Maria Grzegorzewska
Chiara Baldini



Daniela Godel

 

Maria Grzegorzewska (18 aprile 1888 - 7 maggio 1967) è stata un'educatrice polacca, che ha scelto, in totale controtendenza con i modelli pedagogici del suo tempo, di concentrare il suo lavoro sulle necessità formative dei bambini e delle bambine con disabilità. La più giovane di sei fratelli, crebbe in una famiglia molto sensibile ai diritti degli ultimi e ai bisogni della comunità e di questa istruzione ad impronta fortemente umanitaria portò con successo l’eredità per tutta la vita. Diplomatasi in Lituania come insegnante privata, nel 1913 approdò alla Facoltà di Pedagogia Internazionale di Bruxelles e iniziò a studiare con Joteyko. Seguendo corsi di pedagogia, psicologia e sociologia, incontrò eminenti studiosi e scienziati, come Édouard Claparède, Émile Jaques-Dalcroze e Ovide Decroly, che influenzarono decisamente il suo pensiero. A ciò si aggiunse un’esperienza, insieme traumatica ed illuminante, che ne condizionò le scelte professionali: mentre lavorava alla sua tesi, Maria prese parte ad una gita all'ospedale Bicêtre. Si trattava di una struttura psichiatrica che ospitava persone con gravi disabilità intellettive. Ciò che vide ebbe un profondo effetto su di lei, tanto da convincerla che il lavoro della sua vita avrebbe dovuto essere quello di fornire pari opportunità di accesso all’ istruzione alle persone fragili. Conseguito il dottorato alla Sorbona di Parigi, nel 1918 tornò in Polonia con una sola idea in testa: creare programmi adatti all’istruzione e ai bisogni formativi dei bambini e delle bambine con disabilità. A quel tempo, le uniche strutture di istruzione speciale nel Paese erano costituite da uffici per non vedenti a Bydgoszcz e Lviv, un ufficio per sordi a Varsavia e scuole supplementari con servizi di supporto (oggi diremmo di sostegno) a Varsavia e Lodz. Nel 1919, quindi, Maria iniziò a lavorare per il Ministero degli affari religiosi e della pubblica istruzione, istituendo strutture per la cura dei bambini e delle bambine disabili, scuole per l'istruzione speciale e programmi di formazione per insegnanti. Sebbene all'epoca in Polonia esistessero sparute strutture rivolte a non udenti, a ciechi/e e alle persone con lievi disabilità intellettive, non c’era un sistema nazionale che si occupasse dell'istruzione di coloro che convivevano con disabilità fisiche o mentali. Grzegorzewska mirava a diffondere ed implementare i metodi educativi speciali da lei teorizzati, ad introdurre la formazione obbligatoria per gli/le insegnanti e dei progetti di ricerca in corso d’opera, per valutare il sistema nel tempo. Il suo metodo educativo prevedeva un approccio olistico, che includeva la cura, l’abbattimento delle barriere che ostacolavano il funzionamento quotidiano degli alunni e delle alunne fragili e programmi per l'educazione delle persone disabili, che non dimenticassero gli aspetti di integrazione sociale e di sviluppo socio-professionale.

Come Maria Montessori, anche Maria Grzegorzewska si avvicinò all’istruzione dei bambini e delle bambine cronicamente malati/e, disabili o socialmente disadattati/e da una posizione scientifica e interdisciplinare, piuttosto che dalla mera analisi dei difetti percepiti. Nel 1924 fondò la rivista Special School, che diresse per tutta la vita, per stimolare il lavoro scientifico e per sviluppare metodi educativi innovativi. Nel 1930 fondò e diresse l'Istituto statale per insegnanti, nel quale si prodigava per migliorare le abilità delle/dei docenti attraverso una ulteriore formazione sulle tecniche proprie dell’insegnamento speciale. Partecipò a molte conferenze internazionali, tra cui il IV Congresso della International New Education League tenutosi nel 1927 a Locarno, in Svizzera; il II Congresso degli insegnanti delle scuole speciali ospitato nel 1934; e il I Congresso nazionale dei bambini del 1938. Durante la Seconda guerra mondiale, Maria si oppose con ogni mezzo all’ideologia nazista, prestando servizio come infermiera, entrando nel movimento di resistenza polacco, aderendo al Consiglio di aiuto agli Ebrei Żegota. Quando la Polonia fu liberata nel 1945, Grzegorzewska riattivò l'Istituto di educazione speciale, da lei stessa fondato nel 1922, e nei successivi cinque anni introdusse nei programmi di studio corsi universitari ed extramurali. Nel 1947 pubblicò il primo volume della sua magnum opus Letters to a Young Teacher, in cui espone i suoi pensieri sul rapporto docenti- studenti e sull'impatto che chi educa ha sullo sviluppo delle allieve e degli allievi. Nel libro sottolinea che le lezioni dovrebbero essere basate su un'attività flessibile, in grado di soddisfare le capacità degli/lle studenti e stimolarne l’apprendimento e sostiene l'importanza di pause adeguate per prevenire l'eccessiva stimolazione. Creando un sistema di classificazione dettagliato, nei suoi scritti Maria sostiene che lo spettro delle disabilità sia estremamente ampio e che, proprio per questo, richieda agli/lle insegnanti di personalizzare la formazione per soddisfare le esigenze di singole/i studenti. Nel 1950, durante l'attuazione della dottrina stalinista in Polonia, anche nelle scuole speciali venne introdotto l’obbligo di seguire un curriculum statale, fortemente politicizzato e uguale per tutti/e. Maria lottò contro il programma statale, volendo proteggere l'istruzione personalizzata per alunne/i con disabilità. I suoi sforzi ebbero la meglio solo dopo il disgelo, nel 1956, quando i suoi programmi poterono tornare ad essere applicati. Tra il 1957 e il 1960, Maria Grzegorzewska fu docente ordinaria presso l'Università di Varsavia. Morì per un attacco di cuore il 7 maggio 1967 nella sua casa vicino a Varsavia. Fu sepolta nel cimitero Powązki sul Viale dei Benemeriti.

È ricordata come la fondatrice del sistema di educazione speciale in Polonia. Il suo approccio, fondato sull'educazione differenziata e personalizzata, per fornire ai bambini e alle bambine disabili una formazione efficace per un concreto inserimento nella società, ha segnato un cambiamento nell'evoluzione del pensiero educativo, che è passato dal concepirsi come strumento per il trattamento della disabilità al pensarsi come riconoscimento dei bisogni della persona. Ad oggi, in Polonia, a Maria Grzegorzewska sono stati dedicati due monumenti e le sono stati intitolati alcuni Istituti di istruzione.

 

Traduzione francese
Valentina Simi

Maria Grzegorzewska était une éducatrice polonaise qui a choisi, en totale contre tendance avec les modèles pédagogiques de son époque, de centrer son travail sur les besoins éducatifs des enfants handicapés. Cadette d'une fratrie de six, elle a grandi dans une famille très sensible aux droits des plus petits et aux besoins de la communauté et elle a porté avec succès l'héritage de cette éducation hautement humanitaire tout au long de sa vie. Diplômée en Lituanie comme enseignante privée, elle arrive en 1913 à la Faculté de pédagogie internationale de Bruxelles et commence à étudier avec Joteyko. Après des cours de pédagogie, de psychologie et de sociologie, elle rencontre d'éminents érudits et scientifiques, tels qu’Édouard Claparède, Émile Jaques-Dalcroze et Ovide Decroly, qui influencent de manière décisive sa pensée. À cela s'ajoute une expérience à la fois traumatisante et éclairante qui conditionne ses choix professionnels : pendant sa thèse, Maria participe à un voyage à l'hôpital Bicêtre. Il s'agissait d'un établissement psychiatrique qui accueillait des personnes ayant une déficience intellectuelle sévère. Ce qu'elle a vu l'a profondément marquée, à tel point qu'elle s’est convaincue que le travail de sa vie aurait dû être de fournir un accès égal à l'éducation aux personnes vulnérables. Diplômé de la Sorbonne à Paris, elle rentre en Pologne en 1918 avec une seule idée en tête : créer des programmes adaptés aux besoins d'éducation et de formation des garçons et des filles handicapés. À cette époque, les seuls établissements d'enseignement spécialisé du pays étaient constitués de bureaux pour les aveugles à Bydgoszcz et Lviv, d'un bureau pour les sourds à Varsovie et d'écoles complémentaires avec des services de support (nous dirions aujourd'hui soutien) à Varsovie et à Lodz. En 1919, Maria a donc commencé à travailler pour le Ministère des Affaires religieuses et de l'éducation publique, créant des installations pour les soins aux garçons et aux filles handicapés, des écoles d'éducation spéciale et des programmes de formation pour les enseignants. Bien qu'à l'époque, en Pologne, il y avait peu d'établissements destinés aux sourds, aux aveugles et aux personnes ayant une déficience intellectuelle légère, il n'y avait pas de système national qui s'occupait de l'éducation des personnes vivant avec un handicap physique ou mental. Grzegorzewska visait à diffuser et à mettre en œuvre les méthodes éducatives spéciales qu'elle avait théorisées, à introduire une formation obligatoire pour les enseignants et ainsi que des projets de recherche visant à évaluer le système dans le temps. Sa méthode pédagogique comprenait une approche holistique, qui impliquait des soins, la suppression des barrières qui entravaient la vie quotidienne des élèves fragiles et des programmes pour l'éducation des personnes handicapées, sans oublier les aspects d'intégration sociale et de développement socioprofessionnel.

Comme Maria Montessori, Maria Grzegorzewska a également abordé l'éducation des garçons et des filles malades chroniques, handicapés ou socialement inadaptés, à partir d'une position scientifique et interdisciplinaire, plutôt qu'à partir de la simple analyse des défauts perçus. En 1924, elle a fondé la revue Special School, qu'elle dirigera toute sa vie, pour stimuler le travail scientifique et développer des méthodes pédagogiques innovantes. En 1930, elle a fondé et dirigé l'institut d'État pour les enseignants, dans lequel elle fait de son mieux pour améliorer les compétences des enseignant.e.s grâce à une formation continue sur les techniques de l'enseignement spécial. Elle a participé à de nombreuses conférences internationales, dont le IV Congrès de la Ligue internationale de l'éducation nouvelle qui s'est tenu en 1927 à Locarno, en Suisse ; le II Congrès des enseignants des écoles spéciales organisé en 1934 ; et le I Congrès national des enfants de 1938. Pendant la Seconde Guerre mondiale, Maria s'est opposée à l'idéologie nazie par tous les moyens: servant d'infirmière, rejoignant le mouvement de résistance polonais, rejoignant le Conseil d'aide aux juifs Zegota. Lorsque la Pologne a été libérée en 1945, Grzegorzewska a réactivé l'Institut d'éducation spéciale, qu'elle avait fondé en 1922, et a introduit dans le programme d’études des cinq années suivantes des cours universitaires et extra-muros. En 1947, elle a publié le premier volume de son magnum opus Lettres à un jeune professeur, dans lequel elle expose ses réflexions sur la relation enseignant-élève et l'impact que les éducateurs ont sur le développement des élèves. Dans le livre, elle souligne que les cours doivent être basés sur une activité flexible, capable de satisfaire les capacités des élèves et de stimuler leur apprentissage et soutient l'importance de pauses adéquates pour éviter une stimulation excessive. En créant un système de classification détaillé, Maria soutient dans ses écrits que le spectre des handicaps est extrêmement large et que, pour cette raison même, elle demande aux enseignant.e.s d'adapter la formation aux besoins de chaque élève. En 1950, lors de la mise en place de la doctrine stalinienne en Pologne, l'obligation de suivre un cursus d'État, fortement politisé et égal pour tous, est également introduite dans les écoles spécialisées. Maria s'est battue contre le programme de l'État, voulant protéger l'éducation personnalisée des élèves handicapé.e.s. Ses efforts n'ont eu raison qu'après le dégel, en 1956, lorsque ses programmes ont pu être à nouveau appliqués. Entre 1957 et 1960, Maria Grzegorzewska a été professeure titulaire à l'Université de Varsovie. Elle est morte d'une crise cardiaque le 7 mai 1967 à son domicile près de Varsovie. Elle a été enterrée au cimetière Powązki sur le boulevard des Méritoires.

On se souvient d'elle comme de la fondatrice du système d'éducation spéciale en Pologne. Son approche, basée sur une éducation différenciée et personnalisée, visant à offrir aux enfants handicapé.e.s une formation efficace pour une insertion concrète dans la société, a marqué un changement dans l'évolution de la pensée éducative, qui est passée d'être conçue comme un outil de traitement du handicap à se concevoir comme une reconnaissance des besoins de la personne. À ce jour, en Pologne, deux monuments ont été dédiés à Maria Grzegorzewska et certains instituts d'enseignement portent son nom.

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Maria Grzegorzewska (April 18, 1888 - May 7, 1967) was a Polish educator who chose, in total contradiction to the pedagogical models of her time, to focus her work on the educational needs of children with disabilities. The youngest of six siblings, she grew up in a family very sensitive to the rights of the most disadvantaged and the needs of the community, and she successfully carried this highly humanitarian education as a legacy throughout her life. She graduated in Lithuania as a teacher, and in 1913 she joined the Faculty of International Pedagogy in Brussels and began studying with Joteyko. Following courses in pedagogy, psychology and sociology, she met eminent scholars and scientists, such as Édouard Claparède, Émile Jaques-Dalcroze and Ovide Decroly, who decisively influenced her thinking. To this was added an experience, both traumatic and enlightening, which conditioned her professional choices. While she was working on her thesis, Maria took part in a trip to the Bicêtre hospital. It was a psychiatric facility that housed people with severe intellectual disabilities. What she saw there had a profound effect on her, so much so that she became convinced that her life's work should be to provide equal access to education for vulnerable people. She received her doctorate from the Sorbonne in Paris, and in 1918 returned to Poland with only one idea in mind - to create programs suitable for the education and training needs of children with disabilities. At that time, the only special education facilities in the country consisted of offices for the blind in Bydgoszcz and Lviv, an office for the deaf in Warsaw and supplementary schools with support services in Warsaw and Lodz. In 1919, therefore, Maria began working for the Ministry of Religious Affairs and Public Education, establishing facilities for the care of disabled boys and girls, schools for special education and training programs for teachers. Although at the time in Poland there were a few facilities for the deaf, the blind, and people with mild intellectual disabilities, there was no national system that dealt with the education of those living with physical or mental disabilities. Grzegorzewska aimed to disseminate and implement the special educational methods she had formulated, to introduce compulsory training for teachers, and to sustain ongoing research projects to evaluate the system over time. Her educational method envisaged a holistic approach, which included care, the removal of barriers that hindered the daily functioning of fragile pupils, and programs for the education of disabled people, not forgetting the aspects of social integration and socio-professional development.

Maria Montessori, Maria Grzegorzewska also approached the education of chronically ill, disabled or socially maladjusted boys and girls from a scientific and interdisciplinary point of view, rather than from the mere analysis of perceived defects. In 1924 she founded the magazine Special School, which she directed throughout her life, to stimulate scientific work and to develop innovative educational methods. In 1930 she founded and directed the state institute for teachers, in which she worked hard to improve the skills of teachers through further training in the techniques of special teaching. She participated in many international conferences, including the IV Congress of the International New Education League held in 1927 in Locarno, Switzerland; the Second Congress of Teachers of Special Schools hosted in 1934; and the first National Children's Congress of 1938. During the Second World War, she opposed Nazi ideology by all means, serving as a nurse, joining the Polish resistance movement, and joining the Council for Aid to Jews (“Zegota”). When Poland was liberated in 1945, Grzegorzewska reactivated the Institute of Special Education, which she founded in 1922, and introduced university and extramural courses into the curriculum for the next five years. In 1947 she published the first volume of her magnum opus Letters to a Young Teacher, in which she expounds her thoughts on the teacher-student relationship and the impact educators have on the development of pupils. In the book, she emphasizes that lessons should be based on a flexible activity, able to satisfy the abilities of the students and stimulate their learning, and she speaks to the importance of adequate breaks to prevent excessive stimulation. Creating a detailed classification system, Maria argues in her writings that the spectrum of disabilities is extremely broad and that, for this very reason, she requires teachers to tailor training to meet the needs of individual students. In 1950, during the implementation of the Stalinist doctrine in Poland, the obligation to follow a state curriculum, strongly politicized and equal for everyone, was also introduced in special schools. Maria fought against the state program, wanting to protect personalized education for pupils with disabilities. Her efforts only got results after the thaw in 1956, when her plans could be applied again. Between 1957 and 1960, Maria Grzegorzewska was a full professor at the University of Warsaw. She died of a heart attack on May 7, 1967 in her home near Warsaw. She was buried in the Powązki cemetery on the Boulevard of Meritorious.

She is remembered as the founder of the special education system in Poland. Her approach, based on differentiated and personalized education, was to provide disabled children and girls with effective training for a practical insertion into society. This approach marked a change in the evolution of educational thinking, which has passed from being conceived of as a tool for treatment of disability, to thinking of it as recognition of the person's needs. To date, in Poland, two monuments have been dedicated to Maria Grzegorzewska, and some educational institutions have been named after her.

 

Traduzione spagnola
Giulia Calì

Maria Grzegorzewska (18 de abril de 1888 - 7 de mayo de 1967) fue una educadora polaca que, en contratendencia con los modelos pedagógicos de su tiempo, eligió concentrar su trabajo en las necesidades formativas de los niños y de las niñas con discapacidad. La más joven de seis hermanos, creció en una familia muy sensible a los derechos de los últimos y a las necesidades de la comunidad, y conservó la herencia de esta educación de carácter fuertemente humanitario toda la vida. Graduada en Lituania como profesora particular, en 1913 llegó a la Facultad de Pedagogía Internacional de Bruselas y empezó a estudiar con Joteyko. Asistiendo a los cursos de pedagogía, psicología y sociología, conoció a eminentes estudiosos y científicos, como Édouard Claparède, Émile Jaques-Dalcroze y Ovide Decroly, quienes influenciaron de manera importante su pensamiento. A esto se sumó una experiencia, traumática e iluminadora a la vez, que condicionó sus elecciones profesionales: mientras trabajaba en su tesis, Maria participó en una visita al hospital Bicêtre. Se trataba de una estructura psiquiátrica que hospedaba personas con graves discapacidades intelectivas. Lo que vio tuvo un efecto profundo en ella, tanto como para convencerla de que el trabajo de su vida iba a tener que consistir en ofrecer iguales oportunidades de acceso a la educación a las personas frágiles. Obtenido su doctorado en la Sorbona (París), en 1918 regresó a Polonia con una sola idea en mente: crear programas adecuados para la educación y a las necesidades formativas de los niños y de las niñas con discapacidades. En aquel entonces, las únicas estructuras de educación especial en su país eran unos centros para invidentes en Bydgoszcz y Lviv, un centro para sordos en Varsovia y escuelas especiales con servicios de ayuda (hoy diríamos de apoyo) en Varsovia y Lodz. Entonces, en 1919, Maria empezó a trabajar para el Ministerio de los asuntos religiosos y de la educación pública, instituyendo estructuras para el cuidado de los niños y de las niñas con discapacidades, escuelas para la educación especial y programas de formación para profesorado. Aunque en aquel entonces en Polonia existían exiguas estructuras destinadas a personas sordas, ciegas y a personas con leves discapacidades intelectivas, no existía un sistema nacional que se ocupara de la educación de quienes convivían con discapacidades físicas o mentales. Grzegorzewska aspiraba a difundir e implementar los métodos educativos especiales teorizados por ella misma, a introducir la formación obligatoria para el profesorado, y unos proyectos de investigación sobre la marcha, para evaluar el sistema a largo plazo. Su método educativo preveía un enfoque holístico, que incluía el cuidado, la eliminación de las barreras que obstaculizaban el funcionamiento cotidiano de los alumnos y de las alumnas frágiles y programas para la educación de las personas discapacitadas, que no se olvidaran de los aspectos de integración social y de desarrollo socio profesional.

Como Maria Montessori, Maria Grzegorzewska también se acercó a la educación de los niños y de las niñas crónicamente enfermos/as, discapacitados/as o socialmente inadaptados/as desde una postura científica e interdisciplinar, más allá desde el mero análisis de los defectos percibidos. En 1924 fundó la revista Special School, que dirigió durante toda su vida, para estimular el trabajo científico y desarrollar métodos educativos innovativos. En 1930 fundó y dirigió el Instituto estatal para docentes, en el que se prodigaba para mejorar las habilidades del profesorado a través de una ulterior formación sobre técnicas propias de la enseñanza especial. Participó a muchas conferencias internacionales como el IV Congreso de la International New Education League que tuvo lugar en 1927 en Locarno, Suiza; el II Congreso del porofesorado de las escuelas especiales organizado en 1934. Durante la Segunda Guerra Mundial, Maria se opuso por todos los medios a la ideología nazi, prestando servicio como enfermera, entrando en el movimiento de resistencia polaco y adhiriendo al Consejo de ayuda a los Judíos Żegota. Cuando Polonia fue liberada en 1945, Grzegorzewska reactivó el Instituto de educación especial, fundado por ella misma en 1922, y en los cinco años siguientes introdujo en los programas de estudio cursos universitarios y extramuros. En 1947 publicó el primer volumen de su obra maestra Letters to a Young Teacher, en la que expone sus pensamientos sobre la relación docentes-estudiantes y sobre el impacto de quien educa en el desarrollo del alumnado. En el libro subraya que las clases deberían estar basadas en una actividad flexible, capaz de satisfacer las capacidades de los y las estudiantes y estimular su aprendizaje, y sostiene la importancia de pausas adecuadas para prevenir la excesiva estimulación. Creando un sistema de clasificación detallado, en sus escritos Maria sostiene que el espectro de las discapacidades es extremadamente amplio y que, justo por eso, requiere que el profesorado personalice la formación para satisfacer las exigencias de cada estudiante. En 1950, durante la aplicación de la doctrina estalinista en Polonia, en las escuelas especiales también se introdujo la obligación de seguir un currículo estatal, fuertemente politizado e igual para todos/as. Maria luchó contra el programa estatal, porque quería proteger la educación personalizada para alumnos/as con discapacidades. Sus esfuerzos prevalecieron solo después del deshielo, en 1956, cuando sus programas pudieron volver a ser aplicados. Entre 1957 y 1960, Maria fue catedrática en la Universidad de Varsovia. Murió por un ataque al corazón el 7 de mayo de 1967 en su casa cerca de Varsovia. Fue enterrada en el cementerio Powaski en la Avenida de los Beneméritos.

Se le recuerda como la fundadora del sistema de educación especial en Polonia. Su planteamiento, fundado en la educación diferenciada y personalizada, para proveer a los niños y a las niñas discapacitados/as de una formación eficaz para una introducción concreta en la sociedad, marcó un cambio en la evolución del pensamiento educativo, que pasó de ser concebido como instrumento para el tratamiento de la discapacidad a ser pensado como reconocimiento de las necesidades de la persona. Hoy, en Polonia, se le han dedicado a Maria Grzegorzewska dos monumentos y algunos Institutos de educación llevan su nombre.

Suzan Ari
Chiara Celeste Ryan



Daniela Godel

 

Suzan Uney-Ari, di origine turco-cipriota, è nata il 12 luglio 1927 a Morphou, nell'isola di Cipro. Era la figlia di Emine e Huzeyin Zihini Uney, un barbiere di successo e leader della comunità (mukhtar) nella zona centrale di Nicosia (Saray Onu). Dopo aver completato la sua prima formazione, nel periodo in cui Cipro era ancora colonia britannica, Suzan imparò il mestiere della sarta grazie al sistema di apprendistato inglese. Le fu anche insegnata la musica a livello privato e studiò da sola le letterature contemporanee turca e greca, tenendo attivamente conto degli avvenimenti politici. È stata una delle prime a sostenere apertamente nel 1946 – a soli 19 anni – che, sebbene a suo giudizio non ci fosse nulla di sbagliato nel sistema del prezzo nuziale cipriota (turco e greco), i matrimoni si sarebbero dovuti basare sull'amore.

Sposò Orhan Seyfi Ari (1918-1992), un insegnante idealista, conosciuto come "Maestro" o "Maestro dei Maestri". Insieme ebbero quattro figli, le cui mogli continuarono la tradizione familiare nel campo educativo. Dal 1946 al 1960, Suzan, pur non essendo lei stessa un'insegnante, contribuì e guidò la rinascita del patrimonio culturale e dell'identità turco-cipriota, soprattutto a Paphos e Louroujina. La coppia si sforzò nel convincere le autorità e le comunità circa il bisogno e l’importanza delle scuole e della formazione, dando un decisivo contributo alla lotta contro l'analfabetismo, in un'epoca in cui molte persone turco-cipriote sapevano parlare solo in greco e non riconoscevano il valore dell'istruzione, specialmente per quanto concerneva le ragazze e le donne. Suzan rimase a fianco del marito che, oltre a praticare l'insegnamento, si batteva per la costruzione di scuole e strade e per la fornitura di servizi essenziali come l'elettricità e l'acqua. Lei insegnava gratuitamente l'arte del cucito, realizzando costumi per le/gli studenti al fine di promuovere il loro patrimonio culturale (attraverso danze e rappresentazioni tradizionali), ma anche bandiere per le feste nazionali. Durante il periodo dei disordini intercomunitari, che avvennero dal 1963 al 1964, casa sua rimase sempre aperta per accogliere rifugiate/i di altri villaggi e, anche se le/i docenti non venivano più retribuiti, lei e suo marito presero la decisione di non emigrare.

Suzan Ari morì il 20 novembre del 2002 all'età di 75 anni. È stata una donna assai stimata in patria e all'estero per via del suo contributo verso un progresso sociale e culturale. Il giorno del suo funerale sono arrivati messaggi di condoglianze da parte di accademici del Canada, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna: tutti facevano riferimento a lei come alla "zia". Suo marito la definì «una grande aiutante». Tuttavia, sia per il fatto che non avesse ricevuto un'educazione universitaria ― che le avrebbe assicurato un ruolo professionale riconosciuto ― sia per la narrazione storica patriarcale e, in particolare, la struttura sociale (turco-cipriota), sul suo conto si sa molto poco, se non per ciò che è stato tramandato oralmente, per di più in maniera non distinta e distante dalla figura del marito. Il fatto che ci si riferisca a lei con termini che fanno riferimento a una familiarità (come "zia") o ad un contesto assistenziale o amatoriale (come "aiutante") mostra il modo in cui Suzan ha toccato l'anima del suo popolo. Comunque, in una certa misura, questo offusca la portata del suo contributo, almeno agli occhi di chi vive al di fuori di Cipro, che l'ha dunque conosciuta solo attraverso le/i concittadine/i contemporanei.

 

Traduzione francese
Joelle Rampacci

Suzan Uney-Ari, d'origine chypriote turque, est née le 12 juillet 1927 à Morphou, sur l'île de Chypre. Elle était la fille d'Emine et de Huzeyin Zihini Uney, un barbier prospère et un chef de communauté (mukhtar) dans la zone centrale de Nicosie (Saray Onu). Après avoir terminé sa scolarité, à l'époque où Chypre était encore une colonie britannique, Suzan a appris le métier de couturière grâce au système d'apprentissage anglais. Elle a également reçu un enseignement privé de la musique et a étudié par elle-même la littérature turque et grecque contemporaine, en tenant compte activement des événements politiques. Elle a été l'une des premières à affirmer ouvertement en 1946 - alors qu'elle n'avait que 19 ans - que, même si, selon elle, il n'y avait rien de mal dans le système de prix des mariages chypriotes (turcs et grecs), les mariages devaient être fondés sur l'amour.

Elle a épousé Orhan Seyfi Ari (1918-1992), un professeur idéaliste, connu sous le nom de "Maître" ou "Maître des Maîtres". Ensemble, ils ont eu quatre enfants, dont les épouses ont poursuivi la tradition familiale dans l'éducation. De 1946 à 1960, Suzan, bien qu'elle ne soit pas elle-même enseignante, a contribué à la renaissance de l'héritage culturel et de l'identité chypriotes turcs, en particulier à Paphos et à Louroujina. Le couple a travaillé dur pour convaincre les autorités et les communautés de la nécessité et de l'importance des écoles et de l'éducation, apportant une contribution décisive à la lutte contre l'analphabétisme à une époque où de nombreux Chypriotes turcs ne parlaient que le grec et ne reconnaissaient pas la valeur de l'éducation, en particulier pour les filles et les femmes. Suzan a soutenu son mari qui, en plus d'enseigner, s'est battu pour la construction d'écoles et de routes et la fourniture de services essentiels tels que l'électricité et l'eau. Elle y enseigne gratuitement l'art de la couture, confectionnant des costumes pour les élèves afin de promouvoir leur patrimoine culturel (par le biais de danses et de spectacles traditionnels), mais aussi des drapeaux pour les festivals nationaux. Pendant la période de troubles intercommunautaires, qui ont lieu de 1963 à 1964, sa maison est toujours restée ouverte pour accueillir les réfugiés des autres villages et, même si les enseignants n'étaient plus payés, elle et son mari ont décidé de ne pas émigrer.

Suzan Ari est décédée le 20 novembre 2002 à l'âge de 75 ans. Elle a été une femme très respectée dans son pays et à l'étranger pour sa contribution au progrès social et culturel. Le jour de ses funérailles, des messages de condoléances sont arrivés d'universitaires du Canada, des États-Unis et de Grande-Bretagne, qui l'appelaient tous leur "tante". Son mari la décrit comme "une aide précieuse". Cependant, tant en raison du fait qu'elle n'a pas reçu d'éducation universitaire - ce qui lui aurait assuré un rôle professionnel reconnu - qu'en raison du récit historique patriarcal et, en particulier, de la structure sociale (chypriote turque), on sait très peu de choses sur elle, si ce n'est ce qui a été transmis oralement, qui plus est d'une manière non distincte et éloignée de la figure de son mari. Le fait qu'elle soit désignée par des termes faisant référence à la familiarité (comme "tante") ou à un contexte de soin ou d'amateur (comme "aide") montre la manière dont Suzan a touché l'âme de son peuple. Toutefois, dans une certaine mesure, cela éclipse l'importance de sa contribution, du moins aux yeux de ceux qui vivent en dehors de Chypre et qui ne l'ont donc connue qu'à travers ses concitoyennes contemporaines et ses concitoyens contemporains.

 

Traduzione inglese
Ζacharias Argyropoulos & Katerina Kapernarakou

Turkish Cypriot Suzan Uney Ari was born on July 12, 1927 in Morphou, Cyprus. She was the daughter of Emine and Huzeyin Zihini Uney, a successful barber and community leader (mukhtar) in the central part of Nicosia (Saray Onu). After completing her basic education, Suzan learned dressmaking under the English apprenticeship system, when Cyprus was still a British colony. She was also taught music privately and studied contemporary Turkish and Greek literature on her own, while actively following political developments. She was one of the first to openly argue in 1946 –at just 19 years old– that while there was nothing wrong with the Cypriot (Turkish and Greek) system of dowry, marriages should be based of love.

She married Orhan Seyfi Ari (1918-1992), an idealistic teacher, whom people called "Teacher" or "Teacher of the Teachers". They had four sons, whose wives continued the tradition in education. From 1946 to 1960, Suzan, although not a teacher herself, contributed to and led the revival of the Turkish Cypriot cultural heritage and identity, mainly in Paphos and Louroujina. Her husband and herself strived to convince the authorities and the community of the need for schools and education and made a decisive contribution to the fight against illiteracy, at a time when many Turkish Cypriots could only speak Greek and were not in a position to recognize the importance of education, especially for girls and women. Suzan stood by her husband who, in addition to teaching, also fought for the contruction of schools and roads and the provision of essential services such as electricity and water. She taught for free the art of sewing, making costumes for his students in order to promote their cultural heritage (through traditional dances and plays), but also flags for national holidays. During the intercommunal riots of 1963–1964, her house was always open to refugees from other villages, and, while teachers were no longer paid, she and her husband did not emigrate.

Suzan Ari died on November 20, 2002 at the age of 75. She was highly esteemed at home and abroad for her contribution to social and cultural progress and on the day of her funeral messages of condolences came from academics in Canada, the United States and Great Britain –all of whom referred to her as "Auntie." Her husband referred to her as "A Great Helper (Contributor)". Nevertheless, both the fact that she had not received a university education –which would have secured her an officially professional role– as well as the patriarchal historical narrative and, in particular, the structure of (Turkish) Cypriot society, resulted in little being known about her, except what has only orally been preserved about her contribution– and in a way not distinct from that of her husband. Her presentation in terms that refer to a kinship (as "auntie") or in an assisting or amateur context (as “helper’’) shows the way in which she touched the souls of her fellow citizens. Moreover, to some extent it blurs the extent of her contribution –at least in the eyes of people outside Cyprus, who learned about her through her contemporary fellow citizens.

 

Traduzione spagnola
Carlotta Pennavaria

Suzan Uney-Ari, de origen turcochipriota, nació el 12 de julio de 1927 en Morphou, en la isla de Chipre. Era la hija de Emine y Huzeyin Zihini Uney, un peluquero exitoso y líder de la comunidad (mukhtar) en la zona central de Nicosia (Saray ONU). Una vez completada su primera formación, mientras Chipre todavía era una colonia británica, Suzan aprendió el oficio de costurera gracias al sistema de aprendizaje inglés. También le enseñaron música de forma privada y estudió las literaturas contemporáneas griega y turca por su cuenta, teniendo en cuenta activamente los acontecimientos políticos. Fue una de las primeras en argumentar abiertamente en 1946, con solo 19 años, que aunque a su juicio no había nada malo en el sistema de precios de las bodas chipriota (turco y griego), los matrimonios deberían haberse basado en el amor.

Se casó con Orhan Seyfi Ari (1918-1992), un maestro idealista, conocido como "Maestro" o "Maestro de maestros". Juntos tuvieron cuatro hijos, cuyas esposas continuaron la tradición familiar en el campo educativo. De 1946 a 1960, Suzan, aunque ella misma no sea una maestra, contribuyó y dirigió el resurgimiento la herencia cultural y de la identidad turcochipriota, especialmente en Paphos y Louroujina. La pareja se esforzó por convencer a las autoridades y las comunidades sobre la necesidad y la importancia de las escuelas y de la formación, dando una contribución decisiva a la lucha contra el analfabetismo, en un época en la que muchos turcochipriotas solo sabían hablar en griego y no reconocían el valor de la educación, especialmente en lo que se refiere a las niñas y las mujeres. Suzan se quedó con su esposo quien, además de ejercer la docencia, luchó por la construcción de escuelas y calles y para la prestación de servicios esenciales como luz y agua. Enseñó el arte de la costura de forma gratuita, confeccionando trajes para las/los alumnos con el fin de promover su patrimonio cultural (a través de bailes y representaciones tradicionales), pero también banderas para las fiestas nacionales. Durante el período de los disordenes intercomunitarios, que tuvo lugar de 1963 a 1964, su casa siempre estuvo abierta para acoger a refugiadas/os de otros pueblos y, aunque las/los maestras/os ya no recibían pago, ella y su esposo tomaron la decisión de no emigrar.

Suzan Ari murió el 20 de noviembre de 2002 a la edad de 75 años. Fue una mujer muy apreciada en su patria y en el extranjero por su contribución al progreso social y cultural. El día de su funeral, llegaron mensajes de condolencia de académicos de Canadá, Estados Unidos y Gran Bretaña: todos se referían a ella como "tía". Su esposo la llamó "una gran ayudante". Sin embargo, tanto por el hecho de que no recibió una formación universitaria - que le habría asegurado un rol profesional reconocido- como por la narración histórica patriarcal y, en particular, la estructura social (turcochipriota), se sabe muy poco sobre ella, excepto por lo que se ha transmitido oralmente, además de una forma que no es distinta y distante de la figura del marido. El hecho de que se refiera a ella con términos que se refieren a una familiaridad (como "tía") o un contexto asistencial o aficionado (como "ayudante") muestra la manera en que Suzan ha tocado el alma de su gente. Sin embargo, hasta cierto punto, esto oscurece el alcance de su contribución, al menos a los ojos de quienes viven fuera de Chipre, quienes, por lo tanto, solo la han conocido a través de sus conciudadanas/os contemporáneas/os.

 

Traduzione greca
Carlotta Pennavaria

Η Τουρκοκύπρια Σούζαν Γιουνέϊ- ΄Αρι/ Suzan Uney Ari γεννήθηκε στις 12 Ιουλίου 1927 στη Μόρφου της Κύπρου. Ήταν κόρη των Εμινέ/Emine και Χουζείν Ζιχινί Γιουνέϊ/ Huzeyin Zihini Uney, πετυχημένου κουρέα και κοινωνικά ενεργού ηγέτη (μουχτάρ/ mukhtar) του κεντρικού τμήματος της Λευκωσίας (Σαράϊ Ονού/Saray Onu). Αφού ολοκλήρωσε τη βασική της εκπαίδευση, η Suzan έμαθε μοδιστρική βάσει του αγγλικού συστήματος μαθητείας, όταν η Κύπρος ήταν βρετανική αποικία. Δεν σταμάτησε, ωστόσο, εκεί. Αντίθετα, διδάχτηκε ιδιωτικά μουσική και μελέτησε μόνη της τη σύγχρονή της Τουρκική και Ελληνική λογοτεχνία, ενώ παρακολουθούσε ενεργά τις πολιτικές εξελίξεις. Ήταν από τις πρώτες, που το 1946, σε ηλικία μόλις 19 ετών, υποστήριξε ανοιχτά ότι ενώ δεν υπήρχε κάτι μεμπτό στο Κυπριακό (Τουρκικό και Ελληνικό) σύστημα της προικοδοσίας, οι γάμοι θα πρέπει να γίνονται από αγάπη, όταν παντρεύτηκε τον Ορχάν Σεϋφί ΄Αρι/ Orhan Seyfi Ari (1918-1992), ιδεαλιστή δάσκαλο, τον οποίο ο κόσμος αποκαλούσε «Δάσκαλο» ή «Δάσκαλο των Δασκάλων».

Μαζί του απέκτησε τέσσερις γιους, οι σύζυγοι, των οποίων συνέχισαν την παράδοση στην εκπαίδευση. Από το 1946 ως το 1960, η ΄Αρι/Ari, παρότι δεν ήταν η ίδια δασκάλα, συνέβαλε στην και ηγήθηκε της αναβίωσης της πολιτισμικής κληρονομιάς και ταυτότητας των Τουρκοκύπριων, κυρίως στην Πάφο και την Λουρουτζίνα. Ο σύζυγός της κι εκείνη προσπάθησαν να πείσουν τις αρχές και τον κόσμο για την αναγκαιότητα των σχολείων και της εκπαίδευσης και συνέβαλαν αποφασιστικά στην καταπολέμηση του αναλφαβητισμού σε μία περίοδο, στην οποία πολλοί από τους Τουρκοκύπριους δεν μπορούσαν καν να μιλήσουν τη γλώσσα τους, αλλά μόνο Ελληνικά και δεν ήταν καν σε θέση να αναγνωρίσουν τη σημασία της εκπαίδευσης, ιδιαίτερα των κοριτσιών και των γυναικών. Η ΄Αρι/Ari στάθηκε δίπλα στον σύζυγό της, ο οποίος πέρα από τη διδασκαλία, αγωνίστηκε και για το χτίσιμο σχολείων, το άνοιγμα δρόμων, την παροχή ηλεκτρισμού και νερού. Εκείνη δίδασκε δωρεάν ό,τι γνώριζε στους μαθητές του, αξιοποιώντας και την τέχνη της ραπτικής που είχε μάθει, ράβοντας στολές γι’ αυτούς, προκειμένου να πάρουν μια πρώτη γεύση της πολιτισμικής τους κληρονομιάς (μέσα από παραδοσιακούς χορούς και θεατρικά έργα), αλλά και σημαίες για εθνικές γιορτές. Κατά τη διάρκεια των διακοινοτικών ταραχών του 1963-1964 το σπίτι της ήταν πάντα ανοιχτό: τάϊσε πρόσφυγες από χωριά, και, ενώ πια δεν παρεχόταν μισθός σε δασκάλους, εκείνη μαζί με τον σύζυγό της δεν μετανάστευσαν.

H Σούζαν Άρι/ Suzan Ari πέθανε στις 20 Νοεμβρίου του 2002 σε ηλικία 75 ετών. Έχαιρε μεγάλης εκτίμησης από τους συναδέλφους του συζύγου της, ενώ την ημέρα της κηδείας της ήρθαν μηνύματα από ακαδημαϊκούς από τον Καναδά, τις Η.Π.Α., τη Μεγάλη Βρετανία, από τους οποίους όλοι αναφέρονταν σε εκείνη ως «Auntie» (Θεία). Ο σύζυγός της τη θεωρούσε σπουδαία βοηθό («A Great Helper») στην εκπαίδευση και την κοινωνική και πολιτισμική πρόοδο, ενώ οι συμπολίτες της ακόμα και σήμερα την θυμούνται και μιλούν για τη συμβολή της. Παρ’ όλα αυτά, τόσο το γεγονός ότι η ίδια δεν είχε κάνει ανώτερες σπουδές, που θα της εξασφάλιζαν έναν επίσημο επαγγελματικό ρόλο, όσο και η πατριαρχική ιστορική αφήγηση και ειδικότερα η δόμηση της (τουρκο)κυπριακής κοινωνίας, έχουν ως αποτέλεσμα ελάχιστα να μπορεί μάθει κανείς για κείνην, πέρα από όσα σώζονται προφορικά για την προσφορά της - και αυτά με έναν τρόπο μη διακριτό από την προσφορά του συζύγου της ή ακόμα και θέτοντάς την στην σκιά του. Η παρουσίασή της με όρους που παραπέμπουν σε συγγενική σχέση (ως «auntie») ή σε ρόλο βοηθητικό ή με ερασιτεχνική ιδιότητα (ως «helper») δείχνει τον τρόπο, με τον οποίο άγγιξε τις ψυχές των συμπολιτών της. Επιπλέον, σε έναν βαθμό θολώνει τα όρια της προσφοράς της, τουλάχιστον στα μάτια των ανθρώπων εκτός Κύπρου, οι οποίοι την έμαθαν δια μέσου των όσων γνωρίζουν οι συμπολίτες της.

Alice Pestana
Laura Merlin



Katarzyna Oliwia

 

Nulla l’animava più della giustizia. Nulla bruciava in lei più del desiderio di fare del mondo un posto migliore. Estraneo alle disuguaglianze. Lontano dalle discriminazioni.

«Chiediamo la creazione di Comitati per la Pace in ogni Paese, affinché nel Ventesimo secolo si possa vivere in armonia, nel senso di pace, libertà e giustizia».

Così Alice Pestana ci risponderebbe oggi, se le domandassimo il significato della sua missione.

Quando Alice nasce, il 7 aprile 1860, nel comune di Santarém, all’instaurazione della Prima Repubblica Spagnola mancano ancora tredici anni. Sarà in quel periodo che la sua opera pedagogica inizierà ad apparire, ripercorrendo i cambiamenti educativi che l’esilio della monarchia, seppur temporaneo, porterà con sé. Sua madre, Matilde Laura Pestana, non conoscerà mai la donna brillante e coraggiosa che noi ricordiamo per aver segnato profondamente la storia dell’istruzione portoghese. Le dice addio solo cinque anni dopo, quando il piccolo José viene alla luce e con lui il suo cuore si spegne per sempre. Il padre, Eduardo Augusto Villar Coelho, si risposa poco più tardi, così Alice e José crescono tra le braccia della nonna materna, dalla quale ereditano il cognome. Alice si dedica allo studio delle lingue grazie all’aiuto di alcune governanti inglesi e ben presto è in grado di scrivere in francese, inglese, spagnolo e portoghese. Nel 1887 darà lei stessa lezioni di lingua e aiuterà suo fratello negli studi superiori. Appassionata di politica, curiosa e sempre attenta a cogliere anche il più piccolo particolare, inizia la carriera come giornalista per The Financial and Mercantil Gazette, pubblicando una critica alla traduzione di Hamlet scritta da D. Luís. In seguito collaborerà con altre riviste, tra cui Espectro da Granja, Repúblicas, Vanguarda, Folha do Povo e Diário de Notícias, spesso sotto gli pseudonimi di Célia Elevani e Caïel. Tra il 1888 e il 1893 intraprende numerosi viaggi in Europa su richiesta del governo portoghese. L’idea è quella di raccogliere informazioni e stilare rapporti sull’educazione nei vari Paesi, allo scopo di introdurre riforme utili a migliorare le condizioni d’insegnamento in Portogallo, specie per la popolazione femminile. In un contesto in cui le rivalità imperialiste si scontrano con la nascita di movimenti che promuovono il pensiero pacifista, sempre di più preme la necessità di sensibilizzare verso il ripudio della guerra e l’adozione di metodi alternativi per risolvere i conflitti, come dibattiti e discussioni. Nelle scuole portoghesi il problema riguarda soprattutto i/le docenti, e in particolare il loro grado di autonomia nel sostenere l’insegnamento alla pace in una cornice soffocata dal militarismo. Qual è dunque la possibilità che il sistema educativo possa servire da antidoto contro la violenza? Si tratta di una sfida che chiama in campo l’intero ordinamento, e il governo portoghese ne è ben consapevole. Nel 1888 Alice conduce la sua ricerca tra Svizzera, Francia e Inghilterra. Dopo aver ricevuto notevole apprezzamento, il suo resoconto viene pubblicato nel Diário do Governo. Il suo impegno e la sua dedizione la portano a conoscere, nel 1890, Giner de los Ríos, direttore e anima dell’Istituto di Libero Insegnamento, centro delle idee più progressiste rivolte a tutti gli ordini di studio. È dalle sue relazioni con l’Istituto che si imbatte nell’opera della pioniera del femminismo spagnolo, Concepción Arenal, dalla quale rimane affascinata e con cui collaborerà in futuro, e nell’uomo che diventerà suo marito, Pedro Blanco Suárez. Lui è un insegnante interessato alla difesa dell’istruzione femminile. Lei è un’attivista animata dalle stesse motivazioni, come sottolinea l’intervento sostenuto in occasione del Congresso Pedagogico ispano-portoghese-americano del 1892 e intitolato Quale dovrebbe essere l’educazione secondaria delle donne?, in cui Alice difende la necessità dell'educazione delle donne come condizione necessaria a costruire una società democratica e giusta. I due si sposeranno a Lisbona nel 1901 e accoglieranno i/le giovani iscritte all’Istituto come figlie e figli.

Già membro della Società Altruista, fondata da José Pessanha e dedicata alle donne, alle bambine, ai bambini e al progresso morale dell’umanità, nel 1899 Alice dà vita alla Lega Portoghese della Pace, raccogliendone lo spirito e le iniziative. Repubblicane, monarchiche, donne di ogni convinzione si uniscono per far fronte alla stessa causa: garantire il diritto a vivere in un mondo sereno. La Lega Portoghese della Pace rappresenta uno dei rari momenti in cui le differenze si assottigliano e si preferisce guardare all’altro come a un potente alleato, non come a un nemico da combattere. Non esistono partiti. Non esistono fazioni. Esiste solo un ideale comune. Nel 1914 ottiene un posto come insegnante di francese nelle scuole nazionali e per adulti, dopo essersi occupata di lingue all’Istituto di Libero Insegnamento. Nello stesso anno, a riconferma dell’interesse del governo portoghese per il delicato tema dell’educazione, riceve una borsa di studio con il compito di produrre una relazione sull’andamento delle proposte repubblicane in materia scolastica. Nel suo resoconto, Alice parla di bilanci, dell’organizzazione del Ministero dell’Istruzione Pubblica, dell’alfabetizzazione, della neutralità religiosa, della co-educazione, delle associazioni giovanili e di un timido ma importante avvio di riforme nei licei, nelle università e nelle scuole di formazione per insegnanti. Ma Alice parla anche di bambine e bambini abbandonati. Di creature costrette a delinquere per sopravvivere alla fame. Ed è per loro che incoraggia iniziative come la Tutoría de la infancia, che descrive come l’opera più bella della Repubblica. È un semplice rifugio, un luogo sicuro. È una casa che tende la mano a chi più ne ha bisogno. Con l’aiuto di Pedro Dorado Montero, professore di diritto e promotore della ricerca di modi per aiutare e reintegrare coloro che delinquono, dà il via a un percorso di pedagogia correzionale, che getterà le basi per i più recenti interventi di psicologia penitenziaria. Nel suo progetto, Alice segue molto da vicino il modello di Concepción Arenal, fervente sostenitrice dell’idea che le condizioni di vita influenzino direttamente il comportamento di bambine e bambini. C’era chi non poteva frequentare la scuola perché doveva lavorare o aiutare la propria madre, oppure veniva affidato a famiglie vicine di casa o a istituti molto simili agli orfanotrofi perché non si aveva possibilità di accudirlo. Molti erano figlie e figli di madri che, vittime della povertà, non avevano neppure il cibo con cui sfamarli. Perciò imparavano dalla strada, l’unica maestra da cui apprendevano il mestiere della sopravvivenza e spesso finivano in prigione.

«La vita dei bambini ha bisogno di una riforma su tutti i livelli. Il Ventesimo secolo non può più essere chiamato il secolo dei bambini, ma quello della grande guerra. I Paesi belligeranti, quelli che si erano dichiarati più attenti nel promuovere la felicità dei bambini, in realtà non rispettano la loro debolezza. Chiudono le scuole e aprono fabbriche, dimenticando ogni legge di protezione». Così Alice esprime la sua preoccupazione, e da qui trae la forza di cambiare le cose. Contribuisce alla creazione di tribunali per la tutela dei minori, società e movimenti di sostegno per la regolamentazione istituzionale del reinserimento. Visita l'infanzia rinchiusa nelle carceri e fornisce resoconti dettagliati delle sue condizioni; poi segue i singoli individui nel loro percorso di integrazione nella società. E ancora scrive articoli in cui loda il sistema adottato dai tribunali di Russia, Inghilterra, Portogallo e Stati Uniti, sottolineandone l’importante e decisiva funzione educativa. Le memorie pubblicate quasi ogni anno sul bollettino dell’Istituto di Libero Insegnamento costituiscono senza alcun dubbio la più esauriente sintesi del suo lavoro: una vita passata al servizio degli altri. Delle creature più deboli e bisognose. Una vita trascorsa in prima linea nella difesa dei diritti degli oppressi. Un’opera che più di ogni altra denuncia ha saputo gettare luce sulla necessità di combattere per la giustizia. Di lei ricordiamo, accanto agli scritti prodotti a conclusione delle sue ricerche, As mães e as filhas, Primeiras leituras e A filha de João do Outeiro, e poi ancora numerosi saggi, racconti, articoli e sei opere teatrali. Quando Alice muore, alla vigilia di Natale del 1929, a Madrid, dopo aver sofferto per due anni di una malattia nervosa, il mondo piange una grande donna. Il marito, alla sua scomparsa, pubblica Alice Pestana: in memoriam, l’ultimo commosso saluto a un’attivista che, seppur sconosciuta in Italia, ha insegnato a uomini e donne del suo tempo a lottare per ciò in cui si crede. Da lei raccogliamo e facciamo nostro il messaggio più importante.

 

Traduzione francese
Piera Negri

Rien ne l'animait plus que la justice. Rien ne brûlait en elle plus que le désir de rendre le monde meilleur. Etranger aux inégalités. Loin des discriminations.

"Nous demandons la création de Comités de Paix dans chaque pays, afin qu'au XXe siècle on puisse vivre en harmonie, dans le sens de paix, de liberté et de justice".

C'est ainsi qu'Alice Pestana nous répondrait aujourd'hui si nous lui demandions le sens de sa mission.

Lorsque Alice est née le 7 avril 1860 dans la municipalité de Santarém, il manquait encore treize ans avant l'établissement de la première République Espagnole. C'est à cette époque que son œuvre pédagogique commencera à apparaître, retraçant les changements éducatifs apportés par l'exil de la monarchie, bien que temporaires. Sa mère, Matilde Laura Pestana, ne connaîtra jamais la femme brillante et courageuse dont nous nous souvenons pour avoir profondément marqué l'histoire de l'éducation portugaise. Elle ne lui a dit adieu que cinq ans plus tard, lorsque le petit José est né et son cœur est mort avec lui. Son père, Eduardo Augusto Villar Coelho, s'est remarié peu après, et Alice et José ont grandi dans les bras de leur grand-mère maternelle, de laquelle ils ont hérité leur nom de famille. Alice se consacre à l'étude des langues avec l'aide de quelques gouvernantes anglaises et bientôt elle est capable d'écrire en français, en anglais, en espagnol et en portugais. En 1887, elle donnera elle-même des cours de langue et aidera son frère dans ses études supérieures. Passionnée de politique, curieuse et toujours à l'affût du moindre détail, elle a commencé sa carrière comme journaliste pour The Financial and Mercantil Gazette, en publiant une critique de la traduction de Hamlet écrite par D. Luís. Elle collaborera ensuite avec d'autres magazines, dont Espectro da Granja, Repúblicas, Vanguarda, Folha do Povo et Diário de Notícias, souvent sous les pseudonymes de Célia Elevani et Caïel Entre 1888 et 1893, elle entreprend de nombreux voyages en Europe à la demande du gouvernement portugais. L'idée était de recueillir des informations et de rédiger des rapports sur l'éducation dans les différents pays, avec le but d'introduire des réformes utiles pour améliorer les conditions d'enseignement au Portugal, en particulier pour la population féminine. Dans un contexte où les rivalités impérialistes se heurtent à l'émergence de mouvements promouvant la pensée pacifiste, il est de plus en plus nécessaire de sensibiliser les gens à répudier la guerre et adopter de méthodes alternatives de résolution des conflits, telles que les débats et les discussions. Dans les écoles portugaises, le problème concerne avant tout les enseignants, et notamment leur degré d'autonomie pour soutenir l'enseignement de la paix dans un cadre étouffé par le militarisme. Quelle est donc la possibilité que le système éducatif puisse servir d'antidote à la violence ? C'est un défi pour l'ensemble du système, et le gouvernement portugais en est bien conscient. En 1888, Alice a mené ses recherches entre la Suisse, la France et l'Angleterre. Après avoir reçu de nombreux éloges, son rapport a été publié dans le Diário do Governo. Son engagement et son dévouement l'ont amenée à rencontrer, en 1890, Giner de los Ríos, directeur et âme de l'Institut de l'Enseignement Libre, centre des idées les plus progressistes destinées à tous les niveaux d'étude. C'est à travers ses relations avec l'Institut qu'elle a découvert les travaux de la pionnière du féminisme espagnol, Concepción Arenal, qui l'a fascinée et avec laquelle elle travaillera par la suite, et de celui qui deviendra son mari, Pedro Blanco Suárez. Il est un enseignant intéressé par la défense de l'éducation féminine. Elle est une militante animée par les mêmes motivations, comme en témoigne le discours qu'elle prononce au congrès pédagogique hispano-portugais-américain de 1892, intitulé Quelle devrait être l'éducation secondaire des femmes ? dans lequel Alice défend la nécessité de l'éducation des femmes comme condition nécessaire à la construction d'une société démocratique et juste. Ils vont se marier à Lisbonne en 1901 et ils accueilleront les jeunes femmes/garçons inscrits/es à l'Institut comme filles et fils.

Déjà membre de la Société Altruiste, fondée par José Pessanha et dédiée aux femmes, aux jeunes filles, aux enfants et au progrès moral de l'humanité, Alice a fondé en 1899 la Ligue Portugaise de la paix, dont elle a repris l'esprit et les initiatives. Républicaines, monarchistes et femmes de toute conviction, unies dans une même cause : garantir le droit de vivre dans un monde pacifique. La Ligue Portugaise de la Paix représente l'un des rares moments où les différences s'estompent et où les gens préfèrent regarder l'autre comme un puissant allié, et non comme un ennemi à combattre. Il n'y a pas de partis. Il n'y a pas de factions. Il n'y a qu'un idéal commun. En 1914, elle obtient un poste de professeur de français dans les écoles nationales et pour adultes, après s’être occupée de langues à l'Institut de l'Enseignement Libre. La même année, pour confirmer l'intérêt du gouvernement portugais au sujet délicat de l'éducation, elle reçoit une bourse d'études avec la mission de rédiger un rapport sur l'avancement des propositions républicaines en matière d'éducation. Dans son rapport, Alice parle des budgets, de l'organisation du ministère de l'éducation publique, de l'alphabétisation, de la neutralité religieuse, de la co-éducation, des associations de jeunesse et d'un début timide mais important de réformes dans les lycées, les universités et les écoles de formation pour enseignants. Mais Alice parle aussi des enfants abandonnés. De créatures forcées de commettre des crimes pour survivre à la faim. C'est pour eux qu'elle encourage des initiatives telles que la Tutoría de la infancia, qu'elle décrit comme la plus belle œuvre de la République. C'est un simple refuge, un endroit sûr. C'est un foyer qui tend la main à ceux qui en ont le plus besoin. Avec l'aide de Pedro Dorado Montero, professeur de droit et promoteur de la recherche de moyens d'aider et de réinsérer les délinquants, elle entame un cours de pédagogie correctionnelle, qui jettera les bases des interventions les plus récentes en matière de psychologie pénitentiaire. Dans son projet, Alice suit de très près le modèle de Concepción Arenal, fervente partisane de l'idée que les conditions de vie influencent directement le comportement des garçons et filles. Il y avait ceux qui ne pouvaient pas aller à l'école parce qu'ils devaient travailler ou aider leur mère, ou bien ils étaient placés dans des familles voisines ou dans des institutions très semblables à des orphelinats parce qu'il n'y avait aucune possibilité de s'occuper d'eux. Beaucoup étaient les filles et les fils de mères qui, victimes de la pauvreté, n'avaient même pas de quoi les nourrir. Ils apprenaient donc de la rue, le seul professeur du quel ils apprenaient le métier de la survie, et souvent ils finissaient en prison.

"La vie des enfants doit être réformée à tous les niveaux. Le XXe siècle ne peut plus être appelé le siècle des enfants, mais celui de la grande guerre. Les pays belligérants, ceux qui s'étaient déclarés plus attentifs à la promotion du bonheur des enfants, ne respectent en réalité pas leur faiblesse. Ils ferment les écoles et ouvrent les usines, oubliant toutes les lois de protection". C'est ainsi qu'Alice exprime son inquiétude, et d’ici elle y puise la force de changer les choses. Elle contribue à la création de tribunaux de protection des mineurs, de sociétés et de mouvements de soutien pour la régulation institutionnelle de la réinsertion. Elle rend visite à des enfants en prison et fait des relations détaillées de leurs conditions ; puis elle suit des individus sur la voie de l'intégration dans la société. Elle écrit également des articles dans lesquels elle fait l'éloge du système adopté par les tribunaux en Russie, en Angleterre, au Portugal et aux États-Unis, en soulignant sa fonction éducative importante et décisive. Les mémoires publiées presque chaque année dans le bulletin de l'Institut de l'Enseignement Libre sont sans doute le résumé le plus complet de son œuvre : une vie passée au service des autres. Des créatures les plus faibles et les plus nécessiteuses. Une vie passée sur le front à défendre les droits des opprimés. Une œuvre qui, plus que toute autre dénonciation, a mis en lumière la nécessité de se battre pour la justice. Outre les écrits produits au terme de ses recherches, on se souvient de As mães e as filhas, Primeiras leituras et A filha de João do Outeiro, ainsi que de nombreux essais, nouvelles, articles et six pièces de théâtre. Lorsqu'Alice meurt, la veille de Noël 1929 à Madrid, après avoir souffert pendant deux ans d'une maladie nerveuse, le monde a pleuré une grande femme. À sa mort, son mari a publié Alice Pestana : in memoriam, le dernier adieu émouvant à une militante qui, bien qu'inconnue en Italie, a appris aux hommes et aux femmes de son temps à se battre pour ce en quoi on croit.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Nothing animated her more than justice. Nothing burned in her more than the desire to make the world a better place. Far from inequality. Far from discrimination.

"We call for the creation of Committees for Peace in every country, so that in the Twentieth Century we can live in harmony, in a sense of peace, freedom and justice."

That is how Alice Pestana would answer us today, if we asked her the meaning of her mission.

When Alice was born on April 7, 1860, in the town of Santarém, Portugal, it was still thirteen years before the establishment of the First Spanish Republic. It was in in that period that her pedagogical work began to appear, tracing the educational changes that the exile of the monarchy, although temporary, brought with it. Her mother, Matilde Laura Pestana, never had the chance to know the brilliant and courageous woman that we remember for having deeply marked the history of Portuguese education. Only five years after Alice’s birth, her mother died during the childbirth of Alice’s younger brother Jose. Her father, Eduardo Augusto Villar Coelho, remarried a short time later, so Alice and José grew up in the arms of their maternal grandmother, from whom they inherited their surname. Alice devoted herself to the study of languages thanks to the help of English governesses, and she was soon able to write in French, English, Spanish and Portuguese. In 1887 she gave language lessons herself and also helped her brother in his higher studies. Passionate about politics, curious and always keen to capture even the smallest detail, she began her career as a journalist for The Financial and Mercantile Gazette, publishing a critique of the translation of Hamlet written by D. Luís. She would later collaborate with other magazines, including Espectro da Granja, Repúblicas, Vanguarda, Folha do Povo and Diário de Notícias, often under the pseudonyms of Célia Elevani and Caïel. Between 1888 and 1893 she took numerous trips in Europe at the request of the Portuguese government. The idea was to collect information and draw up reports on education in various countries, with the aim of introducing useful reforms to improve teaching conditions in Portugal, especially for females. In a context where imperialist rivalries clashed with the emergence of movements that promoted pacifist thinking, there was an increasing need to raise awareness about the repudiation of war and the adoption of alternative methods to resolve conflicts, such as debates and discussions. In Portuguese schools, the problem concerned, above all, teachers, and in particular their degree of autonomy in supporting the teaching of peace in a framework suffocated by militarism. What is the possibility that the educational system can serve as an antidote to violence? This was a challenge that called the entire system into play, and the Portuguese government was well aware of it. In 1888 Alice conducted her research in Switzerland, France and England. After receiving considerable appreciation, her report was published in the Diário do Governo. Her commitment and dedication led her to meet, in 1890, Giner de los Ríos, director and soul of the Institute of Free Teaching, a center of the most progressive ideas aimed at all orders of study. It was from her relations with the Institute that she came across the work of the pioneer of Spanish feminism, Concepción Arenal, by whom she was fascinated and with whom she would collaborate in the future, and also the man who would become her husband, Pedro Blanco Suárez. He was a teacher interested in the defense of women's education. She was an activist animated by the same motivations, as underlined by the speech she gave at the Hispanic-Portuguese-American Pedagogical Congress of 1892 entitled “What should be the secondary education of women?” In the speech, Alice defended the education of women as a necessary condition to build a democratic and just society. The two married in Lisbon in 1901 and welcomed the young students enrolled in the Institute as if they were daughters and sons.

Already a member of the Altruist Society, founded by José Pessanha and dedicated to women, girls, children and the moral progress of mankind, in 1899 Alice gave life to the Portuguese League of Peace. Taking up its spirit and initiatives, republicans, monarchists, and women of all persuasions united on behalf of the same cause: to guarantee the right to live in a peaceful world. The Portuguese League of Peace represented one of the rare moments in which differences were reduced and people preferred to look at each other as a powerful ally, not as an enemy to be fought. There were no parties. There were no factions. There was only a common ideal. In 1914, she obtained a position as a teacher of French in the national and adult schools, after having worked on languages at the Institute of Free Teaching. In the same year, as a reconfirmation of the Portuguese government's interest in the delicate subject of education, she received a grant with the task of producing a report on the progress of the republican proposals in the field of education. In her report, Alice discussed budgets, the organization of the Ministry of Public Education, literacy, religious neutrality, co-education, youth associations, and a timid but important start to reforms in high schools, universities, and teacher training schools. But Alice also spoke up for abandoned girls and boys. For those forced to commit crimes to survive hunger. And it is for them that she encouraged initiatives like the Tutoría de la infancia, which she described as the Republic's finest work. The idea of a simple shelter, a safe place. A home that extends a hand to those who need it most. With the help of Pedro Dorado Montero, a professor of law and promoter of the search for ways to help and reintegrate those who had committed offences, she started a course of correctional pedagogy, which lay the foundation for the most recent interventions in prison psychology. In her project, Alice followed very closely the model of Concepción Arenal, the fervent supporter of the idea that living conditions directly influence the behavior of children. There were those who couldn't attend school because they had to work or help their mothers, or were entrusted to families close to home or to institutions very similar to orphanages because there was no possibility of looking after them. Many were the daughters and sons of mothers who, victims of poverty, did not even have food with which to feed them. So, they learned from the street, the only teacher from which could learn the craft of survival. They often ended up in prison.

"Children's lives need reform on all levels. The twentieth century can no longer be called the century of children, but that of great war. The belligerent countries, those that had declared themselves to be more careful in promoting the happiness of children, in reality do not respect their weakness. They close schools and open factories, forgetting every law for their protection." Thus, Alice expressed her concern, and from this she drew the strength to change things. She contributed to the creation of juvenile protection courts, support societies and movements for the institutional regulation of reintegration. She visited children incarcerated in prisons and provided detailed accounts of their conditions. She then followed the individuals on their path to integration into society. She also wrote articles in which she praised the system adopted by the courts of Russia, England, Portugal and the United States, emphasizing its important and decisive educational function. Her memoirs, published almost every year in the bulletin of the Institute of Free Teaching, constitute without any doubt the most comprehensive summary of her work - a life spent in the service of others, of the weakest and neediest. A life spent on the front lines in defense of the rights of the oppressed. A work that, more than any other, was able to shed light on the need to fight for justice. Among her most important works, along with the writings produced at the conclusion of her research, were As mães e as filhas, Primeiras leituras and A filha de João do Outeiro, and numerous essays, stories, articles and six plays. When Alice died, on Christmas Eve 1929, in Madrid, after two years of suffering from a nervous illness, the world mourned a great woman., Upon her death, her husband published Alice Pestana: in memoriam, a last moving farewell to an activist who, though unknown in Italy, taught men and women of her time to fight for what they believe in.

 

Traduzione spagnola
Federica Agosta

Nada la animaba más que la justicia. Nada la devoraba más que el deseo de hacer del mundo un lugar mejor . Ajeno a las desigualdades. Alejado de las discriminaciones.

«Pedimos la creación de Comités de Paz en cada país, para que sea posible, en el siglo veinte, vivir en armonía, en paz, en libertad y justicia».

Así Alice Pestana nos habría contestado hoy en día, si le hubiéramos preguntado el sentido de su misión.

Cuando Alice nace, el 7 de abril de 1860, en el municipio de Santarém, faltan todavía trece años para la instauración de la Primera República Española. En esa época su obra pedagógica hace su aparición al trazar los cambios educativos que el exilio de la monarquía, aunque temporal, acarreará consigo. Su madre, Matilde Laura Pestana, nunca conocerá a la mujer brillante y valiente que todo el mundo conmemora por haber marcado profundamente la historia de la educación portuguesa. Le dice adiós solamente cinco años después, cuando el pequeño José ve la luz y con él su corazón deja de latir para siempre. El padre, Eduardo Augusto Villar Coelho, vuelve a casarse poco después. De tal manera, Alice y José crecen entre los brazos de la abuela materna, cuyo apellido heredan. Alice se dedica al estudio de las lenguas gracias a la ayuda de unas gobernantes inglesas y al poco tiempo escribe en francés, inglés, español y portugués. En 1887 imparte clases de lengua y ayuda a su hermano en los estudios superiores. Aficionada a la política, curiosa y siempre atenta a captar el detalle más pequeño, comienza su carrera como periodista para The Financial and Mercantil Gazette, publicando una crítica a la traducción de Hamlet realizada por D. Luís. A continuación colabora con otras revistas, entre cuales cabe nombrar Espectro da Granja, Repúblicas, Vanguarda, Folha do Povo y Diário de Notícias, a menudo bajo los seudónimos de Célia Elevani y Caïel. Entre 1888 y 1893, a petición del gobierno portugués, emprende numerosos viajes por Europa. La intención es la de reunir informaciones y redactar informes acerca de la educación en los varios países, con el propósito de introducir reformas para mejorar las condiciones de enseñanza en Portugal, en particular con respecto a población femenina. En un contexto social en el cual las rivalidades imperialistas chocan con la aparición de movimientos que impulsan el pensamiento pacifista, cada vez más urgela necesidad de sensibilizar hacia el rechazo de la guerra y la adopción de métodos alternativos para resolver los conflictos, como los debates y las discusiones. En las escuelas portuguesas el problema afecta sobre todo al cuerpo docente, y en particular al grado de autonomía de este último a la hora de sustentar la enseñanza a la paz dentro de un marco ahogado por el militarismo. ¿Cuál es por lo tanto la posibilidad de que el sistema educativo pueda ejercer de antídoto contra la violencia? Se trata de un desafío que hace partícipe el ordenamiento entero, y el gobierno portugués lo tiene bien presente. En 1888 Alice lleva a cabo su investigación entre Suiza, Francia e Inglaterra. Tras haber recibido una apreciación considerable, su informe se publica en el Diário do Governo. Su diligencia y dedición la llevan a conocer, en 1890, a Giner de los Ríos, director y alma del Instituto de Libre Enseñanza, centro de las ideas más progresistas dirigidas a todos los niveles de instrucción. Es a partir de sus relaciones con el Instituto que Alice se topa con la obra de la pionera del feminismo español, Concepción Arenal, que la deja fascinada y con la cual colaborará en el futuro, y con su prometido, Pedro Blanco Suárez. Este último es un docente interesado en la defensa de la educación femenina. Alice es una militante animada por las mismas motivaciones, como subrayado por la intervención presentada en ocasión del Congreso pedagógico hispano-portugués-americano de 1892, intervención titulada ¿Cuál debería ser la educación secundaria de las mijeres? , en la cual Alice defiende la necesidad de la educación de las mujeres como condición necesaria para la creación de una sociedad democrática y equitativa. Los dos se casan en Lisbona en 1901 y acogen a jóvenes estudiantes del Instituto como hijos e hijas.

Ya miembra de la Sociedad Altruista, fundada por José Pessanha y dedicada a las mujeres, a las niñas, a los niños y al progresso moral de la humanidad, en 1899 Alice crea la Liga Portuguesa de la Paz, recogiendo el espíritu y las iniciativas de la primera. Republicanas, monárquicas, mujeres de todas las creencia se unen para hacer frente a la misma causa: garantizar el derecho a vivir en un mundo sereno. La Liga Portuguesa de la Paz constituye uno de los raros momentos durante en que las diferencias se reducen y se prefiere mirar al otro como a un potente aliado, y no como a un enemigo con el cual enfrentarse. No existen partidos, tampoco facciones. Solamente existe un común ideal. En 1914, tras haberse ocupado de idiomas en el Instituto de Libre Enseñanza, Alice consigue un empleo como docente de francés en las escuelas nacionales para adultos. Ese mismo año, a confirmación del interés del gobierno portugués por la cuestión peliaguda acerca de la educación, recibe una beca para elaborar un informe sobre la evolución de las propuestas republicanas inherentes al ámbito escolar. En su informe, Alice se ocupa de presupuestos, de la organización del Ministerio de Instrucción Pública, de la alfabetización, de la neutralidad religiosa, de la co-educación, de las asociaciones juveniles y de un tímido pero fundamental principio de reforma en los colegios, en las universidades y en las escuelas de formación para docentes. Sin embargo, Alice trata también del abandono de niños y niñas, criaturas que tienen que delinquir para sobrevivir al hambre. Y es por y para los niños y las niñas que fomenta iniciativas como la Tutoría de la infancia, que describe como la obra más significativa de la República. Es un mero amparo, un lugar seguro. Es una casa que tiende la mano a quien más la necesita. Con la ayuda de Pedro Dorado Montero, profesor de derecho y promotor de la búsqueda de métodos para ayudar y volver a integrar a los delinquentes, pone en marcha un recorrido de pedagogia correccional, recorrido que sienta las bases para las más recientes intervenciones de psicología penitenciaria. En su proyecto, Alice sigue muy de cerca el modelo de Concepción Arenal, ferviente defensora de la idea según la cual las condiciones de vida influyen directamente en el comportamiento de niños y niñas. Había menores que no podían asistir a la escuela porque tenían que trabajar o ayudar a la propia madre, o porque se encontraban en condiciones de acogida familiar o institucional, esta última muy parecida a los orfelinatos. Muchos eran hijos e hijas de madres que, víctimas de la pobreza, no lograban siquiera su sustento. Por lo tanto, aprendían de la calle, la única maestra da la que aprendían el oficio de la supervivencia, acabando muy a menudo en la cárcel.

«La vida de los niños y de las niñas necesita una reforma en todos los niveles. El siglo veinte no puede ser denominado el siglo de los menores, sino el de la gran guerra. Los países beligerantes, aquellos que se habían declarado más atentos a promover la felicidad de la infancia, en realidad no respetan su debilidad. Cierran las escuelas y abren las fábricas, olvidando toda ley de protección». Así Alice pone de manifiesto su preocupación, y a partir de ahí extrae la fuerza para cambiar las cosas. Contribuye a la creación de tribunales para la tutela de los menores de edad, de sociedades y movimientos de sostén para la regolamentación institucional de la reintegración. Visita achicas y chicos encerrados en las prisiones y proporciona detallados informes acerca de sus condiciones; luego sigue de cerca cada individuo en su recorrido de reintegración social. Y aún más, escribe artículos donde elogia el sistema adoptado por los tribunales de Rusia, Inglaterra, Portugal y Estados Unidos, subrayando su importante y decisiva función educativa. Las memorias publicadas casi cada año en el boletín del Instituto de Libre Enseñanza constituyen, sin duda alguna, la síntesis más exhaustiva de su obra: una vida entregada a los demás. A las criaturas más débiles y desheredadas. Una vida pasada al frente para defender los derechos de los oprimidos. Una acción que más que cualquier otra denuncia ha sabido arrojar luz sobre la necesidad de luchar por y para la justicia. De ella conmemoramos, junto a los escritos elaborados como conclusión de sus investigaciones, As mães e as filhas, Primeiras leituras y A filha de João do Outeiro, así como numerosos ensayos, cuentos, artículos y seis obras teatrales. Cuando Alice muere, el día de Nochebuena de 1929, en Madrid, tras haber sufrido durante dos años una enfermedad nerviosa, el mundo llora la pérdida de esta gran mujer. Su marido, a su muerte, publica Alice Pestana: in memoriam, la última conmovida despedida a una militante que, aunque desconocida en Italia, ha enseñando a los hombres y a las mujeres de su tiempo a luchar por y para aquello en lo que se cree.

RIA BECKERS
Danila Baldo



Katarzyna Oliwia

 

Politica motivata, idealista e rispettata, Maria Brigitta Catherina Beckers de Bruijn, conosciuta come Ria, vive la maggior parte della sua vita a Wadenoijen, una frazione del comune di Tiel, nella provincia olandese di Gelderland, nella zona centrorientale dei Paesi Bassi. Questo piccolo villaggio, vicino al fiume Linge, vede per anni la sua protesta contro la creazione di dighe sempre più grandi e devastanti per il fiume: ironia della sorte, nel 1995, la zona deve essere evacuata e Ria perde la sua casa, perché le dighe fanno temere di non essere abbastanza forti da trattenere le acque! Questo è l’emblema di una vita spesa per favorire la pace tra i popoli e agevolare la convivenza tra gli interessi economici umani e la natura, lotta spesso intrisa di fallimenti e incomprensioni, ma che, come ha insegnato questa grande attivista politica, non va mai abbandonata. Nata nel 1938 a Driebergen, nella zona di Utrecht, nei Paesi Bassi, dopo il ginnasio continua a studiare latino e greco presso l’Università di Utrecht, laureandosi con una tesi sul ruolo delle donne nella tragedia greca, e in seguito insegna lingue classiche prima ad Haarlem e poi a Leida per diversi anni. Si sposa e ha tre figli, uno dei quali adottato. Contemporaneamente si dedica a importanti tematiche sociali quali la sicurezza internazionale e la legislazione migratoria, la conservazione ambientale e l’agricoltura biologica, per le quali, nel tempo, riuscirà a ottenere fondamentali riforme.

 

Negli anni Settanta entra nel Partito politico dei radicali (Ppr) e diventa la prima leader — lijsttrekker — nella politica olandese. Come capogruppo, spesso dibatte in modo incisivo su temi quali pace e sicurezza, affari sociali, diritti umani e tutela dell'ambiente. Il 30 aprile del 1989 viene decorata con l’Ordine del Leone dei Paesi Bassi. Nel 1990 è co-fondatrice del Partito GreenLeft (Gl), di cui sarà presidente e membro della Camera dei Rappresentanti. Foto 03 Della sua attività come parlamentare possiamo ricordare, oltre a tutti i suoi interventi alla Camera dei Deputati durante i dibattiti su tematiche sociali, politica estera, sanità pubblica e agricoltura, l’interpellanza del 3 aprile 1979 al Segretario di Stato Veder, sulla posizione giuridica dei pazienti negli ospedali psichiatrici; quella del 18 giugno 1980 al Segretario di Stato Haars, sulla cittadinanza a figlie e figli adulti di lavoratori stranieri e quella del 10 febbraio 1988, al ministro Smit-Kroes, sui possibili danni agli alberi da frutto dovuti alla formazione di ghiaccio. Nel 1989 è anche suo il disegno di legge che prevedeva disposizioni per l'obiezione di coscienza sull'uso militare dei fondi fiscali. Nel 1991 la Camera dei Rappresentanti ha respinto una mozione che Ria Beckers aveva presentato contro la partecipazione dei Paesi Bassi alla guerra all'Iraq: la mozione ha ricevuto il sostegno solo dei parlamentari GreenLeft e di pochi altri. Del 24 aprile 1991 è l’interpellanza al Primo ministro Lubbers sul salario minimo e le coppie di fatto; del ​​26 settembre 1991 al ministro Bukman e al Segretario di Stato Gabor sui problemi al ministero dell'agricoltura, della gestione della natura e della pesca; del 16 marzo 1993, al Primo ministro Lubbers, sulle emissioni di CO2. Dopo molti anni di politica attiva, soffrendo in parte il declino della Sinistra Verde, lascia il Parlamento nel 1993, e il Primo ministro Ruud Lubbers (del Partito popolare cattolico-Kvp) la elogia dicendo: «Al governo ci hai dato del filo da torcere», per sottolinearne la caparbietà e la combattività. Il suo impegno politico, però, continua, e si trasferisce dal Parlamento alle organizzazioni ambientaliste, che la vedono in prima linea nelle azioni e nei consigli di amministrazione. Diventa presidente della Platform Biologica, che promuove l'agricoltura biologica, dal 1993 al 2004; poi presidente della Fondazione per la natura e l'ambiente dal 1994 per dieci anni. Dopo aver lasciato questi ruoli nel 2004 viene nominata Ufficiale dell'Ordine di Orange Nassau. Successivamente ricopre diverse posizioni in comitati consultivi, ad esempio presso la banca verde Triodos e il Centro di ricerca dell'Università di Wageningen.

 

Nel 2006 Ria Beckers muore dopo una lunga malattia. Alla sua morte è stata elogiata per essere una politica autentica, responsabile e visionaria, lontana dal teatro politico televisivo imperante agli inizi del terzo millennio.

In copertina: Ria Beckers de Bruijn al Congresso del Ppr in Amsterdam il 2 ottobre 1976.

 

Traduzione francese
Piera Negri

Politiquement motivée, idéaliste et respectée, Maria Brigitta Catherina Beckers de Bruijn, connue sous le nom de Ria, vit la plupart de sa vie à Wadenoijen, une fraction de la municipalité de Tiel, dans la province néerlandaise de Gueldre, au centre-est des Pays-Bas. Ce petit village, près de la rivière Linge, a vu pendant des années sa protestation contre la création de barrages toujours plus grands et plus dévastateurs pour la rivière : ironie du sort, en 1995, la zone doit être évacuée et Ria perd sa maison, car les barrages font craindre de ne pas être assez forts pour retenir l'eau ! C'est l'emblème d'une vie consacrée à favoriser la paix entre les peuples et à faciliter la coexistence entre les intérêts économiques humains et la nature, une lutte souvent empreinte d'échecs et d'incompréhensions, mais qui, comme l'enseignait cette grande activiste politique, ne doit jamais être abandonnée. Née en 1938 à Driebergen, dans la région d'Utrecht aux Pays-Bas, après le lycée, elle continue l’étude du latin et du grec à l'Université d'Utrecht, obtenant une thèse sur le rôle des femmes dans la tragédie grecque, puis elle enseigne les langues classiques à Haarlem et puis à Leyde pendant plusieurs années. Elle se marie et a trois enfants, dont l'un est adopté. Parallèlement, elle s'est consacrée à d'importantes questions sociales telles que la législation internationale sur la sécurité et les migrations, la conservation de l'environnement et l'agriculture biologique, pour lesquelles, dans le temps, elle arrivera à obtenir des réformes fondamentales.

 

De son activité parlementaire outre toutes ses interventions à la Chambre des députés lors des débats sur les questions sociales, la politique étrangère, la santé publique et l'agriculture, on peut rappeler l’interpellation du 3 avril 1979 au secrétaire d'État Veder, sur la situation juridique des patients dans les hôpitaux psychiatriques; celle du 18 juin 1980 au secrétaire d'État Haars, sur la citoyenneté des filles et fils adultes de travailleurs étrangers et celle du 10 février 1988, au ministre Smit-Kroes, sur les dommages possibles aux arbres fruitiers dus à la formation de glace. En 1989, elle participe aussi au projet de loi qui prévoyait des dispositions pour l'objection de conscience sur l'utilisation militaire des fonds fiscaux. En 1991, la Chambre des représentants a rejeté une motion que Ria Beckers avait déposée contre la participation des Pays-Bas à la guerre en Irak : la motion n'a reçu le soutien que des députés de GreenLeft et de quelques autres. C’est du 24 avril 1991, l’interpellation au Premier ministre Lubbers sur le salaire minimum et les couples de fait ; du 26 septembre 1991 au ministre Bukman et au secrétaire d'État Gabor sur des problèmes avec le ministère de l'agriculture, de la gestion de la nature et de la pêche ; du 16 mars 1993 au Premier ministre Lubbers, sur les émissions de CO2. Après plusieurs années de politique active, souffrant en partie du déclin de la gauche verte, elle quitte le Parlement en 1993, et le Premier ministre Ruud Lubbers (du Parti populaire catholique-Kvp) lui fait des éloges en disant : « Vous nous avez donné un dur temps au gouvernement », pour souligner son entêtement et sa combativité. Son engagement politique se poursuit cependant et elle passe du Parlement aux organisations environnementales, qui la voient à l'avant-garde des actions et dans les conseils d'administration. Elle devient président de la Plateforme Biologique, qui promeut l'agriculture biologique, de 1993 à 2004 ; puis président de la Fondation pour la nature et l'environnement à partir de 1994 pendant dix ans. Après avoir quitté ces fonctions en 2004, elle a été faite Officier de l'Ordre d'Orange Nassau. Ensuite elle occupe divers postes au sein de comités consultatifs, par exemple à la banque verte Triodos et au Centre de recherche de l'Université de Wageningen.

 

En 2006, Ria Beckers meurt après une longue maladie. À sa mort, elle a été louée pour être une politique authentique, responsable et visionnaire, loin du théâtre politique et de la télévision qui prévalait au début du troisième millénaire.

En couverture : Ria Beckers de Bruijn au congrès PPR à Amsterdam le 2 octobre 1976.

 

Traduzione inglese
Piera Negri

Politically motivated, idealist and respected, Maria Brigitta Catherina Beckers de Bruijn, known as Ria, spends most of her life in Wadenoijen, a fraction of the municipality of Tiel, in the Dutch province of Gelderland, in the central eastern part of the Netherlands. This small village, near the Linge River, has seen for years her protest against the creation of ever larger and more devastating dams for the river: ironically, in 1995, the area must be evacuated and Ria loses her home because the dams seem not to be strong enough to hold the water! This is the emblem of a life spent to promote peace among peoples and to facilitate the coexistence between human economic interests and nature, a struggle often steeped in failures and misunderstandings, but which, as this great political activist taught, must never be abandoned. Born in 1938 in Driebergen, in the Utrecht area of the Netherlands, after the gymnasium she continued to study Latin and Greek at the University of Utrecht, graduating with a thesis on the role of women in Greek tragedy, and later taught classical languages before in Haarlem and then in Leiden for several years. She gets married and has three children, one of whom is adopted. At the same time, she focuses on important social issues such as international security and migratory legislation, environmental conservation and organic farming, for which, over time, she will be able to achieve fundamental reforms.

 

In the seventies she joined the political party of the radicals (PPR) and became the first leader - lijsttrekker - in Dutch politics. As a group leader, she often argues incisively on issues such as peace and security, social affairs, human rights and environmental protection. On 30 April 1989 she was decorated with the Order of the Lion of the Netherlands. In 1990 she is the co-founder of the GreenLeft Party (Gl), of which she will be president and member of the House of Representatives. In addition to all her speeches in the Chamber of Deputies during the debates on social issues, foreign policy, public health and agriculture, we can recall her work as a parliamentarian the question of 3 April 1979 to the Secretary of State Veder, on the legal position of patients in psychiatric hospitals, that of 18 June 1980 to Secretary of State Haars, on the citizenship of adult daughters and sons of foreign workers and that of 10 February 1988 to Minister Smit-Kroes, on the possible damage to fruit trees due to ice formation. In 1989 she was also the author of the bill that included provisions for conscientious objection to the military use of tax funds. In 1991 the House of Representatives rejected a motion that Ria Beckers had tabled against the participation of the Netherlands in the war to Iraq: the motion only received support from GreenLeft MPs and a few others. On 24 April 1991, the interrogation to Prime Minister Lubbers on the minimum wages and de facto couples; of 26 September 1991 to Minister Bukman and Secretary of State Gabor on problems at the Ministry of Agriculture, Nature Management and Fisheries; of 16 March 1993, to Prime Minister Lubbers, on CO2 emissions. After many years of active politics, suffering in part from the decline of the GreenLeft, she left Parliament in 1993, and Prime Minister Ruud Lubbers (of the Catholic People's Party-Kvp) praised her saying: “You've given us a hard time in the government” to underline her obstinacy and fighting spirit. Her political commitment, however, continues, and she transfers from Parliament to environmental organizations, which see her at the forefront of actions and in boards of directors. She becomes president of the Biological Platform, which promotes biological agriculture, from 1993 to 2004; then president of the Foundation for nature and the environment from 1994 for ten years. After leaving these roles in 2004 she is named Officer of the Order of Orange Nassau. She then holds several positions on advisory committees, for example at the Triodos Green Bank and the Research Center of the University of Wageningen.

 

In 2006 Ria Beckers died after a long illness. At her death, she was praised for being an authentic, responsible and visionary politician, far from the political television theatre prevailing at the beginning of the third millennium.

On the cover: Ria Beckers de Bruijn at the PPR Congress in Amsterdam on 2 October 1976.

 

Traduzione spagnola
Bruno Miranda

Política motivada, idealista y respetada, Maria Brigitta Catherina Beckers de Bruijn, conocida como Ria, pasa la mayor parte de su vida en Wadenoijen, una aldea del municipio de Tiel, en la provincia neerlandesa de Gelderland, en la zona centro-oriental de los Países Bajos. Este pequeño pueblo, cerca del río Linge, vio durante años protestas contra la construcción de presas cada vez más grandes y devastadoras para el río: por ironía de la suerte, en 1995, esa zona tuvo que ser evacuada y Ria perdió su hogar, ¡porque las presas amenazaban con no ser lo suficientemente fuertes para contener las aguas! Este es el emblema de una vida pasada para favorecer la paz entre pueblos y facilitar la convivencia entre los intereses económicos humanos y la naturaleza, lucha obstaculizada, a menudo, a causa de fracasos e incomprensiones, pero que, como nos ha enseñado esta gran activista política, nunca debe ser abandonada. Nacida en 1938 en Driebergen, en la zona de Utrecht, en los Países Bajos, después del instituto sigue estudiando latín y griego en la Universidad de Utrecht presentando una Tesis sobre el papel que desempeñan las mujeres en la tragedia griega. Más adelante enseña lenguas clásicas, primero en Haarlem y después en Leiden durante varios años. Se casa y tiene tres hijos, uno de los cuales adoptado. Al mismo tiempo se dedica a importantes temáticas sociales como las de la seguridad internacional y la legislación migratoria, la preservación del medio ambiente y la agricultura biológica, para las cuales, con el paso del tiempo, logrará importantes reformas.

 

En los años setenta milita en el Partido político de los radicales (Ppr) y se convierte en la primera líder –lijsttrekker– en la política neerlandesa. Como líder de su partido, discute frecuentemente con determinación sobre temas como la paz y la seguridad, los asuntos sociales, los derechos humanos y la protección del medio ambiente. El 30 de abril de 1989 es condecorada con el Orden del León de los Países Bajos. En 1990 es co-fundadora del Partido GreenLeft (Gl), del que será presidenta y miembra de la Cámara de Representantes o Cámara baja. Con respecto a su actividad como parlamentaria, podemos recordar, además de todas sus intervenciones en el Congreso de los Diputados durante los debates sobre temáticas sociales, política exterior, salud pública y agricultura, la interpelación del 3 de abril de 1979 dirigida al Secretario de Estado Veder, sobre la situación jurídica de los pacientes en los hospitales psiquiátricos; la del 18 de junio de 1980 al Secretario de Estado Haars, sobre la ciudadanía de hijas e hijos adultos de trabajadores extranjeros y la del 10 de febrero de 1988, al ministro Smit-Kroes, sobre los probables daños en los árboles frutales debido a la formación de hielo. También es suyo el proyecto de ley de 1989 que preveía disposiciones para la objeción de conciencia sobre el uso militar de los fondos fiscales. En 1991 la C8amara de Representantes rechaza una moción que Ria Beckers había presentado contra la participación de los Países Bajos en la guerra contra Iraq: la moción recibió solo el apoyo de los parlamentarios Greenleft y de pocos más. Se remonta al 24 de abril de 1991 su interpelación al Primer ministro Lubers sobre el salario mínimo y las parejas de hecho; al 26 de septiembre de 1991 otra al ministro Bukman y al Secretario de Estado Gabor sobre los problemas del Ministerio de la agricultura, de la gestión de la naturaleza y de la pesca; el 16 de marzo de 1993 presenta una interpelación al Primer ministro Lubbers sobre las emisiones de CO2. Después de muchos años de política activa, sufriendo en parte la decadencia de la izquierda verde, en 1993 abandona el Parlamento para siempre y el Primer Ministro Ruud Lubbers (del Partido popular católico-Kvc) la elogia diciendo: «pusiste en aprietos al Gobierno» para subrayar su determinación y espíritu de lucha. Sin embargo, su compromiso político sigue y del Parlamento se traslada a las organizaciones ecologistas, las cuales la ven en primera línea en las participaciones y en los consejos de administración. Se convierte en Presidenta de la Platform Biológica, la cual promueve la agricultura biológica (1993-2004); luego fue Presidenta de la Fundación para la naturaleza y el medio ambiente (1994-2004). Después de haber abandonado ambos cargos en 2004, fue nombrada Oficial del Orden de Orange Nassau. Sucesivamente ha ocupa varios cargos en comités consultivos, por ejemplo, en el banco verde Triodos y el Centro de investigación de la Universidad de Wageningen.

 

En 2006 Ria Beckers fallece después de una larga enfermedad. A su muerte es elogiada por haber sido una política auténtica, responsable y visionaria, lejos del teatro político televisivo imperante a principios del tercer milenio.

Alva Reimer Myrdal
Sara Cavatton



Katarzyna Oliwia

 

Diplomatica, sociologa, femminista e autrice svedese (nel periodo 1932-61 scrisse ben 471 pubblicazioni) impegnata nelle politiche sociali e nel disarmo, Alva Reimer Myrdal ha ricoperto posizioni importanti all’Onu e nel 1982 ha ricevuto il Nobel per la Pace. È stata una delle personalità più rilevanti di quella generazione pionieristica di donne del XX secolo che sono state in grado di perseguire una brillante carriera internazionale, pur essendo madre di tre figli. Alva Reimer nacque a Uppsala il 31 gennaio 1902 in una famiglia della classe media. Nel 1919 incontrò Karl Gunnar Myrdal (1898-1987) che stava compiendo il giro della Svezia in sella alla sua bicicletta per conoscere la reale situazione economica del Paese: lo sposò nel 1924, lo stesso anno della laurea, ottenuta nonostante il parere contrario di sua madre. Si dedicò poi all’insegnamento presso le Università di Ginevra e di Stoccolma. A partire dagli anni Trenta fu al servizio del Governo svedese come segretaria della Commissione per il lavoro delle donne e più tardi come membro di una serie di commissioni e comitati per la riforma dell'educazione e i diritti delle donne: voleva che queste non sostituissero le istituzioni create dall'uomo, ma piuttosto che vi entrassero e le riformassero potendo ricevere la stessa istruzione, perseguendo carriere professionali e sostenendo l'attivismo politico. A tal proposito, i suoi viaggi negli Stati Uniti tra il 1929 e il 1930 furono fondamentali per il rafforzamento delle sue posizioni democratiche in favore di donne e bambini/e. Infatti, avendo studiato scienze sociali, filosofia e psicologia, Alva credeva fortemente in una politica delle riforme sociali basata sullo spirito della scienza.

 

 

Insieme al marito pubblicò quella che divenne la guida dello Stato assistenziale ovvero il piano di sviluppo del sistema welfare svedese: La crisi nella questione demografica (Crisis in the population question, 1934). Nella Svezia degli anni Trenta l’affannosa corsa alla modernità e la smania all’igiene pubblica avevano portato a considerare la casa un tema centrale del dibattito socio-politico: a cambiare dovevano essere innanzitutto le condizioni delle famiglie con prole. Per la prima volta nella storia svedese lo Stato investì delle risorse per migliorare le condizioni abitative dei nuclei meno abbienti, dando il via alla costruzione di 12.000 «case per famiglie numerose». Il saggio accese poi l’attenzione sulla diminuzione delle nascite e il preoccupante invecchiamento della società svedese. Secondo i Myrdal, infatti, la causa principale della riluttanza delle persone nel mettere al mondo figli era dovuta alle difficili condizioni di vita. Per questo avanzarono richieste concrete: assegni familiari e sussidi statali, soluzioni abitative agevolate, istruzione gratuita e miglioramento del rapporto tra educatori/trici e bambini/e. Insieme a psicologi, economisti e accademici presero parte a una commissione d’inchiesta demografica a sostegno delle nuove politiche di welfare, basate su teorie eugenetiche positive che condussero alla legalizzazione dell’aborto, alla liberalizzazione dei contraccettivi e ad ampi programmi di sterilizzazione di massa. La sterilizzazione veniva vista sostanzialmente come un provvedimento economico: si trattava di impedire che le donne non sposate avessero figli divenendo un peso per la collettività. I fondamenti economici della società del welfare si erano così tragicamente fusi con quelli a favore dell’igiene razziale: nel 1935 venne approvata la legge eugenetica svedese, in base alla quale oltre 63mila persone furono forzatamente sterilizzate. La giovane Alva Reimer Myrdal In contemporanea, prendendo spunto dal concetto ideale di “donna istruita autosufficiente” sviluppato da Elin Wägner ed Ellen Key, Alva si impegnava a sottolineare un punto centrale di disparità sociale: la (in)compatibilità tra la vita familiare e l’attività lavorativa delle donne. Da qui derivò il testo scritto insieme a Viola Klein: Il doppio ruolo della donna nella famiglia e nel lavoro (Women’s two roles: home and work, 1956), uno studio che intendeva rafforzare il ruolo tradizionale delle donne come procreatrici ed educatrici della prole, rivendicando per loro allo stesso tempo la possibilità di lavorare fuori casa, usufruire di orari adatti e aiuto organizzato per l’assistenza di figli e figlie. Secondo il suo ragionamento anche le donne che avevano bambini da crescere non dovevano rinunciare a una vita professionale dedicandosi a famiglia e lavoro (per esempio, Alva lanciò l’idea di ospitare bambini/e tra i due e i sette anni in «grandi camerette» in cui avrebbero avuto opportunità ludiche e formative mentre le madri erano al lavoro). Fu così che da nazione sottosviluppata, autoritaria e agricola la Svezia divenne progressivamente un Paese sviluppato, apripista e moderno con uno Stato sociale maturo, una cultura della parità sessuale e del rispetto per la maternità, introducendo come primo in Europa un sistema completo di assistenza all'infanzia che permise alle madri di trovare e mantenere un impiego. Alva era entrata in politica nel 1932 come esponente del Partito Socialdemocratico svedese con un programma incentrato per l’appunto sul welfare e le questioni internazionali: mise al centro dell’agenda politica le questioni di genere, si occupò dei programmi di ricostruzione postbellica in favore di bambini/e e rifugiate/i in qualità di direttrice del Dipartimento degli Affari Sociali dell’Onu (prima donna a ricoprirvi posizioni tanto importanti) e delle Scienze sociali dell’Unesco. Fu anche membro del Parlamento e del Governo svedese. Tra il 1950 e il 1955 fu presidente della sezione scientifica Unesco, intraprese poi la carriera diplomatica come ambasciatrice della Svezia in India, Birmania e Ceylon: la prima donna in oltre trecento anni di storia. Dal 1962 al 1973 fu dapprima senatrice e poi ministra per il disarmo e delegata del suo Paese alla Conferenza delle Nazioni Unite per il disarmo a Ginevra. Insieme ai membri di altre nazioni sostenne fermamente che dovessero essere proprio le due superpotenze, Stati Uniti ed ex Unione Sovietica, a dare i primi segnali di politiche di disarmo. Unica donna nell’arena internazionale, dimostrò eccellenti capacità di leadership femminile in un ambito tecnicamente complesso e cruciale come quello della diplomazia della guerra fredda.

 

 

Nel 1966 divenne ministra con portafoglio per il disarmo e gli affari della chiesa, ricoprendo quel posto e quello di Ginevra fino al 1973. Raccolse le esperienze di quegli anni nel libro Il gioco del disarmo (The game of disarmament: how the United States and Russia run the arms race, 1976). Il suo messaggio era chiaro e univoco: «La guerra è morte. E i preparativi militari che oggi vengono adottati per un grande scontro hanno come obiettivo un eccidio». Questo suo impegno nel disarmo nucleare e per la comprensione reciproca fra i popoli le procurò numerosi riconoscimenti: il German Peace Prize (1970) insieme al marito, l’Albert Einstein Peace Prize (1980) e il Jawaharlal Nehru Award for International Understanding (1981). E, infine, nel 1982, all’età di ottant’anni, il Premio Nobel per la Pace insieme al diplomatico messicano Alfonso Garcia Robles (da ricordare che anche il marito Gunnar era stato insignito del Premio Nobel nel 1974, ma per l’Economia) «per aver contribuito ad aprire gli occhi del mondo sulla minaccia all’umanità rappresentata dal continuo armamento nucleare». Alva Reimer Myrdal morì vicino a Stoccolma nel 1986 dopo una lunga malattia lasciandoci un ultimo messaggio nel testamento: «Ci sono solo due cose di cui sono completamente certa. La prima è che non otteniamo nulla se aggiriamo le difficoltà. L'altra è che c'è sempre qualcosa che si può fare da soli: si può studiare, si può cercare di elaborare proposte anche se sono solo soluzioni parziali. Se non ci crediamo, non dovremmo far altro che rinunciare. E non è degno di un essere umano rinunciare». Alva è tuttora ricordata per la sua combinazione di eleganza, fascino, grinta, determinazione e per la fede integerrima nell'importanza della missione internazionale. La sua figura continua a essere fondamentale per la cultura e i valori svedesi ma non solo: in alcuni Paesi europei le sono state intitolate strade (a Eskilstuna in Svezia, a Gottinga e a Lemgo in Germania, a Rubì in Spagna) e viali (a Trappes in Francia e a Getafe in Spagna). In Messico, invece, una scuola porta il suo nome.

 

Traduzione francese
Andrea Zennaro

 

Alva Reimer Myrdal, diplomate, sociologue, féministe et auteure suédoise (entre 1932 et 1961 elle a publié 471 textes), engagée dans les luttes pour une politique sociale et pour le désarmement, elle a occupé des charges importantes à l'ONU et en 1982 elle a obtenu le Prix Nobel pour la paix. Elle a été une des plus importantes personnalités de cette génération des femmes-pionnières qui ont été capables de poursuivre une brillante carrière internationale, même avec trois enfants. Alva Reimer est née à Uppsala (en Suède) le 31 janvier 1902 dans une famille de la classe moyenne. En 1919 elle a rencontré Karl Gunnar Myrdal (1898 - 1987), qui était en train de voyager en Suède sur son vélo pour connaitre la réelle situation économique du Pays: elle s'est mariée avec lui en 1924, l' année même de sa licence universitaire, passée malgré l'avis contraire de sa mère. Après sa licence, elle a enseigné dans les universités de Genève et de Stockholm. Depuis les années 1930, elle a travaillé pour le Gouvernement suédois comme secrétaire de la Commission pour le travail des femmes et dans plusieurs commissions et comités pour la réforme de l'éducation et pour les droits des femmes: elle ne voulait pas que ces commissions remplacent les institutions créées par les hommes mais désirait qu'elles y entrassent et les réformassent pour pouvoir recevoir la même instruction que les hommes, au cours de leurs carrières professionnelles et au long de leur engagement politique. Ses voyages aux États-Unis entre 1929 et 1930 ont été fondamentaux pour renforcer ses positions démocratiques en faveur des femmes et des enfants. Comme Alva avait étudié les sciences sociales, la philosophie et la psychologie, elle croyait fortement en une politique des réformes sociales fondée sur un esprit scientifique.

 

 

Avec son époux, elle publia le guide de la Sécurité Sociale, c'est à dire le projet pour le développement du système du welfare suédois: "La crise dans le problème démographique" (Crisis in the population question, 1934). Dans la Suède des années 1930, la course fébrile vers la modernité et la forte envie d'hygiène publique avaient porté les gens à considérer le droit au logement comme un thème central dans le débat social et politique: c'était surtout le sort des familles avec des enfants qui devait changer. Pour la première fois dans l'histoire de Suède, l'État a investi ses ressources pour améliorer les conditions de logements des classes les plus pauvres, en commençant la construction des «bâtiments pour familles nombreuses». Le livre a aussi attiré l'attention sur la baisse des naissances et sur l'effrayant vieillissement de la société suédoise. Selon les Myrdal, la raison principale qui faisait que les gens rechignaient à avoir des enfants c'était les conditions de vie difficiles. Donc ils ont présenté des requêtes concrètes: chèques pour aider ces familles et allocations d'État, aide au logement, école gratuite et amélioration de la relation entre les instituteurs, les institutrices et les enfants. Avec plusieurs psychologues, économistes et académiciens, ils ont pris part à une commission d'enquête démographique en soutien aux nouvelles politiques de welfare basées sur des théories eugéniques positives qui ont conduit à l'autorisation de l'avortement, à la libre vente de contraceptifs et à des campagnes de stérilisation massive. La stérilisation était vue principalement comme une mesure économique: empêcher que les femmes non mariées aient des enfants et deviennent un poids pour la communauté. Donc les fondements économiques de la sécurité sociale étaient ainsi mélangés avec ceux en faveur de l'hygiène raciale: en 1935 a été votée la loi eugénique suédoise, pour laquelle plus de 63.000 personnes ont été stérilisées de force. Dans la même période, à partir de l'idée de «femme instruite et autosuffisante», développée par Elin Wägner et Ellen Key, Alva s'est engagée à mettre en évidence un élément très important de inégalité sociale, l'incompatibilité entre la vie familiale et le travail des femmes. C'est à partir de cette problèmatique-ci que en 1956 Alva écrit, avec Viola Klein, le livre "Le double rôle de la femme dans la famille et dans le travail" (Women's two roles: home and work), une étude qui voulait renforcer le traditionnel rôle des femmes :(procréatrices et éducatrices des enfants) et en même temps instaurer pour elles la possibilité de travailler hors de la maison, avec des horaires convenables et des allocations pour l'assistance aux enfants. Selon elle, les femmes qui avaient des enfants à garder et à élever ne devaient pas renoncer à leur vie professionnelle (par exemple, Alva a proposé d' héberger les enfants de deux à sept ans dans de «grandes salles», où ils avaient la possibilité de jouer et d'apprendre, pendant que leurs mères étaient au travail). C'est ainsi que la Suède, qui était une Nation sous-développée, autoritaire et agricole, est devenue graduellement un Pays développé, avant-gardiste et moderne avec une sécurité sociale mûre, une culture de l'égalité entre les sexes et du respect de la maternité, et a été le premier Pays en Europe qui a introduit un système complet d'assistance aux enfants qui a permit aux mères de trouver et garder un emploi. Alva a commencé son activité politique en 1932 dans le Parti Social-démocrate suédois avec un programme fondé sur la sécurité sociale et sur les problématiques internationales: elle a mis au centre de son agenda politique les thèmes du genre, comme directrice du Département des Affaires Sociales de l'ONU et des Sciences Sociales de l'UNESCO (elle a été la première femme qui a occupé des positions aussi importantes) elle s'occupa de la reconstruction de l'après-guerre pour les enfants réfugié.e.s. Elle a été aussi députée au Parlement et membre du Gouvernement suédois. Entre 1950 et 1955 elle a été aussi Présidente de la section scientifique de l'UNESCO, et après elle a entrepris une carrière diplomatique comme ambassadrice de Suède en Inde, en Birmanie et à Ceylan: la première femme avec ce rôle-ci en plus de trois-cent ans d'histoire. De 1962 à 1973 elle a été sénatrice et Ministre pour le désarmement et déléguée de son Pays à la Conférence des Nations Unies pour le désarmement à Genève. Avec les membres des autre Nations, elle a fortement soutenu l' idée que c' était les deux superpuissances, les États Unis et l'ex Union Soviétique, qui devaient montrer les premiers signes d'une politique de désarmement. Unique femme dans la scène internationale, elle a montré d' excellentes capacité de leadership féminin dans un cadre compliqué comme celui de la diplomatie pendant la Guerre Froide.

 

 

En 1966 elle est devenue Ministre pour le désarmement et pour les affaires de l'Église, en gardant cette charge-là et celle de Genève jusqu' en 1973. Ses expériences de ces années-là sont consignées dans le livre "Le jeu du désarmement" (The game of disarmement: how the United States and Russia run the arms race, 1976). Son message était très clair: «La guerre est morte. Et les préparatifs militaires qu'on réalise aujourd'hui en vue d' une grande bagarre, ont comme objectif un massacre». Son engagement pour le désarmement nucléaire et pour la compréhension entre les peuples lui a procuré plusieurs prix: le German Peace Prize (1970), obtenu avec son époux, l'Albert Einstein Peace Prize (1980) et le Jawaharlal Nehru Award for International Understanding (1981). Finalement, en 1982, à l'âge de 80 ans, elle a reçu le Prix Nobel pour la Paix avec le diplomate mexicain Alfonso García Robles «pour avoir contribué à montrer au monde entier la menace continument représentée par l'armement nucléaire» (il faut se souvenir que son époux Gunnar avait reçu lui-même le Prix Nobel pour l'Économie en 1974). Alva Reimer Myrdal meurt à côté de Stockholm en 1986 après une longue maladie. Elle nous laisse un dernier message dans son testament: «Il y a deux choses dont je suis complètement sûre. La première: on ne va rien obtenir si on contourne les obstacles. La seconde: il y a toujours quelque chose qu'on peut faire, même tous seuls, on peut étudier, on peut élaborer des propositions, même si ce n'est que des solutions partielles. Si on n'y croit pas, il n'y a rien d'autre à faire qu'y renoncer. Et renoncer, ce n'est pas digne d'un être humain». Alva est mémorable pour son mélange d'élégance, de charme, de force, de détermination et pour sa foi en l'importance de la mission internationale. Sa figure est toujours très importante pour la culture et les valeurs suédoises, mais pas seulement pour celles-ci: dans plusieurs Pays européens, des rues (à Eskiltsuna, en Suède, à Gottinga et à Lmgo, en Allemagne, et à Rubí, en Espagne) et des avenues (à Trappes, en France, et à Getafe, en Espagne) portent son nom. Au Mexique, une école lui est dédiée.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

 

A Swedish diplomat, sociologist, feminist and author engaged in social policy and disarmament (in the period 1932-1961 she wrote 471 publications), Alva Reimer Myrdal held important positions at the UN, and in 1982 received the Nobel Peace Prize. She was one of the most prominent personalities of that pioneering generation of 20th century women who were able to pursue distinguished international careers. She accomplished this despite being a mother of three. Alva Reimer was born into a middle-class family in Uppsala on January 31, 1902. In 1919 she met Karl Gunnar Myrdal (1898-1987), who was making the tour of Sweden on his bicycle to learn about the real economic situation of the country. She married him in 1924, the same year as she obtained her degree, in spite of the opposition of her mother. She then devoted herself to teaching at the Universities of Geneva and Stockholm. Starting in the 1930s she was in the service of the Swedish government as secretary of the Commission for Women's Work and later as a member of a series of commissions and committees for education reform and women's rights. She wanted these not to replace institutions created by men, but rather that women enter and reform them by being able to receive the same education, pursuing professional careers and supporting political activism. In this regard, her travels to the United States between 1929 and 1930 were fundamental to the strengthening of her democratic positions in favor of women and children. Indeed, having studied social sciences, philosophy and psychology, Alva strongly believed in a policy of social reform based on the spirit of science.

 

 

Together with her husband she published what became the guide to the welfare state and to the development plans of the Swedish welfare system (Crisis in the Population Question, 1934). In Sweden in the 1930s, the frantic drive for modernity and the craving for public hygiene led to consideration of the home as a central theme of socio-political debate. Above all, the conditions for families with children had to change. For the first time in Swedish history, the state invested resources to improve the housing conditions of poorer households, starting the construction of 12,000 "houses for large families". The essay then turned attention to the decline in the number of births and the worrying aging of Swedish society. According to the Myrdals, the main cause of people's reluctance to bear children was due to the difficult living conditions. For this they made concrete requests - family allowances and state subsidies, facilitated housing solutions, free education and improvement of the relationship between educators and children. Together with psychologists, economists and academics, they took part in a demographic inquiry commission in support of new welfare policies, based on positive eugenic theories that led to the legalization of abortion, the liberalization of contraceptives and extensive mass sterilization programs. Sterilization was seen essentially as an economic measure, as a question of preventing unmarried women from having children and becoming a burden for the community. The economic foundations of the welfare society had thus tragically merged with those in favor of “racial hygiene”. In 1935 the Swedish eugenics law was passed, as a result of which over 63,000 people were forcibly sterilized. At the same time, taking a cue from the concept of "self-sufficient educated women" developed by Elin Wägner and Ellen Key, Alva undertook to underline a central point of social disparity - the (in)compatibility between family life and women's employment. Hence the text written together with Viola Klein, Women's Two Roles: Home and Work (1956), a study that aimed to strengthen the traditional role of women as procreators and educators of offspring, at the same time claiming for them the freedom to work outside the home, taking advantage of suitable hours and organized help for assistance with their children. According to her reasoning, even women who had children to raise should not have to give up a professional life, and could dedicate themselves to both family and work (for example, Alva launched the idea of ​​hosting children between two and seven years in "large bedrooms" in which they would have recreational and educational opportunities while their mothers were at work). Thus, it was that from an underdeveloped, authoritarian and agricultural nation, Sweden progressively became a developed, pioneering and modern country with a mature welfare state, a culture of sexual equality and respect for motherhood, first in Europe to introduce a comprehensive system of childcare that allowed mothers to find and keep a job. Alva entered politics in 1932 as a proponent of the Swedish Social Democratic Party, with a program focused precisely on welfare and international issues. She put gender issues at the center of the political agenda. After World War II, she dealt with post-war reconstruction programs in favor of children and refugees as director of the UN Department of Social Affairs (the first woman to hold such important positions) and of UNESCO Social Sciences. She was also a member of the Swedish Parliament and Government. Between 1950 and 1955 she was president of the UNESCO scientific section, and then she embarked on a diplomatic career as Sweden's ambassador to India, Burma and Ceylon. She became the first woman to do so in over three hundred years of history. From 1962 to 1973 she was first a Senator and then Minister for Disarmament and delegate from her country to the United Nations Conference on Disarmament in Geneva. She, along with representatives of other nations, firmly argued that the two superpowers, (at the time, the United States and the Soviet Union), should be the ones to take the first steps toward disarmament policies. As the only woman in the international arena, she demonstrated excellent leadership skills in a such technically complex and crucial area as Cold War diplomacy.

 

 

In 1966 she became a Minister with a portfolio that included disarmament and church affairs, holding that post and the one in Geneva until 1973. She collected the experiences of those years in the book The Game of Disarmament: How the United States and Russia Run the Arms Race, 1976). Her message was clear and unambiguous - “War is death. And the military preparations that are being adopted today for a great clash are aimed at a massacre.” Her commitment to nuclear disarmament and mutual understanding between peoples brought her numerous awards, including the German Peace Prize (1970) together with her husband, the Albert Einstein Peace Prize (1980) and the Jawaharlal Nehru Award for International Understanding (1981). And, finally, in 1982, at the age of eighty, the Nobel Peace Prize together with the Mexican diplomat Alfonso Garcia Robles. Remember that her husband Gunnar was also awarded the Nobel Prize in 1974, but for Economics, "For having contributed to opening the eyes of the world to the threat to humanity represented by continuing nuclear armament". Alva Reimer Myrdal died near Stockholm in 1986, after a long illness, leaving us one last message in her will, “There are only two things of which I am completely certain. The first is that we get nothing if we try to sidestep the difficulties. The other is that there is always something you can do yourself - you can study, you can try to come up with proposals even if they are only partial solutions. If we don't believe that, we should just give up. And it is not worthy for a human being to give up.”Alva is still remembered for her combination of elegance, charm, grit, and determination, and for her strong faith in the importance of international engagement. Her figure continues to be fundamental to Swedish culture and values, ​​but not just in Sweden. In some European countries, streets and avenues (in Eskilstuna in Sweden, in Gottingen and Lemgo in Germany, in Rubì, Trappes and Getafe in Spain, and in France) have been named for her. In Mexico a school bears her name.

 

Traduzione spagnola
Erika Incatasciato

 

Diplomática, socióloga, feminista y autora sueca (en los años 1932-61 escribió 471 publicaciones), involucrada en las políticas sociales y del desarmo, Alva Reimer Myrdal ocupó puestos importantes en la ONU y en el 1982 recibió el premio Nobel de la Paz. Fue una de las figuras más relevantes de aquella generación de mujeres pioneras del siglo XX, capaces de desempeñar una importante carrera internacional, a pesar de ser madres (en su caso de tres hijos). Alva Reimer Nació en Uppsala el 31 de enero de 1902 en una familia de la clase media. En el 1919 conoció a Karl Gunnar Myrdal (1898-1987) que estaba dando la vuelta a Suecia en su bicicleta para conocer la auténtica situación económica de su país: se casaron en el 1924, el mismo año de su licenciatura, que obtuvo contra la opinión contraria de su madre. Luego, se dedicó a la enseñanza en las Universidades de Ginebra y Estocolmo. A partir de los años Treinta, trabajó para el gobierno sueco como secretaria de la Comisión para el trabajo de las mujeres y más tarde como miembra de varias comisiones y consejos para la reforma de la educación y los derechos de las mujeres: no querría que dichas comisiones y consejos sustituyeran las instituciones creadas por el hombre, sino que las mujeres formaran parte de las mismas y las reformaran pudiendo recibir la misma educación, desempeñnado carreras profesionales y sosteniendo el activismo político. Sus viajes a los Estados Unidos entre el 1929 y el 1930 fueron fundamentales para reafirmar sus posiciones democráticas en favor de las mujeres y de la infancia. En efecto, al haber estudiado ciencias sociales, filosofía y psicología, Alva creía firmemente en una política de reformas sociales basadas en el espíritu de la ciencia.

 

 

Con su marido, publicó la que se convirtió en la guía del Estado asistencial, es decir el proyecto de desarrollo del sistema del bienestar social sueco: La crisis en la cuestión demográfica (crisis in the population question, 1934). En la Suecia de los años Treinta, la afanosa carrera a la modernidad y la preocupación por la higiene publica llevaron a considerar la casa un foco principal en el debate sociopolítico: sobre todo, tenían que cambiar las condiciones de las familias con hijos. Por primera vez en la historia de Suecia, el Estado invirtió recursos para mejorar las condiciones de vivienda de los núcleos familiares menos favorecidos, dando paso a la construcción de 12.000 “casas para familias numerosas”. Dicho ensayo despertó luego la atención sobre la diminución de la natalidad y el preocupante envejecimiento de la sociedad sueca. Efectivamente, segon los Myrdal la reticencia de las personas respecto a tener hijos se debía a las difíciles condiciones de vida. Por eso, presentaron demandas concretas: subsidios familiares y estatales, alojamiento subvencionado, instrucción gratuita y una mejora de la relación entre educadores/educadoras y niños/niñas. Junto a psicólogos, economistas y académicos tomaron parte en un comité investigador demográfico a favor de las nuevas políticas del bienestar, basadas en teorías eugenésicas positivas, que condujeron a la legalización del aborto, a la liberalización de contraceptivos y a amplios programas de esterilización masiva. La esterilización era considerada simplemente como una medida económica: se trataba de evitar que las mujeres solteras tuvieran hijos convirtiéndose en una carga para la colectividad. Los fundamentos económicos de la sociedad del bienestar se fundieron así trágicamente con los fundamentos a favor de la higiene racial: en 1935 se aprobó la ley sueca de eugenesia, gracias a la cual más de 63 mil personas fueron esterilizadas forzadamente. Contemporáneamente, inspirándose al concepto ideal de “mujer instruida autosuficiente” elaborado por Elin Wägner y Ellen Key, Alva subrayaba un punto central de la disparidad social: la (in)compatibilidad entre la vida familiar y la actividad laboral de las mujeres. De ahí nació el texto escrito con Viola Klein: El doble papel de la mujer en la familia y en el trabajo (Women’s two roles: home and work, 1956), un estudio que intentaba reafirmar el papel tradicional de las mujeres como procreadoras y educadoras de la progenie, a la vez que reclamaba para ellas la posibilidad de trabajar fuera de casa, beneficiándose de horarios adecuados y de ayudas organizadas para la asistencias de sus hijos e hijas. Según su razonamiento las mujeres que tenían hijos que criar no debían renunciar a su vida profesional, dedicándose tanto a la familia como al trabajo (por ejemplo, Alva lanzó la idea de alojar niños y niñas entre dos y siete años en “grandes habitaciones” en las cuales podrían tener oportunidades lúdicas y formativas mientras sus madres trabajaban). Fue así como de nación subdesarrollada, autoritaria y agrícola, Suecia se convirtió progresivamente en un país desarrollado, pionero y moderno con un Estado social maduro, una cultura de igualdad entre sexos y del respeto hacia la maternidad, y fue el primer país de Europa que introdujo un sistema completo de asistencia a la infancia que permitió a las madres conseguir un empleo y no perderlo. Alva entró en política en el 1932 como exponente del Partido Socialdemócrata sueco con un programa dedicado precisamente al bienestar y a las cuestiones internacionales: como directora del Departamento de Asuntos Sociales de la ONU (primera mujer en ocupar un papel tan importante en dicha sede) y del departamento de Ciencias sociales de la Unesco, introdujo las cuestiones de género en la agenda política y se ocupó de los programas de reconstrucción de la posguerra a favor de los niños/niñas y refugiados/refugiadas. También fue miembra del Parlamento y del Gobierno sueco. Entre los años 1950 y 1955 fue Presidente de la sección científica de la Unesco, luego empezó la carrera diplomática como embajadora de Suecia en India, Birmania y Ceilán: fue la primera mujer en más de trecientos años de historia. Desde el 1962 hasta el 1973 primero fue senadora, luego Ministra del desarmo y delegada de su país en la Conferencia de las Naciones Unidas para el desarmo en Ginebra. Junto con los miembros de otras naciones sostuvo firmemente que las dos superpotencias, los Estados Unidos y la Unión Soviética, debían ser las primeras en mostrar políticas de desarme. Fue la única mujer en la escena mundial en demostrar capacidades excelentes de liderazgo femenino en un ámbito técnicamente complejo y crucial como el de la diplomacia de la guerra fría.

 

 

En el 1966, fue Ministra con cartera para el desarme y los asuntos de la iglesia, desempeñando este papel junto al de Ginebra hasta el 1973. Recogió las experiencias de aquellos años en el libro El juego del desarme (The game of disarmament: how the United States and Russia run the arms race, 1976). Su mensaje era claro y univoco: “La guerra es muerte. Y los preparativos militares adoptados hoy día para un gran enfrentamiento tienen por objetivo una masacre”. Esta dedicación suya al desarme nuclear y a la comprensión mutua entre los pueblos le otorgó numerosos reconocimientos: el German Peace Prize (1970) con su esposo, el Albert Eistein Peace Prize (1980) y el Jawaharlal Nehru Award for International Understanding (1981). Por último, en 1982, a los ochenta años de edad, recibió el Premio Nobel de la Paz con el diplomático mexicano Alfonso García Robles (hay que mencionar que también su marido Gunnar, en 1974, ganó el Premio Nobel, pero de Economía) “Por haber contribuido a abrir los ojos al mundo sobre la amenaza de la humanidad representada por el continuo armamiento nuclear”. Alva Reimer Myrdal murió cerca de Estocolmo en 1986 tras una larga enfermedad dejándonos un último mensaje en su testamento: “Sólo hay dos cosas de las que estoy completamente segura. La primera es que no obtenemos nada si eludimos las dificultades. La otra es que siempre hay algo que se puede hacer por si solos: se puede estudiar, se pueden intentar elaborar propuestas aunque sólo sean parciales. Si no lo creemos, lo único que tenemos que hacer es renunciar. Y renunciar no es digno de un ser humano”. Alva todavía es recordada por su combinación de elegancia, encanto, fuerza, determinación y por su fe recta en la importancia de la misión internacional. Su imagen sigue siendo fundamental no solo para la cultura y los valores suecos: en algunos países europeos hay calles (en Eskilstuna, Suecia; en Gotinga y Lemgo, Alemania; en Rubi, España) y avenidas que llevan su nombre (en Trappes, Francia y en Getafe, España). Mientras, en México, una Escuela lleva su nombre.

 

Bertha Von Suttner
Eleonora de Longis



Katarzyna Oliwia

 

For her audacity to oppose the horrors of war: con questa motivazione fu attribuito nel 1905 a Bertha von Suttner il Premio Nobel per la Pace, prima delle diciotto donne che dal 1901 al 2021 hanno ricevuto tale riconoscimento. La sua immagine figura dal 2002 sul dritto della moneta da due euro coniata dall’Austria, ma dal 1966 al 1985 il suo ritratto con velo vedovile era stato impresso sulla banconota da mille scellini. Al culmine della notorietà, nel 1909, pochi anni prima della morte, che sarebbe avvenuta nel 1914, aveva pubblicato la sua autobiografia – Memoiren – in cui esordiva con queste parole, che dimostravano la piena consapevolezza di aver vissuto un momento cruciale: «Il motivo per cui rendo pubbliche le mie esperienze è il fatto che ho incontrato molte persone interessanti e illustri tra i miei contemporanei e la partecipazione a un movimento cresciuto a tal punto da produrre conseguenze storiche mi ha dato la possibilità di guardare gli affari politici del nostro tempo; per questo, dunque, ciò che ho da dire è davvero degno di essere condiviso». Non per caso la traduzione inglese dell’autobiografia, edita l’anno successivo all’edizione originale, portava l’aggiunta del sottotitolo The records of an eventful life. Bertha Sophia Felicita Kinsky von Wchinitz und Tettau era nata a Praga il 9 giugno 1843 da un esponente dell’alta aristocrazia, il feldmaresciallo Franz-Josef, deceduto prima che la figlia nascesse, e da Sophia Wilhelmine von Körner, appartenente alla piccola nobiltà locale, di circa cinquant’anni più giovane del marito. Le condizioni della famiglia subirono un progressivo peggioramento: il milieu aristocratico del feldmaresciallo si dimostrò piuttosto respingente verso la giovane vedova, la figlia Bertha e il figlio maggiore. Inoltre, la passione di lei per il gioco metteva ulteriormente a rischio le finanze familiari. Tuttavia questo non impedisce che per un certo periodo la famiglia possa vivere decorosamente e che Bertha riceva una buona educazione, apprenda bene diverse lingue, la musica, il canto, la letteratura. In un primo tempo la famiglia si trasferisce a Brno, capitale della Moravia. Bertha ha cinque anni quando scoppiano le rivoluzioni del 1848 e, tra i suoi ricordi d’infanzia, intravede sé stessa che, affacciata alla finestra, assiste al tumulto della folla nella piazza sottostante.

 

 

Gli anni dell’adolescenza trascorrono in un’alternanza di soggiorni nel centro termale di Wiesbaden, dove Bertha ha modo di conoscere personaggi dell’alta società, e visite delle maggiori città europee – Berlino, Roma, Venezia, Parigi: toccherà così le capitali delle regioni coinvolte nelle guerre che, nella seconda metà del secolo, segneranno il graduale declino dell’egemonia austriaca sull’Europa. Ma ai grandi mutamenti politici che si svolgono sotto i suoi occhi la giovane contessa, per sua stessa ammissione, rimane indifferente, presa, come è, da impegni mondani e progetti di matrimonio e di carriera artistica: dotata di un discreto talento musicale e spinta dalle ambizioni materne, si dedica al canto con la prospettiva di divenire cantante lirica. Nel 1872 Bertha si fidanza con il principe Adolf Sayn-Wittgestein-Hohenstein, al quale la lega, più che un autentico sentimento d’amore, una genuina condivisione di interessi intellettuali e artistici. Ma il principe muore durante la traversata verso gli Stati Uniti dove ha deciso di stabilirsi per esercitarvi la professione di tenore e dove avrebbe dovuto raggiungerlo la fidanzata. Abbandonati i progetti artistici e infranta la prospettiva di un prossimo matrimonio, l’anno successivo Bertha, spinta dalle ristrettezze economiche e anche dalla volontà di rendersi indipendente dalla madre, decide di mettere a frutto l’istruzione ricevuta e di proporsi come istitutrice privata dei rampolli della nobiltà. Entra così nella casa del barone Suttner, con il ruolo di educatrice delle quattro figlie. Nella grande dimora signorile nel cuore di Vienna vivono anche due dei tre figli maschi: con il minore, il ventitreenne Arthur Gundaccar, Bertha, di sette anni maggiore, allaccia una relazione che suscita una tale ostilità da parte della famiglia Suttner che la giovane, rispondendo a un annuncio di Alfred Nobel alla ricerca di una segretaria personale, è costretta a lasciare la casa alla volta di Parigi. La collaborazione fu di breve durata, poiché Nobel si allontanò da Parigi dopo due mesi e Bertha dovette rinunciare all’impiego: tuttavia la breve conoscenza non mancò di produrre i suoi frutti poiché i due si mantennero in costante rapporto epistolare ed abbero modo di incontrarsi successivamente. A questo punto Bertha fece brevemente ritorno in patria per sposare, in segreto, Arthur, con il quale prese la decisione di trasferirsi nel Caucaso. Qui l’amicizia con la principessa della Mingrelia, Ekaterina Dadiani, e con altri nobili conosciuti in Europa permise ai due di integrarsi nella società del luogo e di impiegarsi in lavori occasionali ma necessari per il loro sostentamento. Gli anni 1877-1878 rappresentarono un punto di svolta: con lo scoppio della guerra russo-turca, Bertha e Arthur sperimentarono per la prima volta il contatto fisico con un evento bellico e intrapresero entrambi le vie della scrittura. Arthur si dedicò soprattutto a cronache e racconti di vita e storia georgiana, che ebbero un notevole successo e gli procurarono buoni guadagni. Quanto a Bertha, compose in un primo tempo racconti d’appendice che inviava al giornale viennese Die Presse, in un secondo momento passò a un genere narrativo “ibrido” – letterario, scientifico, autobiografico – dal quale nacque il libro Inventarium einer Seele (1883) che conteneva le sue prime riflessioni sui temi della guerra e della pace. Nel 1885, la coppia, accompagnata dalla notorietà raggiunta in campo letterario e perdonata dai familiari, fa ritorno in patria, dove è accolta nel castello di Hermannsdorf nel quale i Suttner si sono trasferiti da tempo.

 

 

Nuovamente a Parigi nel 1886, i coniugi vi incontrano Nobel e altri intellettuali, tra i quali Ernest Renan e Alphonse Daudet, che li mettono in contatto con la International Peace and Arbitration Association, fondata dal filantropo inglese Hodgson Pratt da cui Bertha raccoglie l’invito a costituire una Corte internazionale di arbitrato per risolvere conflitti tra gli Stati e una Lega per la pace in tutte le grandi città europee. Nel 1889 Bertha pubblica, con lo pseudonimo di "Jemand" (Qualcuno), Das Maschinenzeitalter (L’età delle macchine), in cui attacca duramente il nazionalismo e la corsa agli armamenti e critica senza mezzi termini il principio sotteso al motto Si vis pacem, para bellum. Nello stesso anno dà alle stampe la sua opera più nota, Die Waffen nieder! (Giù le armi!). Scritto sotto forma di autobiografia, il romanzo ha come protagonista Martha Althaus: figlia di un generale, racconta il suo itinerario di dolore attraverso le guerre che hanno distrutto, con le violenze e con le malattie, la propria famiglia e l’hanno resa due volte vedova. Alla luce di queste esperienze Martha riflette sul suo passato e matura una coscienza pacifista: anche il padre e il secondo marito, prima di morire per cause connesse alla guerra, invocano il rifiuto delle armi. Nell’epilogo, un messaggio di speranza è affidato alla figura del figlio di Martha, il giovane conte Rudolf Dotzky. Giù le armi! può essere definito senz’altro un Bildungsroman, un romanzo di formazione, che esce dai canoni tradizionali se non altro per avere come protagonista una donna e per l’uso di una copiosa documentazione – giornali, corrispondenze di guerra, fonti d’archivio – la cui lettura permette a Bertha di esprimersi con estremo realismo nel descrivere gli scenari bellici e l’orrore che ne deriva. L'opera, tradotta in oltre venti lingue, diede all'autrice una grande notorietà internazionale e la consacrò come figura chiave dell'attivismo pacifista. Gli anni seguenti sono segnati dall’instancabile dedizione di Bertha nel costruire reti e organizzazioni internazionali a favore della pace con l’obiettivo non di “regolare” o “umanizzare” la guerra ma di eliminarla attraverso l’arbitrato internazionale. La sua intraprendenza, che la fa partecipare a innumerevoli inziative in tutta Europa a partire dal 1891, le vale l’appellativo di “commesso viaggiatore della pace”. Fonda la Società pacifista austriaca, l’Associazione per il rifiuto dell'antisemitismo, la Società pacifista germanica; prende parte al III Congresso universale della pace che si tiene a Roma nel novembre 1891 e alla prima Conferenza dell’Aja nel 1899; contribuisce alla creazione del Bureau international permanent de la paix a Berna e, successivamente, alla nascita del Comitato di fratellanza anglo-tedesco; nel 1907 partecipa alla Conferenza per la pace dell’Aja che realizza, finalmente, l’obiettivo di istitutire la Corte permanente di arbitrato. Il fervore di Bertha non subisce battute d’arresto neppure dopo la morte del marito, nel dicembre 1902, nonostante i due fossero legati da un’intesa fortissima alimentata dalla condivisione delle battaglie pacifiste. Nel 1905, a coronamento del suo impegno, le viene assegnato quel premio per la pace che ella stessa aveva ispirato ad Alfred Nobel. La sua fama come scrittrice e come attivista le valse una costante e non sempre benevola attenzione da parte della stampa, che non mancò di fare di lei bersaglio di scherno e soggetto di numerose caricariture. Sta di fatto che la sua capacità di analisi politica si dimostrò acuta e tale da farle cogliere con lungimiranza le tensioni internazionali e i rischi che esse rappresentavano per la pace. In questo quadro, il suo ultimo scritto, nel 1912, Die Barbarisierung der Luft (L’imbarbarimento dell’aria), denunciava i pericoli rappresentati dall'avanzamento tecnologico nella produzione di armamenti, in particolare nell’aeronautica, proprio mentre l’Italia inaugurava i bombardamenti aerei nella conquista della Libia.

 

 

Nell'agosto 1913, nella Conferenza internazionale di Pace dell'Aja, Bertha venne eletta "generalissimo" del movimento pacifista e nel maggio 1914, un mese prima della morte, prese parte all'organizzazione della XXI Conferenza di pace, che avrebbe dovuto tenersi a Vienna in settembre. In quei giorni che precedettero lo scoppio della guerra, Stefan Zweig l’aveva per caso incrociata nelle strade di Vienna. Bertha – “immensa e generosa Cassandra dei nostri tempi” – con foga apostrofa lo scrittore: «La gente non capisce cosa sta succedendo! […]. Eravamo quasi in guerra e ancora una volta hanno taciuto, ci hanno nascosto tutto![…] Perché voi giovani non fate nulla? Questa cosa riguarda voi prima di tutti! Difendetevi! Unitevi! Non lasciate che a fare tutto siamo sempre noi vecchie signore che nessuno vuole più ascoltare!». (Die Welt von Gestern, 1944)

 

Traduzione francese
Andrea Zennaro

 

«Pour son audace à s’opposer aux horreurs de la guerre»: c’est avec cette motivation-ci qu’en 1905 on a attribué à Bertha Von Suttner le Prix Nobel pour la Paix: elle était la première des femmes qui ont obtenu ce Prix entre 1901 et 2021. Depuis 2002, son visage apparaît sur la pièce de 2 euros autrichienne et, entre 1966 et 1985, son portrait était imprimé sur le billet de mille schellings. Vers la fin de sa vie, sa renommée était grande, et en 1909, peu d’années avant sa mort, qui a eu lieu en 1914, elle avait publié son autobiographie, "Memoiren", qui commençait avec ces mots-ci, qui démontraient sa pleine conscience d’avoir vécu une période très importante: «La raison pour laquelle je veux rendre publiques mes expériences, c’est que j’ai connu parmi mes contemporaines des personnes illustres et très intéressantes, et c’est aussi que j'ai pu participer à un mouvement important qui a produit des conséquences historiques, ça m’a permit de m' intéresser aux affaires politiques de notre époque: c’est pour cela que ce que j’ai à dire est vraiment digne d’être partagé». C’est pour cette raison que la traduction anglaise de son autobiographie, publiée l’année suivante de l’édition originelle, avait comme sous-titre "Les mémoires d’une vie bien pleine en événements. " Bertha Sophia Felicita Kinky Von Wchilinitz und Tettau est née à Prague le 9 juin 1843 d’un représentant de la haute noblesse, le Marechal Franz-Josef, décédé avant la naissance de sa fille, et de Sophia Wilhelmine Von Körner, appartenant à la petite noblesse locale et plus jeune que son mari d’environ cinquante ans. Les conditions de la vie familiale se sont alors dégradées: l’environnement aristocratique du maréchal s'est montré plutôt hostile à la jeune veuve, à sa fille Bertha et à son fils aîné. En outre, sa passion pour le jeu mit en danger les finances de la famille. Malgré tout, cela n’a pas empêché la famille de vivre une période heureuse et Bertha put recevoir une bonne éducation et bien apprendre plusieurs langues, la musique, le chant et la littérature. Dans un premier temps, la famille se déplace à Brno, la capitale de la Moravie. Bertha n’a que cinq ans quand éclatent les révoltes de 1848: parmi ses souvenirs d’enfance, elle se voit elle-même à la fenêtre , regardant les bagarres de la foule dans la place en-dessous de chez elle.

 

 

Ses années d 'adolescence , Bertha les passe entre ses séjours au centre thermal de Wiesbaden, où elle fait la connaissance de plusieurs personnages de la haute société, et ses voyages dans les principales villes européennes, Berlin, Rome, Venise, Paris: c’est ainsi qu’elle connait les capitales des régions touchées par les guerres qui, dans la seconde moitié du siècle, mènent à la chute du pouvoir autrichien sur l’Europe. Mais la jeune comtesse, comme elle- même l' admet, reste indifferente aux changements politiques qui se déroulent sous ses yeux, car elle est engagée dans des soirées mondaines et les projets de son mariage et de sa carriere artistique; douée d’un bon talent musical et poussée par les ambitions de sa mère, elle se dédie au chant dans la perspective de devenir une chanteuse lyrique. En 1872 Bertha se fiance avec le prince AdolfSayn-Wittengstein -Hohenstein, avec qui elle partage, plutôt qu’un vrai sentiment d’amour, les mêmes intérêts intellectuels et artistiques. Mais le prince meurt pendant la traversée vers les Etats-Unis, où il a décidé de s’établir pour y exercer la profession de chanteur ténor et où sa fiancée aurait dû le rejoindre. Abandonnés les projets artistiques et cassée la perspective d’un imminent mariage, Bertha, poussée par les conditions économiques et par la volonté de s’affranchir de sa mère, décide d’utiliser l’instruction reçue et de se proposer comme institutrice privée pour les enfants de la noblesse. Elle entre donc dans la maison du baron Suttner avec le rôle d’educatrice des quatre filles du baron. Dans la grande maison, située dans le coeur de Vienne, habitent aussi deux des trois fils du baron: avec le fils cadet, Arthur Gundaccar, qui a vingt-trois ans, Bertha, son aînée de sept ans, commence une relation ...tellement mal vue par la famille Suttner que la jeune fille doit quitter la maison pour Paris, en répondant à l’affiche d’Alfred Nobel qui cherche une secrétaire personnelle. La collaboration est brève, car après deux mois Nobel s’éloigne de Paris et Bertha doit renoncer à l’emploi: malgré tout, la brève connaissance qu'ils ont liée a bien donné ses fruits, car ils garderont toujours le contact et plus tard se reverront. Du coup, Bertha rentre chez elle pour se marier clandestinement avec Arthur, avec qui elle decide de se déplacer dans le Caucase. Là, l’amitié avec la princesse de Mingrelie (...) Ekaterine Dadiani et avec d' autres nobles connus en Europe permet aux mariés de s’intégrer dans la société locale et de s’engager en des travaux professionnels nécessaires pour leur entretien. Les années 1877 et 1878 représentent un moment de changement: quand la guerre russo-turque éclate Bertha et Arthur connaissent la rupture de la paix pour la première fois et décident de vivre de l’écriture. Arthur, lui, se voue surtout à écrire des chroniques et des contes axés sur l' histoire géorgienne, lesquels ont un grand succès et lui procurent un bon profit. Bertha, elle, compose dans une, première période des contes qu’elle envoie au journal viennois Die Presse et après elle passe à un genre de narration mixte, littéraire, scientifique et autobiographique, d’où nait son livre "Inventarium einer Seele" (1883), qui contient ses premières réflexions sur les thèmes de la guerre et de la paix. En 1885 le couple, accompagné par la notoriété gagnée grâce à la littérature et pardonné par la famille, retourne dans sa Patrie, et elle est accueillie dans le château de Hermannsdorf, où les Suttner se sont déplacés depuis longtemps.

 

 

En 1886, de nouveau à Paris, les époux y retrouvent Nobel et d' autres intellectuels, parmi lesquels Ernest Renan et Alphonse Daudet, qui les mettent en contact avec l' International Peace and Arbitration Association, créée par le philanthrope anglais Hodgson Pratt: Bertha suit l’invitation de celui-ci pour créer une Cour internationale d’arbitrage pour résoudre les conflits entre les états et une ligue pour la paix dans toutes les principales villes européennes. En 1889, Bertha, avec le pseudonyme de (?), elle publie Das Maschinenzeitalter (L’âge des machines), où elle se positionne fortement contre le nationalisme et contre la course aux armements et elle critique très fort la phrase Si vis pacem para bellum (Si tu veux la paix, alors prépare la guerre). Dans la même année, elle fait imprimer son livre le plus connu, Die Waffen nieder! (À bas les armes!). Ecrit sous la forme d’une autobiographie, la protagoniste du roman est Martha Althaus, fille d’un Général: l' ouvrage raconte sa douleur à travers des guerres qui, avec la violence et les maladies, ont détruit sa famille et ont fait d’elle une double veuve. Après ces expériences-ci, Martha réfléchit sur son passé et mûrit une conscience pacifiste: son père et son second époux également, avant de mourir à cause de la guerre, invoquent le refus des armes. Dans l’épilogue du livre, c’est le fils de Martha, le jeune comte Rudolf Dotzky, qui porte un message d’espoir. "À bas les armes!" est sans aucune doute un Bildungsroman, un roman de formation qui sort des canons traditionnels en ayant une femme comme protagoniste et grâce à l’emploi d’une abondance des documents (journaux, correspondances de guerre, archives), qui permet à Bertha de s’exprimer avec un profonde réalisme en décrivant les scènes de la guerre et l’horreur qui en nait. Le texte, traduit en plus de vingt langues, donne à l’auteur une grande notoriété internationale et fait d’elle une figure-clé de la lutte pacifiste. Les années suivantes voient Bertha construire de nombreuses associations internationales pour la paix ayant l’objectif non pas de régler ou d' “humaniser” la guerre mais de l’éliminer à travers un arbitrage international. Son courage, qui la mène à participer à plusieurs rencontres dans toute l’Europe à partir de 1891, lui vaut l’appellatif de “commis voyageur de la paix”. Elle crée la Société pacifiste autrichienne, l’Association pour le refus de l’antisémitisme et la Société pacifiste germanique; elle prend part au IIIème Congrès universel de la paix qui a lieu à Rome en novembre 1891 et à la première Conférence de l’Aja en 1899; elle contribue à la création du Bureau international permanent de la paix à Berne et, plus tard, à la naissance du Comité de fraternité anglo-allemand; en 1907 elle participe à la Conférence pour la paix de l’Aja qui réalise, enfin, l’objectif d’instituer la Cour permanente d’arbitrage. L’ ardeur de Bertha ne s’arrête même pas à la mort de son mari, en décembre 1902, alors même que le couple était fortement lié par les batailles pacifistes communes. En 1905, comme reconnaissance de son engagement, lui est attribué ce prix pour la paix qu’elle-même avait inspiré à Alfred Nobel. Sa réputation d’écrivaine et d’activiste lui procure une attention constante et pas toujours bienveillante de la part de la presse, qui ne manque pas de faire d’elle un sujet de mépris et de nombreuses caricatures. Sa capacité d’analyse des événements politiques est tellement aigüe qu'elle lui fait comprendre à l'avance les tensions internationales et les risques qu’elles représentent pour la paix. Dans ce cadre-ci, son dernier texte, Die Barbarisierung der Luft (L’Etat de barbarie de l’air!), composé en 1912, dénonce les dangers représentés par le progrès technologique dans la construction des armements, et particulièrement dans l’aéronautique, justement au moment où l’Italie, en conquérant la Libye, inaugure les bombardements aériens.

 

 

 

En août 1913, durant la Conférence internationale de Paix de l’Aja, Bertha est élue “généralissime” du mouvement pacifiste et, en mai 1914, un mois avant sa mort, elle prend part à l’organisation de la 21ème Conférence de paix, qui aurait dû avoir lieu à Vienne en septembre. En ces jours qui précédaient la déclaration de la guerre, l’écrivain Stefan Zweig la rencontre par hasard dans les rues de Vienne. Il lui déclare avec ardeur: «Bertha, immense et généreuse Cassandre de nos temps: les gens ne comprennent pas ce qui est en train de se passer! […] On était presqu’en guerre et, une fois encore, on nous a menti, on nous a tout caché! >> et elle de répliquer: "Pourquoi vous, les jeunes, vous ne faites rien? La guerre, ça vous concerne vous avant tout! Défendez-vous! Unissez-vous! Ne laissez pas tout faire à de vieilles dames que personne ne veut plus écouter!».

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

 

“For her audacity to oppose the horrors of war” - with this motivation Bertha von Suttner was awarded the Nobel Peace Prize in 1905, the first of the eighteen women to receive this recognition from 1901 to 2021. Her image has appeared since 2002 on the obverse of the two-euro coin minted by Austria, but from 1966 to 1985 her portrait with a widow's veil was embossed on the Austrian thousand shilling banknote. At the height of her fame, in 1909, a few years before her death in 1914, she published her autobiography - Memoiren - which she began with these words, showing her full awareness of having lived in a crucial moment, "The reason why I make my experiences public is the fact that I have met many interesting and illustrious people among my contemporaries and participation in a movement that has grown to the point of producing historical consequences has given me the opportunity to look at the political affairs of our time; for this reason, therefore, what I have to say is truly worth sharing.” It is no coincidence that the English translation of the autobiography, published the year following the original edition, included the addition of the subtitle - The Record of an Eventful Life. Bertha Sophia Felicita Kinsky von Wchinitz und Tettau was born in Prague on June 9, 1843 to a member of the high aristocracy, Field Marshal Franz-Josef, who died before his daughter was born, and to Sophia Wilhelmine von Körner, a member of the local gentry, about fifty years younger than her husband. The conditions of the family underwent a progressive worsening. The aristocratic milieu of the field marshal proved rather hostile towards the young widow, her daughter Bertha and her eldest son. In addition, her passion for gambling put her family finances further at risk. However, this did not prevent the family from living decently for a while, and Bertha received a good education. She learned several languages ​​well, and music, singing, and literature. The family initially moved to Brno, the capital of Moravia. Bertha was five years old when the revolutions of 1848 broke out and, among her childhood memories, she recalled looking out of the window and witnessing the tumult of the crowds in the square below.

 

 

Her teenage years were spent alternating between stays in the spa in Wiesbaden, where Bertha got to know people from high society, and visits to major European cities - Berlin, Rome, Venice, and Paris. In that way she experienced the capitals of the regions involved in wars which, in the second half of the century, marked the gradual decline of Austrian hegemony over Europe. But the young countess, by her own admission, remained indifferent to the great political changes taking place before her eyes, taken, as she was, by worldly commitments and the prospects of marriage and an artistic career. Endowed with musical talent and driven by her mother’s ambitions, she devoted herself to singing with the intention of becoming an opera singer. In 1872, she became engaged to Prince Adolf Sayn-Wittgestein-Hohenstein, to whom she was attracted by, more than an authentic feeling of love, a genuine sharing of intellectual and artistic interests. But the prince died during a crossing to the United States where he had decided to settle to practice his profession as tenor singer and where his fiancé would have joined him. Abandoning artistic projects and shattered by the collapse of her expected marriage, the following year Bertha, driven by economic hardship and also by the desire to become independent from her mother, decided to put to good use the education she had received and to propose herself as a private instructor for the children of the nobility. She thus entered the home of Baron Suttner in the role of educator for his four daughters. There were also two of the three sons still living in the large stately home in the heart of Vienna. Bertha, seven years older, entered into a relationship with the youngest, 23-year-old Arthur Gundaccar. It aroused such hostility from the Suttner family that Bertha, hearing notice that Alfred Nobel was looking for a personal secretary, left the Suttner home for Paris. The collaboration was short-lived, as Nobel left Paris after two months and Bertha had to give up the job. However, the brief acquaintance did not fail to produce its fruits as the two kept in constant correspondence and had the opportunity to meet later. At this point she briefly returned to her homeland to marry, in secret, Arthur, with whom she made the decision to move to the Caucasus. Here the friendship with the princess of Mingrelia, Ekaterina Dadiani, and with other nobles known in Europe allowed the two to integrate into the local society and to be employed in occasional but necessary jobs for their livelihood. The years 1877-1878 represented a turning point. With the outbreak of the Russo-Turkish war, Bertha and Arthur experienced direct contact with a war for the first time, and both embarked on the paths of writing. Arthur devoted himself above all to chronicles and tales of Georgian life and history, which had considerable success and brought him a good income. As for Bertha, first she composed serial stories which she sent to the Viennese newspaper Die Presse, later she switched to a "hybrid" narrative genre - literary, scientific, autobiographical - from which the book Inventarium einer Seele (1883) was born, which contained her first reflections on the themes of war and peace. In 1885, the couple, accompanied by their success in the literary field and forgiven by their families, returned to their homeland, where they were welcomed in the castle of Hermannsdorf to which the Suttners had moved.

 

 

In Paris in 1886, the couple met Nobel and other intellectuals there, including Ernest Renan and Alphonse Daudet, who put them in contact with the International Peace and Arbitration Association, founded by the English philanthropist Hodgson Pratt. Bertha received an invitation from the Association to set up an international court of arbitration to resolve conflicts between states and a league for peace in all major European cities. In 1889 Bertha published, under the pseudonym of "Jemand" (Someone), Das Maschinenzeitalter (The Age of Machines), in which she harshly attacked nationalism and the arms race and bluntly criticized the principle underlying the motto Si vis pacem, para bellum (If you want peace, prepare for war). In the same year she published her best known work, Die Waffen nieder! (Lay Down Your Arms!). Written in the form of an autobiography, the novel has Martha Althaus, the daughter of a general, as its protagonist. It tells of her painful journey through the wars that destroyed her family through violence and disease and made her twice a widow. In the light of these experiences Martha reflects on her past and develops a pacifist consciousness, and even her father and second husband, before dying of war-related causes, became refusers of weapons. In the epilogue, a message of hope is entrusted to the figure of Martha's son, the young Count Rudolf Dotzky. Die Waffen nieder! can certainly be defined as a Bildungsroman, which steps outside out of tradition by having a woman as its protagonist, and for the use of copious documentation - newspapers, war correspondence, archive sources - the reading of which allowed Bertha to express herself with extreme realism in describing the war scenarios and the horrors they produced. The work, translated into over twenty languages, gave the author great international recognition and established her as a key figure in pacifist activism. The following years were marked by Bertha's tireless dedication to building international networks and organizations in favor of peace with the aim, not of "regulating" or "humanizing" war, but of eliminating it through international arbitration. Her intense commitment, which led her to participate in countless initiatives throughout Europe starting from 1891, earned her the nickname "saleswoman for peace". She founded the Austrian Pacifist Society, the Association for the Rejection of Anti-Semitism, and the German Pacifist Society. She took part in the Third Universal Peace Congress held in Rome in November 1891 and in the first Hague Conference in 1899. She contributed to the creation of the Bureau International Permanent de la Paix in Bern and, subsequently, to the birth of the Anglo-German Brotherhood Committee. In 1907 she participated in the Hague Peace Conference which finally achieved the goal of establishing the permanent Court of Arbitration. Bertha's fervor didn’t diminish, even after the death of her husband in December 1902, despite the two being linked by a very strong common understanding fueled by sharing in pacifist battles. In 1905, to crown her commitment, she was awarded the Peace Prize that she herself had inspired Alfred Nobel to create. Her fame as a writer and as an activist earned her constant and not always benevolent attention from the press, which made her a target of ridicule and the subject of numerous caricatures. The fact is that her capacity for political analysis proved to be acute, and let her grasp with far-sightedness the international tensions and the risks they represented to peace. In this context, her last writing, in 1912, Die Barbarisierung der Luft (The Barbarization of the Air), denounced the dangers represented by the technological advancement in the production of armaments, in particular, aeronautics, just as Italy was inaugurating aerial bombardment in the conquest of Libya.

 

 

In August of 1913, at the International Peace Conference in The Hague, Bertha was elected "generalissimo" of the pacifist movement and in May of 1914, a month before her death, she took part in the organization of the XXI Peace Conference, which was to be held in Vienna in September. In those days leading up to the outbreak of the World War I, Stefan Zweig had accidentally passed her on the streets of Vienna. Bertha - “immense and generous Cassandra of our times” – heatedly harangued the writer. “People don't understand what's happening! […]. We were almost at war and once again they kept silent, they hid everything from us! […] Why don't you young people do anything? This thing concerns you first of all! Defend yourself! Unite! Don't leave us old ladies, who no one wants to hear anymore, to do it all!” (Die Welt von Gestern, 1944)

 

Traduzione spagnola
Daniela Leonardi

 

"For her audacity to oppose the horrors of war": por esta razón, Bertha von Suttner recibió en 1905 el Premio Nobel de la Paz, primera de las dieciocho mujeres entre todos aquellos que recibieron este premio desde 1901 hasta 2021. Su imagen figura desde 2002 en el anverso de la moneda de dos euros acuñada por Austria, pero desde 1966 hasta 1985 su retrato con velo de viudedad ya había estado impreso en el billete de mil chelines. En el punto culminante de su notoriedad, en 1909, pocos años antes de su muerte, que se produciría en 1914, había publicado su autobiografía –Memoiren– que comenzaba con estas palabras, que demostraban la plena conciencia de haber vivido un momento crucial: «La razón por la que hago públicas mis experiencias es el hecho de que he conocido a muchas personas interesantes e ilustres entre mis contemporáneos y la participación en un movimiento crecido hasta el punto de producir consecuencias históricas me ha dado la oportunidad de mirar los negocios políticos de nuestro tiempo; por eso, pues, lo que tengo que decir es verdaderamente digno de ser compartido». No es casualidad que la traducción inglesa de su autobiografía, publicada el año siguiente a la edición original, llevara la adición del subtítulo The records of an eventful life. Bertha Sophia Felicita Kinsky von Wchinitz und Tettau nació en Praga el 9 de junio de 1843 hija de un miembro de la alta aristocracia, el mariscal Franz-Josef, fallecido antes de que naciera su hija, y de Sophia Wilhelmine von Körner, perteneciente a la pequeña nobleza local, unos cincuenta años más joven que su marido. Las condiciones de la familia se deterioraron progresivamente: el milieu aristocrático del mariscal de campo se mostró más bien reacio hacia la joven viuda, su hija Bertha y su hijo mayor. Además, su pasión por el juego ponía aún más en peligro las finanzas familiares. Sin embargo, esto no impide que durante algún tiempo la familia pueda vivir dignamente y que Bertha reciba una buena educación, aprenda bien diversas lenguas, música, canto y literatura. En un primer momento la familia se traslada a Brno, capital de Moravia. Bertha tiene cinco años cuando estallan las revoluciones de 1848 y, entre sus recuerdos de infancia, se vislumbra a sí misma que, asomada a la ventana, asiste al tumulto de la multitud en la plaza de abajo.

 

 

Los años de adolescencia transcurren en una alternancia de estancias en el spa de Wiesbaden, donde Bertha tiene la oportunidad de conocer a personajes de la alta sociedad, y varias visitas a las principales ciudades europeas –Berlín, Roma, Venecia, París: verá las capitales de las regiones afectadas por las guerras que, en la segunda mitad del siglo, marcarán el declive gradual de la hegemonía austríaca sobre Europa. Pero la joven condesa, por su misma admisión, permanece indiferente a los grandes cambios políticos que tienen lugar ante sus ojos, a causa de compromisos mundanos y proyectos de matrimonio y de carrera artística: dotada de un discreto talento musical e impulsada por las ambiciones maternas, se dedica al canto con la perspectiva de convertirse en cantante lírica. En 1872 Bertha se compromete con el príncipe Adolf Sayn-Wittgestein-Hohenstein, a quien la une, más que un auténtico sentimiento de amor, un genuino intercambio de intereses intelectuales y artísticos. Pero el príncipe muere en su viaje a los Estados Unidos, donde había decidido establecerse para ejercer la profesión de tenor y donde su novia hubiera debido reunirse con él. Abandonados los proyectos artísticos y rota la perspectiva de un próximo matrimonio, el año siguiente Bertha, empujada por las estrecheces económicas y también por la voluntad de independizarse de la madre, Decide aprovechar la educación recibida y proponerse como institutriz privada de los hijos de la nobleza. Entra así en la casa del barón Suttner, con el papel de educadora de sus cuatro hijas. En la gran casa señorial en el corazón de Viena viven también dos de los tres hijos varones: con el menor, de veintitrés años Arthur Gundaccar, Bertha, siete años mayor, inicia una relación que suscita tal hostilidad por parte de la familia Suttner que la joven, en respuesta a un anuncio de Alfred Nobel en busca de una secretaria personal, se ve obligada a abandonar la casa para irse a París. La colaboración fue de corta duración, ya que Nobel se alejó de París después de dos meses y Bertha tuvo que renunciar al empleo: sin embargo, el breve conocimiento no dejó de producir sus frutos, ya que los dos se mantuvieron en constante relación epistolar y tuvieron la posibilidad de reencontrarse posteriormente. En aquel momento, Bertha regresó brevemente a su país para casarse en secreto con Arthur, con quien tomó la decisión de mudarse al Cáucaso. Aquí la amistad con la princesa de Mingrelia, Ekaterina Dadiani, y con otros nobles conocidos en Europa permitió que los dos se integraran en la sociedad del lugar y se dedicaran a trabajos ocasionales pero necesarios para su sustento. Los años 1877-1878 representaron un punto de inflexión: con el estallido de la guerra ruso-turca, Bertha y Arthur experimentaron por primera vez el contacto físico con un acontecimiento bélico y ambos emprendieron el camino de la escritura. Arthur se dedicó sobre todo a crónicas y relatos de vida e historia georgiana, que tuvieron un notable éxito y le dieron buenas ganancias. En cuanto a Bertha, compuso en un primer momento relatos de apéndice que enviaba al periódico vienés Die Presse, en un segundo momento pasó a un género narrativo “híbrido” –literario, científico, autobiográfico– del que nació el libro Inventarium einer Seele (1883) que contenía sus primeras reflexiones sobre los temas de la guerra y de la paz. En 1885, la pareja, acompañada de la notoriedad alcanzada en el campo literario y perdonada por los familiares, regresa a su patria, donde es acogida en el castillo de Hermannsdorf donde los Suttner se han mudado desde hace tiempo.

 

 

De nuevo en París en 1886, los esposos se reunen con Nobel y otros intelectuales, entre ellos Ernest Renan y Alphonse Daudet, que los ponen en contacto con la International Peace and Arbitration Association, fundada por el filántropo inglés Hodgson Pratt, de quien Bertha recoge la invitación a constituir un Tribunal Internacional de Arbitraje para resolver conflictos entre los Estados y una Liga por la Paz en todas las grandes ciudades europeas. En 1889 Bertha publica, bajo el seudónimo de “Jemand” (Alguien), Das Maschinenzeitalter (La edad de las máquinas), donde ataca duramente el nacionalismo y la carrera de armamentos y critica sin rodeos el principio que subyace al lema Si vis pacem, para bellum. Ese el mismo año publica su obra más conocida, Die Waffen nieder! (¡Bajen las armas!). Escrita en forma de autobiografía, la novela tiene como protagonista a Martha Althaus: hija de un general, cuenta su itinerario de dolor a través de las guerras que han destruido, con la violencia y con las enfermedades, la propia familia y la han hecho dos veces viuda. A la luz de estas experiencias Martha reflexiona sobre su pasado y madura una conciencia pacifista: también el padre y el segundo marido, antes de morir por causas relacionadas con la guerra, invocan el rechazo de las armas. En el epílogo, un mensaje de esperanza se confía a la figura del hijo de Martha, el joven conde Rudolf Dotzky. ¡Bajen las armas! se puede definir sin más un Bildungsroman, una novela de formación, que sale de los cánones tradicionales, aunque no sea por tener como protagonista a una mujer y por el uso de una abundante documentación –periódicos, correspondencias de guerra, fuentes de archivo– cuya lectura permite a Bertha expresarse con extremo realismo al describir los escenarios bélicos y el horror que de ellos deriva. La obra, traducida a más de veinte lenguas, le dio a la autora una gran notoriedad internacional y la consagró como figura clave del activismo pacifista. Los años siguientes están marcados por la incansable dedicación de Bertha a la construcción de redes y organizaciones internacionales en favor de la paz con el objetivo no de “regular“ o “humanizar” la guerra, sino de eliminarla mediante el arbitraje internacional. Su capacidad de acción, que la hace participar en innumerables iniciativas en toda Europa desde 1891, le vale el apelativo de “vendedora de la paz”. Funda la Sociedad Pacifista Austriaca, la Asociación para el Rechazo del Antisemitismo, la Sociedad Pacifista Germánica; participa en el III Congreso Universal de la Paz que se celebra en Roma en noviembre de 1891 y en la primera Conferencia de La Haya en 1899; contribuye a la creación del Bureau international permanent de la paix en Berna y, posteriormente, al nacimiento del Comité de hermandad anglo-alemán; en 1907 participa en la Conferencia por la paz de La Haya que realiza, por fin, el objetivo de instituir el Tribunal Permanente de Arbitraje. El fervor de Bertha no sufre contratiempos ni siquiera después de la muerte de su marido, en diciembre de 1902, a pesar de que los dos estuvieran muy unidos en su amor por las batallas pacifistas. En 1905, como coronación de su compromiso, se le concede el premio de la paz que ella misma había inspirado a Alfred Nobel. Su fama como escritora y activista le valió una constante y no siempre benévola atención por parte de la prensa, que no dejó de hacer de ella un blanco de burla y sujeto de numerosas caricaturas. De hecho, su capacidad de análisis político resultó tan aguda que le permitió captar con visión de futuro las tensiones internacionales y los riesgos que representaban para la paz. En este marco, su último escrito, en 1912, Die Barbarisierung der Luft (El embalse del aire), denunciaba los peligros que representa el avance tecnológico en la producción de armamentos, en particular en la aeronáutica, Justo cuando Italia inauguraba los bombardeos aéreos en la conquista de Libia.

 

 

En agosto de 1913, en la Conferencia Internacional de Paz de La Haya, Bertha fue elegida “generalísima” del movimiento pacifista y en mayo de 1914, un mes antes de su muerte, participó en la organización de la XXI Conferencia de Paz, que debía celebrarse en Viena en septiembre. En aquellos días antes del estallido de la guerra, Stefan Zweig se había cruzado con ella en las calles de Viena. Bertha –“inmensa y generosa Cassandra de nuestros tiempos”– con fervor le apostrofó al escritor: «¡La gente no entiende lo que está pasando! [... ]. ¡Casi estábamos en guerra y una vez más han callado, nos lo han ocultado todo! [... ¿Por qué no hacéis nada los jóvenes? ¡Esto es sobre ustedes antes que nadie! ¡Defendeos! ¡Úniros! No dejéis que lo hagamos todo nosotras, unas viejas señoras que ya nadie quiere escuchar». (Die Welt von Gestern, 1944)

 

Sottocategorie

 

 

 Wikimedia Italia - Toponomastica femminile

    Logo Tf wkpd

 

CONVENZIONE TRA

Toponomastica femminile, e WIKIMEDIA Italia