Veronika Dudárova
Valeria Pilone




Martina Zinni

 

Ricordare Veroníka Dudárova tra le donne che si sono distinte nel campo della musica è un atto certamente coraggioso in tempo di guerra russo-ucraina. È stata una personalità importante, considerata come una delle migliori musiciste di Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Minsk e Novosibirsk. Dare spazio alla conoscenza della biografia di Veroníka Dudárova vuole essere anche un atto di libertà espressiva nello stordimento e smarrimento generale provocato dalle atrocità belliche subite dalla popolazione ucraina, che – tra l’altro – ha causato un’operazione di respingimento di artisti e artiste russe dai palchi e dagli eventi europei, operazione a cui abbiamo assistito dall’inizio del conflitto e che ci appare tanto sproporzionata quanto non pertinente alle logiche della guerra. Veroníka Dudárova ha avuto una brillante creatività artistica, si è esibita in molti tour in diversi paesi del mondo, sempre con grande successo (in rete si trovano ampie sezioni con video delle sue direzioni), ed è stata la prima donna russa a dirigere un’orchestra.

Era nata nel 1916 a Baku, in Azerbaigian, in una famiglia di nobili osseti (il gruppo etnico di maggioranza dell’Ossezia, regione storica a nord del Caucaso, al confine tra Georgia e Russia). Aveva iniziato a suonare il piano all’età di cinque anni presso l’Accademia di musica Hajibeyov di Baku e poi a Leningrado con Pavel Serebryakov, il famoso interprete di Rachmaninov. Nel 1947 si era diplomata al Conservatorio di Mosca ed era entrata a far parte dell’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca come direttrice junior, e solo dopo tredici anni ha potuto assumere il ruolo di direttrice principale. Al Conservatorio di Mosca aveva preso lezioni di direzione d’orchestra con Nikolai Anosov e studiato musicologia con Lev Ginzburg. Nel 1991, dopo la caduta del comunismo, ha fondato l’Orchestra Sinfonica della Russia, che ha diretto fino al 2003. È morta a Mosca il 15 gennaio 2009. Veroníka era una persona molto talentuosa, il suo stile nella direzione dell’orchestra era coreografico, i suoi movimenti espressivi, era in grado di ricreare un’atmosfera magica che rendeva brillanti le sue esecuzioni per bellezza estetica e armonia, come confermato da tanti critici musicali. Con tanto tenace studio era riuscita a esprimere tutti gli stili e le tendenze del panorama musicale, dalla musica classica a quella più moderna, durante l’arco di una longeva carriera. Aveva anche un’attenzione per giovani musicisti e musiciste, che faceva lavorare con lei impartendo autentiche lezioni di direzione orchestrale. Chi ha collaborato con lei ne riferisce come di una Maestra d’orchestra di talento innato e una persona creativa dalle spiccate doti umane, musicali e artistiche, oltre che molto generosa con colleghi e colleghe, che riusciva – a fatica ma instancabilmente – a portare fuori dall’Unione Sovietica in tournée.

«La gente dice che dirigere un’orchestra non è una professione femminile. Non è vero! Quando Veronika Dudárova era in piedi vicino al palco aveva una tale aura, un tale potere nei suoi gesti, nei suoi occhi, controllava assolutamente l’orchestra», ha affermato la musicologa russa Zhanna Dozortseva. Questa immagine rievoca alla mente le direzioni di una nostra grande Maestra d’orchestra, Gianna Fratta, la cui difesa della parità di genere in un mondo da sempre considerato appannaggio dei maschi, è tenace e risoluta come il suo talento. La Maestra Fratta, infatti, in un post su Facebook scriveva: «Ancora oggi, il 19 aprile 2023, esistono giornali (come un quotidiano siculo in un articolo dell’altro giorno) che parlano di me scrivendo Gianna Fratta, la moglie di Piero Pelù. No, ma dico, puoi definirmi direttrice d’orchestra, pianista, cavaliere della Repubblica, docente di composizione, Presidente della Camerata Musicale Barese, puoi parlare dei miei titoli di studio (6 lauree di secondo livello, ad esempio, tra cui una laurea in legge), puoi dire delle mie presenze nei cda di varie istituzioni culturali italiane, puoi dire dei miei primati come direttrice d’orchestra in tutto il mondo... e invece scrivi “la moglie di...”. La strada da fare è davvero tantissima!».

Come la maggior parte dei direttori d’orchestra sovietici, Dudárova sosteneva compositori russi tradizionali come Ciajkovskij, Miakovsky, Glazunov, Liadov e Khatchaturian. Tuttavia, non era contraria alla musica di Shostakovich, tra i più importanti compositori sovietici che non aveva avuto un rapporto sempre facile con il potere (nel 1983 ne eseguì la Decima Sinfonia e il Primo Concerto per pianoforte con l’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca e il pianista Alexander Slobodnyak). Nel 1987 è apparsa nel film documentario svedese, dal titolo eloquente, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titolo originale: Dirigenterna) sulle donne direttrici d’orchestra, diretto da Christina Olofson, in cui compaiono JoAnn Falletta e Victoria Bond dagli Stati Uniti, Kerstin Nerbe e Ortrud Mann dalla Svezia, Veroníka Dudárova e Camilla Kolchinsky dall’Urss, che condividono la passione per la musica e il coraggio di rompere gli stereotipi di un mondo prettamente maschile e di affrontare nuove sfide. Proprio Dudárova nel documentario afferma: «Solo i soldati poveri non vogliono essere generali», lei che nel 1977, in piena Guerra Fredda, era stata criticata dal Washington Post come eccessivamente melodrammatica («sembra essere una direttrice molto competente, anche se con un approccio estremamente rilassato alla musica il cui ingrediente essenziale è l’eccitazione drammatica»). Ha lavorato con passione fino alla fine. All’età di 85 anni ha diretto la Pathétique di Ciajkovskij nella Sala dei Concerti della Città Proibita di Pechino. Il novantesimo compleanno lo ha celebrato con un concerto a Mosca, in cui ha festeggiato dirigendo il Bolero di Ravel.

In occasione di quello che sarebbe stato il suo 101º compleanno, Google l’ha ricordata con un bellissimo Doodle che la raffigura mentre guida le lettere di Google – come un gruppo di musicisti – in un’esibizione appassionata e drammaticamente efficace. È iscritta nel Guinness dei primati come unica donna al mondo ad aver diretto grandi orchestre filarmoniche per oltre mezzo secolo e a lei è stato intitolato un asteroide della fascia principale, 9737 Dudárova, appartenente alla regione del sistema solare situata tra le orbite di Marte e di Giove. Di questo ne era stata felicissima: «Avere un pianeta che porta il tuo nome è il miglior onore che possa essere concesso a chiunque», aveva detto.

Tra le sue migliori esecuzioni si ricordano la Messa in si minore di Bach, lo Stabat Mater di Pergolesi, il Requiem di Verdi, John Damascene di Taneyev, il Requiem di Mozart, e ancora sinfonie di Beethoven, Brahms, Ciajkovskij, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, composizioni di Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Era, infatti, un’interprete sensibile di classici russi e sovietici, ma anche di partiture moderne d’avanguardia e musica barocca, opere del classicismo e del romanticismo europei. La storia di Veroníka Dudárova è un altro tassello nel cosmo delle generazioni di donne che non hanno avuto bisogno di sentirsi inferiori agli uomini in termini di bravura, talento, competenze, in nessun settore, mai.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Se souvenir de Veroníka Dudárova parmi les femmes qui se sont distinguées dans le domaine de la musique est certainement un acte courageux en temps de guerre russo-ukrainienne. Elle a été une personnalité importante, considérée comme l’une des meilleures musiciennes de Moscou, Saint-Pétersbourg, Kiev, Minsk et Novosibirsk. Faire connaître la biographie de Veroníka Dudárova est aussi un acte de liberté d’expression dans le vertige et la confusion générale provoqués par les atrocités de guerre subies par la population ukrainienne, qui - entre autres - ont conduit à une opération de rejet des artistes russes des scènes et des événements européens, opération à laquelle nous avons assisté dès le début du conflit et qui nous semble aussi disproportionnée qu’irrelevante aux logiques de la guerre. Veroníka Dudárova a eu une brillante créativité artistique, elle s’est produite dans de nombreuses tournées à travers le monde, toujours avec grand succès (on trouve sur internet de nombreuses vidéos de ses directions), et elle a été la première femme russe à diriger un orchestre.

Elle est née en 1916 à Bakou, en Azerbaïdjan, dans une famille de nobles ossètes (le groupe ethnique majoritaire en Ossétie, région historique au nord du Caucase, à la frontière entre la Géorgie et la Russie). Elle a commencé à jouer du piano à l'âge de cinq ans à l'Académie de musique Hajibeyov de Bakou, puis à Leningrad avec Pavel Serebryakov, l'interprète célèbre de Rachmaninov. En 1947, elle s’est diplômée du Conservatoire de Moscou et a rejoint l'Orchestre symphonique d'État de Moscou en tant que directrice junior, et ce n'est qu'après treize ans qu'elle a pu assumer le rôle de directrice principale. Au Conservatoire de Moscou, elle a pris des cours de direction d'orchestre avec Nikolaï Anosov et a étudié la musicologie avec Lev Ginzburg. En 1991, après la chute du communisme, elle a fondé l'Orchestre symphonique de Russie, qu'elle a dirigé jusqu'en 2003. Elle est décédée à Moscou le 15 janvier 2009. Veroníka était une personne très talentueuse, son style de direction d'orchestre était chorégraphique, ses mouvements expressifs, elle était capable de recréer une atmosphère magique qui rendait ses exécutions brillantes par leur beauté esthétique et leur harmonie, comme confirmé par de nombreux critiques musicaux. Par un travail acharné, elle a réussi à exprimer tous les styles et tendances du panorama musical, de la musique classique à la plus moderne, tout au long d'une longue carrière. Elle accordait aussi une attention particulière aux jeunes musiciens, qu'elle faisait travailler avec elle en leur donnant de véritables leçons de direction d'orchestre. Ceux qui ont collaboré avec elle la décrivent comme une Maestra d'orchestre de talent inné et une personne créative aux grandes qualités humaines, musicales et artistiques, en plus d'être très généreuse avec ses collègues, qu'elle parvenait – avec difficulté mais inlassablement – à emmener en tournée en dehors de l'Union soviétique.

«Les gens disent que diriger un orchestre n'est pas une profession féminine. Ce n'est pas vrai ! Quand Veronika Dudárova se tenait près de la scène, elle avait une telle aura, une telle puissance dans ses gestes, dans ses yeux, elle contrôlait absolument l’orchestre», a déclaré la musicologue russe Zhanna Dozortseva. Cette image me rappelle la direction d'un de nos grands professeurs d'orchestre, Gianna Fratta, dont la défense de l'égalité des sexes dans un monde qui a toujours été considéré comme l'apanage des hommes, est aussi tenace et résolue que son talent. En effet, Maestra Fratta a écrit dans un post Facebook : «Aujourd'hui encore, 19 avril 2023, il y a des journaux (comme un quotidien sicilien dans un article l'autre jour) qui parlent de moi en écrivant Gianna Fratta, la femme de Piero Pelù. Non, mais je dis que vous pouvez m'appeler chef d'orchestre, pianiste, chevalier de la République, professeur de composition, président de la Camerata Musicale Barese, vous pouvez parler de mes qualifications (6 licences, par exemple, dont une en droit), vous pouvez parler de mes présences dans les conseils d'administration de diverses institutions culturelles italiennes, vous pouvez parler de mes records en tant que cheffe d'orchestre dans le monde entier... et au lieu de cela vous écrivez "l'épouse de...". Le chemin à parcourir est encore très long !».

Comme la plupart des chefs d'orchestre soviétiques, Dudárova soutenait les compositeurs russes traditionnels tels que Tchaïkovski, Maïakovski, Glazounov, Liadov et Khatchatourian. Cependant, elle n'était pas opposée à la musique de Chostakovitch, l'un des compositeurs soviétiques les plus importants qui n'avait pas toujours eu une relation facile avec le pouvoir (en 1983, elle a interprété sa Dixième Symphonie et son Premier Concerto pour piano avec l'Orchestre symphonique d'État de Moscou et le pianiste Alexander Slobodnyak). En 1987, elle est apparue dans le film documentaire suédois, au titre éloquent, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titre original: Dirigenterna) sur les femmes cheffes d'orchestre, réalisé par Christina Olofson, dans lequel apparaissent JoAnn Falletta et Victoria Bond des États-Unis, Kerstin Nerbe et Ortrud Mann de Suède, Veroníka Dudárova et Camilla Kolchinsky de l'URSS, qui partagent la passion pour la musique et le courage de briser les stéréotypes d'un monde purement masculin et de faire face à de nouveaux défis. Dudárova elle-même affirme dans le documentaire : «Seuls les soldats pauvres ne veulent pas être généraux», elle qui en 1977, en pleine Guerre froide, a été critiquée par le Washington Post comme étant excessivement mélodramatique («elle semble être une directrice très compétente, même si avec une approche extrêmement détendue de la musique dont l'ingrédient essentiel est l'excitation dramatique»). Elle a travaillé avec passion jusqu'à la fin. À l'âge de 85 ans, elle a dirigé la Pathétique de Tchaïkovski dans la Salle des Concerts de la Cité Interdite à Pékin. Elle a célébré son quatre-vingt-dixième anniversaire avec un concert à Moscou, où elle a fêté en dirigeant le Boléro de Ravel.

À l'occasion de ce qui aurait été son 101e anniversaire, Google lui a rendu hommage avec un magnifique Doodle la représentant en train de diriger les lettres de Google – comme un groupe de musiciens – dans une performance passionnée et dramatiquement efficace. Elle est inscrite dans le Livre Guinness des records comme la seule femme au monde à avoir dirigé de grands orchestres philharmoniques pendant plus d'un demi-siècle et un astéroïde de la ceinture principale, 9737 Dudárova, appartenant à la région du système solaire située entre les orbites de Mars et de Jupiter, porte son nom. Elle en était très heureuse : «Avoir une planète qui porte votre nom est le plus grand honneur que l'on puisse accorder à quiconque», avait-elle déclaré.

Parmi ses meilleures interprétations, on se souvient de la Messe en si mineur de Bach, du Stabat Mater de Pergolesi, du Requiem de Verdi, de John Damascene de Taneïev, du Requiem de Mozart, ainsi que des symphonies de Beethoven, Brahms, Tchaïkovski, Rachmaninov, Chostakovitch, Maïakovski, des compositions de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Elle était, en effet, une interprète sensible des classiques russes et soviétiques, mais aussi des partitions modernes d'avant-garde et de musique baroque, des œuvres du classicisme et du romantisme européens. L'histoire de Veroníka Dudárova est un autre maillon dans le cosmos des générations de femmes qui n'ont pas eu besoin de se sentir inférieures aux hommes en termes de compétence, de talent et de compétence, dans aucun domaine, jamais.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Remembering Veroníka Dudárova among women who have distinguished themselves in the field of music is certainly a bold act in times of the Russian-Ukrainian war. She was an important personality, regarded as one of the best musicians in Moscow, St. Petersburg, Kiev, Minsk and Novosibirsk. Giving space to acknowledge Veroníka Dudárova's life is also an act of freedom of expression in the general pain and bewilderment caused by the war atrocities suffered by the Ukrainian population, which - among other things - caused a withdrawal of Russian artists from European stages and events, a phenomena we have witnessed since the beginning of the conflict and which appears to us as disproportionate, as it is not pertinent to the logic of war. Veroníka Dudárova had brilliant artistic creativity, she performed on many tours in different countries of the world, always with great success (there is an ample selection of videos of her conducting on the net), and she was the first Russian woman to conduct an orchestra.

She was born in 1916 in Baku, Azerbaijan, into a family of noble Ossetians (the majority ethnic group of Ossetia, a historical region north of the Caucasus, on the border between Georgia and Russia). She started playing the piano at the age of five at the Hajibeyov Academy of Music in Baku and then in Leningrad with Pavel Serebryakov, the famous interpreter of Rachmaninov. In 1947 she graduated from the Moscow Conservatory and joined the Moscow State Symphony Orchestra as a junior conductor, and only after thirteen years was she able to assume the role of principal conductor. At the Moscow Conservatory she had taken conducting lessons with Nikolai Anosov and studied musicology with Lev Ginzburg. In 1991, after the fall of communism, she founded the Symphony Orchestra of Russia, which she conducted until 2003. She died in Moscow on January 15, 2009. Veroníka was a very talented person. Her style in conducting the orchestra was choreographic, and with her expressive movements, she was able to recreate a magical atmosphere that made her performances brilliant for aesthetic beauty and harmony, as confirmed by many music critics. With much tenacious study she had managed to express all the styles and trends of the musical panorama, from classical to more modern music, during the span of a long career. She also had an eye for young musicians, male and female, who she had work with her by giving critical lessons in orchestral conducting. Those who collaborated with her refer to her as an orchestra teacher of innate talent and a creative person with marked human, musical and artistic talents, as well as being very generous with male and female colleagues, and who managed - with difficulty, but tirelessly - to bring them out from the Soviet Union on tour.

“People say conducting an orchestra is not a female profession. It is not true! When Veronika Dudárova was standing near the stage she had such an aura, such a power in her gestures, in her eyes, she absolutely controlled the orchestra,” said Russian musicologist Zhanna Dozortseva. This image brings to mind the direction of one of our great orchestra teachers, Gianna Fratta, whose defense of gender equality in a world that has always been considered the prerogative of males, is as tenacious and resolute as her talent. Maestra Fratta wrote in a post on Facebook: “Even today, on April 19, 2023, there are newspapers (like a Sicilian newspaper in an article from the other day) that talk about me by writing ‘Gianna Fratta, the wife of Piero Pelù.’ No, but I mean, can you define me as conductor, pianist, Knight of the Republic, teacher of composition, President of the Camerata Musicale Barese, can you talk about my educational qualifications (6 second level degrees, for example, including a degree in law), you can tell about my presence on the board of directors of various Italian cultural institutions, you can tell about my records as conductor of an orchestra all over the world... and instead they write ‘the wife of...’. There is really a long way to go!”.

Like most Soviet conductors, Dudárova championed traditional Russian composers such as Tchaikovsky, Myakovsky, Glazunov, Liadov and Khatchaturian. However, she was not against the music of Shostakovich, one of the most important Soviet composers who had not always had an easy relationship with power (in 1983 she performed his Tenth Symphony and First Piano Concerto with the Moscow State Symphony Orchestra and pianist Alexander Slobodnyak). In 1987 she appeared in the eloquently titled Swedish documentary film A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (original title: Dirigenterna) about women conductors, directed by Christina Olofson, featuring JoAnn Falletta and Victoria Bond from the U.S., Kerstin Nerbe and Ortrud Mann from Sweden, and Veroníka Dudárova and Camilla Kolchinsky from the USSR, who share a passion for music and the courage to break the stereotypes of a purely male world and take on new challenges. Dudárova herself says in the documentary, "Only poor soldiers don't want to be generals," she who in 1977, at the height of the Cold War, had been criticized by the Washington Post as overly melodramatic ("she seems to be a very competent conductor, though with an extremely relaxed approach to music whose essential ingredient is dramatic excitement"). She worked passionately until the end. At age 85, she conducted Tchaikovsky's Pathétique in the Forbidden City Concert Hall in Beijing. She celebrated her 90th birthday with a concert in Moscow, where she celebrated by conducting Ravel's Bolero.

On the occasion of what would have been her 101st birthday, Google remembered her with a beautiful Doodle depicting her leading the Google letters - as a group of musicians - in a passionate and dramatically effective performance. She is inscribed in the Guinness Book of Records as the only woman in the world to have conducted large philharmonic orchestras for more than half a century, and an asteroid in the main belt, belonging to the region of the solar system located between the orbits of Mars and Jupiter, 9737 Dudárova, was named after her. Of this she had been overjoyed: "To have a planet named after you is the best honor that can be bestowed on anyone," she had said.

Among her best performances were Bach's Mass in B minor, Pergolesi's Stabat Mater, Verdi's Requiem, Taneyev's John Damascene, Mozart's Requiem, and symphonies by Beethoven, Brahms, Tchaikovsky, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, compositions by Strauss, Debussy, Ravel, and Gershwin. She was, in fact, a sensitive interpreter of Russian and Soviet classics, but also of modern avant-garde scores and baroque music, works of European classicism and romanticism. Veroníka Dudárova's story is another piece in the cosmos of generations of women who did not need to feel inferior to men in terms of prowess, talent, skills, in any field, ever.


Traduzione spagnola

Aurora Di Stefano

Recordar a Veroníka Dudárova entre las mujeres que se distinguieron en el campo de la música es un acto ciertamente valiente en tiempos de guerra ruso-ucraniana. Fue una personalidad importante, considerada como una de las mejores músicas de Moscú, San Petersburgo, Kiev, Minsk y Novosibirsk. Dar espacio al conocimiento de la biografía de Veroníka Dudárova quiere ser también un acto de libertad de expresión en el aturdimiento y extravío general provocados por las atrocidades bélicas sufridas por la población ucraniana, que –entre otras cosas– ha causado una operación de rechazo de artistas rusos y rusas en los escenarios y en los eventos europeos, operación a la que hemos asistido desde el comienzo del conflicto y que nos parece tan desproporcionada como no pertinente a las lógicas de la guerra. Veroníka Dudárova tuvo una brillante creatividad artística, actuó en muchas giras en diferentes países del mundo, siempre con gran éxito (en línea se encuentran amplias secciones con vídeos de sus direcciones), y fue la primera mujer rusa en dirigir una orquesta.

Había nacido en 1916 en Bakú, en Azerbaiyán, en una familia de nobles osetios (el grupo étnico mayoritario de Osetia, una región histórica en el norte del Cáucaso, en la frontera entre Georgia y Rusia). Empezó a tocar el piano a los cinco años en la Academia de Música de Bakú y después en Leningrado con Pavel Serebryakov, el famoso intérprete de Rajmáninov. En 1947 se graduó en el Conservatorio de Moscú y se unió a la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú como directora júnior, cuyo cargo de directora principal solo pudo asumir después de trece años. Tomó clases de directora de orquesta en el conservatorio de Moscú con Nikolai Anosov y estudió musicología con Lev Ginzburg. En 1991, tras la caída del comunismo, fundó la Orquesta Sinfónica de Rusia, que dirigió hasta 2003. Murió en Moscú el 15 de enero de 2009. Veroníka era una persona talentosa, su estilo en la dirección de la orquesta era coreográfico, sus movimientos expresivos, lograba recrear una atmósfera mágica que hacía brillar sus ejecuciones por su belleza estética y su armonía, como han confirmado numerosos críticos musicales. Gracias a su tenacidad en el estudio, durante su larga carrera consiguió expresar todos los estilos y las tendencias del panorama musical, desde la música clásica hasta la más moderna. También dedicaba una atención especial hacia jóvenes músicos y músicas, a quienes hacía trabajar con ella impartiendo auténticas clases de dirección de orquesta. Quien ha colaborado con ella habla de una Maestra de orquesta con un talento innato y de una persona creativa con grandes dotes humanas, musicales y artísticas, además de ser muy generosa con sus compañeros y compañeras, que lograba –con dificultades pero incansablemente– llevar de gira fuera de la Unión Soviética.

Como sostuvo la musicóloga rusa Zhanna Dozortseva «La gente dice que dirigir una orquesta no es una profesión femenina. No es cierto! Cuando Veroníka Dudárova estaba de pie en el escenario tenía un aura, un poder en sus gestos, en sus ojos, controlaba la orquesta por completo». Esta imagen nos recuerda las direcciones de una gran Maestra de orquesta italiana, Gianna Fratta, cuya defensa de la equidad de género –en un mundo desde siempre en manos de los varones– es tenaz y decidida como su talento. En efecto, la Maestra Fratta, escribía hace poco más de un año en un post de Facebook: «Aún hoy, el 19 de abril de 2023, hay periódicos (como uno siciliano en un artículo del otro día) que habla de mí escribiendo “Gianna Fratta, la mujer de Piero Pelù”. Digo yo, me puedes definir directora de orquesta, pianista, cavaliere de la República italiana, docente de composición, Presidente de la Camerata Musicale Barese, puedes hablar de mis títulos de estudio (6 licenciaturas , entre ellas una en Derecho), puedes hablar de mi presencia en la junta directiva de varias asociaciones culturales italianas, puedes hablar de mis logoros como directora de orquesta en todo el mundo… y en cambio escribes “la esposa de…”. ¡Realmente aún queda mucho camino por hacer!».

Como la mayoría de directores de orquesta rusos, Dudárova sotenía a los compositores rusos tradicionales como Chaikovski, Miakovsky, Glazunov, Liadov y Khatchaturian. Sin embargo, no tenía nada en contra de la música de Shostakovich, uno entre los mayores compositores soviéticos que no siempre había tenido una relación fácil con el poder (en 1983 dirigió su Décima sinfonía y el Primer Concierto para piano con la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú y con el pianista Alexander Slobodnyak). En 1987 apareció en el documental sueco A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (título original: Dirigenterna), cuyo título es elocuente: trata de las mujeres directoras de orquesta. Dirigido por Christina Olofson, aparecen JoAnn Falletta y Victoria Bond de Estados Unidos, Kerstin Nerbe y Ortrud Mann de Suecia, Veroníka Dudárova y Camilla Kolchinsky de la Urss, que comparten la pasión por la música y la audacia de romper los estereotipos de un mundo preponderantemente masculino y de afrontar nuevos desafíos. Precisamente en el documental Dudárova afirma que: «Solamente los soldados pobres no quieren ser generales», ella que en 1977, en plena Guerra Fría, fue criticada por el Washington Post como excesivamente melodramática («Parece una directora competente, aunque con un acercamiento a la música extremadamente relajado cuyo ingrediente esencial es la excitación dramática»). Trabajó con pasión hasta el final: con 85 años dirigió la Pathétique di Chaikovski en la Sala de Conciertos de la Ciudad Prohibida de Pequín y celebró los noventa años con un concierto en Moscú dirigiendo el Bolero de Ravel.

En ocasión de su 101 cumpleaños virtual, Google la recordó con un bellísimo Doodle en el que dirige las letras de Google –como un grupo de músicos– en una exhibición apasionada y dramáticamente eficaz. Aparece en el Libro Guiness de los Récords como única mujer en el mundo que ha dirigido grandes orquestas filarmónicas durante más de medio siglo; el asteroide 9737 del cinturón principal, perteneciente a la región del sistema solar, situado entre las órbitas de Marte y de Júpiter, lleva su nombre: asteroide 9737 Dudárova. Estuvo muy contenta de ello: «Que haya un planeta que lleva tu propio nombre es el mejor honor que se le puede conceder a alguien» dijo.

Entre sus mejores ejecuciones, recordamos la Misa en sí menor de Bach, el Stabat Mater de Pergolesi, el Requiem de Verdi, John Damascene de Taneyev, el Requiem de Mozart; sinfonias de Beethoven, Brahms, Chaikovski, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky; composiciones de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Efectivamente, era una intérprete sensible de los clásicos rusos y soviéticos, pero también de partituras modernas de vanguardia y de música barroca, obras del clacisismo y del romanticismo europeos. La historia de Veroníka Dudárova es otra tesela en el cosmos de las generaciones de mujeres que no han necesitado sentirse inferiores a los hombres en términos de capacidades, talento, competencias, en ningún sector, jamás.

 

Vítězslava Kaprálová
Virginia Mariani




Martina Zinni

 

Secondo la classifica di Bachtrack (rivista di musica online internazionale con sede a Londra che pubblica elenchi di musica classica, opera, balletto e danza, nonché recensioni, interviste e articoli di carattere generale), ci sono otto donne tra le/i cento migliori direttori d'orchestra del mondo oggi. E, se non ci fosse lei, forse nessuna di loro ci sarebbe! Purtroppo è vissuta soltanto venticinque anni, Vitulka, come veniva spesso chiamata la compositrice e direttrice d'orchestra. La madre era una stimata cantante e insegnante di canto e il padre un compositore e insegnante di musica: per questo, molto probabilmente, il suo talento si è manifestato fin dall'infanzia e a nove anni, infatti, ha scritto la sua prima composizione: V říši bájí (Nel regno delle favole). 

Vítězslava Kaprálová è nata il 24 gennaio 1915 a Brno, allora nell'Impero austro-ungarico (ora Repubblica Ceca), in una famiglia intrecciata con la musica ed è stata una compositrice e direttrice d'orchestra. Grazie al padre compositore, Václav Kaprál, e alla mamma cantante, Viktorie Kaprálová, ha studiato composizione con Vilém Petrželka e direzione orchestrale con Zdeněk Chalabala al Conservatorio di Brno. Václav, già allievo di Leoš Janáček, gestiva una scuola di musica, una delle più ricercate del Paese all'epoca: erano così interessanti le sue lezioni che gli alunni si alternavano con lui ogni venti minuti durante il giorno. Viktorie insegnava canto e si esibiva nelle sale da concerto. La musica è stata, quindi, una parte essenziale della vita di Vítězslava fin dall'inizio e i suoi genitori si resero presto conto che aveva ereditato la loro passione e le facevano fare ore e ore di pratica, ascoltando e analizzando opere musicali straniere ogni giorno. Essendo nata durante la Prima guerra mondiale, tutta la sua breve vita è stata piena di eventi storici significativi. I Kapral hanno cresciuto la loro figlia nel rispetto della coscienza nazionale e della libertà e della democrazia duramente conquistate nell'autunno del 1918: forse è per questo che Vitka a soli dieci anni ha dedicato una delle sue prime composizioni a T. G. Masaryk, fondatore e primo presidente della Cecoslovacchia.

Nella sua attività artistica ha composto musica per pianoforte solo, canzoni altamente considerate, un quartetto d'archi, un trio per legni, musica per violoncello e anche per violino e pianoforte, una cantata con accompagnamento orchestrale, due concerti per pianoforte, due suite orchestrali, una sinfonietta e un concertino per clarinetto, violino e orchestra; la sua prima opera fu scritta all'età di diciassette anni. Vivace e ambiziosa, ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e possiamo immaginare che, in quanto donna, non abbia avuto vita facile in un mondo orchestrale prettamente maschile… ma tutto ciò che doveva fare era prendere la bacchetta in mano e "bacchettare" i colleghi. Nel 1930 entrò al Conservatorio di Brno, dove iniziò a studiare composizione con Vilém Petrželka e direzione d'orchestra con Zdeněk Chalabala. Si diplomò nel 1935 con la composizione del Concerto per pianoforte in re minore, che diresse durante la cerimonia di laurea. Entrò poi al Conservatorio di Praga sotto la guida dell'influente compositore Vítězslav Novák. Qui ha anche imparato da uno dei più importanti direttori cechi del XX secolo: Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová mentre dirige un’orchestra

Nel suo lavoro è stata ispirata principalmente dalla natura, dalla sua bellezza e dal suo mistero. Ha trovato una fortunata vena, per esempio, nel pittoresco villaggio di Tři Studně, nel centro del Žďárské Vrchy, area paesaggistica protetta, dove i Kaprál erano soliti andare al loro cottage. Oltre alla bellezza della natura, è stata ispirata dalle opere di importanti poeti, come Vítězslav Nezval, Jan Neruda e Fráňa Šrámek. Dall'ottobre 1937 Kaprálová visse a Parigi, dove ricevette una borsa di studio per ulteriori studi. All'Ecole Normale de Musique de Paris si iscrisse alla classe di direttore d'orchestra Charles Munch e frequentò pure lezioni private con Bohuslav Martinů. Alla fine, anche se lui era sposato e lei era fidanzata con Rudolf Kopecký, ebbero una storia d'amore. Si recò brevemente in Gran Bretagna per partecipare al festival della International Society for Contemporary Music. «La sera ho aperto il concerto subito dopo l'inno. Un signore mi disse che il mio numero era il più bello fino ad allora e che il mondo avrebbe sentito parlare molto di me in modo che un giorno me lo ricordassi», scrisse ai suoi genitori a Londra nel 1938. Poi partì per Brno, ma terminò la sua ultima visita dopo pochi mesi e tornò a Parigi. Poco dopo, compose due brani in memoria del celebre scrittore Karel Čapek, pianto da tutta la nazione ceca.

Vítězslava Kaprálová con Václav Kaprál e Bohuslav Martinů

Dopo che l'esercito tedesco marciò nel resto della ex Cecoslovacchia libera, capitolata il 15 marzo 1939, Kaprálová trovò parziale conforto proprio nella musica. Il negativo stato mentale della compositrice si rifletteva, ad esempio, nella composizione Concertino per violino, clarinetto e orchestra, nella cui partitura scrisse «Giobbe 30:26». Si riferiva a un passo della Bibbia: «Ho aspettato il bene con speranza, e il male è venuto, ho aspettato la luce e sono venute le tenebre». L'occupazione tedesca del suo Paese la distrusse non solo mentalmente, ma anche esistenzialmente: non poteva tornare a casa, non riceveva aiuti finanziari o borse di studio. Ruppe, allora, con il suo fidanzato Kopecký a causa di una diversa visione del mondo, poiché si era unito ai fascisti. Successivamente, ancora a Parigi, incontrò il figlio del pittore Alphonse Mucha, Jiří, scrittore, pubblicista, corrispondente di guerra e traduttore. Un anno dopo, il 23 aprile 1940, si promisero amore eterno davanti all'altare. L'ultima volta che scrisse a "Tatulen e Mamulka" (papà e mamma) fu l'11 maggio 1940: piena di gioia e di emozioni, li informava del suo matrimonio. Indossava un abito azzurro, una camicetta di pizzo, un cappello dello stesso colore blu con fiori bianchi, velo, scarpe e guanti bianchi, un mazzo di gigli tra le mani. «Chiediamo la vostra benedizione e speriamo sia io che il mio caro Jirka che saremo in grado di ripagare tutte le vostre preoccupazioni con amore e conforto…» scriveva.

Quando la lettera arrivò ai suoi genitori, Vítězslava era già stata ricoverata in ospedale a Montpellier, in Francia, con ancora tre settimane di vita. «Sentivo che si stava allontanando, che uno dopo l'altro il legame che la legava a questo mondo si stava strappando e rimaneva solo l'amore. Mi tenne con entrambe le mani, ma si allontanò… Stava cominciando ad albeggiare. Il suo respiro era corto. Poi si fermò per sempre. Le ho messo una mano sugli occhi e le ho detto: 'Addio Vitka'», così il marito Jiří Mucha descrisse la sua dipartita. Il padre lo apprese in agosto durante un festival musicale a Luhačovice. La notizia della morte di Vítězslava Kaprálová fu trasmessa quel giorno alla radio della Bbc: uno dei massimi direttori d'orchestra cechi, ma in realtà la prima direttrice, moriva all'età di soli venticinque anni, probabilmente di tubercolosi miliare. Durante la sua brevissima vita, era riuscita a scrivere più di quaranta composizioni estremamente preziose, a dirigere l'Orchestra Filarmonica Ceca a Praga e l'Orchestra Sinfonica della Radio di Bratislava, ma non a leggere la risposta dei genitori alla propria lettera. Sebbene Vítězslava Kaprálová sia morta molto giovane, le sue note continuano a vivere, infatti è una delle compositrici ceche più frequentemente eseguite, specie all'estero. La sua eredità artistica è curata dalla Kapralova Society, una compagnia musicale con sede a Toronto.

Vítězslava Kaprálová nel 1935

Nel 1946 la principale istituzione accademica della Repubblica Ceca, l'Accademia delle Scienze e delle Arti, ha premiato Vítězslava Kaprálová con l'adesione come membro in memoriam. Nel 1948, solo dieci donne su 648 membri dell'Accademia avevano ricevuto questo onore e solo una su dieci era attiva nella musica. Quella donna era Vitka Kaprálová dell'ex sobborgo di Brno.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Selon le classement de Bachtrack (revue musicale en ligne internationale basée à Londres qui publie des listes de musique classique, d'opéra, de ballet et de danse, ainsi que des critiques, des interviews et des articles de caractère général), il y a huit femmes parmi les cent meilleurs chefs d'orchestre du monde aujourd'hui. Et, sans elle, peut-être qu'aucune d'entre elles ne serait là! Malheureusement, elle n'a vécu que vingt-cinq ans, Vitulka, comme on appelait souvent la compositrice et cheffe d'orchestre. Sa mère était une chanteuse et professeure de chant estimée, et son père un compositeur et professeur de musique : c'est pourquoi, très probablement, son talent s'est manifesté dès l'enfance et à neuf ans, en effet, elle a écrit sa première composition : V říši bájí (Dans le royaume des contes de fées).

Vítězslava Kaprálová est née le 24 janvier 1915 à Brno, alors dans l'Empire austro-hongrois (aujourd'hui République tchèque), dans une famille plongée dans la musique et elle était compositrice et cheffe d'orchestre. Grâce à son père compositeur, Václav Kaprál, et à sa mère chanteuse, Viktorie Kaprálová, elle a étudié la composition avec Vilém Petrželka et la direction d'orchestre avec Zdeněk Chalabala au Conservatoire de Brno. Václav, déjà élève de Leoš Janáček, dirigeait une école de musique, l'une des plus recherchées du pays à l'époque : ses cours étaient si captivants que les élèves se relayaient avec lui toutes les vingt minutes tout au long de la journée. Viktorie enseignait le chant et se produisait dans les salles de concert. La musique a donc été une partie essentielle de la vie de Vítězslava dès le début et ses parents ont vite réalisé qu'elle avait hérité de leur passion, lui faisant faire des heures et des heures de pratique, en écoutant et en analysant des œuvres musicales étrangères chaque jour. Née pendant la Première Guerre mondiale, toute sa courte vie a été marquée par des événements historiques significatifs. Les Kaprál ont élevé leur fille dans le respect de la conscience nationale et de la liberté et de la démocratie chèrement acquises à l'automne 1918 : c'est peut-être pour cela que Vitka, à seulement dix ans, a dédié l'une de ses premières compositions à T. G. Masaryk, fondateur et premier président de la Tchécoslovaquie.

Dans son activité artistique, elle a composé de la musique pour piano solo, des chansons très estimées, un quatuor à cordes, un trio pour bois, de la musique pour violoncelle et aussi pour violon et piano, une cantate avec accompagnement orchestral, deux concertos pour piano, deux suites orchestrales, une sinfonietta et un concertino pour clarinette, violon et orchestre ; sa première œuvre a été écrite à l'âge de dix-sept ans. Vive et ambitieuse, elle a laissé une marque indélébile dans l'histoire de la musique et on peut imaginer qu'en tant que femme, elle n'a pas eu la vie facile dans un monde orchestral principalement masculin… mais tout ce qu'elle avait à faire, c'était de prendre la baguette en main et de "commander" ses collègues. En 1930, elle est entrée au Conservatoire de Brno, où elle a commencé à étudier la composition avec Vilém Petrželka et la direction d'orchestre avec Zdeněk Chalabala. Elle a obtenu son diplôme en 1935 avec la composition du Concerto pour piano en ré mineur, qu'elle a dirigé pendant la cérémonie de remise des diplômes. Elle est ensuite entrée au Conservatoire de Prague sous la direction de l'influent compositeur Vítězslav Novák. Là, elle a également appris auprès de l'un des plus importants chefs d'orchestre tchèques du XXe siècle : Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová en dirigeant un orchestre

Dans son travail, elle a été principalement inspirée par la nature, sa beauté et son mystère. Elle a trouvé une veine fertile, par exemple, dans le pittoresque village de Tři Studně, au centre des Žďárské Vrchy, une zone paysagère protégée, où les Kaprál avaient l'habitude d'aller dans leur cottage. En plus de la beauté de la nature, elle a été inspirée par les œuvres de poètes importants, comme Vítězslav Nezval, Jan Neruda et Fráňa Šrámek. À partir d'octobre 1937, Kaprálová a vécu à Paris, où elle a reçu une bourse pour des études supplémentaires. À l'École Normale de Musique de Paris, elle s'est inscrite dans la classe de direction d'orchestre de Charles Munch et a également pris des cours privés avec Bohuslav Martinů. Finalement, bien qu'elle était mariée et fiancée à Rudolf Kopecký, ils ont eu une histoire d'amour. Elle s'est rendue brièvement en Grande-Bretagne pour participer au festival de la Société internationale pour la musique contemporaine. «Le soir, j'ai ouvert le concert juste après l'hymne. Un monsieur m'a dit que mon numéro était le plus beau jusqu'alors et que le monde entendrait beaucoup parler de moi un jour», écrivait-elle à ses parents à Londres en 1938. Elle est reparti ensuite pour Brno, mais elle terminera sa dernière visite après quelques mois et elle retournera à Paris. Peu de temps après, elle composera deux pièces en mémoire du célèbre écrivain Karel Čapek, pleuré par toute la nation tchèque.

Vítězslava Kaprálová avec Václav Kaprál e Bohuslav Martinů

Après que l'armée allemande ait marché dans le reste de l'ancienne Tchécoslovaquie libre, capitulée le 15 mars 1939, Kaprálová trouvera un réconfort partiel dans la musique. L'état mental négatif de la compositrice se reflétait, par exemple, dans la composition Concertino pour violon, clarinette et orchestre, dans la partition de laquelle elle écrivait «Job 30:26». Cela se référait à un passage de la Bible : «J'ai espéré le bien, et le mal est arrivé ; j'ai attendu la lumière, et ce sont les ténèbres qui sont venues.» L'occupation allemande de son pays l’avait détruite non seulement mentalement, mais aussi existentiellement : elle ne pouvait pas rentrer chez elle, ne recevait aucune aide financière ni bourse d'études. Elle a rompu alors avec son fiancé Kopecký en raison d'une vision du monde différente, car il s'était joint aux fascistes. Plus tard, encore à Paris, elle rencontrera le fils du peintre Alphonse Mucha, Jiří, écrivain, publiciste, correspondant de guerre et traducteur. Un an plus tard, le 23 avril 1940, ils se promisent amour éternel devant l'autel. La dernière fois qu'elle a écrit à "Tatulen et Mamulka" (papa et maman) a été le 11 mai 1940 : pleine de joie et d'émotions, elle les informait de son mariage. Elle portait une robe bleue, un chemisier en dentelle, un chapeau bleu de la même couleur avec des fleurs blanches, un voile, des chaussures et des gants blancs, un bouquet de lys à la main. «Nous demandons votre bénédiction et espérons, moi et mon cher Jirka, être capables de vous rendre tout votre souci avec amour et réconfort…» écrivait-elle.

Quand la lettre arrive à ses parents, Vítězslava était déjà hospitalisée à Montpellier, en France, avec encore trois semaines à vivre. «Je sentais qu'elle s'éloignait, qu'un à un les liens qui la reliaient à ce monde se brisaient et qu'il ne restait que l'amour. Elle me tenait avec les deux mains, mais elle s'éloignait… Le jour commençait à poindre. Sa respiration était courte. Puis elle s'est arrêtée pour toujours. Je lui ai posé une main sur les yeux et lui ai dit : 'Adieu Vitka'», ainsi a décrit son mari Jiří Mucha son départ. Son père l'a appris en août lors d'un festival de musique à Luhačovice. La nouvelle de la mort de Vítězslava Kaprálová a été annoncée ce jour-là à la radio de la BBC : l'un des plus grands chefs d'orchestre tchèques, mais en réalité la première femme cheffe d'orchestre, est morte à l'âge de vingt-cinq ans, probablement de tuberculose miliaire. Au cours de sa vie très brève, elle avait réussi à écrire plus de quarante compositions extrêmement précieuses, à diriger l'Orchestre philharmonique tchèque à Prague et l'Orchestre symphonique de la radio de Bratislava, mais pas à lire la réponse de ses parents à sa propre lettre. Bien que Vítězslava Kaprálová soit morte très jeune, ses notes continuent de vivre, en effet elle est l'une des compositrices tchèques les plus souvent jouées, surtout à l'étranger. Son héritage artistique est entretenu par la Kapralova Society, une association musicale basée à Toronto.

Vítězslava Kaprálová dans le 1935

En 1946, la principale institution académique des sciences et des arts, a récompensé Vítězslava Kaprálová en lui accordant l'adhésion en tant que membre in memoriam. En 1948, seulement dix femmes sur 648 membres de l'Académie avaient reçu cet honneur et une seule d'entre elles était active dans le domaine de la musique. Cette femme était Vitka Kaprálová de l'ancien faubourg de Brno.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 According to a ranking by Bachtrack (a London-based international online music magazine that publishes listings of classical music, opera, ballet, and dance, as well as reviews, interviews, and general articles), there are eight women among the world’s one hundred best conductors. And, if she were not there, perhaps none of them would be! Unfortunately, Vitulka, as the composer and conductor was often known, lived only twenty-five years. Her mother was a highly regarded singer and vocal teacher and her father a composer and music teacher. Her talent manifested itself from childhood, and at the age of nine she wrote her first composition, V říši bájí (In the Realm of Fairy Tales).

Vítězslava Kaprálová was born on January 24, 1915, in Brno, then in the Austro-Hungarian Empire (now the Czech Republic), into a family deeply engaged with music, and became a composer and conductor. Thanks to her composer father, Václav Kaprál, and singer mother, Viktorie Kaprálová, she studied composition with Vilém Petrželka and orchestral conducting with Zdeněk Chalabala at the Brno Conservatory. Václav, a former student of Leoš Janáček, ran a music school, one of the most sought-after in the country at the time. So popular were his lessons that pupils took turns with him every twenty minutes during the day. Viktorie taught singing and performed in concert halls. Music was, therefore, an essential part of Vítězslava's life from the beginning, and her parents soon realized that she had inherited their passion and made her practice hours and hours, listening to and analyzing foreign musical works every day. Having been born during World War I, her entire short life was filled with significant historical events. The Kaprals raised their daughter with respect for national consciousness and for the freedom and democracy hard won in the fall of 1918. Perhaps this is why Vitka at only ten years old dedicated one of her first compositions to T. G. Masaryk, founder and first president of Czechoslovakia.

In her artistic activity she composed music for piano solos, highly regarded songs, a string quartet, a woodwind trio, music for cello and also for violin and piano, a cantata with orchestral accompaniment, two piano concertos, two orchestral suites, a symphonietta and a concertino for clarinet, violin and orchestra. Her first opera was written at the age of seventeen. Lively and ambitious, she left an indelible mark on the history of music, and we can imagine that, as a woman, she didn’t have an easy time in a purely male orchestral world. But all she had to do was to take the baton in her hand to lead her colleagues.In 1930 she entered the Brno Conservatory, where she began studying composition with Vilém Petrželka and conducting with Zdeněk Chalabala. She graduated in 1935 with the composition of the Piano Concerto in D minor, which she conducted during the graduation ceremony. She then entered the Prague Conservatory under the guidance of the influential composer Vítězslav Novák. There she also learned from one of the most important Czech conductors of the 20th century - Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová conducting an orchestra

In her works, she was inspired mainly by nature - its beauty and mystery. She found a source of inspiration, for example, in the picturesque village of Tři Studně, in the center of Žďárské Vrchy, a protected landscape area, where the Kaprál used to go to their cottage. Besides the beauty of nature, she was inspired by the works of important poets, such as Vítězslav Nezval, Jan Neruda and Fráňa Šrámek. From October of 1937 Kaprálová lived in Paris, where she received a scholarship for further study. At the Ecole Normale de Musique de Paris she enrolled in the conductor Charles Munch’s class and also attended private lessons with Bohuslav Martinů. Eventually, even though he was married and she was engaged to Rudolf Kopecký, they had a love affair. She briefly traveled to Britain to attend the International Society for Contemporary Music festival. "In the evening I opened the concert right after the anthem. A gentleman told me that my number was the most beautiful until then and that the world would hear a lot about me so that one day I would be remembered," she wrote to her parents from London in 1938. She then left for Brno, but ended her visit after a few months and returned to Paris. Soon after, she composed two songs in memory of the famous writer Karel Čapek, mourned by the entire Czech nation.

Vítězslava Kaprálová with Václav Kaprál and Bohuslav Martinů

After the German army marched into the rest of the former free Czechoslovakia, which capitulated on March 15, 1939, Kaprálová found, at least partially, an outlet in music. The composer's negative mental state was reflected, for example, in the composition Concertino for violin, clarinet and orchestra, in the score of which she wrote "Job 30:26." She was referring to a passage from the Bible - "I waited for good with hope, and evil came, I waited for light and darkness came." The German occupation of her country destroyed her not only mentally, but also her practical life - she could not return home, and she received no financial aid or scholarships. She broke, then, with her fiancé Kopecký because of a different worldview, as he had joined the fascists. Later, still in Paris, she met the painter Alphonse Mucha's son Jiří, a writer, publicist, war correspondent and translator. A year later, on April 23, 1940, they promised each other eternal love before the altar. The last time she wrote to "Tatulen and Mamulka" (father and mother) was May 11, 1940. Full of joy and excitement, she informed them of her marriage. She wore a blue dress, a lace blouse, a hat of the same blue color with white flowers, veil, white shoes and gloves, a bouquet of lilies in her hands. "We ask for your blessing and hope both my dear Jirka and I will be able to repay all your concerns with love and comfort," she wrote.

By the time the letter reached her parents, Vítězslava had already been hospitalized in Montpellier, France, with three weeks left to live. "I felt that she was drifting away, that one by one the ties that bound her to this world were being torn and only love remained. She held me with both hands, but she pulled away - it was beginning to happen. Her breath was short. Then she was stopped for good. I put my hand over her eyes and said, 'Goodbye Vitka,'" is how her husband Jiří Mucha described her departure. Her father learned of it in August during a music festival in Luhačovice. The news of Vítězslava Kaprálová's death was broadcast that day on BBC radio: one of the leading Czech conductors, but actually the first female conductor, died at the age of only twenty-five, probably of aggresive tuberculosis (or typhoid fever). During her very short life, she had managed to write more than forty extremely valuable compositions, to conduct the Czech Philharmonic Orchestra in Prague and the Bratislava Radio Symphony Orchestra, but not to read her parents' response to her last letter. Although Vítězslava Kaprálová died very young, her work lives on. She is one of the most frequently performed Czech composers, especially abroad. Her artistic legacy is cared for by the Kapralova Society, a Toronto-based non-profit organization formed to promote her works.

Vítězslava Kaprálová in 1935

In 1946 the Czech Republic's leading academic institution, the Academy of Sciences and Arts, honored Vítězslava Kaprálová as a member in memoriam. In 1948, only ten women out of 648 members of the Academy had received this honor, and only one out of the ten was active in music. That woman was Vitka Kaprálová from the former suburb, Brno.


Traduzione spagnola

Federica La Spina

Según la clasificación de «Bachtrack» (revista internacional de música en línea, con sede en Londres, que publica listas de música clasica, ópera, ballet y danza, así como reseñas, entrevistas y artículos de carácter general), en la actualidad hay ocho mujeres entre los y las cien mejores directores y directoras de orquesta del mundo. Además, si ella no estuviera, ¡quizá ninguna de ellas existiría! Desgraciadamente, sólo vivió veinticinco años, Vitulka, como a menudo llamaban a la compositora y directora de orquesta. Su madre era una estimada cantante y maestra de canto y su padre un compositor y maestro de música: muy probablemente por eso, su talento se manifestó desde su infancia y a los nueve años, efectivamente, realizó su primera composición: V říši bájí (En el reino de los cuentos de hadas).

Vítězslava Kaprálová nació el 24 de enero de 1915 en Brno, entonces en el Imperio austrohúngaro (actual República Checa), en una familia relacionada con la música y fue compositora y directora de orquesta. Gracias a su padre compositor, Václav Kaprál, y a su madre cantante, Viktorie Kaprálová, estudió composición con Vilém Petrželka y dirección de orquesta con Zdeněk Chalabala en el Conservatorio de Brno. Václav, que ya era alumno de Leoš Janáček, dirigía una escuela de música, una de las más solicitadas del país en aquella época: sus clases eran tan interesantes que sus estudiantes se turnaban cada veinte minutos durante el día. Viktorie enseñaba canto y se exhibía en auditorios. La música fue, por tanto, una parte fundamental de la vida de Vítězslava desde el principio y sus padres pronto se dieron cuenta de que ella había heredado la misma pasión y la hacían practicar horas y horas, escuchando y analizando obras musicales extranjeras todos los días. Al haber nacido durante la Primera Guerra Mundial, toda su breve vida estuvo llena de acontecimientos históricos significativos. Los Kapral criaron a su hija respetando la conciencia nacional, la libertad y la democracia duramente conquistadas en el otoño de 1918: quizá por eso Vitka, con sólo diez años, dedicó una de sus primeras composiciones a T. G. Masaryk, fundador de Checoslovaquia y primer presidente del país.

En su actividad artística, compuso música para piano solista, canciones muy bien consideradas, un cuarteto de cuerda, un trío para vientos de madera, música para violonchelo y también para violín y piano, una cantata con acompañamiento orquestal, dos conciertos para piano, dos suites orquestales, una sinfonietta y un concertino para clarinete, violín y orquesta; su primera ópera la compuso a los diecisiete años.Vivaz y ambiciosa, dejó una marca indeleble en la historia de la música y podemos imaginar que, por ser mujer, no tuvo una vida fácil en un mundo orquestal dominado por los hombres... pero todo lo que tenía que hacer era llevar la batuta ella. En 1930 entró en el Conservatorio de Brno, donde empezó a estudiar composición con Vilém Petrželka y dirección de orquesta con Zdeněk Chalabala. Se graduó en 1935 con la composición del Concierto para piano en re menor, que dirigió durante su ceremonia de graduación. Luego entró en el Conservatorio de Praga bajo la dirección del influyente compositor Vítězslav Novák. Allí aprendió también de uno de los directores checos más importantes del siglo XX: Václav Talich.

Vítězslava Kaprálová dirigiendo una orquesta

En su trabajo, se inspiró sobre todo en la naturaleza, su belleza y su misterio. Encontró una gran inspiración, por ejemplo, en el pintoresco pueblo de Tři Studně, en el centro de Žďárské Vrchy, una área paisajística protegida, donde los Kaprál solían ir a su casa de campo. Además de inspirarse en la belleza de la naturaleza, se inspiró también en las obras de importantes poetas, como Vítězslav Nezval, Jan Neruda y Fráňa Šrámek. Desde octubre de 1937 Kaprálová vivió en París, donde tenía una beca para seguir con sus estudios en la École Normale de Musique de París donde se matriculó en la clase de dirección de orquesta Charles Munch y también asistió a clases particulares de Bohuslav Martinů. A pesar de que él estaba casado y ella tenía novio, al final tuvieron un romance. Fue por breve tiempo a Gran Bretaña donde participó al festival de la International Society for Contemporary Music: «He abierto yo el concierto tocando enseguida después del himno. Un señor me ha dicho que mi número era el más bello hasta aquel momento y que el mundo oirá hablar de mí, para que lo recuerde», les escribió a sus padres desde Londres en 1938. Luego fue a Brno, terminó su última visita al cabo de pocos meses y volvió a París. Poco después compuso dos fragmentos en memoria del célebre escritor Karel Čapek llorado toda la nación checa.

Vítězslava Kaprálová with Václav Kaprál y Bohuslav Martinů

Después de que el ejército alemán marchó sobre el resto de la ex Checoslovaquia libre, que capituló el 15 de marzo de 1939, Kaprálová encontró una parcial consolación justamente en la música. El estado mental negativo de la compositora se reflejaba en la composición, por ejemplo, del Concertino per violino, clarinetto e orchestra, en cuya partitura escribió «Job 30: 26». Se refería al siguiente paso de la Biblia: «Cuando esperaba yo el bien, entonces vino el mal; y cuando esperaba luz, vino la oscuridad.». La ocupación alemana de su país la destruyó no solo mentalmente sino existencialmente: no podía volver a casa, no recibía ayuda financiera o becas. Entonces rompió con su prometido Kopecký a causa de su visión del mundo, opuesta, pues se había unido a los fascistas. Más tarde, aún en París, conoció al hijo del pintor Alphonse Mucha, Jiří, escritor, publicitario, corresponsal de guerra y traductor. Un año más tarde, el 23 de abril de 1940, se prometieron amor eterno frente al altar. La última vez que escribió a “Tatulen e Mamulka” (papá y mamá) fue el 11 de mayo de 1940. Llena de felicidad y de emoción, les comunicaba y describía su boda: llevaba un vestido azul, una blusa de encaje, un sombrero del mismo color con flores blancas, una veleta, zapatos y guantes blancos, un ramo de lirios en sus manos. «Pedimos vuestra bendición y tanto yo como mi querido Jirka esperamos poder compensar vuestras preocupaciones con nuestro amor y confortación» escribía.

Cuando la carta les llegó a sus padres, Vítězslava ya estaba ingresada en un hospital de Montpellier y le quedaban tres semanas de vida. «Sentía que se estaba alejando, que uno tras otro los vínculos que la ataban a este mundo se estaban desgarrando y quedaba solamente el amor. Me sujetó con ambas manos, pero se alejó… Estaba empezando a amanecer. Su respiración era entrecortada. Luego se detuvo para siempre. Le puse una mano encima de los ojos y le dije: “Adiós Vitka”», así su esposo Jiří Mucha describió su partida. Su padre lo supo en agosto durante el festival musical de Luhačovice. La noticia de la muerte de Vítězslava Kaprálová fue transmitida por radio, por la BBC, ese día: uno de los máximos directores de orquesta checos, en realidad la primera directora, moría con solo veinticinco años de edad, probablemente de tuberculosis miliar. Durante su brevísima vida, había conseguido escribir más de cuarenta composiciones de grandísimo valor, había dirigido la orquesta Filarmónica Checa en Praga y la Orquesta Sinfónica de la Radio de Bratislava, pero no había podido leer la respuesta de sus padres a su última carta. A pesar de haber muerto muy jóven, las notas de Vítězslava Kaprálovásiguen vivas; en efecto es una de las compositoras checas interpretadas con mayor frecuencia, especialmente en el extranjero. Su herencia artística está bajo el cuidado de la Kapralova Society, una compañía musical con sede en Toronto.

Vítězslava Kaprálová in 1935

En 1946 la institución principal de la República Checa, la Academia de las Ciencias y de las Artes, premió a Vítězslava Kaprálová con su adhesión in memoriam. En 1948, de 648 miembros de la Academia, solo diez mujeres habían recibido este honor y solo una de diez era activa en el campo de la música. Esta mujer era Vitka Kaprálová del ex suburbio de Brno.

 

Carmen Bulgarelli Campori
Laura Candiani




Martina Zinni

 

Nata il 3 maggio 1910 a Modena, ultima dei tre figli di Michele e Rosalinda Tusini originari della Bassa Modenese, mostrò precoce predisposizione per il canto e iniziò la formazione come soprano, debuttando nel 1934 con il nome d'arte Carmen Caro. Riscosse subito un bel successo in Lussemburgo, nello Stabat Mater di Rossini, ma poco dopo, in vista della prima di Aida, a Lugano, ebbe seri problemi alle corde vocali, così dovette rinunciare. Ma forse fu una fortuna, perché da quel momento si dedicò con passione alla composizione, alla concertazione e alla direzione d'orchestra, diventando una pioniera in Italia. Nel 1932 era nata la figlia Graziolina che sarà assistente regista e sceneggiatrice, poi affermata pittrice naïf e moglie del grande "mago della luce" Giuseppe Rotunno. Votata all'arte anche lei, dunque. Con la piccola e il marito, il marchese Egidio Campori, esploratore, documentarista e pittore, lasciano Modena, dove il palazzo di famiglia e pregevole galleria d'arte era andato distrutto durante la guerra, e si trasferiscono alle porte di Firenze, a Incisa in Val d'Arno. Dal 1948 al 1950 Carmen frequenta i prestigiosi corsi di perfezionamento dell'Accademia Chigiana di Siena tenuti dal celebre direttore e violinista olandese Paul van Kempen.  

Carmen Bulgarelli Campori mentre dirige un’orchestra di 100 musicisti durante le prove al teatro di Buenos Aires negli anni ’40

Al debutto a Milano con l'Orchestra d'archi di Bologna riceve il plauso di Wally Toscanini; fra il 1951 e il '65 dirige oltre 500 fra concerti e opere liriche soprattutto di Puccini e di Verdi, lavorando più all'estero che in Italia. Fra i cantanti con cui collabora troviamo i grandi del periodo, da Anna Moffo a Mario Del Monaco, che accompagna in una trionfale tournée in Germania, da Luciano Pavarotti a Mirella Freni, che dirige rispettivamente in Rigoletto e Bohème; fra i maggiori concertisti si può citare il violinista Uto Ughi, che nel 1954 era un bambino prodigio. Con Maria Callas l'incontro fortunato avvenne durante un Maggio Musicale Fiorentino. Intanto apprezzate compositrici, come le argentine Ana Serrano Redonnet (191?-93) e Celia Torrá (1884-1962), che furono pure direttrici d'orchestra al Colón di Buenos Aires, affidavano propri lavori alla sua bacchetta o, vincendo la sua modestia e il carattere schivo, la presentavano in modo lusinghiero al pubblico di un concerto, come accadde a Verona con Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), altra bella figura di artista poliedrica.

Carmen Bulgarelli è stata ospite dell'Orchestra di Hilversum, municipalità dei Paesi Bassi, e di numerose Orchestre sinfoniche tedesche: quelle di Hannover, Dortmund, Bamberga, Düsserldorf, Berlino, Monaco, Stoccarda, Amburgo. Ha fatto tournée in Spagna, Svizzera, Lussemburgo, Olanda, Gibilterra, Malta e in Argentina e Uruguay. Nel nostro Paese ha diretto l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna ed è stata la prima donna (e unica, all'epoca) alla guida delle Orchestre sinfoniche della Rai di Milano, Torino, Roma, dal 1993 unificate nella sede torinese. Purtroppo però non esistono dischi che testimonino la sua intensa attività. Nel 1950 ricevette dal Presidente della Repubblica l'ordine al merito e nel 1963 il premio Gazzotti della città di Modena. A proposito della brillante carriera, che la vide di fatto la prima direttrice di successo in Italia, riportiamo un episodio significativo del clima del periodo: il 18 marzo 1954 nella rubrica "La settimana Incom" dell'Istituto Luce (che veniva presentata nelle sale cinematografiche prima della proiezione) un minuto e quindici secondi sono dedicati a lei. Il titolo del servizio è emblematico: Direttrice in gonnella, mentre una musichetta fa da sfondo sonoro. L'inizio è inquietante: «Sa anche fare il bucato!», e sentite il resto. Infatti quel breve filmato in bianco e nero si può trovare oggi su You Tube e, al di là delle battute banali, si scopre invece un grande talento mentre dirige (scusate se è poco) la sinfonia Italiana di Mendelssohn. Un altro filmato che ne mostra il gesto sicuro e la padronanza dell'orchestra la vede sul podio a Berlino, nel 1960, durante le prove con il celeberrimo tenore Del Monaco mentre esegue due romanze: Addio fiorito asil e Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (sul podio) con il tenore Mario Del Monaco durante le prove di “Ah, la paterna mano” e “Addio fiorito asil”, Berlino 1960

Molto importante nel renderle omaggio e ricordarne le doti appare l'intervento di Clemente Terni, intitolato Carmen Bulgarelli Campori, eccezionale concertatrice e direttrice d'orchestra, nel convegno fiorentino del 19 giugno 2003 organizzato dalla Commissione regionale toscana per le Pari opportunità in collaborazione con la Società Italiana di Musicologia. Nell'occasione l'esperto fece ascoltare delle registrazioni inedite degli anni Sessanta della sinfonia del Don Pasquale di Donizetti, della sinfonia dei Vespri Siciliani di Verdi e del preludio di Aida. Mise in luce inoltre la lunga preparazione e il metodo di lavoro seguito dalla musicista attraverso le sue note sulle partiture, depositate in uno specifico fondo presso la Biblioteca comunale di Incisa in Val d'Arno, dove è morta prematuramente il 4 aprile 1965. Una targa, apposta nel 2009 in piazza Capanni, fa riferimento al suo legame con la cittadina, peccato che sia definita "direttore" e che, come spesso avviene, il cognome del marito preceda il suo. Nel 2011 a Modena è stata ricordata, nella saletta del Foro Boario, per la pubblicazione del volume della studiosa e collaboratrice di Vv Lucia Navarrini Carmen Campori. Una donna direttore d'orchestra. L'8 marzo 2019 è stato presentato il Dizionario biografico delle donne modenesi, voluto dalla Provincia e curato da Roberta Pinelli, dopo una ricerca durata cinque anni, e fra i 2355 nomi figura anche Carmen Bulgarelli, a fianco di celebrità e di tanti personaggi femminili dimenticati. Viene citata spesso come esempio significativo pure nel libro della giovane musicologa Ilaria Giani dal titolo eloquente: Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Targa in Piazza Capanni, Incisa in Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un interessante articolo su internet (ytali.com, 22.10.2020) ce ne offre poi un ritratto originale e inedito, da parte di chi la conobbe a Incisa, soprattutto relativo allo studio delle partiture, per esempio quella di Un ballo in maschera di Verdi: da un lato lo spartito, dall'altro un disco con la direzione di Toscanini, maestro indiscusso, da ascoltare e assimilare, non per copiarne l'esecuzione, ma per coglierne il metodo, lo stile. Un particolare che ci fa riflettere riguarda le recensioni citate da Giani, che erano tante, eppure coglievano spesso l'esteriorità della direttrice piuttosto che la sua innegabile bravura. Era «altissima, snella, figura da indossatrice, incedere elegante» (scrisse il musicologo Giuseppe Pugliese); il pubblico l'apprezzava e, ricordandosi «ch'era donna, anche se direttore d'orchestra», le recapitava «sul palcoscenico gentili mazzi di fiori»(parole del noto critico musicale Giulio Confalonieri), e non vi sarà sfuggito il dettaglio: "anche se". Meriterebbe ben più di una semplice targa questa grande donna, esempio per tutte quelle che l'hanno seguita sullo stesso difficile cammino, tuttavia non se ne ha traccia nella odonomastica; «la quintessenza della musicalità», così ebbe a definirla in modo lusinghiero il docente e compositore Bruno Bettinelli (1913-2004) che di talenti se ne intendeva, avendo formato fra gli altri Claudio Abbado, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, e... Gianna Nannini. 


Traduzione francese

Née le 3 mai 1910 à Modène, dernière des trois enfants de Michele et Rosalinda Tusini originaires de Bassa Modenese, elle montre une prédisposition précoce au chant et commence sa formation comme soprano, débutant en 1934 sous le nom de scène Carmen Caro. Elle rencontre immédiatement un grand succès au Luxembourg, dans le Stabat Mater de Rossini, mais peu après, en vue de la première d’Aida, à Lugano, elle rencontre de sérieux problèmes aux niveau des cordes vocales. Mais ce fut peut-être une chance, car à partir de ce moment-là, elle se consacra avec passion à la composition, à la concertation et à la direction d’orchestre, devenant une pionnière en Italie. En 1932 est née sa fille Graziolina qui sera assistante réalisatrice et scénariste, puis peintre naïve et épouse du grand "magicien de la lumière" Giuseppe Rotunno. Vouée à l’art, donc. Avec sa fille et son mari, le marquis Egidio Campori, explorateur, documentariste et peintre, ils quittent Modène, où le palais familial et précieuse galerie d’art avait été détruit pendant la guerre, et ils déménagent aux portes de Florence, à Incisa in Val d’Arno. De 1948 à 1950, Carmen fréquente les prestigieux cours de perfectionnement de l’Académie Chigiana de Sienne donnés par le célèbre directeur et violoniste hollandais Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori dirigeant un orchestre de 100 musiciens lors des répétitions au théâtre de Buenos Aires dans les années 40

Ses débuts à Milan avec l’Orchestra d’archi de Bologne reçoivent l’approbation de Wally Toscanini; entre 1951 et 1965 elle dirige plus de 500 concerts et opéras notamment de Puccini et de Verdi, travaillant plus à l’étranger qu’en Italie. Parmi les chanteurs avec lesquels elle collabore, on trouve les grands de l’époque, d’Anna Moffo à Mario Del Monaco, qu’elle accompagne dans une tournée triomphale en Allemagne, de Luciano Pavarotti à Mirella Freni, qu’elle dirige respectivement en Rigoletto et Bohème; En 1954, Uto Ughi était un enfant prodige. Avec Maria Callas, la rencontre eut lieu lors d’un Maggio Musicale Fiorentino. Pendant ce temps, des compositrices appréciées, comme Ana Serrano Redonnet (191-93) et Celia Torrá (1884-1962), qui étaient également chefs d’orchestre au Colón de Buenos Aires, confiaient leurs travaux à sa baguette ou, en gagnant sa modestie et son caractère réservé, la présentaient de manière flatteuse au public d’un concert, comme ce fut le cas à Vérone avec Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), autre belle figure d’artiste polyédrique.

Carmen Bulgarelli a été l’invitée de l’Orchestre de Hilversum, municipalité des Pays-Bas, et de nombreux orchestres symphoniques allemands : ceux de Hanovre, Dortmund, Bamberg, Düsserldorf, Berlin, Munich, Stuttgart, Hambourg. Elle a fait des tournées en Espagne, en Suisse, au Luxembourg, aux Pays-Bas, à Gibraltar, à Malte et en Argentine et en Uruguay. Dans notre pays, elle a dirigé l’Orchestre du Théâtre Communal de Bologne et a été la première femme (et unique, à l’époque) à diriger les Orchestres symphoniques de la Rai de Milan, Turin, Rome, unifiées depuis 1993 au siège de Turin. Malheureusement, aucun disque ne témoigne de son activité intense. En 1950, elle reçoit du Président de la République l’ordre du Mérite et en 1963 le prix Gazzotti de la ville de Modène. A propos de la brillante carrière, qui la vit en fait la première directrice à succès en Italie, nous rapportons un épisode significatif du climat de la période : le 18 mars 1954 dans la rubrique "La semaine Incom" de l’Institut Luce (qui était présentée dans les salles de cinéma avant la projection) une minute et quinze secondes lui sont consacrées. Le titre du service est emblématique : Directrice en jupe, tandis qu’une musique sert de fond sonore. Le début est inquiétant : « Elle sait aussi faire la lessive» et écoutez le reste. En fait, ce court métrage en noir et blanc peut être trouvé aujourd’hui sur You Tube et, au-delà des blagues banales, on découvre un grand talent tout en dirigeant (désolé si c’est peu) la symphonie italienne de Mendelssohn. Un autre film qui montre le geste sûr et la maîtrise de l’orchestre la voit sur le podium à Berlin, en 1960, pendant les répétitions avec le célèbre ténor Del Monaco en exécutant deux romances: Adieu fleuri asil et Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (sur le podium) avec le ténor Mario Del Monaco lors des répétitions de « Ah, la paterna mano » et « Addio fioreto asil », Berlin 1960

Il a été très importante de souligner en lui rendant hommage, ses qualités durant l’intervention de Clemente Terni, intitulée Carmen Bulgarelli Campori, exceptionnelle concertatrice et chef d’orchestre, lors de la conférence florentine du 19 juin 2003 organisée par la Commission régionale toscane pour l’égalité des chances en collaboration avec la Société italienne de musicologie. À cette occasion, l’expert fit écouter des enregistrements inédits des années Soixante de la symphonie du Don Pasquale de Donizetti, de la symphonie des Vêpres siciliennes de Verdi et du prélude d’Aida. Elle met également en lumière la longue préparation et la méthode de travail suivie par la musicienne à travers ses notes sur les partitions, déposées dans un fonds spécifique à la Bibliothèque municipale d’Incisa in Val d’Arno, où elle est morte prématurément le 4 avril 1965. Une plaque, apposée en 2009 sur la place Capanni, fait référence à son lien avec la ville, dommage qu’elle soit appelée "directeur" et que, comme souvent, le nom de son mari précède le sien. En 2011, à Modène, elle a été rappelée, dans la salle du Forum Boario, pour la publication du volume de la chercheuse et collaboratrice de Vv Lucia Navarrini Carmen Campori. Une femme chef d’orchestre. Le 8 mars 2019 a été présenté le Dictionnaire biographique des femmes de Modène, voulu par la Province et édité par Roberta Pinelli, après une recherche de cinq ans, et parmi les 2355 noms figure également Carmen Bulgarelli, aux côtés de célébrités et de nombreux personnages féminins oubliés. Elle est souvent citée comme un exemple significatif dans le livre de la jeune musicologue Ilaria Giani avec un titre éloquent : Directrices sans orchestre (Lim-poche, 2020).

Plaque sur la Piazza Capanni, gravée dans le Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un article intéressant sur internet (ytali.com, 22.10.2020) nous en offre un portrait original et inédit, de la part de ceux qui l’ont rencontrée à Incisa, surtout relatif à l’étude des partitions, par exemple celle d’Un bal masqué de Verdi d’autre part, un disque avec la direction de Toscanini, maître incontesté, à écouter et à assimiler, non pas pour en copier l’exécution, mais pour en saisir la méthode, le style. Un détail qui nous fait réfléchir concerne les critiques citées par Giani, qui étaient nombreuses, et pourtant elles saisissaient souvent l’extériorité de la directrice plutôt que son indéniable habileté. Elle était «très grande, mince, figure de mannequin, allure élégante» (écrivit le musicologue Giuseppe Pugliese); le public l’appréciait et, se souvenant «qu’elle était femme, bien que chef d’orchestre», les distribuait «sur scène de doux bouquets de fleurs»(paroles du célèbre critique musical Giulio Confalonieri), et vous n’aurez pas manqué le détail : "même si". Cette grande femme mériterait bien plus qu’une simple plaque, par exemple pour toutes celles qui l’ont suivie sur le même chemin difficile, mais on n’en a pas trace dans la dentisterie; «la quintessence de la musicalité». C’est ainsi que le professeur et compositeur Bruno Bettinelli (1913-2004) qui s’y connaît en talents, ayant formé entre autres Claudio Abbado, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, et... Gianna Nannini, l’ont définie de manière flatteuse.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Carmen Campori was born May 3, 1910, in Modena, the last of three children of Michele and Rosalinda Tusini, originally from the Bassa Modenese. Campori showed an early predisposition for singing and began training as a soprano, making her debut in 1934 under the stage name Carmen Caro. She immediately enjoyed great success in Luxembourg, in Rossini's Stabat Mater, but shortly afterwards, ahead of the premiere of Aida in Lugano, she had serious vocal cord problems, so she had to give up. But perhaps that was fortunate, because from that time on she devoted herself passionately to composition, organizing concerts and conducting, becoming a pioneer in Italy. By 1932 her daughter Graziolina had been born, who would be an assistant director and screenwriter, then an established naïf painter and wife of the great "wizard of light" Giuseppe Rotunno. Devoted to art, too, then. With the little girl and her husband, Marquis Egidio Campori, explorer, documentary filmmaker and painter, Carmen left Modena, where the family palace and valuable art gallery had been destroyed during the war, and moved to the outskirts of Florence, to Incisa in Val d'Arno. From 1948 to 1950 Carmen attended prestigious master classes at the Accademia Chigiana in Siena taught by the celebrated Dutch conductor and violinist Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori conducting an orchestra of 100 musicians during rehearsals at the Buenos Aires theater in the 1940s

On her debut in Milan with the Bologna String Orchestra she received praise from Wally Toscanini (daughter of Arturo Toscanini). Between 1951 and 1965 she conducted more than 500 concerts and operas, especially by Puccini and Verdi, working more abroad than in Italy. Among the singers with whom she collaborated we find the greats of the period, from Anna Moffo to Mario Del Monaco, whom she accompanied on a triumphant tour of Germany, from Luciano Pavarotti to Mirella Freni, whom she conducted in Rigoletto and La Bohème, respectively. Among the major concert artists she worked with we can mention the violinist Uto Ughi, who was a child prodigy in 1954. A fortunate encounter occurred with Maria Callas during a Maggio Musicale in Florence. Meanwhile, esteemed female composers, such as the Argentine Ana Serrano Redonnet (191?-93) and Celia Torrá (1884-1962), who were also conductors at the Colón in Buenos Aires, entrusted their own works to her baton or, overcoming her modesty and shy nature, flatteringly presented her to a concert audience, as happened in Verona with Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), another fine figure of a multifaceted artist.

Carmen Bulgarelli was a guest of the Hilversum Orchestra, a municipality in the Netherlands, and of numerous German Symphony Orchestras, also those of Hannover, Dortmund, Bamberg, Düsserldorf, Berlin, Munich, Stuttgart, and Hamburg. She toured to Spain, Switzerland, Luxembourg, Holland, Gibraltar, Malta, and to Argentina and Uruguay. In Italy, she conducted the Orchestra of the Teatro Comunale in Bologna and was the first woman (and only, at the time) at the helm of the Rai Symphony Orchestras of Milan, Turin, and Rome, since 1993 unified in Turin. Unfortunately, however, there are no recordings that testify to her intense activity. In 1950 she received the Order of Merit from the President of the Republic and in 1963 the Gazzotti Prize from the city of Modena. Speaking of her brilliant career, which saw her the first successful female director in Italy, a significant episode reflected the climate of the period. On March 18, 1954 in the film "La settimana Incom" of the Istituto Luce (which was presented in movie theaters before a screening) one minute and fifteen seconds are dedicated to her. The title of the feature is emblematic: “Director in a Skirt,” while a little music plays in the background. The beginning is weird: "She can even do laundry!" In fact, that short black-and-white film can be found on You Tube today, and beyond the corny jokes, one instead discovers a great talent as she conducts (in a sadly brief review) Mendelssohn's Italian symphony. Another part of the film shows her confident gestures and mastery of the orchestra, on the podium in Berlin in 1960 rehearsing with the celebrated tenor Del Monaco while performing two romances, Addio fiorito asil and Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (on the podium) with tenor Mario Del Monaco during rehearsals of “Ah, la paterna mano” and “Addio fioreto asil”, Berlin 1960

Very important in paying tribute to her and remembering her gifts is the speech by Clemente Terni, entitled Carmen Bulgarelli Campori, exceptional concert master and conductor, at the June 19, 2003 Florentine conference organized by the Tuscan Regional Commission for Equal Opportunities, in collaboration with the Italian Society of Musicology. On that occasion, the expert played unpublished recordings from the 1960s of the symphony from Donizetti's Don Pasquale, the symphony from Verdi's I Vespri Siciliani and the prelude from Aida. It also shed light on the long preparation and working method followed by the musician through her notes on the scores, deposited in a specific collection at the Municipal Library of Incisa in Val d'Arno, where she died prematurely on April 4, 1965. A plaque, affixed in 2009 in Piazza Capanni, refers to her connection with the town. Unfortunately, she is referred to as (a male) "director" and, as is often the case, her husband's last name precedes hers. In 2011 in Modena she was remembered, in the small hall of the Foro Boario, for the publication of the volume by scholar and Vv contributor Lucia Navarrini, Carmen Campori, A Female Conductor. On March 8, 2019, the Biographical Dictionary of Modenese Women, commissioned by the Province and edited by Roberta Pinelli was presented, after five years of research, and among the 2,355 names Carmen Bulgarelli also appears, alongside celebrities and many forgotten female characters. She is also mentioned often as a significant figure in the book by young musicologist Ilaria Giani with the eloquent title: Female Conductors Without Orchestras (Lim-hatches, 2020).

Plaque in Piazza Capanni, engraved in the Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

An interesting article on the internet (ytali.com, 10/22/2020) gives us an original and unpublished portrait of her, from those who knew her in Incisa, especially relating to the study of the scores, for example that of Verdi's Un ballo in maschera: on one side the score, on the other a recording with the conducting of Toscanini, the undisputed maestro, to be listened to and assimilated, not to copy the performance, but to grasp the method, the style. One detail that gives us pause concerns the reviews cited by Giani, of which there were many, yet they often captured the conductor's appearance rather than her undeniable skill. She was "very tall, slender, with the figure of a model, an elegant gait" (wrote musicologist Giuseppe Pugliese); the audience appreciated her and, remembering "that she was a woman, even if she was a conductor," delivered " kind bouquets of flowers to her on the stage "(words of noted music critic Giulio Confalonieri), and you will not have missed the qualification, "even if."


Traduzione spagnola

Chiara Ficili

Nacida el 3 de Mayo de 1910 en Módena, la menor de tres hijos de Michele y Rosalinda Tusini originarios de la Bassa Modenese, mostró una precoz predisposición para el canto e inició su formación como soprano, debutando con el nombre artístico de Carmen Caro en 1934. Tuvo inmediatamente gran éxito en Luxemburgo, en el Stabat Mater de Rossini, pero poco después, en vista del estreno de Aida en Lugano, tuvo serios problemas en las cuerdas vocales, de modo que tuvo que renunciar. Pero quizás fue una suerte, porque desde aquel momento se dedicó con pasión a la composición, a los conciertos y a la dirección de orquesta, convirtiéndose en una pionera en Italia. En 1932 nació su hija Graziolina que se convertiría en asistente Directora y guionista, y luego en afirmada pintora naïf y esposa del gran "mago de la luz" Giuseppe Rotunno. Así pues, ella también fue devota al arte. Con la pequeña y su marido, el marqués Egidio Campori, explorador, documentalista y pintor, dejan Módena, donde el palacio de la familia que era una importante galería de arte, había sido destruido durante la guerra, y se trasladan a las puertas de Florencia, a un pueblo llamado Incisa in Val d’Arno. De 1948 a 1950 Carmen asiste a los prestigiosos cursos de perfeccionamiento de la Academia Chigiana de Siena dictados por el célebre director y violinista holandés Paul van Kempen.

Carmen Bulgarelli Campori dirigiendo una orquesta de 100 músicos durante los ensayos en el teatro de Buenos Aires en los años 1940.

En su debut en Milán con la Orquesta de Cuerda de Bolonia recibe la aprobación de Wally Toscanin, la segunda hija de Arturo Toscanini; entre 1951 y 1965 dirigió mas de 500 conciertos y óperas, sobre todo de Puccini y de Verdi, trabajando más en el extranjero que en Italia. Entre los cantantes con los que colabora encontramos a los grandes de aquel período, desde Anna Moffo hasta Mario Del Monaco, que acompaña en una triunfal gira por Alemania, desde Luciano Pavarotti hasta Mirella Freni, que dirige respectivamente en Rigoletto y Bohème. Entre los principales concertistas se puede mencionar al violinista Uto Ughi, quien en 1954 era un niño prodigio. Su encuentro afortunado con Maria Callas ocurrió durante un Maggio Musicale Fiorentino. Mientras tanto, apreciadas compositoras como las argentinas Ana Serrano Redonnet (191?-93) y Celia Torrá (1884-1962), quienes también fueron directoras de orquesta en el Colón de Buenos Aires, confiaban sus propias obras a su batuta o, venciendo su modestia y su carácter reservado, las presentaban de manera halagadora ante el público de un concierto, como ocurrió en Verona con Elisabetta Oddone Sulli Rao (1878-1972), otra destacada figura de artista polifacética.

Carmen Bulgarelli fue una invitada de la Orquesta de Hilversum, municipio de los Países Bajos, y de numerosas orquestas sinfónicas alemanas: las de Hannover, Dortmund, Bamberg, Düsseldorf, Berlín, Múnich, Stuttgart, Hamburgo. Realizó giras por España, Suiza, Luxemburgo, Países Bajos, Gibraltar, Malta, Argentina y Uruguay. En Italia, dirigió la Orquesta del Teatro Municipal di Bolonia y fue la primera mujer (y única en su época) que dirigió al mismo tiempo las Orquestas Sinfónicas de la Rai de Milán, Turín y Roma, desde 1993 unificadas en la sede de Turín. Desafortunadamente, no existen discos que testimonen su intensa actividad. En 1950 recibió la Orden al Mérito del Presidente de la República y en 1963 el Premio Gazzotti de la ciudad de Módena. En cuanto a su brillante carrera, en la que fue la primera directora de éxito de Italia, mencionamos un episodio significativo del clima de su época: el 18 de marzo de 1954, en la sección "La settimana Incom" del Istituto Luce (que se presentaba en los cines antes de la proyección), se le dedicó un minuto y quince segundos. El título del documento es emblemático: Directora con faldas, mientras hay una musica sirve de fondo sonoro. El inicio es inquietante: «¡También sabe hacer la colada!», y así sigue. En efecto, este cortometraje en blanco y negro se puede encontrar hoy en YouTube y, más allá del tono sardónic, en cambio descubrimos a un gran talento mientras dirige (por si fuera poco) la Sinfonía Italiana de Mendelssohn. Otro vídeo que muestra su gesto firme y su dominio de la orquesta la recoge en el podio en Berlín, en 1960, durante los ensayos con el famoso tenor Del Monaco mientras interpreta dos romanzas: Addio, fiorito asil y Ah, la paterna mano.

Carmen Bulgarelli Campori (en el podio) con el tenor Mario Del Monaco durante los ensayos de “Ah, la paterna mano” y “Addio fioreto asil”, Berlín 1960

Es muy importante porque le rinde homenaje y recuerda sus cualidades la intervención de Clemente Terni –titulada Carmen Bulgarelli Campori, excepcional concertista y directora de orquesta– en la conferencia florentina del 19 de junio de 2003 organizada por la Comisión Regional Toscana para la Igualdad de Oportunidades en colaboración con la Sociedad Italiana de Musicología. En dicha ocasión, el experto hizo escuchar grabaciones inéditas de los años sesenta de la sinfonía de Don Pasquale de Donizetti, la sinfonía de los Vespri Siciliani de Verdi y el preludio de Aida. demás, mostró la larga preparación y el método de trabajo seguido por la música a través de sus notas en las partituras, depositadas en un fondo específico de la biblioteca municipal de Incisa in Val d’Arno, pueblo donde murió prematuramente el 4 de abril de 1965. (FOTO TARGA) Una inscripción de 2009 situada en la plaza Capanni hace referencia a su relación con el pueblo, lástima que en ella la llamen ‘direttore’ (director) en lugar de ‘direttrice’ (directora) y que, como sucede a menudo, el apellido de su esposo preceda el suyo. En 2011 la recordaron en Módena, en la salita del Foro Boario, en ocasión de la publicación del volumen de Lucia Navarrini, estudiosa y colaboradora de Vv, Carmen Campori. Una donna dorettore d’orchestra (‘Carmen Campori. Una mujer director de orquesta’). El 8 de marzo de 2019 se hizo la presentación del Dizionario biografico delle donne modenesi (Diccionario biográfico de las mujeres de Módena), promovido por la Provincia y editado por Roberta Pinelli, tras cinco años de investigación: entro los 2355 nombres, al lado de algunas celebridades y de muchos personajes femeninos olvidados, también se encuentra el de Carmen Bulgarelli. También aparece citada a menudo como ejemplo significativo en el estudio de la jven musicóloga Iaria Giani, cuyo título es elocuente: Direttrici senza orchestra (Lim, 2020; ’Directoras sin orquesta’).

Placa en Piazza Capanni, grabada en Val d'Arno
Direttrici senza orchestra (Lim-tascabili, 2020)

Un interesante artículo publicado en la red (ytali.com, 22.10.2020) ofrece un retrato original e inédito por parte de quien la conoció en Incisa, especialmente en relación al estudio de las partituras, como por ejemplo la de Un ballo in maschera de Verdi: por un lado la partitura, por el otro un disco con la dirección de Toscanini, maestro indiscutido, para escucharlo y asimilarso, no para copiar su ejecución, sino para captar el método y el estilo. Un detalle que nos hace reflexionar son las reseñas citadas por Giani, que fueron muchas y sin embargo a menudo relataban la exterioridad de la directora en lugar de su innegable capacidad. Era «altísima, delgada, con una figura de modelo, con un movimiento elegante» (dijo de ella el musicólogo Giuseppe Pugliese); el público la apreciaba y, recordando que «se trataba de una mujer, por bien que fuera director de orquesta», le mandaba «gentiles ramos de flores al escenario» (son palabras del crítico musical Giulio Confalonieri): habréis notado el ‘por bien que’…

Esta gran mujer se merecería mucho más que una simple inscripción, ejemplo para todas aquellas que recorrieron después ese mismo difícil camino, y sin embargo, en la no hay rastro de ella en los nombres de calles y plazas de Italia; «la quintaesencia de la musicalidad», así la definió el docente y compositor Bruno Bettinelli (1913-2004), que sabía reconocer a los talentos ya que formó, entre otros, a Claudio Abbado Riccardo Muti, Maurizio Pollini y… Gianna Nannini.

 

 

Una nuova rete di Camera d’autrice nasce ad Avola, in provincia di Siracusa, dove il 9 giugno 2024 vengono intitolate otto camere ad altrettante figure rilevanti dell’isola.

 
 


Agriturismo Cavagrande, Alle Riserve, Avola

In un posto meraviglioso, preriserva di Cavagrande del Cassibile, Alle Riserve – Agriturismo Cavagrande (Avola), Rosa Balistreri ha trovato l’ambiente perfetto per sé. Una siciliana, licatese cresciuta al quartiere marina, tra i vicoli e le vie strette, in mezzo alle pietre e al sole, la potrete conoscere immergendovi in un panorama mozzafiato. La famiglia era povera assai, la madre casalinga e il padre falegname, e di lavoro ce n’era poco per tutti. A sedici anni è costretta a sposarsi. Del resto, tutto nella sua vita è stato difficile. Rosa finisce in carcere per colpa del marito, latru jucaturi e mbriacuni ed è costretta ad emigrare a Firenze. Una vita di sacrifici e sofferenze. A Firenze conosce Manfredi, un pittore, e tanti artisti, gente colta, che apprezza l’arte di Rosa. Finisce a cantare in televisione, nonostante abbia imparato a leggere e scrivere a trent’anni. Ma la verità, come diceva Lei, è che conosce il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque laureato. La rabbia che aveva dentro l’ha tirata fuori con la sua voce, roca e potente, l’ha cantata con tutta l’anima, per protestare, sì, perché si può protestare in mille modi. Rosa è diversa, è un’attivista che fa comizi con la chitarra! Nelle sue canzoni parla della fame, della disoccupazione, delle donne madri, dell’emigrazione, del razzismo. Insomma, parla di tutto il dolore della sua terra e della sua gente. E poi racconta la Sicilia, le sue campagne bruciate dal sole e le rive del mare battute dal vento d’Africa e dalla salsedine. Ha dato voce alla sua terra, ha dato voce alla sua anima. È tornata in Sicilia nel ‘71, a Palermo. La vita dura di Rosa ora era ricca delle sue canzoni, della gente che amava ascoltarla, perché la sua voce è bella e importanti le sue parole. Qui, in questo angolo di paradiso, Alle Riserve – Agriturismo Cavagrande, la sua intensa voce continua a risuonare.



Casa vacanze Il Cortile della Giara, Avola

In un cortile del centro storico di Avola, c’è la casa vacanze La Giara. Il luogo perfetto per intitolare una camera alla fotografa che, con le sue immagini, ha raccontato la Sicilia. Una vita emblematica la sua. Palermitana del ‘35, comincia tardi a lavorare, prima come giornalista, per diventare poi una delle più grandi fotografe italiane di impegno sociale e politico. Vissuta negli anni di piombo, l’unica donna tra colleghi fotografi, cercava sempre un varco con l’obiettivo in mano, spintonata da tutti, respinta verso l’angolo dove donne dal velo nero piangevano. Il suo obiettivo testimonia quel dolore. Senza condizionamenti ideologici né pregiudizi, collabora con il giornale “L’Ora”. Scattando foto ai delitti di mafia, arriva alla fama internazionale. Ma sono i volti di siciliane e siciliani, visi di gente comune, che meglio esprimono spaccati di vita, testimonianza autentica del dolore sociale. Tanta bellezza e speranza anche nel dolore, sempre. Un’opera quella di Letizia Battaglia che narra di Palermo, della Sicilia, del mondo. Ne Il Cortile della Giara, un pannello pieno di foto, insieme a bellissime riviste di sue fotografie, racconta di Letizia Battaglia, la fotografa che ha raccontato la Sicilia.



Resort & Event Nuovo Crisilio Castello, Avola

A Elvira Mancuso, scrittrice, maestra, donna indipendente, è stata intitolata la camera d’entrata dell’incantevole resort Nuovo Crisilio Castello, ad Avola. Maestra elementare, nubile per scelta, nel 1906 scrive la sua opera più importante e famosa: Annuzza la maestrina, una storia autobiografica incentrata sulla condizione della donna in Sicilia ad inizio del XX secolo. Nel suo saggio Sulla condizione della donna borghese in Sicilia, denuncia tutti i pregiudizi che mortificano il ruolo della donna. È con la storia di Annuzza, poi pubblicata con il titolo Vecchia storia… inverosimile, che la scrittrice rifiuta il matrimonio come sistemazione per la vita. L’autrice esprime tutta la sua avversione e il rifiuto verso il sistema etico e morale dell’epoca in Sicilia, che mortifica e opprime la sensibilità e dignità di tutte le donne. Annuzza è una volpicina, una scintilla dentro il conformismo borghese del paese. Vecchia la storia, ma nuovissimo il pathos, tanto che Leonardo Sciascia scrive del romanzo: «In questo libro vi sono molte verità che non invecchiano». Una scrittrice, Elvira Mancuso, ritenuta oggi fondamentale nella storia della letteratura femminile italiana. A Lei dedicato il pannello che ne descrive la vita e l’opera, che insieme ai suoi libri e a foto, rende accogliente e intimo lo spazio a lei intitolato.



Casa Le Pigne, Avola

Alla Signora dell’editoria, Elvira Giorgianni Sellerio, nella Casa Le Pigne (Avola), è intitolata una camera. Diventata un’icona nell’immaginario culturale italiano per il suo amore per la letteratura, Elvira, con la casa editrice fondata con il marito Enzo, la Sellerio, è stata una pioniera del panorama culturale nel secondo Novecento. Sempre pronta a incoraggiare il lavoro femminile e il talento di scrittrici e scrittori siciliani, come Gesualdo Bufalino, Maria Messina, Luisa Adorno, Alicia Gimenez-Bartlett e soprattutto Andrea Camilleri, creatore dell’amato commissario Montalbano, che ha stretto con lei un’amicizia fraterna, la Signora, e la sua casa editrice, si distingue per la sua delicatezza, per il suo taglio sociale più implicito e per la nascita di una collana: i celebri volumetti tascabili de La memoria, con la loro copertina blu e la loro grafica raffinata. Uno splendido pannello, in questo luogo ospitale sul lungomare di Avola, racconta la sua storia, insieme a foto e libri a lei dedicati. La Signora amava le storie, sapeva riconoscerle, custodirle, restituirle nella felicità del proprio racconto e nel talento del mestiere. Con un solo filo si è fatta tramite di un rapporto bellissimo tra gente che racconta storie e altra gente che le ascolta.



Villa Eben-Ezer, Avola

A due passi dal mare, ad Avola, c’è il B&B Villa Eben-Ezer. Entrando, nella hall della struttura, si rimane colpiti dallo sguardo riflessivo di Maria Grazia Cutuli, la giornalista a cui è intitolata la camera d’autrice. Caparbia, impegnata, testarda, bella, professionale: tutto questo era Maria Grazia Cutuli. Caparbia per la sua ferrea volontà di scalare il muro di una professione come quella giornalistica, considerata difficile, se non impossibile, per una donna e per giunta meridionale. Impegnata socialmente a difesa dei più deboli, veniva considerata una «rompiscatole» per l’insistenza con cui chiedeva risposte a ciò che cercava. Catanese, da sempre interessata alla scrittura e comunicazione giornalistica, collabora a «La Sicilia», lavora a Telecolor ma si occupa di politica con l’ufficio stampa della Camera del lavoro della CGIL. Poi il settimanale «Epoca», e la sua politica estera, prima dalla redazione e, finalmente, come inviata. Una giornalista in prima linea. Il migliore, la migliore giornalista è quella che riesce ad essere prima di altri nel posto giusto al momento giusto. Quel luogo per Maria Grazia è l’Afganistan dei talebani. Dopo l’11 settembre l’Afganistan si fa rovente. È a Kabul che scrive il suo ultimo reportage: ha visitato un campo talebano in cui c’era del gas nervino. Viene assassinata il 19 novembre 2001. Un’inviata speciale Maria Grazia Cutuli, che va ricordata per l’esemplare pregnanza della sua vita. In questo accogliente luogo, Villa Eben-Ezer, si potrà leggere la storia della giornalista, un bel libro a fumetti di Paola Cannatella e Giuseppe Galeani “Maria Grazia Cutuli. Dove la terra brucia”, ammirare le sue foto e curarne la memoria.



Maison Bijou, Avola

In pieno centro di Avola, in una posizione che guarda al mare, c’è il B&B Maison Bijou, un luogo accogliente in cui ogni camera è dedicata ad una pietra preziosa, Diamante, Acquamarina, Smeraldo. Posto perfetto per la nostra Incantadora Tina Di Lorenzo. L’attrice teatrale, amatissima durante la Belle Époque, figlia del marchese Corrado di Lorenzo del Castelluccio, ha sangue netino ma il teatro già da piccola scorreva nelle sue vene. È a Noto che “il fuoco sacro” in lei divampa. Gli applausi di Napoli la rendono l’astro nascente dell’arte drammatica: bellissima nel tratto, dolcissima per la voce, nobile nel portamento e nei modi. Dopo Napoli, sarà la volta del teatro Paganini di Genova, quello Nuovo di Firenze, e ancora Torino, Roma e Bologna. Qui, Gabriele D'Annunzio rimane incantato davanti a tanta bellezza e grazia. Eppure, Tina non è un’attrice dannunziana. Non le piace l’artificio e la posa, la gestualità esagerata e l’effetto. Eternamente composta, preferisce un repertorio piano e cordiale, ricco di umanità e di borghese realismo. Un’anti Duse. Riconosciuta come una delle maggiori interpreti del teatro italiano tra Ottocento e Novecento, i consensi di critica e pubblico l’hanno soprannominata “Angelicata” e, in America Latina, “Encantadora”. Negli anni ’20 decide di smettere, rimane a Milano, dedita agli affetti. A Milano è sepolta. La sua tomba, impreziosita da un bassorilievo in bronzo dello scultore Leonardo Bistolfi, la rappresenta in compagnia di due figure allegoriche alate: la Bontà e l’Arte. Il Teatro Comunale di Noto, in precedenza intitolato a re Vittorio Emanuele II, dal 2011 porta il suo nome, per mantenere viva la memoria quest’illustre artista. Qui, nella preziosa Maison Bijou, ad Avola, potrete conoscere la sua storia, ammirarne le immagini e leggere di lei, della sua vita, delle sue opere.



B&b Villa Urso, Avola

Il solare B&b Villa Urso non poteva non intitolare la sua camera d’autrice a Giuni Russo, un’artista di ricerca, sperimentale e d’avanguardia: la voce del sole. Ha spaziato nella sua carriera tra vari generi, incluso il pop, la musica sacra, il jazz e l'elettronica, sfruttando la sua estensione vocale che le permetteva facili cambi di registro. Era in grado di coprire cinque ottave e raggiungere, per acutezza, toni che imitavano il pezzo che l’ha resa famosa. Professionalmente legata ad artisti come Franco Battiato, Giuni Russo è stata una ricercatrice severa di vie altre, sia in ambito musicale che in quello spirituale. Le grandi e i grandi mistici diventano per lei fonte di nuova ispirazione, in un rapporto dialettico tra suono e silenzio. Considerata tra le grandi interpreti del Novecento, il suo patrimonio artistico è tutelato e promosso dall’Associazione GiuniRussoArte. Villa Urso, una struttura ricettiva sul mare, è piena di colori caldi, il giallo dei limoni e il verde intenso delle sue foglie, il luogo perfetto per la grande artista a cui è intitolata la camera d’entrata. Un meraviglioso pannello, artisticamente decorato, racconta di Giuni Russo, insieme a foto e libri a lei dedicati.



Villa Trinacria al borgo, Avola

Non poteva esserci luogo migliore per la scrittrice e attrice Goliarda Sapienza della Villa Trinacria al borgo, la casa dallo stile liberty sita a ridosso del Borgo Marinaro, ad Avola. Una donna autentica, pronta a mettersi in gioco con estrema passionalità, questa è stata Goliarda. Catanese, figlia di un avvocato socialista e di una sindacalista, respira un clima di assoluta libertà. Attraverso la recitazione Goliarda esprime la pienezza e contraddizione del suo animo. In ogni situazione e persona legge quel risvolto poetico che poi trasporterà in letteratura. Attraverso una scrittura politica e intimista, riesce a svelare l’estrema problematicità dell’esistenza umana. È «L'arte della gioia», il suo romanzo pubblicato postumo, che con la sua protagonista, Modesta, scardina modelli letterari e comportamenti codificati. È una donna vitale e scomoda, potentemente immorale. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto, che attraversa bufere storiche e tempeste sentimentali protetta da un infallibile talismano interiore: «l’arte della gioia». Un romanzo da leggere perché «L’allegria, come il pane e le lacrime, con tutti s’ha da spartire». Nella bellissima saletta di lettura della Villa Trinacria al borgo, a lei intitolata, ci si può immergere nei suoi scritti, godere delle immagini a lei dedicate e sentirsi avvolti dai colori intensi di Sicilia.



Guesthouse FanfullArt, Roma

Nell’ambito del progetto Altra Verso, realizzato con il contributo della Regione Lazio, la Guesthouse FanfullArt, sita nel quartiere Pigneto di Roma, l’8 giugno 2024 dedica una serie di nove camere d’autrice a nove viaggiatrici che hanno scritto, disegnato e raccontato il mondo.



NELLIE BLY

05/05/1864 – 27/01/1922
Giornalista statunitense, autrice sotto copertura di inchieste sociologiche su temi urgenti e viaggiatrice instancabile. Raggiunse la notorietà nel 1899, quando partì da sola da New York a spese del giornale per cui scriveva, il World, riuscendo a compiere il giro del mondo in soli 72 giorni.



ANITA CONTI

17/05/1899 – 25/12/1997
Celebre per essere stata la prima oceanografa di Francia, il suo lavoro la portò a viaggiare assiduamente. Tra le sue attività, realizza carte nautiche, disinnesca le mine finite nei fondali marini durante la Seconda Guerra Mondiale, studia gli allevamenti di ostriche e la pesca del salmone, intuendo precocemente i rischi ambientali che ne derivano.



AMELIA EARHART

24/07/1897 – 02/07/1937
Aviatrice statunitense, nel 1931 è la prima donna a sorvolare l’Atlantico in aereo e nel 1935 la prima ad attraversare il Pacifico in solitaria. Scompare con il suo aereo nel 1937, mentre tenta il giro del mondo volando sopra l’equatore. Tra le sue attività, quella di stilista si distingue per l’interesse a ideare un vestiario femminile più comodo e pratico.



ALEXANDRA DAVID-NÉEL

28/10/1868 – 08/09/1969
Viaggiatrice e studiosa dell’Oriente, in particolare delle dottrine indo-buddhiste. Soggiorna per quattordici anni da sola tra India, Cina e Tibet. La sua impresa più celebre fu quella di entrare nella città proibita di Lhasa, capitale del Tibet, nell’inverno del 1923 dopo mesi di cammino. Fu la prima donna occidentale a riuscire in questo intento.



GERTRUDE BELL

14/07/1868 – 12/07/1926
A venticinque anni si dedica all’esplorazione del Medio Oriente, in particolare i siti archeologici come Petra o l’antica Babilonia, scattando migliaia di fotografie e raccogliendo informazioni e approfondimenti sul mondo arabo. La sua competenza le permette di giocare un ruolo diplomatico fondamentale nella nascita dell’attuale Iraq.



ISABELLA BIRD

15/10/1831 – 07/10/1804
Scrittrice inglese dalla sconfinata curiosità, iniziò a esplorare il mondo, dal Canada al Giappone, dall’Himalaya alle Hawaii, dal Medio Oriente al Magreb, spinta dalla volontà di curare la salute cagionevole. Fu la prima donna invitata dalla Royal Geographical Society a tenere una conferenza.



MARIA SIBYLLA MERIAN

1647 – 1717
Entomologa, illustratrice e imprenditrice tedesca. La sua passione per i fiori e il ciclo vitale delle farfalle la porta a viaggiare in Suriname, in America meridionale. Nel 1705 le sue ricerche vengono pubblicate nel volume Metamorfosi Insectorum Surinamensium, in cui compaiono anche le sue vivaci illustrazioni.



ELLA MAILLART

20/02/1903 – 27/03/1997
Fotografa e scrittrice, nel 1939 parte da Ginevra con Annamarie Schwarzenbach. Le due raggiungono Kabul dopo sei mesi di viaggio in auto, passando per la Jugoslavia, la Turchia e l’Iran. Una volta arrivate in Afghanistan, Maillart prosegue da sola fino in India. Il resoconto di questo lungo viaggio viene pubblicato nel volume La via crudele.



ANNIE LONDONDERRY

(data di nascita incerta) 1870 - 11/11/1947
Ciclista dilettante, si cimentò nel giro del mondo in bicicletta in solitaria. Partì da Boston il 25 giugno del 1894 e concluse il suo tour il 12 settembre 1895. Dopo la sua impresa molte donne seguirono il suo esempio e cominciarono a guidare le biciclette. 





L’area compresa tra il capoluogo trentino e il Lago di Garda accoglie la proposta di due classi turistiche dell’Istituto Tecnico Tambosi, in partenariato con il Liceo delle arti Vittoria, per dare vita a una rete di strutture ricettive desiderose di valorizzare l’ingegno femminile aderendo all’iniziativa Camera d’autrice. Con il sostegno della Fondazione Caritro, il supporto dell’APT Garda Trentino, del Consorzio Turistico e della Comunità Valle dei Laghi, e la partecipazione di Fidapa e BPW Italy, il progetto ha portato a inaugurare, il 29 maggio 2024, quattro camere d’albergo, due in B&B e una in agriturismo intitolandole ad altrettante figure femminili nate o vissute nel territorio.

L’hotel garnì Lillà di Terlago intitola una sua camera ad Anna Proclemer, attrice e doppiatrice trentina di chiara fama.





L’hotel Ideal di Sarche dedica due camere contigue a due grandi donne, unite da una profonda amicizia, Nedda Falzolgher, poeta e scrittrice ed Edda Albertini, attrice.



L’albergo Miralaghi di Padergnone sceglie di ricordare la cantante lirica soprano Alide Maria Salvetta.



La Casa di Ines, a Calavino di Madruzzo dedica a Luisa Zeni, agente segreta irredentista.



La Dimora Ai Volti, di Stravino, intitola a Erika Giovanna Klien, pittrice e pedagoga, rappresentante dell’arte cinetica.



L’agriturismo La Corte dei Ciliegi a Vigolo Baselga, omaggia Paola de Manincor, autrice di affreschi dalla Cina al Brasile, dalla Bosnia all’Australia.

Camera d'autrice 

 

cameradoppiloghi

 

 

Camera d'autrice è un'iniziativa di Toponomastica femminile indirizzata alle strutture ricettive del Paese.

Locandiere, direttrici, conduttori e conduttrici di alberghi che condividono i temi delle pari opportunità e intendono valorizzare l’ingegno femminile, dedicano una serata, e intitolano una delle loro camere, a una letterata, preferibilmente collegata al territorio. Le/gli ospiti troveranno all’interno della stanza libri, foto e richiami alla figura e all’opera della scrittrice in questione.

Imogen Holst
Emilia Guarneri




Giulia Capponi

 

Imogen Clare Holst è stata una compositrice, arrangiatrice, direttrice di coro, insegnante e scrittrice britannica. Nasce a Londra nel 1907 da Isobel Harrison, soprano, e Gustav Theodore Holst, compositore e direttore d’orchestra. Cresce, quindi, in un ambiente nel quale la componente musicale e artistica era molto forte: la famiglia del padre, infatti, vantava musicisti e musiciste da diverse generazioni e la madre incontrerà Holst proprio nelle aule del Royal College of Music, a Londra. Studia alla St Paul’s Girls’ School, dove insegnava anche il padre: è immersa nella musica dal primo giorno di vita e questa resterà la sua fedele compagna fino alla fine. Nei primi anni di formazione, studia pianoforte con Eleanor Shuttleworth, violino con André Mangeot e teoria musicale con Jane Joseph. Sarà quest’ultima a incoraggiarla e spronarla a lavorare alle prime composizioni; così nel 1920 dirige la sua Dance of the Nymphs and Shepherds. Oltre ad aver composto la parte musicale, Holst aveva anche ideato una coreografia: la danza è, infatti e fin da subito, un’altra enorme passione della giovane donna, che aveva pure tentato l’ammissione alla Ginner-Mawer School of Dance and Drama qualche tempo prima. All’età di diciannove anni si iscrive al Royal College of Music di Londra, dove riceve diversi riconoscimenti per le sue composizioni. Qui scopre il proprio talento per la direzione d’orchestra, ruolo che solitamente erano gli uomini a ricoprire.

Negli anni successivi crea diverse composizioni per musica da camera e lascia la casa dei genitori per un duplice motivo: muoversi attraverso Belgio, Italia e Germania, ma anche trovare la propria indipendenza. Tra il settembre 1930 e il maggio 1931 Imogen Holst investe il suo tempo compiendo diversi viaggi in Europa, alcuni dei quali incentrati sulla musica o sulla ricerca di luoghi significativi e legati a personalità di grande rilievo, delle quali lei stessa si sente in qualche maniera erede. È il caso, ad esempio, di Mozart a Salisburgo e Vienna, di Bach a Berlino. Terminato il percorso di studi, si ritrova a dover affrontare alcuni problemi di salute che la costringono a rinunciare a diverse attività che aveva intrapreso, tra le quali la danza e il pianoforte. Decide perciò di diventare un’insegnante e di collaborare, nel frattempo, come organizzatrice con l’English Folk Dance and Song Society, un ente di promozione della musica folk inglese nato nel 1932. Sono anni complicati dal punto di vista economico e personale: Gustav Holst si ammala e muore nel 1934; gli verrà dedicato un concerto diretto dalla figlia nell’anno successivo. Nonostante le difficoltà che si ritrova ad affrontare, le produzioni della musicista inglese iniziano ad attrarre l’attenzione della critica e del pubblico in generale: questo le permette di concentrarsi sulla stesura della biografia del padre, che verrà pubblicata nel 1938 e ben accolta dalla critica. Durante la Seconda guerra mondiale lavora per il Council for the Encouragement of Music and the Arts, con l’obiettivo di promuovere ed esaltare la musica, l’arte e più in generale la cultura britannica. Allo stesso tempo compie atti di solidarietà lavorando per il Bloomsbury House Refugee Committee, che si occupa di aiutare rifugiati e rifugiate musiciste. Nel 1940, invece, si reca nelle aree rurali del Regno Unito per incoraggiare la popolazione a svolgere attività musicali; tre anni dopo progetta un corso per giovani donne, in modo da farle unire in orchestre e partecipare a eventi musicali. Nasce così a Dartington un’orchestra amatoriale, frutto degli insegnamenti basati sulla pratica e l’allenamento continui; durante gli anni trascorsi in questo Paese, prendono vita diverse composizioni.

Un momento fondamentale per la carriera della musicista è sicuramente l’incontro con Benjamin Britten, avvenuto proprio a Dartington. Si tratta di un celebre compositore, direttore e pianista dal ruolo centrale nella musica inglese del ventesimo secolo; tra le sue opere maggiormente conosciute si ricordano quelle composte per i quartetti da camera o per le orchestre: prima tra tutte Peter Grimes. Inoltre, la sua figura è particolarmente nota per l’immersione nei fatti del suo tempo e la frequentazione degli esponenti del mondo intellettuale e artistico, oltre che musicale. Imogen Holst individua in Britten una sorta di erede musicale del padre e diviene presto sua assistente. Si trasferisce così ad Aldeburgh, dove partecipa alla realizzazione dell’annuale festival del paese, del quale diventa direttrice artistica nel 1956. Durante il periodo accanto al grande musicista, tiene un diario nel quale racconta la precarietà economica che questo lavoro le provoca. Nonostante ciò, continua con dedizione assoluta l’impegno per il festival annuale, al quale affianca nuovamente quello della produzione musicale: sono gli anni delle cantate per voci femminili e delle suite. Successivamente, nel 1964, rinuncia alla posizione di assistente per concentrarsi sulle composizioni e sulla ricostruzione della storia della figura paterna, così da poter poi scrivere diversi libri in merito. Nel 1952 aveva fondato un coro che si esibirà in diversi luoghi della nazione, e che conserverà un posto fisso all’interno del festival di Aldeburgh, di cui abbandona il ruolo di direttrice nel 1967. Alla morte di Britten, avvenuta diversi anni dopo, la musicista lascia la conduzione del festival, pur restandone però Direttrice artistica emerita. 

In occasione del centenario della nascita del padre, si impegna nelle pubblicazioni sulla sua vita e nell’istituzione di un museo a lui dedicato e situato a Cheltenham. L’attività di scrittura non riguarda, tuttavia, soltanto la biografia di Gustav Holst: scrive anche di musica più in generale, toccando temi quali la direzione dei cori. Da questo momento in poi, Imogen Holst si trova ad affrontare gravi problemi di salute, problemi che la condurranno alla morte ad Aldeburgh nel 1984. Nonostante non abbia ricevuto molti riconoscimenti in vita, l’opera di Imogen Holst è molto interessante anche dal punto di vista delle contaminazioni di cui si è nutrita e dell’apporto originale che ha donato alla musica inglese del suo tempo. Si riconosce nella sua produzione l’estro di un’artista poliedrica, affezionata a tutte le arti e profondamente curiosa, oltre che consapevole delle proprie radici e della propria formazione. La storia di questa donna appare oggi bisognosa di essere suonata, cantata, ascoltata, scritta e letta perché per anni è stata taciuta. Il suo nome risuona spesso ed esclusivamente quando si parla di Gustav Holst e Benjamin Britten. Ma prima di essere una figlia e un’assistente, Imogen Holst è stata, per tutta la vita, una donna libera e una musicista dallo straordinario valore, nonché fonte di ispirazione per le musiciste che l’hanno succeduta. È indispensabile ricordare anche il suo impegno sociale, che ha portato avanti usando come strumento proprio la musica, che diviene un ponte in grado di unire persone e realtà altrimenti isolate.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Imogen Clare Holst a été une compositrice, arrangeuse, directrice de choir, enseignante et écrivaine britannique. Elle est née à Londres en 1907 d’ Isobel Harrison, soprano, et Gustav Theodore Holst, compositeur et directeur d’orchestre. Elle grandit, donc, dans un environnement où la composante musicale et artistique était très forte: la famille de son père, en effet, comptait des musiciens et musiciennes depuis plusieurs générations et sa mère rencontrera Holst justement dans les salles du Royal College of Music, à Londres. Elle a étudié à la St.Paul’s Girls’ School, où enseignait également son père: elle est immergée dans la musique dès son premier jour de vie et celle-ci restera sa fidèle compagne jusqu’à la fin. Dans les premières années de formation, elle étudie le piano avec Eleanor Shuttleworth, le violon avec André Mangeot et la théorie musicale avec Jane Joseph. Cette dernière la encouragera et la poussera à travailler sur ses premières compositions: ainsi en 1920 elle dirige sa Dance of the Nymphs and Shepherds. En plus d’avoir composé la partie musicale, Holst avait aussi concu une chorégraphie: la danse est, en faite jusqu’au premier moment, une autre grande passion de la jeune femme, qui avait aussi tenté d’etre admise à la Ginner-Mawer School of Dance and Drama quelque temps avant. À l'âge de dix-neuf ans, elle s’inscrit au Royal College of Music de Londres, où elle reçoit plusieurs distinctions pour ses compositions. Là, elle découvre son talent pour la direction d’orchestre, un rôle qui souvent était réservé aux hommes.

Dans les années suivantes elle crée plusieurs compositions de musique de chambre et quitte la maison de ses parents pour deux raisons: voyager à travers la Belgique, l’Italie et l'Allemagne, mais aussi trouver son indépendance. Entre septembre 1930 et mai 1931, Imogen Holst investit son temps en faisant plusieurs voyages en Europe, dont certains centrés sur la musique ou la recherche de lieux significatifs liés à des personnalités de grande importance, dont elle se sent en quelque sorte héritière. C’est le cas, par exemple, de Mozart à Salzbourg et Vienne, de Bach à Berlin. Terminé son cours d' études, elle doit faire face à certains problèmes de santé qui l'obligent à renoncer à plusieurs activités qu’elle avait entreprises, dont la danse et le piano. Elle décide donc de devenir enseignante et de collaborer, entre-temps, comme organisatrice avec l’English Folk Dance and Song Society, une organisation de promotion de la musique folk anglaise fondée en 1932. Ce sont des années compliquées du point de vue économique et personnel: Gustav Holst tombe malade et meurt en 1934; sa fille lui dédiera un concert direct par elle-même l’année suivante. Malgré les difficultés auxquelles elle doit faire face, les productions de la musicienne anglaise commencent à attirer l’attention de la critique et du public en général: cela lui permet de se concentrer sur la rédaction de la biographie de son père, qui sera publiée en 1938 et bien accueillie par la critique. Pendant la Seconde Guerre mondiale, elle travaille pour le Council for the Encouragement of Music and the Arts, avec pour objectif de promouvoir et valoriser la musique, l’art et plus en général la culture britannique. En même temps, elle fait des actes de solidarité en travaillant pour le Bloomsbury House Refugee Committee qui s’occupe d’aider les musiciens et musiciennes réfugiés. En 1940, elle se rend dans les zones rurales du Royaume-Uni pour encourager la population à pratiquer des activités musicales; trois ans plus tard, elle conçoit un cours pour jeunes femmes, afin de les réunir en orchestres et de les faire participer à des événements musicaux. Ainsi il est né à Dartington un orchestre amateur, fruit des enseignements basés sur la pratique et l'entraînement constants; pendant les années passées dans ce pays, plusieurs compositions voient le jour.

Un moment fondamental dans la carrière de la musicienne est sûrement la rencontre avec Benjamin Britten, survenue justement à Dartington. Il s’agit d’un célèbre compositeur, directeur d’orchestre et pianiste du rôle central dans la musique anglaise du vingtième siècle; parmi ses œuvres les plus connues figurent celles composées pour les quatuors de chambre ou pour les orchestres: la plus célèbre étant Peter Grimes. De plus, sa figure est particulièrement connue pour son immersion dans les faits de son temps et sa fréquentation des éminents représentants du monde intellectuel et artistique, ainsi que musical. Imogen Holst voit en Britten une sorte d'héritier musical de son père et elle devient bientôt son assistante. Elle déménage alors à Aldeburgh, où elle participe à la réalisation annuelle du festival du village, dont elle devient directrice artistique en 1956. Pendant la période aux côtés du grand musicien, elle tient un journal dans lequel elle raconte la précarité économique que ce travail lui cause. Malgré cela, elle poursuit avec une dévotion absolue son engagement pour le festival annuel, auquel elle ajoute à nouveau celui de la production musicale: ce sont les années des cantates pour voix féminines et des suites. Par la suite, en 1964, elle renonce à la position d’assistante pour se concentrer sur les compositions et la reconstruction de l’histoire de la figure paternelle, afin de pouvoir écrire plusieurs livres à ce sujet. En 1952 elle fonde un chœur qui se produira en différents lieux de la nation, et qui conservera une place fixe au sein du festival d'Aldeburgh, dont elle abandonne le rôle de directrice en 1967. À la mort de Britten, survenue plusieurs années après, la musicienne quitte la direction du festival, tout en restant Directrice artistique émérite.

À l'occasion du centenaire de la naissance de son père, elle s’engage dans des publications sur sa vie et dans l’institution d’un musée à lui dédié et situé à Cheltenham. Son activité d'écriture ne se limite toutefois pas seulement à la biographie de Gustav Holst: elle écrit également sur la musique en général, abordant des thèmes tels que la direction des chœurs. À partir de ce moment, Imogen Holst fait face à de graves problèmes de santé, qui la conduiront à la mort à Aldeburgh en 1984. Bien qu’elle n’ait pas reçu beaucoup de reconnaissances de son vivant, l'œuvre d’ Imogen Holst est très intéressante du point de vue des influences dont elle s’est nourrie et de l’apport original qu’elle a apporté à la musique anglaise de son époque. Sa production révèle l'ingéniosité d’une artiste polyvalente, passionnée par toutes les formes d’art et profondément curieuse, tout en étant consciente de ses racines et de sa formation. L’histoire de cette femme apparait aujourd’hui comme necessitant d’etre jouee, chantée, ecoutée, écrite et lue, car elle est restée silencieuse pendant des années. Son nom est souvent mentionné exclusivement lorsqu'il s’agit de Gustav Holst et de Benjamin Britten. Mais avant d’etre une fille et une assistante, imogen Holst a été, toute sa vie, une femme libre et une musicenne d’une valeur extraordinaire, ainsi qu’une source d’inspiration pour les musiciennes qui l’ont suivie. Il est indispensable de rappeler également son engagement social, qu’elle a poursuivi en utilisant la musique comme outil, un pont capable d’unir des personnes et des réalités autrement isolées.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Imogen Clare Holst was a British composer, arranger, choral conductor, teacher and writer. She was born in London in 1907 to Isobel Harrison, a soprano, and Gustav Theodore Holst, a composer and conductor. She grew up, therefore, in an environment in which the musical and artistic component was very strong. Her father's family boasted male and female musicians for several generations, and her mother met Mr. Holst in the classrooms of the Royal College of Music, London. Imogen studied at St Paul's Girls' School, where her father also taught. She was immersed in music from day one and it would remain her faithful companion until the end. In her early formative years, she studied piano with Eleanor Shuttleworth, violin with André Mangeot, and music theory with Jane Joseph. It was the latter who encouraged and spurred her to work on her first compositions. Thus, in 1920, she directed her Dance of the Nymphs and Shepherds. In addition to composing the musical part, Holst had also devised choreography. Dance was, from early on, another huge passion of the young woman, who had also attempted to gain admission to the Ginner-Mawer School of Dance and Drama some time earlier. At the age of nineteen she enrolled at the Royal College of Music in London, where she received several awards for her compositions. There she discovered her talent for conducting, a role that men usually filled.

In the following years she created several compositions for chamber music and left her parents' home for two reasons - to move through Belgium, Italy and Germany, but also to find her own independence. Between September 1930 and May 1931 Holst invested her time making several trips to Europe, some of which focused on music or on finding the significant places associated with notable personalities, to whom she herself felt she was somehow heir. This is the case, for example, with Mozart in Salzburg and Vienna and Bach in Berlin. When she finished her studies, she was faced with some health problems that forced her to give up several activities she had undertaken, including dance and piano. She therefore decided to become a teacher and to work, in the meantime, as an organizer with the English Folk Dance and Song Society, a body for the promotion of English folk music founded in 1932. These were complicated years financially and personally. Gustav Holst fell ill and died in 1934. A concert directed by his daughter would be dedicated to him in the following year. Despite the difficulties she faced, the English musician's productions begin to attract the attention of critics and the general public. This allowed her to concentrate on writing a biography of her father, which was published in 1938 and well received by critics. During World War II she worked for the Council for the Encouragement of Music and the Arts, with the aim of promoting and exalting music, art and British culture more generally. At the same time she performed acts of solidarity by working for the Bloomsbury House Refugee Committee, which was concerned with helping refugees and refugee women musicians. In 1940, she went to rural areas of the United Kingdom to encourage people to engage in musical activities. Three years later she designed a course for young women to join orchestras and participate in musical events. Thus, an amateur orchestra was born in Darington, the result of teachings based on continuous practice and training, and during her years there, several compositions came to life.

A pivotal moment in the musician's career was certainly a meeting with Benjamin Britten, which took place in Darrington. He was a celebrated composer, conductor and pianist with a central role in twentieth-century English music. Among his best-known works are those composed for chamber quartets or orchestras - first among them Peter Grimes. In addition, he was particularly noted for his immersion in the events of his time and his frequentation of intellectual and artistic, as well as musical, figures. Imogen Holst identified Britten as a kind of musical heir to her father and soon became his assistant. She thus moved to Aldeburgh, where she participated in the creation of the town's annual festival, of which she became artistic director in 1956. During the years alongside the great musician, she kept a diary in which she recounted the economic precariousness this job brought her. In spite of this, she continued her commitment to the annual festival with absolute dedication, to which she again joined that of music production. These were the years of cantatas for female voices and suites. Later, in 1964, she gave up the position of assistant to concentrate on compositions and the reconstruction of her father's history, so that she could then write several books on the subject. In 1952 she founded a choir that would perform at various venues across the nation, and retained a permanent place within the Aldeburgh Festival, which she relinquished as director in 1967. After Britten's death several years later, Imogen left the management of the festival, though she remained its Artistic Director Emeritus.

On the centenary of her father's birth, she became involved in publications about his life and the establishment of a museum dedicated to him and located in Cheltenham. However, her writing activity was not only about Gustav Holst's biography. She also wrote about music more generally, touching on topics such as conducting choirs. From that time on, Imogen Holst faced serious health problems, problems that would lead to her death in Aldeburgh in 1984. Although she did not receive much recognition during her lifetime, Imogen Holst's oeuvre is also very interesting from the point of view of the contributions she fed on and the original contribution she made to the English music of her time. One can recognize in her output the flair of a multifaceted artist, fond of all the arts and deeply curious, as well as aware of her own roots and training. This woman's story appears to be in need of being played, sung, heard, written and read today because for years it has been silenced. Her name resonates often and exclusively when Gustav Holst and Benjamin Britten are mentioned. But before being a daughter and an assistant, Imogen Holst was, throughout her life, a free woman and a musician of extraordinary value, as well as an inspiration to the women musicians who succeeded her. It is also essential to remember her social commitment, which she carried out using music as her tool, became a bridge that can unite people and situations otherwise isolated.

Christopher Grogan, Imogen Holst: a life in music, Boydell Press, 2007

https://brittenpearsarts.org/imogen-holst-in-her-own-orbit

https://www.fabermusic.com/we-represent/imogen-holst


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

Imogen Clare Holst fue compositora, arreglista, directora de coro, profesora y escritora británica. Nació en Londres en 1907 hija de Isobel Harrison, soprano, y Gustav Theodore Holst, compositor y director de orquesta. Se crió, por lo tanto, en un entorno en el que el componente musical y artístico era muy fuerte: la familia de su padre contaba con músicos y músicas desde hacía varias generaciones y su madre había conocido a Holst precisamente en las aulas del Royal College of Music de Londres. Estudia en la St Paul’s Girls’ School, donde también enseña su padre: desde el primer día de su vida está inmersa en la música, la cual seguirá siendo su fiel compañera hasta el final. En sus primeros años de formación estudia piano con Eleanor Shuttleworth, violín con André Mangeot y teoría musical con Jane Joseph. Será esta última quien la anime y la aliente a trabajar en las primeras composiciones; así en 1920 dirige su Dance of the Nymphs and Shepherds. Además de componer la parte musical, Holst también había ideado una coreografía: de hecho, la danza era, desde el principio, otra gran pasión de la joven, que también había intentado ingresar en la Escuela Ginner-Mawer de Danza y Drama algún tiempo antes. A los diecinueve años se inscribe en el Royal College of Music de Londres, donde recibe varios reconocimientos por sus composiciones. Ahí descubre su talento para la dirección de orquesta, papel que normalmente desempeñaban los hombres.

En los años siguientes crea diferentes composiciones para música de cámara y deja la casa de sus padres por dos razones: para moverse por Bélgica, Italia y Alemania, pero también para encontrar su independencia. Entre septiembre de 1930 y mayo de 1931, Imogen Holst invierte su tiempo en varios viajes por Europa, algunos de los cuales se centran en la música o en la búsqueda de lugares significativos que estén relacionados con personalidades de gran importancia, de las que ella misma se siente en cierto modo heredera. Es el caso, por ejemplo, de Mozart en Salzburgo y Viena, de Bach en Berlín. Al terminar sus estudios, se enfrenta a problemas de salud que la obligan a renunciar a diversas actividades, como la danza y el piano. Por lo tanto, decide convertirse en profesora y, mientras tanto, colaborar como organizadora con la English Folk Dance and Song Society, una organización de promoción de la música folclórica inglesa creada en 1932. Son años complicados desde el punto de vista económico y personal: Gustav Holst cae enfermo y muere en 1934; al año siguiente su hija dirigirá un concierto dedicado a él. A pesar de las dificultades a las que se enfrenta, sus producciones comienzan a atraer la atención de la crítica y del público en general, lo que le permite concentrarse en la redacción de la biografía de su padre, que será publicada en 1938 y muy bien acogida por la crítica. Durante la Segunda Guerra Mundial trabajó para el Council for the Encouragement of Music and the Arts, con el objetivo de promover y exaltar la música, el arte y la cultura británica en general. Al mismo tiempo, realiza actos de solidaridad trabajando para el Bloomsbury House Refugee Committee, que se ocupa de ayudar a refugiados y a refugiadas, también a músicas. En 1940, viaja a las zonas rurales del Reino Unido para animar a la población a involucrarse en actividades musicales. Tres años más tarde, diseña un curso para mujeres jóvenes para que se unan a orquestas y participen en eventos musicales. Así nace en Dartington una orquesta amateur, fruto de las enseñanzas basadas en la práctica y el entrenamiento continuo; durante los años transcurridos en esta localidad, diversas composiciones cobran vida.

Sin duda, un momento crucial para la carrera de esta música es el encuentro con Benjamin Britten, que tuvo lugar en Dartington. Se trata de un famoso compositor, director y pianista que desempeñó un papel central en la música inglesa del siglo XX; entre sus obras más conocidas se encuentran las composiciones para cuartetos de cámara o para orquestas, entre todas Peter Grimes. Asimismo, su figura es particularmente conocida por la inmersión en los hechos de su tiempo y la frecuentación de los exponentes del mundo intelectual y artístico, además de musical. Imogen Holst ve en Britten una especie de heredero musical de su padre y pronto se convierte en su asistente. Se muda a Aldeburgo, donde participa en la realización del festival anual local, del que se convierte en directora artística en 1956. Durante el período junto al gran músico, escribe un diario en el que relata la precariedad económica que conlleva este trabajo. A pesar de ello, continúa, con dedicación absoluta, el compromiso con el festival anual, al que se une de nuevo el de la producción musical: son los años de las canciones para voces femeninas y de las suites. Posteriormente, en 1964, renuncia a su puesto de asistente para concentrarse en las composiciones y la reconstrucción de la historia de la figura paterna, con miras a escribir varios libros sobre el tema. En 1952 funda un coro que actuará en diferentes lugares del país y que conservará un puesto fijo dentro del festival de Aldeburgo, cuyo papel de directora abandonó en 1967. A la muerte de Britten, varios años después, la cantante deja la dirección del festival, aunque sigue siendo Directora artística emérita.

Con motivo del centenario del nacimiento de su padre, se dedica a las publicaciones sobre su vida y a la creación de un museo dedicado a él, situado en Cheltenham. Sin embargo, la actividad de escritura no se limita a la biografía de Gustav Holst: también escribe sobre música en general, tocando temas como la dirección de coros. A partir de ese momento, Imogen Holst se enfrenta a graves problemas de salud, problemas que la llevarán a su muerte en Aldeburgo en 1984. A pesar de que no haya recibido muchos reconocimientos en vida, la obra de Imogen Holst es también muy interesante desde el punto de vista de las contaminaciones de las que se alimentó y de la contribución original que aportó a la música inglesa de su época. Se reconoce en su producción el estro de una artista poliédrica, apegada a todas las artes y profundamente curiosa, además de consciente de sus raíces y de su formación. Hoy en día, es necesario tocar, cantar, escuchar, escribir y leer la historia de esta mujer porque durante años ha sido silenciada. Su nombre resuena a menudo y exclusivamente cuando se habla de Gustav Holst y Benjamin Britten. Pero antes de ser hija y asistente, Imogen Holst fue, durante toda su vida, una mujer libre y una música de extraordinario valor, así como fuente de inspiración para las músicas que la sucedieron. Es indispensable recordar también su compromiso social, que llevó adelante utilizando como instrumento precisamente la música, que se convirtió en un puente capaz de unir a personas y realidades de otro modo aisladas.

 

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