i più importanti compositori sovietici che non aveva avuto un rapporto sempre facile con il potere (nel 1983 ne eseguì la Decima Sinfonia e il Primo Concerto per pianoforte con l’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca e il pianista Alexander Slobodnyak). Nel 1987 è apparsa nel film documentario svedese, dal titolo eloquente, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titolo originale: Dirigenterna) sulle donne direttrici d’orchestra, diretto da Christina Olofson, in cui compaiono JoAnn Falletta e Victoria Bond dagli Stati Uniti, Kerstin Nerbe e Ortrud Mann dalla Svezia, Veroníka Dudárova e Camilla Kolchinsky dall’Urss, che condividono la passione per la musica e il coraggio di rompere gli stereotipi di un mondo prettamente maschile e di affrontare nuove sfide. Proprio Dudárova nel documentario afferma: «Solo i soldati poveri non vogliono essere generali», lei che nel 1977, in piena Guerra Fredda, era stata criticata dal Washington Post come eccessivamente melodrammatica («sembra essere una direttrice molto competente, anche se con un approccio estremamente rilassato alla musica il cui ingrediente essenziale è l’eccitazione drammatica»). Ha lavorato con passione fino alla fine. All’età di 85 anni ha diretto la Pathétique di Ciajkovskij nella Sala dei Concerti della Città Proibita di Pechino. Il novantesimo compleanno lo ha celebrato con un concerto a Mosca, in cui ha festeggiato dirigendo il Bolero di Ravel.

In occasione di quello che sarebbe stato il suo 101º compleanno, Google l’ha ricordata con un bellissimo Doodle che la raffigura mentre guida le lettere di Google – come un gruppo di musicisti – in un’esibizione appassionata e drammaticamente efficace. È iscritta nel Guinness dei primati come unica donna al mondo ad aver diretto grandi orchestre filarmoniche per oltre mezzo secolo e a lei è stato intitolato un asteroide della fascia principale, 9737 Dudárova, appartenente alla regione del sistema solare situata tra le orbite di Marte e di Giove. Di questo ne era stata felicissima: «Avere un pianeta che porta il tuo nome è il miglior onore che possa essere concesso a chiunque», aveva detto.

Tra le sue migliori esecuzioni si ricordano la Messa in si minore di Bach, lo Stabat Mater di Pergolesi, il Requiem di Verdi, John Damascene di Taneyev, il Requiem di Mozart, e ancora sinfonie di Beethoven, Brahms, Ciajkovskij, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, composizioni di Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Era, infatti, un’interprete sensibile di classici russi e sovietici, ma anche di partiture moderne d’avanguardia e musica barocca, opere del classicismo e del romanticismo europei. La storia di Veroníka Dudárova è un altro tassello nel cosmo delle generazioni di donne che non hanno avuto bisogno di sentirsi inferiori agli uomini in termini di bravura, talento, competenze, in nessun settore, mai.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Se souvenir de Veroníka Dudárova parmi les femmes qui se sont distinguées dans le domaine de la musique est certainement un acte courageux en temps de guerre russo-ukrainienne. Elle a été une personnalité importante, considérée comme l’une des meilleures musiciennes de Moscou, Saint-Pétersbourg, Kiev, Minsk et Novosibirsk. Faire connaître la biographie de Veroníka Dudárova est aussi un acte de liberté d’expression dans le vertige et la confusion générale provoqués par les atrocités de guerre subies par la population ukrainienne, qui - entre autres - ont conduit à une opération de rejet des artistes russes des scènes et des événements européens, opération à laquelle nous avons assisté dès le début du conflit et qui nous semble aussi disproportionnée qu’irrelevante aux logiques de la guerre. Veroníka Dudárova a eu une brillante créativité artistique, elle s’est produite dans de nombreuses tournées à travers le monde, toujours avec grand succès (on trouve sur internet de nombreuses vidéos de ses directions), et elle a été la première femme russe à diriger un orchestre.

Elle est née en 1916 à Bakou, en Azerbaïdjan, dans une famille de nobles ossètes (le groupe ethnique majoritaire en Ossétie, région historique au nord du Caucase, à la frontière entre la Géorgie et la Russie). Elle a commencé à jouer du piano à l'âge de cinq ans à l'Académie de musique Hajibeyov de Bakou, puis à Leningrad avec Pavel Serebryakov, l'interprète célèbre de Rachmaninov. En 1947, elle s’est diplômée du Conservatoire de Moscou et a rejoint l'Orchestre symphonique d'État de Moscou en tant que directrice junior, et ce n'est qu'après treize ans qu'elle a pu assumer le rôle de directrice principale. Au Conservatoire de Moscou, elle a pris des cours de direction d'orchestre avec Nikolaï Anosov et a étudié la musicologie avec Lev Ginzburg. En 1991, après la chute du communisme, elle a fondé l'Orchestre symphonique de Russie, qu'elle a dirigé jusqu'en 2003. Elle est décédée à Moscou le 15 janvier 2009. Veroníka était une personne très talentueuse, son style de direction d'orchestre était chorégraphique, ses mouvements expressifs, elle était capable de recréer une atmosphère magique qui rendait ses exécutions brillantes par leur beauté esthétique et leur harmonie, comme confirmé par de nombreux critiques musicaux. Par un travail acharné, elle a réussi à exprimer tous les styles et tendances du panorama musical, de la musique classique à la plus moderne, tout au long d'une longue carrière. Elle accordait aussi une attention particulière aux jeunes musiciens, qu'elle faisait travailler avec elle en leur donnant de véritables leçons de direction d'orchestre. Ceux qui ont collaboré avec elle la décrivent comme une Maestra d'orchestre de talent inné et une personne créative aux grandes qualités humaines, musicales et artistiques, en plus d'être très généreuse avec ses collègues, qu'elle parvenait – avec difficulté mais inlassablement – à emmener en tournée en dehors de l'Union soviétique.

«Les gens disent que diriger un orchestre n'est pas une profession féminine. Ce n'est pas vrai ! Quand Veronika Dudárova se tenait près de la scène, elle avait une telle aura, une telle puissance dans ses gestes, dans ses yeux, elle contrôlait absolument l’orchestre», a déclaré la musicologue russe Zhanna Dozortseva. Cette image me rappelle la direction d'un de nos grands professeurs d'orchestre, Gianna Fratta, dont la défense de l'égalité des sexes dans un monde qui a toujours été considéré comme l'apanage des hommes, est aussi tenace et résolue que son talent. En effet, Maestra Fratta a écrit dans un post Facebook : «Aujourd'hui encore, 19 avril 2023, il y a des journaux (comme un quotidien sicilien dans un article l'autre jour) qui parlent de moi en écrivant Gianna Fratta, la femme de Piero Pelù. Non, mais je dis que vous pouvez m'appeler chef d'orchestre, pianiste, chevalier de la République, professeur de composition, président de la Camerata Musicale Barese, vous pouvez parler de mes qualifications (6 licences, par exemple, dont une en droit), vous pouvez parler de mes présences dans les conseils d'administration de diverses institutions culturelles italiennes, vous pouvez parler de mes records en tant que cheffe d'orchestre dans le monde entier... et au lieu de cela vous écrivez "l'épouse de...". Le chemin à parcourir est encore très long !».

Comme la plupart des chefs d'orchestre soviétiques, Dudárova soutenait les compositeurs russes traditionnels tels que Tchaïkovski, Maïakovski, Glazounov, Liadov et Khatchatourian. Cependant, elle n'était pas opposée à la musique de Chostakovitch, l'un des compositeurs soviétiques les plus importants qui n'avait pas toujours eu une relation facile avec le pouvoir (en 1983, elle a interprété sa Dixième Symphonie et son Premier Concerto pour piano avec l'Orchestre symphonique d'État de Moscou et le pianiste Alexander Slobodnyak). En 1987, elle est apparue dans le film documentaire suédois, au titre éloquent, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titre original: Dirigenterna) sur les femmes cheffes d'orchestre, réalisé par Christina Olofson, dans lequel apparaissent JoAnn Falletta et Victoria Bond des États-Unis, Kerstin Nerbe et Ortrud Mann de Suède, Veroníka Dudárova et Camilla Kolchinsky de l'URSS, qui partagent la passion pour la musique et le courage de briser les stéréotypes d'un monde purement masculin et de faire face à de nouveaux défis. Dudárova elle-même affirme dans le documentaire : «Seuls les soldats pauvres ne veulent pas être généraux», elle qui en 1977, en pleine Guerre froide, a été critiquée par le Washington Post comme étant excessivement mélodramatique («elle semble être une directrice très compétente, même si avec une approche extrêmement détendue de la musique dont l'ingrédient essentiel est l'excitation dramatique»). Elle a travaillé avec passion jusqu'à la fin. À l'âge de 85 ans, elle a dirigé la Pathétique de Tchaïkovski dans la Salle des Concerts de la Cité Interdite à Pékin. Elle a célébré son quatre-vingt-dixième anniversaire avec un concert à Moscou, où elle a fêté en dirigeant le Boléro de Ravel.

À l'occasion de ce qui aurait été son 101e anniversaire, Google lui a rendu hommage avec un magnifique Doodle la représentant en train de diriger les lettres de Google – comme un groupe de musiciens – dans une performance passionnée et dramatiquement efficace. Elle est inscrite dans le Livre Guinness des records comme la seule femme au monde à avoir dirigé de grands orchestres philharmoniques pendant plus d'un demi-siècle et un astéroïde de la ceinture principale, 9737 Dudárova, appartenant à la région du système solaire située entre les orbites de Mars et de Jupiter, porte son nom. Elle en était très heureuse : «Avoir une planète qui porte votre nom est le plus grand honneur que l'on puisse accorder à quiconque», avait-elle déclaré.

Parmi ses meilleures interprétations, on se souvient de la Messe en si mineur de Bach, du Stabat Mater de Pergolesi, du Requiem de Verdi, de John Damascene de Taneïev, du Requiem de Mozart, ainsi que des symphonies de Beethoven, Brahms, Tchaïkovski, Rachmaninov, Chostakovitch, Maïakovski, des compositions de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Elle était, en effet, une interprète sensible des classiques russes et soviétiques, mais aussi des partitions modernes d'avant-garde et de musique baroque, des œuvres du classicisme et du romantisme européens. L'histoire de Veroníka Dudárova est un autre maillon dans le cosmos des générations de femmes qui n'ont pas eu besoin de se sentir inférieures aux hommes en termes de compétence, de talent et de compétence, dans aucun domaine, jamais.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Remembering Veroníka Dudárova among women who have distinguished themselves in the field of music is certainly a bold act in times of the Russian-Ukrainian war. She was an important personality, regarded as one of the best musicians in Moscow, St. Petersburg, Kiev, Minsk and Novosibirsk. Giving space to acknowledge Veroníka Dudárova's life is also an act of freedom of expression in the general pain and bewilderment caused by the war atrocities suffered by the Ukrainian population, which - among other things - caused a withdrawal of Russian artists from European stages and events, a phenomena we have witnessed since the beginning of the conflict and which appears to us as disproportionate, as it is not pertinent to the logic of war. Veroníka Dudárova had brilliant artistic creativity, she performed on many tours in different countries of the world, always with great success (there is an ample selection of videos of her conducting on the net), and she was the first Russian woman to conduct an orchestra.

She was born in 1916 in Baku, Azerbaijan, into a family of noble Ossetians (the majority ethnic group of Ossetia, a historical region north of the Caucasus, on the border between Georgia and Russia). She started playing the piano at the age of five at the Hajibeyov Academy of Music in Baku and then in Leningrad with Pavel Serebryakov, the famous interpreter of Rachmaninov. In 1947 she graduated from the Moscow Conservatory and joined the Moscow State Symphony Orchestra as a junior conductor, and only after thirteen years was she able to assume the role of principal conductor. At the Moscow Conservatory she had taken conducting lessons with Nikolai Anosov and studied musicology with Lev Ginzburg. In 1991, after the fall of communism, she founded the Symphony Orchestra of Russia, which she conducted until 2003. She died in Moscow on January 15, 2009. Veroníka was a very talented person. Her style in conducting the orchestra was choreographic, and with her expressive movements, she was able to recreate a magical atmosphere that made her performances brilliant for aesthetic beauty and harmony, as confirmed by many music critics. With much tenacious study she had managed to express all the styles and trends of the musical panorama, from classical to more modern music, during the span of a long career. She also had an eye for young musicians, male and female, who she had work with her by giving critical lessons in orchestral conducting. Those who collaborated with her refer to her as an orchestra teacher of innate talent and a creative person with marked human, musical and artistic talents, as well as being very generous with male and female colleagues, and who managed - with difficulty, but tirelessly - to bring them out from the Soviet Union on tour.

“People say conducting an orchestra is not a female profession. It is not true! When Veronika Dudárova was standing near the stage she had such an aura, such a power in her gestures, in her eyes, she absolutely controlled the orchestra,” said Russian musicologist Zhanna Dozortseva. This image brings to mind the direction of one of our great orchestra teachers, Gianna Fratta, whose defense of gender equality in a world that has always been considered the prerogative of males, is as tenacious and resolute as her talent. Maestra Fratta wrote in a post on Facebook: “Even today, on April 19, 2023, there are newspapers (like a Sicilian newspaper in an article from the other day) that talk about me by writing ‘Gianna Fratta, the wife of Piero Pelù.’ No, but I mean, can you define me as conductor, pianist, Knight of the Republic, teacher of composition, President of the Camerata Musicale Barese, can you talk about my educational qualifications (6 second level degrees, for example, including a degree in law), you can tell about my presence on the board of directors of various Italian cultural institutions, you can tell about my records as conductor of an orchestra all over the world... and instead they write ‘the wife of...’. There is really a long way to go!”.

Like most Soviet conductors, Dudárova championed traditional Russian composers such as Tchaikovsky, Myakovsky, Glazunov, Liadov and Khatchaturian. However, she was not against the music of Shostakovich, one of the most important Soviet composers who had not always had an easy relationship with power (in 1983 she performed his Tenth Symphony and First Piano Concerto with the Moscow State Symphony Orchestra and pianist Alexander Slobodnyak). In 1987 she appeared in the eloquently titled Swedish documentary film A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (original title: Dirigenterna) about women conductors, directed by Christina Olofson, featuring JoAnn Falletta and Victoria Bond from the U.S., Kerstin Nerbe and Ortrud Mann from Sweden, and Veroníka Dudárova and Camilla Kolchinsky from the USSR, who share a passion for music and the courage to break the stereotypes of a purely male world and take on new challenges. Dudárova herself says in the documentary, "Only poor soldiers don't want to be generals," she who in 1977, at the height of the Cold War, had been criticized by the Washington Post as overly melodramatic ("she seems to be a very competent conductor, though with an extremely relaxed approach to music whose essential ingredient is dramatic excitement"). She worked passionately until the end. At age 85, she conducted Tchaikovsky's Pathétique in the Forbidden City Concert Hall in Beijing. She celebrated her 90th birthday with a concert in Moscow, where she celebrated by conducting Ravel's Bolero.

On the occasion of what would have been her 101st birthday, Google remembered her with a beautiful Doodle depicting her leading the Google letters - as a group of musicians - in a passionate and dramatically effective performance. She is inscribed in the Guinness Book of Records as the only woman in the world to have conducted large philharmonic orchestras for more than half a century, and an asteroid in the main belt, belonging to the region of the solar system located between the orbits of Mars and Jupiter, 9737 Dudárova, was named after her. Of this she had been overjoyed: "To have a planet named after you is the best honor that can be bestowed on anyone," she had said.

Among her best performances were Bach's Mass in B minor, Pergolesi's Stabat Mater, Verdi's Requiem, Taneyev's John Damascene, Mozart's Requiem, and symphonies by Beethoven, Brahms, Tchaikovsky, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, compositions by Strauss, Debussy, Ravel, and Gershwin. She was, in fact, a sensitive interpreter of Russian and Soviet classics, but also of modern avant-garde scores and baroque music, works of European classicism and romanticism. Veroníka Dudárova's story is another piece in the cosmos of generations of women who did not need to feel inferior to men in terms of prowess, talent, skills, in any field, ever.


Traduzione spagnola

Aurora Di Stefano

Recordar a Veroníka Dudárova entre las mujeres que se distinguieron en el campo de la música es un acto ciertamente valiente en tiempos de guerra ruso-ucraniana. Fue una personalidad importante, considerada como una de las mejores músicas de Moscú, San Petersburgo, Kiev, Minsk y Novosibirsk. Dar espacio al conocimiento de la biografía de Veroníka Dudárova quiere ser también un acto de libertad de expresión en el aturdimiento y extravío general provocados por las atrocidades bélicas sufridas por la población ucraniana, que –entre otras cosas– ha causado una operación de rechazo de artistas rusos y rusas en los escenarios y en los eventos europeos, operación a la que hemos asistido desde el comienzo del conflicto y que nos parece tan desproporcionada como no pertinente a las lógicas de la guerra. Veroníka Dudárova tuvo una brillante creatividad artística, actuó en muchas giras en diferentes países del mundo, siempre con gran éxito (en línea se encuentran amplias secciones con vídeos de sus direcciones), y fue la primera mujer rusa en dirigir una orquesta.

Había nacido en 1916 en Bakú, en Azerbaiyán, en una familia de nobles osetios (el grupo étnico mayoritario de Osetia, una región histórica en el norte del Cáucaso, en la frontera entre Georgia y Rusia). Empezó a tocar el piano a los cinco años en la Academia de Música de Bakú y después en Leningrado con Pavel Serebryakov, el famoso intérprete de Rajmáninov. En 1947 se graduó en el Conservatorio de Moscú y se unió a la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú como directora júnior, cuyo cargo de directora principal solo pudo asumir después de trece años. Tomó clases de directora de orquesta en el conservatorio de Moscú con Nikolai Anosov y estudió musicología con Lev Ginzburg. En 1991, tras la caída del comunismo, fundó la Orquesta Sinfónica de Rusia, que dirigió hasta 2003. Murió en Moscú el 15 de enero de 2009. Veroníka era una persona talentosa, su estilo en la dirección de la orquesta era coreográfico, sus movimientos expresivos, lograba recrear una atmósfera mágica que hacía brillar sus ejecuciones por su belleza estética y su armonía, como han confirmado numerosos críticos musicales. Gracias a su tenacidad en el estudio, durante su larga carrera consiguió expresar todos los estilos y las tendencias del panorama musical, desde la música clásica hasta la más moderna. También dedicaba una atención especial hacia jóvenes músicos y músicas, a quienes hacía trabajar con ella impartiendo auténticas clases de dirección de orquesta. Quien ha colaborado con ella habla de una Maestra de orquesta con un talento innato y de una persona creativa con grandes dotes humanas, musicales y artísticas, además de ser muy generosa con sus compañeros y compañeras, que lograba –con dificultades pero incansablemente– llevar de gira fuera de la Unión Soviética.

Como sostuvo la musicóloga rusa Zhanna Dozortseva «La gente dice que dirigir una orquesta no es una profesión femenina. No es cierto! Cuando Veroníka Dudárova estaba de pie en el escenario tenía un aura, un poder en sus gestos, en sus ojos, controlaba la orquesta por completo». Esta imagen nos recuerda las direcciones de una gran Maestra de orquesta italiana, Gianna Fratta, cuya defensa de la equidad de género –en un mundo desde siempre en manos de los varones– es tenaz y decidida como su talento. En efecto, la Maestra Fratta, escribía hace poco más de un año en un post de Facebook: «Aún hoy, el 19 de abril de 2023, hay periódicos (como uno siciliano en un artículo del otro día) que habla de mí escribiendo “Gianna Fratta, la mujer de Piero Pelù”. Digo yo, me puedes definir directora de orquesta, pianista, cavaliere de la República italiana, docente de composición, Presidente de la Camerata Musicale Barese, puedes hablar de mis títulos de estudio (6 licenciaturas , entre ellas una en Derecho), puedes hablar de mi presencia en la junta directiva de varias asociaciones culturales italianas, puedes hablar de mis logoros como directora de orquesta en todo el mundo… y en cambio escribes “la esposa de…”. ¡Realmente aún queda mucho camino por hacer!».

Como la mayoría de directores de orquesta rusos, Dudárova sotenía a los compositores rusos tradicionales como Chaikovski, Miakovsky, Glazunov, Liadov y Khatchaturian. Sin embargo, no tenía nada en contra de la música de Shostakovich, uno entre los mayores compositores soviéticos que no siempre había tenido una relación fácil con el poder (en 1983 dirigió su Décima sinfonía y el Primer Concierto para piano con la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú y con el pianista Alexander Slobodnyak). En 1987 apareció en el documental sueco A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (título original: Dirigenterna), cuyo título es elocuente: trata de las mujeres directoras de orquesta. Dirigido por Christina Olofson, aparecen JoAnn Falletta y Victoria Bond de Estados Unidos, Kerstin Nerbe y Ortrud Mann de Suecia, Veroníka Dudárova y Camilla Kolchinsky de la Urss, que comparten la pasión por la música y la audacia de romper los estereotipos de un mundo preponderantemente masculino y de afrontar nuevos desafíos. Precisamente en el documental Dudárova afirma que: «Solamente los soldados pobres no quieren ser generales», ella que en 1977, en plena Guerra Fría, fue criticada por el Washington Post como excesivamente melodramática («Parece una directora competente, aunque con un acercamiento a la música extremadamente relajado cuyo ingrediente esencial es la excitación dramática»). Trabajó con pasión hasta el final: con 85 años dirigió la Pathétique di Chaikovski en la Sala de Conciertos de la Ciudad Prohibida de Pequín y celebró los noventa años con un concierto en Moscú dirigiendo el Bolero de Ravel.

En ocasión de su 101 cumpleaños virtual, Google la recordó con un bellísimo Doodle en el que dirige las letras de Google –como un grupo de músicos– en una exhibición apasionada y dramáticamente eficaz. Aparece en el Libro Guiness de los Récords como única mujer en el mundo que ha dirigido grandes orquestas filarmónicas durante más de medio siglo; el asteroide 9737 del cinturón principal, perteneciente a la región del sistema solar, situado entre las órbitas de Marte y de Júpiter, lleva su nombre: asteroide 9737 Dudárova. Estuvo muy contenta de ello: «Que haya un planeta que lleva tu propio nombre es el mejor honor que se le puede conceder a alguien» dijo.

Entre sus mejores ejecuciones, recordamos la Misa en sí menor de Bach, el Stabat Mater de Pergolesi, el Requiem de Verdi, John Damascene de Taneyev, el Requiem de Mozart; sinfonias de Beethoven, Brahms, Chaikovski, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky; composiciones de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Efectivamente, era una intérprete sensible de los clásicos rusos y soviéticos, pero también de partituras modernas de vanguardia y de música barroca, obras del clacisismo y del romanticismo europeos. La historia de Veroníka Dudárova es otra tesela en el cosmos de las generaciones de mujeres que no han necesitado sentirse inferiores a los hombres en términos de capacidades, talento, competencias, en ningún sector, jamás.

 

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