DONNE DI PENNA E PENSIERO SULLE STRADE DEL MONDO 

La mostra intende testimoniare la dimensione storica del pensiero e della scrittura femminile, dell’emancipazione della donna, del suo coraggio e della sua intelligenza. E racconta la chiarezza e, nel contempo, la complessità dei linguaggi da loro usati, il loro impegno civico, la loro sensibilità. Lo sguardo di donna testimonia un modo differente di abitare e raccontare il mondo, uno sguardo non neutrale, sganciato dai canoni dello sguardo maschile, desideroso di superare il varco che la cultura di una sola parte dell’umanità ha voluto imporre.

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L’UNIVERSO FEMMINILE TRA STORIA E POLITICA 

Il nostro passato, così come il presente, è ricco di donne che hanno contribuito a scrivere pagine importanti della storia dell’umanità, offrendo il loro genio per il progresso sociale, partecipando attivamente alla vita politica, lanciandosi in imprese rivoluzionarie. Questa mostra vuole rendere omaggio alle tante donne, spesso sconosciute, che hanno lasciato il segno, sia in Italia che nel mondo, contribuendo a cambiare il corso degli eventi: protagoniste indiscusse, accanto a figure rimaste nell’ombra, oscurate dalla presenza ingombrante di notevoli compagni. Donne forti, coraggiose, che attraverso le loro azioni hanno influenzato le sorti di nazioni e popoli, donne sicure di sé, che hanno affrontato pericoli e talvolta la morte, pur di difendere i loro ideali, improntati sempre ai valori della solidarietà, della tolleranza, dell’impegno civico.

                   STORICHE

DONNE E ARTI 

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Questa mostra va a contrastare un’immagine della donna non rispondente alla realtà, solitamente confinata allo stereotipo che la lega al mondo domestico o al ruolo seduttivo. Vuole invece diffondere una rassegna della ricchezza di risorse che le donne hanno apportato in tutti i settori dell’arte con la loro creatività. I valori, le immagini, le sensazioni che le donne hanno prodotto e producono attraverso l’arte non sono ancora oggi abbastanza conosciuti. E’ necessario, dunque, favorire la diffusione dell’arte delle donne, promuovendone la visibilità; sia per offrire alle nuove generazioni modelli reali in cui riflettersi, per rafforzare la stima di sé e del proprio genere, sia per dare vita a un nuovo immaginario femminile, che ci faccia comprendere la particolare visione del mondo offerta dagli occhi delle donne.

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Le donne stanno pagando le conseguenze della pandemia ricevendo nuovi carichi di lavoro familiare che si sommano a quelli lavorativi e, come avviene in ogni periodo di crisi economica, saranno soprattutto loro a perdere il lavoro. Ricordarne la costante presenza aiuterà ad alimentarne l’autostima e la forza, necessarie a credere ancora e a voler rinfittire le maglie di una rete sociale che appare a volte slabbrata.

Rendere evidente il contributo femminile, ogni giorno dell’anno, in ogni contesto, a partire dalle giovani generazioni, argina e riduce stereotipi di genere, pregiudizi e comportamenti sociali discriminatori; combatte le dinamiche di segregazione di genere nell'istruzione, nella formazione e, di conseguenza, nel mercato del lavoro; sviluppa il rispetto di ragazzi e uomini verso un sesso non più debole e l’autostima nelle ragazze; favorisce l’ampliamento di prospettive per le giovani, la ricerca di competenze e occupazioni altamente qualificate, la determinazione nel voler raggiungere posizioni dirigenziali, il coraggio di affrontare esperienze imprenditoriali e la promozione delle parità di genere nei processi decisionali.

        

 

Il calendario, edito da Matilda editrice e già presentato alle istituzioni europee, è trilingue: italiano, francese, inglese.

Calendaria 2021 nasce da un'idea dell'associazione Toponomastica femminile . Il progetto editoriale è di Maria Pia Ercolini, Donatella Caione, Gabriella Valentini. Il progetto grafico è di Livia Fabiani. Lo spunto progettuale è stato condiviso con entusiasmo da Matilda Editrice.

L'associazione Tf ha radunato (online, perché abbiamo lavorato durante il lockdown caricando ulteriormente così il progetto di valore simbolico) una squadra di 12 illustratrici (Valentina Bartolotta, Giulia Capponi, Maddalena Chelini, Rosalina Collu, Silvia Dell’Orco, Monica Fabbri, Viola Gesmundo, Giada Ionà, Eleonora Nascimbeni, Katarzyna Serkowska, Giulia Tassi, Martina Zinni) , cui si aggiungono le redattrici delle mini biografie, le traduttrici e le curatrici dei racconti biografici su tutte le 60 donne, che verranno pubblicati in italiano sulla testata giornalistica on-line Vitamine vaganti nelle settimane del 2021 a loro dedicate.

Ecco i loro nomi: Antonella Algeri, Marina Antonelli, Barbara Appiano, Moira Azzopardi, Danila Baldo, Sara Balzerano, Patricia e Michel Bedu, Barbara Belotti, Laura Bertolotti, Elena Branca, Eleonora Camilli, Loretta Campagna, Francesca Campanelli, Laura Candiani, Irene Cardani, Nadia Cario, Stefania Carletti, Stefania Cavagnoli, Giovanna Ceccarelli, Rosa Maria Clemente, Laura Coci, Martina Colombi, Monica Crisci, Gabriella de Filippis, Eleonora Dragoni, Silvia Enzi, Daniela Fusari, Artur Gałkowski, Milena Gammaitoni, Laura Gelati, Ioana Niculina Ghilvaciu, Loretta Junck, Valla Kalfa, Katerina Kapernarakou, Maria Lucia Lalatta, Ina Macina, Alexandra Makowska-Ferenc, Paola Malacarne, Virginia Mariani, Sara Marsico, Emilia Martorana, Kay McCarthy, Adriana Migliucci, Sara Molinari, Luisa Nattero, Giovanna Nastasi, Yana Nekula, Alessandra Paci, Cristina Pagetti, Antonella Palermo, Valeria Pilone, Graziella Priulla, Ester Rizzo, Madli Rohtla, Giusi Sammartino, Angela Scozzafava, Claudia Speziali, Paola Spinelli, Antonella Traverso, Daniela Troni, Elisabetta Uboldi, Derya Ulubatli, Nadia Verdile, Alice Vergnaghi, Ester Vitale, Momo Zucca, Anne Marie Østergaard.

Calendaria 2021 - Presentazione
Calendaria 2021 - Anna Siemens
Calendaria 2021 - Eliane Vogel-Polsky
Calendaria 2021 - Louise Weiss
Calendaria 2021 - Fausta Deshormes La Valle
Calendaria 2021 - Charley Toorop
Calendaria 2021 - Lily Unden
Calendaria 2021- Lydia Mei
Calendaria 2021 - Slava Raskai
Calendaria 2021 - Astrid Lindgren
Calendaria 2021 - Lili Novy

Calendaria 2021 - Margita Figuli
Calendaria 2021 - Mary Meilak
Calendaria 2021 - Sophia De Mello B. Andersen
Calendaria 2021 - Elena Lagadinova
Calendaria 2021 - Inge Lehmann
Calendaria 2021 - Lise Meitner
Calendaria 2021 - Ľudmila Pajdušáková
Calendaria 2021 - Rózsa Péter
Calendaria 2021 - Alyne Mayrisch de Saint Hubert
Calendaria 2021 - Cristina di Svezia
Calendaria 2021 - Clara Campoamor
Calendaria 2021 - Eleonora d'Arborea
Calendaria 2021 - Olympe de Gouges
Calendaria 2021 - Kaiti Paparriga Kostavara
Calendaria 2021 - Irena Sendler
Calendaria 2021 - Mary Grant Rosetti
Calendaria 2021 - Melina Mercouri
Calendaria 2021 - Milada Horakova
Calendaria 2021 - Miina Sillanpää
Calendaria 2021 - Amália Rodrigues
Calendaria 2021 - Magdalena-Anca Manole
Calendaria 2021 - Grażyna Bacewicz
Calendaria 2021 - Kamran Aziz
Calendaria 2021 - Clara Josephine Wieck Schumann
Calendaria 2021 - Carmen de Burgos
Calendaria 2021 - Lilli Suburg
Calendaria 2021 - Milena Jesenskà
Calendaria 2021 - Marija Jurić Zagorka
Calendaria 2021 - Emilija Benjamina
Calendaria 2021 - Daphne Caruana Galizia
Calendaria 2021 - Beatrix de Rijk
Calendaria 2021 - Hélène Dutrieu
Calendaria 2021 - Ida Laura Pfeiffer
Calendaria 2021 - Margaret Ann Bulkley
Calendaria 2021 - Marija Gimbutas
Calendaria 2021 - Aspazija
Calendaria 2021 - Karen Blixen
Calendaria 2021 - Magda Szabó
Calendaria 2021 - Minna Canth
Calendaria 2021 - Žemaitė
Calendaria 2021 - Michaelina Wautier
Calendaria 2021 - Ivana Kobilca
Calendaria 2021 - Loukia Nicolaidou
Calendaria 2021 - Mary Swanzy
Calendaria 2021 - Elizaveta Konsulova Vazova
Calendaria 2021 - Ada Rossi
Calendaria 2021 - Ursula Hirschmann
Calendaria 2021 - Marga Klompé
Calendaria 2021 - Simone Jacob Veil
Calendaria 2021 - Marcelle Lentz Cornette

 

Wikimedia Italia - Toponomastica femminile

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 Nell'enciclopedia online Wikipedia mancano molte voci legate alla cultura femminile e basso è anche il numero di donne che vi scrivono. La collaborazione tra Toponomastica femminile e Wikimedia Italia ha proprio l'obiettivo di ridurre il Gender Gap presente, incrementando la quantità e qualità di voci su donne e tematiche femminili, attraverso una formazione di base frontale e a distanza per associate e associati. Si prevedono pertanto incontri di scrittura collettiva di voci in cui chi partecipa sarà guidata alla compilazione di nuove voci, alla traduzione di voci esistenti in altre lingue, all’ampliamento di biografie, all’inserimento di immagini.

 
 CONVENZIONE TRA

Toponomastica femminile, e WIKIMEDIA Italia

 Le foto delle targhe toponomastiche sono caricare in Wikimedia Commons con la seguente liberatoria

 

 

Arriva Calendaria 2021

Donatella Caione

Durante il pranzo di Natale io, mia madre e mia figlia eravamo alle prese con una delle nostre chiacchierate che spaziano tra libri, film, teatro, musica arricchite da una parte dai ricordi e dalla conoscenza di mia madre, persona curiosa oltre che colta, e dall'altra dall'avidità di sapere di mia figlia e dalle sue esperienze, diverse da quelle della nonna, accresciutesi attraverso viaggi, studio all'estero, relazioni amicali con persone di tutto il mondo. Non so come, siamo finite a parlare della lingua portoghese, e poi del Fado e della più grande interprete di questa bella e melanconica musica, Amalia Rodrigues ed è stato un piacere enorme per me poter dire che anche lei c'è su Calendaria. E ci siamo alzate per andare a sfogliare il calendario che la mia mamma ha già appeso al muro. Amalia è lì, a luglio, condivide la pagina con altre quattro musiciste di nazionalità rumena, cipriota, polacca e tedesca. E chissà quante altre musiciste e interpreti ci sarebbero state da raccontare, tra le donne europee! Per realizzare Calendaria abbiamo dovuto sceglierne 60 (una per ogni settimana del 2021 più altre per le settimane spezzate) e la cosa più difficile è stata proprio questa: dover selezionare, fra le tante donne che ci sono venute in mente o che ci sono state segnalate dal gruppo di lavoro. Alcune, fra le europeiste, artiste, scienziate, scrittrici, politiche, sportive, giornaliste, partigiane sono più note e come tali meritano di essere raccontate, altre meno note sicuramente hanno diritto di essere finalmente conosciute.

Calendaria 2021 è nata durante il lockdown, dal desiderio di fare qualcosa di concreto per riempire quelle settimane lente e vuote. Ma qualcosa di speciale, qualcosa che desse il senso del ruolo che l'Europa si preparava a svolgere per affrontare la pandemia ma soprattutto il ruolo che le donne europee stavano svolgendo non solo nel mondo del lavoro, dalle corsie d'ospedale a quelle dei supermercati, ma anche nelle case dove erano impegnate come lavoratrici a distanza e allo stesso tempo come mamme a tempo pieno per gestire bimbi e bimbe alle prese con la didattica a distanza e con sempre maggiore difficoltà a occuparsi delle persone anziane di famiglia. Mai come in quei mesi, ma anche in questi ultimi che stiamo vivendo, è stato evidente il sommarsi degli impegni lavorativi delle donne. Abbiamo voluto quindi omaggiare la loro resilienza che consiste nella loro capacità di esserci e di farsi carico del quotidiano, specie quando il quotidiano diventa più difficile, anche se purtroppo assenti nelle varie task force. Resilienza è anche questo, affrontare le difficoltà in silenzio, spesso senza ruoli ufficiali, ma con fiducia e caparbietà.

Però, pur riconoscendo la straordinaria importanza del ruolo silenzioso delle donne, vorremmo anche che qualcosa cambi. Per farlo, per far sì che il ruolo delle donne non sia solo quello di lavorare nell'ombra, riteniamo che sia importantissimo dare visibilità alle donne del passato di cui si parla poco. Per mostrare che le donne che hanno fatto cose importanti ci sono sempre state, anche quando incontravano difficoltà ancora maggiori a svolgere ruoli importanti. Ci piace pensare a una staffetta, in cui le donne del passato passano il testimone alle giovani, per dare loro forza, entusiasmo, fiducia.

Ed è quindi una grande gioia che con l'arrivo del nuovo anno in tante case, uffici, biblioteche, studi e speriamo presto, con la loro riapertura, anche in tante scuole, arriverà dunque Calendaria 2021, il calendario delle donne europee ideato dall'associazione Toponomastica femminile e pubblicato da Matilda Editrice. In tanti luoghi si potrà replicare quello che è successo l'altro giorno nella mia famiglia.

Associazioni, enti, scuole e università, e tante/i sostenitrici e sostenitori di Toponomastica femminile, hanno supportato il progetto permettendo di affrontarne i costi per la realizzazione. Finalmente moltissime copie di Calendaria hanno raggiunto le destinazioni ma il lavoro non finisce qui perché altre collaboratrici stanno scrivendo articoli biografici sulle 60 donne europee e altrettante traduttrici stanno traducendo le biografie in francese e inglese e, ove possibile, in una terza lingua. Questi articoli biografici saranno pubblicati per tutto il 2021 sulla rivista online vitaminevaganti.com, uno ogni settimana, per permettere di conoscere meglio la donna cui, su Calendaria, quella settimana è dedicata. Inoltre le narrazioni, tradotte in due o più lingue, verranno pubblicate sul sito www.toponomasticafemminile.com, dove un banner in homepage porterà lettrici e lettori alla settimana in corso e alla donna che la rappresenta.

Dunque ogni settimana, soprattutto nelle classi, si potrà fare un approfondimento sulla donna della settimana, leggere l'articolo a lei dedicato in italiano, o magari continuare ad approfondire la sua vita, la sua storia, le sue opere in una lingua straniera, così da coinvolgere in un percorso interdisciplinare più docenti del consiglio di classe.

Il mese di gennaio è dedicato alle europeiste, ritratte da Martina Zinni: Anna Siemsen, Eliane Vogel-Polsky, Luise Weiss e Fausta Deshormes La Valle. Sono loro le donne che impareremo a conoscere nelle prossime quattro settimane. E poi tante altre, tutto l'anno.

Il successo che Calendaria sta avendo ci fa già guardare al 2022. Quali donne ci saranno? Quale sarà il criterio di scelta? Noi ci stiamo già lavorando e chi ha voglia di far parte delle squadra di lavoro può già contattare l'associazione Toponomastica femminile.

Anna Siemsen

Claudia Speziali

Grafica di Martina Zinni

Anna Siemsen è un’antesignana dell’europeismo: comincia a parlare e a scrivere di scuole comuni, moneta comune e mercato comune più di cento anni fa, nel mezzo della sanguinosa Grande guerra che divide l’Europa e provoca milioni di morti. Figura chiave del movimento socialista per gli Stati uniti d’Europa già nella Germania di Weimar, è una delle madri dell’Europa, per molto tempo trascurate dagli studi storici, rese quasi invisibili anche perché istituzionalmente sottorappresentate e ora doverosamente “riscoperte”. Il suo progetto europeo poggia su tre elementi fondamentali: l’unità economica, ispirata a principi socialisti, l’unità politica in una federazione di repubbliche democratiche – che implica l’esistenza di un diritto sovranazionale e di tribunali idonei a risolvere le controversie tra gli Stati, un diritto civile comune e la garanzia della libertà di circolazione, non solo delle merci ma anche e soprattutto di lavoratori e lavoratrici – e il rispetto della diversità culturale.

La Grande guerra rappresenta per Anna un momento cruciale. I suoi tre fratelli maschi partiti volontari vivono esperienze traumatiche che li trasformano in convinti antimilitaristi e lei abbraccia il pacifismo, filo conduttore della sua vita e della sua attività di pedagogista, femminista, europeista e socialista. Nata il 18 gennaio 1882 a Mark, un paesino della Vestfalia, Anna Siemsen è la seconda dei cinque figli di un pastore protestante. Di costituzione delicata, ama la lettura e lo studio; dopo la scuola e la formazione da insegnante, conclusasi a Münster nel 1901, impartisce lezioni private. È tra le prime donne in Germania a frequentare corsi universitari – a Monaco, Münster e Bonn – a laurearsi e a conseguire il dottorato, approfondendo la pedagogia, la germanistica e la filosofia. Superato l’esame di Stato per l’insegnamento nel 1909, lavora come docente liceale nelle città di Detmold, Brema e Düsseldorf. Nel 1917, proprio in quest’ultima città Anna inizia la sua militanza pacifista e aderisce all’antimilitarista Partito socialdemocratico indipendente (Uspd). Dopo la fine della guerra abbandona la religione protestante e si avvicina a gruppi espressionisti, oltre a far parte di diverse associazioni pacifiste e femministe, nazionali e internazionali. Dal 1920 entra nel consiglio della città di Düsseldorf per conto dell’Uspd e si occupa di amministrazione scolastica, mentre, negli stessi anni, cura la riorganizzazione scolastica a Berlino e in Turingia e nel 1923 è nominata professoressa ordinaria di pedagogia all’Università di Jena. Siemsen ritiene che il sistema scolastico debba avere «il bambino come punto di partenza» e «la comunità umana come punto di arrivo». La sua concezione pedagogica è strettamente intrecciata a quella della società: il suo obiettivo educativo è la cura e la formazione della personalità individuale nell’ambito di una comunità solidale, pacifica, plurilingue, multiculturale e plurireligiosa. Il fine prevalente è «educare alla libertà nella comunità» e le parole-chiave del concetto educativo di Siemsen sono personalità e umanità, quest’ultima intesa come l’unione e l’integrazione di società culturalmente diverse, ma eguali nel diritto e nella dignità. Inoltre, il pluralismo e la diversità rappresentano un contributo positivo per lo sviluppo della personalità di ogni uomo e di ogni donna in una società di massa. Per Siemsen, dunque, personalità e umanità, individualismo e cura della comunità «non sono solo fini educativi ma anche obiettivi dello sviluppo sociale e dunque della lotta politica». L’idea tipicamente siemseniana della comunità affiora anche in opere come Literarische Streifzüge (Lineamenti di letteratura), una storia della letteratura che esce per la prima volta nel 1925; è destinata a un pubblico non accademico e si muove consapevolmente nella sfera europea. L’approccio culturale risalta anche in un articolo del 1927 per la “Frankfurter Zeitung” dal titolo Ich suche Europa (Cerco l’Europa), in cui l’autrice sostiene che l'idea di Europa debba emergere dall’elaborazione cosciente dell'esperienza (Erlebnis) che di essa si è vissuta nella storia. In Daheim Europa (A casa in Europa), un resoconto di viaggio del 1928, Siemsen proietta il concetto di Heimat (patria) su scala europea, valorizzando le interdipendenze e le comunicazioni tra i territori e le rispettive culture. La pedagogista pacifista critica in modo durissimo i testi scolastici dell’epoca, imbevuti di nazionalismo, e ne immagina di nuovi, fondati su una diversa rappresentazione della società europea, per insegnare, come scrive nel 1927: «come la cultura europea è uscita lottando dalla superstizione e dalla barbarie, quali sacrifici si sono resi necessari per avere non un Impero tedesco ma la società d’oggi, e quali pericoli la minacciano». In seguito alle divisioni interne sorte nel Partito socialista, dal 1921, il suo impegno politico confluisce nelle attività della Spd, il Partito socialdemocratico, anche se in più di un'occasione esprime il suo disaccordo su certe posizioni, in particolare sulla questione femminile. Dal 1928 al 1930 è deputata per la Spd al Reichstag, il parlamento tedesco, e si dimette volontariamente prima della fine del mandato poiché non condivide il sostegno del partito al riarmo; nel 1931 lascia la Spd. Alla fine del 1932, il governo della Turingia le toglie il titolo di professoressa ordinaria poiché ha firmato un appello per il professor Emil Julius Gumbel, matematico e pubblicista perseguitato a causa delle sue idee politiche e infine epurato. All’avvento del nazismo, nel 1933, Anna Siemsen lascia la Germania e si rifugia nella neutrale Svizzera con il fratello August e la cognata, rimanendovi fino al 1946. Già dall’inizio del suo esilio svizzero soffre di problemi di salute, in particolare di una grave perdita dell’udito. Nel 1934 sposa il segretario locale della Gioventù operaia, Walter Vollenweider (1903-1971); il matrimonio garantisce a lei la cittadinanza e salva lui, che è gay, dall’accusa di omosessualità e dal carcere. Tra il 1934 e il 1935 completa il trattato Die gesellschaftlichen Grundlagen der Erziehung (I fondamenti sociali dell’educazione), poi pubblicato ad Amburgo nel 1948. S’iscrive al Partito socialista svizzero, per cui si occupa di educazione e formazione giovanile. Nel maggio 1937 vola in Spagna con Regina Kägi-Fuchsmann, direttrice dal 1936 del Sah (Schweizerisches Arbeiterhilfswerk), una delle più importanti organizzazioni umanitarie non governative svizzere, vicina ai sindacati socialisti, per coordinare gli aiuti alla popolazione civile della zona repubblicana. Frutto di quest’esperienza è un diario di viaggio, pubblicato per la prima volta nel 1937 in Francia e poi riedito nel 1947 in Germania. In Svizzera Siemsen distribuisce la stampa dell’emigrazione politica e si spende con passione nell’europeismo antifascista. Cerca di coinvolgere anche le donne che ritiene, insieme con la gioventù e la classe lavoratrice, le forze più innovative del processo storico. Dal 1938 al 1946 dirige il quotidiano femminile socialista svizzero “Die Frau in Leben und Arbeit” (“La donna nella vita e nel lavoro”) e scrive una delle prime storie della letteratura al femminile. Collabora al saggio collettivo Die Frau im neuen Europa (La donna nella nuova Europa) edito nel 1945 dall’Europa-Union per proporre la soluzione federale elvetica come nuova forma di organizzazione statale. Nel suo contributo confuta la tesi marxista che colloca l’ingresso delle donne nel sociale in coincidenza dell’industrializzazione e dimostra l’importanza della dimensione di genere e l’incidenza strutturale della misoginia nella storia. Peraltro, Siemsen osserva che l’esclusione delle donne dal potere e dunque dalla partecipazione attiva alla violenza bellica le ha preservate dall’imbarbarimento morale. Spetta dunque alle donne risanare e aiutare il continente saccheggiato e devastato e mettersi al servizio dell’umanità, come portatrici, custodi e nutrici di vita. Parallelamente le donne devono rivendicare i propri diritti individuali e politici e la loro partecipazione allo spazio pubblico, da cui sono state ingiustamente tenute lontane. Consapevole che la fine delle ostilità non coincide con la pace, conseguibile solo attraverso un lavoro faticoso, Siemsen, in Per una nuova Europa. Scritti dall’esilio svizzero, chiarisce che «Non possiamo lasciare questo compito ai governi. Occorre invece risvegliare la coscienza dei popoli» e dedica gli ultimi anni della sua vita a favorire questo risveglio. Al rientro in Germania, ripresenta con ancora maggiore urgenza la necessità di una pedagogia che educhi a un pensare europeo; solo considerando il continente un unico spazio culturale e umano e partendo dall’infanzia, dalla storia, dai libri e dalla poesia si sarebbe arrivati a una vera riconciliazione dopo le terribili e laceranti esperienze del conflitto. Ostruzionismi politici e burocratici non le consentono di riottenere il ruolo di docente universitaria, perciò Anna dà lezioni di pedagogia e di teoria della letteratura e lavora, su commissione del governo inglese, all'organizzazione di corsi per la formazione di maestri/e di scuola elementare. Il 22 gennaio 1951, a sessantanove anni, muore ad Amburgo, pochi mesi prima della firma del Trattato di Parigi che istituirà la Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).

 

Traduzione francese
Piera Negri

Anna Siemsen est une précurseure de l’européanisme: elle a commencé à parler et à écrire sur les écoles communes, la monnaie commune et le marché commun il y a plus de cent ans, au milieu de la sanglante Grande Guerre qui a divisé l'Europe et causé des millions de morts.

Figure clé du mouvement socialiste pour les États-Unis d'Europe déjà dans l’Allemagne de Weimar, elle est l'une des mères de l'Europe, longtemps délaissées par les études historiques, rendues presque invisibles même car sous-représentées au point de vue institutionnel et maintenant justement “redécouvertes”.

Son projet européen repose sur trois éléments fondamentaux : l'unité économique, inspirée à des principes socialistes, l'unité politique dans une fédération de républiques démocratiques - ce qui implique l'existence d'une loi supranationale et de tribunaux capables de résoudre les différends entre Etats, un droit civil commun et la garantie de la libre circulation, non seulement des marchandises mais aussi et surtout des travailleurs et travailleuses - et le respect de la diversité culturelle.

La Grande Guerre représente un moment crucial pour Anna. Ses trois frères mâles qui ont laissé des volontaires vivent des expériences traumatisantes qui les transforment en antimilitaristes convaincus et elle embrasse le pacifisme, leitmotiv de sa vie et son activité de pédagogue, féministe, pro-européenne et socialiste.

Née le 18 janvier 1882 à Mark, petite ville de Westphalie, Anna Siemsen est la deuxième des cinq enfants d'un pasteur protestant. De constitution délicate, elle aime lire et étudier ; après l'école et la formation d'enseignant, terminée à Münster en 1901, elle donne des cours particuliers.

Elle est l'une des premières femmes en Allemagne à suivre des cours universitaires - à Munich, Münster et Bonn - obtenir le diplôme et son doctorat, en approfondissant la pédagogie, les études germaniques et la philosophie. Ayant réussi l'examen d'État pour l’enseignement en 1909, elle travaille comme professeur du lycée dans les villes de Detmold, Brême et Düsseldorf.

En 1917, Anna a commencé son militantisme pacifiste dans cette dernière ville et elle adhère le Parti social-démocrate indépendant antimilitariste (Uspd). Après la fin de la guerre, elle abandonne la religion protestante et s’approche de groupes expressionnistes, en plus de faire partie de diverses associations pacifistes et féministes nationales et internationales.

À partir de 1920, elle entre dans le conseil de la ville de Düsseldorf au nom de l'Uspd et s'occupe de l'administration scolaire, alors que, dans les mêmes années, elle s'occupe de la réorganisation de l'école à Berlin et en Thuringe et en 1923, elle est nommée professeur ordinaire de pédagogie à l'Université d'Iéna. Siemsen estime que le système scolaire doit avoir « l’enfant comme point de départ » et «la communauté humaine comme point d’arrivée ».

Sa conception pédagogique est étroitement liée à celle de la société : son objectif pédagogique est le soin et la formation de la personnalité individuelle au sein d'une communauté solidaire, pacifique, où l’on parle plusieurs langues, multiculturelle et pluri religieuse.

L'objectif prédominant est «d’éduquer à la liberté dans la communauté» et les mots-clé du concept éducatif de Siemsen sont la personnalité et l'humanité, cette dernière étant considérée comme l'union et l'intégration de sociétés culturellement différentes, mais égales en droit et en dignité. Aussi, le pluralisme et la diversité représentent une contribution positive au développement de la personnalité de chaque homme et femme dans une société de masse.

Pour Siemsen, donc, personnalité et humanité, individualisme et soin de la communauté « ne sont pas seulement des buts éducatifs mais aussi des objectifs du développement social et donc de lutte politique ». L'idée typiquement siemsénienne de la communauté émerge également dans des ouvrages tels que Literarische Streifzüge (Contours de littérature), une histoire de la littérature sortie pour la première fois en 1925 ; adressée à un public non académique et se meut consciemment dans la sphère européenne.

L'approche culturelle se distingue également dans un article de 1927 pour le "Frankfurter Zeitung" intitulé Ich suche Europa (Je cherche l'Europe), dans lequel l'auteur soutient que l'idée d'Europe doit émerger de l'élaboration consciente de l'expérience (Erlebnis) qu’on a vécu dans l'histoire. Dans Daheim Europe (A la maison en Europe), un récit de voyage de 1928, Siemsen projette le concept de Heimat (patrie) à l'échelle européenne, renforçant les interdépendances et les communications entre les territoires et leurs cultures respectives.

La pédagogue pacifiste critique très durement les textes scolaires de l'époque, empreints de nationalisme, et en imagine de nouveaux, basés sur une représentation différente de la société européenne, pour enseigner, comme elle l'écrivait en 1927 : « comment la culture européenne est sortie à travers la lutte de la superstition et la barbarie, quels sacrifices ont été nécessaires pour n'avoir pas un Empire allemand mais la société d'aujourd'hui, et quels dangers la menacent ».

Suite aux divisions internes au sein du Parti socialiste, à partir de 1921, son engagement politique se dirige dans les activités du SPD, le Parti social-démocrate, même si à plus d'une occasion elle exprime son désaccord sur certaines positions, notamment sur la question féminine.

De 1928 à 1930, elle est députée du SPD au Reichstag, le parlement allemand, et démissionne volontairement avant la fin de son mandat parce qu'elle ne partage pas le soutien du parti au réarmement ; en 1931, elle quitte le Spd.

À la fin de 1932, le gouvernement de Thuringe lui retire le titre de professeur ordinaire parce qu'elle a signé un appel pour le professeur Emil Julius Gumbel, un mathématicien et journaliste persécuté pour ses idées politiques et enfin purgé.

Avec l'avènement du nazisme en 1933, Anna Siemsen quitte l'Allemagne et se réfugie dans la Suisse neutre avec son frère August et sa belle-sœur, y restant jusqu'en 1946.

Depuis le début de son exil suisse, elle souffre de problèmes de santé, notamment de graves pertes d'ouïe. En 1934, elle épouse le secrétaire local de la Jeunesse ouvrière, Walter Vollenweider (1903-1971) ; le mariage garantit à elle la nationalité et sauve lui, qui est homosexuel, d'être accusé d'homosexualité et de la prison.

Entre 1934 et 1935, elle complète le traité Die gesellschaftlichen Grundlagen der Erziehung (Les fondements sociaux de l'éducation), publié plus tard à Hambourg en 1948. Elle rejoint le Parti socialiste suisse, pour lequel elle s'occupe d’éducation et formation des jeunes

En mai 1937, elle s'envole pour l'Espagne avec Regina Kägi-Fuchsmann, directrice depuis 1936 du Sah (Schweizerisches Arbeiterhilfswerk), l'une des organisations humanitaires non gouvernementales suisses les plus importantes, proche des syndicats socialistes, pour coordonner l'aide à la population civile de la zone républicaine. Le résultat de cette expérience est un carnet de voyage, publié pour la première fois en 1937 en France puis réédité en 1947 en Allemagne.

En Suisse, Siemsen distribue la presse politique d'émigration et est passionnément engagée dans l'européanisme antifasciste. Elle cherche également à impliquer les femmes qu’elle considère, avec la jeunesse et la classe ouvrière, les forces les plus innovantes dans le processus historique.

De 1938 à 1946, elle dirige le quotidien féminine socialiste suisse "Die Frau in Leben und Arbeit" ("La femme dans la vie et le travail") et écrit l'un des premiers récits de la littérature féminine.

Elle collabore avec l'essai collectif Die Frau im neuen Europa (Femme dans la nouvelle Europe) publié en 1945 par Europa-Union pour proposer la solution fédérale suisse comme nouvelle forme d'organisation étatique.

Dans sa contribution, elle réfute la thèse marxiste qui place l'entrée des femmes dans la sphère sociale coïncidant avec l'industrialisation et démontre l'importance de la dimension de genre et de l'incidence structurelle de la misogynie dans l'histoire.

De plus, Siemsen observe que l'exclusion des femmes du pouvoir et donc de la participation active à la violence de guerre les a préservées de la barbarisation morale.

Il est donc aux femmes de guérir et d'aider le continent pillé et dévasté et de se mettre au service de l'humanité, en tant que porteuses, gardiennes et nourricières de la vie. En parallèle, les femmes doivent revendiquer leurs droits individuels et politiques et leur participation à l'espace public, duquel elles ont été injustement tenues à écartées.

Consciente que la fin des hostilités ne coïncide pas avec la paix, qui ne peut être obtenue que par un travail acharné, Siemsen, dans Pour une nouvelle Europe. Écrits de l'exil suisse, elle précise que « nous ne pouvons pas laisser cette tâche aux gouvernements

Au contraire, il faut éveiller la conscience des peuples »et elle consacre les dernières années de sa vie à favoriser cet éveil. De retour en Allemagne, elle présente à nouveau avec une urgence plus grande la nécessité d'une pédagogie qui éduque à la pensée européenne ; ce n'est qu'en considérant le continent comme un espace culturel et humain unique et à partir de l'enfance, de l'histoire, des livres et de la poésie que l'on parviendrait à une véritable réconciliation après les terribles et déchirantes expériences du conflit.

Les obstructions politiques et bureaucratiques ne lui permettent pas de retrouver le rôle d'enseignante universitaire, donc Anna donne des cours de pédagogie et de théorie de la littérature et travaille, sur commande du gouvernement anglais, à organiser des cours pour la formation des enseignants du primaire. Le 22 janvier 1951, à l'âge de soixante-neuf ans, elle meurt à Hambourg, quelques mois avant la signature du traité de Paris qui instituerait la Communauté tchèque (Communauté européenne du charbon et de l'acier).

 

Traduzione inglese
Piera Negri

Anna Siemsen is a forerunner of Europeanism: she began talking and writing about common schools, common currency and common market more than a hundred years ago, in the midst of the bloody Great War that divided Europe and caused millions of deaths.

A key figure in the socialist movement for the United States of Europe already in Weimar Germany, she is one of the mothers of Europe, neglected for a long time by historical studies, made almost invisible also because institutionally under-represented and now dutifully "rediscovered".

Her European project is based on three fundamental elements: economic unity, inspired by socialist principles, political unity in a federation of democratic republics - which implies the existence of a supranational law and of courts prepared to settle disputes between States, a common civil right and the guarantee of movement freedom, not only for goods but also and above all for workers - and the respect for cultural diversity.

The Great War represents a crucial moment for Anna. Her three brothers who left volunteers live traumatic experiences transforming them into convinced anti-militarists and she embraces pacifism, the leitmotif of her life and of her activity as a pedagogue, feminist, pro-European and socialist.

Born on January 18, 1882 in Mark, a small town in Westphalia, Anna Siemsen is the second of five children of a Protestant pastor. Of delicate constitution, she loves reading and studying; after school and training as a teacher, completed in Münster in 1901, she gives private lessons.

She is one of the first women in Germany to attend university courses - in Munich, Münster and Bonn - to graduate and obtain a doctorate, widening her knowledge of pedagogy, germanistics and philosophy. Having passed the state exam for teaching in 1909, she works as a high school teacher in the cities of Detmold, Bremen and Düsseldorf.

It is in this last city, in 1917, that Anna starts her pacifist and joins the anti-militarist independent social democratic Party (Uspd). After the end of the war she leaves the protestant religion and approaches expressionist groups, as well as being part of various national and international pacifist and feminist associations.

From 1920 she joins the council of the Düsseldorf on behalf of the Uspd and takes care of school administration, while, in the same years, she takes care of the school reorganization in Berlin and Thuringia and in 1923 she is appointed full professor of pedagogy at the Jena University. Siemsen believes that the school system must consider "the child as its starting point" and "the human community as its end".

Her pedagogical conception is closely intertwined with that of society: her educational goal is the care and development of the individual personality within a supportive, peaceful, multilingual, multicultural and pluri-religious community.

The prevailing aim is "to educate for freedom in the community" and the key words of Siemsen's educational concept are personality and humanity, the latter understood as the union and integration of culturally different societies, but equal in law and dignity. Furthermore, pluralism and diversity represent a positive contribution to the development of every man and woman personality in a mass society.

For Siemsen, therefore, personality and humanity, individualism and community care "are not only educational purposes but also objectives of social development and therefore of political struggle".
The typically siemsenian idea of community also arises in works such as Literarische Streifzüge (Outlines of literature), a history of literature published for the first time in 1925; it is meant for a non-academic audience and consciously moves within the European sphere.

The cultural approach also stands out in an article of 1927 for the "Frankfurter Zeitung" entitled Ich suche Europa (I am looking for Europe), in which the author argues that the idea of Europe must emerge from the conscious elaboration of experience (Erlebnis) lived in history. In Daheim Europe (At home in Europe), a travel report from 1928, Siemsen projects the concept of Heimat (homeland) on a European scale, enhancing the interdependencies and communications between territories and their respective cultures.

The pacifist pedagogue harshly criticizes the school texts of the time, steeped in nationalism, and imagined new ones, based on a different representation of European society, to teach, as she writes in 1927: "how European culture came out of superstition and barbarism, which sacrifices have been necessary to have not a German Empire but today's society, and which dangers threaten it».

Following the internal divisions arosen in the Socialist Party, from 1921, her political engagement flows into the activities of the SPD, the Social Democratic Party, even if she often declared her disagreement on certain positions, in particular on the woman issue.

From 1928 to 1930 she was deputy for the SPD in the Reichstag, the German parliament, and voluntarily resigned before the end of her mandate because she does not share the party's support for rearmament; in 1931 she leaves the Spd.

At the end of 1932, the Thuringian government removes her title of full professor because she signed an appeal for Professor Emil Julius Gumbel, a mathematician and publicist persecuted for his political ideas and at last purged.

With Nazism coming to power in 1933, Anna Siemsen left Germany and takes refuge in neutral Switzerland with her brother August and the sister-in-law, until 1946.

Since the beginning of his Swiss exile, she has health problems, in particular severe hearing loss. In 1934 she marries the local secretary of the Working Youth, Walter Vollenweider (1903-1971); the marriage guarantees her the citizenship and saves him, who is gay, from the homosexuality charge and from prison.

Between 1934 and 1935 she completes the treatise Die gesellschaftlichen Grundlagen der Erziehung (The social fundamentals of education), later published in Hamburg in 1948. She joins the Swiss Socialist Party, dealing on youth education and training.

In May 1937 she flies to Spain with Regina Kägi-Fuchsmann, director since 1936 of the Sah (Schweizerisches Arbeiterhilfswerk), one of the most important Swiss non-governmental humanitarian organizations, close to the socialist trade unions, to coordinate aids to the civilian population of the republican area. The result of this experience is a travel diary, published for the first time in 1937 in France and then reissued in 1947 in Germany.

In Switzerland Siemsen distributes the political emigration press and passionately engages in anti-fascist Europeanism. She also tries to involve women she considers, together with the youth and the working class, as the most innovative forces in the historical process.

From 1938 to 1946 she directs the Swiss socialist women's daily "Die Frau in Leben und Arbeit" ("Women in life and work") and writes one of the first hystories of women's literature.

She contributes to the collective essay Die Frau im neuen Europa (The woman in the new Europe) published in 1945 by the Europa-Union to propose the Swiss federal solution as a new form of state organization.

In her contribution she refutes the Marxist thesis that places the entry of women in the society at the time of industrialization and proves the importance of the gender dimension and the structural incidence of misogyny in history.

Moreover, Siemsen observes that the exclusion of women from power and therefore from active participation in war violence has preserved them from moral decline.

It is therefore up to women to reorganize and help the plundered and devastated continent and to put themselves at the service of humanity, as givers, guardians and nurses of life. At the same time, women must claim their individual and political rights and their participation in the public space, from which they have been unfairly kept away.

Aware that the end of hostilities does not coincide with peace, which can be achieved only through hard work, in For a new Europe. Writings during the Swiss exile, Siemsen clarifies that "We cannot leave this task to governments.

It is necessary on the contrary to awaken the people conscience and she works the last years of her life to improve this awakening. Upon returning to Germany, once again she presents with even greater urgency the need for a pedagogy that educates to European thinking; only considering the continent as a single cultural and human space and starting from childhood, history, books and poetry a true reconciliation could be reached after the terrible and lacerating experiences of the conflict.

Because of political and bureaucratic obstructions, she cannot regain the role of university teacher, so Anna gives lessons in pedagogy and literature theory and works, on behalf of English government, to organize training courses for elementary school teachers. On January 22, 1951, at the age of sixty-nine, she dies in Hamburg, a few months before the signing of the Treaty of Paris which will establish the CECA (European Coal and Steel Community).


Traduzione tedesco
Laura Gelati

Anna Siemsen ist eine Vorreiterin des Europäismus: vor mehr als hundert Jahren, inmitten des blutigen Ersten Weltkriegs, der Europa spaltet und Millionen Menschenleben fordert, beginnt sie bereits über gemeinsame Schulen, eine gemeinsame Währung und einen gemeinsamen Markt zu sprechen und zu schreiben. Schlüsselfigur der sozialistischen Bewegung für die Vereinigten Staaten von Europa in der Weimarer Republik, ist Anna Siemsen eine der Mütter Europas, die lange Zeit von der Geschichtsschreibung vernachlässigt wurden - auch weil sie institutionell unterrepräsentiert waren - und nun gebührend "wiederentdeckt" werden.

Das europäische Projekt von Anna Siemsen stützt sich auf drei grundlegende Elemente: die wirtschaftliche Einheit, inspiriert von den sozialistischen Prinzipien, die politische Einheit in einer Föderation demokratischer Republiken - was die Existenz eines supranationalen Rechts und von Gerichten voraussetzt, die zur Beilegung von Streitigkeiten zwischen Staaten geeignet sind -, das gemeinsame Zivilrecht und die Garantie der Freizügigkeit, nicht nur der Güter, sondern auch und vor allem der Arbeitnehmer, sowie die Achtung der kulturellen Vielfalt.

Der Erste Weltkrieg ist ein entscheidender Moment für Anna. Ihre drei Brüder, die freiwillig an die Front gehen, durchleben traumatische Erfahrungen, die sie zu überzeugten Antimilitaristen machen. Anna macht sich den Pazifismus zu eigen, der sich wie ein roter Faden durch ihr Leben und ihre Arbeit als Pädagogin, Feministin, Europapolitikerin und Sozialistin zieht. Geboren am 18. Januar 1882 in Mark, einem kleinen Dorf in Westfalen, ist Anna Siemsen das zweite von fünf Kindern eines protestantischen Pfarrers. Von zarter Konstitution, liebt sie das Lesen und das Lernen. Nach der Lehrerausbildung, die sie 1901 in Münster absolviert, gibt sie Privatunterricht. Sie gehört zu den ersten Frauen in Deutschland, die eine Universität - in München, Münster und Bonn – besuchen. Sie studiert und promoviert in Pädagogik, Germanistik und Philosophie. Nach dem Staatsexamen für das Lehramt im Jahre 1909 arbeitet sie als Gymnasiallehrerin in den Städten Detmold, Bremen und Düsseldorf. In der letztgenannten Stadt begann Anna 1917 ihre pazifistische Militanz und trat der antimilitaristischen Unabhängigen Sozialdemokratischen Partei (USPD) bei. Nach Kriegsende entfernt sie sich von der evangelischen Religion und schließt sich expressionistischen Gruppen sowie verschiedenen nationalen und internationalen pazifistischen und feministischen Vereinigungen an. 1920 tritt sie im Auftrag der USPD in den Düsseldorfer Stadtrat ein und ist für die Schulverwaltung zuständig. In den gleichen Jahren ist sie für die Schulreorganisation in Berlin und Thüringen verantwortlich und 1923 wird sie als Professorin für Pädagogik an die Universität Jena berufen. Siemsen glaubt, dass das Schulsystem "das Kind als Ausgangspunkt" und "die menschliche Gemeinschaft als Endpunkt" haben soll.

Ihr pädagogisches Konzept ist eng mit dem der Gesellschaft verflochten: Ihr pädagogisches Ziel ist die Pflege und Bildung der individuellen Persönlichkeit innerhalb einer solidarischen, friedlichen, mehrsprachigen, multikulturellen und multireligiösen Gemeinschaft. Das vorherrschende Ziel ist "zur Freiheit in der Gemeinschaft zu erziehen", und die Schlüsselworte von Siemsens Bildungskonzept sind Persönlichkeit und Menschlichkeit, letztere verstanden als Vereinigung und Integration kulturell unterschiedlicher, aber rechtlich und in ihrer Würde gleichberechtigter Gesellschaften. Darüber hinaus stellen Pluralismus und Vielfalt einen positiven Beitrag zur Entwicklung der Persönlichkeit jedes Mannes und jeder Frau in einer Massengesellschaft dar. Für Siemsen sind daher Persönlichkeit und Menschlichkeit, Individualismus und Sorge um die Gemeinschaft "nicht nur Bildungszwecke, sondern auch Ziele der gesellschaftlichen Entwicklung und damit des politischen Kampfes". Die Siemsen'sche Idee der Gemeinschaft kommt auch in Werken wie Literarische Streifzüge, einer 1925 erstmals veröffentlichten Literaturgeschichte, zum Ausdruck; sie richtet sich an ein nicht akademisches Publikum und bewegt sich bewusst im europäischen Raum.

Der kulturelle Ansatz sticht auch in einem Artikel von 1927 für die "Frankfurter Zeitung" mit dem Titel Ich suche Europa hervor, in dem Siemsen argumentiert, dass die Idee von Europa aus der bewussten Ausarbeitung des in der Geschichte Erlebten hervorgehen muss. In Daheim Europa, einem Reisebericht aus dem Jahr 1928, projiziert sie das Konzept der Heimat auf die europäische Ebene, indem sie die Interdependenzen und Kommunikationen zwischen den Gebieten und ihren jeweiligen Kulturen hervorhebt. Die pazifistische Pädagogin kritisiert die vom Nationalismus durchdrungenen Schultexte der damaligen Zeit sehr scharf und stellt sich neue vor, die auf einer anderen Darstellung der europäischen Gesellschaft basieren, um zu lehren - wie sie 1927 schreibt - "wie die europäische Kultur aus Aberglauben und Barbarei kämpfend entstanden ist, welche Opfer notwendig waren, um nicht ein Deutsches Reich, sondern die heutige Gesellschaft zu haben, und welche Gefahren ihr drohen". Infolge der internen Spaltungen, die seit 1921 in der Sozialistischen Partei entstanden sind, richtet sie ihr politisches Engagement auf die Aktivitäten der Sozialdemokratischen Partei, obwohl sie mehr als einmal ihre Ablehnung bestimmter Positionen der Partei, insbesondere in der Frauenfrage, ausdrückt. Von 1928 bis 1930 ist sie Reichstagsabgeordnete für die SPD, tritt aber vor Ablauf ihres Mandats freiwillig zurück, weil sie die Haltung der Partei zur Aufrüstung nicht teilte. 1931 verließt sie endgültig die SPD. Ende 1932 entzieht ihr die Thüringer Landesregierung den Titel eines ordentlichen Professors, weil sie einen Appell für Professor Emil Julius Gumbel unterzeichnet, einen Mathematiker und Publizisten, der wegen seiner politischen Ansichten verfolgt und dem schließlich die weitere Lehrberechtigung verweigert worden war. Mit der Machtergreifung des Nationalsozialismus verläßt Anna Siemsen 1933 Deutschland und flüchtet mit ihrem Bruder August und ihrer Schwägerin in die neutrale Schweiz, wo sie bis 1946 bleibt. In ihrem Schweizer Exil leidet sie an gesundheitlichen Problemen, insbesondere an schwerem Hörverlust.

1934 heiratet sie den örtlichen Sekretär der Arbeiterjugend, Walter Vollenweider (1903-1971). Die Ehe garantiert ihr die Staatsbürgerschaft und bewahrt ihn, der schwul ist, vor dem Vorwurf der Homosexualität und vor dem Gefängnis. Zwischen 1934 und 1935 schließt sie die Abhandlung Die gesellschaftlichen Grundlagen der Erziehung ab, die später 1948 in Hamburg veröffentlicht wird. Sie tritt der Sozialistischen Partei der Schweiz bei, für die sie sich in der Jugendbildung und -ausbildung engagiert. Im Mai 1937 geht sie mit Regina Kägi-Fuchsmann, seit 1936 Direktorin des Schweizerischen Arbeiterhilfswerks, einer den sozialistischen Gewerkschaften nahestehenden humanitären Nichtregierungsorganisationen in der Schweiz , nach Spanien, um die Hilfe für die Zivilbevölkerung des republikanischen Gebietes zu koordinieren. Das Ergebnis dieser Erfahrung ist ein Reisetagebuch, das 1937 in Frankreich zum ersten Mal veröffentlicht und 1947 in Deutschland neu aufgelegt wird. In der Schweiz organisiert Anna Siemsen die Verteilung der Presse der politischen Emigration und widmet sich leidenschaftlich dem antifaschistischen Europäismus. Sie versucht auch, Frauen, die sie mit der Jugend und der Arbeiterklasse für die innovativsten Kräfte hält, in den historischen Prozess einzubeziehen. Von 1938 bis 1946 leitet sie die sozialistische Schweizer Frauenzeitung "Die Frau in Leben und Arbeit" und schreibt eine der ersten Geschichten der Frauenliteratur. Sie trug zum Sammelaufsatz Die Frau im neuen Europa bei, der 1945 von der Europa-Union veröffentlicht wird, um die schweizerische Föderationslösung als neue Form der Staatsorganisation vorzuschlagen. In ihrem Beitrag widerlegt sie die marxistische These des Eintritts von Frauen in die Gesellschaft mit der Industrialisierung; sie zeigt die Bedeutung der Geschlechterdimension und die strukturelle Häufigkeit von Frauenfeindlichkeit in der Geschichte auf. Darüber hinaus stellt Siemsen fest, dass der Ausschluss von Frauen von der Macht und damit von der aktiven Teilnahme an Kriegsgewalt sie vor moralischer Barbarei bewahrt hat. Es liegt daher an den Frauen, den ausgeplünderten und verwüsteten Kontinent zu heilen und sich als Trägerinnen, Hüterinnen und Ernährerinnen des Lebens in den Dienst der Menschheit zu stellen. Gleichzeitig müssen Frauen ihre individuellen und politischen Rechte und ihre Teilhabe am öffentlichen Raum einfordern, von dem sie zu Unrecht ferngehalten werden. In dem Bewusstsein, dass der Frieden nicht mit dem Ende der Feindseligkeiten zusammenfällt, sondern nur durch harte Arbeit erreicht werden kann, setzt sich Siemsen für ein neues Europa ein: "Wir können diese Aufgabe nicht den Regierungen überlassen. Stattdessen müssen wir das Gewissen des Volkes wecken" schreibt sie und widmet die letzten Jahre ihres Lebens der Förderung dieses Erwachens. Bei ihrer Rückkehr nach Deutschland bekräftigt sie mit noch größerer Dringlichkeit die Notwendigkeit einer Pädagogik, die zu einem europäischen Denken führe; nur wenn man den Kontinent als einen einzigen kulturellen und menschlichen Raum betrachte und von der Kindheit, der Geschichte, den Büchern und der Poesie ausgehe, könne eine echte Versöhnung nach den schrecklichen und zerreißenden Erfahrungen des Konflikts erreicht werden. Politische und bürokratische Hindernisse erlauben es ihr nicht, die Rolle der Universitätslehrerin wiederzuerlangen. Deshalb gibt Anna im Auftrag der englischen Regierung Unterricht in Pädagogik und Literaturtheorie und organisiert Kurse für die Ausbildung von Grundschullehrern. Am 22. Januar 1951 stirbt sie im Alter von neunundsechzig Jahren in Hamburg, wenige Monate vor der Unterzeichnung des Pariser Vertrags zur Gründung der Europäische Gemeinschaft für Kohle und Stahl (EGKS).



Éliane Vogel-Polsky

Ester Vitale


Grafica di Martina Zinni

Per chi, come me, ha fatto la sindacalista, Éliane Vogel-Polsky rimane senza dubbio una delle figure di riferimento. Sebbene sia stata anche una brillante ricercatrice e una docente universitaria, nonché un’esperta di istituzioni internazionali, il suo nome è indissolubilmente legato alla sua professione di avvocata e al caso Defrenne che sostenne davanti alla Corte di Giustizia Europea per la diretta applicabilità dell’art. 119 del Trattato di Roma, relativo alla parità salariale. Europeista convinta, si occuperà anche della armonizzazione delle legislazioni sociali nazionali con quelle europee.

Nata nel 1926 a Gand, in Belgio, da genitori russi ha la fortuna di frequentare l'Émile Jacqmain Lycée, una scuola che ha l’obiettivo di educare le donne emancipate a svolgere un ruolo efficace nella società di domani con un’istruzione equivalente a quella degli uomini. Per le sue origini ebree conosce, tuttavia, la persecuzione ed è costretta a completare gli studi umanistici presso le suore benedettine di La Paix Notre Dame a Liegi, sotto falsa identità. Alla fine della guerra, inizia a studiare legge alla Facultés Universitaires Saint-Louis e ottiene il dottorato alla Libera Università di Bruxelles nel 1950. In quel periodo il mondo universitario cominciava ad aprirsi gradualmente alle donne ma le facoltà di diritto erano prevalentemente a frequenza maschile. Tuttavia, Éliane Polsky e alcune altre si cimentano nell’impresa e lei sarà la prima donna a ottenere il premio dell'eloquenza. Durante gli studi universitari forma un proficuo trio con Marie-Therese Cuvelliez - che ritroveremo insieme a lei in tante battaglie- e Odette De Wynter. Non avendo alcuna propensione verso le mansioni domestiche, come lei stessa ricordava, annoiata dal tran tran portato dal matrimonio, avvenuto nel 1952, e dalla cura dei suoi tre figli, decide di tornare a studiare. Éliane Vogel-Polsky si laurea dunque in diritto sociale, nel 1963, con una tesi sulla legislazione sociale internazionale e sui problemi connessi per risolvere pacificamente i conflitti collettivi di lavoro. Ha studiato diversi sistemi di diritto del lavoro, romano-germanico, anglosassone, nordico e comunista e nel 1965 le viene conferito il titolo speciale di esperta in Studi internazionali.
Il 16 febbraio 1966 è una data importante per la storia della Comunità europea. A Herstal entra in sciopero la Fabrique Nationale, di proprietà statale, con 3.550 operaie. Viene rivendicata l’applicazione dell’articolo 119: «Ogni stato membro (…) dovrà assicurare e di conseguenza garantire l’applicazione del principio che uomini e donne devono ricevere una uguale retribuzione a fronte di un uguale lavoro». La vertenza non avrà una conclusione felice ma per Éliane sarà uno stimolo per continuare la sua battaglia contro «l'influenza del pregiudizio e dei valori che autorizzano e giustificano la differenza di trattamento legale tra lavoratrici e lavoratori per lo stesso lavoro» e contro le clausole risolutive dei contratti di lavoro legate all'età o allo stato civile delle lavoratrici. Negli anni successivi, porta dinanzi alla Corte di Giustizia europea il caso della hostess Gabrielle Defrenne, licenziata dalla società aerea Sabena in quanto aveva compiuto 40 anni (mentre agli uomini era consentito di volare fino ai 55). Vogel-Polsky ritiene che non sia stato applicato l’art.119 del Trattato istitutivo della Cee e la Corte, nel dispositivo, scrive fra l’altro che: «il principio della parita di retribuzione, di cui all'art. 119 , può essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali e questi devono garantire la tutela dei diritti che detta disposizione attribuisce ai singoli, in particolare nel caso di discriminazioni che traggano direttamente origine da norme di legge o da contratti collettivi di lavoro, come pure nel caso di retribuzione diversa di lavoratori di sesso femminile e di lavoratori di sesso maschile per lo stesso lavoro, qualora questo venga svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico». Il dispositivo sancisce, in pratica, la diretta applicabilità dell’articolo 119. Si devono alla ostinazione di Éliane Vogel-Polsky anche la Direttiva 75/117/Cee del Consiglio, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile e la Direttiva 76/207/Cee del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni lavorative. Lucidamente critica nei confronti della società patriarcale, Éliane ebbe a dire: «Tutte le strade che portano al potere - esercito, produzione, tecnologia, università, scienza, polizia - sono nelle mani degli uomini». Si vede chiaramente come una delle cause della disparità di trattamento sul lavoro come pure nella vita sociale sia la sottorappresentazione delle donne nei tavoli di contrattazione e negli scranni della politica. Questa piaga, tuttora presente in quasi tutti i Paesi europei, condiziona l’accesso delle donne alla vita pubblica e il pieno riconoscimento dei loro diritti. Negli anni Ottanta e seguenti il paradigma della parità si diffonde a livello internazionale a istituzioni come il Consiglio d'Europa o le Nazioni Unite. Molto rapidamente, Éliane Vogel-Polsky si unisce a questa lotta che non mira più solo alla parità retributiva tra uomini e donne, ma soprattutto alle pari opportunità e all’inclusione a pieno titolo delle donne in tutti i settori della vita sociale, politica e culturale. Éliane partecipa alla Rete europea delle donne e si batte, dunque, per rompere il soffitto di cristallo e portare finalmente le donne nei luoghi della politica e delle Istituzioni. Vuole che siano le donne a rappresentare gli interessi della società visto che fino a quel momento i loro interessi sono stati scarsamente rappresentati. Lei stessa deciderà di candidarsi alle elezioni europee del 1994 nella lista della Sinistra unitaria. Negli anni seguenti continuerà a svolgere un'intensa attività di studio, divulgazione e pubblicazioni sempre legate alla parità di genere. Éliane Vogel-Polsky è morta il 13 novembre 2015; il suo costante impegno la rende una figura centrale nella storia dell'Europa sociale e nell'emancipazione femminile. La sua eredità verrà portata avanti con la creazione di una task force sull'uguaglianza di genere all'interno della Commissione europea.


 

Traduzione francese
Giuliana Gaudenzi

Pour celles qui, comme moi, ont fait la syndicaliste, Eliane Vogel-Polsky reste surement une des personnalités de référence. Bien qu’elle ait été aussi une remarquable chercheuse et une professeur universitaire, ainsi qu’une experte en institutions internationales, son nom est strictement lié à sa profession d’avocate et à l’affaire Defrenne qu’elle a soutenu devant la Cour de Justice Européenne pour l’applicabilité directe de l’art. 119 du Traité de Rome, concernant l’égalité salariale. Européenne convaincue, elle s’occupera aussi d’harmoniser les législations sociales nationales avec les européennes.

Née en 1926 à Gand, en Belgique, de parents russes elle a la chance de fréquenter l’Emile Jacqmain Lycée, une école qui a l’objectif d’éduquer les femmes émancipées à jouer un rôle efficace dans la société future avec une instruction équivalente à celle des hommes. A cause de ses origines juives elle connait, toutefois, la persécution et elle est contrainte d’achever ses études humanistiques auprès des sœurs bénédictines de La Paix Notre Dame à Liège, sous fausse identité. A la fin de la guerre, elle commence à étudier le droit aux Facultés Universitaires Saint-Louis et obtient un doctorat à la Libre Université de Bruxelles en 1950. A cette période le monde universitaire commençait à s’ouvrir progressivement aux femmes mais les facultés de droit étaient pour la plupart fréquentées par des hommes. Toutefois, Eliane Polsky et d’autres femmes se lancent dans l’exploit et elle sera la première femme à obtenir le prix de l’éloquence. Pendant ses études universitaires elle constitue un fructueux trio avec Marie-Thérèse Cuvelliez – qu’on retrouvera à ses côtés en beaucoup de batailles – et Odette de Wynter. N’ayant aucun penchant pour les tâches  ménagères , comme elle-même le rappelait, ennuyée par la routine du mariage, célébré en 1952, et du soin de ses trois enfants, elle décide de retourner à étudier. Eliane Vogel-Polsky, donc, obtient son diplôme en droit social, en 1963, avec une thèse de doctorat sur la législation sociale internationale et sur les problèmes relatifs pour résoudre pacifiquement les conflits collectifs du travail. Elle a étudié différents systèmes de droit du travail, romain-allemand, anglo-saxon, nordique et communiste et en 1965 on lui confère la qualification spéciale d’experte en Etudes internationales.

Le 16 février 1966 est une importante date pour l’histoire de la Communauté européenne. A Herstal entre en grève la Fabrique Nationale, de propriété de l’état, avec 3.550 ouvrières. On revendique l’application de l’article 119: «Tous les Etats membres (…) devront assurer et par conséquent garantir l’application du principe que hommes et femmes doivent recevoir égal salaire en présence d’égal travail. » Le conflit n’aura pas une heureuse conclusion mais pour Eliane ce sera un encouragement pour continuer sa bataille contre « l’emprise du préjugé et des valeurs qui autorisent et justifient la différence de traitement légal entre travailleuses et travailleurs pour le même travail » et contre les clauses de résiliation des contrats liées à l’âge ou à l’état civil des travailleuses. Les années suivantes, elle porte devant la Cour de Justice le cas de l’hôtesse de l’air Gabrielle Defrenne, licenciée par la compagnie aérienne Sabena parce qu’elle avait eu 40 ans (bien que les hommes pouvaient voler jusqu’à 55 ans). Vogel-Polsky estime que l’art. 119 du Traité constitutif de la Cee n’a pas été appliqué et la Cour, dans le dispositif, écrit entre autre que : « le principe de la parité salariale, dans l’article 119, peut être fait valoir devant les juges nationales et ces derniers doivent garantir la sauvegarde des droits que ladite disposition attribue aux particuliers, notamment en cas de discriminations directement engendrées par des normes juridiques ou par des contrats collectifs de travail, comme en cas de rétribution différente de travailleurs de sexe féminin et de travailleurs de sexe masculin pour le même travail, si ce dernier est effectué dans la même société ou bureau , privé ou public ». Ce dispositif cautionne, pratiquement, l’applicabilité directe de l’article 119. On doit à l’obstination d’Eliane Vogel-Polsky aussi la Directive 75/117/Cee du Conseil, du 10 février 1975, pour le rapprochement des législations des Etats membres relatives à l’application du principe d’égalité des salaires entre les travailleurs de sexe masculin et ceux de sexe féminin et la Directive 76/207/Cee du Conseil, du 9 février 1976, relative à la mise en œuvre du principe d’égalité de traitement entre hommes et femmes pour ce qui concerne l’accès au travail, à la formation et à la promotion professionnelles et les conditions de travail.

Lucidement critique vis-à-vis de la société patriarcale, Eliane a dit: «Tous les chemins qui mènent au pouvoir – armée, production, technologie, université, sciences, police – sont entre les mains des hommes». On voit clairement que une des causes de la disparité de traitement au travail e dans la vie sociale est la sous-représentation des femmes dans les négociations et dans les sièges politiques. Cette plaie, encore présente dans presque tous les Pays européens, influence l’accès des femmes à la vie publique et la totale reconnaissance de leurs droits.

Dans les années quatre-vingt et suivants le paradigme de la parité se propage à niveau international à des institutions tels le Conseil d’Europe ou les Nations Unies. Très vite, Eliane Vogel-Polsky se joint à cette lutte qui ne vise pas seulement la parité salariale entre hommes et femmes, mais surtout l’égalité des chances et l’inclusion à plein titre des femmes dans tous les secteurs de la vie sociale, politique et culturelle. Eliane participe au Réseau européen des femmes et se bat, donc, pour casser le plafond de verre et porter, enfin, les femmes dans les lieux de la politique et des Institutions. Elle veut que ce soient les femmes à représenter les intérêts de la société, puisque jusqu’à ce moment leurs intérêts ont été faiblement représentés. Elle-même décidera de se présenter aux élections européennes de 1994 dans la liste de la Gauche unitaire. Dans les années suivantes elle continuera à exercer une intense activité d’étude, divulgation et publications toujours liées à la parité de genre. Eliane Vogel-Polsky est décédée le 13 novembre 2015; son constant engagement fait d’elle une personnalité centrale dans l’histoire de l’Europe sociale e dans l’émancipation des femmes. Son héritage sera poursuivi avec la création d’une task force sur l’égalité de genre au sein de la Commission européenne.



Traduzione inglese
Cettina Callea

For those who have been trade unionists, like me, Éliane Vogel-Polsky is undoubtedly an important figure. Although she was also a brilliant researcher and university lecturer, and an expert on international institutions, her name is inextricably linked to her work as a lawyer. That work included the Defrenne case, in which she argued for the direct applicability of Article 119 of the Treaty of Rome, relating to wage equality. The case was heard by the European Court of Justice. She was a convinced Europeanist, and as such endeavoured to harmonize national social legislation with European requirements.
Éliane Vogel-Polsky was born in 1926 in Ghent, Belgium, of Russian parents. She attended the Émile Jacqmain Lycée, a school that aimed to prepare emancipated women to play an effective role in society with an education equivalent to that of men. During World War II, due to her Jewish origins, she knew persecution and was forced to complete her humanities studies in Liege with the Benedictine nuns of La Paix Notre Dame under a false identity.

At the end of the war, she began studying law at the Facultés Universitaires Saint-Louis and, in 1950, obtained her doctorate from the Free University of Brussels. At that time the university world had begun to gradually open up to women, but the law faculties were still overwhelmingly male. Nevertheless, Éliane Polsky and a few others tried their hand at winning a law degree, and she would be the first woman to be awarded the school’s prize for eloquence. During her university studies she formed important alliances, especially with Marie-Therese Cuvelliez - who would be with her in many battles - and Odette De Wynter.

Having no propensity for domestic duties, as she herself recalled, and bored by the routine imposed by her marriage in 1952 and the care of her three children, she decided to resume her studies. The result was that Éliane Vogel-Polsky graduated in social law in 1963, with a thesis on international social legislation and the problems related to peaceful resolution of collective labor conflicts. She studied various systems of labor law, Romano-Germanic, Anglo-Saxon, Nordic and Communist, and in 1965 she was awarded a special title for expertise in international studies.

February 16, 1966 is an important date in the history of the European Community. In Herstal, Belgium, the 3,550 workers of the state-owned Fabrique Nationale went on strike. The issue was the section of Article 119 that declares, "Each member state (...) must ensure and consequently guarantee the application of the principle that men and women must receive equal pay for equal work."

The dispute did not have a happy ending. But for Éliane it was a stimulus to continue her battle against "the influence of prejudice and the values ​​that authorize and justify the difference in legal treatment between working men and working women for the same work." She also fought against the termination clauses of employment contracts linked to the age or marital status of a worker.

In the following years, she brought the case of the stewardess Gabrielle Defrenne before the European Court of Justice. Defrenne was fired by the airline Sabena because she reached 40 years of age (while men were allowed to fly up to 55). Vogel-Polsky believed this violated Article 119 of the Treaty that established the EEC, and the Court, in its findings, wrote that, "…the principle of equal pay, referred to in Art. 119, can be asserted before national courts and these must guarantee the protection of the rights that this provision attributes to individuals, in particular in the case of discrimination that derives directly from laws or collective labor agreements, as well as in the case of different remuneration of female workers and male workers for the same work, if this is carried out in the same company or office, private or public.”

The decision established, in practice, the direct applicability of Article 119. The continued determination of Éliane Vogel-Polsky was also due to the Council Directive 75/117/EEC, of 10 February 1975, for the approximation of the laws of the Member States relating to application of the principle of equal pay for male and female workers, and Directive 76/207 / EEC of the Council, of 9 February 1976, relating to the implementation of the principle of equal treatment for men and women with regard to access to employment, professional training, promotion, and working conditions. Vogel-Polsky sharply criticized the patriarchal character of society, stating, "All the roads that lead to power - army, production, technology, university, science, police - are in the hands of men."

It is clear that one of the causes of the inequality of treatment of women at work as well as in social life is their under-representation at bargaining tables and on the benches of parliaments. This scourge, still present in almost all European countries, is a crushing limitation on women's access to public life and to the full recognition of their rights.

In the 1980s and following years, the parity paradigm spread internationally to institutions such as the Council of Europe and the United Nations. Very quickly, Éliane Vogel-Polsky joined this fight, which no longer aimed only at equal pay for men and women, but above all at equal opportunities and the full inclusion of women in all sectors of social, political and cultural life.

Éliane participated in the European Network of Women and fought to break the glass ceiling, to finally bring women into the centres of politics and institutions. She wanted women to represent the interests of society as their interests had so far been underrepresented. She became a full professor at the Universitè Libre de Bruxelles Faculty of Law in 1991. She also decided to stand as a candidate of the United Left in the 1994 European elections. In the following years she continued to carry out intense activities of study, dissemination and publication, always related to gender equality.

Éliane Vogel-Polsky died on November 13, 2015. Her constant commitment made her a central figure in the history of European society and women's emancipation. Her legacy was carried forward with the creation of a gender equality task force within the European Commission.

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