Elisabetta Piccini
Emilia Guarneri
Laura Zernik
Elisabetta Piccini, nota come suor Isabella Piccini, è stata un’incisora la cui memoria è stata a lungo trascurata, nonostante si tratti di una storia che vale certamente la pena raccontare. Con una lunga vita, trascorsa per la maggior parte tra le mura di un convento, viene ricordata sì per le sue opere, ma anche per lo spirito imprenditoriale che la animerà fino alla fine dei suoi giorni. Nasce nel 1644 a Venezia, ed è fin da subito immersa nell’arte incisoria: il padre Giacomo Piccini, un calcografo di origini padovane arrivato in laguna da giovane, attivo soprattutto come autore di rami di destinazione libraria, si occupa insieme con il fratello Guglielmo di riprodurre dipinti famosi di Rubens e Tiziano su rame, oltre a svolgere il lavoro di illustratore per conto di tipografi ed editori. La giovane cresce dunque tra rame, inchiostro, bulini, libri illustrati e attrezzi da lavoro, imparando ben presto il mestiere e iniziando a incidere in profondità la lastra. Questo le consente di “tirare” –come suggerisce il linguaggio tecnico – un gran numero di stampe, per le quali incontra sempre molta richiesta. È un periodo florido per l’ambito di lavoro della famiglia: vi è una crescita del mercato editoriale, pur considerando le continue crisi e riprese economiche della città di Venezia. Nonostante le guerre di terra e di mare, la peste e l’ostilità con il popolo ottomano, la città lagunare rimane un centro popoloso e colmo di attività artigianali e produttive; l’illustrazione dei libri, destinata a esplodere nel Settecento, si fa strada già nel Seicento, dando un impulso di rinnovamento all’editoria cittadina.
![]() |
![]() |
Isabella Piccini - Frontispiece of Fatinellus de Fatinellis (1627–1719) - Vita beatae Zitae virginis Lucensi, 1688 | Simboli predicabili estratti da Sacri Evangeli |
Durante l’adolescenza Elisabetta perde il padre, morto a poco più di quarant’anni, ritrovandosi da sola a gestire gli affari: nel 1663 presenta presso il Doge di Venezia la richiesta dell’autorizzazione per l’esclusiva su una stampa, e la ottiene – si tratta del documento più antico riguardante Elisabetta Piccini di cui disponiamo, e merita di essere riportato:
«Ser.mo Prencipe, tra l’angustie nelle quali la morte del Genitore lasciò me, Isabella figlia del q.m Giacomo Piccini, humilissima serva di V. Ser.tà, ho applicato l’animo a procurar di riuscir non dissimile da lui che lasciò non ordinaria fama delle proprie operationi. Nel corso però di tre anni ch’è seguita la morte stessa, ho inventati alcuni dissegni significanti il fine dell’huomo che mal si governa, et intagliati con l’instrutioni che vivendo il Padre havevo apprese, vorrei esponerli al Mondo con le pubbliche stampe, quando dalla somma benignità dell’E.E. V.V. mi fosse concesso il solito Privileggio che non potessero d’altri esser stampati, affin di poter non solo ricever qualche sollievo, ma ravvivar etiandio l’ottima memoria paterna. Per questa gratia humilmente prostrata, supplico l’infinita pubblica carità, certa che mai cessarano li miei preghi alla Divina bontà per l’esaltatione maggiore della Serenità Vostra. Gratie».
Sono parole significative e rappresentative della figura di una donna che affida al Doge il sogno di fare dell’arte incisoria la propria vita. Nasce in un primo momento il sodalizio col fratello Pietro, con il quale mette in pratica gli insegnamenti del padre, infatti firmano alcune opere con la dicitura «Li figlioli del Piccini». La carriera di Pietro Piccini tuttavia non durerà quanto quella della sorella, che presto inizierà a firmare autonomamente le opere e distaccarsi gradualmente dallo stile acquisito tramite la famiglia. Nonostante il lavoro avviato, per una ragazza rimasta orfana la scelta del convento appare quasi obbligata, così nel 1666 entra nel convento francescano di Santa Croce in Venezia, dal quale non uscirà mai. Da questo momento in poi Elisabetta Piccini diventa suor Isabella, ma non cambia la sua attività. I ritmi da monaca le permettono di mantenere e alimentare la sua passione e continuare a rifornire gli editori veneziani. Collabora con Bartoli a Venezia, con la Tipografia del Seminario a Padova, Gromi a Brescia, Remondini a Bassano; sono questi infatti i luoghi in cui il ricordo di suor Isabella è più vivo. Gli affari vanno bene, perciò riesce a contribuire alle spese di mantenimento del monastero e all’età di settantaquattro anni viene nominata Vicaria del convento, ricoprendo l’incarico per sei anni. Nel frattempo aiuta economicamente la sorella Francesca, che la raggiungerà prendendo i voti nel 1673, per poi scioglierli undici anni dopo andando incontro al matrimonio.
La parte più consistente del lavoro dell’incisora è composta da illustrazioni di testi sacri, messali, libri di preghiere, biografie di sante e santi, breviari, illustrazioni di manuali. Lavora da sola, senza un aiuto – l’unico supporto che accetterà, negli ultimi anni, sarà quello di suor Angela Baroni – e incessantemente, guadagnandosi la fiducia di clienti in grado di offrirle le lastre di rame sulle quali inciderà a bulino. La tecnica del bulino è una tecnica di incisione su superfici metalliche come rame, ottone o acciaio; prende il nome dallo strumento a punta di metallo affilata utilizzato per incidere le linee sulla superficie della lastra. L'artista lo utilizza per tracciare linee sottili di precisione, che possono essere utilizzate per creare dettagli o sfumature nelle opere d'arte. La pressione e l'angolazione con cui si utilizza lo strumento determinano la larghezza e la profondità delle linee incise. Tornando alla nostra storia, il rapporto professionale più nutrito sarà quello con la famiglia Remondini, con la quale intratterrà anche una lunga corrispondenza di cui si sono conservate alcune tracce. È soprattutto da queste lettere che emerge il lato imprenditoriale della monaca, pronta sempre a far valere il proprio lavoro e a reclamare i pagamenti dovuti. È così che accumulerà un gran numero di manufatti, tant’è che, analizzando i libri pubblicati tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del Settecento, non sarà inusuale trovare la firma di Piccini, in particolare nei testi liturgici.
Molte opere, naturalmente, non si sono conservate, ma sappiamo della presenza anche di fogli sciolti o libri di storia. È bene precisare che non tutti i disegni incisi sono stati fatti proprio da suor Isabella, numerosi infatti appartengono ad artisti e artiste più o meno famose che alimentavano proficuamente la collaborazione tra mondo editoriale e mondo pittorico. Non va dimenticato che Piccini è un’incisora, e dunque un’artigiana, quando si guarda alle sue creazioni che lasciano trasparire una certa ingenuità formale. Questo è in realtà un aspetto che arricchisce l’opera, che diventa traccia dell’incontro tra diverse abilità, saperi, esperienze e tecniche. Un altro cavallo di battaglia della monaca sono i ritratti, molto richiesti dal popolo veneziano e dei quali si conservano quelli dedicati ad alcuni sovrani come Carlo II o il doge Marcantonio Giustinian; le sue innegabili capacità emergono con evidenza nei ritratti della duchessa Aurelia Spinola.
![]() |
![]() |
Giovanni Antonio Lazzari e Isabella Piccini, ritratto di Carlo II di Spagna in Historie cronologiche della vera origine di tutti gl'ordini equestri di Bernardo Giustiniani, Venezia, presso Combi, & LaNoù, 1672 | Martial Desbois e Isabella Piccini, ritratto di Marcantonio Giustinian in Historia veneta di Alessandro Maria Vianoli, Venezia, presso Giovanni Giacomo Hertz, 1680. |
È molto interessante notare come, nonostante la fissità richiesta dalla vita monacale, la sua carriera sia paragonabile a quella di altre figure artistiche o editoriali che avevano la possibilità di muoversi alla ricerca di nuovi clienti di città in città. Appare necessario soffermarsi un momento anche sul fatto che Elisabetta Piccini opera in un settore prettamente maschile, inserendosi ugualmente nelle vicende veneziane con enorme successo. Con una notevole limpidezza di intenti e una forte dedizione, con costanza e perseveranza, con passione e determinazione, riesce non solo a emanciparsi dal cognome, costruendo nuovi stili, ma anche a essere orgogliosamente autonoma e indipendente per tutta la vita. Suor Isabella muore il 29 aprile 1734, a novant’anni e dopo una lunga e artistica esistenza.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
Elisabetta Piccini, connue sous le nom de sœur Isabella Piccini, a été une graveuse dont la mémoire a longtemps été négligée, bien qu’il s’agisse d’une histoire qui mérite d’être racontée. Elle a mené une longue vie, principalement passée entre les murs d’un couvent, et est rappelée non seulement pour ses œuvres, mais également pour l’esprit entrepreneurial qui l’a animée jusqu’à la fin de ses jours. Elle est née en 1644 à Venise et a été plongée dès son plus jeune âge dans l’art de la gravure. Son père, Giacomo Piccini, un graveur d’origine padouane arrivé jeune dans la lagune, travaillait surtout comme auteur de gravures destinées aux livres. Avec son frère Guglielmo, il reproduisait des peintures célèbres de Rubens et de Titien sur des plaques de cuivre, tout en collaborant avec des typographes et des éditeurs comme illustrateur. La jeune Elisabetta a donc grandi entourée de plaques de cuivre, d’encre, de burins, de livres illustrés et d’outils de travail. Elle a rapidement appris le métier et a commencé à graver profondément les plaques, ce qui lui permettait de produire – pour reprendre le langage technique – un grand nombre d’estampes, toujours très demandées. C’était une période florissante pour l’activité familiale : le marché éditorial connaissait une croissance, malgré les crises économiques récurrentes de la ville de Venise. Malgré les guerres terrestres et maritimes, la peste et les tensions avec l’Empire ottoman, la cité lagunaire restait un centre dynamique, riche en activités artisanales et productives. L’illustration de livres, destinée à exploser au XVIIIe siècle, avait déjà commencé à se développer au XVIIe siècle, donnant un élan nouveau à l’édition vénitienne.
![]() |
![]() |
Isabella Piccini - Frontispice de Fatinellus de Fatinellis (1627–1719) - Vita beatae Zitae virginis Lucensi, 1688. | Symboles prêchables extraits des Saintes Évangiles. |
Pendant son adolescence, Elisabetta perd son père, mort à un peu plus de quarante ans, se retrouvant seule pour gérer les affaires familiales. En 1663, elle présente au Doge de Venise une demande d'autorisation pour obtenir l'exclusivité sur une gravure, et elle l'obtient. Ce document est le plus ancien que nous possédions concernant Elisabetta Piccini et mérite d’être cité:
«Ser.mo Prencipe, parmi les difficultés dans lesquelles la mort de mon père m’a laissée, moi, Isabella, fille du feu Giacomo Piccini, humble servante de V. Ser.tà, j’ai appliqué mon esprit à m’efforcer de ne pas être différente de lui, qui a laissé une renommée peu ordinaire pour ses œuvres. Au cours des trois années qui ont suivi cette mort, j’ai inventé quelques dessins représentant la fin de l’homme qui se gouverne mal, et je les ai gravés avec les instructions que, de son vivant, mon père m’avait enseignées. Je voudrais les présenter au monde par le biais des impressions publiques, si la grande bienveillance de V.V. E.E. m’accordait le privilège habituel qu’ils ne puissent être imprimés par d’autres, afin de recevoir non seulement un certain réconfort, mais aussi de raviver la mémoire exceptionnelle de mon père. Pour cette grâce, humblement prosternée, je supplie l’infinie charité publique, certaine que mes prières à la Divine Bonté pour l’exaltation de Votre Sérénité ne cesseront jamais. Merci»..
Ces paroles sont significatives et représentatives de la figure d'une femme qui confie au Doge son rêve de faire de l'art de la gravure sa vie. Elle commence d’abord une collaboration avec son frère Pietro, avec qui elle met en pratique les enseignements de leur père. En effet, ils signent certaines œuvres avec l’inscription «Les enfants de Piccini». Cependant, la carrière de Pietro ne durera pas aussi longtemps que celle de sa sœur, qui commencera rapidement à signer ses œuvres de manière autonome et à se détacher progressivement du style hérité de sa famille. Malgré son travail, pour une jeune fille orpheline, le choix du couvent semble presque inévitable. Ainsi, en 1666, elle entre au couvent franciscain de Santa Croce à Venise, où elle restera jusqu’à la fin de sa vie. À partir de ce moment, Elisabetta Piccini devient sœur Isabella, mais son activité artistique ne change pas. Les rythmes de la vie monastique lui permettent de maintenir et d’alimenter sa passion tout en continuant à fournir les éditeurs vénitiens. Elle collabore avec Bartoli à Venise, avec la Tipografia del Seminario à Padoue, avec Gromi à Brescia, et avec Remondini à Bassano ; ce sont d’ailleurs les lieux où le souvenir de sœur Isabella reste le plus vivant. Ses affaires prospèrent, lui permettant de contribuer aux dépenses du monastère. À l’âge de soixante-quatorze ans, elle est nommée vicaire du couvent, un poste qu’elle occupera pendant six ans. Parallèlement, elle aide financièrement sa sœur Francesca, qui la rejoint en prenant les vœux en 1673, avant de les rompre onze ans plus tard pour se marier.
La majeure partie de l’œuvre de la graveuse consiste en des illustrations de textes sacrés, de missels, de livres de prières, de biographies de saints et saintes, de bréviaires, et d’illustrations de manuels. Elle travaille seule, sans aucune aide – le seul soutien qu’elle acceptera dans ses dernières années sera celui de sœur Angela Baroni – et de manière incessante, gagnant la confiance de clients qui lui fournissent les plaques de cuivre sur lesquelles elle grave au burin. La technique du burin est une méthode de gravure sur des surfaces métalliques comme le cuivre, le laiton ou l’acier. Elle tire son nom de l’outil à pointe métallique aiguisée utilisé pour graver des lignes sur la surface de la plaque. L’artiste utilise cet outil pour tracer des lignes fines et précises, qui peuvent être employées pour créer des détails ou des nuances dans les œuvres d’art. La pression et l’angle d’utilisation déterminent la largeur et la profondeur des lignes gravées. Revenant à notre histoire, la relation professionnelle la plus nourrie sera celle avec la famille Remondini, avec laquelle elle entretiendra également une longue correspondance dont quelques traces ont été conservées. C’est surtout à travers ces lettres que se révèle le côté entrepreneurial de la religieuse, toujours prête à défendre son travail et à réclamer les paiements qui lui sont dus. C’est ainsi qu’elle accumulera un grand nombre de créations. En analysant les livres publiés entre la seconde moitié du XVIIe siècle et les premières décennies du XVIIIe siècle, il n’est pas rare de trouver la signature de Piccini, en particulier dans les textes liturgiques.
Bien sûr, de nombreuses œuvres n’ont pas été conservées, mais nous savons qu’elle a également réalisé des feuilles volantes et des livres d’histoire. Il est important de préciser que toutes les gravures ne sont pas directement d’elle : nombre d’entre elles proviennent d’artistes, hommes et femmes, plus ou moins célèbres, qui enrichissaient les collaborations entre le monde de l’édition et celui de la peinture. Il ne faut pas oublier que Piccini est une graveuse, donc une artisane, lorsqu’on regarde ses créations qui laissent transparaître une certaine naïveté formelle. Cela constitue en réalité un aspect enrichissant de son œuvre, qui devient la trace de la rencontre entre diverses compétences, savoirs, expériences et techniques. Un autre point fort de la religieuse est le portrait, très demandé par le peuple vénitien. Parmi ceux qui ont été conservés, on trouve des portraits de souverains comme Charles II ou le Doge Marcantonio Giustinian, mais aussi de la duchesse Aurelia Spinola, où ses indéniables capacités ressortent clairement.
![]() |
![]() |
Giovanni Antonio Lazzari et Isabella Piccini, portrait de Charles II d'Espagne dans Historie cronologiche della vera origine di tutti gl'ordini equestri de Bernardo Giustiniani, Venise, chez Combi, & LaNoù, 1672 | Martial Desbois et Isabella Piccini, portrait de Marcantonio Giustinian dans Historia veneta d'Alessandro Maria Vianoli, Venise, chez Giovanni Giacomo Hertz, 1680. |
Il est intéressant de noter que, malgré la fixité imposée par la vie monastique, sa carrière peut être comparée à celle d’autres figures artistiques ou éditoriales qui avaient la possibilité de se déplacer de ville en ville à la recherche de nouveaux clients. Il est également essentiel de souligner qu’Elisabetta Piccini opère dans un domaine essentiellement masculin, s’y insérant pourtant avec un grand succès dans le contexte vénitien. Avec une clarté d’intention remarquable, une forte dévotion, de la constance, de la persévérance, de la passion et de la détermination, elle parvient non seulement à s’émanciper de son nom de famille en développant de nouveaux styles, mais aussi à être fièrement autonome et indépendante tout au long de sa vie. Sœur Isabella meurt le 29 avril 1734, à l’âge de 90 ans, après une longue et artistique existence.
Traduzione spagnola
Ramona Carobene
Elisabetta Piccini, conocida como la hermana Isabella Piccini, fue una grabadora cuya memoria ha sido descuidada durante mucho tiempo, aunque es una historia que ciertamente vale la pena contar. Con una larga vida, pasada la mayor parte del tiempo entre las paredes de un convento, se la recuerda por sus obras, pero también por el espíritu emprendedor que la animará hasta el final de sus días. Nace en 1644 en Venecia y desde el primer momento se sumerge en el arte del grabado: su padre Giacomo Piccini, un calcógrafo de origen paduano que llegó a la laguna cuando era joven, activo sobre todo como autor de grabados para librerías junto con su hermano Guillermo, reproduce pinturas famosas de Rubens y Tiziano sobre cobre, además de realizar trabajos como ilustrador para impresores y editores. La joven crece pues entre cobre, tinta, buriles, libros ilustrados y herramientas de trabajo, aprendiendo muy pronto el oficio y empezando a grabar la placa en profundidad. Esto le permite ‘tirar’ –como sugiere el lenguaje técnico– un gran número de impresiones, para las cuales siempre encuentra mucha demanda. Es un período próspero para el ámbito de trabajo de la familia: hay un crecimiento del mercado editorial, a pesar de las continuas crisis y recuperaciones económicas de la ciudad de Venecia. A pesar de las guerras terrestres y marítimas, la peste y la hostilidad con el pueblo otomano, la ciudad de la laguna sigue siendo un centro poblado y lleno de actividades artesanales y productivas; la ilustración de los libros, destinada a explotar en el siglo XVIII, se hace camino ya en el siglo XVII, dando un impulso de renovación al mundo editorial de la ciudad.
![]() |
![]() |
Isabella Piccini - Frontispicio de Fatinellus de Fatinellis (1627–1719) - Vida de la beata Zita virgen lucense, 1688. | Símbolos predicables extraídos de los Santos Evangelios. |
Durante la adolescencia, Elisabetta pierde a su padre, muerto con poco más de cuarenta años, y se encuentra sola para administrar los negocios: en 1663 presenta una solicitud al Dogo de Venecia para que le conceda la exclusividad de un grabado, exclusiva que obtiene –es el documento más antiguo sobre Elisabetta Piccini del que disponemos, y merece ser recogido:
«Serenísimo Príncipe, entre las angustias en que la muerte de mi Padre me dejó, yo Isabella hija, del señor Giacomo Piccini, humilde sierva de Su Serenísima, he aplicado el alma a procurar no ser distinta de él, que dejó una fama extraordinaria de sus propias operaciones. Pero en los tres años que siguieron a su muerte, he inventado algunos dibujos sobre el fin del hombre que mal se gobierna, y tallados con las instrucciones que había aprendido de mi Padre en vida, quisiera exponerlos al Mundo con impresiones públicas, si la suma benignidad de Su Excelencia me concediera el habitual Privilegio para que no puedan ser impresos por otros, a fín de poder no solo recibir un poco de alivio, sino también reavivar la excelente memoria paterna. Humildemente postrada para esta gracia suplico la infinita caridad pública, segura de que nunca cesarán mis oraciones a la Divina bondad para la exaltación mayor de Su Serenidad. Gracias».
Son palabras significativas y representativas de la figura de una mujer que le confía al Dogo el sueño de hacer del arte del grabado su vida. Nace en un primer momento la asociación con el hermano Pietro, con quien pone en práctica las enseñanzas del padre, de hecho firman algunas obras con la inscripción «Li figlioli del Piccini» (los hijos de Piccini). Sin embargo, la carrera de Pietro Piccini no durará tanto como la de su hermana, que pronto comenzará a firmar las obras por sí misma y se separará gradualmente del estilo adquirido mediante la familia. A pesar del trabajo iniciado, para una muchacha que se quedó huérfana la elección del convento parece casi obligada, así que en 1666 entra en el convento franciscano de Santa Croce en Venecia, del que nunca saldrá. A partir de ese momento Elisabetta Piccini se convierte en ‘la hermana Isabella’, pero no cambia su actividad. Los ritmos de monja le permiten mantener y alimentar su pasión y continuar abasteciendo a los editores venecianos. Colabora con Bartoli en Venecia, con la Tipografía del Seminario de Padua, con Gromi en Brescia, con Remondini en Bassano; son estos los lugares donde el recuerdo de la hermana Isabella es más vivo. Los negocios van bien, por lo tanto consigue contribuir a los gastos de mantenimiento del monasterio y a la edad de setenta y cuatro años la nombran Vicaria del convento, cargo que ocupa durante seis años. Mientras tanto ayuda económicamente a su hermana Francesca, que la alcanzará tomando los votos en 1673, para luego disolverlos once años después yendo al encuentro del matrimonio.
La parte más consistente del trabajo de la grabadora está compuesta por ilustraciones de textos sagrados, misales, libros de oraciones, biografías de santos y santas, breviarios, ilustraciones de manuales. Trabaja sola, sin ayuda –el único apoyo que aceptará en los últimos años será el de la hermana Angela Baroni– e incesantemente, ganándose la confianza de clientes capaces de ofrecerle las planchas de cobre sobre las cuales hará sus grabados. La técnica del buril es una técnica de grabado en superficies metálicas como cobre, latón o acero; toma su nombre del instrumento de punta metálica afilada utilizado para grabar líneas en la superficie de la placa. El artista lo utiliza para trazar líneas finas de precisión, que se pueden utilizar para crear detalles o matices en las obras de arte. La presión y el ángulo de uso del instrumento determinan el ancho y la profundidad de las líneas grabadas. Volviendo a nuestra historia, la relación profesional más nutrida será con la familia Remondini, con la cual mantendrá también una larga correspondencia de la que se han conservado algunos rastros. De estas cartas emerge sobre todo el lado emprendedor de la monja, siempre dispuesta a hacer valer su trabajo y reclamar los pagos debidos. Así es como acumulará un gran número de grabados, tanto que, analizando los libros publicados entre la segunda mitad del siglo XVII y las primeras décadas del siglo XVIII, no será inusual encontrar la firma de Piccini, en particular en los textos litúrgicos.
Muchas obras, por supuesto, no se han conservado, pero también sabemos de la presencia de hojas sueltas o de libros de historia. Es bueno precisar que no todos los dibujos grabados fueron hechos por sor Isabella, muchos pertenecen a artistas más o menos famosos que alimentaban provechosamente la colaboración entre el mundo editorial y el mundo pictórico. No hay que olvidar que Piccini es una grabadora, y por tanto una artesana, cuando se observan sus creaciones que dejan traslucir cierta ingenuidad formal. Este es en realidad un aspecto que enriquece su obra, que se convierte en rastro del encuentro entre diferentes habilidades, conocimientos, experiencias y técnicas. Otro caballo de batalla de la monja son los retratos, muy solicitados por la población veneciana y de los cuales se conservan aquellos dedicados a algunos soberanos, como Carlos II, o el dogo Marcantonio Giustinian; sus habilidades indiscutibles destacan en los retratos de la duquesa Aurelia Spinola.
![]() |
![]() |
Giovanni Antonio Lazzari e Isabella Piccini, retrato de Carlos II de España en Historia cronológica de la verdadera origen de todos los órdenes ecuestres de Bernardo Giustiniani, Venecia, en Combi & LaNoù, 1672. | Martial Desbois e Isabella Piccini, retrato de Marcantonio Giustiniano en Historia veneta de Alessandro Maria Vianoli, Venecia, en Giovanni Giacomo Hertz, 1680. |
Es muy interesante observar que, a pesar de la fisonomía requerida por la vida monástica, su carrera es comparable a la de otras figuras artísticas o editoriales que tenían la posibilidad de moverse de ciudad en ciudad en busca de nuevos clientes. Parece necesario detenerse un momento también en el hecho de que Elisabetta Piccini opera en un sector puramente masculino, pero se introduce igualmente en las vicisitudes venecianas con enorme éxito. Con una notable claridad de propósitos y una fuerte dedicación, con constancia y perseverancia, con pasión y determinación, no solo logra emanciparse de su apellido, construyendo nuevos estilos, sino también ser orgullosamente autónoma e independiente para toda la vida. La hermana Isabel muere el 29 de abril de 1734, a los noventa años y después de una larga y artística existencia.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
Elisabetta Piccini, known as Sister Isabella Piccini, was an engraver whose memory has long been neglected, although her story is certainly worth telling. With a long life, spent mostly within the walls of a convent, she is remembered, yes, for her works, but also for the entrepreneurial spirit that animated her until the end of her days. She was born in 1644 in Venice, and from the very beginning she was immersed in the art of engraving. Her father Giacomo Piccini, a chalcographer (engraver of copper or other metals) of Paduan origin, who had arrived in the lagoon as a young man and was active above all as an author of material destined for books, was involved with his brother Guglielmo in reproducing famous paintings by Rubens and Titian on copper, as well as carrying out the work of illustrator on behalf of printers and publishers. The young woman thus grew up among copper, ink, engraving tools and illustrated books, soon learning the trade and beginning to engrave deep into the plate. This allows her to "pull"-as the technical language suggests-a large number of prints, for which she always encountered much demand. It was a prosperous period for the family's sphere of work. There was a growth in the publishing market, even considering the continuous economic crises and recoveries in the city of Venice. Despite wars of land and sea, the plague and hostility with the Ottomans, the lagoon city remained a populous center filled with craft and productive activities. Book illustration, destined to explode in the eighteenth century, made its way as early as the seventeenth century, giving a significant impetus to the city's publishing industry.
![]() |
![]() |
Isabella Piccini - Frontispiece of Fatinellus de Fatinellis (1627–1719) - Vita beatae Zitae virginis Lucensi, 1688. | Preachable symbols extracted from the Sacri Evangeli. |
In her teens Elisabetta lost her father, who died when he was just over forty, and found herself alone in running the business. In 1663 she applied to the Doge of Venice for authorization for exclusivity on a printing press, and obtained it - this is the oldest document concerning Elisabetta Piccini that we have, and it deserves to be reported:
«Most Serene Prince, amidst the distress in which the death of the my Father left me, Isabella daughter of Giacomo Piccini, most humble servant of V. Ser.tà, I have applied my mind to procuring to succeed not unlike him who experienced not ordinary fame from his own creations. In the course of the three years that have followed his death itself, however, I have invented some sketches signifying the end of the man who governs himself badly, and carved them with the instructions that while Father was living I had learned, I should like to expose them to the world by public printing, when by the supreme benevolence of Your Eminence V.E. I am granted the usual privilege that they may not be printed by others, so that I may not only receive some relief, but also revive the excellent paternal memory. For this grace humbly prostrate, I beseech the infinite public charity, certain that they will never cease my prayers to the Divine goodness for the greater exaltatione of Your Serenity. Thank you»..
Most Serene Prince, amidst the distress in which the death of the my Father left me, Isabella daughter of Giacomo Piccini, most humble servant of V. Ser.tà, I have applied my mind to procuring to succeed not unlike him who experienced not ordinary fame from his own creations. In the course of the three years that have followed his death itself, however, I have invented some sketches signifying the end of the man who governs himself badly, and carved them with the instructions that while Father was living I had learned, I should like to expose them to the world by public printing, when by the supreme benevolence of Your Eminence V.E. I am granted the usual privilege that they may not be printed by others, so that I may not only receive some relief, but also revive the excellent paternal memory. For this grace humbly prostrate, I beseech the infinite public charity, certain that they will never cease my prayers to the Divine goodness for the greater exaltatione of Your Serenity. Thank you.
These words are significant and representative of the figure of a woman who entrusts the Doge with the dream of making the art of engraving her life. An association with her brother Pietro was born at first, with whom she put her father's teachings into practice. They signed some works with the words "Li figlioli del Piccini" (the children of Piccini). Pietro Piccini's career, however, did not last as long as that of his sister, who soon began to sign works independently and gradually detach herself from the style acquired through the family. Despite the work she started, for a girl who was orphaned the choice of the convent seemed almost obligatory, so in 1666 she entered the Franciscan convent of Santa Croce in Venice, which she would never leave. From this time on Elisabetta Piccini became Sister Isabella, but her activities did not change. Nun-like rhythms allowed her to maintain and nurture her passion and continue to supply Venetian publishers. She collaborated with Bartoli in Venice, with the Tipografia del Seminario in Padua, Gromi in Brescia, and Remondini in Bassano. Indeed, these are the places where Sister Isabella's memory is most vivid. Business was good, so she managed to contribute to the costs of maintaining the monastery, and at the age of seventy-four she was appointed vicar of the convent, holding the post for six years. In the meantime she helped her sister Frances financially, who would join her by taking vows in 1673, only to dissolve them eleven years later on her way to marriage.
The bulk of the engraver's work consists of illustrations of sacred texts, missals, prayer books, biographies of saints and holy men, breviaries, and illustrations of manuals. She worked alone, without help - the only support she would accept, in her later years, would be that of Sister Angela Baroni - and unceasingly, gaining the trust of clients who could offer her the copper plates on which she would engrave by burin. The burin technique is an engraving technique on metal surfaces such as copper, brass or steel. It takes its name from the sharp metal-tipped tool used to etch lines on the surface of the plate. The artist uses it to draw fine precision lines, which can be used to create details or shading in works of art. The pressure and angle at which the tool is used determine the width and depth of the engraved lines. Returning to our story, her most nurturing professional relationship was with the Remondini family, with whom she would also have a long correspondence of which some traces have been preserved. It is especially from these letters that the entrepreneurial side of the nun emerges, always ready to assert her work and claim payments due. This was how she accumulated a large number of artifacts, so much so that, analyzing the books published between the second half of the seventeenth century and the first decades of the eighteenth century, it is not be unusual to find Piccini's signature, particularly in liturgical texts.
Many works, of course, have not been preserved, but we know of the presence of loose sheets and history books as well. It is good to point out that not all of the engraved drawings were done by Sister Isabella herself, many, in fact, belong to more or less famous artists who profitably nurtured the collaboration between the publishing and painting worlds. It should not be forgotten that Piccini is an engraver, and therefore a craftswoman, when one looks at her creations, which hint at a certain formal naiveté. This is actually an aspect that enriches the work, which becomes a trace of the encounter between different skills, knowledge, experience and techniques. Another workhorse of the nun's are the portraits, which were in great demand among the Venetian people and of which those dedicated to some sovereigns such as Charles II or Doge Marcantonio Giustinian are preserved. Her undeniable skills emerge clearly in the portraits of Duchess Aurelia Spinola.
![]() |
![]() |
Giovanni Antonio Lazzari and Isabella Piccini, portrait of Charles II of Spain in Historie cronologiche della vera origine di tutti gl'ordini equestri by Bernardo Giustiniani, Venice, published by Combi, & LaNoù, 1672. | Martial Desbois and Isabella Piccini, portrait of Marcantonio Giustinian in Historia veneta by Alessandro Maria Vianoli, Venice, published by Giovanni Giacomo Hertz, 1680. |
It is very interesting to note how, despite the fixity required by the monastic life, her career is comparable to that of other artistic or editorial figures who had the ability to move in search of new clients from city to city. It seems necessary to also dwell for a moment on the fact that Elisabetta Piccini operated in a purely male sector, inserting herself equally into Venetian affairs with enormous success. With remarkable clarity of purpose and strong dedication, with constancy and perseverance, with passion and determination, she managed not only to emancipate herself from her surname, building new styles, but also to be proudly autonomous and independent throughout her life. Sister Isabella died on April 29, 1734, at the age of ninety and after a long and artistic existence.