Fanny Mendelssohn
Maria Chiara Pulcini


Katarzina Oliwia

 

È il 1842 e le note di un pianoforte accompagnano la lode del poeta austriaco Franz Grillparzer per l’Italia. È lo stesso Bel paese a dare il nome a quell’allegretto, Italien, e a suonarlo alla presenza della regina Vittoria a Buckingham Palace dovrebbe essere Felix Mendelssohn, uno dei compositori più acclamati del momento: è stata la stessa Vittoria a fare questa richiesta, desiderosa di poter eseguire una delle sue canzoni preferite. È con stupore e crescente imbarazzo che Felix ammette di non essere lui l’autore di Italien, che è stata composta in realtà da sua sorella maggiore, Fanny. Se c’è una storia che può essere elevata a emblema di come misoginia e pregiudizio di genere abbiano stroncato il talento e il successo delle donne è proprio quella di Fanny Mendelssohn.

Nasce ad Amburgo il 14 novembre del 1805, primogenita di una delle più importanti famiglie ebree dell’epoca: suo nonno è il filosofo Moses Mendelssohn, suo padre Abraham è un banchiere; la madre Lea Solomon è nipote dell’imprenditore Daniel Itzig, attivo promotore degli interessi della popolazione ebraica prussiana presso la corte di Federico II prima e di Federico Guglielmo II poi. Fanny è orgogliosa delle sue origini e assieme ai fratelli protesta attivamente quando Abraham decide di convertire la famiglia al Cristianesimo e di cambiare il cognome in Mendelssohn Bartholdy – il primo atto di quello che sarà un rapporto tempestoso tra padre e figlia – per poi trasferirsi a Berlino. Qui la giovane dimostra un eccezionale talento musicale: le prozie Fanny von Arnstein e Sarah Levy, donne acculturate, forti e punto di riferimento per la comunità ebraica, ospitano nei loro salotti decine di musicisti, immergendo Fanny e i suoi fratelli nell’ambiente musicale sin dalla più tenera età; ad insegnarle a suonare il pianoforte è sua madre Lea, grande estimatrice dei lavori di Johann Sebastian Bach. Assieme al fratello Felix prende lezioni di pianoforte da Ludwig Berger e composizione musicale da Carl Friedrich Zelter. Quest’ultimo non farà mai mistero della sua preferenza per Fanny, considerandola ben più brava di Felix: al suo amico Johan Wolfgang von Goethe scrive che la piccola Mendelssohn è in grado di suonare Bach a memoria e che la sua abilità è identica a quella di un uomo – all’epoca uno dei più bei complimenti che una donna potesse ricevere. Oltre alla musica impara anche francese, inglese e italiano; è appassionata di poesia e nella sua libreria figurano nomi come Heine e Goethe.

Se tutta la famiglia è più che entusiasta del talento di Fanny, il padre Abraham lo tollera a malapena: non ostacola la sua educazione musicale, anzi, ma il suo pensiero è ben riassumibile in una lettera del 1820, dove le scrive che la musica potrà essere una carriera per Felix, ma per lei sarà niente più che un ornamento. Quando Goethe invita entrambi i fratelli a passare due settimane a casa sua, Abraham manda solo Felix; questi suona una composizione scritta da Fanny, che piace talmente tanto a Goethe da portarlo a scrivere una poesia per farla musicare apposta da lei – un progetto che non è andato in porto.

L’atteggiamento apatico del padre lascia una profonda insicurezza in Fanny, un sentimento che giocherà un ruolo fondamentale nel rapporto con Felix. I due sono legatissimi e non è esagerato affermare che la sorella sia stata fondamentale per l’educazione musicale del fratello e viceversa: i due suonano spesso assieme – danno spettacolo ai concerti organizzati la domenica presso la loro casa berlinese da Abraham prima e da Fanny stessa poi, raccogliendo le lodi di importanti figure come Niccolò Paganini, Clara Schumann, Bettina von Armin e Franz Liszt. Felix la incoraggia a continuare a comporre musica ma non a pubblicarla, offrendo invece di usare il proprio nome. Dal 1826 Felix pubblica per Fanny tre canzoni nella sua Opera 8 – una di queste è Italien, citata all’inizio e che ha creato una situazione di non poco imbarazzo tra Felix e la regina Vittoria – e tre nell’Opera 9. Manterranno uno stretto rapporto epistolare per tutta la vita: Felix si consulta spesso con Fanny, le sottopone le sue composizioni ed è molto accorto nel seguire le sue indicazioni e osservazioni; tuttavia, continua a sostenere che lasciare che Fanny pubblichi per conto proprio vada contro i suoi principi.

Nel 1829, dopo anni di corteggiamento e superata l’ostilità della madre, Fanny sposa il pittore Wilhelm Hensel, dando alla luce il loro unico figlio Sebastian l’anno seguente. Sempre nel 1830 riceve la sua prima acclamazione pubblica da parte del compositore John Thomson, il quale ne tesse le lodi sulla rivista londinese The Harmonicon dopo che Felix gli ha fatto vedere alcune canzoni. Seguono anni di concerti privati e di altrettanto privati riconoscimenti: nel suo salotto che riunisce frequentemente le più grandi menti musicali dell’epoca dà sfoggio di tutta la sua bravura come compositrice e performer, ma l’essere una donna borghese le impedisce di ottenere lo stesso livello di successo del fratello – che continua a sostenere e aiutare, non senza una certa frustrazione. Lo scrittore Henry Chorley scrive a Felix riguardo Fanny che se essa fosse nata in una famiglia povera il suo nome sarebbe apparso vicino a quello di importanti pianiste come Clara Schumann e Marie Pleyel senza protesta alcuna; un pensiero che emerge ogni tanto dai diari di Mendelssohn nei pochi passi in cui parla di una possibile carriera come musicista.

Fanny Mendelssohn disegnata dal marito Wilhelm Hensel (1829) Fanny Mendelssohn insieme al marito Wilhelm Hensel

Perdite importanti in famiglia e due aborti spontanei hanno forti ripercussioni sulla sua salute fisica e mentale. Hensel, che ha sempre incoraggiato e supportato la moglie – suggerendole più volte di pubblicare le sue opere anche se questo significava andare contro Felix – organizza un viaggio in Italia tra il 1839 e il 1840. Il clima più mite, i paesaggi mediterranei e gli incontri con compositori ed esperti che la riempiono di lodi e complimenti rinvigoriscono la donna e le forniscono nuova ispirazione e maggiore sicurezza. A darle un’ulteriore spinta è l’amicizia con l’appassionato di musica Robert von Kaudell, che le offre consigli e la sprona a pubblicare con il suo nome. A quarant’anni Fanny accetta l’offerta di due editori berlinesi e senza consultare il fratello pubblica Opere 1 nel 1846 con il nome da sposata, Fanny Hensel. Sorprendentemente, Felix non è risentito dalla decisione – anche se Fanny sa che, in fondo, questi non è affatto d’accordo, ma si accontenta degli auguri. Inizia a intrattenere un fitto rapporto epistolare con Clarissa Schumann, con cui organizza una collaborazione mentre continua a scrivere e pubblicare opere. Una promettente carriera viene purtroppo arrestata sul nascere: Fanny Mendelssohn muore a seguito di complicazioni dovute a un ictus il 14 maggio del 1847, a Berlino. Felix è distrutto dalla perdita: forse spinto dai sensi di colpa, forse per puro amore fraterno, lavora per preservare la memoria della sorella e assicurarsi che abbia il riconoscimento che merita, continuando a pubblicarne i lavori, tra cui Vier Lieder Op. 8; compone per lei il Quartetto per violino No. 6 in F minore prima di morire anche lui di ictus solo sei mesi dopo.

Fanny Mandelssohn ha composto più di 400 brani nel corso della sua vita: decine di trii per pianoforte e quartetti per pianoforte, quattro cantate, un pezzo per orchestra, circa 125 canzoni per pianoforte e oltre 250 lieder (composizioni per voce solista e pianoforte). Ha sempre preferito comporre per il pianoforte, visto che al contrario del fratello non ha imparato a suonare strumenti a corda. Oltre ad Italien, anche Osternate – una composizione che intende riprodurre la Passione di Cristo, dalla salita sul Calvario alla morte – è stata per lungo tempo attribuita a suo fratello prima che uno studio rivelasse che Fanny ne fosse la vera autrice. Fondamentale per distinguere i lavori di Fanny sotto il nome di Felix è lo stile, molto più dinamico e sperimentale di quello di lui. Essendo la sua opera rimasta nell'ombra fino a pochi anni prima della morte solo di recente si sta cominciando a studiare: oltre che l’influenza del fratello, è stata notata una forte ispirazione al tardo Beethoven per quanto riguarda forma, tonalità e contrappunto; la maggior parte delle composizioni sono fatte per essere eseguite da pochi musicisti, ma non mancano progetti per opere di scala maggiore. Mendelssohn ha raffinato la sua tecnica per suscitare forte emozione, componendo melodie che riflettessero il significato letterale delle parole dei lieder. Sentendo le sue composizioni si ha come l’impressione che l'autrice improvvisasse sul momento: alternando complessità a semplicità, tradizione e propria inventiva, il suo obiettivo era sempre quello di esprimere al meglio le sensazioni scaturite dalla narrazione.

Fortunatamente, grazie all’instancabile lavoro di studiose e studiosi sulla sua produzione musicale e su diari e lettere, Fanny Mendelssohn è libera dall’ingombrante presenza del fratello e può risplendere da sola, godendo della meritata fama di abile compositrice e pianista. Il museo Mendelssohn-Haus a Leipzig ha una mostra permanente a lei dedicata, e un museo intitolato a lei e al fratello è stato aperto nella città natale, Amburgo, nel 2018. Persino un pianeta, Fannyhensel, ha preso il suo nome. La sua musica è oggi conosciuta e celebrata in tutto il mondo.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Nous sommes en 1842 et les notes d'un piano accompagnent les louanges du poète autrichien Franz Grillparzer pour l'Italie. C'est le même Bel paese qui donne le nom à cet allegretto, Italien, et à le jouer devant la reine Victoria à Buckingham Palace devrait être Felix Mendelssohn, l'un des compositeurs les plus acclamés du moment : c'est Victoria elle-même qui a fait cette demande, désireuse de pouvoir exécuter l'une de ses chansons préférées. C'est avec stupeur et embarras croissant que Felix admet qu'il n'est pas l'auteur de Italien, qui a en réalité été composé par sa sœur aînée, Fanny. S'il y a une histoire qui peut être élevée au rang de symbole de la façon dont la misogynie et les préjugés de genre ont brisé le talent et le succès des femmes, c'est bien celle de Fanny Mendelssohn.

Elle est née à Hambourg le 14 novembre 1805, première-née d'une des familles juives les plus importantes de l'époque : son grand-père est le philosophe Moses Mendelssohn, son père Abraham est banquier ; sa mère Lea Solomon est la petite-fille de l'entrepreneur Daniel Itzig, fervent défenseur des intérêts de la population juive prussienne à la cour de Frédéric II d'abord, puis de Frédéric-Guillaume II. Fanny est fière de ses origines et, avec ses frères, proteste activement lorsque Abraham décide de convertir la famille au christianisme et de changer leur nom en Mendelssohn Bartholdy – le premier acte d'une relation orageuse entre père et fille – pour ensuite déménager à Berlin. Là, la jeune fille démontre un talent musical exceptionnel : ses grandes-tantes Fanny von Arnstein et Sarah Levy, femmes cultivées, fortes et références pour la communauté juive, accueillent dans leurs salons des dizaines de musiciens, immergeant Fanny et ses frères dans l'environnement musical dès leur plus jeune âge ; c'est sa mère Lea, grande admiratrice des œuvres de Johann Sebastian Bach, qui lui apprend à jouer du piano. Avec son frère Felix, elle prend des leçons de piano auprès de Ludwig Berger et de composition musicale auprès de Carl Friedrich Zelter. Ce dernier ne fera jamais mystère de sa préférence pour Fanny, la considérant bien meilleure que Felix : à son ami Johann Wolfgang von Goethe, il écrit que la petite Mendelssohn est capable de jouer Bach par cœur et que son habileté est identique à celle d'un homme – à l'époque, l'un des plus beaux compliments qu'une femme puisse recevoir. En plus de la musique, elle apprend également le français, l'anglais et l'italien ; elle est passionnée de poésie et dans sa bibliothèque figurent des noms tels que Heine et Goethe.

Si toute la famille est plus qu'enthousiaste du talent de Fanny, son père Abraham le tolère à peine : il ne fait pas obstacle à son éducation musicale, bien au contraire, mais son avis est bien résumé dans une lettre de 1820, où il lui écrit que la musique pourra être une carrière pour Felix, mais pour elle ce ne sera rien de plus qu'un ornement. Lorsque Goethe invite les deux frères à passer deux semaines chez lui, Abraham n'envoie que Felix ; ce dernier joue une composition écrite par Fanny, qui plaît tellement à Goethe qu'il écrit un poème pour qu'elle le mette en musique – un projet qui n'a pas abouti.

L'attitude apathique de son père laisse une profonde insécurité en Fanny, un sentiment qui jouera un rôle fondamental dans sa relation avec Felix. Les deux sont très proches et il n'est pas exagéré d'affirmer que la sœur a été essentielle à l'éducation musicale du frère et vice versa : ils jouent souvent ensemble – ils se produisent lors des concerts organisés le dimanche dans leur maison berlinoise par Abraham d'abord, puis par Fanny elle-même, recueillant les louanges de figures importantes telles que Niccolò Paganini, Clara Schumann, Bettina von Armin et Franz Liszt. Felix l'encourage à continuer à composer de la musique mais pas à la publier, proposant plutôt d'utiliser son propre nom. Dès 1826, Felix publie pour Fanny trois chansons dans son Opus 8 – l'une d'elles est Italien, citée au début et qui a créé une situation d'embarras non négligeable entre Felix et la reine Victoria – et trois dans l'Opus 9. Ils maintiendront une correspondance étroite toute leur vie : Felix consulte souvent Fanny, lui soumet ses compositions et suit de près ses indications et observations; cependant, il continue de soutenir que laisser Fanny publier en son nom propre va à l'encontre de ses principes.

En 1829, après des années de cour assidue et surmontée l'hostilité de sa mère, Fanny épouse le peintre Wilhelm Hensel, donnant naissance à leur unique fils Sebastian l'année suivante. Toujours en 1830, elle reçoit ses premières acclamations publiques de la part du compositeur John Thomson, qui en fait l'éloge dans la revue londonienne The Harmonicon après que Felix lui a montré quelques chansons. S'ensuivent des années de concerts privés et de reconnaissances tout aussi privées : dans son salon qui réunit fréquemment les plus grands esprits musicaux de l'époque, elle fait étalage de tout son talent en tant que compositrice et interprète, mais le fait d'être une femme bourgeoise l'empêche d'atteindre le même niveau de succès que son frère – qu'elle continue de soutenir et d'aider, non sans une certaine frustration. L'écrivain Henry Chorley écrit à Felix concernant Fanny que si elle était née dans une famille pauvre, son nom apparaîtrait aux côtés de ceux de pianistes importantes comme Clara Schumann et Marie Pleyel sans aucune contestation ; une pensée qui émerge parfois des journaux de Mendelssohn dans les rares passages où elle parle d'une possible carrière en tant que musicienne.

Fanny Mendelssohn dessinée par son mari Wilhelm Hensel (1829)
Fanny Mendelssohn avec son mari Wilhelm Hensel

Des pertes importantes dans sa famille et deux fausses couches ont de fortes répercussions sur sa santé physique et mentale. Hensel, qui a toujours encouragé et soutenu sa femme – lui suggérant à plusieurs reprises de publier ses œuvres même si cela signifiait aller à l'encontre de Felix – organise un voyage en Italie entre 1839 et 1840. Le climat plus doux, les paysages méditerranéens et les rencontres avec des compositeurs et des experts qui la couvrent d'éloges et de compliments revigorent la femme et lui fournissent une nouvelle inspiration et une plus grande confiance. Une amitié avec l'amateur de musique Robert von Kaudell, qui lui offre des conseils et l'encourage à publier sous son nom, lui donne une impulsion supplémentaire. À quarante ans, Fanny accepte l'offre de deux éditeurs berlinois et, sans consulter son frère, publie Opus 1 en 1846 sous son nom marital, Fanny Hensel. Étonnamment, Felix ne ressent aucune rancune face à cette décision – bien que Fanny sache qu'au fond, il n'est pas du tout d'accord, mais se contente de ses vœux. Elle commence à entretenir une correspondance intensive avec Clarissa Schumann, avec qui elle organise une collaboration tout en continuant à écrire et à publier des œuvres. Une carrière prometteuse est malheureusement arrêtée à son début : Fanny Mendelssohn meurt à la suite de complications dues à un accident vasculaire cérébral le 14 mai 1847 à Berlin. Felix est dévasté par la perte : peut-être poussé par un sentiment de culpabilité, peut-être par pur amour fraternel, il travaille pour préserver la mémoire de sa sœur et s'assurer qu'elle reçoive la reconnaissance qu'elle mérite, continuant de publier ses œuvres, dont Vier Lieder Op. 8 ; il compose pour elle le Quatuor à cordes n° 6 en F mineur avant de mourir lui-même d'un AVC six mois plus tard.

Fanny Mendelssohn a composé plus de 400 œuvres au cours de sa vie : des dizaines de trios pour piano et de quatuors pour piano, quatre cantates, une pièce pour orchestre, environ 125 chansons pour piano et plus de 250 lieder (compositions pour voix solo et piano). Elle a toujours préféré composer pour le piano, car contrairement à son frère, elle n'a pas appris à jouer des instruments à cordes. En plus de Italien, aussi Osternate – une composition qui entend reproduire la Passion du Christ, de la montée au Calvaire à la mort – a longtemps été attribuée à son frère avant qu'une étude ne révèle que Fanny en était la véritable autrice. Pour distinguer les œuvres de Fanny sous le nom de Felix, il est essentiel de se référer au style, beaucoup plus dynamique et expérimental que le sien. Étant donné que son œuvre est restée dans l'ombre jusqu'à peu de temps avant sa mort, ce n'est que récemment qu'elle commence à être étudiée : en plus de l'influence de son frère, on a noté une forte inspiration du Beethoven tardif en ce qui concerne la forme, la tonalité et le contrepoint ; la plupart des compositions sont faites pour être exécutées par quelques musiciens, mais il ne manque pas de projets pour des œuvres de plus grande envergure. Mendelssohn a affiné sa technique pour susciter une forte émotion, composant des mélodies qui reflètent le sens littéral des mots des lieder. En écoutant ses compositions, on a l'impression que l'auteure improvise sur le moment : alternant complexité et simplicité, tradition et propre inventivité, son objectif était toujours d'exprimer au mieux les sensations générées par la narration.

Heureusement, grâce au travail infatigable de chercheurs sur sa production musicale ainsi que sur ses journaux et lettres, Fanny Mendelssohn est libérée de la présence écrasante de son frère et peut briller par elle-même, jouissant de la renommée méritée de compositrice et pianiste talentueuse. Le musée Mendelssohn-Haus à Leipzig lui consacre une exposition permanente, et un musée à son nom et à celui de son frère a été ouvert dans sa ville natale, Hambourg, en 2018. Même une planète, Fanny Hensel, porte son nom. Sa musique est aujourd'hui connue et célébrée dans le monde entier.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

It was 1842 and the notes of a piano accompanied Austrian poet Franz Grillparzer's praise for Italy. It is the Bel Paese itself that gives the name to that allegretto, Italien, and to play it in the presence of Queen Victoria at Buckingham Palace was Felix Mendelssohn, one of the most acclaimed composers of the day. It was Victoria herself who made this request, eager to be able to hear a performance of one of her favorite songs. It created astonishment and growing embarrassment when Felix admitted that he was not the author of Italien, which was actually composed by his older sister, Fanny. If there is one story that can be elevated to an emblem of how misogyny and gender prejudice have crushed women's talent and success, it is that of Fanny Mendelssohn.

She was born in Hamburg on Nov. 14, 1805, the eldest child of one of the most prominent Jewish families of the time. Her grandfather was the philosopher Moses Mendelssohn, her father Abraham was a banker, and her mother, Lea Solomon, was the granddaughter of the entrepreneur Daniel Itzig, an active promoter of the interests of the Prussian Jewish population at the court of first Frederick II and then Frederick William II. Fanny was proud of her origins and along with her siblings actively protested when Abraham decided to convert the family to Christianity and change the surname to Mendelssohn Bartholdy - the first act in what will be a stormy relationship between father and daughter - and then moves the family to Berlin. There the young girl showed exceptional musical talent. Her great-aunts Fanny von Arnstein and Sarah Levy, cultured, strong women and a point of reference for the Jewish community, hosted dozens of musicians in their salons, immersing Fanny and her siblings in a musical environment from an early age. Teaching her to play the piano was her mother Lea, a great admirer of the works of Johann Sebastian Bach. Together with her brother Felix she took piano lessons from Ludwig Berger and music composition from Carl Friedrich Zelter. The latter would never make a secret of his preference for Fanny, considering her far better than Felix. He wrote to his friend Johan Wolfgang von Goethe that the young Fanny Mendelssohn was able to play Bach by heart and that her ability is identical to that of a man - at the time one of the finest compliments a woman could receive. In addition to music, she also learned French, English, and Italian. She was passionate about poetry, and her library included names such as Heine and Goethe.

The whole family was more than enthusiastic about Fanny's talent, with the exception of her father Abraham, who barely tolerated it. He didn’t stand in the way of her musical education, on the contrary, but his thoughts were well summed up in a letter to her in 1820, where he wrote that music might be a career for Felix, but for her it would be nothing more than an ornament. When Goethe invited both siblings to spend two weeks at his house, Abraham sent only Felix. Felix played a composition written by Fanny, which Goethe liked so much that it led him to write a poem for her to set to music - a project that never found completion.

Her father's apathetic attitude left a deep insecurity in Fanny, a feeling that would play a key role in her relationship with Felix. The two were very close, and it is no exaggeration to say that his sister was instrumental in her brother's musical education and vice versa. The two often played together - they gave performances at Sunday concerts organized at their Berlin home, first by Abraham and then by Fanny herself, garnering praise from important figures such as Niccolo Paganini, Clara Schumann, Bettina von Armin and Franz Liszt. Felix encouraged her to continue composing music but not to publish it, offering instead to use his own name. From 1826 Felix published three songs for Fanny in his Opus 8 - one of which is Italien, mentioned at the beginning and which created no small embarrassment between Felix and Queen Victoria - and three of her pieces in Opus 9. They maintained a close correspondence and relationship throughout their lives. Felix often consulted with Fanny, submitted his compositions to her, and was very shrewd in following her directions and observations. However, he still maintained that letting Fanny publish on her own went against his principles.

In 1829, after years of courtship and overcoming her mother's hostility, Fanny married painter Wilhelm Hensel, giving birth to their only son, Sebastian, the following year. Also in 1830, she received her first public acclaim from composer John Thomson, who praised her in the London magazine The Harmonicon after Felix showed him some of her songs. Years of private concerts and equally private accolades followed. In her salon, which frequently brought together the greatest musical minds of the day, she showed off all her prowess as a composer and performer, but being a middle-class woman prevented her from achieving the same level of success as her brother - whom she continued to support and help, not without some frustration. The writer Henry Chorley wrote to Felix, about Fanny, that if she had been born into a poor family her name would have appeared next to that of prominent pianists such as Clara Schumann and Marie Pleyel without any protest - a thought that emerges occasionally from Mendelssohn's diaries in the few passages in which he speaks of her possible career as a musician.

Fanny Mendelssohn drawn by her husband Wilhelm Hensel (1829)
Fanny Mendelssohn with her husband Wilhelm Hensel

Major losses in the family and two miscarriages severely affected her physical and mental health. Hensel, who always encouraged and supported his wife - suggesting several times that she publish her works even if it meant going against Felix – and he arranged a trip for her to Italy between 1839 and 1840. The milder climate, Mediterranean landscapes, and meetings with composers and experts who showered her with praise and compliments invigorated her and provided new inspiration and greater confidence. Giving her a further boost was her friendship with music enthusiast Robert von Kaudell, who offered her advice and urged her to publish under her own name. At forty, Fanny accepted the offer of two Berlin publishers and without consulting her brother. She published Opus 1 in 1846 under her married name, Fanny Hensel. Surprisingly, Felix did not resent the decision - although Fanny knew that, deep down, he did not agree at all - but was content to offer good wishes. She began a close correspondence relationship with Clarissa Schumann, with whom she arranged a collaboration while she continued to write and publish works. Her promising career was unfortunately nipped in the bud. Fanny Mendelssohn died of complications from a stroke on May 14, 1847, in Berlin. Felix was devastated by the loss. Perhaps driven by guilt, perhaps out of pure brotherly love, he worked to preserve his sister's memory and to ensure that she got the recognition she deserved, continuing to publish her works, including Vier Lieder Op. 8. He composed the Violin Quartet No. 6 in F minor for her before also dying of a stroke only six months later.

Fanny Mandelssohn composed more than 400 pieces during her lifetime - dozens of piano trios and piano quartets, four cantatas, a piece for orchestra, about 125 piano songs and more than 250 lieder (compositions for solo voice and piano). She always preferred to compose for the piano, since unlike her brother she did not learn to play string instruments. In addition to Italien, Osternate - a composition intended to reproduce the Passion of Christ, from his ascent to Calvary to his death - was long attributed to her brother before study revealed that Fanny was its true author. Crucial to distinguishing Fanny's work under Felix's name is the style, which is much more dynamic and experimental than his. Since her work remained in the shadows until a few years before her death, it is only recently beginning to be studied. In addition to her brother's influence, a strong reflection of the late Beethoven in form, tonality and counterpoint has been noted. Most of her compositions were made to be performed by a few musicians, but there is no shortage of projects for larger-scale works. Mendelssohn refined her technique to elicit strong emotion, composing melodies that reflected the literal meaning of the words of the lieder. Listening to her compositions, one gets the impression that the composer was improvising on the spot - alternating between complexity and simplicity, tradition and her own inventiveness. Her goal was always to best express the feelings triggered by the narrative.

Fortunately, thanks to the tireless work on her musical output, diaries and letters, by both male and female scholars, Fanny Mendelssohn is free from the cumbersome presence of her brother and can shine on her own, enjoying a well-deserved reputation as a skilled composer and pianist. The Mendelssohn-Haus museum in Leipzig has a permanent exhibition dedicated to her, and a museum named after her and her brother was opened in her hometown of Hamburg in 2018. Even a planet, Fannyhensel, has been named after her. Her music is now known and celebrated worldwide.


Traduzione spagnola

Simone Addario

Estamos en 1842 y las notas de un piano acompañan la oda a Italia del poeta austriaco Franz Grillparzer. Es la misma península la que da el nombre a este alegretto, Italien, y quien debería tocarlo en presencia de la reina Victoria en Buckingham Palace es Felix Mendelssohn, uno de los compositores más aclamados del momento: la propia Victoria lo ha solicitado, deseosa de poder interpretar una de sus canciones favoritas. Con asombro y creciente vergüenza Felix admite que no es él el autor de Italien, que en realidad fue compuesto por su hermana mayor, Fanny. Si hay una historia que puede ser elevada a emblema de cómo la misoginia y el prejuicio de género han truncado el talento y el éxito de las mujeres, es precisamente la de Fanny Mendelssohn.

Nace en Hamburgo el 14 de noviembre de 1805, primogénita de una de las familias judías más importantes de la época: su abuelo es el filósofo Moses Mendelssohn, su padre Abraham es un banquero; la madre Lea Solomon es nieta del empresario Daniel Itzig, activo promotor de los intereses de la población judía prusiana en la corte de Federico II primero y de Federico Guillermo II después. Fanny está orgullosa de sus orígenes y junto a sus hermanos protesta activamente cuando Abraham decide convertir a la familia al cristianismo y cambiar el apellido a Mendelssohn Bartholdy –el primer acto de lo que será una relación tormentosa entre padre e hija– para luego mudarse a Berlín. Aquí la joven demuestra un excepcional talento musical. Las tías abuelas Fanny von Arnstein y Sarah Levy, mujeres cultas, fuertes y referentes para la comunidad judía, acogen en sus salones a decenas de músicos, sumergiendo a Fanny y a sus hermanos en el ambiente musical desde su más tierna edad; su madre Lea, gran admiradora de las obras de Johann Sebastian Bach, le enseña a tocar el piano. Junto a su hermano Felix toma clases de piano con Ludwig Berger y composición musical con Carl Friedrich Zelter. Este último nunca ocultará su preferencia por Fanny, considerándola mucho más talentosa que Felix: a su amigo Johan Wolfgang von Goethe le escribe que la pequeña Mendelssohn es capaz de tocar a Bach de memoria y que su habilidad es idéntica a la de un hombre –uno de los elogios más bellos que podía recibir una mujer en aquella época. Además de música, también aprende francés, inglés e italiano; es apasionada de poesía y en su biblioteca figuran nombres como Heine y Goethe.

Si bien toda la familia está más que entusiasmada con el talento de Fanny, el padre Abraham apenas lo tolera. Es cierto que no obstaculiza su educación musical, pero su pensamiento se resume bien en una carta de 1820, donde le escribe que la música puede ser una carrera para Felix, pero para ella no será más que un adorno. Cuando Goethe invita a ambos hermanos a pasar dos semanas en su casa, Abraham solo envía a Felix; este toca una composición escrita por Fanny, que le gusta tanto a Goethe que lo lleva a escribir un poema para que ella lo musicalice a propósito –un proyecto que no llegó a concretarse.

La actitud apática del padre deja una profunda inseguridad en Fanny, un sentimiento que jugará un papel fundamental en su relación con Felix. Los dos están muy unidos y no es exagerado decir que la hermana ha sido fundamental para la educación musical del hermano y viceversa: los dos tocan a menudo juntos –dan espectáculos en los conciertos que se organizan los domingos en su casa berlinesa primero por Abraham y luego por la propia Fanny–, recogiendo los elogios de importantes figuras como Niccolò Paganini, Clara Schumann, Bettina von Armin y Franz Liszt. Felix la anima a seguir componiendo música, pero no a publicarla, y en su lugar le ofrece usar su propio nombre. A partir de 1826, Felix publica para Fanny tres canciones en su Op. 8 –una de ellas es Italien, citada al principio y que provocó una situación bastante embarazosa entre Felix y la reina Victoria– y tres en la Op. 9. Mantendrán una estrecha relación epistolar durante toda su vida: Felix a menudo se consulta con Fanny, le presenta sus composiciones y es muy cuidadoso al seguir sus indicaciones y observaciones; sin embargo, sigue sosteniendo que dejar que Fanny publique por su cuenta va en contra de sus principios.

En 1829, después de años de cortejo y superada la hostilidad de la madre, Fanny se casa con el pintor Wilhelm Hensel, dando a luz a su único hijo Sebastian al año siguiente. También en 1830 recibe su primera aclamación pública por parte del compositor John Thomson, quien la elogia en la revista londinesa «The Harmonicon» después de que Felix le mostrara algunas canciones. Siguen años de conciertos privados y de otros tanto reconocimientos en privado: en su salón, que reúne a las mentes musicales más importantes de su época, hace gala de su destreza como compositora y como ejecutora, pero al ser una mujer burguesa no obtiene el mismo éxito que su hermano –al que sigue ayudando y apoyando aunque no sin una cierta frustración. El escritor Henry Chorley le escribe a Felix que, si su hermana hubiera nacido en una familia pobre, su nombre habría aparecido al lado de pianistas importantes como Clara Shumann y Marie Pleyel sin que nadie protestara; una reflexión que aparece de vez en cuando en los diarios de Mendelshonn donde habla de una posible carrera como música.

Fanny Mendelssohn dibujada por su marido Wilhelm Hensel (1829)
Fanny Mendelssohn con su marido Wilhelm Hensel

Pérdidas importantes en la familia y dos abortos espontáneos tienen fuertes repercusiones en su salud física y mental. Hensel, que siempre ha apoyado y animado a su mujer –sugiriéndole que publique sus obras, aunque esto vaya en contra de la voluntad de Felix–, organiza un viaje a Italia entre 1839 y 1840. El clima más suave, los paisajes mediterráneos y los encuentros con compositores y expertos que la alaban continuamente vigorizan a la mujer y le ofrecen nueva inspiración y mayor seguridad. Contribuye a darle todavía más empuje su amistad con el apasionado de música Robert von Kaudell, que le ofrece consejos y la exhorta a publicar con su nombre. A los cuarenta años, Fanny acepta la oferta de dos editores berlineses y en 1846 publica, sin consultarse con su hermano, Opere 1 con su nombre de casada, Fanny Hensel. Sorprendentemente él no está resentido por su decisión –aunque Fanny sabe que en el fondo no está de acuerdo, pero se contenta con sus felicitaciones. Empieza una estrechísima relación epistolar con Clarissa Shumann con la que inicia una colaboración mientras sigue escribiendo y publicando obras. Lamentablemente su prometedora carrera se interrumpe nada más empezar pues Fanny Mendelsshon muere en Berlin, tras haber sufrido un ictus, el 14 de mayo de 1847. Felix está destrozado por esta pérdida y, quizás empujado por los sentimientos de culpabilidad, quizás más por puro amor fraterno, trabaja para preservar la memoria de su hermana y para asegurarse de que reciba el reconocimiento que se merece, y sigue publicando sus obras como la Vier Lieder Op. 8. Antes de morir solo seis meses más tarde, él también de un ictus, compone para ella el Quartetto per violino No. 6 in F minore.

Fanny Mandelssohn compuso más de 400 piezas a lo largo de su vida: decenas de tríos y cuartetos para piano, cuatro cantatas, una pieza para orquesta, unas 125 canciones para piano, más de 250 líeder (composiciones para voz solista y piano). Siempre prefirió componer para piano dado que, a diferencia de su hermano, ella no aprendió a tocar instrumentos de cuerda. Además de Italien, la composición Osternate –que quiere reproducir la pasión de Cristo desde su subida la Monte del Calvario hasta su muerte– también se atribuyó durante mucho tiempo a su hermano, hasta que un estudio reveló que era de Fanny. Para reconocer las composiciones de Fanny entre las de su hermano, es fundamental el estilo, mucho más dinámico y experimental el de ella. Al haber estado su obra bajo la sombra del nombre del hermano hasta poco antes de su muerte, solo se ha empezado a estudiar recientemente: además de la influencia de su hermano, se ha observado una fuerte inspiración en el Beethoven más tardío respecto a la forma, tonalidad y contrapunto. La mayoría de sus composiciones prevén un grupo reducido de músicos, pero no le faltan proyectos de mayor envergadura. Mendelssohn refinó su técnica para suscitar fuertes emociones, componiendo melodías que reflejaran el significado literal de la letra de los líeder. Escuchando sus composiciones, parece como si la compositora improvisara sobre la marcha: alternando la complejidad a la simplicidad, la tradición y la propia inventiva, su objetivo consistía siempre en expresar lo mejor posible las emociones que despertaba la narración.

Afortunadamente, gracias al incansable trabajo de una serie de estudios y estudiosos sobre su producción musical, sus diarios y su correspondencia, Fanny Mendelssohn se ha liberado de la engorrosa presencia de su hermano, y puede replandecer por sí sola, gozando de la merecida fama de hábil compositora y pianista. En el museo Mendelssohn-Haus de Leipzig hay una permanente dedicada a ella; en 2018 abrió un museo dedicado a los hermanos Mendelssohn en Hamburgo, su ciudad natal. También lleva su nombre el planeta Fannyhensel. Su música hoy es conocida y celebrada en todo el mundo.

 

Alma Schindler Mahler
Simona Guerri


Katarzina Oliwia

 

Alma Margareta Maria Schindler, o Alma Mahler, o Alma Schindler Mahler-Gropius-Werfel, nacque a Vienna il 31 agosto 1879, figlia del pittore Emil Schindler e di Anna von Bergen, cantante d’operetta. Alma studiò prevalentemente musica e arte, crebbe in un ambiente particolarmente all’avanguardia dal punto di vista artistico: la Vienna del primo Novecento, in cui prende forma il movimento artistico definito come Secessione viennese. Dopo la morte del padre, la madre sposò in seconde nozze uno dei padri del movimento artistico, Carl Moll. Donna molto colta, Alma Schindler a vent'anni si interessava allo studio di Platone e di Aristotele, conosceva l'opera omnia di Wagner, traduceva gli scritti dei Padri della Chiesa, studiava il greco. Soprattutto compose musica. Incontrò moltissime figure fondamentali dal punto di vista artistico e culturale dell'epoca, quali Benjamin Britten, Maurice Ravel, Leonard Bernstein, Thomas Mann, Alban Berg, Otto Klemperer, Richard Strauss, Igor’ Fëdorovič Stravinskij, Arnold Schönberg. Tra gli altri Gustav Klimt – che le dedicherà il suo famoso dipinto Giuditta – e Gustav Mahler, che sposerà nel marzo 1902.  

La relazione con Klimt avvenne quando Alma aveva soltanto diciassette anni, nonostante la notevole differenza d’età. Alma apprese molto sull’arte della pittura, tuttavia il pittore aveva il doppio degli anni della ragazza e la madre cercò di interrompere la frequentazione, spostandosi con lei in Italia. Klimt la raggiunse ma di lì a poco, proprio in compagnia dello stesso pittore, conobbe Gustav Mahler, di vent'anni più anziano e già direttore della Wiener Staatsoper. Dopo il matrimonio la coppia ebbe due figlie, Maria Anna (1902-1907) e Anna (1904-1988); la prima morì di difterite a soli cinque anni, la seconda divenne invece un’importante scultrice. Il matrimonio col grande compositore e direttore d’orchestra si rivelò difficile e limitante dal punto di vista artistico. Gustav tendeva a incoraggiarla a stare in casa e non la sosteneva adeguatamente nell’attività compositiva. Alma fece in quegli anni la conoscenza di Walter Gropius, architetto che diverrà poi centrale per la storia dell'arte, fondatore della scuola di architettura Bauhaus. Gustav Mahler si ammalò gravemente mentre era direttore della Metropolitan House di New York, in cui i due si erano nel frattempo trasferiti. Nel febbraio 1911 il compositore si ammalò gravemente e nel maggio dello stesso anno morì.

Alma e Walter Gropius si sposarono nel 1915. Prima delle nozze, Alma ebbe una relazione importante con Oscar Kokoschka, drammaturgo e pittore. L’opera La sposa del vento (1913) è proprio di quel periodo. Il dipinto è oggi conservato al Kunstmuseum Basel in Svizzera. Dopo il matrimonio nacque la figlia Manon, che morì di poliomielite a soli diciotto anni e a cui Alban Berg dedicò lo splendido Concerto per violino, In memoria di un angelo. Dal loro matrimonio nacque anche un figlio, cui fu dato il nome del padre, Walter Gropius: morì a soli dieci mesi. È invece del 1929 il terzo e ultimo matrimonio di Alma, quello con lo scrittore Franz Werfel: i due avevano infatti iniziato a intessere una relazione in precedenza, durante il matrimonio con Gropius. Dopo una serie di dissapori, l’architetto decise di divorziare da Alma.

Franz era di origine ebraica e nell’anno del matrimonio espatriarono in Francia. Nel 1940 dovettero fuggire nuovamente, essendo stata la Francia occupata dai Nazisti. Degno di nota è il fatto che Alma fosse simpatizzante delle teorie naziste ed esplicitamente antisemita. Sia nella guerra civile austriaca che durante la guerra civile spagnola, Alma e Franz furono infatti fortemente in contrasto, essendo Franz Werfel prima chiaramente dalla parte degli ebrei e poi dalla parte dei repubblicani, al contrario di Alma che sosteneva invece i fascisti austriaci.

Nel 1940 Alma e Franz si trasferirono prima in Spagna, poi in Portogallo e successivamente negli Stati Uniti, dove lui collaborò con le major hollywoodiane. Morì d’infarto il 26 agosto del 1945. Alma rimase negli Stati Uniti, di cui prese la cittadinanza l’anno successivo. Morì a New York l'11 dicembre 1964. Fu seppellita a Vienna nel cimitero di Grinzing accanto alla tomba della figlia Manon Gropius e a quella di Gustav Mahler.

La compositrice scrisse unautobiografia, And the Bridge is Love, che ebbe poco successo di pubblico; inoltre, le parti esplicitamente antisemite furono estromesse dalla versione in lingua tedesca, dal titolo Mein Leben. Il lavoro venne comunque considerato negativamente. Oggi, relativamente all’autenticità delle informazioni sulla vita di Gustav Mahler, i critici individuano l’esistenza di un problema, definito il “problema Alma”: lei sarebbe stata la fonte d’informazione principale riguardo alla vita del compositore e alla bibliografia ufficiale, tuttavia la correttezza delle informazioni sembrerebbe essere stata stravolta, anche volutamente, dalla poca obiettività e dalla visione di parte dell’autrice. Tuttavia c’è da considerare l’emancipazione di Alma per la sua epoca: quello che viene definito come “il problema Alma” è infatti anche dovuto alla visione di una donna all’avanguardia per i costumi del tempo. È quindi naturale che un comportamento anticonvenzionale possa essere stato inizialmente considerato dagli studiosi come un “problema”.

Alma studiò composizione in giovane età con Alexander von Zemlinsky, compositore e direttore d'orchestra austriaco, erede di Richard Strauss. Prima di lei, il direttore non aveva mai ammesso alcuna donna come studente. Nonostante le difficoltà nel rapportarsi alla materia compositiva, limite dovuto soprattutto ai propri rapporti umani con i vari mariti, primo fra tutti Gustav Mahler, Alma ha potuto comporre almeno diciassette Lieder degni di nota a livello di contenuto musicale; di questi lieder abbiamo partiture e registrazioni. Sono stati suddivisi in tre raccolte:

Fünf Lieder, ovvero Cinque canzoni per voce e pianoforte (1911): Die stille Stadt, In meines Vaters Garten, Laue Sommernacht, Bei dir ist es traut, Ich wandle unter Blumen

Vier lieder, ovvero Quattro canzoni per voce e pianoforte (1915): Licht in der Nacht, Waldseligkeit, Ansturm, Erntelied

infine altri Fünf Lieder (1924): Hymne, Ekstase, Der Erkennende, Lobgesang, Hymne an die Nacht

Lo stile della compositrice ricalca molto l’innovazione compositiva di Arnold Schönberg. Tutte le composizioni sono state in seguito orchestrate dal compositore e direttore d'orchestra finlandese Jorma Panula, eseguite dalla Tampere Philarmonic Orchestra e dalla cantante Lilli Paasikivi per l’etichetta discografica Ondine.

Bibliografia essenziale


Traduzione francese

Rachele Stanchina

Compositrice, autrice et muse des quatre arts, Alma Margareta Malher Schindler ou encore Alma Werfel est née à Vienne le 31 août 1879. Fille d’un peintre paysagiste célèbre Emil Schindler et d’une chanteuse d’opérette, Anna Von Bergen, elle fut élevée dans un milieu à l’avant-garde d’un point de vue artistique et plus particulièrement le mouvement Sezession (Cécession) en vogue au début du XXe siècle à Vienne. Elle étudia surtout la musique et les arts. Dès l’âge de 10 ans, elle étudia le piano et devint une excellente pianiste. Après le décès de son père, sa mère se remaria avec Carl Moll, peintre et élève de Schindler. Femme très cultivée, elle étudia le grec à l’âge de vingt ans à travers Platon et Aristote, elle apprit l’OPERA OMNIA de Wagner et traduisit les écrits des pères de l ‘Eglise. Mais elle composait avant tout. Elle fit la connaissance d’un grand nombre d’ exposants de la vie artistique et culturelle de l’époque, tels que Benjamin Britten, Maurice Ravel, Leonard Bernstein, Thomas Mann, Alban Berg, Otto Klemper, Richard Strauss, Igor Fedorovic Stravinskij, Arnold Schonberg. Elle rencontra également Gustav Klimt qui lui dédia son célèbre portrait GIUDITTA. Sa liaison avec Klimt débuta alors qu’elle n’avait que dix-sept ans. Alma apprit beaucoup sur l’art de la peinture avec lui, cependant il avait le double de son âge et sa mère, dans la tentative de mettre un terme à cette liaison, partit pour l’Italie avec elle. Klimt les rejoignit, mais, peu de temps après, Alma connut Gustav Malher, grand compositeur et directeur d’orchestre, plus âgé qu’elle de vingt ans et déjà directeur de la Wienne Staatsoper. Il deviendra son époux en mars 1902.

Ce mariage s’avèrera difficile pour Alma sur le plan artistique car Gustav l’encourageait à rester à la maison et la soutenait peu dans sa création. Il lui demandera ainsi de cesser de composer et s’appropriera même d’une partie des compositions de son épouse. Le couple eut deux filles, Maria Anna qui mourra de diphtérie à l’âge de cinq ans (1902-1907) et Anna (1904-1988) qui sera élève de Giorgio Chirico à Rome et qui deviendra une sculptrice affirmée. Pendant cette période Alma fit la connaissance de Walter Gropius, architecte célèbre et fondateur de l’école d’architecture de la Bauhaus. Lorsque Gustav Malher était directeur de la Metropolitan House de New York, où le couple s’était entre temps transféré, il tomba grièvement malade et mourut au mois de février 1911. Alma eut une liaison avec le peintre et dramaturge Oskar Kokoschkas (1886-1980). Le tableau LA MARIEE DANS LE VENT (1913), aujourd’hui au Kunstmuseum Basel en Suisse, date de cette période.

Elle se maria ensuite avec Walter Gropius le 18 août 1915. Ils eurent une fille Manon, qui mourut de polio à l’âge de dix-huit ans et à laquelle Alban Berg, proche de la famille, dédia son splendide CONCERT POUR VIOLON EN MEMOIRE D’UN ANGE. Le couple eut aussi un fils, appelé comme son père, Walter Gropius, qui mourut à l’âge de dix mois. Après une série de désaccords avec son épouse, Gropius prit la décision de divorcer de sa femme. En 1929, Alma se maria pour la troisième et dernière fois avec l’écrivain Franz Werfel.

Franz était d’origine juive et le couple s’expatria en France l’année même de leur mariage. En 1940 ils furent obligés à nouveau de fuir, car la France était occupée par les Nazis. Il est à noter que Alma avait de la sympathie pour les théories nazies et qu’ elle était clairement antisémite. Alma et Franz furent violemment en conflit que ce soit pendant la guerre civile autrichienne que pendant celle espagnole, car Franz Werfel prit d’abord parti pour les juifs et ensuite pour les républicains, tandis qu’ Alma soutenait les fascistes autrichiens.

En 1940 Alma et Franz s’installèrent d’abord en Espagne, puis au Portugal et enfin aux Etats Unis, où Franz collabora avec les majors d’Hollywood jusqu’au 26 août 1945 lorsqu’il mourut d’une crise cardiaque. Alma demeura aux Etats Unis et obtint la citoyenneté américaine en 1946. Elle s’installa à New York où elle fut une figure importante de la vie artistique jusqu’à sa mort le 11 décembre 1964. Elle fut enterrée à Vienne dans le cimetière de Grinzing aux côtés de sa fille Manon Gropius et de son premier mari Gustav Malher.

Alma écrivit une autobiographie, AND THE BRIDGE IS LOVE, qui eut peu de succès parmi les lecteurs et ses idées clairement antisémites furent retirées de la traduction en langue allemande sous le titre de MEIN LEBEN. En ce qui concerne l’authenticité des informations sur la vie de Gustav Mahler, aujourd’hui les critiques avouent l’existence d’un problème qu’ils surnomment “problème Alma”: en effet, la plupart des informations sur la vie du compositeur vient de sa femme, cependant elle en donna une vision déformée et peu objective. Il faut quand même avouer que Alma était une femme très émancipée pour son époque et ce que nous appelons aujourd’hui “problème Alma” est lié au point de vue d’une femme qui était à l’avant-garde pour cette période là. On comprend alors pourquoi sa position non conventionnelle puisse être considérée au début comme un problème par les critiques.

Dans sa jeunesse Alma étudia la composition avec Alexander von Zemlinsky, compositeur et directeur d’orchestre autrichien, héritier de Richard Strauss, qui n’avait jamais accepté aucune femme comme étudiante auparavant. Malgré les difficultés qu’elle rencontra, difficultés surtout liées aux rapports qu’elle entretenait avec ses différents maris, in primis avec Gustav Malher, Alma réussit à composer au moins dix-sept LIEDER remarquables du point de vue musical et dont nous avons les partitions et les enregistrements.

Ils sont réunis en trois recueils :

FUNF LIEDER, cinq chansons pour voix et piano (1911) : DIE STILLE STADT, IN MEINES VATERS GARTEN,LAUE SOMMERNACHT, BEI DIR IST ES TRAUT ,ICH WANDLE UNTER BLUMEN

VIER LIEDER, quatre chansons pour voix et piano (1915): LICHT IN DER NACHT, WALDSELIGKEIT, ANSTURM, ERNTELIED

FUNF LIEDER (1924): HYMNE, EKSTASE, DER ERKNNENDE, LOBGESANG, HYMNE AN DIE NACHT

Le style de Alma suit de près l’innovation en composition de Arnold Schonberg. Toutes les compositions ont été successivement orchestrées par le compositeur et directeur d’orchestre finlandais Jorma Panula, et exécutées par la Tampere Philarmonic Orchestra et la chanteuse Lilli Paasikivi pour la maison de disques Ondine.

Bibliographie essentielle :

  • Françoise Giroud, Alma Mahler ou l’art d’être aimée, Editions Robert Laffont, 1988 (Alma Mahler. O l’arte di essere amata, Edizioni Beat 2022)
  • Catherine Sauvat, Alma Mahler. La musa del secolo, Odoya 2018 Alma Mahler, Gustav Mahler. Ricordi e lettere, Il Saggiatore 1960
  • https://www.bonculture.it/femmes/storie/alma-mahler-la-vedova-delle-quattro-arti-ch e-amo-e-seppelli-le-menti-eccelse-che-cambiarono-le
  • regole-dellarte/ https://www.linvito.net/2021/03/16/schindler-musica-composizioni-vita/ https://it.wikipedia.org/wiki/Alma_Mahler_Schindler
  • https://barbarainwonderlart.com/alma-mahler-schindler-biografia-la-musa-della-seces sione/ https://www.zoastudio.com/2020/12/11/alma
  • mahler/ https://www.connessiallopera.it/editoriali/2021/artisti-allopera-oskar-kokoschka-e-al ma-mahler-la-sposa-del-vento/?print=print
  • https://www.thecubemagazine.com/2022/11/28/alma-mahler-la-sposa-del-vento/ https://www.alma-mahler.at/archive_italiano/almas_life/almas_life.html https://www.radioswissclassic.ch/it/banca-dati-musicale/musicista/3015727fa25e0318 6233929e0458bad84b970/biography?app=true

Traduzione inglese

Syd Stapleton

Alma Margareta Maria Schindler, or Alma Mahler, or Alma Schindler Mahler-Gropius-Werfel, was born in Vienna on August 31, 1879, the daughter of painter Emil Schindler and Anna von Bergen, an operetta singer. Alma studied mainly music and art, and grew up in a particularly artistically avant-garde environment - early 20th-century Vienna, in which the art movement defined as the Viennese Secession took shape. After her father's death, her mother married one of the fathers of the art movement, Carl Moll, in a second marriage. A highly educated woman, Alma Schindler in her twenties was interested in studying Plato and Aristotle, knew Wagner's complete works, translated the writings of the Church Fathers, and studied Greek. Above all, she composed music. She met many key artistic and cultural figures of the time, such as Benjamin Britten, Maurice Ravel, Leonard Bernstein, Thomas Mann, Alban Berg, Otto Klemperer, Richard Strauss, Igor Fyodorovich Stravinsky, and Arnold Schoenberg. Others included Gustav Klimt - who dedicated his famous painting Judith to her - and Gustav Mahler, whom she married in March 1902.

The relationship with Klimt began when Alma was only seventeen years old, despite the considerable age difference. Alma learned a great deal about the art of painting. However, the painter was twice the girl's age and her mother tried to break off the affair, moving with her to Italy. Klimt joined her but shortly thereafter, in the company of that same painter, she met Gustav Mahler, twenty years her senior and already the director of the Wiener Staatsoper. After their marriage the couple had two daughters, Maria Anna (1902-1907) and Anna (1904-1988). The former died of diphtheria when she was only five years old, while the latter became an important sculptor. Marriage to the great composer and conductor proved difficult and artistically limiting. Gustav tended to encourage her to stay at home and didn’t adequately support her in her compositional activities. In those years Alma made the acquaintance of Walter Gropius, an architect who would later become central to art history and founder of the Bauhaus school of architecture. Gustav Mahler fell seriously ill while he was a conductor with the Metropolitan Opera in New York, to which the two had meanwhile moved. In February 1911 the composer fell seriously ill and died in May of that year.

Alma and Walter Gropius were married in 1915. Before the wedding, Alma had an important relationship with Oscar Kokoschka, playwright and painter. The work The Bride of the Wind (1913) is from that period. The painting is now in the Kunstmuseum Basel in Switzerland. After their marriage their daughter Manon was born, who died of polio when she was only eighteen and to whom Alban Berg dedicated the splendid Violin Concerto, In Memory of an Angel. Their marriage also produced a son, who was given his father's name, Walter Gropius. He died at only ten months old. In contrast, Alma's third and final marriage, to writer Franz Werfel, took place in 1929. The two had begun an affair earlier in during her marriage to Gropius. After a series of disagreements, the architect decided to divorce Alma.

Franz was of Jewish origin, and in the year of their marriage they expatriated to France. In 1940 they had to flee again, France having been occupied by the Nazis.It is noteworthy that Alma was sympathetic to Nazi theories and explicitly anti-Semitic. In both the Austrian Civil War and the Spanish Civil War, Alma and Franz were strongly at odds, Franz Werfel being first clearly on the side of the Jews and then on the side of the Republicans, as opposed to Alma who supported the Austrian fascists instead.

In 1940 Alma and Franz moved first to Spain, then to Portugal and later to the United States, where he collaborated with Hollywood majors. He died of a heart attack on August 26, 1945. Alma remained in the United States, whose citizenship he took the following year. She died in New York City on December 11, 1964. She was buried in Vienna in Grinzing Cemetery next to the grave of her daughter Manon Gropius and that of Gustav Mahler.

The composer wrote an autobiography, And the Bridge is Love, which met with little public acclaim. Explicitly anti-Semitic portions were removed from the German-language version, titled Mein Leben. The work was nevertheless viewed negatively. Today, with regard to the authenticity of the information about Gustav Mahler's life, critics identify the existence of a problem, termed the "Alma problem". She would have been the main source of information regarding the composer's life for the official bibliography, yet the accuracy of the information would seem to have been distorted, even deliberately, by the author's lack of objectivity and biased view. However, there is the emancipation of Alma for her time to consider. What is referred to as "the Alma problem" is in fact also due to the vision of a woman in the vanguard for the customs of the time. It is therefore natural that unconventional behavior may have been initially regarded by scholars as a "problem."

Alma studied composition at an early age with Alexander von Zemlinsky, an Austrian composer and conductor, heir to Richard Strauss. Before her, the conductor had never admitted any women as students. Despite her difficulties in relating to the subject of composition, a limitation due mainly to her own human relationships with her various husbands, first and foremost Gustav Mahler, Alma was able to compose at least seventeen lieder worthy of note in terms of musical content. Of these lieder we have scores and recordings. They have been divided into three collections:

Fünf Lieder, or Five songs for voice and piano (1911): Die stille Stadt, In meines Vaters Garten, Laue Sommernacht, Bei dir ist es traut, Ich wandle unter Blumen

Vier lieder, or Four songs for voice and piano (1915): Licht in der Nacht, Waldseligkeit, Ansturm, Erntelied

Finally another Fünf Lieder (1924): Hymne, Ekstase, Der Erkennende, Lobgesang, Hymne an die Nacht

The composer's style closely traces the compositional innovation of Arnold Schoenberg. All compositions were later orchestrated by Finnish composer and conductor Jorma Panula, performed by the Tampere Philharmonic Orchestra and singer Lilli Paasikivi for the Ondine record label.


Traduzione spagnola

Chiara Ficili

Alma Margareta Maria Schindler, también conocida como Alma Mahler o Alma Schindler Mahler-Gropius-Werfel, nació en Viena el 31 de agosto de 1879; hija del pintor Emil Schindler y de Anna von Bergen, era una cantante de opereta. Alma estudió principalmente música y arte, se crió en un entorno artístico muy vanguardista en la Viena de principios del siglo XX, donde floreció el movimiento artístico conocido como la Secesión de Viena. Tras la muerte de su padre, su madre se casó con uno de los padres de dicho movimiento, Carl Moll. Alma Schindler, una mujer muy culta, a los veinte años se interesaba por el estudio de Platón y Aristóteles, conocía la obra completa de Wagner, traducía los escritos de los Padres de la Iglesia y estudiaba griego. Sobre todo, compuso música. Conoció a muchas figuras fundamentales desde el punto de vista artístico y cultural de su época, como Benjamin Britten, Maurice Ravel, Leonard Bernstein, Thomas Mann, Alban Berg, Otto Klemperer, Richard Strauss, Igor Stravinsky, Arnold Schoenberg, entre otros. Entre ellos, Gustav Klimt, quien le dedicó su famoso cuadro Judit I, y Gustav Mahler, con el que se casó en marzo de 1902.

La relación con Klimt tuvo lugar cuando Alma solo tenía diecisiete años, a pesar de la notable diferencia de edad. Aunque ella aprendió mucho sobre el arte de la pintura, Klimt tenía el doble de su edad, por ello su madre intentó interrumpir la relación yéndose con ella a Italia. Klimt se reunió con ella, pero poco después Alma conoció a Gustav Mahler, veinte años mayor que ella y ya director de la Wiener Staatsoper. Después de casarse, la pareja tuvo dos hijas, Maria Anna (1902-1907) y Anna (1904-1988); la primera murió de difteria con solo cinco años, mientras que la segunda se convirtió en una importante escultora.El matrimonio con el gran compositor y director de orquesta resultó difícil y limitante desde un punto de vista artístico. Mahler insistía para que se quedara en casa y no la apoyaba adecuadamente en su actividad compositiva. Durante aquellos años, Alma conoció a Walter Gropius, un arquitecto que luego sería fundamental para la historia del arte como fundador de la escuela de arquitectura Bauhaus. Mahler enfermó gravemente mientras era director de la Metropolitan Opera House de Nueva York, ciudad donde la pareja se había trasladado. En febrero de 1911, el compositor se enfermó gravemente y falleció en mayo del mismo año.

Alma se casó con Walter Gropius en 1915. Antes de la boda, Alma tuvo una relación importante con Oscar Kokoschka, dramaturgo y pintor. La obra La novia del viento (1913) es precisamente / de ese período. El cuadro se encuentra hoy en el Kunstmuseum Basel, en Suiza. Después de la boda, nació su hija Manon, que murió de poliomielitis con solo dieciocho años, y a quien Alban Berg dedicó el magnífico Concierto para violín, En memoria de un ángel. También tuvieron un hijo -al que llamaron como a su padre, Walter Gropius- que murió a los diez meses. La tercera y última boda de Alma fue en 1929, con el escritor Franz Werfel: de hecho, habían comenzado a tener una relación durante su matrimonio con Gropius. Después de una serie de desacuerdos, el arquitecto decidió divorciarse de Alma.

Franz era judío y antes de la boda ellos emigraron a Francia. Tuvieron que huir nuevamente cuando Francia fue ocupada por los nazis. Vale la pena señalar que Alma simpatizaba con las teorías nazis y era abiertamente antisemita. Durante la Guerra Civil Austriaca y la Guerra Civil Española, Alma y Franz estaban en desacuerdo, ya que Franz estaba claramente del lado de los judíos y luego de los republicanos, mientras que Alma apoyaba a los fascistas austriacos.

En 1940, Alma y Franz se trasladaron primero a España, luego a Portugal y luego a los Estados Unidos, donde colaboró con importantes estudios de Bollywood. Franz murió de un ataque al corazón el 26 de agosto de 1945. Alma permaneció en los Estados Unidos, donde obtuvo la ciudadanía al año siguiente. Murió en Nueva York el 11 de diciembre de 1964. Fue enterrada en Viena en el cementerio de Grinzing, junto a las tumbas de su hija Manon Gropius y Gustav Mahler.

La composidora escribió una autobiografía, And the Bridge is Love, que tuvo poco éxito entre el público. Además, las partes explícitamente antisemitas fueron excluidas de la versión en alemán, titulada "Mein Leben". Aun así, el trabajo fue considerado negativamente. Hoy en día, en relación con la autenticidad de la información sobre la vida de Gustav Mahler, los críticos señalan la existencia de un problema conocido como el "problema Alma": ella fue la principal fuente de información sobre la vida del compositor y su bibliografía oficial, sin embargo, la precisión de la información parece haber sido distorsionada, incluso intencionalmente, por la falta de objetividad y la visión parcial de la autora. No obstante, hay que considerar la emancipación de Alma para su época: lo que se conoce como el "problema Alma" también se debe a la visión de una mujer adelantada a su tiempo en términos de costumbres. Por lo tanto, es natural que un comportamiento ‘no convencional’ fuera inicialmente considerado como un "problema" por los estudiosos.

Alma estudió composición a una edad temprana con Alexander von Zemlinsky, compositor y director de orquesta austriaco, discípulo de Richard Strauss. Antes de ella, el director nunca había admitido a ninguna mujer como estudiante. A pesar de las dificultades para relacionarse con la composición, en gran parte debido a sus relaciones personales con varios esposos, especialmente Gustav Mahler, Alma pudo componer al menos diecisiete Lieder dignos de mención en términos de contenido musical; de estos lieder, tenemos partituras y grabaciones. Se pueden dividido en tres colecciones:

Cinco Lieder, es decir, Cinco canciones para voz y piano (1911): "La ciudad tranquila", "En el jardín de mi padre", "Noche de verano suave", "Contigo es acogedor", "Paseo bajo las flores";

Cuatro Lieder (1915): "Luz en la noche", "Felicidad en el bosque", "Emboscada", "Canción de la cosecha"

Finalmente, otros Cinco Lieder (1924): "Himno", "Éxtasis", "El conocedor", "Canto de alabanza", "Himno a la noche"

Clara Wieck Schumann
Laura Candiani




Katarzina Oliwia

 

Clara Josephine Wieck è l'esempio fortunato di una bambina nata in una famiglia dove la musica era di casa e dove si incoraggiava il talento; il nonno materno era stato un flautista di valore, il padre Johann era un appassionato e aveva una fabbrica di pianoforti, la madre Marianne Tomlitz era cantante e pianista stimata. Clara, nata a Lipsia il 13 settembre 1819, era la secondogenita, ma la sorella maggiore non era sopravvissuta; la madre conciliava l'attività artistica con la numerosa famiglia, ma non mancavano contrasti con il marito, che divennero irreparabili alla nascita del quinto e ultimo figlio. I genitori si resero conto presto delle doti straordinarie della piccola e il padre decise di farne una eccelsa pianista, curandone personalmente l'educazione musicale, fino dai cinque anni, pur trascurandone la formazione generale e indirizzando forzatamente le sue scelte, imponendole i propri gusti, ma anche salutari passeggiate all'aria aperta. Almeno in questo fu forse un precursore... Inoltre si occupava della sua carriera, dei compensi, dei viaggi, accordava persino il suo pianoforte al momento delle esibizioni, elemento importantissimo perché all'epoca, trattandosi di un oggetto delicato ed estremamente ingombrante, ci si doveva accontentare dello strumento che si trovava nella sala, spesso scordato o difettoso.

Significativo che fosse ancora il padre, dai suoi 7 ai 19 anni, a tenere un diario a suo nome e a controllarne ogni singola pagina. A dieci anni l'educazione di Clara si allargò e comprese lo studio del violino, il canto e la composizione con maestri di grande rilievo: da Weinlig a Ressiger, da Dorn a Dehn. Il 20 ottobre 1829 la bambina prodigio si esibì in un salotto per la prima volta, con un'altra giovane pianista, ma il debutto ufficiale avvenne l'8 novembre 1830, come solista a Lipsia; nel programma furono inserite anche due sue composizioni per pianoforte e un lied per la voce di Henriette Grabau. Già l'anno successivo suonò in vari teatri tedeschi e a Parigi dove conobbe, fra gli altri, Chopin e Berlioz. Fra 1837 e '38 fu in tournée in Austria e a Vienna ottenne grande fama, fece incontri importanti con Paganini e Goethe, suoi estimatori, ebbe l'onore di vedersi dedicare un poema dal poeta Grillparzer; ricevette persino il titolo prestigioso di virtuosa da camera dell'imperatore e presto si riconobbe la sua abilità anche come compositrice, pratica che aveva iniziato fino dai 10-11 anni.

A 9 anni aveva visto per la prima volta Robert Schumann, allievo del padre, ma ancora di incerto avvenire; forse fu proprio l'esempio della ragazzina tanto studiosa e motivata a indirizzarlo seriamente verso la carriera artistica. Qualche tempo dopo tra i due nacque l'amore, fortemente osteggiato in famiglia per l'abitudine del giovane di eccedere con l'alcol e perché sembrava destinato a un futuro modesto. Il matrimonio contrastato avvenne il 12 settembre 1840 e i primi anni trascorsero sereni, fra le tournée di Clara e l'attività di compositore di Robert. Viaggiarono in Russia e in Germania, dove il marito trovò lavoro come insegnante al conservatorio di Lipsia, quindi decisero di stabilirsi a Dresda e, in seguito, a Düsseldorf.

Ma le condizioni di salute dell'uomo si facevano via via più preoccupanti, tanto che Clara lo doveva seguire per assisterlo durante le crisi di amnesia e per la tendenza al suicidio; ricoverato in un manicomio presso Bonn, vi morì a soli 46 anni, nel 1856. Rimasta vedova, Clara proseguì la sua carriera anche allo scopo di valorizzare le composizioni del marito, non sempre comprese e accolte con favore. Riguardo invece alle proprie opere si segnalano le Quatre Polonaises op. 1, pubblicate quando era ancora una bambina. Seguirono Caprices en forme de Valse, Valses romantiques, Quatre pièces caractéristiques, Soirées musicales, il Concerto op. 7 per pianoforte di cui curò pure l'orchestrazione e molte altre pagine come i Lieder per voce e pianoforte, pregevoli per libertà di espressione e attenzione alla parola, e, soprattutto, il Trio in sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 17, che senza dubbio è il suo capolavoro. Fu pure una innovatrice che segnò la strada alle esecuzioni successive: fu infatti fra i primi pianisti e pianiste a suonare senza spartito, a memoria, a proporre variazioni su temi di altri compositori, a introdurre interpretazioni assai personali e nuove tecniche, a inserire nel programma dei concerti ogni volta almeno un suo brano, a rendere le esibizioni pubbliche più brevi e a valorizzare i massimi artisti del passato, da Bach a Beethoven.

Fu merito di Clara se con tenacia ripropose più volte le opere del compagno in sfiancanti tournée in Gran Bretagna, che si presentavano puntualmente ogni anno, dal 1865 al 1882, e poi dal 1885 al 1888, con poche interruzioni. Fu ancora opera sua se il Concerto in re minore per pianoforte e orchestra, scritto da Brahms appena venticinquenne, inizialmente poco apprezzato, divenne quel capolavoro che conosciamo, anche se le fruttò malevoli commenti relativi a una loro presunta intesa sentimentale. Intanto manifestava aperta ostilità per due famosissimi esponenti dell'epoca: Liszt, per il quale a suo tempo il marito invece aveva dimostrato stima, e Wagner, a suo dire autore di musiche «orribili» e «ripugnanti». La continua, pressante pratica al pianoforte aveva indebolito il suo fisico e provava forti dolori muscolari, così dovette dedicarsi a un repertorio meno stancante e a rallentare i ritmi delle esibizioni. Dal 1878 al 1882 ottenne l'incarico di insegnante al conservatorio di Francoforte sul Meno e le sue teorie risultarono preziose per rinnovare le tecniche di esecuzione e formare giovani talenti. Il 12 marzo 1891 tenne l'ultimo concerto in pubblico, in quella città, ed eseguì di Brahms le Variazioni su un tema di Haydn op. 56, per due pianoforti. Colpita da un ictus, morì a Francoforte il 20 maggio 1896, e fu sepolta a Bonn insieme al marito.

Sia il cinema che il teatro in più occasioni si sono ispirati alla sua vita, "romantica" per eccellenza; nel film Canto d'amore (1947) il suo ruolo fu interpretato da Katharine Hepburn, nel 1993 uscì un'altra pellicola con Nastassja Kinski e nel 2008 fu la volta di Geliebte Clara con Martina Gedeck. Nel 2010, in Italia, ben tre spettacoli si sono incentrati sulla sua esistenza: un testo di Imma Battista, con Paola Gassman nella parte di Clara, un altro composto da Maria Grazia Calandrone, portato in scena da Sonia Bergamasco e poi da Gaia de Laurentiis, infine un monologo di Valeria Moretti che ha debuttato al Regio di Torino con Giuliana Lojodice nel ruolo della protagonista.

Molto interessante è il libro Gli otto ragazzi Schumann, scritto dal francese Nicolas Cavaillès (pubblicato in Italia nel 2018) e recensito da Dino Villatico nel 2019 che demolisce il mito di Clara, madre di otto figli in 14 anni di matrimonio e donna esemplare; purtroppo la musicista, secondo accurati studi e testimonianze, sarebbe stata talmente presa dalla propria carriera e dalla propria incessante attività tanto da aver del tutto trascurato la prole. Il piccolo Emilio morì a un anno, gli altri ebbero vita solitaria e infelice, sballottati fra parenti e convitti. Uno fu affetto da demenza patologica e finì in ospedale psichiatrico. In quattro morirono precocemente. La figlia Eugenia, probabilmente, fu l'unica a portare avanti con maggiore libertà la propria esistenza controcorrente, uscendo presto dal nucleo familiare e vivendo il suo amore per la compagna Fillu, accettata tardi dalla madre. Certamente tutti soffrirono per gli squilibri mentali del padre, che Clara non tentò neppure di alleviare, presa com'era da sé stessa e dai suoi successi, da inseguire a ogni costo. Ma è pur vero che su di lei gravavano responsabilità di ogni tipo, specie economiche: dava lezioni di piano, curava la casa, insegnava, continuava a esibirsi e a comporre, dovendo mantenere una famiglia così numerosa. Colpisce comunque, per evidente contrasto, il doodle che Google le ha dedicato per l'anniversario dei 193 anni dalla nascita: una mamma felice e sorridente attorniata dalla prole a sua volta circondata dalla avvolgente tastiera del pianoforte. Un quadretto idilliaco che i fatti sembrano smentire. Fu pure raffigurata, giovane e bella, in una banconota tedesca da 100 marchi.

A suo nome esiste da dieci anni un concorso pianistico internazionale a Marina di Massa, mentre è alla settima edizione quello riservato a scolari e scolare delle primarie e a liceali. Non mancano naturalmente dischi con esecuzioni di pregio e video pubblicati on line; fra questi si segnala la prova eccelsa di Beatrice Rana nel celebre Concerto in A minore opera 7 con la Chamber Orchestra of Europe. Per i duecento anni dalla nascita la città di Lipsia le ha dedicato un importante progetto celebrativo dal titolo Clara 19 e l'occasione risvegliò l'interesse per l'artista che comprese pure pubblicazioni di interessanti lettere e diari. Vie e istituzioni musicali le sono state intitolate un po' in tutta Europa perché la sua fama ha superato i confini tedeschi facendola diventare una figura emblematica della corrente romantica.


Traduzione francese

Rachele Stanchina

Clara Josephine Wieck est l’exemple chanceux d’une fillette née et élevée dans un environnement musical qui encourageait le talent. En effet, son grand père maternel était un flûtiste reconnu, son père Friedrich Wiech était pianiste, professeur réputé et marchand de pianos et enfin sa mère Marianne Tromlitz était une chanteuse célèbre à Leipzig et pianiste renommée. Clara est née à Leipzig le 13 septembre 1819. En plus d’une soeur aînée morte en bas âge, elle avait trois frères cadets. Sa mère conciliait donc son activité artistique avec une famille nombreuse et les désaccords avec son époux devinrent nombreux lors de la naissance de leur cinquième et dernier fils. Très tôt, ses parents s’aperçurent que Clara était une enfant prodige et son père décida d’en faire une grande pianiste. Dès l’âge de cinq ans, il prit en main son éducation personnelle et sa formation musicale en orientant ses choix et en lui imposant ses propres goûts. A partir de ses dix ans, Clara étudia également le violon, le chant et la composition avec des maîtres de musique de grande rénommée tels que Weinlig, Ressiger, Dorn et Dehn. Mais son père lui imposa aussi des longues promenades en plein air et ses méthodes pédagogiques en feront son succès de professeur. Il s’occupait de sa carrière, des rémunérations, des voyages et il accordait son piano lors des concerts car à cette époque, ne pouvant pas jouer son propre instrument qui était un objet délicat et très volumineux, un pianiste était obligé d’utiliser celui mis à disposition dans la salle de musique souvent non accordé ou défaillant.

Le 20 octobre 1829, la talentueuse fillette s’exhiba pour la première fois dans un salon mais ses débuts officiels comme soliste eurent lieu le 8 novembre 1830 à Leipzig : elle y exécuta deux compositions personnelles pour piano ainsi qu’un lied par la voix de Henriette Grabau. L’année suivante elle s’exhiba dans plusieurs théâtres allemands et à Paris, où elle fit la connaissance de Chopin, de Liszt, de Berlioz entre autres. A Vienne, de décembre 1837 à avril 1938, elle rencontra lors de sa tournée Paganini et Goethe qui l’admiraient beaucoup. Le poète Grillparzer lui dédia un poème et elle reçut également le titre très prestigieux de Virtuose de la Chambre Royale et Impériale de l’Impératrice d’Autriche, la plus haute distinction viennoise pour un musicien, et un honneur que peu d’artistes étrangers à l’Autriche se sont vus accordés.

Elle n’ avait que neuf ans lorsqu’elle rencontra pour la première fois Robert Schumann qui suivra les cours de son père mais qui s’avèrera être bien moins doué que la jeune fille. Cependant, l’exemple de cette fillette motivée et douée le poussera sérieusement vers une carrière artistique. Au bout de plusieurs années, leur amitié se transforma en amour mais la famille de Clara s’opposa à leur relation car Robert avait des problèmes d’alcool et semblait destiné à un futur incertain. Le mariage contesté eut lieu le 12 septembre 1840 et les premières années furent paisibles entre les tournées de Clara et l’activité de compositeur de Robert. Malheureusement, cette existence rêvée fut vite rattrapée par des tâches domestiques auxquelles elle n’était pas habituée. Elle délaissera ainsi la composition pour devenir mère. Ils eurent huit enfants de 1841 à 1853. Ils voyagèrent en Russie et en Allemagne où Robert Schumann enseigna au conservatoire de Leipzig, ils s’installèrent d’abord à Dresde et enfin à Dusseldorf. Leur maison deviendra un important lieu de rencontres musicales.

Mais la santé fragile de Robert se détériora à tel point que Clara devait le suivre pour l’assister pendant ses crises de folie et ses tendances suicidaires. En plus d’être sa femme, elle deviendra sa soignante. Après avoir été enfermé dans un hôpital psychiatrique à Bonn, Robert Schumann meurt en 1856 à l’âge de 46 ans. Une fois veuve, Clara ne se remettra pas à la composition mais continuera sa carrière de pianiste à travers l’Europe dans le but de valoriser les compositions de son époux qui n’avaient pas toujours été comprises ou accueillies avec ferveur. Pour ce qui est de ses propres compositions, il faut rappeler les QUATRES POLONAISES op.1 publiées lorsqu’elle était encore une fillette, suivies des CAPRICES EN FORME DE VALSE, VALSES ROMANTIQUES, QUATRE PIECES CARACTERISTIQUES, SOIRES MUSICALES, le CONCERTO op. 7 pour piano dont elle soigna aussi l’orchestration et un grand nombre d’autres pages telles que les LIEDER par voix et piano, remarquables par leur liberté d’expression et l’attention à la parole, et surtout le TRIO IN SOL MINORE PER PIANOFORTE, VIOLINO E VIOLONCELLO OP. 17 qui est sans aucun doute son chef d’ œuvre. Clara fut aussi une innovatrice qui traça le chemin des musiciens qui lui succédèrent: elle fut parmi les premièrers pianistes à jouer sans partition, à proposer des variations sur des thèmes d’autres compositeurs, à introduire des intérprétations personnelles et des nouvelles techniques. Elle prit l’habitude d’ ajouter au moins une de ses compositions dans le programme des concerts qu’elle donnait , elle décida de réduire la durée des exhibitions publiques et elle valorisa les plus grands compositeurs du passé de Bach à Beethoven.

Ce fut grâce à Clara que les compositions de son mari Robert Schumann furent proposées en tournée chaque année en Grande Bretagne de 1865 à 1882, et de 1885 à 1888 avec peu d’interruptions. Et ce fut toujours grâce à elle si le CONCERTO IN RE MINORE PER PIANOFORTE E ORCHESTRA, composé par un Brahms âgé de 25 ans, au début peu apprecié, deviendra le chef d’ œuvre que nous connaissons aujourd’hui. On leur prêtera d’ailleurs une supposée liaison sentimentale. A cette même époque, Clara ne faisait pas secret de son hostilité pour deux musiciens bien en vue alors: Liszt auquel son mari avait manifesté de l’estime auparavant et Wagner qui était selon ses dires l’auteur de musiques “horribles” et “abominables”.Mais les longues heures passées au piano l’avaient affaiblie. Touchée par de fortes douleurs musculaires et de surdité, elle dut réduire le rhytme de ses exhibitions et se dédier à un répertoire moins fatiguant. Du 1878 au 1892, elle obtint la charge d’enseignante au conservatoire de Francfort-sur- le- Main. Ses théories furent précieuses pour le renouvellement des techniques pianistiques modernes et pour la formation des jeunes talents. Le 12 mars 1891, elle donna dans cette même ville son dernier concert en public, en exécutant les VARIAZIONI SU UN TEMA DI HAYDN op. 56 pour deux pianos de Brahms. A la suite d’un accident vasculaire cérébral, elle mourut à Francfort le 20 mai 1896 et fut enterrée à Bonn auprès de son époux.

Sa vie romantique a inspiré le cinéma et le théâtre à plusieurs reprises: en 1947 Katherine Hepburn interpréta le rôle de Clara dans le film CHANT D’AMOUR, en 1993 c’est Nastassja Kinski qui reprit le rôle ou bien encore en 2008 dans le film GELIEBTE CLARA avec Martina Gedeck. En 2010, en Italie, trois pièces de théâtre ont mis en scène sa vie: une de Imma Battista avec Paola Gassmann jouant le rôle de Clara, une autre de Maria Grazia Calandrone jouée par Sonia Bergamasco et successivement par Gaia de Laurentiis et enfin un monologue de Valeria Moretti qui a débuté au théâtre Regio de Turin avec Giuliana Lojodice comme protagoniste.

L’écrivain français Nicolas Cavaillès a écrit en 2016 LES HUIT ENFANTS SCHUMANN (édité en Italie en 2018 et traduit par Dino Villatico en 2019), qui retrace dans cet ouvrage le destin de Robert et Clara Schumann, et de leurs huit enfants, tous frappés – de près ou de loin – par l’impératif absolu de l’art. Selon certains témoignages et des études approfondies, la pianiste et musicienne était à tel point prise par sa carrière et ses tournées qu’elle négligeait complètement l’éducation de ses enfants. Le petit Emile mourut à l’âge de un an, ses autres enfants menèrent une vie solitaire et triste, ballottés entre proches ou internats. L’un d’entre eux fut atteint de démence pathologique et fut enfermé dans un hôpital psychiatrique et quatre autres moururent de manière précoce. Leur fille Eugénie fut peut être la seule à mener une vie à contre courant avec plus de liberté car elle abandonna très tôt le noyau familial pour vivre une liaison avec sa compagne chanteuse Marie Fillunger appelée Fillu, que sa mère n’accepta que bien plus tard. Il est certain que tous les enfants du couple ont souffert des troubles psychologiques de leur père et que Clara, accaparée par son succès et sa carrière, n’essaya pas de les soulager. Il est vrai qu’elle portait sur ses épaules beaucoup de responsabilités surtout économiques: pour subvenir aux besoins de sa famille, elle donnait des leçons de piano, elle s’occupait de la maison, elle enseignait tout en continuant à s’exhiber et à composer. A l’inverse, le doodle que Google lui a dedié à l’occasion du 193e anniversaire de sa naissance est vraiment frappant: il montre une mère heureuse et souriante, entourée de ses huit enfants, devant un clavier de piano. Un portrait idyllique que la réalité paraît démentir. Elle a aussi été représentée jeune et belle sur un billet de banque allemand de cent mark.

Depuis dix ans à Marina di Massa en Italie, il existe un concours international de piano qui porte son nom, tandis que celui dedié aux élèves des écoles primaires et du Lycée en est à sa septième édition. Naturellement, en ligne, on peut y trouver des interprétations de prestige de ses compositions et parmi elles l’excellente performance de Beatrice Rana du célèbre CONCERTO in A minore opera 7 avec la Chamber Orchestra of Europe. Pour les 200 ans de sa naissance, la ville de Leipzig lui a dédié un important projet de célébration nommé CLARA 19. Ce fut l’occasion de redécouvrir l’artiste grâce à l’édition de lettres et journaux inédits. Un peu partout en Europe, des rues et des institutions musicales portent son nom car sa renommée a franchi les frontières allemandes devenant ainsi une figure emblématique du courant romantique.


Traduzione spagnola

Alessia Coluccio

Clara Josephine Wieck es el,ejemplo afortunado de una niña que nació en una familia donde la muúsica estaba muy presente y donde se fomentaba el talento; su abuelo había sido un valioso flautista de renombre, su padre Johann era un apasionado de música y tenía una fábrica de pianos, su madre Marianne Tomlitz era cantante y una pianista apreciada. Clara, nació en Lipsia, el 13 de septiembre de 1819, fue la segundogénita, pero la su hermana mayor no sobrevivió; su madre conciliaba la actividad artística con la gran familia , pero no faltaban los contrastes con su marido, que se hicieron irreparables al nacer el quinto y uúltimo hijo. Sus padres pronto se dieron cuenta de las habilidades extraordinarias de la pequeña y su padre decidió hacer de ella una pianista, ocupándose personalmente su educación musical, desde los 5 años, descuidando la formación general y forzando sus inclinaciones, imponiéndole sus gustos, inclusos los paseos ocasionales al aire libre. Almenos en esto fue un precursor... Además se ocupaba de su carrera, del dinero, de sus viajes, incluso afinaba su piano antes de sus exibiciones, elemento muy importante, puesto que en aquella época, al tratarse de un objeto delicado y extremadamente voluminoso, había que contentarse con el instrumento que se hallaba en la sala, a veces desafinado y defectuoso.

También es significativo que su su padre, de los siete hasta los diecinueve años, escribiera un diario a su nombre y controlara todas las páginas. A los diez años, la educación de Clara se amplió y comprendió el estudio del violín, el canto y la composición con maestros de gran renombre: desde Weinlig a Ressigerpasando por Dorn y Dehn. El 20 de octubre de 1829, la prodigiosa niña se presentó por primera vez en un salón, junto a otra joven pianista, pero su estreno oficial tuvo lugar el 8 de noviembre de 1830, como solista en Leipzig; en el programa también se incluyeron dos de sus composiciones para piano y un lied para la voz de Henriette Grabau. Al año siguiente, ya estaba tocando en varios teatros alemanes y en París, donde conoció, entre otros, a Chopin y Berlioz. Entre 1837 y 1838 realizó una gira por Austria y obtuvo gran fama en Viena, tuvo encuentros importantes con Paganini y Goethe, admiradores suyos, tuvo el honor de que el poeta Grillparzer le dedicara un poema; incluso recibió el prestigioso título de virtuosa de cámara del emperador y pronto se reconoció su habilidad como compositora, una práctica que había comenzado ya con 10-11 años.

A los 9 años había visto por primera vez a Robert Schumann, discípulo de su padre, pero aún con un futuro incierto; quizás fue precisamente el ejemplo de la joven tan estudiosa y motivada lo que lo dirigió seriamente hacia una carrera artística. Algún tiempo después nació el amor entre los dos, al que la familia se opuso con fuerza debido a la tendencia del joven a excederse con el alcohol y porque parecía destinado a un futuro modesto. Se casaron el 12 de septiembre de 1840 y los primeros años transcurrieron entre las giras de Clara y la actividad de compositor de Robert. Viajaron a Rusia y Alemania, donde su marido consiguió trabajo como profesor en el conservatorio de Leipzig: luego decidieron establecerse en Dresde y, posteriormente, en Düsseldorf.

Sin embargo, la salud del hombre empeoraba cada vez más, tanto que Clara debía seguirle para cuidarlo durante sus crisis de amnesia y su tendencia al suicidio; ingresado en un manicomio cerca de Bonn, murió a la temprana edad de 46 años en 1856. Una vez viuda, Clara continuó su carrera con el objetivo de promover las composiciones de su marido, no siempre comprendidas y bien recibidas. En cuanto a sus propias obras, destacan las Cuatro Polonesas op. 1, publicadas cuando todavía era una niña. Le siguieron Caprices en forme de Valse, Valses Romantiques, Quatre pièces caractéristiques, Soirées musicales, el Concierto op. 7 para piano, de cuya orquestación también se encarg ,y muchas otras piezas como los Lieder para voz y piano, destacados por la libertad de expresión y atención a la palabra, y, sobre todo, el Trío en sol menor para piano, violín y violoncello op. 17, que sin duda es su obra maestra. También fue una innovadora que allanó el camino para las ejecuciones posteriores: de hecho, fue una de las primeras pianistas en tocar sin partitura, de memoria, en proponer variaciones sobre temas de otros compositores, en introducir interpretaciones muy personales y nuevas técnicas, en incluir en cada programa de concierto al menos una de sus composiciones, en hacer más breves las actuaciones públicas y en valorar a los máximos artistas del pasado, desde Bach hasta Beethoven.

Clara tuvo el mérito de presenta varias veces, , con tenacidad, las obras de su esposo en agotadoras giras por Gran Bretaña, que se realizó puntualmente cada año, desde 1865 hasta 1882, y luego desde 1885 hasta 1888, con pocas interrupciones. También fue mérito suyo que el Concierto en re menor para piano y orquesta, escrito por Brahms cuando tenía apenas veinticinco años, e inicialmente poco apreciado, se convirtiera en la obra maestra que conocemos, aunque le valió comentarios malintencionados sobre una supuesta relación sentimental con este compositor. Mientras tanto, mostraba abierta hostilidad hacia dos famosos exponentes de su época: Liszt, a quien su esposo había valorado en su momento, y Wagner, a quien consideraba autor de música “horrible" y "repugnante". La continua y exigente práctica del piano había debilitado su físico y le causaba fuertes dolores musculares, por lo que debió dedicarse a un repertorio menos agotador y a reducir el ritmo de sus actuaciones. Desde 1878 hasta 1882 fue profesora en el conservatorio de Frankfurt y sus teorías resultaron valiosas para renovar las técnicas de interpretación y formar talentos jóvenes. El 12 de marzo de 1891 ofreció su último concierto en público en esa ciudad, interpretando las Variaciones sobre un tema de Haydn op. 56 de Brahms, para dos pianos. Afectada por un ataque al corazón, murió en Frankfurt el 20 de mayo de 1896 y fue enterrada en Bonn junto a su esposo.

Tanto el cine como el teatro se han inspirado en varias ocasiones en su vida, "romántica" por excelencia; en la película Song of Love (1947) su papel fue interpretado por Katharine Hepburn, en 1993 se estrenó otra película con Nastassja Kinski y en 2008 fue el turno de Beloved Clara con Martina Gedeck. En Italia, en 2010, tres espectáculos se centraron en su existencia: untexto de Imma Battista, con Paola Gassman en el papel de Clara, otro compuesto por Maria Grazia Calandrone, llevado a escena por Sonia Bergamasco y luego por Gaia de Laurentiis, finalmente un monólogo de Valeria Moretti que debutó en el Teatro Regio di Torino con Giuliana Lojodice en el papel principal.

Es muy interesante el libro Los ocho niños Schumann, escrito por el francés Nicolas Cavaillès (publicado en Italia en 2018) y reseñado por Dino Villatico en 2019, que desmitifica el mito de Clara, madre de ocho hijos en 14 años de matrimonio y mujer ejemplar; desafortunadamente, la música, según estudios y testimonios precisos, estaba tan absorta en su carrera y en su actividad incesante que descuidó por completo a su descendencia. El pequeño Emilio murió a un año, los otros tuvieron una vida solitaria e infeliz, pasando de un pariente a otro y a residencias estudiantiles. Uno sufrió demencia patológica y terminó en un hospital psiquiátrico. Cuatro murieron prematuramente. Su hija Eugenia, probablemente, fue la única que llevó adelante su vida con mayor libertad, saliendo temprano del núcleo familiar y viviendo su amor por su compañera Fillu, aceptada tardíamente por su madre. Sin duda, todos sufrieron por los desequilibrios mentales del padre, que Clara ni siquiera intentó aliviar, tan ocupada como estaba en sí misma y en sus éxitos, que buscaba a toda costa. Sin embargo, es cierto que cargaba con todo tipo de responsabilidades, especialmente económicas: daba clases de piano, cuidaba de la casa, enseñaba, seguía actuando y componiendo, teniendo que mantener a una familia tan numerosa. Sin embargo, llama la atención, por un evidente contraste, el doodle que Google le dedicó en el 193 aniversario de su nacimiento: una madre feliz y sonriente rodeada de su descendencia, a su vez rodeada por el envolvente teclado del piano. Una imagen idílica que los hechos parecen contradecir. También fue representada, joven y hermosa, en un billete de 100 marcos alemanes.

Desde hace diez años existe un concurso internacional de piano a su nombre en Marina di Massa (IT), donde también se otorga, dedsde hace siete ediciones, unpremio destinado a estudiantes de escuela primaria y secundaria. Por supuesto, no faltan discos de interpretaciones de calidad ni videos publicados en línea; entre ellos, destaca la excelente actuación de Beatrice Rana en el famoso Concierto en La menor opus 7 con la Chamber Orchestra of Europe. En el bicentenario de su nacimiento, la ciudad de Leipzig le dedicó un importante proyecto conmemorativo titulado “Clara 19” y la ocasión despertó el interés por la artista, que también incluyó la publicación de interesantes cartas y diarios. Calles e instituciones musicales llevan su nombre en toda Europa porque su fama ha traspasado las fronteras alemanas, convirtiéndola en una figura emblemática del movimiento romántico.

 

Elke Mascha Blankenburg
Milena Gammaitoni




Martina Zinni

 

«Persone e musica sono un’unica cosa.
La musica d’insieme è la più bella società esistente!
Il suono dell’orchestra, i colori, il repertorio,
essere uniti in quaranta anime».

(Elke Mascha Blankenburg)

Elke Mascha Blankenburg fu una stimata direttrice d’orchestra, ma anche un’instancabile studiosa e divulgatrice delle musiche delle compositrici: fondò nel 1978 il circolo culturale, poi diventato la Fondazione Frau und Musik (Donne in Musica); una biblioteca internazionale di musiche di compositrici e diverse orchestre dedicate all’esecuzione delle loro musiche. È stata in tourneè per 30 anni eseguendo repertori di musica sacra, sinfonica e lirica, con una discografia che parte da Johann Sebastian Bach fino a Kevin Follet, con le compositrici, alcune di queste da lei stessa scoperte dopo lunghe ricerche, poi trascritte e pubblicate con diversi ensemble musicali: Isabella Leonarda, Maddalena Sirmen, Francesca Caccini, Barbara Strozzi, Marianna Martinez, Fanny Mendelssohn, Clara Wieck Schumann, Louise Farrenc, Lili Boulanger, Caroline Ansink, Cornelia Zimanowski, Grazyna Bacewicz. Elke Mascha Blankenburg fu dunque una direttrice d’orchestra come poche al mondo, perché unì allo studio della musica anche la scoperta e la ricerca incessante delle donne che la composero, confrontandosi e combattendo contro ogni stereotipo e pregiudizio. Passava notti insonni a leggere e trascrivere i manoscritti di alcune grandi compositrici, da lei stessa scoperte.

«Oltre alla grande musicalità, Elke Mascha Blankenburg possiede una forza di irradiazione vincente, che le permette di ispirare i cantanti e le orchestre alle più alte performance musicali. Sa quello che può fare e può fare quello che vuole», scrive il quotidiano Bonner Rundschau dopo la Passione secondo Giovanni di Bach.

Blankenburg cresce in una casa piena di musica, con il padre giornalista e la madre pianista che le insegna a suonare a partire dai sei anni. Più tardi aggiungerà il violino e la tromba. La musica di Bach è stata il centro della sua vita musicale. Dal 1963 al '66 studia la musica sacra evangelica all'Istituto di Musica Sacra di Heidelberg e scrive musica di scena per il Teatro da camera di Heidelberg. Nel 1969 si diploma all'Istituto di Musica Sacra di Schlüchtern: in direzione con Klaus Martin Ziegler e in storia della musica con Walter Blankenburg. Dal 1970 al '72 studiò direzione di coro e orchestra con Philipp Röhl alla Scuola Superiore di Musica di Colonia e partecipa ai corsi di perfezionamento internazionali per direttori tenuti da Fernand Quattrocchi, Pierre Dervaux, Hans Swarowsky, Pierre Colombo e Helmut Rilling, nei quali venne puntualmente scelta per dirigere il concerto di chiusura. Dal 1970 al 1990 fu membro dei cantori della Chiesa di Cristo di Colonia e fonda il coro giovanile Kölner Kurrende, con cui vince numerosi premi nei concorsi internazionali e, oltre al repertorio a cappella da Lassus a Ligeti, porta in scena anche gli oratori di Bach, Händel, Mozart, DvorÏák, Brahms, Orff, Verdi, e Boulanger fino ai moderni. Le tournée la portano in molti Paesi d'Europa. Fin dall'inaugurazione della Filarmonica nel 1986 con l'Ottava Sinfonia di Mahler, fu ospite fissa del Teatro di Colonia. Quando la giovane Blankenburg si presentò alle audizioni di Hans Swarowsky per perfezionare i suoi studi, non cedette allo stupore e al pregiudizio di chi non crede a una donna sul podio. Così intraprese la strada, “per essere infelice”, a detta di suo padre. Dagli anni ‘70 la sua interpretazione della musica non può ignorare la presenza delle compositrici; l’incessante interrogativo se ve ne furono e se ve ne furono di geniali. La sua storia personale rappresenta anche e soprattutto la storia collettiva delle tante musiciste che hanno deciso di dedicarsi alla direzione d’orchestra contro ogni pregiudizio e modello culturale, ancora oggi duri a morire.

Elke Mascha Blankenburg nel pieno della sua attività concertistica decise di fondare nel 1978 il circolo culturale Frau und musik - Donna e Musica, con lo scopo di pubblicare, conservare, ed eseguire le musiche delle compositrici, tra cui Fanny Mendelssohn e Marianna Martinez, scoperte dalla stessa direttrice in collaborazione con due case editrici tedesche. Di queste compositrici ha diretto e pubblicato la prima discografia al mondo. Nel 1989 fonda una biblioteca internazionale di Musica di Compositrici. Nel 1986 dà vita alla Clara Schumann Orchester Koeln, la prima orchestra sinfonica interamente femminile della Repubblica Federale. Nel 1996 fondò in Italia l’Accademia Europea Francesca Caccini e l’Orchestra Clara Schumann. Con l’Ensemble da lei creato ha svolto tournée in Europa e programmi radio televisivi. Dal 1999 si è dedicata completamente alla scrittura, in seguito a un grave crollo dell'udito. In particolare dedicò alcuni anni alla scrittura di una piccola enciclopedia universale sulla storia delle direttrici d’orchestra nel mondo, tradotta in italiano Le direttrici d’orchestra nel mondo; come riedizione aggiornata da Milena Gammaitoni (Zecchini Ediutore 2023) di Dirigentinnen im 20. Jahrhundert, portraits von Marin Alsop bis Simone Young, rappresenta l’unica e importante ricerca biografica e documentaria sulla storia delle donne nella direzione musicale.

Direzione concerti con musiche di compositrici

1982 Isabella Leonarda (1620-1700): In coelis personent Geistliches Konzert für Soli, Chor und B.c., Kirche St. Peter, Köln

1983 Barbara Strozzi (1619-1677): Il primo libro di Madrigali für Soli, Chor und B. c., Rathauskonzerte in Wasserburg am Inn

1984 Fanny Mendelssohnssohn (1805-1847): Oratorium nach Bildern der Bibel für Soli, Chor und Orchester, Kirche St. Maria Himmelfahrt in Köln

1986 Fanny Mendelssohnssohn: Ouverture für großes Orchester in C-Dur in der Alten Oper Frankfurt beim "Fest der 1000 Frauen"

Fanny Mendelssohnssohn: 17 weltliche A-Capella-Chöre, Kammermusik-Saal der Berliner Philharmonie

1987 Fanny Mendelssohnssohn: Hero und Leander dramatische Szene für Sopran und Orchester, Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1987 Louise Farrenc (1804-1875): Symphonie Nr. III in g-moll, op. 36 Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1991 Marianna Martinez (1744-1812): La Tempesta Kantate für Sopr. u. Orch., St. Pantaleon Kirche Köln

1993 Caroline Ansink (* 1959): Sternen-Walzer für großes Orchester beim Bundespresseball Bonn im Hotel Maritim

1996 Cornelia Zimanowski (* 1955): Musik für die Frauen dieser Welt, Konzert für Oboe, Chor und Orchester, Friedrich-von Thiersch-Saal, Kurhaus Wiesbaden


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

«Les gens et la musique ne font qu’un.
La musique d’ensemble est la plus belle société existante!
Le son de l’orchestre, les couleurs, le répertoire,
être unis en quarante âmes».

(Elke Mascha Blankenburg)

Elke Mascha Blankenburg fut une chef d’orchestre estimée, mais aussi une infatigable chercheuse et communicatrice des musiques des compositrices : elle fonda en 1978 le cercle culturel, devenu plus tard la Fondation Frau und Musik (Femmes en Musique); une bibliothèque internationale de musiques de compositeurs et d’orchestres dédiés à l’exécution de leurs musiques. Elle a été en tournée pendant 30 ans, interprétant des répertoires de musique sacrée, symphonique et lyrique, avec une discographie qui part de Johann Sebastian Bach jusqu’à Kevin Follet, avec les compositrices, certaines d’entre elles qu’elle a découvertes après de longues recherches, puis transcrites et publiées avec différents ensembles musicaux : Isabella Leonarda, Maddalena Sirmen, Francesca Caccini, Barbara Strozzi, Marianna Martinez, Fanny Mendelssohn, Clara Wieck Schumann, Louise Farrenc, Lili Boulanger, Caroline Inkans, Cornelia Zimiczyz, Graanowski Bacanowski. Elke Mascha Blankenburg fut donc une chef d’orchestre comme peu d’autres au monde, parce qu’elle joignit à l’étude de la musique la découverte et la recherche incessante des femmes qui la composèrent, en se confrontant et en combattant tous les stéréotypes et préjugés. Elle passait des nuits blanches à lire et à transcrire les manuscrits de quelques-unes des plus grandes compositrices, découvertes qu’elle avait elle-même faites.

« Outre la grande musicalité, Elke Mascha Blankenburg possède une force d’irradiation puissante, qui lui permet d’inspirer les chanteurs et les orchestres aux plus hautes performances musicales. Elle sait ce qu’elle peut faire et peut faire ce qu’elle veut», écrit le quotidien Bonner Rundschau après la Passion selon Jean de Bach.

Blankenburg grandit dans une maison pleine de musique, avec son père journaliste et sa mère pianiste qui lui apprend à jouer à partir de six ans. Plus tard, elle ajoutera le violon et la trompette. La musique de Bach a été le centre de sa vie musicale. De 1963 à 1966, elle étudie la musique sacrée évangélique à l’Institut de musique sacrée de Heidelberg et écrit de la musique de scène pour le théâtre de chambre de Heidelberg. En 1969, elle obtient son diplôme à l’Institut de musique sacrée de Schlüchtern : en direction avec Klaus Martin Ziegler et en histoire de la musique avec Walter Blankenburg. De 1970 à 1972, elle étudie la direction de chœur et d’orchestre avec Philipp Röhl à l’École supérieure de musique de Cologne et participe aux cours de perfectionnement internationaux pour directeurs donnés par Fernand Quattrocchi, Pierre Dervaux, Hans Swarowsky, Pierre Colombo et Helmut Rilling, où elle fut choisi ponctuellement pour diriger le concert de clôture. De 1970 à 1990, elle fut membre des chantres de l’Église du Christ de Cologne et fonda le chœur de jeunes Kölner Kurrende, avec lequel elle remporta de nombreux prix aux concours internationaux et, en plus du répertoire a cappella de Lassus à Ligeti, elle met en scène les oratorios de Bach, Haendel, Mozart, Dvorïkov, Brahms, Orff, Verdi et Boulanger jusqu’aux modernes. Les tournées l’emmènent dans de nombreux pays d’Europe. Dès l’inauguration de la Philharmonie en 1986 avec la Huitième Symphonie de Mahler, elle fut l’invitée permanente du Théâtre de Cologne. Lorsque la jeune Blankenburg se présenta aux auditions de Hans Swarowsky pour parfaire ses études, elle ne céda pas à l’étonnement et aux préjugés de ceux qui ne croient pas une femme sur le podium. Elle a donc pris la route, "pour être malheureuse", selon son père. Depuis les années 70, son interprétation de la musique ne peut ignorer la présence des compositrices; la question incessante s’il y en avait eu et s’il y en avait eu des géniaux. Son histoire personnelle représente aussi et surtout l’histoire collective des nombreuses musiciennes qui ont décidé de se consacrer à la direction d’orchestre contre tout préjugé et modèle culturel, Même aujourd’hui, on peut mourir.

Elke Mascha Blankenburg décide de fonder en 1978 le cercle culturel Frau und musik - Femme et Musique, dans le but de publier, de conserver et d’exécuter les musiques des compositeurs, dont Fanny Mendelssohn et Marianna Martinez, La société a été créée en collaboration avec deux maisons d’édition allemandes. Elle a dirigé et publié la première discographie au monde. En 1989, elle fonde une bibliothèque internationale de Musique de Compositrices. En 1986, elle crée l’orchestre symphonique Clara Schumann Koeln, le premier orchestre symphonique entièrement féminin de la République fédérale. En 1996, elle fonde en Italie l’Académie européenne Francesca Caccini et l’Orchestre Clara Schumann. Avec l’Ensemble qu’elle a créé, elle a effectué des tournées en Europe et des émissions de radio à la télévision.Depuis 1999, elle se consacre entièrement à l’écriture, après une grave perte auditive. Elle consacre quelques années à l’écriture d’une petite encyclopédie universelle sur l’histoire des chefs d’orchestre dans le monde, traduite en italien Les chefs d’orchestre dans le monde; comme réédition mise à jour par Milena Gammaitoni (Zecchini Ediutore 2023) de Cadre supérieur im 20. Jahrhundert, portraits de Marin Alsop bis Simone Young, représente la seule et importante recherche biographique et documentaire sur l’histoire des femmes dans la direction musicale.

Direction de concerts avec des compositeurs

1982 Isabella Leonarda (1620-1700) : Concert pour solistes, chœur et B.c., Eglise Saint-Pierre, Cologne

1983 Barbara Strozzi (1619-1677) : Il primo libro di Madrigali pour solistes, chœur et chœur c., concert à la mairie de Wasserburg am Inn

1984 Fanny Mendelssohnssohn (1805-1847) : oratorio d’après des images de la Bible pour solistes, chœur et orchestre, église de l’Assomption de Cologne

1986 Fanny Mendelssohnssohn : Ouverture pour grand orchestre en ut majeur dans l’Alte Oper de Francfort à la "Fête des 1000 femmes"

Fanny Mendelssohnssohn : 17 chœurs mondains A-Capella, salle de musique de chambre de la Philharmonie de Berlin

1987 Fanny Mendelssohnssohn : Hero et Leander scène dramatique pour soprano et orchestre, Stadthalle Unna au "Festival international des compositrices"

1987 Louise Farrenc (1804-1875) : Symphonie nº III en sol mineur, op 36 Stadthalle Unna au "Festival international des compositrices"

1991 Marianna Martinez (1744-1812) : La Tempesta Cantate pour soprano et Orch, église Saint-Pantaléon de Cologne

1993 Caroline Ansink (* 1959) : Valse étoilée pour grand orchestre au Bundespresseball Bonn à l’hôtel Maritim

1996 Cornelia Zimanowski (* 1955) : Musique pour les femmes de ce monde, Concert pour hautbois, chœur et orchestre, Friedrich-von Thiersch-Saal, Kurhaus Wiesbaden


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"People and music are one.
Ensemble music is the most beautiful society in existence!
The sound of the orchestra, the colors, the repertoire,
being united in forty souls."

(Elke Mascha Blankenburg)

Elke Mascha Blankenburg was an esteemed conductor, but also a tireless scholar and popularizer of the music of women composers. In 1978 she founded a cultural circle, which later became the foundation Frau und Musik (Women in Music), an international library of music by women composers, and several orchestras dedicated to the performance of their music. She toured for 30 years performing a repertoire of sacred, symphonic and operatic music, with a discography starting from Johann Sebastian Bach to Kevin Follet, with female composers, some of whom she discovered after extensive research, then transcribed and published with various musical ensembles: Isabella Leonarda, Maddalena Sirmen, Francesca Caccini, Barbara Strozzi, Marianna Martinez, Fanny Mendelssohn, Clara Wieck Schumann, Louise Farrenc, Lili Boulanger, Caroline Ansink, Cornelia Zimanowski, Grazyna Bacewicz. Elke Mascha Blankenburg was thus a conductor like few in the world, because she combined the study of music with the discovery and relentless research of the women who composed it, confronting and fighting against every stereotype and prejudice. She spent sleepless nights reading and transcribing the manuscripts of some great women composers, whom she discovered.

"In addition to great musicianship, Elke Mascha Blankenburg possesses a winning power of radiance, enabling her to inspire singers and orchestras to the highest musical performances. She knows what she can do and can do what she wants," wrote the Bonner Rundschau newspaper after a performance of Bach's Saint John Passion.

Blankenburg grew up in a house full of music, with her journalist father and pianist mother teaching her to play from the age of six. Later she would add violin and trumpet. Bach's music was the center of her musical life. From 1963 to '66 she studied evangelical church music at the Institute of Sacred Music in Heidelberg and wrote stage music for the Heidelberg Chamber Theater. In 1969 she graduated from the Institute of Sacred Music in Schlüchtern - in conducting with Klaus Martin Ziegler, and in music history with Walter Blankenburg. From 1970 to '72 she studied choir and orchestra conducting with Philipp Röhl at the Cologne School of Music and participated in international master classes for conductors held by Fernand Quattrocchi, Pierre Dervaux, Hans Swarowsky, Pierre Colombo and Helmut Rilling, in which she was quickly chosen to conduct the closing concert. From 1970 to 1990 she was a member of the Cologne Church of Christ cantors and founded the Kölner Kurrende youth choir, with which she won numerous prizes in international competitions and, in addition to the a cappella repertoire from Lassus to Ligeti, she also brought to the stage the oratorios of Bach, Händel, Mozart, DvorÏák, Brahms, Orff, Verdi, and Boulanger to the moderns. Tours took her to many countries in Europe. Since the Philharmonic opened in 1986 with Mahler's Eighth Symphony, she was always a regular guest at the Cologne Theater. When the young Blankenburg showed up at Hans Swarowsky's auditions to perfect her studies, she did not give in to the astonishment and prejudice of those who do not believe in a woman on the podium. So she embarked on the road, "to be miserable," according to her father. Since the 1970s, her interpretation of music could not ignore the presence of women composers, and the incessant questioning of whether there were any and whether there were any brilliant ones. Her personal story also and above all represents the collective story of the many female musicians who decided to devote themselves to conducting against all prejudices and cultural patterns, which are still not dead today.

In the midst of her concert activity, Elke Mascha Blankenburg decided in 1978 to establish the cultural circle Frau und musik - Woman and Music - with the purpose of publishing, preserving, and performing the music of female composers, including Fanny Mendelssohn and Marianna Martinez, discovered by the conductor herself in collaboration with two German publishing houses. She directed and published the world's first discography of these female composers. In 1989 she founded an international library of Music by Women Composers. In 1986 she started the Clara Schumann Orchester Koeln, the first all-female symphony orchestra in the Federal Republic. In 1996 she founded the Francesca Caccini European Academy and the Clara Schumann Orchestra in Italy. With the Ensemble she created she toured Europe and performed on radio and television programs. Beginning in 1999, she devoted herself completely to writing, following a severe hearing loss. In particular she devoted several years to writing a small universal encyclopedia on the history of female conductors in the world, translated into Italian Le direttrici d'orchestra nel mondo; as an updated re-edition by Milena Gammaitoni (Zecchini Ediutore 2023) of Dirigentinnen im 20. Jahrhundert, portraits von Marin Alsop bis Simone Young (Female Conductors in the 20th Century, Portraits from Marin Alsop to Simone Young) representing the only major biographical and documentary research on the history of women in music direction.

Concert conducting with music by women composers

1982 Isabella Leonarda (1620-1700): In coelis personent Geistliches Konzert für Soli, Chor und B.c., Kirche St. Peter, Köln

1983 Barbara Strozzi (1619-1677): The First Book of Madrigals für Soli, Chor und B. c., Rathauskonzerte in Wasserburg am Inn

1984 Fanny Mendelssohnssohn (1805-1847): Oratorium nach Bildern der Bibel für Soli, Chor und Orchester, Kirche St. Maria Himmelfahrt in Köln

1986 Fanny Mendelssohnssohn: Ouverture für großes Orchester in C-Dur in der Alten Oper Frankfurt beim "Fest der 1000 Frauen"

Fanny Mendelssohnssohn: 17 weltliche A-Capella-Chöre, Kammermusik-Saal der Berliner Philharmonie

1987 Fanny Mendelssohnssohn: Hero und Leander dramatische Szene für Sopran und Orchester, Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1987 Louise Farrenc (1804-1875): Symphonie Nr. III in g-moll, op. 36 Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1991 Marianna Martinez (1744-1812): The Tempest Kantate für Sopr. u. Orch., St. Pantaleon Kirche Köln

1993 Caroline Ansink (* 1959): Sternen-Walzer für großes Orchester beim Bundespresseball Bonn im Hotel Maritim

1996 Cornelia Zimanowski (* 1955): Musik für die Frauen dieser Welt, Konzert für Oboe, Chor und Orchester, Friedrich-von Thiersch-Saal, Kurhaus


Traduzione spagnola

Alessia Coluccio

«Las personas y la música son una cosa única.
¡La música de conjunto es la sociedad más bonita que exista!
El sonido de la orquesta, sus colores, el repertorio, 40 alma unidas»

(Elke Masha Blankeburg)

Elke Mascha Blankeburg fue una apreciada directora de orquesta, pero también una incansable estudiosa y divulgadora de la música de las compositoras: en 1978 instituyó un círculo cultural que se convirtió sucesivamente en la fundación Frau und Musik (Mujer y Música), una biblioteca internacional de música de compositoras y diferentes orquestas dedicadas a la ejecución de su música. Estuvo 30 años de gira ejecutando repertorios de música sacra, sinfónica y lírica, con una discografía que abarca de Johann Sebastian Bach y llega a Kevin Follet, incluídas las compositoras, algunas de estas descubiertas por ella misma tras largas investigaciones, transcritas y publicadas con diferentes ensembles musicales: Isabella Leonarda, Maddalena Sirmen, Francesca Caccini, Barbara Strozzi, Marianna Martinez, Fanny Mendelssohn, Clara Wieck schumann, Louise Farrenc, Lili Boulanger, Caroline Asink, Cornelia Zimanoswki, Grazyna Bacewicz. Elke Mascha Blankeburg fue por lo tanto una directora de orquesta como pocas en el mundo, ya que al estudio de la música añadió la investigación incesante y el descubrimiento de las mujeres compositoras, enfrentándose contra todo estereotipo y prejuicio. Pasaba noches enteras sin dormir leyendo y transcribiendo los manuscritos de algunas grandes compositoras, descubiertas por ella misma.

«Además de su gran musicalidad, Elke Mascha Blankenbung tiene una fuerza de irradiación convincente, que le permite inspirar a cantantes y a las orquestas para las mejores realizaciones musicales. Sabe lo que puede hacer y lo que quiere», escribe el periódico Bonner Rundschau después de la Pasión según San Juan de Bach.

Blankeburg se cría en una casa llena de música, con su padre periodista y su madre pianista que le enseña a empezar a tocar desde los seis años. Más tarde añadirá el violín y la trompeta. La música de Bach fue el centro de su vida musical. Desde 1963 hasta 1966 estudia la música sagrada evangélica en el instituto de Música Sagrada de Heidelberg y escribe música de escena para el Teatro de Cámara de Heidelberg. En 1969 se gradúa en el instituto de Música Sagrada de Schlüchtern: en Dirección con Klaus Ziegler y en Historia de la música con Walter Blankenburg. De 1970 a 1972 estudió dirección de coro y orquesta con Philip Röhl en la Escuela Superior de música de Colonia y participó a cursos de perfeccionamiento internacionales de dirección de orquesta dirigidos por Fernaud Quattrochi, Pierre Dervaux, Hans Swarowsky, Pierre Colombo y Helmut Rilling, en los que puntualmente fue elegida para dirigir el concierto de cierre. Desde 1970 hasta 1990 formó parte de los cantores de la Iglesia de Cristo de Colonia y fundó el coro juvenil Kölner Kurrende, con el que ganó numerosos premios en concursos internacionales y con el que, además de un repertorio a cappella de Lassus a Ligeti, también puso en escena los oratorios de Bach, Händel, Mozart, DvorÏák, Brahms, Orff, Verdi y Boulanger, hasta los modernos. Las giras la llevaron a muchos países de Europa. Desde la inauguración de la Filarmónica en 1986 con la Octava sinfonía de Mahler, fue una invitada fija del Teatro de Colonia. Cuando la joven Blankeburg se presentó a las audiciones de Hans Swarowsky para perfeccionar sus estudios, no cedió al estupor ni al prejuicio de quienes no creían en una mujer en el podio. Así pues, empezó su camino “para ser infeliz”, en palabras de su padre. Desde los años 70 su interpretación de la música no pudo ignorar la presencia de compositoras; el incesante interrogativo sobre si había habido compositoras y sobre si había habido alguna genial. Su historia personal representa también, y especialmente, la historia colectiva de muchas mujeres que decidieron dedicarse a la dirección de orquesta contra todos los prejuicio y modelos culturales, todavía hoy arraigados.

Elke Mascha Blankeburg, en plena actividad de concertista, decidió fundar en 1978 el círculo cultural Frau und Musik (Mujer y Música) con el objetivo de publicar –en colaboración con dos editoriales alemanas–, conservar y ejecutar la música de las compositoras, como la de Fanny Mendelsoon y Marianna Martinez, descubiertas por ella misma. De estas compositoras dirigió y publicó la primera discografia mundial. En 1989 fundó la primera biblioteca internacional de Música de Compositoras. En 1986 fundó la Clara Schuman Orchester de Colonia, la primera orquesta sinfónica femenina de la República Federal de Alemania. En 1996 fundó en Italia la Academia europea Francesca Caccini y la Orchestra Clara Schumann. Con su Ensemble realizó una tournée por Europa y varios programas televisivos. Desde 1999 se dedicó por completo a la escritura, después de una grave pérdida de oído. En particular dedicó algunos años a la escritura de una pequeña enciclopedia universal sobre la historia de las directoras de orquesta en el mundo, Dirigentinnen im 20. Jahrhundert, portraits von Marin Alsop bis Simone Young (Mujeres directoras de orquesta en el siglo XX, retratos de Marin Alsop a Simone Young, aún no traducido al español), que rappresenta un importante y único estudio biográfico y documental sobre la historia de las mujeres en la dirección musical.

Dirección de conciertos con música de compositoras

1982 Isabella Leonarda (1620-1700): In coelis personent Geistliches Konzert für Soli, Chor und B.c., Kirche St. Peter, Köln

1983 Barbara Strozzi (1619-1677): Il primo libro di Madrigali für Soli, Chor und B. c., Rathauskonzerte in Wasserburg am Inn

1984 Fanny Mendelssohnssohn (1805-1847): Oratorium nach Bildern der Bibel für Soli, Chor und Orchester, Kirche St. Maria Himmelfahrt in Köln

1986 Fanny Mendelssohnssohn: Ouverture für großes Orchester in C-Dur in der Alten Oper Frankfurt beim "Fest der 1000 Frauen"

Fanny Mendelssohnssohn: 17 weltliche A-Capella-Chöre, Kammermusik-Saal der Berliner Philharmonie

1987 Fanny Mendelssohnssohn: Hero und Leander dramatische Szene für Sopran und Orchester, Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1987 Louise Farrenc (1804-1875): Symphonie Nr. III in g-moll, op. 36 Stadthalle Unna beim "Internationalen Komponistinnen-Festival"

1991 Marianna Martinez (1744-1812): La Tempesta Kantate für Sopr. u. Orch., St. Pantaleon Kirche Köln

1993 Caroline Ansink (* 1959): Sternen-Walzer für großes Orchester beim Bundespresseball Bonn im Hotel Maritim

1996 Cornelia Zimanowski (* 1955): Musik für die Frauen dieser Welt, Konzert für Oboe, Chor und Orchester, Friedrich-von Thiersch-Saal, Kurhaus Wiesbaden

 

Sarah Caldwell
Barbara Belotti




Martina Zinni

 

Se andate a Boston e vi capita di camminare lungo il Boston Women’s Heritage Trail, un percorso a piedi che guida alla scoperta dei luoghi più famosi legati alla storia delle donne della città, all’altezza del numero civico 539 di Washington Street potete imbattervi nel Boston Opera House e quindi in Sarah Caldwell, che quell’istituzione ha fondato nel 1957.

Boston Opera House

Una figura carismatica la sua nel panorama internazionale della musica lirica, una vera pioniera non solo perché è stata la prima donna a dirigere nel 1976, con la Traviata di Giuseppe Verdi, l’orchestra della Metropolitan Opera di New York, ma anche perché, da produttrice, impresaria e regista ha saputo imprimere un nuovo corso al mondo della lirica negli Stati Uniti. Nata nel Missouri, a Maryville, il 6 marzo 1924, Sarah è stata una bambina prodigio capace già a dieci anni di esibirsi in pubblico col suo violino. Gli studi nel Conservatorio di musica del New England l’indirizzano presto verso la carriera di musicista e, dopo aver conseguito il diploma nel 1946, diventa l’assistente principale del maestro Boris Goldovsky. La carriera di direttrice d’orchestra e quella di impresaria e produttrice camminano affiancate e intrecciate. La sua prima produzione teatrale risale al 1947 quando mette in scena Riders to the sea del compositore britannico Ralph Vaughan Williams. Nel 1952 si trasferisce a Boston dove dirige il laboratorio d’opera della Boston University e dove, nel 1957 fonda, finanziandola con 5.000 dollari, l’Opera Company, istituzione di grande prestigio internazionale.

Il teatro della Boston Opera House

Ben presto il suo nome viene associato sia alla messinscena di testi lirici del passato, come il Don Carlos di Giuseppe Verdi, proposti però in varianti giudicate inconsuete e “ardite”, sia alla produzione di opere contemporanee come Intolleranza di Luigi Nono o Moses und Aron di Arnold Schönberg. Si cimenta, dimostrando una spiccata personalità e grande autonomia di giudizio, anche in allestimenti di composizioni poco rappresentate perché ritenute difficili e poco accessibili al vasto pubblico. Lei stessa nelle interviste confessa di apprezzare le sfide difficili, di volersi cimentare in brani meno conosciuti ritenendoli espressioni musicali meravigliose «che per qualche strana ragione non abbiamo ancora esplorato». Le messinscene proposte dall’impresaria e produttrice Sarah Caldwell sono accurate sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista visivo: chiede che sia data grande enfasi agli elementi drammatici delle opere e cerca contemporaneamente, con scrupolosità e capacità di innovazione, di regalare al pubblico impianti scenici spettacolari accompagnati spesso da speciali effetti visivi. Questa sua capacità di spaziare nelle partiture e nelle epoche, proponendo innovative riletture e linguaggi complessi, le consentono di inserire nei cartelloni delle sue produzioni nomi illustri della lirica, figure di spicco attirate dalle continue sfide musicali che si rivelano importanti occasioni di ascesa professionale.

Il curriculum di Sara Caldwell è costellato di numeri importanti: oltre a essere la prima donna a dirigere l’orchestra del Metropolitan di New York, si esibisce ‒ seconda donna a farlo ‒ nella direzione della New York Philarmonic Orchestra e di moltissime altre orchestre sinfoniche del mondo; mette in scena più di 75 lavori operistici, diversi tra loro per repertorio e stile di produzione, riceve 35 lauree honoris causa. Infine nel 1996, a coronamento della brillante carriera, le viene assegnato dal Presidente Bill Clinton il prestigioso riconoscimento della Medaglia Nazionale delle arti.

Sarah Caldwell riceve dal Presidente Clinton e dalla First Lady Hillary la Medaglia Nazionale delle arti, 1996

Sara Caldwell si ritira dall’attività nel 2004, dopo essere entrata a far parte dell’Università dell’Arkansas e averne diretto il programma operistico dal 1999. Muore a Portland nel Maine il 23 marzo 2006.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Si vous allez à Boston et qu’il vous arrive de marcher le long du Boston Women’s Heritage Trail, un parcours à pied qui vous guide à la découverte des lieux les plus connus liés à l’histoire des femmes de la ville, à la hauteur du numéro 539 de Washington Street, vous pouvez vous tomber sur le Boston Opera House et donc sur Sarah Caldwell, qui a fondé cette institution en 1957.

Opéra de Boston

Une figure charismatique dans le panorama international de la musique lyrique, une véritable pionnière non seulement parce qu’elle a été la première femme à diriger en 1976, avec la Traviata de Giuseppe Verdi, l’orchestre de la Metropolitan Opera de New York, mais aussi parce que, en tant que productrice, impresario et metteuse en scène, elle a su imprimer un nouveau cours au monde de la lyrique aux États-Unis. Née dans le Missouri, à Maryville, le 6 mars 1924, Sarah a été une enfant prodige capable dès l'âge de dix ans de se produire en public avec son violon. Les études au Conservatoire de musique du New England l’orientent rapidement vers la carrière de musicienne et, après avoir obtenu son diplôme en 1946, elle devient l’assistante principale du maître Boris Goldovsky. La carrière de cheffe d’orchestre et celle d’impresario et productrice avancent côte à côte et s’entrelacent. Sa première production théâtrale remonte à 1947 lorsqu’elle met en scène Riders to the sea du compositeur britannique Ralph Vaughan Williams. En 1952 elle s’installe à Boston où elle dirige le laboratoire d’opéra de l’Université de Boston et où, en 1957 elle fond, en la finançant avec 5000 dollars, l'Opera Company, une institution de grand prestige international.

Le théâtre de l'Opéra de Boston

Très vite, son nom est associé tant à la mise en scène de textes lyriques du passé, comme le Don Carlos de Giuseppe Verdi, proposés toutefois dans des variantes jugées inhabituelles et “audacieuses”, qu’à la production d’œuvres contemporaines telles qu’Intolleranza de Luigi Nono o Moses und Aron de Arnold Schönberg. Elle s’attaque, démontrant une forte personnalité et une grande autonomie de jugement, également à des mises en scène de compositions peu représentées car considérées comme difficiles et peu accessibles au grand public. Elle-même, dans des interviews, avoue apprécier les défis difficiles, vouloir s’attaquer à des œuvres moins connues les considérant comme des expressions musicales merveilleuses «que pour quelque étrange raison nous n’avons pas encore explorées». Les mises en scène proposées par l’impresario et productrice Sarah Caldwell sont soignées tant du point de vue musical que visuel: elle demande qu’une grande attention soit accordée aux éléments dramatiques des œuvres et cherche au même temps, avec minutie et capacité d’innovation, à offrir au public des dispositifs scéniques spectaculaires souvent accompagnés d’effets visuels spéciaux. Cette capacité à explorer les partitions et les époques, proposant des relectures innovantes et des langages complexes, lui permet d’inclure dans des affiches de ses productions des noms illustres de la lyrique, des figures de proue attirées par les défis musicaux constants qui se révèlent être d’importantes occasions d’ascension professionnelle.

Le curriculum de Sara Caldwell est constellé de chiffres importants: en plus d’être la première femme à diriger l’orchestre du Metropolitan de New York, elle se produit - deuxième femme à le faire - à la direction de l’Orchestre philarmonique de New York et de nombreux autres orchestres symphoniques du monde; elle met en scène plus de 75 œuvres lyriques, differentes les unes des autres par leur répertoire et leur style de production, elle reçoit 35 doctorats honoris causa. Enfin, en 1996, pour couronner sa brillante carrière, le Président Bill Clinton lui décerne la prestigieuse Médaille Nationale des arts.

Sarah Caldwell reçoit la Médaille nationale des arts des mains du président Clinton et de la première dame Hillary, 1996

Sarah Caldwell se retire de l’activité en 2004, après être entrée à l’Université de l’Arkansas et avoir dirigé son programme d’opéra à partir de 1999. Elle meurt à Portland dans le Maine le 23 mars 2006.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

If you go to Boston and walk along the Boston Women's Heritage Trail, a walking route that takes you to the most famous places related to the city's women's history, you may come across, at the height of 539 Washington Street, the Boston Opera House and then Sarah Caldwell, who founded that institution in 1957.

Boston Opera House

She was a charismatic figure on the international opera scene, a true pioneer - not only because she was the first woman to conduct the orchestra of the New York Metropolitan Opera in 1976 with Giuseppe Verdi's La Traviata - but also because as a producer, impresario and director she was able to set a new course for the world of opera in the United States. Born in Maryville, Missouri on March 6, 1924, Sarah was a child prodigy, and at ten years old was able to perform in public with her violin. Her studies at the New England Conservatory of Music soon directed her toward a career as a musician, and after graduating in 1946, she became the principal assistant to maestro Boris Goldovsky. Her careers as a conductor, impresario and producer developed side by side and intertwined. Her first stage production was in 1947 when she staged Riders to the Sea by British composer Ralph Vaughan Williams. In 1952 she moved to Boston where she directed the Boston University opera laboratory and where, in 1957, she founded the Opera Company, an institution of great international prestige, by funding it with $5,000.

The Boston Opera House

Soon her name was associated both with the staging of operatic texts of the past, such as Giuseppe Verdi's Don Carlos, done, however, in variants deemed unusual and "daring," and with the production of contemporary works such as Luigi Nono's Intolerance or Arnold Schoenberg's Moses und Aron. She also tried her hand, demonstrating a strong personality and great autonomy of judgment, at stagings of compositions that were seldom performed because they were considered difficult and inaccessible to the general public. She confessed in interviews that she appreciated difficult challenges, that she wanted to try her hand at lesser-known pieces believing them to be wonderful musical expressions "that for some strange reason we haven't yet explored." The stagings proposed by impresario and producer Sarah Caldwell were both musically and visually accurate - she demanded that great emphasis be placed on the dramatic elements of the operas, while at the same time scrupulously and innovatively attempting to give audiences spectacular stage installations often accompanied by special visual effects. Her ability to range across scores and eras, offering innovative reinterpretations and complex language, enabled her to include in the billboards of her productions illustrious names in opera, prominent figures attracted by the continual musical challenges that proved to be important opportunities for professional ascent.

Sara Caldwell's résumé is studded with important numbers. In addition to being the first woman to conduct the New York Metropolitan Orchestra, she performed – the second woman to do so - as conductor of the New York Philharmonic Orchestra and with many other symphony orchestras around the world. She staged more than 75 operatic works, varying in repertoire and production style, and received 35 honorary degrees. Finally in 1996, to crown her brilliant career, she was awarded the prestigious National Medal of Arts by President Bill Clinton.

Sarah Caldwell receives the National Medal of Arts from President Clinton and First Lady Hillary, 1996

Sara Caldwell retired in 2004 after joining, in 1999, the University of Arkansas and directing its opera program. She died in Portland, Maine, on March 23, 2006.


Traduzione spagnola

Simone Addario

Si vais a Boston y camináis a lo largo del Boston Women’s Heritage Trail, un recorrido a pie que guía hacia el descubrimiento de los lugares más famosos conectados con la historia de las mujeres de la ciudad, a la altura del número 539 de Washington Street, podréis encontraros con la Boston Opera House y por lo tanto con Sarah Caldwell, que fundó esa institución en 1957

Ópera de Boston

Una imagen carismática la suya en el panorama internacional de la música lírica, una verdadera pionera no solo porque fue la primera mujer en dirigir, en 1976, la orquestra de la Metropolitan Opera de Nueva York –con la Traviata de Giuseppe Verdi–, sino también porque, como productora, empresaria y directora supo otorgar un nuevo curso al mundo de la lírica en los Estados Unidos. Nacida a Missouri, en Maryville, el 6 de marzo de 1924, Sarah fue una niña prodigio que ya a los 10 años era capaz de exhibirse en público con su violín. Los estudios en el Conservatorio de música de New England la dirigieron bastante temprano hacia la carrera de compositora y, después de haber conseguido el diploma en 1946, se convirtió en la principal ayudante del maestro Boris Goldovsky. Su carrera de directora de orquesta y la de empresaria y productora proceden en paralelo y están entrelazadas. Su primera producción teatral se remonta al 1947 cuando pone en escena Riders to the sea del compositor británico Ralph Vaughan Willians. En 1952 se muda a Boston donde dirige el laboratorio de ópera de la Universidad de Boston y donde, en 1957, crea, financiándola con 5000 euros, la Opera Company, una institución de gran prestigio internacional.

El teatro de la Ópera de Boston

Bastante temprano su nombre se asocia tanto a la escenificación de textos líricos del pasado –como el Don Carlos de Giuseppe Verdi–, propuestos en variaciones insólitas y atrevidas, como a la producción de obras contemporáneas –como Intolleranza de Luigi Nono o Moses und Aron de Arnold Schonberg. Se pone a prueba demostrando una fuerte personalidad y gran autonomía de juicio, también en montajes teatrales de composiciones poco representadas porque consideradas difíciles y poco accesibles a un público general. Ella misma en las entrevistas admite que aprecia los desafíos difíciles y que quiere enfrentarse a obras menos conocidas que considera expresiones musicales maravillosas que «por alguna extraña razón aún no hemos explorado». Las escenificaciones propuestas por la empresaria y productora Sarah Caldwell son precisas desde el punto de vista musical y también desde el punto de vista visivo: pretende que se asigne gran énfasis a los elementos dramáticos de las obras y, al mismo tiempo, intenta, con escrupulosidad y capacidad de innovación, ofrecerle al público instalaciones escénicas espectaculares acompañadas muchas veces de efectos visivos especiales. Esta capacidad suya de moverse entre partituras y épocas distintas, proponiendo lecturas innovativas y lenguajes difíciles, le permite insertar en la cartelera de sus producciones a nombres destacados de la lírica, figuras importantes atraídas por los continuos desafíos musicales que se convierten en importantes oportunidades de ascenso profesional.

El currículum de Sarah Caldwell está lleno de cifras importantes: además de ser la primera mujer en dirigir la orquestra del Metropolitan de Nueva york, se exhibe –es la segunda mujer que lo hace– en la dirección de la Orquesta Filarmónica de la misma ciudad y de muchísimas otras orquestras sinfónicas del mundo: pone en escena más de 75 óperas, diferentes entre ellas por repertorio y estilo de producción y recibe 35 licenciaturas Honoris causa. Para terminar, en 1996, como coronación de su excepcional carrera, recibió de manos del Presidente Bill Clinton la Medalla Nacional de las artes, prestigioso reconocimiento estadounidense.

Sarah Caldwell recibe la Medalla Nacional de las Artes de manos del presidente Clinton y la primera dama Hillary, 1996

Sarah Caldwell se retira de la actividad en 2004, después de haber pasado a formar parte de la Universidad de Arkansas y haber dirigido su programa operístico desde 1999. Muere en Portland en Maine el 23 de marzo de 2006.

 

Veronika Dudárova
Valeria Pilone




Martina Zinni

 

Ricordare Veroníka Dudárova tra le donne che si sono distinte nel campo della musica è un atto certamente coraggioso in tempo di guerra russo-ucraina. È stata una personalità importante, considerata come una delle migliori musiciste di Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Minsk e Novosibirsk. Dare spazio alla conoscenza della biografia di Veroníka Dudárova vuole essere anche un atto di libertà espressiva nello stordimento e smarrimento generale provocato dalle atrocità belliche subite dalla popolazione ucraina, che – tra l’altro – ha causato un’operazione di respingimento di artisti e artiste russe dai palchi e dagli eventi europei, operazione a cui abbiamo assistito dall’inizio del conflitto e che ci appare tanto sproporzionata quanto non pertinente alle logiche della guerra. Veroníka Dudárova ha avuto una brillante creatività artistica, si è esibita in molti tour in diversi paesi del mondo, sempre con grande successo (in rete si trovano ampie sezioni con video delle sue direzioni), ed è stata la prima donna russa a dirigere un’orchestra.

Era nata nel 1916 a Baku, in Azerbaigian, in una famiglia di nobili osseti (il gruppo etnico di maggioranza dell’Ossezia, regione storica a nord del Caucaso, al confine tra Georgia e Russia). Aveva iniziato a suonare il piano all’età di cinque anni presso l’Accademia di musica Hajibeyov di Baku e poi a Leningrado con Pavel Serebryakov, il famoso interprete di Rachmaninov. Nel 1947 si era diplomata al Conservatorio di Mosca ed era entrata a far parte dell’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca come direttrice junior, e solo dopo tredici anni ha potuto assumere il ruolo di direttrice principale. Al Conservatorio di Mosca aveva preso lezioni di direzione d’orchestra con Nikolai Anosov e studiato musicologia con Lev Ginzburg. Nel 1991, dopo la caduta del comunismo, ha fondato l’Orchestra Sinfonica della Russia, che ha diretto fino al 2003. È morta a Mosca il 15 gennaio 2009. Veroníka era una persona molto talentuosa, il suo stile nella direzione dell’orchestra era coreografico, i suoi movimenti espressivi, era in grado di ricreare un’atmosfera magica che rendeva brillanti le sue esecuzioni per bellezza estetica e armonia, come confermato da tanti critici musicali. Con tanto tenace studio era riuscita a esprimere tutti gli stili e le tendenze del panorama musicale, dalla musica classica a quella più moderna, durante l’arco di una longeva carriera. Aveva anche un’attenzione per giovani musicisti e musiciste, che faceva lavorare con lei impartendo autentiche lezioni di direzione orchestrale. Chi ha collaborato con lei ne riferisce come di una Maestra d’orchestra di talento innato e una persona creativa dalle spiccate doti umane, musicali e artistiche, oltre che molto generosa con colleghi e colleghe, che riusciva – a fatica ma instancabilmente – a portare fuori dall’Unione Sovietica in tournée.

«La gente dice che dirigere un’orchestra non è una professione femminile. Non è vero! Quando Veronika Dudárova era in piedi vicino al palco aveva una tale aura, un tale potere nei suoi gesti, nei suoi occhi, controllava assolutamente l’orchestra», ha affermato la musicologa russa Zhanna Dozortseva. Questa immagine rievoca alla mente le direzioni di una nostra grande Maestra d’orchestra, Gianna Fratta, la cui difesa della parità di genere in un mondo da sempre considerato appannaggio dei maschi, è tenace e risoluta come il suo talento. La Maestra Fratta, infatti, in un post su Facebook scriveva: «Ancora oggi, il 19 aprile 2023, esistono giornali (come un quotidiano siculo in un articolo dell’altro giorno) che parlano di me scrivendo Gianna Fratta, la moglie di Piero Pelù. No, ma dico, puoi definirmi direttrice d’orchestra, pianista, cavaliere della Repubblica, docente di composizione, Presidente della Camerata Musicale Barese, puoi parlare dei miei titoli di studio (6 lauree di secondo livello, ad esempio, tra cui una laurea in legge), puoi dire delle mie presenze nei cda di varie istituzioni culturali italiane, puoi dire dei miei primati come direttrice d’orchestra in tutto il mondo... e invece scrivi “la moglie di...”. La strada da fare è davvero tantissima!».

Come la maggior parte dei direttori d’orchestra sovietici, Dudárova sosteneva compositori russi tradizionali come Ciajkovskij, Miakovsky, Glazunov, Liadov e Khatchaturian. Tuttavia, non era contraria alla musica di Shostakovich, tra i più importanti compositori sovietici che non aveva avuto un rapporto sempre facile con il potere (nel 1983 ne eseguì la Decima Sinfonia e il Primo Concerto per pianoforte con l’Orchestra Sinfonica di Stato di Mosca e il pianista Alexander Slobodnyak). Nel 1987 è apparsa nel film documentario svedese, dal titolo eloquente, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titolo originale: Dirigenterna) sulle donne direttrici d’orchestra, diretto da Christina Olofson, in cui compaiono JoAnn Falletta e Victoria Bond dagli Stati Uniti, Kerstin Nerbe e Ortrud Mann dalla Svezia, Veroníka Dudárova e Camilla Kolchinsky dall’Urss, che condividono la passione per la musica e il coraggio di rompere gli stereotipi di un mondo prettamente maschile e di affrontare nuove sfide. Proprio Dudárova nel documentario afferma: «Solo i soldati poveri non vogliono essere generali», lei che nel 1977, in piena Guerra Fredda, era stata criticata dal Washington Post come eccessivamente melodrammatica («sembra essere una direttrice molto competente, anche se con un approccio estremamente rilassato alla musica il cui ingrediente essenziale è l’eccitazione drammatica»). Ha lavorato con passione fino alla fine. All’età di 85 anni ha diretto la Pathétique di Ciajkovskij nella Sala dei Concerti della Città Proibita di Pechino. Il novantesimo compleanno lo ha celebrato con un concerto a Mosca, in cui ha festeggiato dirigendo il Bolero di Ravel.

In occasione di quello che sarebbe stato il suo 101º compleanno, Google l’ha ricordata con un bellissimo Doodle che la raffigura mentre guida le lettere di Google – come un gruppo di musicisti – in un’esibizione appassionata e drammaticamente efficace. È iscritta nel Guinness dei primati come unica donna al mondo ad aver diretto grandi orchestre filarmoniche per oltre mezzo secolo e a lei è stato intitolato un asteroide della fascia principale, 9737 Dudárova, appartenente alla regione del sistema solare situata tra le orbite di Marte e di Giove. Di questo ne era stata felicissima: «Avere un pianeta che porta il tuo nome è il miglior onore che possa essere concesso a chiunque», aveva detto.

Tra le sue migliori esecuzioni si ricordano la Messa in si minore di Bach, lo Stabat Mater di Pergolesi, il Requiem di Verdi, John Damascene di Taneyev, il Requiem di Mozart, e ancora sinfonie di Beethoven, Brahms, Ciajkovskij, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, composizioni di Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Era, infatti, un’interprete sensibile di classici russi e sovietici, ma anche di partiture moderne d’avanguardia e musica barocca, opere del classicismo e del romanticismo europei. La storia di Veroníka Dudárova è un altro tassello nel cosmo delle generazioni di donne che non hanno avuto bisogno di sentirsi inferiori agli uomini in termini di bravura, talento, competenze, in nessun settore, mai.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Se souvenir de Veroníka Dudárova parmi les femmes qui se sont distinguées dans le domaine de la musique est certainement un acte courageux en temps de guerre russo-ukrainienne. Elle a été une personnalité importante, considérée comme l’une des meilleures musiciennes de Moscou, Saint-Pétersbourg, Kiev, Minsk et Novosibirsk. Faire connaître la biographie de Veroníka Dudárova est aussi un acte de liberté d’expression dans le vertige et la confusion générale provoqués par les atrocités de guerre subies par la population ukrainienne, qui - entre autres - ont conduit à une opération de rejet des artistes russes des scènes et des événements européens, opération à laquelle nous avons assisté dès le début du conflit et qui nous semble aussi disproportionnée qu’irrelevante aux logiques de la guerre. Veroníka Dudárova a eu une brillante créativité artistique, elle s’est produite dans de nombreuses tournées à travers le monde, toujours avec grand succès (on trouve sur internet de nombreuses vidéos de ses directions), et elle a été la première femme russe à diriger un orchestre.

Elle est née en 1916 à Bakou, en Azerbaïdjan, dans une famille de nobles ossètes (le groupe ethnique majoritaire en Ossétie, région historique au nord du Caucase, à la frontière entre la Géorgie et la Russie). Elle a commencé à jouer du piano à l'âge de cinq ans à l'Académie de musique Hajibeyov de Bakou, puis à Leningrad avec Pavel Serebryakov, l'interprète célèbre de Rachmaninov. En 1947, elle s’est diplômée du Conservatoire de Moscou et a rejoint l'Orchestre symphonique d'État de Moscou en tant que directrice junior, et ce n'est qu'après treize ans qu'elle a pu assumer le rôle de directrice principale. Au Conservatoire de Moscou, elle a pris des cours de direction d'orchestre avec Nikolaï Anosov et a étudié la musicologie avec Lev Ginzburg. En 1991, après la chute du communisme, elle a fondé l'Orchestre symphonique de Russie, qu'elle a dirigé jusqu'en 2003. Elle est décédée à Moscou le 15 janvier 2009. Veroníka était une personne très talentueuse, son style de direction d'orchestre était chorégraphique, ses mouvements expressifs, elle était capable de recréer une atmosphère magique qui rendait ses exécutions brillantes par leur beauté esthétique et leur harmonie, comme confirmé par de nombreux critiques musicaux. Par un travail acharné, elle a réussi à exprimer tous les styles et tendances du panorama musical, de la musique classique à la plus moderne, tout au long d'une longue carrière. Elle accordait aussi une attention particulière aux jeunes musiciens, qu'elle faisait travailler avec elle en leur donnant de véritables leçons de direction d'orchestre. Ceux qui ont collaboré avec elle la décrivent comme une Maestra d'orchestre de talent inné et une personne créative aux grandes qualités humaines, musicales et artistiques, en plus d'être très généreuse avec ses collègues, qu'elle parvenait – avec difficulté mais inlassablement – à emmener en tournée en dehors de l'Union soviétique.

«Les gens disent que diriger un orchestre n'est pas une profession féminine. Ce n'est pas vrai ! Quand Veronika Dudárova se tenait près de la scène, elle avait une telle aura, une telle puissance dans ses gestes, dans ses yeux, elle contrôlait absolument l’orchestre», a déclaré la musicologue russe Zhanna Dozortseva. Cette image me rappelle la direction d'un de nos grands professeurs d'orchestre, Gianna Fratta, dont la défense de l'égalité des sexes dans un monde qui a toujours été considéré comme l'apanage des hommes, est aussi tenace et résolue que son talent. En effet, Maestra Fratta a écrit dans un post Facebook : «Aujourd'hui encore, 19 avril 2023, il y a des journaux (comme un quotidien sicilien dans un article l'autre jour) qui parlent de moi en écrivant Gianna Fratta, la femme de Piero Pelù. Non, mais je dis que vous pouvez m'appeler chef d'orchestre, pianiste, chevalier de la République, professeur de composition, président de la Camerata Musicale Barese, vous pouvez parler de mes qualifications (6 licences, par exemple, dont une en droit), vous pouvez parler de mes présences dans les conseils d'administration de diverses institutions culturelles italiennes, vous pouvez parler de mes records en tant que cheffe d'orchestre dans le monde entier... et au lieu de cela vous écrivez "l'épouse de...". Le chemin à parcourir est encore très long !».

Comme la plupart des chefs d'orchestre soviétiques, Dudárova soutenait les compositeurs russes traditionnels tels que Tchaïkovski, Maïakovski, Glazounov, Liadov et Khatchatourian. Cependant, elle n'était pas opposée à la musique de Chostakovitch, l'un des compositeurs soviétiques les plus importants qui n'avait pas toujours eu une relation facile avec le pouvoir (en 1983, elle a interprété sa Dixième Symphonie et son Premier Concerto pour piano avec l'Orchestre symphonique d'État de Moscou et le pianiste Alexander Slobodnyak). En 1987, elle est apparue dans le film documentaire suédois, au titre éloquent, A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (titre original: Dirigenterna) sur les femmes cheffes d'orchestre, réalisé par Christina Olofson, dans lequel apparaissent JoAnn Falletta et Victoria Bond des États-Unis, Kerstin Nerbe et Ortrud Mann de Suède, Veroníka Dudárova et Camilla Kolchinsky de l'URSS, qui partagent la passion pour la musique et le courage de briser les stéréotypes d'un monde purement masculin et de faire face à de nouveaux défis. Dudárova elle-même affirme dans le documentaire : «Seuls les soldats pauvres ne veulent pas être généraux», elle qui en 1977, en pleine Guerre froide, a été critiquée par le Washington Post comme étant excessivement mélodramatique («elle semble être une directrice très compétente, même si avec une approche extrêmement détendue de la musique dont l'ingrédient essentiel est l'excitation dramatique»). Elle a travaillé avec passion jusqu'à la fin. À l'âge de 85 ans, elle a dirigé la Pathétique de Tchaïkovski dans la Salle des Concerts de la Cité Interdite à Pékin. Elle a célébré son quatre-vingt-dixième anniversaire avec un concert à Moscou, où elle a fêté en dirigeant le Boléro de Ravel.

À l'occasion de ce qui aurait été son 101e anniversaire, Google lui a rendu hommage avec un magnifique Doodle la représentant en train de diriger les lettres de Google – comme un groupe de musiciens – dans une performance passionnée et dramatiquement efficace. Elle est inscrite dans le Livre Guinness des records comme la seule femme au monde à avoir dirigé de grands orchestres philharmoniques pendant plus d'un demi-siècle et un astéroïde de la ceinture principale, 9737 Dudárova, appartenant à la région du système solaire située entre les orbites de Mars et de Jupiter, porte son nom. Elle en était très heureuse : «Avoir une planète qui porte votre nom est le plus grand honneur que l'on puisse accorder à quiconque», avait-elle déclaré.

Parmi ses meilleures interprétations, on se souvient de la Messe en si mineur de Bach, du Stabat Mater de Pergolesi, du Requiem de Verdi, de John Damascene de Taneïev, du Requiem de Mozart, ainsi que des symphonies de Beethoven, Brahms, Tchaïkovski, Rachmaninov, Chostakovitch, Maïakovski, des compositions de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Elle était, en effet, une interprète sensible des classiques russes et soviétiques, mais aussi des partitions modernes d'avant-garde et de musique baroque, des œuvres du classicisme et du romantisme européens. L'histoire de Veroníka Dudárova est un autre maillon dans le cosmos des générations de femmes qui n'ont pas eu besoin de se sentir inférieures aux hommes en termes de compétence, de talent et de compétence, dans aucun domaine, jamais.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Remembering Veroníka Dudárova among women who have distinguished themselves in the field of music is certainly a bold act in times of the Russian-Ukrainian war. She was an important personality, regarded as one of the best musicians in Moscow, St. Petersburg, Kiev, Minsk and Novosibirsk. Giving space to acknowledge Veroníka Dudárova's life is also an act of freedom of expression in the general pain and bewilderment caused by the war atrocities suffered by the Ukrainian population, which - among other things - caused a withdrawal of Russian artists from European stages and events, a phenomena we have witnessed since the beginning of the conflict and which appears to us as disproportionate, as it is not pertinent to the logic of war. Veroníka Dudárova had brilliant artistic creativity, she performed on many tours in different countries of the world, always with great success (there is an ample selection of videos of her conducting on the net), and she was the first Russian woman to conduct an orchestra.

She was born in 1916 in Baku, Azerbaijan, into a family of noble Ossetians (the majority ethnic group of Ossetia, a historical region north of the Caucasus, on the border between Georgia and Russia). She started playing the piano at the age of five at the Hajibeyov Academy of Music in Baku and then in Leningrad with Pavel Serebryakov, the famous interpreter of Rachmaninov. In 1947 she graduated from the Moscow Conservatory and joined the Moscow State Symphony Orchestra as a junior conductor, and only after thirteen years was she able to assume the role of principal conductor. At the Moscow Conservatory she had taken conducting lessons with Nikolai Anosov and studied musicology with Lev Ginzburg. In 1991, after the fall of communism, she founded the Symphony Orchestra of Russia, which she conducted until 2003. She died in Moscow on January 15, 2009. Veroníka was a very talented person. Her style in conducting the orchestra was choreographic, and with her expressive movements, she was able to recreate a magical atmosphere that made her performances brilliant for aesthetic beauty and harmony, as confirmed by many music critics. With much tenacious study she had managed to express all the styles and trends of the musical panorama, from classical to more modern music, during the span of a long career. She also had an eye for young musicians, male and female, who she had work with her by giving critical lessons in orchestral conducting. Those who collaborated with her refer to her as an orchestra teacher of innate talent and a creative person with marked human, musical and artistic talents, as well as being very generous with male and female colleagues, and who managed - with difficulty, but tirelessly - to bring them out from the Soviet Union on tour.

“People say conducting an orchestra is not a female profession. It is not true! When Veronika Dudárova was standing near the stage she had such an aura, such a power in her gestures, in her eyes, she absolutely controlled the orchestra,” said Russian musicologist Zhanna Dozortseva. This image brings to mind the direction of one of our great orchestra teachers, Gianna Fratta, whose defense of gender equality in a world that has always been considered the prerogative of males, is as tenacious and resolute as her talent. Maestra Fratta wrote in a post on Facebook: “Even today, on April 19, 2023, there are newspapers (like a Sicilian newspaper in an article from the other day) that talk about me by writing ‘Gianna Fratta, the wife of Piero Pelù.’ No, but I mean, can you define me as conductor, pianist, Knight of the Republic, teacher of composition, President of the Camerata Musicale Barese, can you talk about my educational qualifications (6 second level degrees, for example, including a degree in law), you can tell about my presence on the board of directors of various Italian cultural institutions, you can tell about my records as conductor of an orchestra all over the world... and instead they write ‘the wife of...’. There is really a long way to go!”.

Like most Soviet conductors, Dudárova championed traditional Russian composers such as Tchaikovsky, Myakovsky, Glazunov, Liadov and Khatchaturian. However, she was not against the music of Shostakovich, one of the most important Soviet composers who had not always had an easy relationship with power (in 1983 she performed his Tenth Symphony and First Piano Concerto with the Moscow State Symphony Orchestra and pianist Alexander Slobodnyak). In 1987 she appeared in the eloquently titled Swedish documentary film A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (original title: Dirigenterna) about women conductors, directed by Christina Olofson, featuring JoAnn Falletta and Victoria Bond from the U.S., Kerstin Nerbe and Ortrud Mann from Sweden, and Veroníka Dudárova and Camilla Kolchinsky from the USSR, who share a passion for music and the courage to break the stereotypes of a purely male world and take on new challenges. Dudárova herself says in the documentary, "Only poor soldiers don't want to be generals," she who in 1977, at the height of the Cold War, had been criticized by the Washington Post as overly melodramatic ("she seems to be a very competent conductor, though with an extremely relaxed approach to music whose essential ingredient is dramatic excitement"). She worked passionately until the end. At age 85, she conducted Tchaikovsky's Pathétique in the Forbidden City Concert Hall in Beijing. She celebrated her 90th birthday with a concert in Moscow, where she celebrated by conducting Ravel's Bolero.

On the occasion of what would have been her 101st birthday, Google remembered her with a beautiful Doodle depicting her leading the Google letters - as a group of musicians - in a passionate and dramatically effective performance. She is inscribed in the Guinness Book of Records as the only woman in the world to have conducted large philharmonic orchestras for more than half a century, and an asteroid in the main belt, belonging to the region of the solar system located between the orbits of Mars and Jupiter, 9737 Dudárova, was named after her. Of this she had been overjoyed: "To have a planet named after you is the best honor that can be bestowed on anyone," she had said.

Among her best performances were Bach's Mass in B minor, Pergolesi's Stabat Mater, Verdi's Requiem, Taneyev's John Damascene, Mozart's Requiem, and symphonies by Beethoven, Brahms, Tchaikovsky, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky, compositions by Strauss, Debussy, Ravel, and Gershwin. She was, in fact, a sensitive interpreter of Russian and Soviet classics, but also of modern avant-garde scores and baroque music, works of European classicism and romanticism. Veroníka Dudárova's story is another piece in the cosmos of generations of women who did not need to feel inferior to men in terms of prowess, talent, skills, in any field, ever.


Traduzione spagnola

Aurora Di Stefano

Recordar a Veroníka Dudárova entre las mujeres que se distinguieron en el campo de la música es un acto ciertamente valiente en tiempos de guerra ruso-ucraniana. Fue una personalidad importante, considerada como una de las mejores músicas de Moscú, San Petersburgo, Kiev, Minsk y Novosibirsk. Dar espacio al conocimiento de la biografía de Veroníka Dudárova quiere ser también un acto de libertad de expresión en el aturdimiento y extravío general provocados por las atrocidades bélicas sufridas por la población ucraniana, que –entre otras cosas– ha causado una operación de rechazo de artistas rusos y rusas en los escenarios y en los eventos europeos, operación a la que hemos asistido desde el comienzo del conflicto y que nos parece tan desproporcionada como no pertinente a las lógicas de la guerra. Veroníka Dudárova tuvo una brillante creatividad artística, actuó en muchas giras en diferentes países del mundo, siempre con gran éxito (en línea se encuentran amplias secciones con vídeos de sus direcciones), y fue la primera mujer rusa en dirigir una orquesta.

Había nacido en 1916 en Bakú, en Azerbaiyán, en una familia de nobles osetios (el grupo étnico mayoritario de Osetia, una región histórica en el norte del Cáucaso, en la frontera entre Georgia y Rusia). Empezó a tocar el piano a los cinco años en la Academia de Música de Bakú y después en Leningrado con Pavel Serebryakov, el famoso intérprete de Rajmáninov. En 1947 se graduó en el Conservatorio de Moscú y se unió a la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú como directora júnior, cuyo cargo de directora principal solo pudo asumir después de trece años. Tomó clases de directora de orquesta en el conservatorio de Moscú con Nikolai Anosov y estudió musicología con Lev Ginzburg. En 1991, tras la caída del comunismo, fundó la Orquesta Sinfónica de Rusia, que dirigió hasta 2003. Murió en Moscú el 15 de enero de 2009. Veroníka era una persona talentosa, su estilo en la dirección de la orquesta era coreográfico, sus movimientos expresivos, lograba recrear una atmósfera mágica que hacía brillar sus ejecuciones por su belleza estética y su armonía, como han confirmado numerosos críticos musicales. Gracias a su tenacidad en el estudio, durante su larga carrera consiguió expresar todos los estilos y las tendencias del panorama musical, desde la música clásica hasta la más moderna. También dedicaba una atención especial hacia jóvenes músicos y músicas, a quienes hacía trabajar con ella impartiendo auténticas clases de dirección de orquesta. Quien ha colaborado con ella habla de una Maestra de orquesta con un talento innato y de una persona creativa con grandes dotes humanas, musicales y artísticas, además de ser muy generosa con sus compañeros y compañeras, que lograba –con dificultades pero incansablemente– llevar de gira fuera de la Unión Soviética.

Como sostuvo la musicóloga rusa Zhanna Dozortseva «La gente dice que dirigir una orquesta no es una profesión femenina. No es cierto! Cuando Veroníka Dudárova estaba de pie en el escenario tenía un aura, un poder en sus gestos, en sus ojos, controlaba la orquesta por completo». Esta imagen nos recuerda las direcciones de una gran Maestra de orquesta italiana, Gianna Fratta, cuya defensa de la equidad de género –en un mundo desde siempre en manos de los varones– es tenaz y decidida como su talento. En efecto, la Maestra Fratta, escribía hace poco más de un año en un post de Facebook: «Aún hoy, el 19 de abril de 2023, hay periódicos (como uno siciliano en un artículo del otro día) que habla de mí escribiendo “Gianna Fratta, la mujer de Piero Pelù”. Digo yo, me puedes definir directora de orquesta, pianista, cavaliere de la República italiana, docente de composición, Presidente de la Camerata Musicale Barese, puedes hablar de mis títulos de estudio (6 licenciaturas , entre ellas una en Derecho), puedes hablar de mi presencia en la junta directiva de varias asociaciones culturales italianas, puedes hablar de mis logoros como directora de orquesta en todo el mundo… y en cambio escribes “la esposa de…”. ¡Realmente aún queda mucho camino por hacer!».

Como la mayoría de directores de orquesta rusos, Dudárova sotenía a los compositores rusos tradicionales como Chaikovski, Miakovsky, Glazunov, Liadov y Khatchaturian. Sin embargo, no tenía nada en contra de la música de Shostakovich, uno entre los mayores compositores soviéticos que no siempre había tenido una relación fácil con el poder (en 1983 dirigió su Décima sinfonía y el Primer Concierto para piano con la Orquesta Sinfónica Estatal de Moscú y con el pianista Alexander Slobodnyak). En 1987 apareció en el documental sueco A Woman Is a Risky Bet: Six Orchestra Conductors (título original: Dirigenterna), cuyo título es elocuente: trata de las mujeres directoras de orquesta. Dirigido por Christina Olofson, aparecen JoAnn Falletta y Victoria Bond de Estados Unidos, Kerstin Nerbe y Ortrud Mann de Suecia, Veroníka Dudárova y Camilla Kolchinsky de la Urss, que comparten la pasión por la música y la audacia de romper los estereotipos de un mundo preponderantemente masculino y de afrontar nuevos desafíos. Precisamente en el documental Dudárova afirma que: «Solamente los soldados pobres no quieren ser generales», ella que en 1977, en plena Guerra Fría, fue criticada por el Washington Post como excesivamente melodramática («Parece una directora competente, aunque con un acercamiento a la música extremadamente relajado cuyo ingrediente esencial es la excitación dramática»). Trabajó con pasión hasta el final: con 85 años dirigió la Pathétique di Chaikovski en la Sala de Conciertos de la Ciudad Prohibida de Pequín y celebró los noventa años con un concierto en Moscú dirigiendo el Bolero de Ravel.

En ocasión de su 101 cumpleaños virtual, Google la recordó con un bellísimo Doodle en el que dirige las letras de Google –como un grupo de músicos– en una exhibición apasionada y dramáticamente eficaz. Aparece en el Libro Guiness de los Récords como única mujer en el mundo que ha dirigido grandes orquestas filarmónicas durante más de medio siglo; el asteroide 9737 del cinturón principal, perteneciente a la región del sistema solar, situado entre las órbitas de Marte y de Júpiter, lleva su nombre: asteroide 9737 Dudárova. Estuvo muy contenta de ello: «Que haya un planeta que lleva tu propio nombre es el mejor honor que se le puede conceder a alguien» dijo.

Entre sus mejores ejecuciones, recordamos la Misa en sí menor de Bach, el Stabat Mater de Pergolesi, el Requiem de Verdi, John Damascene de Taneyev, el Requiem de Mozart; sinfonias de Beethoven, Brahms, Chaikovski, Rachmaninov, Shostakovich, Myaskovsky; composiciones de Strauss, Debussy, Ravel, Gershwin. Efectivamente, era una intérprete sensible de los clásicos rusos y soviéticos, pero también de partituras modernas de vanguardia y de música barroca, obras del clacisismo y del romanticismo europeos. La historia de Veroníka Dudárova es otra tesela en el cosmos de las generaciones de mujeres que no han necesitado sentirse inferiores a los hombres en términos de capacidades, talento, competencias, en ningún sector, jamás.

 

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