Alice Munro
Livia Capasso





Giulia Canetto

 

«Maestra del racconto breve contemporaneo». Alice Laidlaw è la più importante scrittrice canadese contemporanea. Nasce e cresce in un paesino dell’Ontario; la mamma insegna; il padre, allevatore di animali da pelliccia, riesce a stento a mantenere la famiglia. Da bambina deve accudire la mamma a cui viene diagnosticato il morbo di Parkinson e comincia a scrivere per sfuggire alla solitudine. Con una borsa di studio può iscriversi all’università, e per mantenersi dona il sangue, fa la cameriera, raccoglie il tabacco, lavora in biblioteca.

Lascia gli studi nel 1951 e sposa James Munro, proveniente da una famiglia dell’alta borghesia, contro il parere dei genitori di lui. James sostiene la sua attività di scrittrice e la incoraggia a continuare. Dal matrimonio nascono quattro figlie, di cui una muore appena nata. Scrive in ogni minuto libero da impegni familiari, quando le bimbe dormono, o mentre sono a scuola. Lei stessa dirà che scrive racconti perché non ha il tempo per scrivere romanzi. Apre col marito una libreria nel 1963 a Victoria, la Munro’s Books. Nel 1959 scrive La pace di Utrecht, racconto in cui narra del difficile rapporto con la madre invalida, e della sua morte. I racconti iniziano a uscire sulle riviste e nel 1969 La danza delle ombre felici, la sua prima raccolta, vince il Governor General’s Award, massimo premio letterario canadese. A questo successo segue quello de La vita delle ragazze e delle donne (1971), l’unica opera pubblicata come romanzo, una sorta di autobiografia. Nel 1972 si separa dal marito e inizia a insegnare scrittura creativa nei college. Nel 1976 sposa un suo vecchio compagno di università, Gerald Fremlin, e come scrittrice mantiene il cognome del primo marito. Nel 1980 è “Writer in Residence” sia all’Università della Columbia Britannica che all’Università del Queensland. Vince altre due volte il Governor’s General Award (per Chi pensi di essere? e Il percorso dell’amore), il Rogers Writers’ Trust Fiction Prize nel 2004 per la raccolta di racconti In Fuga, nel 2009 il premio alla carriera Man Booker International Prize.

Nel 2013 annuncia il suo addio alla scrittura. Alice Munro ha pubblicato tredici raccolte di racconti, di cui molti sono usciti su importanti riviste. Da un racconto nella raccolta Nemico, amico, amante la regista Sarah Polley ha tratto un film dal titolo Away from Her (Lontano da lei). Grant e Fiona, i protagonisti, sono sposati da quarantaquattro anni, sono molto legati e il loro è un matrimonio felice, anche se il passato non è stato sempre sereno. Ma quando Fiona inizia a perdere la memoria, colpita dal morbo di Alzheimer, e viene ricoverata in una casa di riposo, Grant compie un vero e proprio atto di abnegazione: permetterà alla moglie di essere felice per l’ultima volta, quando lei trasferisce il suo affetto a un altro uomo, Aubrey, paziente della stessa casa di cura. Nei suoi racconti, ambientati per lo più nella sua regione natale, il Southwestern Ontario, descrive storie di persone comuni alle prese con la vita di tutti i giorni, e ne indaga le relazioni con un linguaggio che può sembrare semplice ma è quella semplicità che viene fuori da una lunga pratica di scrittura. Munro rivoluziona la struttura del racconto breve, soprattutto per quel che riguarda i tempi, spostandosi continuamente dal passato al futuro e nel breve spazio di un racconto esplora tutta la complessità di ogni vicenda. Le protagoniste dei suoi racconti, per lo più ragazze fragili che hanno visto svanire i propri sogni, signore cariche d’esperienze, donne adolescenti e mature, sole in condizioni di insicurezza e precarietà, ci svelano i loro lati nascosti, mostrandoci la bellezza del loro mondo interiore. Bambine che crescono e diventano ragazze, poi donne e nel frattempo vivono e vanno avanti, malgrado ferite e cicatrici e ricordano il passato con la convinzione di esserne venute fuori.

Nel romanzo autobiografico La vita delle ragazze e delle donne la protagonista Del Jordan vive nella campagna dell’Ontario e il padre alleva e scuoia volpi. Crescendo però frequenta sempre di più la città, e si avventura in un mondo nuovo; sperimenta l’amicizia, l’amore e la perdita e intravede la fine dell’adolescenza. Infine scopre la scrittura, unica ancora di salvezza mentre le persone passano e svaniscono. «Flats Road era l’ultimo posto dove mia madre avrebbe voluto vivere... Alla gente che abitava lì parlava con una voce meno cordiale di quella che utilizzava in paese, ostentando una gentilezza severa e un uso in qualche modo ostile della correttezza grammaticale… Lei stava dalla parte dei poveri, sempre e dovunque, dalla parte di negri, ebrei, cinesi e donne, ma quelli che si ubriacavano, no, non li tollerava, e nemmeno chi esagerava col sesso e le parolacce, la vita sregolata, l’ignoranza compiaciuta... Mio padre era un altro tipo. Piaceva a tutti. E a lui piaceva Flats Road, benché non toccasse mai alcol, non sfarfallasse con le signore e non usasse parolacce. Lui lì stava bene».

Nel racconto Il cowboy della Walker Brothers tratto da La danza delle ombre felici è cruciale il rapporto tra padre e figlia. «Dopo cena mio padre fa: – Scendiamo a vedere se c’è ancora il lago? – Lasciamo mia madre a cucire sotto la lampada in sala da pranzo; mi fa dei vestiti per l’inizio della scuola. A questo scopo ha disfatto un vecchio completo e un vestito scozzese che erano suoi, e ora le tocca ingegnarsi per tagliare e ricucire oltre a farmi stare in piedi a girare su me stessa per interminabili prove mentre io, ingrata, sudo e mi lamento perché la lana prude e mi viene caldo. Lasciamo mio fratello a letto nel piccolo portico chiuso al fondo della veranda, e certe volte lui si inginocchia sul lettino, preme la faccia contro la zanzariera e frigna: “Portatemi il gelato!”, ma io gli rispondo: “Tanto dormirai già”, e non giro neanche la testa».

In Chi ti credi di essere? Munro delinea il personaggio di Rose attraverso quarant’anni, partendo dal suo rapporto con la matrigna, Flo, donna volgare tipica esponente di quel mondo provinciale da cui Rose vuole fuggire, fino alla completa definizione della sua identità. Ma nel mezzo c’è la sofferenza della bambina che si ribella e viene presa a cinghiate dal padre, il conforto che trae dalla lettura, il coraggio di mettersi in viaggio, l’esperienza amara dell’amore, il difficile rapporto con la figlia e infine la maturità di una donna che decide di tornare là dove tutto è cominciato per arrivare a conoscere chi crede di essere e chi davvero è. «Ci fu una lunga tregua tra Flo e Rose, al principio. Il carattere di Rose cresceva ispido come un ananas, ma in modo lento, segreto, foderato da strati di orgoglio e scetticismo che rendevano l’effetto sorprendente ai suoi stessi occhi». Le sue short stories sono perfette, stringate e sobrie nello stile, pungenti nell’analisi psicologica dei personaggi, di cui descrivono i tratti con tanta efficacia da renderli universali. Molto attenta al mondo femminile, ai difficili rapporti fra genitori e figli, ai diversi aspetti dell’amore, della malattia e della morte, Munro riesce a creare dei sottili richiami tra le singole storie.Tanti gli autori a cui è stata paragonata, da Flannery O’Connor a Henry James, da Chechov a Tolstoj, ma unica e incomparabile resta la sua capacità di farci intravedere gli intrecci complicati della natura umana in un istante, con uno stile lucido e ironico. Nei racconti più recenti il suo sguardo spazia dalle vicende familiari ai problemi della terza età; sullo sfondo di storie incantevoli si avverte sempre un mondo pieno di minacce, morti, disastri, ferite insanabili, su cui irrompe improvviso una luce, un sentimento che somiglia all’amore.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

 Prix Nobel de littérature 2013 « Maîtresse du récit court contemporain ».

Alice Laidlaw est l’écrivain canadienne contemporaine la plus importante. Elle naît et grandit dans un petit village de l’Ontario; la mère enseigne; le père, éleveur d’animaux à fourrure, parvient à peine à maintenir la famille. Enfant, elle doit s’occuper de la mère diagnostiquée avec la maladie de Parkinson et commence à écrire pour échapper à la solitude. Avec une bourse, elle peut s’inscrire à l’université, et pour subvenir à ses besoins, et pour se maintenir elle donne son sang, elle est serveuse, elle récolte du tabac, et elle travaille à la bibliothèque.

Elle quitte l’école en 1951 et épouse James Munro, issu d’une famille bourgeoise, contre l’avis de ses parents. James soutient son activité d’écrivain et l’encourage à continuer. De leur mariage naissent quatre filles, dont l’une meurt à peine née. Elle écrit à chaque minute libre de tout engagement familial, quand les filles dorment, ou quand ils sont à l’école. Elle dira qu’elle écrit des histoires parce qu’elle n’a pas le temps d’écrire des romans. En 1963, elle ouvre avec son mari une librairie à Victoria, Munro’s Books. En 1959, elle écrit La pace di Utrecht, récit dans lequel elle raconte la relation difficile avec la mère handicapée, et sa mort. En 1969, La Danse des ombres heureuses, son premier recueil, remporte le Governor General Award, le plus grand prix littéraire canadien. Ce succès est suivi de celui de La vie des filles et des femmes (1971), la seule œuvre publiée comme roman, une sorte d’autobiographie. En 1972, elle se sépare de son mari et commence à enseigner l’écriture créative dans les collèges. En 1976, elle épouse son ancien camarade d’université, Gerald Fremlin, et en tant qu’écrivain, elle conserve le nom de famille de son premier mari. En 1980, elle est "Writer in Residence" à la fois à l’Université de la Colombie-Britannique et à l’Université du Queensland. Elle remporte deux fois le Governor’s General Award (pour Qui pensez-vous être? et Le Chemin de l’amour), le Rogers Writers' Trust Fiction Prize en 2004 pour le recueil de nouvelles In Fuga, en 2009 le prix de la carrière Man Booker International Prize.

En 2013, elle annonce ses adieux à l’écriture. Alice Munro a publié treize recueils de nouvelles, dont beaucoup sont parus dans de grandes revues. La réalisatrice Sarah Polley a tiré d’une nouvelle dans le recueil Ennemi, ami, amant un film intitulé Away from Her (Away from Her). Grant et Fiona, les protagonistes, sont mariés depuis quarante-quatre ans, ils sont très proches et leur mariage est heureux, même si le passé n’a pas toujours été serein. Mais quand Fiona commence à perdre la mémoire, atteinte de la maladie d’Alzheimer, et elle est hospitalisée dans une maison de retraite, Grant accomplit un véritable acte d’abnégation : il permettra à sa femme d’être heureuse pour la dernière fois, quand elle transfère son affection à un autre homme, Aubrey, patient de la même maison de retraite. Dans ses récits, qui se passent principalement dans sa région natale, le Southwestern Ontario, elle décrit des histoires de gens ordinaires aux prises avec la vie quotidienne. Elle étudie ses relations avec un langage qui peut sembler simple, mais c’est cette simplicité qui vient d’un long entrainement d’écriture. Munro révolutionne la structure du récit court, surtout en ce qui concerne les temps, en se déplaçant continuellement du passé au futur et dans le bref espace d’un récit elle explore toute la complexité de chaque affaire. Les protagonistes de ses récits, pour la plupart des filles fragiles qui ont vu disparaître leurs rêves, des femmes riches en expériences, des femmes adolescentes et mûres, seules dans des conditions d’insécurité et de précarité, nous dévoilent leurs côtés cachés, en nous montrant la beauté de leur monde intérieur. Des enfants qui grandissent et deviennent des adolescentes, puis des femmes et qui, entre-temps, vivent et vont de l’avant, malgré des blessures et des cicatrices et se souviennent du passé avec la conviction d’en être sorties.

Dans le roman autobiographique La vie des filles et des femmes, le protagoniste Del Jordan vit dans la campagne de l’Ontario et son père élève et écorche des renards. Mais en grandissant, elle fréquente de plus en plus la ville, et s’aventure dans un monde nouveau; elle fait l’expérience de l’amitié, de l’amour et de la rupture et entrevoit la fin de l’adolescence. Enfin, elle découvre l’écriture, unique roue de sauvetage tandis que les gens passent et disparaissent. «Flats Road était le dernier endroit où ma mère aurait voulu vivre... Elle parlait aux gens qui y vivaient avec une voix moins cordiale que celle qu’elle utilisait dans le village, affichant une gentillesse sévère et une utilisation quelque peu hostile de la correction grammaticale... Elle était du côté des pauvres, toujours et partout, du côté des nègres, des juifs, des chinois et des femmes, mais ceux qui se soûlaient, non, elle ne les toléraient pas, et même ceux qui exagéraient le sexe et les jurons, la vie sauvage, l’ignorance complaisante... Mon père était un autre type. Tout le monde l’aimait. Et il aimait Flats Road, bien qu’il n’ait jamais touché à l’alcool, il n’a pas scintiller avec les dames et n’a pas utilisé de gros mots. Il était bien là»

.Dans le roman Les Cowboys de Walker Brothers, La danse des ombres heureuses, la relation père-fille est cruciale. «Après le dîner mon père dit : - Descendons voir s’il y a encore le lac? - Nous laissons ma mère coudre sous la lampe dans la salle à manger; elle me fait des vêtements pour le début de l’école. Pour ce faire, elle a défait un vieux costume et une robe écossaise qui lui appartenaient, et maintenant elle doit se débrouiller pour couper et recoudre en plus de me faire me tenir debout pour des preuves interminables pendant que moi, ingrate, je transpire et me plains parce que la laine me démange et me réchauffe. Nous laissons mon frère au lit dans le petit porche fermé au fond de la véranda, et parfois il s’agenouille sur le lit, appuie son visage contre la moustiquaire et pleure : "Apportez-moi la crème glacée!" Mais je lui réponds : "Tant tu dormiras déjà", et je ne tourne même pas la tête».

 Dans Tu te prends pour qui ? Munro décrit le personnage de Rose à travers quarante ans, en partant de sa relation avec sa belle-mère, Flo, une femme vulgaire typique de ce monde provincial dont Rose veut s’échapper, jusqu’à la définition complète de son identité. Mais au milieu, il y a la souffrance de la petite fille qui se rebelle et elle est prise en sanglier par son père, le réconfort qu’elle tire de la lecture, le courage de voyager, l’expérience amère de l’amour, la relation difficile avec sa fille et enfin la maturité d’une femme qui décide de retourner là où tout a commencé pour arriver à connaître qui elle croit être et qui elle est vraiment.

«Il y a eu une longue trêve entre Flo et Rose au début. Le caractère de Rose grandissait comme un ananas, mais de manière lente, secrète, bordée de couches d’orgueil et de scepticisme qui rendaient l’effet surprenant à ses propres yeux ».


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Awarded to Munro as a "Master of the contemporary short story." Alice Ann Laidlaw Munro is Canada's foremost contemporary writer. She was born and raised in a small town in Ontario. Her mother was a teacher. Her father raised foxes and mink for fur, and could barely support the family. As a child Alice had to care for her mother, who was diagnosed with Parkinson's disease, and began writing to escape loneliness. With a scholarship she was able to enroll in college, and to support herself she donated blood, waitressed, harvested tobacco, and worked in the library.

She left her studies in 1951 and, against the advice of her parents, married James Munro, who came from an upper middle-class family. James supported her writing and encouraged her to continue. Four daughters were born of the marriage, one of whom died as a newborn. She wrote in every minute free from family commitments, when the girls were asleep, or while they were at school. Munro has said that she wrote short stories because she didn’t have time to write novels. She and her husband opened a bookstore, Munro's Books, in 1963 in Victoria, Canada, which remains open today. In 1959 she wrote The Peace of Utrecht, a short story in which she tells of her difficult relationship with her invalid mother and her death. Short stories began to appear in magazines, and in 1969 The Dance of the Happy Shades, her first collection, won the Governor General's Award, Canada's highest literary prize. This success was followed by that of Lives of Girls and Women (1971), the only work published as a novel, a kind of autobiography. In 1972 she separated from her husband and began teaching creative writing in colleges. In 1976 she married an old college classmate, Gerald Fremlin, but as a writer retained her first husband's surname. In 1980 she became "Writer in Residence" at both the University of British Columbia and the University of Queensland. She won the Governor's General Award twice more (for Who Do You Think You Are? and The Progress of Love), the Rogers Writers' Trust Fiction Prize in 2004 for the short story collection Runaway, and the Man Booker International Prize for Lifetime Achievement in 2009.

In 2013 she announced her retirement from writing. Alice Munro has published thirteen short story collections, many of which have appeared in major magazines. From a short story in the collection Hateship, Friendship, Courtship, Loveship, Marriage, director Sarah Polley made a film called Away from Her. Grant and Fiona, the main characters, married for forty-four years, are very close, and theirs is a happy marriage, although the past has not always been peaceful. But when Fiona begins to lose her memory, stricken with Alzheimer's disease, and is admitted to a nursing home, Grant performs a true act of self-sacrifice: he allows his wife to be happy for the last time when she transfers her affection to another man, Aubrey, a patient in the same nursing home. In her short stories, set mostly in her home region of Southwestern Ontario, she describes stories of ordinary people grappling with everyday life, and investigates their relationships in language that may seem simple, but it is a simplicity that comes out of a long practice of writing. Munro revolutionized the structure of the short story, especially in terms of the tenses, constantly moving from the past to the future, and in the brief space of a short story she explores the full complexity of each story. The protagonists of her stories, mostly fragile girls who have seen their dreams vanish, women laden with experience, teenage and mature women, alone in insecure and precarious conditions, reveal their hidden sides, showing us the beauty of their inner world. Little girls who grow up to become teenagers, then women and meanwhile live and move on, despite wounds and scars, and who remember the past with the conviction that they have come out of it.

In the autobiographical novel Lives of Girls and Women, the main character, Del Jordan, lives in rural Ontario and her father raises and skins foxes. As she grows up, however, she frequents the city more and more and ventures into a new world. She experiences friendship, love, and loss and glimpses the end of adolescence. Finally, she discovers writing, her only lifeline as people pass and fade away. "Flats Road was the last place my mother would have wanted to live.... To the people who lived there she spoke in a voice less friendly than the one she used in the village, flaunting a stern politeness and a somewhat hostile use of grammatical correctness... She was on the side of the poor, always and everywhere, on the side of Negroes, Jews, Chinese and women, but those who got drunk, no, she did not tolerate them, nor did those who exaggerated with sex and swearing, profligate living, smug ignorance... My father was a different kind. Everybody liked him. And he liked Flats Road, although he never touched alcohol, didn't flirt with women and didn't use swear words. He was fine there."

In the short story Walker Brothers Cowboy from Dance of Happy Shades, the relationship between father and daughter is crucial. "After dinner my father said, ‘Shall we go down and see if the lake is still there?’ We leave my mother sewing under the lamp in the dining room; she's making me clothes for the start of school. For this purpose she has taken apart an old suit and a plaid dress that were hers, and now she has to ingeniously cut and sew in addition to making me stand and spin on myself for interminable fittings while I, ungrateful, sweat and complain because the wool itches and I get hot. We leave my brother in bed on the small enclosed porch at the end of the veranda, and sometimes he kneels on the crib, presses his face against the mosquito net and whines, "Bring me ice cream!" but I reply, "You'll be asleep already anyway," and I don't even turn my head."

In Who Do You Think You Are? Munro delineates Rose's character through forty years, starting with her relationship with her stepmother, Flo, a vulgar woman who is a typical product of the provincial world from which Rose wants to escape, to complete the definition of her identity. But in between there is the suffering of the child who rebels and is spanked by her father, the comfort she draws from reading, the courage to set out on a journey, the bitter experience of love, the difficult relationship with her daughter, and finally the maturity of a woman who decides to return to where it all began to get to know who she thinks she is and who she really is. "There was a long truce between Flo and Rose at first. Rose's character grew as shaggy as a pineapple, but in a slow, secretive way, lined with layers of pride and skepticism that made the effect surprising in her own eyes."

Munro’s short stories are perfect, tight and restrained in style, sharp in their psychological analysis of the characters, whose traits they describe so effectively as to make them universal. Very attentive to the world of women, to the difficult relationships between parents and children, to the different aspects of love, illness and death, Munro succeeds in creating subtle links between the individual stories. Many are the authors to whom she has been compared, from Flannery O'Connor to Henry James, from Chekov to Tolstoy, but her ability to give us a glimpse of the complicated intricacies of human nature in an instant, with a lucid and ironic style, remains unique and incomparable. In her most recent stories, her gaze ranges from family affairs to the problems of old age. In the background of the enchanting stories, one always senses a world full of threats, deaths, disasters, irremediable wounds, on which a light suddenly breaks through, a feeling that resembles love.


Traduzione spagnola

Anastasia Grasso

Premio Nobel de letteratura 2013 «Maestra del cuento breve contemporaneo» Alice Laidlaw es la escritora contemporánea más importante de Canadá. Nace y se cría en un pequeño pueblo de Ontario; su madre es profesora; su padre, que cría animales por sus pieles, apenas consigue mantener a su familia. De niña tiene que cuidar de su madre, a la que le diagnostican la enfermedad de Parkinson, y empieza a escribir para escapar de su soledad. Gracias a una beca puede matricularse en la universidad, y para mantenerse dona sangre, trabaja de camarera, recoge tabaco y trabaja en la biblioteca.

Deja los estudios en 1951 y se casa con James Munro, procedente de la alta burguesía, en contra de la opinión de sus padres. James apoya su trabajo como escritora y la anima a continuar. Del matrimonio nacen cuatro hijas, una de las cuales muere recién nacida. Escribe en cada minuto libre de compromisos familiares, cuando las niñas duermen o mientras están en el colegio. Ella misma dirá que escribe cuentos porque no tiene tiempo para escribir novelas. En 1963 abre una librería con su marido en Victoria, Munro's Books. En 1959 escribe The Peace of Utrecht, un relato corto en el que cuenta la difícil relación con su madre inválida y la muerte de ésta. Los cuentos empiezan a aparecer en revistas y en 1969 Dance of the Happy Shades, su primera recolección, gana el Governor General's Award, el mayor premio literario canadiense. A este éxito siguió el de Lives of Girls and Women (1971), única obra publicada como novela, una especie de autobiografía. En 1972 se separa de su marido y comienza a enseñar escritura creativa en algunos colleges. En 1976 se casa con un viejo amigo de la universidad, Gerald Fremlin, y como escritora conserva el apellido de su primer marido. En 1980 es "Escritora Residente" tanto en la Universidad de Columbia Británica como en la de Queensland. Gana dos veces más el Governor's General Award (por Who Do You Think You Are? y por The Progress of Love), el Rogers Writers' Trust Fiction Prize en 2004, por la recolección de relatos Runaway, y el Man Booker International Prize for Lifetime Achievement en 2009. En 2013 anuncia su despedida de la escritura.

Alice Munro ha publicado trece recolecciones de relatos cortos, muchos de los cuales han aparecido en importantes revistas. A partir de un relato corto contenido en Hateship, Friendship, Courtship, Loveship, Marriage, la directora Sarah Polley rodó la película titulada Away from Her (Lejos de ella). Grant y Fiona, los protagonistas, llevan casados cuarenta y cuatro años, están muy unidos y el suyo es un matrimonio feliz, aunque el pasado no siempre haya sido pacífico. Pero cuando Fiona empieza a perder la memoria, afectada por la enfermedad de Alzheimer, y es ingresada en una residencia de ancianos, Grant realiza un verdadero acto de abnegación: permite que su mujer sea feliz por última vez, cuando ella transfiere su afecto a otro hombre, Aubrey, paciente de la misma residencia. En sus relatos cortos, la mayoría ambientados en su región natal del suroeste de Ontario, describe historias de gente común lidiando con la vida cotidiana, e investiga sus relaciones con un lenguaje que puede parecer sencillo, pero es esa sencillez la que proviene de una larga práctica de la escritura. Munro revoluciona la estructura del relato corto, especialmente en lo que se refiere a los tiempos verbales, pasando constantemente del pasado al futuro, y en el breve espacio de un cuento explora toda la complejidad de cada historia. Las protagonistas de sus historias, en su mayoría niñas frágiles que han visto desvanecerse sus sueños, señoras llenas de experiencia, mujeres adolescentes y maduras, solas en la inseguridad y la precariedad, revelan sus lados ocultos, mostrándonos la belleza de su mundo interior. Niñas que crecen y se convierten en chicas, luego en mujeres, y mientras tanto viven y siguen adelante, a pesar de las heridas y cicatrices, y recuerdan el pasado con la convicción de haber salido de él.

En la novela autobiográfica Lives of Girls and Women, la protagonista, Del Jordan, vive en la Ontario rural y su padre cría y despelleja zorros. A medida que crece, sin embargo, va cada vez más a la ciudad y se aventura en un mundo nuevo; experimenta la amistad, el amor y la pérdida y vislumbra el final de la adolescencia. Finalmente descubre la escritura, el único salvavidas mientras que las personas pasan y se desvanecen. “Flats Road era el último lugar donde mi madre hubiera querido vivir..... A la gente que vivía allí le hablaba con una voz menos amistosa que la que usaba en el pueblo, haciendo alarde de una severa cortesía y un uso un tanto hostil de la corrección gramatical... Ella estaba del lado de los pobres, siempre y en todas partes, del lado de los negros, los judíos, los chinos y las mujeres, pero a los que se emborrachaban, no, no los toleraba, ni a los que exageraban con el sexo y las palabrotas, la vida temeraria, la ignorancia petulante… Mi padre era de otro tipo. Le caía bien a todo el mundo. Y a él le gustaba Flats Road, a pesar de que nunca tocaba el alcohol, no corría detrás de las señoras y no decía palabrotas. Allí él se encontraba a gusto”.

En el relato The Walker Brothers Cowboy, recogido en Dance of Happy Shadows, la relación entre padre e hija es crucial. “Después de cenar mi padre dice: - ¿Bajamos a ver si el lago sigue ahí? – Dejamos a mi madre cosiendo bajo la lámpara del comedor; me está haciendo ropa para el comienzo de la escuela. Para ello ha deshecho un traje viejo y un vestido de cuadros que eran suyos, y ahora tiene que ingeniárselas para cortar y coser además de hacerme estar de pie y dar vueltas durante interminables ensayos mientras yo, ingrata, sudo y me quejo porque la lana me pica y tengo calor. Dejamos a mi hermano en la cama, en el pequeño porche cerrado que hay al final de la veranda, y a veces se arrodilla en la camita, aprieta la cara contra la mosquitera y gimotea: "¡Tráedme un helado!", pero yo le respondo: "Total, estarás dormido", y ni siquiera vuelvo la cabeza.”

En Who Do You Think You Are? Munro delinea el carácter de Rose a lo largo de cuarenta años, desde la relación con su madrastra, Flo, una mujer vulgar típico exponente de ese mundo provinciano del que Rose quiere escapar, hasta la completa definición de su identidad. Pero en medio se halla el sufrimiento de la niña que se rebela y es azotada por su padre, el consuelo que obtiene gracias a la lectura, el coraje para emprender un viaje, la amarga experiencia del amor, la difícil relación con su hija y, finalmente, la madurez de una mujer que decide volver al lugar donde empezó todo para llegar a conocer quien cree que es y quien es en realidad. «Al principio hubo una larga tregua entre Flo y Rose. El carácter de Rose crecía punzante como una piña, pero de un modo lento y secreto, revestido de capas de orgullo y escepticismo que hacían que el efecto fuera sorprendente a sus propios ojos».

Sus relatos cortos son perfectos, ajustados y sobrios en su estilo, agudos en el análisis psicológico de los personajes, cuyos rasgos describe con tanta eficacia que los hace universales. Muy atenta al mundo de la mujer, a las difíciles relaciones entre padres e hijos, a los distintos aspectos del amor, la enfermedad y la muerte, Munro consigue crear sutiles vínculos entre las distintas historias. Son muchos los autores con los que se la ha comparado, desde Flannery O’Connor hasta Henry James, desde Chechov hasta Tolstoi, pero única e incomparable sigue siendo su capacidad para hacernos vislumbrar los complicados entresijos de la naturaleza humana en un instante, con un estilo lúcido e irónico. En sus relatos más recientes, su mirada abarca desde los asuntos familiares hasta los problemas de la vejez; sobre el telón de fondo de unas historias encantadoras, siempre se percibe un mundo lleno de amenazas, muertes, catástrofes, heridas irremediables, sobre el que de pronto se abre paso una luz, un sentimiento que se asemeja al amor.


Traduzione ucraina

Alina Petelko

Нобелівська премія з літератури 2013 «Вчителька сучасної новели». Еліс Лейдлоу — найважливіша сучасна канадська письменниця. Вона народилася і виросла в маленькому містечку в Онтаріо; мама вчителька; її батько, хутрянин, ледь може прогодувати сім'ю. У дитинстві їй доводиться доглядати за матір'ю, у якої діагностовано хворобу Паркінсона, і вона починає писати, щоб уникнути самотності. Зі стипендією вона може вступити до університету, а щоб прогодувати себе, здає кров, працює офіціанткою, збирає тютюн, працює в бібліотеці.

У 1951 році вона залишила навчання та вийшла заміж за Джеймса Манро, який походив із сім’ї вищого середнього класу, незважаючи на поради його батьків. Джеймс підтримує її письменницький бізнес і заохочує її продовжувати. Від шлюбу народжується чотири доньки, одна з яких помирає відразу після народження. Вона пише в кожну вільну від сімейних зобов'язань хвилину, коли дівчата сплять або в школі. Сама вона стверджувала, що пише оповідання, тому що у неї немає часу на романи. У 1963 році разом зі своїм чоловіком вона відкрила книжковий магазин Munro's Books у штаті Вікторія. У 1959 році вона написала Утрехтський мир, історію, в якій розповідає про важкі стосунки зі своєю інвалідною матір’ю та її смерть. Оповідання починають з’являтися в журналах, і в 1969 році Танець щасливих тіней (Dance of the Happy Shades), її перша збірка, отримує премію Governor General’s Award, найвищу канадську літературну премію. За цим успіхом слідує у 1971 Життя дівчаток і жінок (Lives of Girls and Women), єдиний твір, опублікований як роман, свого роду автобіографія.

У 2013 році оголосила про прощання з письменницькою діяльністю. Еліс Манро опублікувала тринадцять збірок оповідань, багато з яких публікувалися у великих журналах. За оповіданням збірки «Ворог, друг, коханець» режисер Сара Поллі зняла фільм «Подалі від неї». Грант і Фіона, головні герої, одружені вже сорок чотири роки, вони дуже близькі, і їхній шлюб щасливий, навіть якщо минуле не завжди було мирним. Але коли Фіона починає втрачати пам’ять, вражена хворобою Альцгеймера, і потрапляє до будинку престарілих, Грант здійснює справжній акт самозречення: дозволить своїй дружині бути щасливою востаннє, коли вона передасть свою прихильність іншому чоловікові, Обрі, пацієнту з того ж будинку престарілих. У своїх оповіданнях, які здебільшого відбуваються в її рідному регіоні, південно-західному Онтаріо, вона описує історії звичайних людей, що борються з повсякденним життям, і досліджує зв’язки з мовою, яка може здатися простою, але є тією простотою, яка є результатом тривалої практики письма. Манро революційно змінює структуру новели, особливо що стосується часу, постійно рухаючись від минулого до майбутнього, і в короткому просторі історії вона досліджує всю складність кожної історії. Героїні її оповідань, переважно тендітні дівчата, які бачили, як зникли їхні мрії, досвідчені жінки, підлітки та зрілі жінки, самотні в умовах незахищеності та хиткості, відкривають нам свої приховані сторони, демонструючи красу свого внутрішнього світу. Маленькі дівчатка, які виростають і стають дорослішими, а потім стають жінками і протягом цього часу вони живуть і продовжують жити, незважаючи на рани і шрами, і згадують минуле з переконанням, що вони все залишили позаду.

В автобіографічному романі Життя дівчаток і жінок (Lives of Girls and Women) героїня Дель Джордан живе в сільській місцевості Онтаріо, а її батько вирощує лисиць і здирає з них шкіру. Однак, підростаючи, вона все частіше відвідує місто та вирушає в новий світ; вона переживає дружбу, кохання та втрату, а також бачить кінець підліткового віку. Нарешті вона відкриває писемність, єдиний рятівний круг, коли люди проходять і зникають. «Флетс-роуд була останнім місцем, де моя мати хотіла б жити…вона розмовляла з людьми, які там жили, менш сердечним голосом, ніж вона використовувала в селі, демонструючи сувору доброту та дещо вороже використання граматичної правильності… Вона була на боці бідних, завжди і скрізь, на боці чорних, євреїв, китайців і жінок, але тих, хто напивався, ні, вона їх не терпіла, і навіть тих, хто перебільшував із сексом і лайливими словами, з розгульним життям і самовдоволеним невіглаством... Мій батько був іншим типом. Всім він подобався. А Флетс-роуд йому подобалася, хоча він ніколи не вживав алкоголю, не ламався з дамами і не лаявся. Йому там було добре».

В оповіданні Walker Brothers Cowboy із Танок щасливих тіней стосунки між батьком і донькою є вирішальними. «Після обіду тато каже: — Спустимось подивитися, чи ще є озеро? - Ми залишаємо маму шити під лампою в їдальні; шиє мені одяг на початок школи. Для цього вона розшила старий костюм і картату сукню, які належали їй, і тепер вона мусить зробити все можливе, щоб пошити нову сукню, а також змушувати мене стояти і крутитися для безкінечних мірок сукні, а я, невдячна, потію і скаржуся, бо шерсть свербить і стає гарячою. Ми залишаємо брата в ліжку в маленькому закритому ґанку в кінці веранди, і іноді він стає на коліна на ліжко, притискається обличчям до москітної сітки і скиглить: «Принеси мені морозива!», але я йому відповідаю: «Ти вже будеш спати», і навіть голови не повертаю».

У книзі А хто ти, власне, така? (Who Do You Think You Are?) Мунро окреслює характер Роуз протягом сорока років, починаючи від її стосунків з мачухою Фло, вульгарною жінкою, типовою для того провінційного світу, з якого Роуз хоче втекти, аж до повного визначення її особистості. Але посередині — страждання маленької дівчинки, яка бунтує і її батько б'є ременем, втіха, яку вона отримує від читання, сміливість подорожувати, гіркий досвід кохання, важкі стосунки з донькою і, нарешті, зрілість жінки, яка вирішує повернутися туди, звідки все почалося, щоб дізнатися, ким вона себе вважає і ким вона є насправді. «Спочатку між Фло і Роуз було тривале перемир'я. Характер Роуз ріс щетиною, як ананас, але повільно, таємно, встелений шарами гордості та скептицизму, які зробили ефект дивовижним у її власних очах». Її оповідання досконалі, вишукані та виважені за стилем, пронизливі у психологічному аналізі героїв, риси яких вони описують настільки ефективно, що роблять їх універсальними. Вона дуже уважна до жіночого світу, до складних стосунків між батьками та дітьми, до різних аспектів кохання, хвороби та смерті, Мунро вдалося створити тонкі посилання між окремими історіями. Її порівнюють із багатьма авторами, від Фланнері О’Коннор до Генрі Джеймса, від Чехова до Толстого, але унікальною та незрівнянною залишається її здатність миттєво змусити нас поглянути на складне переплетення людської природи, з ясним і іронічним стилем.В останніх оповіданнях її погляд коливається від сімейних подій до проблем третього віку; на фоні чарівних історій завжди існує світ, сповнений загроз, смертей, катастроф, незагойних ран, на які раптово спалахує світло, почуття, що нагадує кохання.

Malala Yousafzai
Loretta Junck





Juliette Bonvallet

 

«Per la sua lotta contro la sopraffazione di bambini, bambine e giovani e per il diritto di tutti e tutte all’istruzione».

Una vita straordinaria, la sua, un destino annunciatosi precocemente come di rado avviene. Iniziata in giovanissima età la sua campagna per il diritto allo studio delle bambine nelle zone rurali del Pakistan, a dodici anni già gestisce un blog di successo. I talebani decidono di ucciderla, ma lei sfugge alla morte e i media di tutto il mondo danno la notizia dell’attentato; parla alle Nazioni Unite e in moltissime altre istituzioni, è insignita con un numero impressionante di premi prestigiosi, tra cui il Nobel per la Pace, viene chiamata a inaugurare scuole e biblioteche, scrive libri, dà vita a una fondazione, incontra leader politici di tutto il mondo, diventa un simbolo mediatico di eccezionale potenza. Oggi Malala ha 24 anni e da poco tempo si è unita in matrimonio con un connazionale, un giovane imprenditore pakistano che ha conosciuto nel Regno Unito, dove vive. Il suo nome da qualche tempo compare di meno sui giornali e c’è quasi da rallegrarsene per lei, se è il segno di un po’ di normalità, finalmente, nella vita di una giovane donna cui un destino d’eccezione non ha permesso di vivere l’adolescenza come tutte le sue coetanee. Ma Malala non ha mai nascosto di nutrire ambizioni politiche e anche la laurea conseguita a Oxford (in Philosophy, Politics and Economics), sembra preludere a un impegno in questo senso; ha ancora molto da dare al suo Paese e al Mondo, e con tutta probabilità sentiremo ancora parlare di lei.

Ma chi è Malala Yousafzai?

È nata nel luglio del 1997 a Mingora, nella valle dello Swat, Nord-Ovest del Pakistan, in una famiglia di etnia pashtun, legata alla scuola e all’attivismo per la diffusione della cultura. A soli undici anni inizia a battersi per il diritto allo studio delle bambine e a dodici anni si fa notare attraverso un blog per la Bbc in urdu, la lingua ufficiale del Pakistan. Vi descrive la vita quotidiana di una bambina nella zona in cui vive, denunciando le violazioni dei diritti umani compiute dai talebani, che lì sono diventati potenti. Il blog conosce un buon successo, Malala viene intervistata e rilascia dichiarazioni coraggiose, gli islamisti fanatici non possono tollerarlo. Un giorno due sicari armati salgono sul pulmino che riaccompagna a casa le ragazze dopo la scuola, sparano a Malala per ucciderla e feriscono due sue compagne. È il 2012 e Malala ha quindici anni. Soccorsa immediatamente, la giovane viene operata all’ospedale militare di Peshawar dove le rimuovono il proiettile che è penetrato nel cranio. Successivamente viene trasferita al Queen Elizabeth Hospital di Birmingham, dove rimarrà mesi in osservazione e riuscirà lentamente a rimettersi. L’attentato però commuove il mondo intero, mettendo in luce i rischi che corre chi osa contrastare il potere dei talebani. In Pakistan il capo dell’esercito, il premier in carica e pure il leader dell’opposizione si esprimono a favore di Malala, ma l’episodio assume una dimensione mediatica internazionale e la coraggiosa ragazza può contare sul sostegno della regina Elisabetta, di Obama e di personalità che hanno portato avanti lotte simili, come l’iraniana Shirin Ebadi. In Pakistan l’indignazione spinge molte persone a scendere in strada a manifestare, ma non mancano le voci discordi: c’è anche chi critica il comportamento della ragazza e la ritiene un’agente americana. D’altra parte quella pakistana è una società di forti contraddizioni, dove accanto a chi lavora per lo svecchiamento e la liberalizzazione del costume resiste uno zoccolo duro di chiuso tradizionalismo e feroce opposizione allo stile di vita occidentale.

Dopo l’attentato si moltiplicano le occasioni, per Malala, di dar voce pubblicamente ai valori in cui crede. Nel 2012 ottiene il Premio Madre Teresa, nel 2013 il Premio Simone de Beauvoir per la libertà delle donne, il Premio Ambasciatori della Coscienza, il Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani, e il Parlamento europeo le assegna il Premio Sakharov per la libertà di pensiero; nello stesso anno parla al Palazzo di Vetro dell’Onu indossando lo scialle di Benazir Bhutto (uno dei personaggi cui si ispira) e rilanciando con forza il suo programma. Ha solo sedici anni, ma la fermezza della voce mentre pronuncia il suo discorso indica chiaramente la consapevolezza di essere ormai un simbolo per chi vuole difendere i propri diritti. Sempre nel 2013 fonda, insieme al padre Ziauddin, il Malala Fund per promuovere l’istruzione delle ragazze in tutto il mondo. Nel 2014 le viene assegnato il Premio Nobel per la Pace, insieme all’indiano Kailash Satyarthi («for their struggle against the suppression of children and young people and for the right of all children to education»). Ha solo diciassette anni ed è la persona più giovane che abbia ricevuto l’alta onorificenza. Il denaro del Nobel servirà a costruire una scuola per ragazze a Shangla, in Pakistan: sarà una delle tappe del suo viaggio quando tornerà nel suo Paese in una visita blindatissima, per ovvie ragioni di sicurezza, sei anni dopo l’attentato.

Per i suoi diciotto anni Malala lancia sui social la campagna Booksnobullets (libri non proiettili) accompagnandola con un monito ai grandi del Mondo, cui ricorda che «se i soldi spesi per le armi fossero investiti in libri la vita di molti bambini e bambine cambierebbe»; nello stesso anno (siamo nel 2015) inaugura una scuola per profughe siriane nella Valle libanese della Bekaa, inviando una esortazione ai leader europei perché offrano sostegno a chi chiede rifugio per sfuggire a guerre e persecuzioni. Un tema che le sta particolarmente a cuore: quando Ronald Trump, nel 2017, deciderà di sospendere il programma di accoglienza per rifugiati/e nell’ambito delle misure prese per la lotta al terrorismo islamico, Malala gli chiederà di «non voltare le spalle all’infanzia e alle famiglie più indifese di tutto il mondo». Si unirà anche alle proteste di molti capi di stato contro la persecuzione della popolazione rohinga di fede musulmana in Myanmar e si rivolgerà alla premier Aung San Su Kyi chiedendole il riconoscimento della cittadinanza per la popolazione in fuga. Nel 2018 il Malala Fund lancia Assembly, una pubblicazione digitale per ragazze con storie di ragazze e inizia una collaborazione con Apple Inc. per finanziare l’espansione in India e America latina, fornendo tecnologia, assistenza e ricerca con l’obiettivo di educare più di 100.000 ragazze. Nel 2020 Malala si laurea a Oxford, in Filosofia, Politica ed Economia, e fonda un gruppo di lettura femminista. «Quasi tutti gli autori che usiamo per formarci – spiega – sono maschi e occidentali. E non solo a Oxford: questa disuguaglianza è uguale ovunque […] Nella scelta dei libri mi sono concentrata sulle voci femministe, inascoltate, magari esordienti […] si tratta di persone piene di passione che per essere ascoltate devono superare mille ostacoli. Ma sono persone che hanno il coraggio di parlare e hanno il coraggio di scrivere».

La sua storia ha svolto un ruolo importante in ambito pedagogico: nella scuola molte/i insegnanti la utilizzano per spiegare la condizione delle bambine e dei bambini in altre parti del mondo e nello stesso tempo per proporre alle loro scolaresche un modello femminile di impegno nel sociale, sapendo quale influenza possa avere sulle ragazze e sui ragazzi l’esperienza di una coetanea di successo. L’esempio della coraggiosa giovane pakistana ha spinto molte persone a leggere i suoi libri (Io sono Malala, soprattutto, best seller mondiale tradotto in più di 40 lingue) e a condividere la sua stessa battaglia in tutto il mondo. Il divario di genere è ancora forte in Pakistan, dove le ragazze che frequentano la scuola sono in numero inferiore rispetto ai ragazzi. Nel 2018, secondo le statistiche dell’Unesco, c’erano ancora 10 milioni di minori non scolarizzati/e. Una cifra che Yusafzai vuole ridurre a zero. Malala ha confessato di aver conosciuto la depressione, affrontata con il sostegno della sua famiglia, ma ha anche detto che «quello che dobbiamo fare è restare positive, perché la nostra tristezza non può cambiare il mondo». Per quanto la riguarda, lei per cambiare le sorti del suo Paese e rendere obbligatoria l’istruzione di entrambi i sessi, pensa alla carica di prima ministra del Pakistan. Le auguriamo di tutto cuore di riuscirci, se e quando deciderà di proporsi.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Pour sa lutte contre l’abus des garçons, des filles et des jeunes et pour le droit de tous et toutes à l’éducation».

Une vie extraordinaire, sa destinée qui s’annonçait précocement comme rarement se produit. Ayant commencé très jeune sa campagne pour le droit à l’étude des filles dans les zones rurales du Pakistan, elle tient déjà un blog à succès à l’âge de douze ans. Les talibans décident de la tuer, mais elle échappe à la mort et les médias du monde entier annoncent l’attentat; elle parle aux Nations Unies et dans de nombreuses autres institutions, elle est récompensée par un nombre impressionnant de prix prestigieux, dont le Nobel de la Paix, elle est appelée à inaugurer des écoles et des bibliothèques, elle écrit des livres, crée une fondation, rencontre des dirigeants politiques du monde entier, et devient un symbole médiatique d’une puissance exceptionnelle. Aujourd’hui, Malala a 24 ans et a récemment épousé un de ses compatriotes, un jeune entrepreneur pakistanais qu’elle a rencontré au Royaume-Uni, où elle vit. Son nom apparaît depuis quelque temps moins dans les journaux et il y a presque à se réjouir pour elle, si c’est le signe d’un peu de normalité, enfin, dans la vie d’une jeune femme à laquelle un destin d’exception n’a pas permis de vivre l’adolescence comme toutes ses contemporaines. Mais Malala n’a jamais caché qu’elle nourrissait des ambitions politiques et même le diplôme obtenu à Oxford (en philosophie, politique et économie), semble préluder à un engagement en ce sens; elle a encore beaucoup à donner à son pays et au Monde, et nous entendrons probablement parler d’elle.

Mais qui est Malala Yousafzai?

Elle est née en juillet 1997 à Mingora, dans la vallée du Swat, au nord-ouest du Pakistan, dans une famille d’ethnie pachtoune, liée à l’école et à l’activisme pour la diffusion de la culture. À seulement onze ans, elle commence à se battre pour le droit à l’étude des filles et à douze ans, elle se fait remarquer à travers un blog pour la BBC en ourdou, la langue officielle du Pakistan. Elle y décrit la vie quotidienne d’une petite fille dans la région où elle vit, dénonçant les violations des droits humains commises par les talibans, qui y sont devenus puissants. Le blog connaît un bon succès, Malala est interviewée et fait des déclarations courageuses, les islamistes fanatiques ne peuvent pas le tolérer. Un jour, deux tueurs armés montent dans le bus qui raccompagne les filles après l’école, tirent sur Malala pour la tuer et blessent deux de ses compagnes. On est en 2012 et Malala a 15 ans. Immédiatement secourue, la jeune femme est opérée à l’hôpital militaire de Peshawar où on lui retire la balle qui a pénétré dans le crâne. Elle est ensuite transférée à l’hôpital Queen Elizabeth de Birmingham, où elle restera des mois en observation et se rétablira lentement. Mais l’attentat émeut le monde entier, mettant en lumière les risques encourus par ceux qui osent contrer le pouvoir des talibans. Au Pakistan, le chef de l’armée, le Premier ministre en place et le chef de l’opposition s’expriment en faveur de Malala, mais l’épisode prend une dimension médiatique internationale et la jeune fille courageuse peut compter sur le soutien de la reine Elizabeth, Obama et des personnalités qui ont mené des luttes similaires, comme l’Iranienne Shirin Ebadi. Au Pakistan, l’indignation pousse de nombreuses personnes à descendre dans la rue pour manifester, mais les voix discordantes ne manquent pas : il y a aussi ceux qui critiquent le comportement de la jeune fille et la considèrent comme un agent américain. D’autre part, le Pakistan est une société de fortes contradictions, où, aux côtés de ceux qui travaillent pour le rajeunissement et la libéralisation du costume résistent un socle dur de traditionalisme fermé et d’opposition féroce au mode de vie occidental.

Après l’attentat, les occasions se multiplient, pour Malala, de donner une voix publique aux valeurs auxquelles elle croit. En 2012, elle reçoit le Prix Mère Teresa, en 2013 le Prix Simone de Beauvoir pour la liberté des femmes, le Prix des ambassadeurs de la conscience, le Prix des Nations Unies pour les droits de l’homme et le Parlement européen le Prix Sakharov pour la liberté de pensée; La même année, elle parle au Palais de Verre de l’ONU en portant le châle de Benazir Bhutto (un des personnages dont elle s’inspire) et en relançant avec force son programme. Elle n’a que seize ans, mais la fermeté de sa voix tout en prononçant son discours indique clairement la conscience qu’elle est désormais un symbole pour ceux qui veulent défendre leurs droits. En 2013, elle fonde avec son père Ziauddin le Malala Fund pour promouvoir l’éducation des filles dans le monde entier. En 2014, elle reçoit le prix Nobel de la paix avec l’Indien Kailash Satyarthi («for their struggle against the suppression of children and young people and for the right of all children to education»). Elle n’a que 17 ans et est la plus jeune personne à avoir reçu la haute distinction. L’argent du prix Nobel servira à construire une école pour filles à Shangla, au Pakistan : ce sera l’une des étapes de son voyage quand elle reviendra dans son pays dans une visite blindée, pour des raisons évidentes de sécurité, six ans après l’attentat.

Pour ses dix-huit ans Malala lance sur les réseaux sociaux la campagne Booksnobullets (livres non projectiles) en l’accompagnant d’un avertissement aux grands du Monde, auquel elle rappelle que « si l’argent dépensé pour les armes était investi dans des livres la vie de beaucoup d’enfants changerait »La même année (2015) elle inaugure une école pour réfugiés syriens dans la vallée libanaise de la Bekaa, en envoyant une exhortation aux dirigeants européens pour qu’ils offrent un soutien à ceux qui demandent refuge pour échapper aux guerres et aux persécutions. Un thème qui lui tient particulièrement à cœur : lorsque Ronald Trump, en 2017, décidera de suspendre le programme d’accueil des réfugiés et dans le cadre des mesures prises pour lutter contre le terrorisme islamique, Malala lui demandera «Ne tourne pas le dos à l’enfance et aux familles les plus démunies du monde». Elle s’associera également aux protestations de nombreux chefs d’État contre la persécution de la population rohingue de confession musulmane au Myanmar et s’adressera au Premier ministre Aung San Su Kyi pour lui demander la reconnaissance de la citoyenneté pour la population en fuite. En 2018, le Malala Fund lance Assembly, une publication numérique pour les filles avec des histoires de filles et commence un partenariat avec Apple Inc. pour financer l’expansion en Inde et en Amérique latine, en fournissant la technologie, les soins et la recherche dans le but d’éduquer plus de 100000 filles. En 2020, Malala est diplômée d’Oxford en philosophie, politique et économie et fonde un groupe de lecture féministe. «Presque tous les auteurs que nous utilisons pour nous former - elle explique - sont mâles et occidentaux. Et pas seulement à Oxford : cette inégalité est la même partout [...] Dans le choix des livres, je me suis concentrée sur les voix féministes, non écoutées, peut-être débutantes [...] ce sont des personnes passionnées qui doivent surmonter mille obstacles pour être écoutées. Mais ce sont des personnes qui ont le courage de parler et qui ont le courage d’écrire».

Son histoire a joué un rôle important dans le domaine pédagogique : dans l’école aussi, les enseignants l’utilisent pour expliquer la condition des filles et des garçons dans d’autres parties du monde et en même temps pour proposer à leurs écoliers un modèle féminin d’engagement social, en sachant l’influence que peut avoir sur les filles et les garçons l’expérience d’une jeune fille de leur âge. L’exemple de la jeune Pakistanaise courageuse a poussé beaucoup de gens à lire ses livres (je suis Malala, surtout, best-seller mondial traduit dans plus de 40 langues) et à partager sa propre bataille dans le monde entier. L’écart entre les hommes et les femmes reste important au Pakistan, où le nombre de filles scolarisées est inférieur à celui des garçons. En 2018, selon les statistiques de l’Unesco, il y avait encore 10 millions de mineurs non scolarisés. Un chiffre que Yusafzai veut ramener à zéro. Malala a avoué avoir connu la dépression, affrontée avec le soutien de sa famille, mais elle a aussi dit que « ce que nous devons faire, c’est rester positifs, parce que notre tristesse ne peut pas changer le monde ». Quant à vous, pour changer le sort de votre pays et rendre obligatoire l’éducation des deux sexes, pensez à la charge de première ministre du Pakistan. Nous vous souhaitons beaucoup de succès, si et quand vous décidez de vous présenter.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

In 2014 Malala, as she is often known, was awarded the Nobel Peace Prize, «For her struggle against the oppression of children, girls and young people and for the right of all men and women to education.»

Her life has been extraordinary, and hers destiny was heralded early, as it seldom is. Beginning her campaign for girls' right to study in rural Pakistan at a very young age, she ran a successful blog at only twelve years old. The Taliban decided to kill her, but she escaped death. The world's media reported the attack, she has spoken at the United Nations and many other institutions, has been honored with an impressive number of prestigious awards, including the Nobel Peace Prize, was called upon to inaugurate schools and libraries, wrote books, started a foundation, met with political leaders around the world, and became a media symbol of exceptional power. Today Malala is 24 years old and has recently been united in marriage with a compatriot, a young Pakistani entrepreneur she met in the United Kingdom, where she lives. Her name has been appearing less in the news for some time now, and it is almost cause for rejoicing for her, if it is a sign of some normalcy at last in the life of a young woman whose exceptional fate did not allow her to experience adolescence like her peers. But Malala has never hidden that she harbors political ambitions, and even the degree she earned at Oxford (in Philosophy, Politics and Economics), seems a prelude to a commitment to that end. She still has much to give to her country and the world, and we will most likely hear more about her.

But who is Malala Yousafzai?

She was born in July 1997 in Mingora, in the Swat Valley, Northwest Pakistan, into an ethnic Pashtun family with ties to school and cultural outreach activism. When she was only eleven years old, she began fighting for girls' right to study, and by the time she was twelve, she was making a name for herself through a blog for the BBC in Urdu, the official language of Pakistan. There she described the daily life of a girl child in the area where she lived, exposing human rights violations carried out by the Taliban, who had become powerful there. The blog experienced good success, Malala was interviewed and made brave statements, and fanatical Islamists could not tolerate it. One day two armed gunmen got on the bus that took the girls home after school, shot Malala to kill her, and injured two of her classmates. It was 2012 and Malala was 15 years old. Rescued immediately, the young girl underwent surgery at Peshawar Military Hospital where they removed the bullet that penetrated her skull. She was then transferred to the Queen Elizabeth Hospital in Birmingham, where she remained for months under observation and slowly managed to recover. The attack, however, moved the entire world, highlighting the risks faced by those who dare to stand up to the Taliban's power. In Pakistan, the army chief, the incumbent premier, and even the leader of the opposition spoke out in support of Malala, but the episode also took on an international media dimension, and the courageous girl could even count on the support of Queen Elizabeth, Obama, and personalities who had waged similar struggles, such as Iranian Shirin Ebadi. In Pakistan, outrage prompted many people to take to the streets to demonstrate, but there was no shortage of dissenting voices. There were those who criticized the girl's behavior and considered her an American agent. Pakistan's is a society of strong contradictions, where alongside those who work for the modernization and liberalization of customs there resists a hard core of closed traditionalism and fierce opposition to the Western way of life.

After the attack, opportunities multiplied for Malala to publicly voice the values she believes in. In 2012 she was awarded the Mother Teresa Prize, in 2013 the Simone de Beauvoir Prize for Women's Freedom, the Ambassadors of Conscience Prize, the United Nations Human Rights Prize, and the European Parliament awarded her the Sakharov Prize for Freedom of Thought. In the same year, she spoke at the UN's Glass Palace wearing the shawl of Benazir Bhutto (one of the figures she is inspired by) and forcefully relaunched her agenda. She was only sixteen years old, but the firmness of her voice as she delivered her speech clearly indicated her awareness that she is now a symbol for those who want to stand up for their rights. Also in 2013, she founded, together with her father Ziauddin, the Malala Fund to promote girls' education worldwide. In 2014 she was awarded the Nobel Peace Prize, along with India's Kailash Satyarthi. She was only seventeen years old, and is the youngest person ever to receive that high honor. The Nobel money was destined to be used to build a school for girls in Shangla, Pakistan - it was be one of the stops on her return to her country on a highly armored visit, for obvious security reasons, six years after the attack. 

For her eighteenth birthday, Malala launched the Books Not Bullets campaign on social media, accompanying it with a challenge to the world's powerful, who she reminded that "if the money spent on weapons were invested in books, the lives of many boys and girls would change." In the same year (2015) she inaugurated a school for Syrian refugees in the Lebanese Bekaa Valley, sending an exhortation to European leaders to offer support to those who seek refuge to escape war and persecution. One issue that came particularly close to her heart was when Donald Trump, in 2017, decided to suspend the refugee program as part of his measures to combat Islamic terrorism, Malala asked him to "not turn his back on the world's most defenseless children and families." She also joined the protests of many heads of state against the persecution of the Rohinga people of Muslim faith in Myanmar and addressed Premier Aung San Su Kyi asking her for the recognition of citizenship for the fleeing population. In 2018 the Malala Fund launched Assembly, a digital publication for girls with girls' stories, and began a partnership with Apple Inc. to fund expansion into India and Latin America, providing technology, assistance and research with the goal of educating more than 100,000 girls. In 2020, Malala graduated from Oxford, in Philosophy, Politics and Economics, and founded a feminist reading group. "Almost all the authors we use to educate ourselves," she explains, "are male and Western. And it's not just at Oxford: this inequality is the same everywhere [...] In choosing the books, I have focused on feminist voices, unheard, perhaps first-time authors [...] these are people full of passion who have to overcome a thousand obstacles to be heard. But they are people who have the courage to speak and they have the courage to write."

Her story has played an important role in pedagogy. In schools, many teachers use it to explain the plight of girls and boys in other parts of the world and at the same time to offer their schoolchildren a female model of social engagement, knowing what an influence the experience of a successful peer can have on girls and boys. The example of the courageous young Pakistani woman has prompted many people around the world to read her books (I am Malala, above all, a worldwide best seller translated into more than 40 languages) and to share her struggle. The gender gap is still strong in Pakistan, where many fewer girls attend school than boys. In 2018, according to UNESCO statistics, there were still 10 million children out of school. A figure that Yusafzai wants to reduce to zero. Malala has confessed to having known depression, which she faced with the support of her family, but she also said that "what we have to do is to stay positive, because our sadness cannot change the world." To change the fortunes of her country and make education of both sexes compulsory, she is thinking of the post of prime minister of Pakistan. We wholeheartedly wish her success, if and when she decides to put herself forward.


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

«Por su lucha contra los abusos a niños, niñas y jóvenes y por el derecho de todos a la educación».

Una vida extraordinaria, la suya, y un destino anunciado a temprana edad como pocas veces ocurre. Comenzó su campaña por el derecho a la educación de las niñas en las zonas rurales de Pakistán a una edad muy temprana y a los doce años ya dirigía un blog de éxito. Los talibanes deciden matarla, pero ella se salva de la muerte. Entretanto los medios de comunicación de todo el mundo informan del atentado. Habla en las Naciones Unidas y recibe un impresionante número de prestigiosos galardones por parte de otras instituciones, incluido el Premio Nobel de la Paz. La convocan para inaugurar escuelas y bibliotecas, escribe libros, crea una fundación, se reúne con líderes políticos de todo el mundo y se convierte en un símbolo mediático de poder excepcional. Hoy en día Malala tiene 24 años y se ha casado recientemente con un compatriota, un joven empresario paquistaní que conoció en el Reino Unido, donde vive. Desde hace algún tiempo, su nombre aparece menos en los periódicos. Esto puede casi alegrarnos ya que puede ser señal de cierta normalidad, finalmente, en la vida de una joven cuyo destino excepcional no le permitió vivir la adolescencia como todos sus coetáneos. Pero Malala nunca ha ocultado sus ambiciones políticas e incluso su licenciatura en Oxford (en Filosofía, Política y Economía), parece preludiar un compromiso en esta dirección: aún tiene mucho que dar a su país y al mundo, y lo más probable es que oigamos hablar mucho de ella.

Pero ¿quién es Malala Yousafzai?

Nació en Julio de 1997 en Mingora, en el valle de Swat, al noroeste de Pakistán, en el seno de una familia de etnia pastún, vinculada a la escuela y al activismo cultural. Cuando sólo tenía once años, empezó a luchar por el derecho de las niñas a estudiar y, a los doce, se hizo famosa escribiendo un blog para la BBC en urdu, la lengua oficial de Pakistán. Describe la vida cotidiana de una niña en la zona donde vive, denunciando las violaciones de los derechos humanos por parte de los talibanes, que se han hecho demasiado poderosos allí. El blog es un éxito, la entrevistan y Malala hace declaraciones valientes, los islamistas fanáticos no pueden tolerarlo. Un día, dos hombres armados suben al autobús que llevaba a las niñas a casa después de la escuela, disparan para matar a Malala y hieren a dos de sus compañeras. Es el año 2012 y Malala tiene quince años. Inmediatamente socorrida, la operan en el hospital militar de Peshawar, donde extraen la bala que le ha penetrado el cráneo. Posteriormente fue trasladada al hospital Queen Elizabeth de Birmingham, donde permaneció durante meses en observación y consiguió recuperarse lentamente. El atentado, sin embargo, conmovió al mundo entero, poniendo de relieve los riesgos que corren quienes se atreven a oponerse al poder de los talibanes. En Pakistán, el jefe del ejército, el primer ministro en funciones e incluso el líder de la oposición se pronuncian a favor de Malala, pero el episodio adquiere una dimensión mediática internacional y la valiente niña puede contar con el apoyo de la reina Isabel, de Obama yde personalidades que han llevado a cabo luchas similares, como la iraní Shirin Ebadi. La indignación en Pakistán hizo que mucha gente saliera a la calle a manifestarse, pero no faltaron las voces discordantes: muchos criticaron el comportamiento de la joven ya que pensaban que era una agente estadounidense. Por otra parte, la sociedad pakistaní es una sociedad de fuertes contradicciones en la que, junto a quienes trabajan por la modernización y la liberalización de las costumbres, resiste un núcleo duro de cerrado tradicionalismo y feroz oposición al estilo de vida occidental.

Tras el atentado, se multiplican las oportunidades para Malala de expresar públicamente los valores en los que cree. En 2012 recibió el Premio Madre Teresa, en 2013 el Premio Simone de Beauvoir a la Libertad de la Mujer, el Premio Embajadores de Conciencia, el Premio de Derechos Humanos de las Naciones Unidas y el Parlamento Europeo le concedió el Premio Sájarov a la Libertad de Conciencia; ese mismo año habló en el Palacio de Cristal de la ONU llevando el chal de Benazir Bhutto (uno de los personajes en los que se inspiró) y volvió a lanzar con fuerza su programa. A pesar de tener dieciséis años, la firmeza de su voz al pronunciar su discurso indica claramente que ya es un símbolo para quienes quieren defender sus derechos. También en 2013 fundó, junto con su padre Ziauddin, el Fondo Malala para promover la educación de las niñas en todo el mundo. En 2014 recibió el Premio Nobel de la Paz, junto con el indio Kailash Satyarthi (« Por su lucha contra los abusos a niños, niñas y jóvenes y por el derecho de todos a la educación »). Con sólo diecisiete años, es la persona más joven en recibir este alto honor. El dinero del Nobel ha sido destinado a construir una escuela para niñas en Shangla (Pakistán): fue una de las paradas de su viaje cuando regresó a su país en una visita muy blindada, por razones obvias de seguridad, seis años después del atentado.

attack. 

En ocasión de su decimoctavo cumpleaños, Malala lanzó en las redes sociales la campaña Booksnobullets (libros, no balas), que acompañó con una advertencia para los grandes del mundo: «si el dinero que se gasta en armas se invirtiera en libros, la vida de muchos niños y niñas cambiaría»; ese mismo año (estamos en 2015), inauguró una escuela para refugiados sirios en el valle libanés de la Beka, enviando una exhortación a los líderes europeos para que ofrecieran apoyo a quienes buscan refugio para huir de la guerra y la persecución. Es un tema enclavado en su corazón que está relacionado con la decisión de Donald Trump, en 2017, de suspender el programa de refugiados como parte de sus medidas para combatir el terrorismo islámico. De hecho Malala le pedirá que «no dé la espalda a los niños y niñas y las familias más indefensas del mundo». También se sumará a las protestas de numerosos jefes de Estado contra la persecución de la población rohinga de confesión musulmana en Myanmar y se dirigirá a la Primera Ministra, Aung San Su Kyi, para pedirle el reconocimiento de la ciudadanía para la población huida. En 2018, el Fondo Malala lanzó Assembly, una publicación digital para niñas con historias de niñas, y comenzó una asociación con Apple Inc. para financiar la expansión en India y América Latina, proporcionando tecnología, apoyo e investigación con el objetivo de educar a más de 100.000 niñas. En 2020 Malala se graduó en Oxford, en Filosofía, Política y Economía, y fundó un grupo de lectura feminista. «Casi todos los autores que utilizamos para formarnos – explica – son hombres y occidentales. Y no sólo en Oxford: esta desigualdad es la misma en todas partes [...]. En mi elección de libros, me centré en voces feministas, inauditas, tal vez autoras primerizas […] personas llenas de pasión que tienen que superar mil obstáculos para hacerse oír. Pero son personas que tienen la valentía de hablar y de escribir».

Su historia ha desempeñado un papel importante en la pedagogía: en las escuelas buen parte del profesorado la utiliza para explicar la difícil situación de las niñas y los niños en otras partes del mundo y, al mismo tiempo, para proponer a su alumna un modelo femenino de compromiso social, sabedores de la influencia que puede tener en las niñas y los niños la experiencia de una compañera de éxito. El ejemplo de la valiente joven paquistaní ha impulsado a muchas personas a leer sus libros (sobre todo Yo soy Malala que fue un éxito de ventas mundial traducido a más de 40 idiomas) y a compartir su lucha en todo el mundo. La desigualdad de género sigue siendo fuerte en Pakistán, donde las niñas que asisten a la escuela son menos con respecto a los niños. En 2018, según las estadísticas de la UNESCO, todavía había 10 millones de niños no escolarizados. Una cifra que Yusafzai quiere reducir a cero. Malala confesó haber sufrido una depresión, que afrontó con el apoyo de su familia, pero también afirmó que «lo que tenemos que hacer es mantenernos positivos, porque nuestra tristeza no puede cambiar el mundo».Para cambiar la suerte de su país y hacer que la educación de ambos sexos sea obligatoria, está pensando en el cargo de Primera Ministra de Pakistán. Le deseamos de todo corazón que tenga éxito, siempre y cuando decida presentarse.

 

May Britt – Moser
Maria Chiara Pulcini





Juliette Bonvallet

 

L’essere coscienti della propria posizione nello spazio, il sapere dove muoversi per andare alla destinazione desiderata, è una funzione fondamentale sia per gli animali che gli esseri umani. Nel 2014 May-Britt Andreassen viene premiata con il Nobel per la medicina insieme al marito Edvard Moser e al loro mentore John O’Keefe per la scoperta delle cellule che consentono la percezione del sistema spaziale nel cervello, una sorta di Gps interno formato da svariati tipi di cellule che interagiscono tra loro a seconda dei nostri movimenti. Questo sistema di interazioni ci consente di capire dove siamo, come orientarci e navigare lo spazio attorno a noi. 

May-Britt Andreassen nasce a Fosnavåg, in Norvegia, il 4 gennaio 1963. Cresce assieme ai quattro fratelli in una fattoria, figlia di un falegname e di una casalinga. Fin dalla più tenera età si dimostra curiosa del mondo e determinata a realizzare i propri obiettivi. A scuola è una alunna con voti nella media, che preferisce passare il tempo con amici e amiche invece che sui libri. Tuttavia, scopre una naturale propensione per le materie scientifiche, che coltiva con passione e incoraggiamento da parte della famiglia e delle/i docenti. Finita la scuola si iscrive all’Università di Oslo, più perché lì ci sono le sue sorelle che per una chiara idea del percorso da intraprendere. In questa fase, il futuro è un’enorme incognita per May-Britt: l’unica sua certezza è che non vuole diventare una semplice casalinga, come previsto dai costumi del suo luogo di nascita, e che vuole fare della scienza la propria carriera. Dopo aver rinunciato ad un posto in odontoiatria, decide di iscriversi alla facoltà di Psicologia, assieme a quello che poi diventerà suo marito, Edvard Moser. A guidarli è il desiderio di studiare il cervello umano e il modo in cui crea il comportamento. La coppia si sposa nel luglio del 1985 e ha in seguito due figlie, Isabel e Ailin. La famiglia non è un ostacolo per i due coniugi: May-Britt e Edvard Moser, dopo una brillante carriera universitaria, conseguono il dottorato in Neuroscienze nel 1995 con una ricerca sul ruolo dell’ippocampo nella percezione spaziale nei topi e nel loro senso dell’orientamento.

Tra il 1995 e il 1996 i Moser continuano le loro ricerche a Londra e Edimburgo sotto la supervisione di John O’Keefe: incidendo piccole lesioni sulla parte dorsale e ventrale dell’ippocampo nei topi, ne analizzano gli effetti sulla capacità di orientarsi e riconoscere lo spazio che li circonda. Nel 1997 May-Britt Moser diventa professoressa associata in Psicologia biologica presso il dipartimento di psicologia dell’Università di scienze e tecnologia di Trondheim (Ntnu) dove, nel 2000, ottiene la cattedra in Neuroscienze. Nel 2002 fonda il Centro per la biologia della memoria e l’Institute for Systems Neuroscience. Dal 2013 è a capo del Centro di calcoli neurali, un centro di eccellenza interamente finanziato dal governo norvegese, dove continua i suoi studi sul cervello. Nello stesso anno le sono conferiti il Louisa Gross Horwitz Prize e il Premio Madame Beyer per le sue eccellenti doti manageriali e spirito di gruppo, i successi scientifici e gli alti standard etici. Assieme al marito, May-Britt Moser è pioniera negli studi dei meccanismi che permettono al cervello di immaginare e percepire lo spazio. La consapevolezza di dove ci si trovi e quale percorso si debba intraprendere per arrivare alla destinazione desiderata è unacaratteristica fondamentale sia per l’essere umano che gli altri animali. Il segnale che si attiva ogni volta che dobbiamo individuarci nello spazio sembra arrivare da un’area molto interna al cervello, dove parrebbe non possano arrivare gli input sensoriali. Ciò implica che il segnale che poi giunge alle cellule di posizione – responsabili della ricostruzione interna al cervello di una mappa dell’ambiente – si generi da solo e non in risposta a stimoli esterni.

Nei loro studi a Edimburgo, tramite esperimenti sui topi e confronti con ricerche di altri scienziati, l’attenzione dei due coniugi viene attirata da una parte della formazione dell’ippocampo, la corteccia entorinale, una delle prime aree del cervello a subire deterioramento cognitivo dovuto a malattie come l’Alzheimer. Nonostante ciò, tali studi sulla corteccia sono ancora pochi quando i Moser teorizzano che, forse, è da quest’area che partono i segnali che permettono poi l’orientamento. Un’intuizione che sembra trovare conferma in ulteriori esperimenti compiuti sui topi. Dentro una gabbia viene creato un labirinto d’acqua con alcuni ostacoli; gli animali devono trovare il percorso giusto per uscire e ottenere il loro premio in biscotti. I topi, con addosso degli elettrodi, vengono reintrodotti nel labirinto finché non imparano a riconoscere il percorso giusto. Vengono poi create delle minuscole lesioni nel cervello, in diversi punti, per vedere quale di esse influenza l’abilità dei topi a riconoscere l’ambiente in cui sono e il percorso giusto per uscire. Nel 2005 la ricerca dà i suoi frutti. L’anno prima, l’attenzione dei Moser era stata attirata nella parte dorso-mediale della corteccia entorinale, poco sopra la parte dell’ippocampo che si occupa della memoria. Esperimenti precedenti avevano dimostrato che topi con lesioni in quella zona non erano più in grado di imparare ad orientarsi nel labirinto, mentre non avevano quel tipo di problema se le lesioni erano fatte in altre parti dell’ippocampo. I picchi di attività celebrale ogni volta che il singolo topo tornava in uno stesso punto ad ogni tentativo di percorrere il labirinto si mostravano con una sorprendente regolarità. Ad una ulteriore analisi, i Moser notano che, mentre i ratti correvano liberamente nei loro recinti e tornavano su uno stesso punto, i picchi di attività ad ogni elettrodo non erano solo uniformemente spaziati, ma anche simili in direzione e dimensione. L'attività formava una griglia di esagoni regolari, da cui il nome della cellula appena scoperta: cellula grid. Il cervello immagina dunque il mondo come una griglia: quando recepisce le informazioni dall’esterno, queste vengono codificate in una sorta di segnale Gps, che ci aiuta poi ad orientarci nello spazio circostante.

Nel 2006 vengono scoperte le head direction cells (letteralmente: cellule di direzione della testa) che si attivano per indicare la direzione verso cui l’animale ha mosso la testa. Nel 2008 è il turno delle border cells (cellule di confine) che rispondono alla presenza di un confine ambientale ad una particolare direzione e distanza. È l’attività di questi diversi tipi di neuroni e l’interazione fra loro che ci consente di identificarci nello spazio e di orientarci. Inoltre, essendo questa la prima area del cervello ad essere danneggiata da malattie degenerative come l’Alzheimer, spiegherebbe perché tra i primi sintomi ci sia la perdita dell’orientamento. La scoperta di queste cellule e il modo in cui interagiscono fra di loro è stata premiata con il Nobel nel 2014, che May-Britt Moser ha condiviso con l’ora ex marito Edvard e il loro mentore John O’Keefe.

Oggi, May-Britt Moser è ancora direttrice del Centro di calcolo neurale e professoressa in Neuroscienze presso la Nust di Trondheim, continuando i suoi studi sul cervello. Ha ricevuto svariate onorificenze per le sue ricerche, fra cui il Karl Spencer Lashley Award e il Körber European Science Prize nel 2014, l'Erna Hamburger Prize nel 2016 e la Gran Croce dell’Ordine reale norvegese di Sant’Olav nel 2018, assegnata a chi si è distinto per il servizio reso al Re, alla patria, o all’umanità.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Être conscient de sa position dans l’espace, savoir où aller pour aller à la destination souhaitée, est une fonction fondamentale pour les animaux et les humains. En 2014, May-Britt Andreassen reçoit le prix Nobel de médecine avec son mari Edvard Moser et leur mentor John O’Keefe pour la découverte des cellules qui permettent la perception du système spatial dans le cerveau, une sorte de GPS interne composé de différents types de cellules qui interagissent les uns avec les autres en fonction de nos mouvements. Ce système d’interactions nous permet de comprendre où nous sommes, comment nous orienter et naviguer dans l’espace autour de nous.

May-Britt Andreassen est née à Fosnavåg, en Norvège, le 4 janvier 1963. Elle grandit avec ses quatre frères dans une ferme, fille d’un menuisier et d’une femme au foyer. Dès son plus jeune âge, elle se montre curieuse du monde et déterminée à réaliser ses objectifs. À l’école, elle est une élève avec des notes moyennes, qui préfère passer du temps avec des amis plutôt que la tête dans ses livres. Cependant, elle découvre une propension naturelle pour les matières scientifiques, qu’elle cultive avec passion et encouragement de la part de la famille et des professeurs. Après l’école, elle s’inscrit à l’Université d’Oslo, plus parce que ses sœurs y sont là que pour une idée claire du chemin à parcourir. À ce stade, l’avenir est une énorme inconnue pour May-Britt: sa seule certitude est qu’elle ne veut pas devenir une simple femme au foyer, comme le prévoient les coutumes de son lieu de naissance, et qu’elle veut faire de la science sa carrière. Après avoir renoncé à un poste en dentisterie, elle décide de s’inscrire à la faculté de psychologie, avec celui qui deviendra plus tard son mari, Edvard Moser. Ils sont guidés par le désir d’étudier le cerveau humain et la façon dont il crée le comportement. Le couple se marie en juillet 1985 et ils ont plus tard deux filles, Isabel et Ailin. La famille n’est pas un obstacle pour les deux époux : May-Britt et Edvard Moser, après une brillante carrière universitaire, obtiennent leur doctorat en neurosciences en 1995 avec une recherche sur le rôle de l’hippocampe dans la perception spatiale chez les souris et dans leur sens de l’orientation.

Entre 1995 et 1996, les Moser poursuivent leurs recherches à Londres et à Édimbourg sous la supervision de John O’Keefe : en gravant de petites lésions sur la partie dorsale et ventrale de l’hippocampe chez les souris, et ils analysent leurs effets sur la capacité de s’orienter et de reconnaître l’espace qui les entoure. En 1997, May-Britt Moser devient professeur associée en psychologie biologique au département de psychologie de l’Université des sciences et technologie de Trondheim (Ntnu) où elle obtient en 2000 le poste de professeur en neurosciences. En 2002, elle fonde le Centre pour la biologie de la mémoire et l’Institute for Systems Neuroscience. Depuis 2013, elle dirige le Centre de calculs neuraux, un centre d’excellence entièrement financé par le gouvernement norvégien, où elle poursuit ses études sur le cerveau. La même année, elle reçoit le prix Louisa Gross Horwitz Prize et le prix Madame Beyer pour ses excellentes qualités managériales et son esprit d’équipe, ses réalisations scientifiques et ses normes éthiques élevées. Avec son mari, May-Britt Moser est pionnière dans l’étude des mécanismes qui permettent au cerveau d’imaginer et de percevoir l’espace. La prise de conscience de l’endroit où vous vous trouvez et du chemin à suivre pour arriver à la destination souhaitée est une caractéristique fondamentale pour l’être humain et les autres animaux. Le signal qui s’active chaque fois que nous devons nous repérer dans l’espace semble provenir d’une zone très interne au cerveau, où les entrées sensorielles ne semblent pas pouvoir arriver. Cela implique que le signal qui parvient ensuite aux cellules de position - responsables de la reconstruction interne au cerveau d’une carte de l’environnement - se génère seul et non en réponse à des stimuli externes.

Dans leurs études à Edimbourg, par des expériences sur des souris et des comparaisons avec des recherches d’autres scientifiques, l’attention des deux conjoints est attirée par une partie de la formation de l’hippocampe, l’écorce entorinale, l’une des premières zones du cerveau à subir une détérioration cognitive due à des maladies telles que la maladie d’Alzheimer. Malgré cela, ces études sur le cortex sont encore peu nombreuses lorsque les Moser théorisent que, peut-être, c’est de cette zone que partent les signaux qui permettent ensuite l’orientation. Une intuition qui semble trouver confirmation dans d’autres expériences réalisées sur des souris. À l’intérieur d’une cage est créé un labyrinthe d’eau avec quelques obstacles; les animaux doivent trouver le bon chemin pour sortir et obtenir leur prix en biscuits. Les souris, portant des électrodes, sont réintroduites dans le labyrinthe jusqu’à ce qu’elles apprennent à reconnaître le bon chemin. De minuscules lésions sont ensuite créées dans le cerveau, à différents endroits, pour voir lequel d’entre eux affecte la capacité des souris à reconnaître l’environnement dans lequel elles sont et le bon chemin pour sortir. En 2005, la recherche porte ses fruits. L’année précédente, l’attention des Moser avait été attirée dans la partie dorso-médiale du cortex entorinal, juste au-dessus de la partie de l’hippocampe qui s’occupe de la mémoire. Des expériences antérieures ont montré que les souris avec des blessures dans cette zone ne pouvaient plus apprendre à s’orienter dans le labyrinthe, alors qu’elles n’avaient pas ce genre de problème si les blessures étaient faites dans d’autres parties de l’hippocampe. Les pics d’activité cérébrale se sont révélés avec une régularité surprenante à chaque fois que la souris revenait au même endroit à chaque tentative de parcourir le labyrinthe. Après une analyse plus approfondie, les Moser notent que, tandis que les rats couraient librement dans leurs enclos et revenaient sur un même point, les pics d’activité à chaque électrode étaient non seulement espacés uniformément, mais aussi similaires dans la direction et la taille. L’activité formait une grille d’hexagones réguliers, d’où le nom de la cellule nouvellement découverte : cellule de grille. Le cerveau imagine donc le monde comme une grille : quand il reçoit les informations de l’extérieur, elles sont codées dans une sorte de signal GPS, qui nous aide ensuite à nous orienter dans l’espace environnant.

En 2006, on découvre les têtes pointues (littéralement : cellules de direction de la tête) qui s’activent pour indiquer la direction vers laquelle l’animal a déplacé sa tête. En 2008, c’est le tour des cellules frontalières (border cells) qui répondent à la présence d’une frontière environnementale à une direction et à une distance particulières. C’est l’activité de ces différents types de neurones et l’interaction entre eux qui nous permet de nous identifier dans l’espace et de nous orienter. En outre, étant la première zone du cerveau à être endommagée par des maladies dégénératives comme Alzheimer, cela expliquerait pourquoi l’un des premiers symptômes est la perte de l’orientation. La découverte de ces cellules et la façon dont elles interagissent les unes avec les autres a été récompensée par le prix Nobel en 2014, que May-Britt Moser a partagé avec l’ex-mari Edvard et leur mentor John O’Keefe.

Aujourd’hui, May-Britt Moser est toujours directrice du Centre de calcul neuronal et professeur en neurosciences à Nust à Trondheim, tout en poursuivant ses études sur le cerveau. Elle a reçu plusieurs distinctions honorifiques pour ses recherches, dont le Karl Spencer Lashley Award et le Prix Européen de la Science de Körber en 2014, le Prix Erna Hamburger en 2016 et le Grand Croix de l’Ordre royal norvégien de Saint-Olav en 2018, qui a servi le roi, la patrie ou l’humanité.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Being aware of one's position in space, knowing where to move to go to a desired destination, is a fundamental function for both animals and humans. In 2014, May-Britt Andreassen was awarded the Nobel Prize in Medicine, along with her husband Edvard Moser and their mentor John O'Keefe, for their discovery of the cells that enable perception by the spatial system in the brain, a kind of internal GPS made up of a variety of cell types that interact with each other depending on our movements. This system of interactions allows us to understand where we are, how to orient ourselves and navigate the space around us.

May-Britt Andreassen was born in Fosnavåg, Norway, on January 4, 1963. She grew up with her four siblings on a farm, the daughter of a carpenter and a housewife. From an early age she was curious about the world and determined to achieve her goals. She was an average student in school, and preferred to spend her time with friends rather than with books. However, she discovered a natural inclination for science subjects, which she cultivated with passion and encouragement from her family and teachers. After finishing school, she enrolled in the University of Oslo, more because her sisters were there than because of a clear idea of a path to take. At that stage, the future was a huge unknown for May-Britt. Her only certainties were that she did not want to become a simply a housewife, as expected by the customs of her birthplace, and that she wanted to make science her career. After being offered and refusing a position in dentistry school, she decided to enroll in the Faculty of Psychology, along with the man who would later become her husband, Edvard Moser. Guiding them was a desire to study the human brain and how it creates behavior. The couple married in July 1985 and later had two daughters, Isabel and Ailin. Family was no obstacle for the couple - May-Britt and Edvard Moser, after brilliant university careers, earned their doctorates in neuroscience in 1995 with research on the role of the hippocampus in the spatial perception and sense of orientation of mice.

Between 1995 and 1996, the Mosers continued their research in London and Edinburgh under the supervision of John O'Keefe. By incising small lesions on the dorsal and ventral part of the hippocampus in mice, they analyzed their effects on their ability to orient themselves and recognize the space around them. In 1997, May-Britt Moser became an associate professor in biological psychology at the Department of Psychology at the Norwegian University of Science and Technology in Trondheim (NTNU) where, in 2000, she was awarded the chair in neuroscience. In 2002, she founded the Center for Memory Biology and the Institute for Systems Neuroscience. Since 2013 she has headed the Center for Neural Computation, a center of excellence funded entirely by the Norwegian government, where she continued her studies of the brain. In the same year she was awarded the Louisa Gross Horwitz Prize and the Madame Beyer Prize for her outstanding management skills and team spirit, scientific achievements, and high ethical standards. Together with her husband, May-Britt Moser is a pioneer in studies of the mechanisms that enable the brain to imagine and perceive space. Awareness of where one is and what path one must take to get to a desired destination is a fundamental characteristic of both humans and other animals. The signal that is activated whenever we need to locate ourselves in space seems to come from a very internal area of the brain, where it would seem sensory input cannot reach. This implies that the signal that then reaches the position cells - responsible for the brain's internal reconstruction of a map of the environment - is generated on its own and not in response to external stimuli.

In their studies in Edinburgh, through experiments on mice and comparisons with research by other scientists, the couple's attention was drawn to a part of the hippocampus formation, the entorhinal cortex, one of the first areas of the brain to undergo cognitive impairment due to diseases such as Alzheimer's. Despite this, such studies on the cortex were still few when the Mosers theorized that, perhaps, it is from this area that the signals that then enable orientation originate. An insight that seemed to be confirmed in further experiments performed on mice. Inside a cage, a water maze with some obstacles was created. The animals had to find the right path to get out and got their prize in cookies. The mice, wearing electrodes, were reintroduced into the maze until they learned to recognize the right path. Tiny lesions were then created in the brain at different locations to see which one affected the ability of the mice to recognize their environment and the right path to exit. In 2005, the research bore fruit. The year before, the Mosers' attention had been drawn to the dorso-medial part of the entorhinal cortex, just above the part of the hippocampus that deals with memory. Previous experiments had shown that mice with lesions in that area were no longer able to learn to orient themselves in the maze, while they did not have that kind of problem if lesions were made in other parts of the hippocampus. The spikes in brain activity each time the individual mouse returned to the same spot on each attempt to navigate the maze showed up with surprising regularity. On further analysis, the Mosers noted that as the rats ran freely in their pens and returned to the same spot, the activity spikes at each electrode were not only evenly spaced but also similar in direction and size. The activity formed a grid of regular hexagons, hence the name of the newly discovered cell: grid cell. The brain imagines the world as a grid. When it takes in information from outside, it is encoded into a kind of GPS signal, which then helps us orient ourselves in the space around us.

In 2006, head direction cells were discovered, which are activated to indicate the direction in which the animal has moved its head. In 2008 it was the turn of border cells that respond to the presence of an environmental boundary at a particular direction and distance. It is the activity of these different types of neurons and the interaction between them that allows us to identify ourselves in space and orient ourselves. Moreover, since this is one of the first areas of the brain to be damaged by degenerative diseases such as Alzheimer's, it would explain why loss of orientation is among the first symptoms. The discovery of these cells and how they interact with each other was rewarded with a Nobel Prize in 2014, which May-Britt Moser shared with her husband Edvard and their mentor John O'Keefe. The Mosers announced their divorce in 2016, but have continued their scientific work together.

Today, May-Britt Moser is still director of the Center for Neural Computing and a professor in Neuroscience at the NTNU in Trondheim, continuing her studies on the brain. She has received a variety of honors for her research, including the Karl Spencer Lashley Award and the Körber European Science Prize in 2014, the Erna Hamburger Prize in 2016, and the Grand Cross of the Royal Norwegian Order of St. Olav in 2018, awarded to those who have distinguished themselves for their service to the King, the country, or humanity.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

Tener conciencia de donde uno/a se encuentra en el espacio y de que ruta debe seguir para llegar al destino deseado es una función fundamental tanto para los animales como para los seres humanos. En 2014 May-Britt Andreassen recibe el Premio Nobel de Medicina compartido con su marido Edvard Moser y su mentor John O’Keefe por sus descubrimientos de células que constituyen un sistema de posicionamiento en el cerebro, una especie de GPS interno formado por varios tipos de células que trabajan conjuntamente en función de nuestros movimientos. Este sistema de interacciones nos permite comprender dónde estamos, cómo orientarnos y navegar por el espacio que nos rodea.

May-Britt Andreassen nace en Fosnavåg, en Noruega, el 4 de enero de 1963. Crece con sus cuatros hermanos en una granja, hija de un carpintero y de un ama de casa. Desde muy pequeña siente curiosidad por el mundo y está decidida a alcanzar sus objetivos. En la escuela es una estudiante normal que prefiere pasar el rato con sus amigos y sus amigas que con los libros. Sin embargo, descubre una inclinación natural por los temas científicos que cultiva con pasión y gracias al estímulo de su familiasy su profesorado. Al terminar la escuela se matricula en la Universidad de Oslo, más porque sus hermanas estaban allí que por una idea clara del camino a seguir. En aquel momento, el futuro es una gran incógnita para May-Britt: su única certeza era que no quería convertirse en una simple ama de casa, según las costumbres de su lugar de nacimiento, y que quería hacer de la ciencia su carrera. Tras renunciar a un puesto de odontóloga, decide matricularse en la Facultad de Psicología, junto con quien más tarde seríia su esposo, Edvard Moser. Lo que los mueve es el deseo de estudiar el cerebro humano y el modo en que genera el comportamiento. La pareja se casa en julio de 1985 y sucesivamente tienen dos hijas, Isabel y Ailin. La familia no es un obstáculo para la pareja: May-Britt y Edvard Moser, tras una carrera universitaria brillante, obtienen el doctorado en Neurociencias en 1995 con una investigación del papel del hipocampo en la percepción espacial de los ratones y su sentido de orientación.

Entre el 1995 y el 1996, los Moser continúan sus investigaciones en Londres y Edimburgo bajo la supervisión de John O’Keefe: realizando pequeñas lesiones en la parte dorsal y ventral del hipocampo de unos ratones, analizan los efectos con respecto a su capacidad de orientarse y reconocer el espacio que los rodea. En 1997, May-Britt Moser se convierte en profesora adjunta en Psicología Biológica en la facultad de Ciencias y Tecnologías deTrondheim (UNCT), donde, en 2000, consigue una cátedra de Neurociencias. En 2002 funda el Centro de Biología de la memoria y el Instituto de los sistemas de Neurociencias. Desde 2013 es directora del Centro de Computación Neural, un centro de excelencia íntegramente financiado por el gobierno Noruego, donde continúa sus estudios del cerebro. Ese mismo año le confieren el Premio Louise Gross Horwitz y el Premio Madame Beyer por su excelente capacidad de gestión y espíritu de equipo, sus logros científicos y sus elevadas normas éticas. Junto con su esposo, May-Britt Moser es pionera en los estudios de mecanismos que le permiten al cerebro imaginar y percibir el espacio. Tener conciencia de dónde uno/a se encuentra y que ruta debe seguir para llegar al destino deseado es una característica fundamental tanto para los seres humanos como para otros animales. La señal que se activa cada vez que necesitamos ubicarnos en el espacio parece proceder de una parte muy interna del cerebro, donde parece que no llegan los inputs sensoriales. Esto implica que la señal que luego llega a las ‘células de lugar’ – responsables de la reconstrucción de un mapa del entorno en el cerebro – se genera por sí sola y no en respuesta a estímulos externos.

En sus estudios en Edimburgo, a través de experimentos con ratones y comparaciones con investigaciones de otros científicos, la atención de la pareja se centra en una parte de la formación del hipocampo, la corteza entorrinal, una de las primeras partes del cerebro que sufre el deterioro cognitivo debido a enfermedades como el morbo de Alzheimer. A pesar de esto, dichos estudios de la corteza siguen siendo escasos cuando los Moser teorizan que probablemente las señales que permiten la orientación procedan de esta zona. Una intuición que parece confirmarse en otros experimentos realizados con ratones. En una jaula se crea un laberinto de agua con algunos obstáculos; los animales tienen que encontrar el camino correcto para salir y conseguir su premio en galletas. Los ratones, que llevan electrodos, son reintroducidos en el laberinto hasta que aprenden a reconocer el camino correcto. Luego, les crean minúsculas lesiones en distintas partes del cerebro para ver cuáles de ellas influyen en la habilidad de los ratones de reconocer el entorno que los rodea y el camino correcto para salir. En 2005, la investigación dio sus frutos. El año anterior. la atención de los Moser se había centrado en la parte dorso-medial de la corteza entorrinal, justo encima la parte del hipocampo que se ocupa de la memoria. Experimentos anteriores habían demostrado que los ratones con lesiones en esta parte del hipocampo ya no podían aprender cómo orientarse en el laberinto, mientras no tenían ese tipo de problema si las lesiones se hacían en otras partes. Cada vez que el ratón volvía al mismo punto en cada intento de recorrer el laberinto, con sorprendente regularidad, mostraba picos de actividad cerebral. Con un análisis más detallado, los Moser observan que, cuando los ratas corrían libremente por sus recintos y volvían al mismo lugar, los picos de actividad en cada electrodo no solo estaban espaciados uniformemente, sino que también eran similares en dirección y tamaño. La actividad formaba una cuadricula de hexágonos regulares, de ahí el nombre de la célula recién descubierta: ‘célula rejilla’. Por lo tanto, el cerebro imagina el mundo como una rejilla: cuando percibe la información del exterior, la misma es codificada en un tipo de señal GPS que luego nos ayuda a orientarnos en el espacio que nos rodea.

En 2006 se descubren las Head direction cells (literalmente: las células de dirección de la cabeza) que se activan para indicar la dirección en la que el animal ha movido la cabeza. En 2008 les toca a las border cells (células de frontera) que responden a la presencia de un límite ambiental a una dirección y a una distancia determinada. La actividad de estas distintas neuronas y la interacción entre sí nos permiten ubicarnos en el espacio y orientarnos. Además, al ser la primera parte del cerebro la dañada por enfermedades degenerativas como el Alzheimer, esto explica la pérdida del sentido de orientación como primer síntoma. Por el descubrimiento de estas células y la manera en que trabajan conjuntamente se le concedió el Nobel en 2014, que May-Britt comparte con su actual exmarido Edvard y su mentor John O’Keefe.

Hoy en día, May-Britt Moser es aún directora del Centro de Computación Neural y profesora en Neurociencias en la UNCT de Trondheim, donde sigue con sus estudios sobre el cerebro. Entre los varios premios que ha recibido por sus investigaciones, se encuentran el Premio Karl Spencer Lashley y el Premio Körber European Science en 2014, el Premio Erna Hamburger en 2016 y la Gran Cruz de San Olaf de la Real Orden Noruega en 2018, otorgada a quienes se han distinguido por sus servicios al Rey, al país o a la humanidad.

 

Svetlana Aleksievic
Laura Candiani





Juliette Bonvallet

 

Nobel per la letteratura «Per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo».

I primati di Aleksievič sono almeno due: è la prima persona bielorussa a ottenere il premio Nobel (2015) ed è la prima scrittrice a vedere riconosciuti il merito e la qualità del romanzo-inchiesta. Nata a Ivano-Frankivsk (Ucraina) il 31 maggio 1948, Svetlana (Svjatlana) Aljaksandraŭna è figlia di un bielorusso e di una ucraina; vive in Bielorussia dove i genitori insegnano nelle scuole rurali; dopo gli studi superiori svolge un periodo di praticantato prima di accedere alla facoltà di Giornalismo di Minsk. Finita l’università, lavora come giornalista e come insegnante, incerta sul suo futuro professionale. La svolta avviene quando è assunta come inviata dal giornale a diffusione nazionale Sel’skaja gazeta, quindi diviene responsabile della sezione di critica e saggistica della rivista letteraria Neman. Nel 1983 il suo libro appena concluso La guerra non ha un volto di donna rimane bloccato dalla censura; quando finalmente esce, vende due milioni di copie; altre opere vedono la luce e si susseguono gli adattamenti per il teatro e il cinema, nonché le traduzioni e i riconoscimenti ufficiali.

Nel 1989 viene stampata un’altra opera fondamentale, frutto di quattro intensi anni di ricerche: Ragazzi di zinco (con riferimento alle bare in cui venivano restituiti i corpi dei soldati morti) in cui racconta la guerra in Afghanistan. Viene accusata di nuovo di antipatriottismo e tendenziosità, ma in breve, anche per le pressioni internazionali, le accuse si smontano. Nel 1993 pubblica Incantati dalla morte. È del 1997 il bellissimo Preghiera per Černobyl’ in cui tratta la tragedia della Bielorussia, coinvolta dal 70% della caduta radioattiva. Nonostante i successi, la stima, la notorietà, Aleksievič ha vissuto dodici anni fra la Francia, l’Italia, la Russia, la Svezia per l’accusa, ovviamente falsa, di essere una agente della Cia; solo nel 2013 è ritornata a vivere a Minsk, ma già nel 2020 si è dovuta trasferire in Germania. Il dato da evidenziare è senz’altro l’originalità della sua scrittura, non essendo una narratrice vera e propria: è piuttosto una testimone, una reporter, una “voce” del popolo che ha creato in lingua russa il genere del romanzo-inchiesta, detto pure “prosa epico-corale”, “letteratura non fiction”, come in Italia possiamo leggere Gomorra o Zero zero zero di Roberto Saviano. Alle vicende raccontate, ispirate a fatti e personaggi reali, si uniscono commenti, dati, interviste, frutto di lunghi e difficili viaggi in Russia e nel mondo, anche nelle vesti di giornalista. Importanti nella sua formazione sono stati gli scrittori Alexandr Herzen e Ales’ Adamovič che già aveva sperimentato in lavori collettivi il nuovo modo di narrare riferendo della guerra e dell’assedio di Leningrado. «Afferrare quanto vi è di autentico, ecco cosa volevo. E ho assimilato all’istante questo genere, fatto delle voci di uomini e donne, di confessioni, testimonianze e documenti dell’anima delle persone», ha affermato Aleksievič.

Già la prima opera (traducibile come: Monologhi di persone che abbandonano i luoghi natii) le aveva portato accuse di antipatriottismo. Dopo La guerra non ha un volto di donna (Bompiani 2015), sulle sovietiche al fronte durante la Seconda guerra mondiale, uscito sulla rivista Oktjabr e poi a stampa, pubblica un altro libro su quel periodo contenente cento storie di vita vissuta durante l’occupazione tedesca (Gli ultimi testimoni, Bompiani 2016). Anche qui compaiono delle novità: la guerra è infatti vista senza eroismo, attraverso lo sguardo stupito e sconvolto delle donne e di bambini e bambine.

I ragazzi di zinco (e/o 2003), che fa riferimento alla guerra in Afghanistan «tenuta per dieci anni celata al proprio popolo», racconta le vicende dei giovani caduti, ricordati attraverso le parole di madri, sorelle, mogli incontrate in tutto il Paese. L’effetto sull’opinione pubblica fu dirompente. Nel 1993 altra tappa, che va di pari passo con il crollo dell’Urss e i cambiamenti intervenuti; questa volta è un testo dolentissimo (Incantati dalla morte, e/o 2005) in cui riferisce delle esistenze travagliate di coloro che si sono suicidati, o hanno cercato la morte, per la delusione politica, per il vuoto ideologico. Preghiera per Černobyl’ (e/o 2002) mette in luce un aspetto spesso ignorato in Occidente, ovvero il tremendo danno arrecato da quella tragedia alla popolazione e al suolo della Bielorussia che, a distanza di anni, paga ancora gravi conseguenze in termini di malattie, invalidità, contaminazioni. Dal libro la stessa autrice ha tratto un lavoro teatrale che dovrebbe essere un monito all’umanità, mentre la natura ha ripreso il sopravvento in quei luoghi abbandonati. Ma la vicenda più recente di Fukushima, puntualizza Aleksievič, segna l’ennesima sconfitta perché «l’uomo di oggi non vuole ammettere di non essere onnipotente».

Nel 2014 in Italia è stato tradotto Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo (Bompiani); la scrittrice in quel periodo ebbe a dichiarare di aver chiuso con «il tema dell’impero rosso e dell’homo sovieticus» e di voler privilegiare altri progetti: uno sui rapporti fra donne e uomini e un altro «sulla vecchiaia, sul tramonto, sugli ultimi passi prima del buio».

Nel 2016 è comparso Il male ha nuovi volti. L’eredità di Černobyl’ mentre nel 2019 è stata la volta del libro-intervista Solo l’amore salva dall’ira. Ultimo uscito, nel 2021, Perché sono discesa all’inferno? Dopo le elezioni truccate del dittatore Lukashenko e le vaste proteste popolari scoppiate in Bielorussia dal 9 agosto 2020, con la violenta repressione condotta dal regime contro coloro che lottano per la democrazia, sta scrivendo un nuovo libro per raccontare le storie di compatriote e compatrioti che hanno subito arresti e torture nelle famigerate carceri e di chi (come lei) viene costretta ad abbandonare il Paese per vivere in libertà (si parla di 500.000 persone, una catastrofe umanitaria). Ha dichiarato in una recentissima intervista (a cura di Anna Zafesova su Tuttolibri, 8.1.22) «la Bielorussia mi ha cancellato dai libri di storia ma io non mi arrendo alla tirannia».

In Italia la scrittrice ha ricevuto il premio Sandro Onofri per il reportage narrativo nel 2002, mentre nel 2013 ha ottenuto il prestigioso Peace Prize of the German Book Trade; nel 2014, ancora in Italia, ebbe il premio internazionale Masi Grosso d’Oro Veneziano. La consacrazione avvenne con il premio Nobel nel 2015. Molto interessante il contributo di Roberto Saviano uscito in quella circostanza: nel bell’articolo Così il Nobel della realtà rivoluziona la letteratura (www.repubblica.it/cultura/2015/10/12/) evidenziò i pregi della scrittura di Aleksievič, che sentiva a sé assai vicina; parlò di un vero terremoto nell’ambito del premio perché per la prima volta si riconosceva che la “non fiction” può essere vera e grande letteratura.

Nel 2021 le è stata conferita la Gran Croce dell’ordine al merito della Repubblica Federale Tedesca.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Prix Nobel de littérature 2015. «Pour son écriture polyphonique, un monument à la souffrance et au courage à notre époque»

Les records d’Aleksievič sont au moins deux : elle est la première personne biélorusse à obtenir le prix Nobel et elle est la première écrivain à voir reconnu le mérite et la qualité du roman-enquête Née à Ivano-Frankivsk (Ukraine) le 31 mai 1948, Svetlana (Svjatlana) Aljaksandraŭna est la fille d’un Bélarussien et d’une Ukraine; elle vit en Biélorussie où ses parents enseignent dans les écoles rurales; après ses études secondaires, elle effectue un stage avant d’entrer à la faculté de journalisme de Minsk. Après ses études, elle travaille comme journaliste et enseignante, incertaine de son avenir professionnel. Le tournant a lieu lorsqu’elle est assumée comme envoyée par le journal à diffusion nationale Selskaïa gazeta, puis devient responsable de la section critique et non-fiction de la revue littéraire Neman. En 1983, son livre La guerre n’a pas de visage de femme est bloqué par la censure; quand il sort enfin, elle vend deux millions d’exemplaires; d’autres œuvres voient le jour et les adaptations pour le théâtre et le cinéma se succèdent, ainsi que les traductions et les reconnaissances officielles.

En 1989, une autre œuvre fondamentale est imprimée, fruit de quatre années intenses de recherches:Des garçons en zinc (en référence aux cercueils dans lesquels étaient restitués les corps des soldats morts) dans laquelle elle raconte la guerre en Afghanistan. Elle est à nouveau accusée d’antipatrioctisme et de tendance, mais en bref, même sous la pression internationale, les accusations sont abandonnées. En 1993, elle publie Incantati dalla morte. C’est en 1997 la très belle Prière pour Chernobyl dans laquelle elle traite de la tragédie de la Biélorussie, impliquée par 70% de la chute radioactive. Malgré les succès, l’estime, et la notoriété, Aleksievič a vécu douze ans entre la France, l’Italie, la Russie, et la Suède pour l’accusation, bien sûr fausse, d’être un agent de la CIA; ce n’est qu’en 2013 qu’elle est revenue à Minsk, mais elle a dû déménager en Allemagne dès 2020. La donnée à souligner est sans doute l’originalité de son écriture, n’étant pas une vraie narratrice : c’est plutôt un témoin, une journaliste, une "voix" du peuple qui a créé en langue russe le genre du roman-enquête, dit aussi "prose épico-chorale", "littérature non-fiction", comme en Italie, nous pouvons lire Gomorra ou Zero zero zero de Roberto Saviano. Aux histoires racontées, inspirées par des faits et des personnages réels, s’unissent commentaires, données, interviews, fruit de longs et difficiles voyages en Russie et dans le monde, même en tant que journaliste. Les écrivains Alexandr Herzen et Ales' Adamovič étaient importants dans sa formation qui avait déjà expérimenté dans le travail collectif la nouvelle façon de raconter la guerre et le siège de Leningrad.«Saisir ce qui est authentique, voilà ce que je voulais. Et j’ai assimilé instantanément ce genre, fait des voix d’hommes et de femmes, des confessions, des témoignages et des documents de l’âme des personnes», a affirmé Aleksievič.

La première œuvre (traduisible comme: Monologues de personnes qui abandonnent leurs lieux nataux) lui avait déjà apporté des accusations d’antipatriottisme. Après La guerre n’a pas de visage de femme (Bompiani 2015), sur les Soviétiques au front pendant la Seconde Guerre mondiale, publié dans le magazine Oktjabr puis imprimé, elle publie un autre livre sur cette période contenant cent histoires de vie vécues pendant l’occupation allemande (Les derniers témoins, Bompiani 2016). Ici aussi, apparaissent des nouveautés : la guerre est en effet vue sans héroïsme, à travers le regard étonné et bouleversé des femmes et des enfants.

Les garçons en zinc (et/ou 2003), qui fait référence à la guerre en Afghanistan «tenue pendant dix ans cachée à leur propre peuple», raconte les événements des jeunes morts, rappelés à travers les paroles de mères, sœurs, et épouses rencontrées dans tout le pays. L’effet sur l’opinion publique fut dévastateur. En 1993, une autre étape, qui va de pair avec l’effondrement de l’URSS et les changements intervenus; cette fois c’est un texte très douloureux (Enchantés par la mort, et/ou 2005) dans lequel elle rapporte des existences tourmentées de ceux qui se sont suicidés, ou ont cherché la mort, la déception politique, et le vide idéologique. Prière pour Tchernobyl' (e/o 2002) met en évidence un aspect souvent ignoré en Occident, à savoir les terribles dommages causés par cette tragédie à la population et au sol du Belarus qui, après des années, paie encore de graves conséquences en termes de maladies, l’invalidité, et la contamination. Dans le livre, l’auteure elle-même a tiré un travail théâtral qui devrait être un avertissement à l’humanité, tandis que la nature a repris le dessus dans ces lieux abandonnés. Mais l’histoire plus récente de Fukushima, précise Aleksievič, marque une énième défaite parce que «l’homme d’aujourd’hui ne veut pas admettre qu’il n’est pas tout-puissant».

En 2014, Tempo d’occasion a été traduit en Italie. La vie en Russie après la chute du communisme (Bompiani); l’écrivain à cette époque a déclaré qu’elle avait terminé avec «le thème de l’empire rouge et de l’homo sovieticus» et qu’elle voulait privilégier d’autres projets : un sur les relations entre les femmes et les hommes et un autre «sur la vieillesse, sur le coucher du soleil, sur les derniers pas avant l’obscurité».

En 2016 est apparu Le mal a de nouveaux visages. L’héritage de Tchernobyl' alors qu’en 2019, c’était au tour du livre-interview Seul l’amour sauve de la colère. Le dernier publié, en 2021, Pourquoi suis-je descendu en enfer? Après les élections truquées du dictateur Loukachenko et les vastes manifestations populaires qui ont éclaté en Biélorussie depuis le 9 août 2020, avec la répression violente menée par le régime contre ceux qui luttent pour la démocratie, elle écrit un nouveau livre pour raconter les histoires de compatriotes qui ont été arrêtés et torturés dans les prisons tristement célèbres et de ceux qui (comme elle) sont forcés de quitter le pays pour vivre en liberté (on parle de 500000 personnes, une catastrophe humanitaire). Elle a déclaré dans une interview très récente (par Anna Zafesova sur Tuttolibri, 8.1.22) «le Belarus m’a rayé des livres d’histoire mais je ne me rends pas à la tyrannie».

En Italie, elle a reçu le prix Sandro Onofri pour le reportage narratif en 2002, puis en 2013 le prestigieux prix Peace of the German Book Trade. La consécration a eu lieu avec le prix Nobel en 2015. La contribution très intéressante de Roberto Saviano parue à cette occasion : dans l’article Ainsi, le Nobel de la réalité révolutionne la littérature (www.repubblica.it/culture/2015/10/12/) souligna les mérites de l’écriture d’Aleksievič, qu’elle sentait très proche; elle a parlé d’un vrai tremblement de terre dans le cadre du prix parce que, pour la première fois, on reconnaissait que la "non-fiction" peut être une vraie et grande littérature.

En 2021, elle a reçu la Grande Croix de l’ordre du Mérite de la République fédérale d’Allemagne.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Awarded "For her polyphonic writing, a monument to suffering and courage in our time."

Aleksievič's firsts are at least two: she is the first Belarusian person to be awarded the Nobel Prize and she is the first writer to see the merit and quality of the “investigative novel” recognized. Born in Ivano-Frankivsk (Ukraine) on May 31, 1948, Svetlana (Svjatlana) Aljaksandraŭna is the daughter of a Belarusian and a Ukrainian. She lived in Belarus, where her parents taught in rural schools. After high school she did a practicum before entering the Faculty of Journalism in Minsk. After finishing university, she worked as a journalist and a teacher, uncertain about her professional future. The turning point came when she was hired as a correspondent by the nationally circulated newspaper Sel'skaja gazeta, then became head of the criticism and nonfiction section of the literary magazine Neman. In 1983 her just-completed book War’s Unwomanly Face was blocked by censorship. When it finally came out, it sold two million copies. Following that, other works saw the light of day, and adaptations for theater and film followed, as well as translations and official recognition.

In 1989, another seminal work was printed, the result of four intense years of research, Zinky Boys (referring to the zinc coffins in which the bodies of dead soldiers were returned) in which she recounts stories from the war in Afghanistan. She was accused again of being unpatriotic and of tendentiousness, but in short order, partly due to international pressure, the charges were dropped. In 1993 she published Enchanted by Death. In 1997 she published the beautiful Cernobyl Prayer in which she deals with the tragedy of Belarus, impacted by 70 percent of the radioactive fallout. Despite her successes, esteem, and notoriety, Aleksievič lived twelve years in France, Italy, Russia, and Sweden because of obviously false accusations of being a CIA agent. Only in 2013 did she return to live in Minsk, but in 2020 she once again had to leave Belarus to move to Germany. A fact to be highlighted is undoubtedly the originality of her writing, as she is not simply a narrator. She is rather a witness, a reporter, a "voice" of the people who created in the Russian language the genre of the “investigative novel,” also called "epic-choral prose," "nonfiction literature," as in Italy we can read Gomorra or Roberto Saviano's Zero zero zero. The events recounted, inspired by real facts and characters, are combined with commentary, data, and interviews, the result of her long and difficult travels in Russia and around the world, including as a journalist. Important in her formation were writers Alexandr Herzen and Ales' Adamovič, who had already experimented in collective works with the new way of storytelling by reporting on the war and the siege of Leningrad. "Grasping what is authentic in it, that's what I wanted. And I instantly assimilated this genre, made of the voices of men and women, of confessions, testimonies and documents from people's souls," Aleksievič said.

Early on, her first work (translatable as: Monologues of People Leaving Their Native Places) had brought her accusations of unpatriotism. After The Unwomanly Face of War, about Soviet women at the front during World War II, which came out in Oktjabr magazine and then as a book, she published another book about that period containing one hundred stories of lives lived during the German occupation (The Last Witnesses: A Hundred Unchildlike Lullabies). Novelties appear here as well - the war is in fact seen without heroism, through the astonished and shocked gaze of women and young children.

Zinky Boys: Soviet Voices from the Afghanistan War (WW Norton 1992), which refers to the war in Afghanistan "kept for ten years concealed from its own people," tells the stories of the young men who fell, remembered through the words of mothers, sisters, and wives met throughout the country. The effect on public opinion was disruptive. In 1993 another tragedy, which went hand in hand with the collapse of the USSR and the changes that followed. This time it was a very sorrowful text (Enchanted by Death) in which she reports on the troubled existences of those who committed suicide, or sought death, because of political disappointment, or ideological emptiness. Cernobyl Prayer highlights an aspect of the disaster often ignored in the West, namely the tremendous damage done by that tragedy to the people and soil of Belarus, which, years later, is still paying serious consequences in terms of disease, disability, and contamination. From the book the author herself has made a theatrical work that should be a warning to humanity as nature has tried to regain the upper hand in those abandoned places. But the most recent Fukushima event, Aleksievič points out, marks yet another defeat because "today's man does not want to admit that he is not omnipotent."

Secondhand Time: The Last of the Soviets (Random House 2016) is about life in Russia after the collapse of Communism. The writer at that point declared that she was done with "the theme of the red empire and homo sovieticus" and that she wanted to prioritize other projects - one about the relations between women and men, and another "about old age, about the sunset, about the last steps before the darkness."

Following dictator Lukashenko's rigged elections and the widespread popular protests that have erupted in Belarus since August 9, 2020, with the violent repression conducted by the regime against those fighting for democracy, she is writing a new book to tell the stories of compatriots who have suffered arrests and torture in the notorious prisons and those (like her) who have been forced to leave the country to live in freedom (500,000 people are reportedly being forced to leave the country to live in freedom, a humanitarian catastrophe). She said in a very recent interview (edited by Anna Zafesova in Tuttolibri, 1/8/2022) "Belarus has erased me from the history books but I do not give in to tyranny."

In Italy the writer received the Sandro Onofri prize for narrative reporting in 2002, while in 2013 she was awarded the prestigious Peace Prize of the German Book Trade. In 2014, again in Italy, she was awarded the international Masi Grosso d'Oro Veneziano prize. Consecration came with the Nobel Prize in 2015. Roberto Saviano's contribution that came out on that occasion was very interesting - in the beautiful article Thus the Nobel of Reality Revolutionizes Literature (www.repubblica.it/cultura/2015/10/12/) he highlighted the merits of Aleksievič's writing, which he felt were very close to him. He spoke of a real earthquake in the sphere of the prize because for the first time it was recognized that "nonfiction" can be true and great literature.

In 2021 she was awarded the Grand Cross of the Order of Merit of the Federal Republic of Germany.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

Premio Nobel de Literatura en 2015. «Por su escritura polifónica, un monumento al sufrimiento y el coraje en nuestro tiempo».

Los récords de Aleksievič son al menos dos: es la primera persona bielorrusa en obtener el premio Nobel y es la primera escritora en ver reconocidos el mérito y la cualidad de la novela-investigación. Nacida en Ivano-Frankivsk (Ucrania) el 30 de Mayo de 1948, Svetlana (Svjatlana) Aljaksandraûna es hija de un bielorruso y de una ucraniana; vive en Bielorrusia donde sus padres enseñan en las escuelas rurales; finalizados los estudios secundarios, realiza un período de prácticas antes de acceder a la Facultad de Periodismo de Minsk. Una vez terminada la universidad, trabaja como periodista y como profesora, incierta sobre su futuro profesional. El cambio ocurre cuando es contratada como enviada por el periódico de difusión nacional Sel’skaja gazeta, y se convierte en responsable de la sección de crítica y ensayo de la revista literaria Neman. En 1983 termina la novela La guerra no tiene rostro de mujer pero la censura impide su publicación; cuando finalmente ve la luz, vende dos millones de ejemplares; seguirán muchas otras obras a la vez que se producirán adaptaciones de las mismas para el teatro y el cine, así como traducciones y reconocimientos oficiales.

En 1989 se publicó otra obra fundamental, fruto de cuatro intensos años de investigación: Los muchachos de zinc. Voces soviéticas de la Guerra de Afganistán (con referencia a los ataúdes en los que se devolvían los cuerpos de los soldados muertos) en la que relata la guerra en Afganistán. Fue acusada por segunda vez de antipatriotismo y favoritismo, pero muy pronto, gracias también a las presiones internacionales, las acusaciones perdieron fuerza. En 1993 publicó Зачарованные смертью (Fascinados por la muerte, sin traducción al español). Es de 1997 el hermoso Voces de Chernóbil. Crónica del futuro, donde trata la tragedia de Bielorrusia, afectada en un 70% por la lluvia radiactiva. A pesar de los logros, la estimación y la notoriedad, Aleksievič ha vivido doce años entre Francia, Italia, Rusia y Suecia por la acusación, obviamente falsa, de ser una agente de la CIA; solo en 2013 volvió a vivir en Minsk, pero en 2020 tuvo que irse a Alemania. Lo que hay que destacar es la originalidad de su escritura, al no ser ella una auténtica novelista: es más bien un testigo, una reportera, una ‘voz’ del pueblo que creó en ruso el género de la novela-investigación, también llamado ‘prosa épica-coral’ o ‘literatura de no ficción’. A los hechos contados, inspirados en casos y personas reales, se añaden comentarios, datos, entrevistas, fruto de largos y difíciles viajes por Rusia y por todo el mundo, también en calidad de periodista. Para su formación fueron importantes los escritores Alexandr Herzen y Ales’ Adamovich que ya había experimentado en trabajos colectivos esta nueva forma de narrar informando sobre la guerra y el asalto de Leningrado. «Agarrar lo que es auténtico, eso es lo que quería. Asimilé este género al instante, hecho de voces de hombres y mujeres, de confesiones, testimonios y documentos del alma de las personas», afirmó Aleksiévich.

Ya la primera obra (traducible como Monólogos de personas que abandonan sus tierras natales) le había provocado acusaciones de antipatriotismo. Después de У войны не женское лицо (La guerra no tiene rostro de mujer, Debate 2015), sobre las soviéticas en primera línea durante la Segunda guerra mundial, publicado primero en la revista Oktjabr y luego bajo forma de libro, publica otro volumen sobre aquel período que contiene cien historias de vida vivida durante la ocupación alemana, Последние свидетели сто недетских рассказов (Últimos testigos. Los niños de la Segunda Guerra Mundial, Debate 2016). Aquí también aparecen novedades: la guerra es vista sin heroísmo, a través de la mirada asombrada y estremecida de mujeres, niños y niñas.

Los muchachos de zinc (Debate 2016), que hace referencia a la guerra en Afganistán “mantenida oculta durante diez años a su propio pueblo”, narra los acontecimientos de los jóvenes caídos, recordados a través de las palabras de madres, hermanas, esposas visitadas por todo el país. El efecto en la opinión pública fue quebrantador. En 1993, otra etapa, que va de la mano con el colapso de la URSS y los cambios que se produjeron; esta vez es un texto muy doloroso Зачарованные смертью (Fascinados por la muerte, sin traducción española) donde habla de las existencias dolorosas de quienes se han suicidado, o han buscado la muerte, por la decepción política, por el vacío ideológico. Voces de Chernóbil (La plegaria de Chernóbil, Casiopea 2002; Voces de Chernóbil, De Bolsillo 2006; Debate 2015) pone de relieve un aspecto a menudo ignorado en Occidente, es decir, el tremendo daño causado por esa tragedia a la población y al suelo de Bielorrusia que, a distancia de años, todavía sigue sufriendo graves consecuencias en términos de enfermedades, discapacidad, contaminación. La propia autora ha extrapolado una obra teatral que debería ser una advertencia para la humanidad, mientras la naturaleza ha tomado el control de aquellos lugares abandonados. Sin embargo, el desastre de Fukushima (2011), señala Aleksiévich, marca la enésima derrota porque “el hombre de hoy no quiere admitir que no es omnipotente”.

En 2015 se tradujo al español Время секонд хэнд (El fin del homo sovieticus, Acantilado); la escritora en aquel momento declaró que había terminado con «el tema del Imperio Rojo y del homo sovieticus» y que quería dar prioridad a otros proyectos: uno sobre las relaciones entre mujeres y hombres y otro «sobre la vejez, el atardecer, sobre los últimos pasos antes de la oscuridad».

Un importante entrevista es Warum bin ich in die Holle hinabgestiegen? publicada en 2013 (Por qué bajé al infierno?); otra, Il male ha nuovi volti (El mal tiene nuevos rostros) se publicó en 2016 en Italia y otra aún en 2018, cuando la revista Ord&Bild publicó la entrevista de su director, Staffan Julén, a la escritora Only love can save those who are infected with anger (Solo el amor puede salvar a quienes están infectados por la ira). Ninguna de ellas tiene traducción al español. Después de las elecciones fraudulentas del dictador Lukashenko y tras las grandes protestas populares que estallaron en Bielorrusia a partir del 9 de agosto de 2020, con la violenta represión llevada a cabo por el régimen contra quienes luchaban por la democracia, está escribiendo un nuevo libro para contar las historias de compatriotas que han sufrido detenciones y torturas en cárceles tristemente célebres y de quienes, como ella, han tenido que abandonar el país para vivir en libertad (se trata de unas 500.000 personas, una catástrofe humanitaria). Ha afirmado en una entrevista reciente de Anna Zafesova publicada en Italia (Tuttolibri, 8.1.2022) “Bielorrusia me ha borrado de los libros de historia pero no me rindo a la tiranía”.

La escritora ha recibido el prestigioso Peace Prize of the German Book Trade (2013); el Premio Sandro Onofri (2022) por el reportaje narrativo y el Grosso d’Oro Veneziano (Premio Internazionale Masi 2014). Su consagración se produjo con el Premio Nobel de Literatura en 2015. Muy interesante la contribución del periodista italiano Roberto Saviano publicada en dicha circunstancia en el hermoso artículo Così il Nobel della realtà rivoluziona la letteratura (www.repubblica.it/cultura/2015/10/12/), donde destacaba los méritos de la escritura de Aleksiévich, que sentía muy cercana; hablando de un verdadero terremoto en el marco del premio porque por primera vez se reconocía que la “no ficción” puede ser una verdadera y gran literatura.

En 2021 recibió la Gran Cruz de la Orden de Mérito de la República Federal de Alemania.


Traduzione ucraina

Alina Petelko

Нобелівська премія з літератури 2015. «За її багатоголосу творчість — пам'ятник стражданню і мужності у наш час».

Рекордів Алексієвич принаймні дві: вона перша білоруска, яка отримала Нобелівську премію, і вона перша письменниця, яка побачила визнання заслуг та якості роману-розслідування. Народилася 31 травня 1948 року в Івано-Франківську (Україна). Світлана Олександрівна — донька білоруса та українки; проживає в Білорусі, де батьки працюють вчителями в сільських школах; після закінчення середньої школи вона провела період учнівства перед тим, як вступити на факультет журналістики в Мінську. Після університету вона працює журналістом і викладачем, не впевнена щодо свого професійного майбутнього. Переломним був момент, коли її взяли кореспондентом до республіканської Сельской газете, потім вона стала завідувачем відділу критики та публіцистики літературного журналу Нёман. У 1983 році її щойно завершена книга У війни не жіноче обличчя була заблокована цензурою; коли книга нарешті вийшла, письменниці вдається продати два мільйони примірників; в цей час виходять інші твори, відбуваються екранізації для театру та кіно, а також переклади та офіційні нагороди. Переломним був момент, коли її взяли кореспондентом до республіканської Сельской газете, потім вона стала завідувачем відділу критики та публіцистики літературного журналу Нёман. У 1983 році її щойно завершена книга У війни не жіноче обличчя була заблокована цензурою; коли книга нарешті вийшла, письменниці вдається продати два мільйони примірників; в цей час виходять інші твори, відбуваються екранізації для театру та кіно, а також переклади та офіційні нагороди.

У 1989 році була надрукована ще одна фундаментальна письмова робота, результат чотирьох років інтенсивних досліджень: Цинкових хлопчиків (з посиланням на труни, в яких повертали тіла загиблих солдатів), у якій вона розповідає про війну в Афганістані. Її знову звинувачують в антипатріотизмі та тенденційності, але за короткий час, також завдяки міжнародному тиску, звинувачення знімають. У 1993 році вона опублікувала Зачараваныя смерцю. У 1997 році вийшла прекрасна «Молитва за Чорнобиль», в якій вона розповідає про трагедію. Незважаючи на успіхи, повагу, популярність, Алексієвич дванадцять років прожила у Франції, Італії, Росії, Швеції за явно фальшивим звинуваченням у агентурі ЦРУ; лише в 2013 році вона повернулася жити в Мінськ, але вже в 2020 році їй довелося переїхати до Німеччини. Слід відзначити, безсумнівно, оригінальність її написання, не будучи справжнім оповідачем: вона радше свідок, репортер, «голос» людей, які створили жанр роману-розслідування російською мовою, відомий також як «епічно-хорова проза», «нон-фікшн література», як в Італії ми можемо прочитати Гоморру чи Нуль-нуль-нуль Роберто Савіано. До розказаних історій, натхненних реальними фактами та героями, додаються коментарі, дані, інтерв’ю, результат довгих і важких мандрівок Росією та світом, навіть як журналіста. Важливе значення в її навчанні мали письменники Олександр Герцен і Алесь Адамович, які вже в колективних творах випробували новий спосіб оповіді про війну та блокаду Ленінграда. «Схопити те, що є автентичним, ось чого я хотіла. І я миттєво засвоїла цей жанр, який складається з голосів чоловіків і жінок, зі сповідей, свідчень і документів душі народу», – сказала Алексієвич.

Уже перший твір Jauechal iz derevni викликав звинувачення в антипатріотизмі. Після У війни не жіноче обличчя, про совєтів на фронті під час Другої світової війни, опублікована в журналі Oktjabr, а потім у друкованому вигляді, публікує ще одну книгу про той період, яка містить сто історій життя під час німецької окупації (Останні свідки. Соло для дитячого голосу). І тут з’являється певне нововведення: війна постає фактично без героїзму, крізь здивовані та вражені погляди жінок, хлопців і дівчат.

Цинкових хлопчиків, у якому йдеться про війну в Афганістані, «яку десять років ховали від власного народу», розповідає історію загиблих молодих людей, згадуваних словами матерів, сестер, дружин, яких зустрічала письменниця по всій країні. Вплив на громадську думку був руйнівним. У 1993 році наступний етап, який йде рука об руку з розпадом СРСР і змінами, що відбулися; цього разу це дуже сумний текст (Зачаровані смертю 1994), у якому йдеться про важкі життя тих, хто покінчив життя самогубством або шукав смерті через політичне розчарування, через ідеологічну порожнечу. Чорнобильска молитва: хроніка майбутнього (1997) підкреслює аспект, який часто ігнорується на Заході, а саме величезну шкоду, завдану цією трагедією населенню та землі Білорусі, яка через роки все ще має серйозні наслідки у вигляді хвороб, інвалідності, радіоактивне забруднення. Сама авторка вивела з книжки театралізований твір, який має бути застереженням для людства. Але остання історія з Фукусімою, зазначає Алексієвич, знаменує собою ще одну поразку, тому що «сучасна людина не хоче визнавати, що вона не всемогутня».

У 2014 році Час second-hand було перекладено в Італії; письменниця тоді заявила, що закрила з темою «червоної імперії та homo sovieticus» і що вона хоче віддати перевагу іншим проектам: одному про стосунки між жінками та чоловіками, та іншому «про старість, про захід сонця, про останні кроки перед настанням темряви».

Після сфальсифікованих виборів диктатора Лукашенка та масштабних народних протестів, які спалахнули в Білорусі з 9 серпня 2020 року, враховуючи жорстокі репресії, які режим проводить проти тих, хто бореться за демократію, вона пише нову книгу, щоб розповісти історії співвітчизниць і співвітчизників, які були заарештовані та піддані тортурам у сумнозвісних в’язницях, і тих (як вона), які змушені залишити країна жити на свободі (йдеться про 500.ooo людей, гуманітарна катастрофа). Вона заявила в нещодавньому інтерв’ю (під редакцією Анни Зафєсової на Tuttolibri, 8.1.22): «Білорусь викреслила мене з підручників історії, але я не підкоряюся тиранії».

В Італії письменниця отримала нагороду Сандро Онофрі за оповідальний репортаж у 2002 році, а у 2013 році отримала престижну премію Peace Prize of the German Book Trade; у 2014 році знову в Італії отримала міжнародну нагороду Masi Grosso d'Oro Veneziano. Освячення відбулося разом із Нобелівською премією у 2015 році. Внесок Роберто Савіано, опублікований з цієї нагоди, є дуже цікавим: у чудовій статті Così il Nobel della realtà rivoluziona la letteratura (Таким чином Нобелівська реальність революціонізує літературу) (www.repubblica.it/cultura/2015/10/12/ ) підкреслює достоїнства письменницької творчості Алексієвич, які вiн відчуває дуже близькими собі; він говорив про справжній землетрус у контексті премії, оскільки вперше було визнано, що «нон-фікшн» може бути справжньою та великою літературою.

У 2021 році була нагороджена Великим хрестом ордена «За заслуги перед Федеративною Республікою Німеччина».

 

Tu Youyou
Julia Vegro






Juliette Bonvallet

 

Nel 2015 il Premio Nobel per la Medicina viene assegnato a Tu Youyou, per la scoperta di una nuova terapia contro la malaria. Il suo merito è quello di aver isolato dall’Artemisia annua un principio attivo, da lei denominato Qinghaosu nel 1972, e più tardi chiamato in Occidente artemisinina, e di aver dimostrato che questo componente è efficace contro i parassiti della malaria, sia negli animali che nell’essere umano. La scienziata cinese è la dodicesima donna a ricevere il Nobel per la Medicina. Con lei vengono premiati anche il dott. Satoshi Omura e il dott. William C. Campbell per la loro ricerca sul trattamento di malattie da parassiti, quali la cecità fluviale e la filariosi linfatica.

Come è stato spiegato durante la premiazione, tenutasi a Stoccolma, i farmaci che derivano dalle scoperte della scienziata e dai suoi due colleghi – l’avermectina, capace di annientare i nematodi, è il farmaco scoperto da Omura e Campbell; l’artemisinina è la cura di Tu contro la malaria – hanno salvato milioni di persone e garantito benefici enormi per chi ha contratto questo tipo di patologie. Tu Youyou nasce il 30 dicembre 1930 a Ningbo, in Cina. La sua famiglia dà grande importanza all’istruzione, ma durante l’adolescenza la ragazza si ammala di tubercolosi; un’esperienza che, da un lato, la costringe a prendersi una pausa dallo studio, dall’altro, la spinge decisamente verso una possibile carriera nel campo della medicina. Al Beijing Medical College, Tu studia Farmacologia e, quando si laurea nel 1955, all’età di 24 anni, va a lavorare all’Accademia di Medicina Tradizionale Cinese, dove rimarrà per tutta la carriera. Dunque, la sua formazione prevede sia la scienza farmaceutica moderna che la medicina tradizionale cinese: tale combinazione unica di approcci terapeutici le ha consentito di unire al meglio le conoscenze di entrambe le scuole.

Negli anni Sessanta, il Vietnam del Nord chiede aiuto alla Cina, sua alleata, per combattere la malaria, che sta causando enormi perdite nell'esercito. Allora, la malaria veniva curata con clorochina o chinino, ma con scarso successo, dato che il parassita unicellulare che causa la malattia era divenuto resistente al trattamento standard. Il 23 maggio 1967 il presidente Mao Ze Dong approva l’avvio di un progetto di ricerca segreto, denominato Progetto 523, con l’obiettivo di trovare una cura idonea. Per i primi anni le ricerche non danno risultati positivi e le migliaia di principi testati non si dimostrano efficaci. Nel 1969, quando ha 39 anni, la dottoressa Tu viene incaricata di seguire il Progetto 523. Decide di recarsi subito nell’isola di Hainan, nel sud della Cina, dove è in corso una terribile epidemia: in quelle foreste pluviali i casi erano in notevole aumento e Tu assiste all’effetto devastante della malattia sul corpo umano. Al suo ritorno a Pechino, si rivolge alla medicina fitoterapica tradizionale per cercare nuove soluzioni contro la malaria. Con caparbietà Tu consulta la letteratura antica cinese, in particolare il testo di Ge Hong Zhou hou bei ji fang (Manuale di prescrizioni per le emergenze), redatto nel 321 d.C. Il suo gruppo di lavoro, tra un ampio numero di rimedi erboristici e migliaia di ricette della tradizione farmacologica, nota un promettente estratto dell’Artemisia annua. Gli estratti venivano ottenuti tramite bollitura della pianta con acqua a 100°; tuttavia, in questo modo, il principio veniva danneggiato, dato che si rompeva il debole legame O-O, modificando la molecola, per cui non mostrava particolare efficacia. All’inizio sembrava non funzionare, fino a quando la dottoressa Tu non ha avuto un’intuizione: utilizzando un diverso solvente che permetteva l’estrazione del principio attivo alla temperatura di 35°, dunque molto inferiore, riesce a ottenere la molecola senza rompere il legame. Si rivela la scelta giusta. Il principio così estratto funzionava efficacemente su topi e scimmie. Poi, per passare al test su esseri umani, Tu e il suo gruppo di lavoro si offrono come volontari per verificare la sicurezza del preparato. Il successivo test su una serie di malati di malaria ha ottenuto la migliore efficacia rispetto alle precedenti cure.

Tu Youyou ha lavorato dunque su un’erba medicinale per contrastare la malaria: lo sviluppo del farmaco deriva infatti dalla farmacopea cinese e nasce da erbe studiate e utilizzate nella medicina tradizionale da oltre 1500 anni per curare le febbri intermittenti, un sintomo tipico della malattia. Tale molecola è oggi alla base di numerosi farmaci antimalarici. L’artemisinina, una nuova classe di agenti antimalarici, che annienta rapidamente i parassiti della malattia in uno stadio precoce del loro sviluppo, è divenuta ormai un presidio standard, dato che il principio attivo naturale si è dimostrato efficace anche laddove la clorochina non lo è più, vista la resistenza sviluppata da molti ceppi malarici. Costituisce un efficace trattamento salvavita per milioni di persone in Africa, Asia meridionale e Sud America, riducendo il tasso di mortalità delle/dei pazienti di oltre il 20% in generale e del 30% nell'infanzia. Solo per l’Africa, ciò significa più di 100.000 vite salvate ogni anno. Il riconoscimento alla dottoressa Youyou è stato però legato a una scoperta non recente: si trattava infatti di un lavoro svolto tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, che non verrà pubblicato in inglese fino al 1979. Nel 1981 l’Oms, la Banca mondiale e l’Onu la invitano a presentare pubblicamente la sua scoperta. Ci vorranno altri due decenni perché l’Oms raccomandi la terapia con artemisinina come prima linea di difesa contro la malaria.

La Premio Nobel Tu Youyou, oggi novantatreenne, è la prima persona di origine cinese i cui studi sono stati svolti esclusivamente nel suo Paese. Significativo è anche il fatto che il suo lavoro di ricerca non sia stato pubblicato, inizialmente, su una rivista scientifica di particolare importanza. Farmacologa ai vertici della China Academy of Traditional Chinese Medicine di Pechino dal 2000, è inoltre stata nominata per la Medaglia della Repubblica cinese. Nel 2011 è stata insignita del Clinical Medical Research Award dalla Lasker Foundation, che definisce la scoperta dell’artemisinina «probabilmente l’intervento farmaceutico più importante dell’ultimo mezzo secolo». Quando ha ricevuto il Nobel nel 2015, giustamente orgogliosa del proprio lavoro e dei suoi risultati, ha intitolato la sua conferenza Discovery of Artemisinin: A Gift from Traditional Chinese Medicine to the World: un segno di grande modestia e altruismo.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

n 2015, le prix Nobel de médecine a été décerné à Tu Youyou pour la découverte d’un nouveau traitement contre le paludisme. Son mérite est d’avoir isolé de l’artémise annuelle un ingrédient actif, qu’elle a appelé Qinghaosu en 1972, et plus tard appelé en Occident artémisinine, et d’avoir démontré que ce composant est efficace contre les parasites de la malaria, tant chez les animaux que chez l’être humain. La scientifique chinoise est la douzième femme à recevoir le prix Nobel de médecine. Avec elle, le Dr. Satoshi Omura et le Dr. William C. Campbell pour leur recherche sur le traitement des maladies parasitaires, telles que la cécité fluviale et la filariose lymphatique.

Comme cela a été expliqué lors de la cérémonie de remise des prix à Stockholm, les médicaments dérivés des découvertes de la scientifique et de ses deux collègues - l’avermectine, capable d’anéantir les nématodes, est le médicament découvert par Omura et Campbell; l’artémisinine est le remède de Tu contre le paludisme - ils ont sauvé des millions de personnes et garanti d’énormes bénéfices pour ceux qui ont contracté ce type de pathologie. Tu Youyou est né le 30 décembre 1930 à Ningbo, en Chine. Sa famille accorde une grande importance à l’éducation, mais à l’adolescence, la jeune fille tombe malade de la tuberculose; une expérience qui, d’une part, l’oblige à prendre une pause de l’étude, d’autre part, la pousse résolument vers une carrière possible dans le domaine de la médecine. Au Beijing Medical College, Tu étudie la pharmacologie et, quand elle obtient son diplôme en 1955, à l’âge de 24 ans, elle va travailler à l’Académie de médecine traditionnelle chinoise, où elle restera toute sa carrière. Ainsi, sa formation comprend à la fois la science pharmaceutique moderne et la médecine traditionnelle chinoise : cette combinaison unique d’approches thérapeutiques lui a permis de combiner au mieux les connaissances des deux écoles.

Dans les années 1960, le Nord-Vietnam demande de l’aide à la Chine, son allié, pour lutter contre le paludisme, qui cause d’énormes pertes dans l’armée. À l’époque, le paludisme était traité avec de la chloroquine ou de la quinine, mais avec peu de succès, car le parasite unicellulaire à l’origine de la maladie était devenu résistant au traitement standard. Le 23 mai 1967, le président Mao Ze Dong approuve le lancement d’un projet de recherche secret, dénommé Projet 523, dans le but de trouver un remède approprié. Pour les premières années, les recherches ne donnent pas de résultats positifs et les milliers de principes testés ne s’avèrent pas efficaces. En 1969, alors qu’elle a 39 ans, le Dr Tu est chargée de suivre le Projet 523. Elle décide de se rendre immédiatement à l’île de Hainan, dans le sud de la Chine, où une terrible épidémie est en cours : dans ces forêts pluviales les cas étaient en augmentation considérable et Tu assiste à l’effet dévastateur de la maladie sur le corps humain. À son retour à Pékin, elle se tourne vers la médecine phytothérapeutique traditionnelle pour rechercher de nouvelles solutions contre le paludisme. Avec entêtement Vous consultez la littérature ancienne chinoise, en particulier le texte de Ge Hong Zhou hou bei ji fang (Manuel de prescriptions pour les urgences), rédigé en 321 ap. J.-C., son groupe de travail, parmi un grand nombre de remèdes à base de plantes et des milliers de recettes de la tradition pharmacologique, note un extrait prometteur de l’Artemisia annuel. Les extraits ont été obtenus par ébullition de la plante avec de l’eau à 100°C ; cependant, de cette façon, le principe a été endommagé, car il a rompu la faible liaison O-O, modifiant la molécule, de sorte qu’il ne montre pas d’efficacité particulière. Au début, cela semblait ne pas fonctionner, jusqu’à ce que le Dr Tu ait une intuition : en utilisant un solvant différent qui permettait l’extraction du principe actif à une température de 35, donc beaucoup plus faible, elle parvient à obtenir la molécule sans rompre la liaison. Il s’avère être le bon choix. Le principe ainsi extrait fonctionnait efficacement sur les souris et les singes. Ensuite, pour passer au test sur les êtres humains, Toi et son groupe de travail se portent volontaires pour vérifier la sécurité de la préparation. Le test suivant sur un certain nombre de personnes atteintes du paludisme a obtenu la meilleure efficacité par rapport aux traitements précédents.

Tu Youyou a donc travaillé sur une herbe médicinale pour lutter contre le paludisme : le développement du médicament dérive en effet de la pharmacopée chinoise et naît d’herbes étudiées et utilisées en médecine traditionnelle depuis plus de 1500 ans pour soigner les fièvres intermittentes, un symptôme typique de la maladie. Cette molécule est aujourd’hui à la base de nombreux médicaments antipaludiques. L’artémisinine, une nouvelle classe d’agents antipaludiques, qui anéantit rapidement les parasites de la maladie à un stade précoce de leur développement, est désormais devenue une garnison standard, étant donné que le principe actif naturel s’est avéré efficace même lorsque la chloroquine ne l’est plus, compte tenu de la résistance développée par de nombreuses souches de malaria. Elle constitue un traitement efficace qui sauve la vie de millions de personnes en Afrique, en Asie du Sud et en Amérique du Sud, en réduisant le taux de mortalité des patients de plus de 20% en général et de 30% dans l’enfance. Rien que pour l’Afrique, cela signifie plus de 100000 vies sauvées chaque année. La reconnaissance du Dr Youyou a cependant été liée à une découverte récente : il s’agissait en effet d’un travail effectué entre les années Soixante et Soixante-dix du siècle dernier, qui ne sera publié en anglais qu’en 1979. En 1981, l’OMS, la Banque mondiale et l’ONU l’invitent à présenter publiquement sa découverte. Il faudra encore deux décennies pour que l’OMS recommande le traitement à l’artémisinine comme première ligne de défense contre le paludisme.

Le Prix Nobel Tu Youyou, aujourd’hui quatre-vingt-troi ans, est la première personne d’origine chinoise dont les études ont été menées exclusivement dans son pays. Il est également significatif que son travail de recherche n’ait pas été initialement publié dans une revue scientifique particulièrement importante. Pharmacologue à la tête de la China Academy of Traditional Chinese Medicine de Pékin depuis 2000, elle a également été nommée pour la médaille de la République de Chine. En 2011, elle a reçu le Clinical Medical Research Award de la Fondation Lasker, qui définit la découverte de l’artémisinine comme «probablement l’intervention pharmaceutique la plus importante du dernier demi-siècle ». Lorsqu’elle a reçu le prix Nobel en 2015, fière de son travail et de ses réalisations, elle a intitulé sa conférence Discovery of Artemisinin : A Gift from Traditional Chinese Medicine to the World: un signe de grande modestie et d’altruisme.


Traduzione inglese

Syd Stapleeton

In 2015 the Nobel Prize in Medicine was awarded to Tu Youyou, for the discovery of a new therapy against malaria. She was credited with isolating an active ingredient from Artemisia annua in 1972, which she named qinghaosu, later called artemisinin in the West, and demonstrating that this compound is effective against malaria parasites in both animals and humans. The Chinese scientist was the 12th woman to receive the Nobel Prize in Medicine. Also honored with her were Dr. Satoshi Omura and Dr. William C. Campbell for their research on treating parasitic diseases such as river blindness and lymphatic filariasis.

As was explained during the award ceremony, held in Stockholm, the drugs that resulted from the discoveries of the scientist and her two colleagues - avermectin, which can annihilate nematodes, was the drug discovered by Omura and Campbell, artemisinin was the malaria medication found by Tu - have saved millions of people and ensured tremendous benefits for those who have contracted these kinds of diseases. Tu Youyou was born on December 30, 1930, in Ningbo, China. Her family placed great importance on education, but during her teenage years, the girl fell ill with tuberculosis. It was an experience that, on the one hand, forced her to take a break from studying and, on the other, pushed her decisively to pursue a career in medicine. At Beijing Medical College, Tu studied Pharmacology, and when she graduated in 1955 at the age of 24, she went to work at the Academy of Traditional Chinese Medicine, where she would remain throughout her career. Thus, her training included both modern pharmaceutical science and traditional Chinese medicine. This unique combination of therapeutic approaches allowed her to effectively combine knowledge from both schools.

In the 1960s, North Vietnam asked for help from China, its ally, to fight malaria, which was causing huge casualties in the military. At the time, malaria was treated with chloroquine or quinine, but with little success, as the single-celled parasite that causes the disease had become resistant to the standard treatment. On May 23, 1967, Chairman Mao Ze Dong approved the start of a secret research project, called Project 523, with the goal of finding a suitable cure. For the first few years, the research did not yield positive results, and the thousands of potential remedies tested did not prove effective. In 1969, when she was 39 years old, Dr. Tu was assigned to follow Project 523. She decided to travel immediately to Hainan Island in southern China, where a terrible epidemic was underway. Cases were increasing considerably in the tropical forests there, and Tu witnessed the devastating effect of the disease on the human body. Upon her return to Beijing, she turned to traditional herbal medicine to seek new solutions against malaria. Rigorously, Tu consulted ancient Chinese literature, particularly Ge Hong's text Zhou hou bei ji fang (Manual of Prescriptions for Emergencies), written in 321 AD. Her team, among a large number of herbal remedies and thousands of recipes from the pharmacological tradition, noted a promising extract of Artemisia annua. Extracts were obtained by boiling the plant with water at 100° C, however, in this way, the principle was damaged, as the weak O-O bond was broken, changing the molecule, so it did not show particular efficacy. At first it did not seem to work, until Dr. Tu had an insight - by using a different solvent that allowed extraction of the active ingredient at a temperature of 35° C, thus much lower, she was able to obtain the molecule without breaking the bond. It turned out to be the right choice. The compound thus extracted worked effectively on mice and monkeys. Then, to move on to testing on humans, Tu and her team volunteered to test the safety of the preparation on themselves. Subsequent testing on a series of malaria patients yielded the strongest efficacy compared to previous treatments.

Tu Youyou had thus been working on a medicinal herb to combat malaria. In fact, the development of the drug derived from Chinese pharmacopoeia, and stemmed from herbs studied and used in traditional medicine for more than 1,500 years to treat intermittent fevers, a typical symptom of the disease. Such a molecule is now the basis of many antimalarial drugs. Artemisinin, a new class of antimalarial agents, which rapidly annihilates disease parasites at an early stage of their development, has now become a standard prescription, as the natural active ingredient has proven effective even where chloroquine no longer is, given the resistance developed by many malarial strains. It constitutes an effective life-saving treatment for millions of people in Africa, South Asia and South America, reducing the mortality rate of patients by more than 20 percent overall and 30 percent in childhood. For Africa alone, this means more than 100,000 lives saved each year. Dr. Youyou's recognition, however, was linked to a discovery that was not recent. It was work done in the 1960s and 1970s, which would not be published in English until 1979. In 1981, the WHO, the World Bank and the UN invited her to publicly present her discovery. It would take another two decades for the WHO to recommend artemisinin therapy as the first line of defense against malaria.

Nobel laureate Tu Youyou, now 93 years old, is the first person of Chinese origin whose studies were carried out exclusively in her own country. Also significant is the fact that her research work was not initially published in a major scientific journal. A top pharmacologist at the China Academy of Traditional Chinese Medicine in Beijing since 2000, she has also been nominated for the Medal of the Republic of China. In 2011, she was awarded the Clinical Medical Research Award by the Lasker Foundation, which calls the discovery of artemisinin "probably the most important pharmaceutical intervention in the last half century." When she received the Nobel Prize in 2015, justifiably proud of her work and achievements, she titled her lecture The Discovery of Artemisinin: A Gift from Traditional Chinese Medicine to the World - a sign of her great modesty and altruism.


Traduzione spagnola

Maria Carreras i Goicoechea

En 2015 Tu Youyou recibió el Premio Nobel de Medicina por el descubrimiento de una nueva terapia contra la malaria. En 1972 había aislado un principio activo de la Artemisia que llamó Qinghaosu, más adelante llamado artemisinina en occidente, y tuvo el mérito de demostrar su eficacia contra los parásitos de la malaria, tanto en los animales como en el ser humano. Esta científica china fue la duodécima mujer en recibir el Nobel de Medicina. Junto a ella también fueron premiados el Doctor Satoshi Omura y el Doctor William C. Campbell por su investigación sobre el tratamiento de enfermedades provocadas por parásitos, como la ceguera fluvial y la filarasis linfática.

Como se comentó durante la premiación, que tuvo lugar en Estocolmo, los fármacos que derivan de los descubrimientos de esta científica y de sus dos compañeros –la avermectina, capaz de eliminar los nematodos, es el fármaco descubierto por Omura y Campbell; la artemisinina es el tratamiento de Tu Youyou contra la malaria– han salvado a millones de personas y han garantizado beneficios enormes para quienes han contraído este tipo de patologías. Tu Youyou nació el 30 de diciembre de 1930 en Ningbó, China. Su familia daba mucha importancia a la instrucción, sin embargo durante su adolescencia contrajo la tuberculosis; si por un lado esto la obligó a abandonar una temporada el estudio, por el otro la empujó con fuerza hacia la ciencia médica. Estudió Farmcología en la Escuela de Medicina de la Universidad de Pekín. Tras licenciarse, en 1955, con 24 años de edad, fue a trabajar a la Academia de Medicina Tradicional China, donde permaneció durante toda su carrera profesional. Su formación preveía tanto la farmacología moderna como la medicina tradicional china: una combinación única de enfoques terapeuticos que le consintió aunar del mejor modo posible los conocimientos de ambas escuelas.

Durante los años Sesenta, Vietnam del Norte pidió ayuda a la China, aliada suya, para luchar contra la malaria que estaba causando enormes pérdidas en el ejército. Por aquel entonces la malaria se curaba con cloquina o quinina, pero con escasos resultados, pues el parásito unicelular que provoca la enfermedad se había vuelto resistente al tratamiento estándar. El 23 de mayo de 1967 el presidente Mao Zedong aprobó la puesta en marcha de un proyecto secreto de investigación, denominado Proyecto 523, con el objetivo de hallar un tratamiento adecuado. Durante los primeros años no hubo resultados positivos y los miles de principios activos estudiados no se demostraron eficaces. En 1969, con 39 años, la Doctora Tu recibió el encargo de seguir el proyecto 523. Decidió ir enseguida a la Isla de Hainan, al sur de China, donde tenía lugar una terrible epidemia: en aquella selva pluvial los casos aumentaban notablemente y Tu asistió a los efectos devastadores de la enfermedad en el cuerpo humano. Tras su vuelta a Pekín buscó nuevas soluciones contra la malaria en la medicina fitoterápica tradicional. Con caparbiedad, consultó la antigua literatura china, en particular el texto de Ge Hong Zhou hou bei ji fang (Manual de recetas de emergencias), escrito el año 321 d.C. Entre un extenso número de remedios con hierbas y miles de recetas de la tradición farmacológica, su equipo detectó un prometedor extracto de la Artemisia annua. Los extractos se obtenían hirviendo las plantas a 100°; sin embargo, de este modo, el principio activo se dañaba, ya que se rompía el débil enlace O-O, modificando la molécula, de modo que no presentaba ninguna especial eficacia. Al principio parecía que no funcionaba, hasta que la Doctora Tu tuvo una intuición: con un solvente distinto que permitiera la extracción del principio activo a una temperatura muy inferior, de 35°, obtuvo la molécula sin romper el enlace. Fue la elección adecuada. El principio activo así extraído funcionaba con eficacia en ratones y chimpancés. Luego, para pasar al test en humanos, Tu y su equipo se ofrecieron voluntarios para comprobar la eficacia del extracto preparado. El test sucesivamente realizado a una serie de enfermos de malaria obtuvo mayor eficacia respecto a los tratamientos anteriores.

Así pues Tu Youyoy trabajó con una hierba medicinal para contrarrestar la malaria: efectivamente, el desarrollo del fármaco deriva de la farmacopea china y nace de hierbas estudiadas y usadas por la medicina tradicional desde hace más de 1500 años para curar las fiebres intermitentes, un síntoma típico de la malaria. Esta molécula hoy día se halla en numerosos fármacos antimaláricos. La artemisinina, una nueva clase de agente antimalárico, que destruye rápidamente los parásitos de la enfermedad en un estadio precoz de su desarrollo, se ha convertido en un dispositivo médico estándar, dado que el principio activo natural se ha demostrado eficaz incluso donde la cloroquina ya no lo es, vista la resistencia desarrollada por muchas cepas maláricas. Constituye un eficaz tratamiento salvavidas para millones de personas en África, Asia meridional y América del Sur, pues reduce la tasa de mortalidad de los/las pacientes de más del 20% en general y del 30% en la infancia. Solo para África esto significa más de 100.000 salvadas cada año. El reconocimiento de 2015 a la Doctora Tu Youyou está relacionado con un descubrimiento nada reciente: efectivamente, se trata de un estudio realizado entre los años Sesenta y Setenta del siglo pasado que no se publicó hasta 1979. En 1981 la OMS, la banca Mundial y la ONU la invitaron a presentar públicamente su descubrimiento pero todavía pasaron otras dos décadas antes de que la OMS recomendara la terapia con artemisinina como primera línea de defensa contra la malaria.

La Premio Nobel Tu Youyou, actualmente de 93 años, es la primera persona de origen chino cuyos estudios se han desarrollado exclusivamente en su país. También es significativo que sus investigaciones inicialmente no se publicaran en ninguna revista científica reconocida internacionalmente. Farmacóloga en la cúspide de la China Academy of Traditional Chinese Medicine de Pekín desde el año 2000, recibió una nominación para la medalla de la República China. En 2011 le otorgaron el Clinical Medical Research Award de la Lasker Foundation, que define el descubrimiento de la artemisinina como «probablemente la intervención farmacéutica más importante de los últimos 50 años». Cuando recibió el Nobel en 2015, con razón orgullosa de su propio trabajo y de sus resultados, tituló su conferencia El descubrimiento de la artemisinina: un regalo de la medicina tradicional china al mundo demostrando su enorme modestia y altruismo.

 

Donna Strickland
Alessia Carofiglio






Juliette Bonvallet

 

Donna Theo Strickland, scienziata canadese, 62 anni, riceve il premio Nobel per la Fisica nel 2018 per aver inventato, con il professor Mourou, l’amplificazione a impulsi chirp per laser. È la terza donna ad aver ricevuto il massimo riconoscimento per la Fisica.

È nata il 27 maggio 1959 a Guelph in Canada. Conosciuta come una donna piena di energia, ha dichiarato di essere stata in dubbio, in passato, se dedicarsi all'ingegneria o alla fisica. Consegue un master in fisica ingegneristica presso la McMaster University nel 1981 e completa un dottorato di ricerca in ottica presso l'Università di Rochester nel 1989, per cui elabora una tesi sullo Sviluppo di un laser ultra luminoso e un'applicazione alla ionizzazione multifotone. Relatore sarà il fisico francese Gérard Mourou. Durante gli anni alla Mc Master University nell’Ontario è attratta da un corso sui laser, ma in particolar modo dal fatto che «fossero molto divertenti». Approfondisce l’argomento fino al dottorato. Le fu affidato di sviluppare l’idea del collega Gerard Mourou: espandere l’impulso di luce laser, amplificarlo e infine comprimerlo. Un processo che permette di produrre un impulso di potenza più elevata. Dopo i primi insuccessi, raggiunge l’obiettivo: tramite l’utilizzo di un cavo in fibra ottica lungo 1.4 chilometri riesce a espandere gli impulsi laser. Dal 1988 al 1991, Donna Theo Strickland è stata assistente di ricerca presso il National Research Council Canada, dove ha lavorato con Paul Corkum nella sezione Ultrafast Phenomena, che all’epoca deteneva il primato di aver prodotto il laser a impulso corto più potente. Successivamente ha fatto parte del dipartimento laser del Lawrence Livermore National Laboratory, dal 1991 al 1992, e poi è diventata tecnica di laboratorio presso l'Advanced Technology Center for Photonics and materials opto electronic dell'Università di Princeton.

Attualmente è professoressa di Fisica Ottica presso il Department of Physics and Astronomy dell’University of Waterloo in Canada, dove continua a studiare le tecniche laser ultraveloci, corte e ad alta intensità. Era una professoressa associata quando le è stato assegnato il Premio. Nell’Ottobre 2018 ha detto alla BBC di aver presentato domanda ed essere stata promossa come professoressa ordinaria presso l’Università di Waterloo. È membro del The Optical Society, dove ha ricoperto la carica di vicepresidente dal 2011 al 2013, anno in cui è diventata presidente. È membro pure della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America. Nel 2021 viene nominata membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze da Papa Francesco.

Donna Theo Strickland è sposata con Douglas Dykaar, che ha conseguito un dottorato in ingegneria elettrica presso l’Università di Rochester. Hanno due figli: Hannan, laureata in astrofisica presso l’Università di Toronto e Adam, studente di commedia presso l’Humber College. È un membro attivo della Chiesa unita del Canada. Inoltre, nel 2019 è stata nominata Companion of the Order of Canada, una delle più prestigiose onorificenze civili del Canada. Nel 2018, riceve il Premio Nobel per la Fisica per «il suo metodo per generare gli impulsi laser più brevi e intensi creati dall'umanità», come recitava la motivazione del premio, insieme a Gérard Mourou a Arthur Ashkin. Il lavoro sulla tecnica di amplificazione alla deriva di frequenza inizia come parte del suo dottorato. Processo attraverso cui un impulso di radiazione elettromagnetica viene amplificato in tre fasi: nella prima fase la durata dell’impulso viene dilatata utilizzando un sistema ottico dispersivo (reticoli e fibre ottiche) in cui le diverse componenti cromatiche che compongono l’impulso percorrono cammini ottici di diversa lunghezza. Questo processo separa i diversi colori all’interno dell’impulso, risultando chirped, ossia con una frequenza che varia tra il fronte e la coda. Nella seconda fase l’energia dell’impulso viene amplificata in un opportuno mezzo materiale. Per esempio, nel caso di impulsi laser in un cristallo cui viene congruamente somministrata energia dall’esterno. Nella terza fase, l’impulso così amplificato ripercorre al contrario il percorso compiuto nella prima fase. Ciò porta a una riduzione dell’impulso amplificato e, di nuovo a parità di energia, a un corrispondente aumento dell’intensità dei campi. Cioè, il processo di decompressione e di compressione permette di variare la potenza a energia costante. La tecnica nell’ultimo decennio ha trovato applicazioni nel campo dei laser di potenza, permettendo di amplificare impulsi ultrabrevi, fino a durate dell’ordine delle decine di femtosecondi (10−15 s) e con lunghezze d’onda dell’ordine dei micrometri, fino a potenze dell’ordine dei petawatt (1015 W). L'impulso viene quindi ricompresso per raggiungere intensità che l'amplificazione convenzionale non consentirebbe.

I risultati delle ricerche di Strickland hanno permesso di studiare in modo innovativo e preciso oggetti di dimensioni minuscole. Le applicazioni riguardano numerosi campi, dall’industria alla biomedicina. Nel campo medico, questa tecnica contribuisce a nuovi progressi nella chirurgia refrattiva dell'occhio e nel trattamento della cataratta e della miopia. L’amplificazione a impulsi chirp per laser, impulsi ottici ultracorti e ad alta intensità con i laser che vengono utilizzati in interventi di chirurgia oculistica correttiva eseguiti ogni anno in tutto il mondo.

Strickland ha condiviso il Nobel con i colleghi Ashkin e Mourou per aver dato origine a una rivoluzione della fisica del laser. Ai tre ricercatori è stato consegnato un premio di nove milioni di corone (più di un milione di dollari circa) di cui la metà viene consegnata a Ashkin. Arthur Ashkin ha il merito di aver perfezionato le “pinzette ottiche’’, trappole per la luce che consentono di manipolare oggetti di dimensioni minuscole, avvalendosi solo della luce come unico strumento, come atomi, molecole e cellule biologiche. A Donna Theo Strickland e Gèrard Mourou è stata riconosciuta l’invenzione del metodo «per generare gli impulsi laser più brevi e intensi creati dall'umanità». Hanno reso il laser più eclettico, con la produzione di impulsi ultra-brevi.

In tutta la storia dei Nobel, Donna Theo Strickland è la terza ad aver ricevuto la prestigiosa onorificenza in Fisica dopo Marie Skłodowska Curie, nel 1903, per le ricerche sulla radioattività e dopo la scienziata americana Maria Goeppert Mayer, 1963, premiata per le sue scoperte sul nucleo degli atomi. Dopo la dichiarazione, commenta: «Dobbiamo ovviamente celebrare le donne fisiche, perché sono là fuori. Speriamo che nel tempo inizieranno a crescere a un ritmo più veloce». La sua stessa carriera costituisce un esempio per altre donne impegnate nel campo della fisica e ha lavorato per portare sempre più scienziate nel suo dipartimento a Warerloo. Si tratta di un riconoscimento significativo se pensiamo al fatto che si creda che le donne siano meno inclini alla scienza rispetto agli uomini. Donna Theo Strickland, insieme a due uomini, ha dimostrato l’esatto contrario, dicendo al Guardian: «Non mi vedo come una donna nella scienza. Mi vedo come una scienziata!»


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Donna Theo Strickland, scientifique canadienne de 62 ans, elle reçoit le prix Nobel de physique en 2018 pour avoir inventé, avec le professeur Mourou, l’amplification par impulsions chirp pour laser. Elle est la troisième femme à avoir reçu la plus grande reconnaissance pour la Physique.

Elle est née le 27 mai 1959 à Guelph au Canada. Connue comme une femme pleine d’énergie, elle a déclaré qu’elle avait des doutes dans le passé sur le fait de se consacrer à l’ingénierie ou à la physique. Elle obtient une maîtrise en physique de l’ingénierie à l’Université McMaster en 1981 et termine un doctorat en optique à l’Université de Rochester en 1989, C’est pourquoi elle rédige une thèse sur le Développement d’un laser ultra lumineux et une application à l’ionisation multiphoton. Le physicien français Gérard Mourou sera le rapporteur. Pendant ses années à la Mc Master University en Ontario, elle est attirée par un cours sur les lasers, mais surtout par le fait qu’ils « étaient très amusants ». Elle approfondit le sujet jusqu’au doctorat. Il lui a été confié de développer l’idée de son collègue Gerard Mourou : étendre l’impulsion de lumière laser, l’amplifier et enfin la compresser. Un processus qui permet de produire une impulsion de puissance plus élevée. Après les premiers échecs, elle atteint l’objectif : grâce à l’utilisation d’un câble à fibre optique de 1,4 kilomètre de long, elle parvient à étendre les impulsions laser. De 1988 à 1991, Donna Theo Strickland a été assistante de recherche au National Research Council Canada, où elle a travaillé avec Paul Corkum dans la section Ultrafast Phenomena, qui à l’époque détenait le record d’avoir produit le laser à impulsion courte le plus puissant. Par la suite, elle a fait partie du département laser du Lawrence Livermore National Laboratory de 1991 à 1992, puis elle est devenue technique de laboratoire au Advanced Technology Center for Photonics and Materials opto electronic de l’Université de Princeton.

Elle est actuellement professeur de Physique Optique au Département de Physique et d’Astronomy de l’Université de Waterloo au Canada, où elle continue d’étudier les techniques laser ultra-rapides, courtes et de haute intensité. Elle était professeur associée lors de la remise du prix. En octobre 2018, elle a déclaré à la BBC qu’elle avait postulé et qu’elle avait été promue professeur ordinaire à l’Université de Waterloo. Elle est membre de la Optical Society, où elle a été vice-présidente de 2011 à 2013, année où elle est devenue présidente. Elle est également membre de l’Académie nationale des sciences des États-Unis. En 2021, elle est nommée membre ordinaire de l’Académie pontificale des sciences par le Pape François.

Donna Theo Strickland est mariée à Douglas Dykaar, qui est titulaire d’un doctorat en génie électrique de l’Université de Rochester. Ils ont deux enfants : Hannan, diplômée en astrophysique de l’Université de Toronto et Adam, étudiante en comédie au Humber College. Elle est un membre actif de l’Église unie du Canada. En outre, en 2019, elle a été nommée Companion of the Order of Canada, l’une des plus prestigieuses distinctions civiles du Canada. En 2018, elle reçoit le Prix Nobel de Physique pour « sa méthode pour générer les impulsions laser les plus courtes et intenses créées par l’humanité », comme l’indiquait la motivation du prix, avec Gérard Mourou et Arthur Ashkin. Le travail sur la technique d’amplification à la dérive de fréquence commence dans le cadre de son doctorat. Processus par lequel une impulsion de rayonnement électromagnétique est amplifiée en trois étapes : dans la première étape, la durée de l’impulsion est dilatée à l’aide d’un système optique dispersif (réticules et fibres optiques)où les différentes composantes chromatiques qui composent l’impulsion parcourent des chemins optiques de longueur différente. Ce processus sépare les différentes couleurs à l’intérieur de l’impulsion, résultant chirped, c’est-à-dire avec une fréquence qui varie entre le front et la queue. Dans la deuxième phase, l’énergie de l’impulsion est amplifiée dans un milieu matériel approprié. Par exemple, dans le cas d’impulsions laser dans un cristal où l’énergie est convenablement fournie de l’extérieur. Dans la troisième phase, l’impulsion ainsi amplifiée retrace au contraire le parcours accompli dans la première phase. Cela conduit à une réduction de l’impulsion amplifiée et, à nouveau à parité d’énergie, à une augmentation correspondante de l’intensité des champs. C’est-à-dire que le processus de décompression et de compression permet de faire varier la puissance à énergie constante. La technique au cours de la dernière décennie a trouvé des applications dans le domaine des lasers de puissance, permettant d’amplifier des impulsions ultra-courtes, jusqu’à des durées de l’ordre de dizaines de femtosecondes (10 15 s) et avec des longueurs d’onde de l’ordre des micromètres, jusqu’à des puissances de l’ordre des pétawatts (1015 W). L’impulsion est alors réapparue pour atteindre des intensités que l’amplification conventionnelle ne permettrait pas.

Les résultats des recherches de Strickland ont permis d’étudier de manière innovante et précise des objets de dimensions minuscules. Les applications couvrent de nombreux domaines, de l’industrie à la biomédecine. Dans le domaine médical, cette technique contribue à de nouveaux progrès dans la chirurgie réfractive de l’œil et dans le traitement de la cataracte et de la myopie. L’amplification d’impulsions chirp pour les lasers, les impulsions optiques ultra-courtes et de haute intensité avec des lasers qui sont utilisés dans la chirurgie oculaire corrective effectuée chaque année dans le monde entier.

Strickland a partagé le prix Nobel avec ses collègues Ashkin et Mourou pour avoir déclenché une révolution de la physique laser. Les trois chercheurs ont reçu un prix de neuf millions de couronnes (plus d’un million de dollars environ), dont la moitié est remise à Ashkin. On a identifié à Donna Theo Strickland et Gèrard Mourou l’invention de la méthode « pour produire les impulsions laser les plus courtes et intenses créées par l’humanité ». Ils ont rendu le laser plus éclectique, avec la production d’impulsions ultra-courtes.

Dans toute l’histoire des Nobel, Donna Theo Strickland est la troisième à avoir reçu la prestigieuse distinction en physique après Marie Skłodowska Curie, en 1903, pour les recherches sur la radioactivité et après la scientifique américaine Maria Goeppert Mayer, 1963, récompensée pour ses découvertes sur le noyau des atomes. Après la déclaration, elle commente : «Nous devons évidemment célébrer les femmes physiques, parce qu’elles y sont. Nous espérons qu’au fil du temps elles commenceront à croître à un rythme plus rapide ». Sa propre carrière est un exemple pour d’autres femmes dans le domaine de la physique et elle a travaillé pour amener de plus en plus de scientifiques dans son département à Warerloo. Il s’agit d’une reconnaissance significative si l’on pense que les femmes sont moins sujettes à la science que les hommes. Donna Theo Strickland, à l’aide de deux hommes, a pu prouvé le contraire, en disant au Guardian : «Je ne me vois pas comme une femme dans la science. Je me vois comme une scientifique.»


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Donna Theo Strickland, a 62-year-old Canadian scientist, received the 2018 Nobel Prize in Physics for inventing, with Professor Gérard Mourou, chirped pulse amplification for lasers. She is the third woman to receive the Nobel award for Physics.

She was born on May 27, 1959, in Guelph, Canada. Known as an energetic woman, she has said she was in doubt in the past whether to pursue engineering or physics. She earned a master's degree in engineering physics from McMaster University in 1981 and completed a PhD in optics at the University of Rochester in 1989, for which she developed a thesis titled Development of an Ultra-Bright Laser and an Application to Multiphoton Ionization. Her thesis supervisor was the French physicist Gérard Mourou. During her years at McMaster University in Ontario she was attracted to a course on lasers, especially by the fact that "they were a lot of fun." She delved deeper into the subject until she earned her doctorate. She was assigned to develop colleague Gerard Mourou's idea - to expand the laser light pulse, amplify it and finally compress it. A process that allows a higher power pulse to be produced. After initial setbacks, she achieved her goal. Through the use of a 1.4-kilometer-long fiber optic cable, she succeeded in expanding laser pulses. From 1988 to 1991, Donna Theo Strickland was a research assistant at the National Research Council Canada, where she worked with Paul Corkum in the Ultrafast Phenomena section, which at the time held the record for producing the most powerful short-pulse laser. She then was part of the laser department at Lawrence Livermore National Laboratory, from 1991 to 1992, and then joined the technical staff at the Advanced Technology Center for Photonics and Opto-electronic Materials at Princeton University.

She is currently a professor of Optical Physics in the Department of Physics and Astronomy at the University of Waterloo in Canada, where she continues to study ultrafast, short and high-intensity laser techniques. She was an associate professor when she was awarded the Nobel Prize. In October 2018, she told the BBC that she had applied for and been promoted to full professor at the University of Waterloo. She is a member of The Optical Society, where she served as vice president from 2011 to 2013, when she became president. She is also a member of the National Academy of Sciences of the United States of America. In 2021, she was appointed a member of the Pontifical Academy of Sciences by Pope Francis.

Donna Theo Strickland is married to Douglas Dykaar, who holds a doctorate in electrical engineering from the University of Rochester. They have two children, Hannah, an astrophysics major at the University of Toronto, and Adam, who is studying comedy at Humber College. She is an active member of the United Church of Canada. In addition, in 2019 she was named Companion of the Order of Canada, one of Canada's most prestigious civilian honors. In 2018, she received the Nobel Prize in Physics together with Gérard Mourou, for "her method for generating the shortest and most intense laser pulses created by mankind," as the motivation for the prize read. They made the laser more versatile by producing ultra-short pulses. Arthur Ashkin received the other half of the one million dollar prize for unrelated work on perfecting optical tweezers - light traps that make it possible to manipulate tiny objects such as atoms, molecules and biological cells using only light as the tool. Work on the frequency drift amplification technique began as part of her PhD. It is a process by which a pulse of electromagnetic radiation is amplified in three stages. In the first stage, the duration of the pulse is dilated using a dispersive optical system (gratings and optical fibers) in which the different color components that make up the pulse travel optical paths of different lengths. This process separates the different colors within the pulse, resulting in a “chirped” pulse, that is, with a frequency that varies between the front and the tail. In the second stage, the pulse energy is amplified in an appropriate material medium. For example, in the case of laser pulses in a crystal to which energy is congruently delivered from outside. In the third phase, the pulse thus amplified and retraces in reverse to the path taken in the first phase. This leads to a reduction in the amplified pulse and, again at the same energy, a corresponding increase in the intensity of the fields. That is, the process of decompression and compression allows the power to vary at constant energy. The technique in the last decade has found applications in the field of power lasers, allowing ultrashort pulses to be amplified, up to durations on the order of tens of femtoseconds (10-15 seconds) and with wavelengths on the order of micrometers, to powers on the order of petawatts (1015 watts). The pulse is then recompressed to reach intensities that conventional amplification would not allow.

Strickland's research results have made it possible to study tiny objects in innovative and precise ways. Applications cover numerous fields, from industry to biomedicine. In the medical field, this technique has contributed to new advances in refractive eye surgery and the treatment of cataracts and myopia. Pulse chirp amplification for lasers creates ultrashort, high-intensity optical pulses that are used in corrective eye surgeries performed worldwide each year.

In the entire history of Nobel Prizes, Donna Theo Strickland is only the third woman to receive the prestigious honor in Physics, after Marie Skłodowska Curie in 1903, for her research on radioactivity, and after American scientist Maria Goeppert Mayer in 1963, awarded the prize for her discoveries on the nucleus of atoms.

After the announcement of the prize, she commented, "We obviously need to celebrate women physicists, because they are out there. Hopefully over time their numbers will start to grow at a faster rate." Her own career sets an example for other women involved in physics, and she has worked to bring more and more female scientists into her department at Waterloo. This is a significant recognition when we think about the belief that women are less capable at science than men. Donna Theo Strickland, along with two men, proved the exact opposite, telling the Guardian, "I don't see myself as a woman in science. I see myself as a scientist!"


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

Donna Theo Strickland, científica canadiense de 62 años, recibió el Premio Nobel de Física en 2018 por inventar, junto con el profesor Mourou, la amplificación de impulsos chirp para láseres. Es la tercera mujer que recibe el máximo galardón de Física.

Nació el 27 de Mayo de 1959 en Gueph, Canadá. Conocida como una mujer enérgica, dijo que en el pasado había dudado si estudiar ingeniería o física. Consiguió un máster en ingeniería física en la Universidad McMaster en 1981 y se doctoró en óptica en la Universidad de Rochester en 1989 con una tesis sobre El desarrollo de un láser ultrabrillante y su aplicación a la ionización multifotónica, cuyo director fue el físico francés Gérard Mourou. Durante los años en la Universidad Mc Master de Ontario la atrajo un curso sobre láser, pero sobre todo la atrajo el hecho de que «fuesen muy divertidos». Profundizó en el tema hasta su doctorado. Recibió el encargo de desarrollar la idea de su colega Gérard Mourou: expandir el pulso de luz láser, amplificarlo y, por último, comprimirlo. Un proceso que permite producir un pulso de mayor potencia. Tras los fracasos iniciales, logró su objetivo utilizando un cable de fibra óptica de 1,4 kilómetros de longitud con el que pudo ampliar los pulsos láser. De 1988 a 1991, Donna Theo Strickland fue ayudante de investigación en el Consejo Nacional de Investigación de Canadá, donde trabajó con Paul Corkum en la sección de Fenómenos Ultrarrápidos, que en aquel momento ostentaba el récord de producción del láser de pulso corto más potente. Más tarde se incorporó al departamento de láseres del Laboratorio Nacional Lawrence Livermore, de 1991 a 1992, y después pasó a ser técnica de laboratorio en el Centro de Tecnología Avanzada de Fotónica y materiales optoelectrónicos de la Universidad de Princeton.

Actualmente es catedrática de Física Óptica en el Departamento de Física y Astronomía de la Universidad de Waterloo (Canadá), donde sigue estudiando técnicas láser ultrarrápidas, cortas y de alta intensidad. Era profesora titular cuando recibió el Premio. En octubre de 2018 declaró a la BBC que había presentado su candidatura y había sido nombrada profesora titular de la Universidad de Waterloo. Es componente de The Optical Society, donde ocupó el cargo de Vicepresidenta de 2011 a 2013, cuando pasó a ser Presidenta. También es componente de la Academia Nacional de Ciencias de los Estados Unidos de América. En 2021 fue nombrada socia ordinaria de la Academia Pontificia de las Ciencias por el Papa Francisco.

Donna Theo Strickland está casada con Douglas Dykaar que se doctoró en ingeniería eléctrica en la Universidad de Rochester. Tienen dos hijos: Hannan, licenciado en astrofísica por la Universidad de Toronto, y Adam, estudiante de comedia en el Humber College. Es una componente activa de la Iglesia Unida de Canadá. Además, en 2019 fue nombrada Compañera de la Orden de Canadá, uno de los honores civiles más prestigiosos de Canadá. En 2018 recibió el Nobel de Física junto a Gérard Mourou y Arthur Ashkin por «su método de generación de los pulsos láser más cortos e intensos creados por la humanidad», así como rezaba la motivación del premio. Los trabajos sobre la técnica de amplificación a la deriva de frecuencia comenzaron como parte de su doctorado. Proceso por el que un impulso de radiación electromagnética se amplifica en tres etapas: en la primera fase la duración del pulso se dilata utilizando un sistema óptico dispersivo (rejillas y fibras ópticas) en el que los distintos componentes de color que forman el pulso recorren trayectos ópticos de longitudes diferentes. Este proceso separa los distintos colores dentro del pulso, resultando chirped, es decir, con una frecuencia que varía entre la parte frontal y la cola. En la segunda fase la energía del pulso se amplifica en un medio material adecuado. Por ejemplo, en el caso de pulsos láser en un cristal al que se suministra energía de forma congruente desde el exterior. Esto conlleva una reducción del pulso amplificado y, de nuevo con la misma energía, a un aumento correspondiente de la intensidad de campo. Todo esto significa que el proceso de descompresión y compresión permite variar la potencia a energía constante. En la última década la técnica ha encontrado aplicaciones en el campo de los láseres de potencia, permitiendo amplificar pulsos ultracortos, hasta duraciones del orden de decenas de femtosegundos (10-15 s) y con longitudes de onda del orden de micrómetros, hasta potencias del orden de petawatt (1015 W). El pulso se vuelve a comprimir para alcanzar intensidades que la amplificación convencional no permitiría.

Los resultados de las investigaciones de Strickland han permitido estudiar objetos diminutos de forma innovadora y precisa. Las aplicaciones abarcan numerosos campos, desde la industria a la biomedicina. En el ámbito médico esta técnica contribuye a nuevos avances en la cirugía refractiva ocular y el tratamiento de las cataratas y la miopía. La amplificación de pulsos chirp para láseres, pulsos ópticos ultracortos y de alta intensidad con láseres que se utilizan en cirugías correctivas oculares realizadas cada año en todo el mundo.

Strickland compartió el Premio Nobel con sus colegas Ashkin y Mourou por originar una revolución en la física del láser. Los tres investigadores recibieron un premio de nueve millones de coronas (más de un millón de dólares aproximadamente), la mitad del cual se entregó a Ashkin. A este último se le atribuye el perfeccionamiento de las “pinzas ópticas”, trampas de luz que permiten manipular objetos de tamaño diminuto utilizando sólo la luz como herramienta, como átomos, moléculas y células biológicas. A Donna Theo Strickland y a Gérard Mourou se les atribuye la invención del método “para generar los pulsos láser más cortos e intensos creados por la humanidad”. Han creado el láser más ecléctico que nunca al producir pulsos ultracortos. En toda la historia de los Premios Nobel, Donna Theo Strickland es la tercera en recibir el prestigioso honor en Física después de Marie Skłodowska Curi en 1903, por sus investigaciones sobre la radiactividad, y después de la científica estadounidense Maria Goeppert Mayer en 1963, galardonada por sus descubrimientos sobre el núcleo de los átomos.

Tras su declaración, comentó: «Obviamente tenemos que celebrar a las mujeres físicas, porque están ahí fuera. Esperemos que, con el tiempo, empiecen a crecer a un ritmo más rápido». Su propia carrera sirvió de ejemplo para otras mujeres en el campo de la física y trabajó para que cada vez hubiera más científicas en su departamento de Waterloo. Se trata de un reconocimiento significativo si pensamos es opinión común que las mujeres son menos propensas a la ciencia que los hombres. Donna Theo Strickland, junto con dos hombres, demostró exactamente lo contrario, declarando a The Guardian: «No me veo como una mujer en la ciencia. Me veo como una científica».

 

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