Františka Plamínková
Fabiola Frroku



Giulia Tassi

 

Dimenticate, oscurate, destinate a non superare il vaglio impetuoso del tempo degli uomini, questo è il destino di molte donne artefici di grandi lotte e rivoluzioni, ma, nonostante ciò, estromesse dalla storia raccontata nei libri. Františka Plamínková è stata un’attivista per il suffragio, senatrice per più di dieci anni, fondatrice del Women's National Council (Žnr), vicepresidente dell' International Woman Suffrage Alliance (Iwsa) e dell' International Council of Women (Icw), eppure di lei non si ha una biografia chiara ed esaustiva, solamente alcuni documenti desecretati dopo il 1990, a più di cinquanta anni dalla sua morte. La grande repressione staliniana, avvenuta dopo gli eventi successivi alla Seconda guerra mondiale, aveva fatto sì che molti personaggi della Prima Repubblica cecoslovacca venissero ostracizzati perché considerati troppo sovversivi e lei fu una di questi. Tuttavia, dal 1993, anno di apertura del Gender Institute di Praga, il femminismo ceco riparte da colei che è stata una delle protagoniste più attive della vita politica ceca tra Ottocento e Novecento: Madame Plam. Nata il 5 febbraio 1875 a Praga, in un contesto familiare sempre attento alle questioni politiche e sociali, studia pianoforte, canto, pittura e affianca queste sue passioni alla sua prima vocazione: l’insegnamento. Entra a far parte dell’Associazione degli insegnanti cechi e si esprime con forza contro la legge austro-ungarica che vietava il matrimonio delle docenti e richiedeva che rimanessero nubili.

Porre al centro del discorso pubblico la donna era la base del suo lavoro, che aveva, inoltre, la particolarità di voler far capire agli uomini che le donne con una educazione migliore e più libera erano delle colleghe più efficienti a livello lavorativo. L’ambito in cui ci si muove, in questa prima fase del suo pensiero, è quello universitario il quale rimaneva ancora fossilizzato su posizioni di forte misoginia e ghettizzazione delle figure femminili. Non abbandona mai il mondo della politica e s’interessa soprattutto delle ingiustizie che colpivano le donne, ancora schiave di un’egemonia culturale maschile che le relegava ai margini di una società cieca di fronte alle loro esigenze. L’esclusione delle donne dal potere e, di conseguenza, dalla partecipazione attiva era il punto su cui Madame Plam sentiva la necessità di dover intervenire; da questa intuizione, l’idea di fondare, nel 1903, il Czech Women’s Club, organizzazione che, attraverso comizi e incontri, problematizzava argomenti focali come la questione legale, quella sanitaria e quella culturale con un taglio progressista e con lo scopo di aprire uno spazio di discussione per e con le donne, presentando l’immagine della Donna moderna, come chiamerà una delle sue lectures, ossia una donna dalle esigenze del tutto nuove.

Altro punto cruciale del suo intervento era il sostegno al diritto al suffragio universale. Nel 1905 dà vita al Committee for Women’s Suffrage che combatteva per l’elezione di una donna all’Assemblea nazionale; dal 1907, agli uomini fu concesso il diritto al voto per le elezioni imperiali, le donne, invece, ne rimanevano escluse. Františka, però, ebbe un’illuminazione: inviare alcune candidate per le elezioni provinciali, con dei partiti minori. La legge locale boema non impediva, infatti, la presentazione delle donne nelle liste elettorali e quindi questo tentativo assumeva un forte messaggio di contrasto alle politiche di limitazione delle libertà e di repressione dell’Austro-Ungheria nei confronti di un nazionalismo ceco sempre più acceso e pronto allo scontro. Il lavoro di Františka servì ad aprire il discorso, del tutto nuovo in quel contesto, sull’empowerment femminile, ed ebbe successo: Bozena Vikova-Kuneticka viene eletta nel 1912 all’Assemblea nazionale. Sebbene il governatore decidesse di annullare il risultato, il processo di rinnovamento e di presa di coscienza era ormai avviato e, parallelamente a questo, anche il declino dell’Impero. La lotta trasversale, da una parte per i diritti delle donne ma in realtà per un obiettivo più grande, ossia la libertà da schemi politici e culturali imposti dall’alto, ebbe i primi risultati dopo la fine della Grande Guerra. Con la costituzione della Prima Repubblica cecoslovacca, nel 1918, le donne ottengono il diritto al voto. Plamínková continua le sue battaglie in prima linea, come giornalista: prestò, infatti, servizio come corrispondente nella Prima guerra balcanica, e poi direttamente in Senato. Eletta e poi riconfermata dopo 5 anni, aveva come obiettivo quello di una riforma della legge in tema di famiglia, al fine di rivoluzionare il ruolo della donna, ancora considerata come un minore.

Intanto il mondo cadeva nella confusione che precedette la Seconda guerra mondiale. L’aggressività della Germania nazista preoccupava la senatrice che scrisse direttamente una lettera aperta a Hitler per protestare contro l’attacco alla Cecoslovacchia. Ciò la fece diventare bersaglio di rappresaglie e, allo scoppio della guerra, divenne ufficialmente un personaggio pericoloso e perseguibile. Nel 1942 viene incarcerata a Terezin e dopo pochi giorni fucilata dalla Gestapo. Represse da tradizioni, da pratiche e da costrutti mentali che le vogliono imbrigliate e silenziose, donne come Františka Plamínková hanno sentito la vocazione di squarciare il velo che le divideva dall’autodeterminazione e sono diventate protagoniste. È questo il motivo per il quale ricordare le loro gesta e riportare alla luce i loro risultati diventa per noi un dovere: imparare da queste grandi figure e farci ispirare per iniziare così il nostro percorso di cambiamento della società.

 

Traduzione francese
Guenoah Mroue

Oubliées, obscurcies, destinées à ne pas dépasser le criblage impétueux du temps des hommes, telle est la destinée de nombreuses femmes artisans de grandes luttes et révolutions, mais, malgré cela, exclues de l’histoire racontée dans les livres. Františka Plamínková a été une militante du suffrage, sénatrice pendant plus de dix ans, fondatrice du Women’s National Council (Žnr), vice-présidente de l’International Woman Suffrage Alliance (Iwsa) et de l’International Council of Women (Icw) pourtant, on n’a pas de biographie claire et exhaustive d’elle, seulement quelques documents désagrégés après 1990, plus de cinquante ans après sa mort. Après les événements de la Seconde Guerre mondiale, la grande répression stalinienne, avait entraîné l’ostracisation de nombreux personnages de la Première République tchécoslovaque parce qu’ils étaient considérés comme trop subversifs et elle en faisait partie. Cependant, depuis 1993, l’année d’ouverture du Gender Institute de Prague, le féminisme tchèque repart de celle qui a été l’une des protagonistes les plus actives de la vie politique tchèque entre les XIXe et XXe siècles : Madame Plam. Née le 5 février 1875 à Prague, dans un contexte familial toujours attentif aux questions politiques et sociales, elle étudie le piano, le chant, la peinture et partage ses passions avec sa première vocation : l’enseignement. Elle rejoint l’Association des enseignants tchèques et s’exprime avec force contre la loi austro-hongroise qui interdisait le mariage des enseignants et exigeait qu’ils restent célibataires.

Placer la femme au centre du discours public était la base de son travail, qui avait, en outre, la particularité de vouloir faire comprendre aux hommes que les femmes ayant une éducation meilleure et plus libre étaient des collègues plus efficaces au niveau du travail. Le domaine dans lequel on évolue, dans cette première phase de sa pensée, est celui universitaire qui restait encore figé sur des positions de misogynie forte et de ghettoïsation des figures féminines. Elle n’abandonne jamais le monde de la politique et s’intéresse surtout aux injustices qui frappaient les femmes, encore esclaves d’une hégémonie culturelle masculine qui les reléguait en marge d’une société aveugle face à leurs exigences. L’exclusion des femmes du pouvoir et, par conséquent, de la participation active était le point sur lequel Madame Plam sentit la nécessité d’intervenir; de cette intuition, l’idée de fonder, en 1903, le Czech Women’s Club, organisation qui, à travers posait des problèmes de fond tels que les questions juridiques, sanitaires et culturelles avec une orientation progressiste et dans le but d’ouvrir un espace de discussion pour, et avec les femmes, en présentant l’image de la Femme moderne, comme elle appellera l’une de ses lectures, c’est-à-dire une femme aux besoins totalement nouveaux.

Un autre point crucial de son intervention était le soutien au droit au suffrage universel. En 1905, elle crée le Committee for Women’s Suffrage qui se bat pour l’élection d’une femme à l’Assemblée nationale ; à partir de 1907, les hommes se voient accorder le droit de vote pour les élections impériales, mais les femmes en sont exclues. Františka, cependant, a eu une illumination : envoyer quelques candidates pour les élections provinciales, avec des partis mineurs. En effet, la loi locale de Bohême n’empêchait pas la présentation des femmes sur les listes électorales et, par conséquent, cette tentative exprimait un fort message de contraste avec les politiques de limitation des libertés et de répression de l’AutricheLa Hongrie face à un nationalisme tchèque de plus en plus vif et prêt à se battre. Le travail de Františka a servi à ouvrir le discours, tout nouveau dans ce contexte, sur l’autonomisation des femmes, et a eu du succès : Bozena Vikova-Kuneticka a été élue en 1912 à l’Assemblée nationale. Bien que le gouverneur décide d’annuler le résultat, le processus de rénovation et de prise de conscience est désormais engagé et, parallèlement à cela, le déclin de l’Empire est également engagé. La lutte transversale, d’une part pour les droits des femmes, mais en réalité pour un objectif plus grand, à savoir la libération des schémas politiques et culturels imposés d’en haut, eut les premiers résultats après la fin de la Grande Guerre. Avec la création de la Première République tchécoslovaque en 1918, les femmes obtiennent le droit de vote. Plamínková poursuit ses batailles en première ligne, en tant que journaliste : elle a servi comme correspondante dans la Première Guerre balkanique, puis directement au Sénat. Élue puis reconfirmée après 5 ans, elle avait comme objectif une réforme de la loi sur le thème de la famille, afin de révolutionner le rôle de la femme, encore considérée comme un mineur.

Pendant ce temps, le monde sombrait dans la confusion qui précédait la Seconde Guerre mondiale. L’agressivité de l’Allemagne nazie inquiétait la sénatrice qui a écrit directement une lettre ouverte à Hitler pour protester contre l’attaque de la Tchécoslovaquie. Cela la fit devenir la cible de représailles et, au début de la guerre, elle devint officiellement un personnage dangereux et punissable. En 1942, elle est emprisonnée à Terezin et fusillée quelques jours plus tard par la Gestapo. Réprimées par des traditions, des pratiques et des constructions mentales qui les veulent maîtrisées et silencieuses, des femmes comme Františka Plamínková ont ressenti la vocation de déchirer le voile qui les séparait de l’autodétermination et sont devenues protagonistes. C’est la raison pour laquelle se souvenir de leurs exploits et mettre en lumière leurs résultats devient pour nous un devoir : apprendre de ces grandes figures et nous inspirer pour commencer ainsi notre parcours de changement de la société.

 

Traduzione inglese
Chiara Celeste Ryan

Forgotten, eclipsed, destined never to pass the impetuous scrutiny of men’s time: this is the fate of many women who have led important struggles and revolutions, but who have nevertheless been excluded from the history books. Františka Plamínková was an activist for women’s suffrage, a senator for more than ten years, founder of the Women’s National Council (Žnr), vice-president of the International Woman Suffrage Alliance (IWSA) and of the International Council of Women (ICW), yet there exists no clear or exhaustive biography about her. Instead, only a few documents that were desecretised after 1990, over fifty years after her death, have come to light. During the great Stalinist repression, which took place after the Second World War, many figures of the First Czechoslovak Republic were ostracised because they were considered too subversive. Františka Plamínková was one of them. However, since 1993, when the Gender Institute in Prague was opened, Czech feminism made a fresh start with one of the most active protagonists of Czech political life in the 19th and 20th centuries: Madame Plam. Born in Prague, on 5 February 1875, into a family that was aware of political and social issues, she studied piano, singing and painting and combined these passions with her first vocation: teaching. She joined the Czech Teachers’ Association and spoke out fervently against the Austro-Hungarian law prohibiting teachers from marrying and requiring them to remain celibate.

Her work was focused on placing women at the centre of public discourse, attempting to make men understand that better educated women with greater freedoms were more efficient work colleagues. The university environment, the sphere in which she operated at this stage, was still fossilised into rigid misogynistic attitudes and the ghettoization of women. She remained ever committed to the world of politics and was particularly interested in the injustices affecting women, who were still enslaved to a male cultural hegemony that relegated them to the margins of society, oblivious to their needs. The exclusion of women from power and, consequently, from active participation, was the point upon which Madame Plam felt the need to intervene. From this intuition stemmed her idea of founding, in 1903, the Czech Women’s Club, an organisation which, through rallies and meetings, delved into questions related to law, health and culture, all with a progressive approach and the aim of opening a space for discussion for and with women. The modern woman, the title of one of her lectures, was presented as a woman with completely new needs.

Another crucial issue was her support for the right to universal suffrage. In 1905 she set up the Committee for Women’s Suffrage, which promoted the rights of women to be elected to the National Assembly. Men were granted the right to vote in imperial elections in 1907, but women were excluded. Františka, however, had a brilliant idea, putting up female candidates for provincial elections with minor parties, as local Bohemian law did not prevent women standing in electoral lists. This tactic thus sent a strong message opposing Austro-Hungarian policies of restriction of freedoms and repression, against the background of an increasingly heated and confrontational Czech nationalism. Františka’s work contributed to opening a new area of debate in this context, of female empowerment. And she was successful: in 1912 Bozena Vikova-Kuneticka was elected to the National Assembly. Although the governor then annulled the result, the process of renewal and consciousness-raising had begun and, contemporaneously, so had the decline of the Empire. The wide-sweeping struggle, ostensibly for women’s rights but in reality for a larger goal, freedom from political and cultural constraints imposed from above, had its first results after the end of the Great War. With the constitution of the First Czechoslovak Republic in 1918, women were granted the right to vote. Plamínková continued her battles in the front line, as a journalist, having already served as a correspondent in the First Balkan War. She was then elected directly to the Senate. Reconfirmed after five years, her aim was to reform family law so as to revolutionise the role of women, who were still considered as having similar rights to minors.

In the meanwhile, Europe descended into the confusion preceding the Second World War. Worried by the hostility of Nazi Germany, the senator wrote an open letter to Hitler protesting against the attack on Czechoslovakia. This made her the target of reprisals and, at the outbreak of war, she was declared to be a dangerous character to be kept under surveillance. In 1942, Madame Plam was incarcerated in Theresienstadt and shot by the Gestapo a few days later. Repressed by traditions, practices and mental constructs aimed at muzzling and silencing them, women like Františka Plamínková felt the calling to tear away the veil separating them from self-determination and to became protagonists. This is why we have the duty to recall their deeds and to disseminate their achievements: to learn from these great figures and to be inspired by them and thus to begin our own journey to change society.

 

Traduzione spagnola
Alessandra Frigenti

Olvidadas, oscurecidas, destinadas a no lograr pasar por el tamiz impetuoso del tiempo de los hombres, éste es el destino de muchas mujeres artífices de grandes luchas y revoluciones y, a pesar de esto, excluidas de la historia contada en los libros. Františka Plamínková fue una activista para el sufragio, senadora durante más de diez años, fundadora del Consejo Nacional de Mujeres de la República Checoslovaca (ŽNR), vicepresidenta de la Alianza Internacional para el Sufragio Femenino (IWSA) y del Consejo Internacional de Mujeres (ICW), y con todo no existe una biografía suya clara y completa, solo algunos documentos desvelados después de 1990, más de cinquenta años tras su muerte. La gran represión estalinista, que tuvo lugar después de los acontecimientos posteriores a la Segunda guerra mundial, hizo que muchas personas de la Primera República Checoslovaca fueran condenadas al ostracismo porque consideradas demasiado subversivas y Františka fue una de ellas. Sin embargo, desde 1993, año de la apertura del Instituto de Género de Praga, el feminismo checo reinició desde una de las mujeres protagonistas más activas de la vida política checa entre los siglos XIX y XX: Madame Plam. Nació el 5 de febrero de 1875 en Praga, en un contexto familiar siempre atento a las cuestiones políticas y sociales, estudió piano, canto, pintura y combinó con estas pasiones su principal vocación: la enseñanza. Se unió a la Asociación de profesorado checo y se opuso enérgicamente a la ley austrohúngara que prohibía el matrimonio de las profesoras y requeriá su celibato.

Poner a la mujer en el centro del discurso público era la base de su trabajo que incluso tenía como intento particular el de hacer entender a los hombres que las mujeres con una educación mejor y más libre resultaban compañeras más eficientes en el trabajo. En esta primera fase de su pensamiento, el marco es el de la universidad que aún permanecía fosilizada en posiciones de fuerte misoginia y segregación de las figuras femeninas. Nunca abandonó el mundo de la política y se interesó especialmente por las injusticias contra las mujeres, aún esclavas de una hegemonía cultural masculina que las relegaba al margen de una sociedad ciega a sus necesidades. La exclusión de las mujeres del poder y, en consecuencia, de la participación activa fue el punto en el que Madame Plam sintió la necesidad de intervenir; de esta intuición surgió la idea de fundar, en 1903, el Club de Mujeres Checas, una organización que, a través de mítines y encuentros, problematizaba temas focales como cuestiones jurídicas, sanitarias y culturales con un sesgo progresista y con el objetivo de abrir un espacio de debate por y con las mujeres, presentando la imagen de la Mujer Moderna, como titulará una de sus conferencias, es decir, una mujer con necesidades completamente nuevas.

Otro aspecto fundamental de su intervención fue su suporte al derecho al sufragio universal. En 1905 fundó el Comité para el Sufragio Femenino que luchaba para poder elegir a una mujer para la Asamblea Nacional; desde 1907 a los hombres se les dió la posibilidad de votar para las elecciones imperiales, por el contrario, las mujeres seguían siendo excluidas. Sin embargo, a Františka se le ocurrió una idea: enviar algunas candidatas a las elecciones provinciales, con partidos minoritarios. En efecto, la ley bohema no impedía que las mujeres figuraran en el padrón electoral y entonces ese intento fue un firme mensaje de contraste con las políticas de limitación de las libertades y de represión de Austria-Hungría contra un nacionalismo checo cada vez más acalorado y listo para el enfrentamiento. El trabajo de Františka sirvió para abrir el discurso sobre el empoderamiento femenino, totalmente nuevo en ese contexto, y tuvo éxito: Bozena Vikova-Kuneticka fue elegida en 1912 a la Asamblea nacional. Aunque el gobernador decidiera anular el resultado, el proceso de renovación ya había empezado y paralelamente tembién el declino del Imperio. La lucha trasversal, por un lado para los derechos de las mujeres y en realidad para un objetivo más grande, es decir la libertad de esquemas políticos y culturales impuestos desde arriba, tuvo sus primeros resultados después del fin de la Gran Guerra. Con la constitución de la Primera República checoslovaca, en 1918, las mujeres obtuvieron el derecho al voto. Plamínková continuó sus batallas en primera línea como periodista: en efecto, trabajó como corresponsal durante la Primera Guerra de los Balcanes, y después directamente en el Senado. Elegida y luego reconfirmada después de 5 años, tenía como objetivo reformar la ley sobre el materia de familia para revolucionar el papel de la mujer aún considerada como un menor.

Entretanto, el mundo estaba viviendo la confusión que precedió a la Segunda Guerra mundial. La agresividad de la Alemania nazi preocupó a la senadora que escribió una carta abierta directamente a Hitler para protestar contra el ataque a Checoslvaquia. Ésto la convirtió en blanco de ataques y, al estallar la guerra, en un personaje peligroso y perseguible. En 1942 fue encarcelada en Terezin y unos días después fue fusilada por la Gestapo. Reprimidas por tradicciones, prácticas y construcciones mentales que las quieren atadas y calladas, mujeres como Františka Plamínková han sentido la vocación de rasgar el velo que las separaba del autodeterminación y han llegado a ser protagonistas. Ésta es la razón por la cual recordar sus obras y sacar a luz sus resultados se convierte en un deber para nosotros: aprender de estas grandes figuras y dejarnos inspirar para empezar nuestro camino para el cambio en la sociedad.

Toponomastica femminile ha deciso di dedicare Calendaria 2023 alle vincitrici di Premi Nobel. In ogni tavola verrà indicata la sola tipologia del Nobel e il relativo anno di conseguimento, ma ogni settimana, sulla testata giornalistica www.vitaminevaganti.com, saranno pubblicati – in italiano, francese, spagnolo, inglese – cenni biografici delle protagoniste e motivazioni del premio.

Toponomastica femminile a décidé de dédier Calendaria 2022 a  62 femmes européennes du passé, qui se sont distinguées dans les différents domaines liés aux 17 objectifs de développement durable de l’Agenda 2030. Chaque semaine les courts profils trilingues des protagonistes seront accompagnés de récits biographiques publiés en italien sur le journal en ligne www.vitaminevaganti.com et traduits sur le site www. toponomasticafemminile.com

Toponomastica femminile ha decidido dedicar Calendaria 2023 a las ganadoras de Premios Nobel. En cada tabla se indicará solamente la tipología del Nobel y el año de otorgación, pero cada semana, en la revista www.vitaminevaganti.com, se publicarán –en italiano, francés, inglés y español– noticias sobre las protagonistas y las motivaciones del galardón.

Toponomastica femminile has decided to dedicate our 2022 Calendaria to 62 key female figures in Εuropean history, drawn from diverse fields related to the 17 objectives of the Agenda 2030. The short trilingual profiles of the protagonists will be accompanied, every week, by biographical stories published in Italian in the www.vitaminevaganti.com newspaper, translated into other languages and made available on the www. toponomasticafemminile.com website.

  • Progetto editoriale Projet éditorial Proyecto editorial Editorial project: Donatella Caione, Maria Pia Ercolini, Livia Fabiani, Marta Vischi
  • Progetto grafico Projet Graphique Proyecto gráfico Graphic project: Livia Fabiani
  • Illustrazioni Illustrations Ilustraciones Iillustrations:

Viola Gesmundo (Copertina, Couverture, Tapa, Cover), Giulia Tassi (Gennaio, Janvier, Enero, January), Dongni Wei (Febbraio, Février, Febrero, February), Tonka Uzu (Marzo, Mars, Marzo, March), Daniela Godel (Aprile, Avril, Abril, April), Martina Zinni (Maggio, Mai, Mayo, May), Caori Murata (Giugno, Juin, Junio, June), Laura Zernik (Luglio, Juillet, Julio, July), Katarzyna Oliwia Serkowska (Agosto, Août, Agosto, August), Giulia Canetto (Settembre, Septembre, Septiembre, September), Juliette Bonvallet (Ottobre, Octobre, Octubre, October), Giada Ionà (Novembre, Novembre, Noviembre, November), Giulia Capponi (Dicembre, Décembre, Deciembre, December).

  • Testi, traduzioni e collaborazioni Textes, traductions et collaborations Textos, traducciones y contribuciones Texts, translations and contributions:

Federica Agosta, Lizet Angulo, Danila Baldo, Sara Balzerano, Giulia Basile, Cinzia Belmonte, Sara Benesperi, Laura Bertolotti, Donatella Caione, Arianna Calabretta, Giulia Calì, Laura Candiani, Irene Cannata, Livia Capasso, Nadia Cario, Alessia Carofiglio, Brunella Carratù, Maria Carreras i Goicoechea, Cecilia Cavagna, Alessia Concetta Coluccio, Tiziana Concina, Roberta Delia, Eleonora De Longis, Rosanna De Longis, Giuliana De Luca, Vanessa Dumassi, Francesca Emiliani, Alessandra Frigenti, Antonella Gargano, Anastasia Grasso, Erika Incatasciato, Giuseppina Incorvaia, Loretta Junck, Rossana Laterza, Daniela Leonardi, Ina Macina, Paola Malacarne, Erika Mancusi, Virginia Mariani, Sara Marsico, Elisabetta Mattei, Kay McCarthy, Gabriella Milia, Bruno Miranda, Marina Misuraca, Guenoah Mroue, Gemma Pacella, Flavia Palumbo, Carlotta Pennavaria, Alina Petelko, Maria Chiara Pulcini, Francesco Rapisarda, Angela Scozzafava, Simona Serafin, Sara Sesti, Syd Stapleton, Fiorenza Taricone, Elisabetta Uboldi, Julia Vegro, Annamaria Vicini, Marta Vischi, Delia Zampetti, Andrea Zennaro, Mauro Zennaro e studenti Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, CdL L-11, L-20, LM37 e LM38 (Español)


Nobel Gennaio
Calendaria 2023 - Marie Skłodowska Curie
Calendaria 2023 - Bertha von Suttner
Calendaria 2023 - Selma Lagerlöf
Calendaria 2023 - Marie Curie
C
alendaria 2023 - Grazia Deledda

Nobel Febbraio
Calendaria 2023 - Sigrid Undset
Calendaria 2023 - Jane Addams
Calendaria 2023 - Irène Joliot-Curie
Calendaria 2023 - Pearl Buck
Calendaria 2023 - Gabriela Mistral

Nobel Marzo
Calendaria 2023 - Emily Greene Balch
Calendaria 2023 - Gerty Radnitz Cori
Calendaria 2023 - Maria Goeppert Mayer
Calendaria 2023 - Dorothy Crowfoot Hodgkin
Calendaria 2023 - Nelly Sachs

Nobel Aprile
Calendaria 2023 - Betty Williams
Calendaria 2023 - Mairead Corrigan
Calendaria 2023 - Rosalyn Sussman Yalow
Calendaria 2023 - Madre Teresa di Calcutta
Calendaria 2023 - Alva Reimer Myrdal


Nobel Maggio
Calendaria 2023 - Barbara McClintock
Calendaria 2023 - Rita Levi-Montalcini
Calendaria 2023 - Gertrude B. Elion

Calendaria 2023 - Nadine Gordimer
Calendaria 2023 - Aung San Suu Kyi 

Nobel Giugno
Calendaria 2023 - Rigoberta Menchú Tum
Calendaria 2023 - Toni Morrison
Calendaria 2023 - Christiane Nüsslein – Volhard
Calendaria 2023 - Wisława Szymborska
Calendaria 2023 - Jody Williams

Nobel Luglio
Calendaria 2023 - Shirin Ebadi 
Calendaria 2023 - Linda B. Buck
Calendaria 2023 - Elfriede Jelinek
Calendaria 2023 - Wangari Maatha
Calendaria 2023 - Doris Lessing

Nobel Agosto
Calendaria 2023 - Françoise Barré – Sinouss
Calendaria 2023 - Ada Yonath
Calendaria 2023 - Elizabeth H. Blackburn
Calendaria 2023 - Carol W. Greider
Calendaria 2023 - Herta Müller

Nobel Settembre
Calendaria 2023 - Elinor Awan – Ostrom
Calendaria 2023 - Ellen Johnson – Sirleaf
Calendaria 2023 - Leymah Gbowee
Calendaria 2023 - Tawakkul Karman
Calendaria 2023 - Alice Munro

Nobel Ottobre
Calendaria 2023 - Malala Yousafzai
Calendaria 2023 - May Britt – Moser
Calendaria 2023 - Svetlana Aleksievic
Calendaria 2023 - Tu Youyou
Calendaria 2023 - Donna Strickland

Nobel Novembre
Calendaria 2023 - Frances Hamilton – Arnold
Calendaria 2023 - Nadia Murad
Calendaria 2023 - Olga Tokarczuck
Calendaria 2023 - Esther Duflo
Calendaria 2023 - Louise Glück

Nobel Dicembre
Calendaria 2023 - Andrea Ghez
Calendaria 2023 - Emmanuelle Charpentier
Calendaria 2023 - Jennifer Doudna
Calendaria 2023 - Maria Ressa

Calendaria è alla sua quarta edizione

Illustrata da giovani artiste provenienti da Paesi e continenti diversi, Calendaria 2024 presenta 62 compositrici, direttrici d’orchestra e cantanti che nel loro ambito hanno sfidato con coraggio i preconcetti culturali e affrontato sfide e ostacoli di una società patriarcale e maschilista.

Anche le donne della musica, così come le donne della scienza, dell'arte, delle lettere, sono per lo più assenti dai libri di scuola, dai testi di settore e in generale dal nostro immaginario. Per questo motivo Toponomastica femminile, in collaborazione con Matilda Editrice, ha deciso di dedicare la quarta Calendaria alle musiciste, alle compositrici, alle direttrici d'orchestra, artiste che hanno dovuto affrontare difficoltà sconosciute agli uomini per poter sfuggire ai loro ruoli tradizionali.

Il desiderio alla base del progetto è aiutare a comprendere che, anche nel mondo della musica, le donne sono state presenti, fin dai tempi più remoti: la nostra rassegna parte infatti da Ildegarda di Bingen, nata oltre mille anni fa!

L'educazione musicale era concessa solo alle monache e alle nobildonne: alle prime per accompagnare i momenti di preghiera e alle seconde per allietare i momenti conviviali. Per una nobildonna un minimo di educazione musicale era necessaria per la "formazione" di padrona di casa, così come imparare a ricamare, ma non poteva farne una professione o approfondire lo studio oltre un "minimo indispensabile". Né si pensava che potessero comporre la musica o ancor meno dirigere un’orchestra e ancora oggi, si fa fatica a definire una di loro Maestra.

Le stesse compositrici contemporanee, nonostante i secoli che le separano dalle figure femminili del passato, fanno i conti con diversi limiti. Secondo un’analisi riportata dal Guardian, sebbene il 40% dei compositori contemporanei sia donna, solo il 17% di loro trova spazio nelle liste degli editori musicali.        

Dunque, Toponomastica femminile e Matilda Editrice hanno progettato Calendaria 2024 non solo pensando a chi ama la musica e la storia della musica ma anche con l'intento di modificare l'immaginario sulle capacità delle donne e al contempo sulla loro esclusione nei secoli. Un altro tassello quindi che aiuta a ricostruire la nostra storia. 

Ogni settimana dell’anno sarà dedicata a una protagonista della musica e la sua storia, pubblicata sulla nostra testata giornalistica (www.vitaminevaganti.com), potrà essere letta anche in francese, spagnolo, inglese.

Il progetto si completa con la realizzazione di mostre parallele, in grandi pannelli (formato 70x100), che possono essere eventualmente richieste da scuole, associazioni, Comuni e costituire occasione di eventi per coinvolgere la cittadinanza nel processo di riscoperta e valorizzazione del femminile. Per informazioni scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Progetto editoriale Projet éditorial Proyecto editorial Editorial project: Donatella Caione, Maria Pia Ercolini, Livia Fabiani, Milena Gammaitoni

Progetto grafico Projet Graphique Proyecto gráfico Graphic project: Livia Fabiani

Illustrazioni Illustrations Ilustraciones Iillustrations: Caori Murata (Copertina, Couverture, Tapa, Cover), Viola Gesmundo (Gennaio, Janvier, Enero, January), Laura Zernik (Febbraio, Février, Febrero, February), Giulia Canetto (Marzo, Mars, Marzo, March), Carola Pignati (Aprile, Avril, Abril, April), Giulia Tassi (Maggio, Mai, Mayo, May), Giulia Capponi (Giugno, Juin, Junio, June), Martina Zinni (Luglio, Juillet, Julio, July), Katarzyna Oliwia Serkowska (Agosto, Août, Agosto, August), Giada Ionà (Settembre, Septembre, Septiembre, September), Elisabetta Sichel (Ottobre, Octobre, Octubre, October), Marika Banci (Novembre, Novembre, Noviembre, November), Daniela Godel (Dicembre, Décembre, Deciembre, December). Dongx

Testi, traduzioni e collaborazioni Textes, traductions et collaborations Textos, traducciones y contribuciones Texts, translations and contributions: Danila Baldo, Sara Balzerano, Barbara Belotti, Laura Bertolotti, Laura Candiani, Livia Capasso, Laura Coci, Olga Comparone, Miriam Curcio, Viola D’Anselmo, Roberto del Piano, Chiara de Luca, Silvia de Maria, Carlotta Desario, Milena Gammaitoni, Antonella Gargano, Chiara Giacomelli, Emilia Guarneri, Simona Guerrini, Rossana Laterza, Virginia Mariani, Sara Marsico, Gabriella Milia, Guenoah Mroue , Elisa Onorati, Gemma Pacella, Elisa Pasqualotto, Costanza Pelosio, Valeria Pilone, Maria Chiara Pulcini, Elisabetta Uboldi, Ester Rizzo, Syd Stapleton, Mauro Zennaro e studenti dei Corsi di laurea L-11, L-20 e LM-37 del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania, sotto il coordinamento e la revisione della Prof.ssa Maria Carreras i Goicoechea.

Gennaio
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Selma Lagerlöf

(Sunne 1858 – 1940) 

di Loretta Junck


Premio Nobel per la letteratura 1909

«Per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere».

Selma Ottilia Lovisa Lagerlöf, svedese, nasce a Sunne, un piccolo paese nella contea del Värmland, vicino al confine con la Norvegia, in una famiglia appartenente a un’aristocrazia provinciale colta ma decaduta che, con la rapida industrializzazione del paese, sta fatalmente tramontando.


Come tante altre giovani che hanno la possibilità di studiare, sceglie di diventare  maestra, studia a Stoccolma e nel 1885 inizia a insegnare, a Landskrona.

Nel 1891 riesce a pubblicare la sua prima opera, La saga di Gösta Berling.


È la storia di un pastore protestante che a causa dell’alcolismo rinuncia al ministero e abbandona il proprio Paese.

Il romanzo, tuttora considerato il suo capolavoro, suscita inizialmente aspre critiche, ma dopo un paio di anni riesce a conquistare il pubblico, prima in Svezia e poi in tutto il mondo. In più, vince un premio letterario che consiste in una somma notevole e questo permette a Selma di lasciare l’insegnamento e iniziare a viaggiare in Europa.


Nel 1895-96 è in Italia, in Sicilia scrive I miracoli dell’Anticristo, ma si spinge fino in Egitto e in Palestina (1899-1900), dove trae ispirazione per  il romanzo Jerusalem.

Negli anni Venti del Novecento da La saga di Gösta Berling verrà tratta una versione cinematografica di successo: un film muto del regista svedese Stiller, con protagonista Lars Hanson affiancato da una giovanissima Greta Garbo nel suo primo ruolo di rilievo.

Attenta ai problemi sociali del suo tempo e ai diritti delle donne, Selma pubblica un libro dopo l’altro. 

Molto interesse suscita, nel 1906-1907, Il viaggio meraviglioso di Nils Olgersson, grazie al quale la scrittrice ottiene la laurea honoris causa all’Università di Uppsala. Il libro, considerato un classico della letteratura per l’infanzia, narra le avventure di un ragazzino di nome Nils che viaggia sul dorso di un’oca spiegando la storia e la geografia di tutti i paesi da lui visitati. L’opera, che ha suscitato l’ammirazione del filosofo e pedagogista austriaco Karl Popper, viene adottata in molte scuole svedesi. Diventa talmente popolare in Svezia da dare il nome a un treno, a un aereo (a forma di oca) e a parecchi ristoranti. E la compagnia marittima tedesca TT Line, che si occupa dei collegamenti fra Germania e Svezia, utilizza ancor oggi, dal 1962, il nome di Nils Holgersson per una delle sue navi. 

Nel 1981 ne è stato tratto un film di animazione trasmesso anche in Italia dalla Rai e c’è persino un gioco da tavolo ispirato alla storia di Nils.


Il famoso etologo Konrad Lorenz, Nobel 1973 per Medicina e Fisiologia, ha raccontato, durante la conferenza per la consegna del Premio, che nella sua prima infanzia la storia di Nils aveva avuto un’influenza straordinaria su di lui e aveva determinato le scelte fondamentali della sua vita: «Da allora in poi ho desiderato ardentemente di diventare un’oca selvatica e, rendendomi conto che questo era impossibile, ho voluto disperatamente averne una e, quando anche questo si è rivelato impossibile, mi sono risolto per le anatre domestiche».

Ma la consacrazione, per Selma Lagerlöf, arriva nel 1909 con il Premio Nobel, il primo della serie dei sedici finora conferiti a una donna.

Con il denaro del Nobel la scrittrice poté riacquistare la residenza di Mårbacka, nel Värmland, che il padre era stato costretto a vendere a causa di un dissesto finanziario, ristrutturarla e tornare a viverci.


La medaglia d’oro del Premio fu invece da lei donata ai combattenti svedesi all’inizio della Seconda guerra mondiale, quando il governo svedese, pur scegliendo la neutralità, volle però aumentare il proprio armamento difensivo e la consistenza del proprio esercito.


Il premio concesso così precocemente a una donna dall’Accademia svedese, l’istituzione che assegna il Nobel per la letteratura, non è un caso: in Svezia fin dal secolo XVII le donne erano  riuscite a ottenere qualche diritto anche in campo politico e dal 1862 furono ammesse a votare nelle elezioni comunali, per ottenere infine il diritto di voto nelle elezioni nazionali nel 1919.

Cinque anni dopo Lagerlöf sarà chiamata dall’Accademia stessa – e anche in questo caso è la prima donna nella storia – che la annovera fra i suoi membri.

Prosegue intanto incessante l’attività letteraria con La casa di Liljecrona (1911), L’Imperatore di Portugallia (1914), L’anello di Lӧwenskӧld (1925), Anna Svӓrd (1928).


La scrittrice svedese in seguito dedicò la propria vita all’impegno nelle cause pacifiste e femministe.

Nel 1911 tenne un discorso all’Alleanza Nazionale per il suffragio femminile.


Negli anni successivi Selma Lagerlöf decise di devolvere i proventi delle sue pubblicazioni per sostenere i rifugiati ebrei in fuga dalla Germania di Hitler.


La scrittrice sostenne attivamente la Resistenza contro il nazismo e il suo impegno pacifista permise a molte persone di salvarsi. 

Grazie a lei la poetessa Nelly Sachs riuscì a ottenere un visto per la Svezia e a lasciare la Germania, sfuggendo alla deportazione in un lager. Non fece in tempo però a incontrare Selma: quando giunse a Stoccolma lei era già deceduta, in seguito a un’emorragia cerebrale, a Mårbacka, dove era nata. Aveva ottantadue anni.

Oggi è la scrittrice svedese più letta e amata nel mondo.Il suo nome è molto presente nella toponomastica delle città svedesi, ma anche in Austria, Germania, Olanda, Danimarca, Spagna… 


A Roma Selma è ricordata con un viale e a Ravenna con una rotonda.

Anche l’asteroide 11061 è stato a lei dedicato e il suo volto compare su francobolli di diversi Paesi e sulle banconote da 20 corone svedesi.


Grazia Deledda

(Nuoro, 1871 – Roma 1936)

di Rossana Laterza


Premio Nobel per la letteratura 1926 

«Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano».

Quinta figlia di una famiglia numerosa e benestante. La madre era quasi analfabeta, mentre il padre aveva scritto poesie in sardo ed era stato sindaco. L’istruzione femminile si fermava alla quarta elementare e alla bambina, che amava andare a scuola, fu concesso di rimanervi un altro anno a ripetere la quarta. 


Precocemente consapevole della sua vocazione alla scrittura studiò da autodidatta decisa a diventare una scrittrice. Divorò opere di letteratura italiana e straniera, classiche e contemporanee e di tutti i generi.

Diede vita a un epistolario che con il tempo si sarebbe infittito enormemente. Inviò i suoi scritti a direttori di riviste e giornali: «…spediva lettere a raffica anche venti al giorno, per pagare i francobolli rubava l’olio dai magazzini di casa e lo vendeva di nascosto». Ma si formò anche con altri apprendimenti legati a quel sistema di codici e valori patriarcali che in Sardegna continuavano a regolare la vita sociale. 

Miti riconducibili ad antiche società agro pastorali, religiosità pre-cristiana e natura selvaggia che faceva da sfondo ad «avventure brigantesche» e a storie di creature benevole o sinistre raccontate in nuorese. Disgrazie, lutti e difficoltà economiche le fecero sperimentare il dolore e il carattere illusorio di ogni certezza, maturando i temi della sua produzione e acuendo il suo desiderio di orizzonti più vasti.


A diciassette anni pubblicò il suo primo racconto, Sangue sardo, sulla rivista L’Ultima Moda, a diciannove il primo romanzo, ma la famiglia e la comunità ne furono scandalizzate, tanto che in chiesa fu pubblicamente ammonita dal parroco: «Farebbe bene a pregare chi invece si diletta a scrivere storie scostumate!».

Lei non si piegò e tra l’adeguarsi alle regole familiari e sociali e la ribellione aperta scelse una «terza via» sposandosi con un continentale, colto e intelligente che la sostenne nella sua attività di scrittrice: Palmiro Madesani.

Trasferitisi a Roma, frequentarono il mondo intellettuale. 

Dal 1903 con Elias Portolu Deledda diede il via a romanzi dal successo internazionale e con Canne al vento nel 1913 si cominciò a parlare di Nobel. 

Apprezzata dal pubblico (la Regina Margherita fu una delle sue più assidue lettrici), nel suo ambiente fu oggetto di invidia e di pettegolezzi. 

Per sostenere l’attività della moglie, Palmiro rinunciò al suo lavoro e assunse a tempo pieno il ruolo di agente letterario. Un capovolgimento dello stereotipo del rapporto di coppia e una «forma indebolita di maschio» che Pirandello mise alla berlina nel romanzo Suo marito.

Nel 1908 fu al Primo Congresso nazionale delle donne italiane e nel 1909 si presentò alle elezioni per i Radicali nel collegio di Nuoro, ma preferì tuttavia un femminismo «privato, individuale, sororale».

Non plaudì mai al regime fascista né vi si oppose apertamente e per questo fu giudicata «politicamente agnostica», ma i suoi romanzi presentano «elementi di sovversione potente» e rispecchiano «un ordine familiare e sociale infranto: in Canne al vento un servo ammazza il padrone e una figlia fugge di casa e abbandona il padre».

A Mussolini, che l’aveva invitata per complimentarsi chiedendole cosa potesse fare, lei chiese di far tornare dal confino un suo paesano antifascista. Al discorso per il Nobel non fece omaggio al regime. 

Dopo la morte l’opera incompiuta Cosima, autobiografia in forma di romanzo, testimonierà quanto, per tutta la vita, avesse perseguito con consapevolezza e determinazione la sua vocazione letteraria.


Scrisse più di trenta romanzi, molte novelle, delle poesie, alcuni saggi e traduzioni dal francese. Fra i romanzi più noti, oltre a quelli citati, ricordiamo: La via del male, 1896; Cenere, 1904; Nel deserto, 1911; Colombi e Sparvieri, 1912; Marianna Sirca, 1915; La Madre, 1920; L’Edera, 1921.

Deledda fu presa di mira dalla critica perché non si poteva collocare in nessuna delle poetiche ufficiali, per l’uso di una lingua italiana giudicato scorretto, per i temi ritenuti arretrati rispetto alle inquietudini e alla modernità del Novecento, per un tipo di scrittura considerata istintiva e «uterina». Pregiudizio misogino ed etnocentrico che l’ha emarginata, mentre invece la sua grandezza e originalità stanno proprio nel fatto che lei «nella carta millimetrata del Novecento non collima mai» (G. Pampaloni). 

Rappresenta la sensibilità artistica del Novecento perché «…forza i limiti del quadro stereotipato della Sardegna» (M. Onofri) inserendo entro gli aspetti mitici e immutabili del mondo patriarcale i drammi della coscienza, le pulsioni, l’inadeguatezza e l’impotenza di fronte alla casualità dell’esistere. Era bilingue e invece di addomesticare il sardo addomesticò l’italiano al sardo perché rispettava le sue radici e l’alterità della sua terra. Il suo senso religioso va inteso come rispetto della sacralità della natura. Dagli anni Settanta gli studi di genere ne hanno avviato la rivalutazione.


Canne al vento (sintesi)

Efix, servo delle tre dame Pintor, Esther, Ruth e Noemi, cadute in miseria, continua a servirle devotamente. Noemi, giovane e orgogliosa soffre dell’attuale condizione. Anni addietro Efix ha aiutato Lia, un’altra delle sorelle, a fuggire di casa causando la morte del padrone e ne porta il peso del segreto e del rimorso. Lia, partita per il continente, ha avuto un figlio, Giacinto, ed è morta prematuramente. Il giovane, rimasto povero, arriva d’improvviso dalle zie in cerca d’aiuto. Efix lo accoglie amorevolmente credendo che riporti benessere alla casa e sperando nel riscatto della sua colpa, ma l’arrivo di Giacinto scompone ogni equilibrio. Noemi è preda di una passione incestuosa mentre Giacinto si mostra debole e dissoluto. Di fronte allo sfacelo della famiglia, Efix abbandona la casa per vivere da mendicante ed espiare la sua colpa. Al suo ritorno gli equilibri sembrano ricomporsi: Noemi sposa un parente ricco e Giacinto la sua promessa, ma non c’è gioia vera perché ogni anima è segnata indelebilmente ed Efix non sopravvivrà. Muore nel giorno delle nozze di Noemi spezzato dal vento che si abbatte su canne ed esseri umani.

La luna saliva davanti a lui e le voci della sera avvertivano l’uomo che la sua giornata era finita… era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa… cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti. Efix sentiva il rumore che le panas (donne morte di parto) facevan nel lavare i loro panni al fiume battendoli con uno stinco di morto e credeva di intraveder l’ammattadore, folletto con sette berretti … inseguito dai vampiri con la coda di acciaio…agli spiriti maligni si univano gli spiriti dei bambini non battezzati…e i nani e le janas, piccole fate…mentre giganti s’affacciavan tra le rocce dei monti battuti dalla luna…spiando se laggiù fra le distese di euforbia malefica si nascondesse qualche drago… nelle notti di luna tutto questo popolo misterioso anima le colline e le valli: l’uomo non ha diritto a turbarlo con la sua presenza, come gli spiriti han rispettato lui nel corso del sole…

Moltissime città e paesi, insulari e continentali, la ricordano nella toponomastica.

Marie Skłodowska Curie
Sara Balzerano



Giulia Tassi

 

Gomiti ben piantati sul tavolo, testa ferma tra le mani e, nelle orecchie, dita a isolare il mondo fuori e il mondo dentro. Perché, spesso, per provare a conoscere il primo è necessario che il secondo non abbia distrazioni. O impedimenti. E perché a volte, molte volte, questi impedimenti arrivano per il solo fatto di nascere in un determinato posto e in una data maniera. E allora non c’è tempo da perdere, occasione da sfumare, suono o voce che possano arrogarsi il diritto di inceppare il meccanismo perfetto del ragionamento. Sono già troppi gli ostacoli posti lì per “natura”, politica o società. Lo sa bene Maria Skłodowska, nata a Varsavia nel 1867, in una terra polacca che ormai non esiste più, fagocitata dalle potenze vicine che se la sono spartita e rosicchiata; e nata donna, in una realtà, quella della Russia zarista, che le impedisce di accedere agli studi universitari.

Eppure questa ragazzina, ultima di cinque tra fratelli e sorelle, dall’intelligenza famelica, divorata dalla curiosità della scoperta, non vuole lasciarsi fermare. I suoi genitori sono insegnanti e il padre la indirizza verso una formazione scientifica. E lei studia, studia; legge e studia ancora. Terminato il percorso ginnasiale – alla fine del quale viene insignita della medaglia d’oro per i suoi meriti – Skłodowska decide di frequentare l’Uniwersytet Latający, l’Università volante, di Varsavia, un istituto clandestino nato proprio con l’idea e lo scopo, tra gli altri, di permettere alle donne di avere un’istruzione universitaria. Come il nome lascia intendere, le sedi dell’Uniwersytet Latający sono diverse, cambiate di volta in volta per impedire che il governo possa individuarle. I mezzi della famiglia, però, sono pochi; il denaro non è sufficiente a garantire che Maria, le sue sorelle e suo fratello possano continuare gli studi, tanto più che l’Università volante è finanziata direttamente dagli studenti e dalle studenti che la frequentano. E allora Maria e sua sorella maggiore Bronisława stringono un patto: la prima andrà a lavorare per permettere alla seconda di recarsi a Parigi e studiare medicina. Poi si invertiranno i ruoli. Maria Skłodowska diviene, così, una governante. Ha diciotto anni e per almeno altri tre vivrà costretta in un torpore d’animo, intellettuale e di spirito che sembrerà spezzarla. Alla fine, però, il suo turno arriva. È il 1891 e Bronisława la manda a chiamare. Parigi l’aspetta. Maria, che nel frattempo diviene Marie, si iscrive alla Sorbonne ed entra a far parte di quel tre per cento di donne che frequentano le aule universitarie. La sua vita accademica non è facile: è una donna ed è una straniera. La Francia, che arde di spirito rivoluzionario, non è poi così moderna da accettarla senza l’onta del pregiudizio.

Lei però ha ancora quei gomiti ben piantati sul tavolo, la testa ferma tra le mani e, nelle orecchie, le dita a isolare il mondo fuori e il mondo dentro. La scienza è la sua vita e la sua missione, ciò in cui sente che può fare la differenza. Non saranno certo becere e triviali idee a farla inciampare. Il suo spirito e il suo ingegno si fanno notare fin da subito. E infatti, dopo le lauree, prima in fisica e poi in matematica, Marie viene contattata dalla Società per il sostegno all'industria nazionale per condurre uno studio sulle proprietà magnetiche di vari metalli. In questa occasione, un professore le consiglia di contattare un fisico che si sta occupando proprio di questo argomento: Pierre Curie. Pierre e Marie iniziano così il loro sodalizio. Egli, che annotava nel suo personale diario quanto poco stimasse le donne “geniali”, scrive a Marie — che nel frattempo ha deciso di tornare a Varsavia per far l’insegnante e provare, così, ad aiutare la sua terra e il suo popolo — per convincerla a rimanere in Francia: «il tuo sogno patriottico, il nostro sogno umanitario, il nostro sogno scientifico». Perché se c’è una cosa, oltre la scienza, che unisce i due è proprio l’idea che questa disciplina possa — debba — essere la base per creare una società più giusta e più felice. Marie dunque rimane a Parigi, i due si sposano e lei diviene Marie Skłodowska Curie, decidendo quindi di non perdere il proprio cognome né la propria indipendenza. Gli esperimenti nel frattempo continuano. Sono, questi, anni nei quali la scienza decide di correre come mai prima. Nel 1895, il fisico Wilhelm Röntgen scopre i raggi X; nel 1896 Henri Becquerel scopre la radioattività naturale: scopre, cioè, che l’uranio emette dei raggi la cui natura, però, è ignota.

Ed è su questa scoperta, su questi raggi, che Marie Skłodowska Curie decide di fare la sua tesi di dottorato, la prima in Francia presentata da una donna. Il direttore della Società per il sostegno all'industria nazionale mette a disposizione dei coniugi Curie un laboratorio con qualche tavolo traballante, una vecchia stufa in ghisa e una lavagna. Dal vicino Museo Naturale, Marie rimedia un cospicuo numero di metalli, sali, ossidi e minerali. Tra gli strumenti, spicca l’elettrometro piezoelettrico, messo a punto dallo stesso Pierre. Per settimane, Marie Skłodowska Curie misura le radiazioni dei campioni che ha selezionato. C’è, in particolare, un minerale, la pechblenda, che attira la sua attenzione. Detta anche uraninite per la grande quantità di uranio presente, la pechblenda emette dei raggi che hanno una forza sette volte maggiore all’uranio stesso. Al suo interno, dunque, deve per forza esserci qualcos’altro. E infatti, nel luglio del 1898, i Curie riescono a isolare una piccola quantità di un nuovo elemento, 330 volte più radioattivo dell'uranio. Lo chiamano polonio, in onore del Paese di origine di Marie. Il polonio, però, non basta ancora a giustificare la quantità di energia della pechblenda: non è finita. Esperimenti e lavoro ulteriori fanno sì che venga alla luce un nuovo elemento, novecento volte più radioattivo dell’uranio: il radio. Quest’ultimo è presente nella pechblenda in quantità millesimali, troppo poche per poterne calcolare il peso atomico. Servirebbero tonnellate di uraninite. Ed è proprio su queste tonnellate che Marie lavora. In una bacinella di ghisa rovescia un sacco di venti chili di minerale, lo mette sul fuoco, scioglie, filtra, precipita, raccoglie, discioglie ancora, ottiene una soluzione, la travasa, la misura. E ricomincia. Sfrutta il solfuro di idrogeno per purificarla; si inventa il metodo della cristallizzazione frazionata per separare il radio dal bario.

Finché, il 28 marzo 1902, annota: RA = 225,93. Peso di un atomo di radio. Marie Skłodowska Curie ce l’ha fatta. La scoperta del radio muta per sempre l’idea della fisica e dell'universo. La medicina fa dei passi avanti enormi nella lotta contro il cancro e Marie Curie, che potrebbe arricchirsi brevettando il processo di isolamento del radio, decide di lasciarlo libero affinché la scienza e la ricerca possano proseguire. Possano non fermarsi. Esattamente come lei.

 

Traduzione francese
Guenoah Mroue

Des coudes bien plantés sur la table, la tête ferme entre les mains et, dans les oreilles, les doigts pour isoler le monde extérieur et le monde intérieur. Parce que, souvent, pour essayer de connaître le premier, il faut que le second n’ait pas de distractions. Ou d’empêchements. Et parce que parfois, souvent, ces obstacles viennent du seul fait de naître à un endroit donné et d’une certaine manière. Et alors il n’y a pas de temps à perdre, occasion de nuancer, son ou voix qui puissent s’arroger le droit de bloquer le mécanisme parfait du raisonnement. Trop d’obstacles y sont déjà posés par "nature", politique ou société. Maria Skłodowska, née à Varsovie en 1867, dans une terre polonaise qui n’existe plus, engloutie par les puissances voisines qui se sont divisées et rongées; et née femme, dans une réalité, celle de la Russie tsariste, qui l’empêche d’accéder aux études universitaires.

Pourtant, cette petite fille, dernière de cinq frères et sœurs, à l’intelligence affamée, dévorée par la curiosité de la découverte, ne veut pas se laisser arrêter. Ses parents sont enseignants et son père l’oriente vers une formation scientifique. Et elle étudie, et étudie; elle étudie le droit et elle étudie encore. Une fois le parcours du gymnase terminé - à la fin duquel elle reçoit la médaille d’or pour ses mérites - Skłodowska décide de fréquenter l’Uniwersytet Latający, l’Université volante, de Varsovie, un institut clandestin né avec l’idée et le but, notamment de permettre aux femmes d’avoir une formation universitaire. Comme le nom le laisse entendre, les sièges de l’Uniwersytet Latający sont différents, changés de temps à autre pour empêcher le gouvernement de les repérer. Les moyens de la famille, cependant, sont peu nombreux; l’argent ne suffit pas à garantir que Maria, ses sœurs et son frère puissent poursuivre leurs études, d’autant plus que l’Université volante est financée directement par les étudiants et les étudiantes qui la fréquentent. Maria et sa sœur aînée Bronisława concluent alors un pacte : la première ira travailler pour permettre à la seconde de se rendre à Paris et d’étudier la médecine. Ensuite, les rôles seront inversés. Maria Skłodowska devient, ainsi, une gouvernante. Elle a dix-huit ans et, pendant au moins trois ans, elle vivra dans une torpeur d’âme, intellectuelle et d’esprit qui semblera la briser. Mais finalement, son tour arrive. Nous sommes en 1891 et Bronisława l’envoie appeler. Paris l’attend. Marie, qui entre-temps devient Marie, s’inscrit à la Sorbonne et rejoint les trois pour cent de femmes qui fréquentent les salles universitaires. Sa vie académique n’est pas facile : c’est une femme et une étrangère. La France, qui brûle d’esprit révolutionnaire, n’est pas assez moderne pour l’accepter sans la honte des préjugés.

Mais elle a encore ces coudes bien plantés sur la table, la tête ferme entre ses mains et, dans ses oreilles, les doigts pour isoler le monde extérieur et le monde intérieur. La science est sa vie et sa mission, ce dans quoi elle sent qu’elle peut faire la différence. Ce ne sont pas des idées futiles et triviales qui la feront trébucher. Son esprit et son ingéniosité se font immédiatement remarquer. Et en fait, après avoir obtenu son diplôme, d’abord en physique puis en mathématiques, Marie est contactée par la Société pour soutenir l’industrie nationale afin de mener une étude sur les propriétés magnétiques de divers métaux. Dans cette occasion, un professeur vous conseille de contacter un physicien qui s’occupe précisément de ce sujet : Pierre Curie. Pierre et Marie commencent ainsi leur association. Celui-ci, qui notait dans son journal personnel combien il estimait peu les femmes "géniales", écrit à Marie - qui entre-temps a décidé de retourner à Varsovie pour faire l’enseignante et essayer ainsi d’aider sa terre et son peuple - pour la convaincre de rester en France : « Ton rêve patriotique, notre rêve humanitaire, notre rêve scientifique ». Car s’il y a une chose, au-delà de la science, qui unit les deux, c’est bien l’idée que cette discipline puisse - doit - être la base pour créer une société plus juste et plus heureuse. Marie reste donc à Paris, les deux se marient et elle devient Marie Skłodowska Curie, décidant de ne pas perdre son nom de famille ni son indépendance. Les expériences se poursuivent. Ce sont ces années-là que la science décide de courir comme jamais auparavant. En 1895, le physicien Wilhelm Röntgen découvre les rayons X ; en 1896, Henri Becquerel découvre la radioactivité naturelle : il découvre que l’uranium émet des rayons dont la nature est inconnue.

C’est sur cette découverte, sur ces rayons, que Marie Skłodowska Curie décide de faire sa thèse de doctorat, la première en France présentée par une femme. Le directeur de la Société de soutien à l’industrie nationale met à la disposition des conjoints Curie un atelier avec quelques tables bancales, un vieux poêle en fonte et un tableau noir. Du Musée Naturel tout proche, Marie remédie à un grand nombre de métaux, sels, oxydes et minéraux. Parmi les instruments, se distingue l’électromètre piézoélectrique, mis au point par Pierre lui-même. Pendant des semaines, Marie Skłodowska Curie mesure les radiations des échantillons qu’elle a sélectionnés. Il y a, en particulier, un minéral, la pechblende, qui attire son attention. Aussi appelée uraninite pour la grande quantité d’uranium présente, la pechblende émet des rayons qui ont une force sept fois plus grande que l’uranium lui-même. Il doit y avoir autre chose à l’intérieur. En effet, en juillet 1898, les Curies parviennent à isoler une petite quantité d’un nouvel élément, 330 fois plus radioactif que l’uranium. On l’appelle polonium en l’honneur du pays d’origine de Marie. Mais le polonium ne suffit pas encore à justifier la quantité d’énergie de la pechblende : elle n’est pas terminée. Des expériences et des travaux ultérieurs font apparaître un nouvel élément, 900 fois plus radioactif que l’uranium : le radium.

Ce dernier est présent dans la pechblende en quantités millisimales, trop peu pour pouvoir en calculer le poids atomique. Il faudrait des tonnes d’uraninite. C’est sur ces tonnes que Marie travaille. Dans un bassin en fonte, elle renverse plus de vingt kilos de minerai, le met sur le feu, le fond, filtre, précipite, recueille, dissout encore, obtient une solution, la transvase, la mesure. Et elle recommence. Elle utilise le sulfure d’hydrogène pour la purifier; on invente la méthode de la cristallisation fractionnée pour séparer le radium du baryum. Jusqu’à ce que, le 28 mars 1902, elle note : RA = 225,93. Le poids d’un atome de radio. Marie Skłodowska Curie a réussi. La découverte du radium change à jamais l’idée de la physique et de l’univers. La médecine fait d’énormes progrès dans la lutte contre le cancer et Marie Curie, qui pourrait s’enrichir en brevetant le processus d’isolement du radium, elle décide de le laisser libre pour que la science et la recherche puissent continuer. Qu’ils ne s’arrêtent pas. Exactement comme elle.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Elbows firmly planted on the table, head steady in your hands, and fingers in your ears, separating the world outside and the world inside. Because, often, trying to know the former requires that the latter have no distractions. Or impediments. And because sometimes, many times, these impediments come by the mere fact of being born in a given place and a given situation. And then there is no time to waste, no opportunity to miss, no sound or voice that should be able to claim the right to jam the perfect mechanism of reasoning. There are already too many obstacles placed there by "nature," politics or society. Maria Skłodowska knew this well, born in Warsaw in 1867, in a Polish land swallowed up by the neighboring powers that shared and nibbled it away. And, she was born a woman, in a reality, that of Czarist Russia, that prevented her from accessing university studies.

Yet this young girl, the last of five siblings, of ravenous intelligence, devoured by the curiosity of discovery, would not let herself be stopped. Her parents were teachers, and her father directed her toward a scientific education. And she studied and studied, she read and studied some more. After finishing gymnasium - at the end of which she was awarded a gold medal for her merits - Skłodowska decided to attend Uniwersytet Latający, “The Flying University” in Warsaw, a clandestine institute established with the idea and purpose, among others, of enabling women to have a university education. As the name implies, the locations of the Uniwersytet Latający were fluid, changed from time to time to prevent the government from locating them. The family's means, however, were few. Their money was not enough to ensure that Maria, her sisters, and her brother could continue their studies, especially since the “flying university” was financed directly by the students who attended it. So, Maria and her older sister Bronisława made a pact. The former would go to work so that the latter could go to Paris and study medicine. Then the roles were reversed. Maria Skłodowska thus became a governess at eighteen years old, and for at least three more years she lived in a forced hibernation of the mind, intellect and spirit that seemed sure to break her. Eventually, however, her turn arrived. It was in 1891 that Bronisława sent for her. Paris awaited her. Maria, who in the meantime becomes Marie, enrolled at the Sorbonne and joined the women who attended university courses - only three percent of the students. Her academic life was not easy. She was both a woman and a foreigner. France, burning with revolutionary spirit, was not so modern as to accept her without shameful prejudice.

However, she still had those elbows firmly planted on the table, her head still in her hands and, her fingers in her ears, separating the world outside and the world inside. Science was her life and her mission, and something in which she felt she could make a difference. It would certainly not be boorish and trivial ideas that would trip her up. Her wit and ingenuity made themselves known early on. And indeed, after her degrees, first in physics and then in mathematics, Marie was approached by the Society for the Support of National Industry to conduct a study of the magnetic properties of various metals.On this occasion, a professor advised her to contact a physicist who was working on this very subject - Pierre Curie. Pierre and Marie thus began their association. He, who noted in his personal diary how little he esteemed "brilliant" women, wrote to Marie - who had meanwhile decided to return to Warsaw to be a teacher and try, in this way, to help her land and her people - to convince her to stay in France, citing "your patriotic dream, our humanitarian dream, our scientific dream." For if there was one thing, beyond science, that united the two, it was precisely the idea that this discipline could - must - be the basis for creating a more just and happier society. Marie therefore stayed in Paris, the two married, and she became Marie Skłodowska Curie, thus deciding not to lose her surname or her independence. The experiments meanwhile continued. Those were years in which science began to develop like never before. In 1895, physicist Wilhelm Roentgen discovered X-rays, and in 1896 Henri Becquerel discovered natural radioactivity - that is, he discovered that uranium emits rays whose nature, however, was unknown.

And it was on the discovery of these rays, that Marie Skłodowska Curie decided to do her doctoral thesis, the first in France submitted by a woman. The director of the Society for the Support of National Industry provided the Curie couple with a laboratory with a few rickety tables, an old cast-iron stove, and a blackboard. From the nearby Natural Museum, Marie procured a substantial number of metals, salts, oxides and minerals. Prominent among their instruments was a piezoelectric electrometer, developed by Pierre himself. For weeks, Marie Skłodowska Curie measured the radiation of the samples she had selected. There was, in particular, one mineral, pitchblende, that caught her attention. Also called uraninite because of the large amount of uranium present, pitchblende emits rays that have a strength seven times greater than uranium itself. Inside it, then, there necessarily had to be something else. And indeed, in July 1898, the Curies managed to isolate a small amount of a new element, 330 times more radioactive than uranium. They called it polonium, in honor of Marie's country of origin. Polonium, however, was still not enough to justify the amount of energy in pitchblende. It was far from finished. Further experiments and work brought to light a new element, nine hundred times more radioactive than uranium: radium.

The latter is present in pitchblende in tiny amounts, too small to enable them to calculate its atomic weight. Tons of uraninite were needed. And it was precisely on these tons that Marie worked. She would tip a twenty-kilogram bag of ore into a cast iron basin, put it on the fire, melt it, filter it, do a precipitation, collect it, dissolve it again, get a solution, decant it, and measure it. And then she repeated the process. She used hydrogen sulfide to purify it and she invented the fractional crystallization method to separate radium from barium. Until, on March 28, 1902, she noted: RA = 225.93 - the weight of a radium atom. Marie Skłodowska Curie had done it! The discovery of radium forever changed the idea of physics and the universe. Medicine made huge strides in the fight against cancer, and Marie Curie, who could have gotten rich by patenting the process for isolating radium, decided to let it free so that science and research could continue. And may it never stop. Exactly as she did not stop.

 

Traduzione spagnola
Federica Agosta

Los codos plantados sobre la mesa, la cabeza bien sujeta entre las manos y, en los oídos, los dedos aislando el mundo por dentro y por fuera. Porque, a menudo, tratar de conocer el primero requiere que el segundo no tenga distracciones. O impedimentos. Y porque a veces, muchas veces, estos impedimentos proceden del mero hecho de haber nacido en un determinado lugar y de una determinada manera. Y entonces no hay tiempo que perder, ni oportunidad que desaprovechar, ni sonido o voz que pueda reclamar el derecho a atascar el mecanismo perfecto del razonamiento. Ya hay demasiados obstáculos levantados por la “naturaleza”, la política o la sociedad. Bien lo sabe Maria Skłodowska, nacida en Varsovia en 1867, en una tierra polaca que ya no existe, engullida/ por las potencias vecinas que se la acaban de repartir casi ‘a mordiscos’; y nacida mujer, en una realidad, la de la Rusia zarista, que no le permite acceder a los estudios universitarios.

Sin embargo, esta joven mujer, última entre cinco hermanos y hermanas, con su inteligencia voraz, devorada por la curiosidad del descubrimiento, no quiere que alguien o algo la pare. Hija de profesores, su padre la orienta hacia una formación científica. Y ella estudia, estudia; lee y vuelve a estudiar. Al terminar la educación seundaria - al final de la cual le otorgaron una medalla de oro por sus méritos - Skłodowska decidió asistir a la Uniwersytet Latający, la Universidad Volante, de Varsovia, un instituto clandestino fundado con la idea y el propósito, entre otros, de permitir a las mujeres tener una educación universitaria. Como el nombre indica, las sedes de Uniwersytet Latający eran diferentes, se cambiaban de vez en cuando para que el gobierno no las localizara. Sin embargo, los medios de la familia eran pocos; el dinero no era suficiente para que María, su hermana y su hermano puedieran seguir estudiando, sobre todo porque la Universidad Volante se veía directamente financiada por los y las estudiantes que asistían a ella. De tal manera, Maria y su hermana mayor Bronisława hacen un pacto: la primera se pondrá a trabajar para que la segunda pueda ir a estudiar medicina a París. Luego se invertirán los papeles.Maria Skłodowska, por lo tanto, se convierte en institutriz. Tiene dieciocho años y durante al menos otros tres más tendrá que vivir reprimida en un estado de pereza mental, intelectual y espiritual que parecerá quebrarla por dentro. Sin embargo, al final llega su turno. Estamos en 1891 y Bronisława manda a buscarla. París la espera. Maria, que entretanto se convierte en Marie, se matricula en la Sorbona y entra a formar parte del 3% de mujeres que asiste a las aulas universitarias. Su vida académica no es fácil: es una mujer y es una extranjera. Francia, que arde de un espíritu revolucionario, no es tan moderna como para aceptarla sin la vergüenza de los prejuicios.

Pero Marie sigue teniendo los codos bien plantados sobre la mesa, la cabeza bien sujeta entre las manos y, en los oídos, los dedos que aíslan el mundo por dentro y por fuera. La ciencia es su vida y su misión, es en la ciencia donde siente que puede hacer la diferencia. No serán unas ideas groseras y triviales las que la harán tropezar. Su espíritu y su ingenio ven la luz desde el comienzo. Y, de hecho, tras sus licenciaturas, primero en física y luego en matemáticas, la Sociedad de Apoyo a la Industria Nacional se pone en contacto con Marie para que esta última lleve a cabo un estudio sobre las propiedades magnéticas de diferentes metales. En dicha ocasión, un profesor le aconseja que se ponga en contacto con un físico que está trabajando sobre este mismo tema: Pierre Curie. Pierre y Marie comienzan así su colaboración. Él, que anotaba en su diario personal lo poco que estimaba a las mujeres “geniales”, escribe a Marie –que entretanto había decidido volver a Varsovia para enseñar y así tratar de ayudar a su tierra y a su pueblo– para convencerla de que se quede en Francia: “tu sueño patriótico, nuestro sueño humanitario, nuestro sueño científico”. Porque si hay algo, además de la ciencia, que les une a los dos es la idea de que dicha disciplina puede –y debe– ser la base para llevar a cabo una sociedad más justa y feliz. Por lo tanto, Marie se queda en París, los dos se casan y ella se convierte en Marie Skłodowska Curie, decidiendo así no perder su apellido ni su independencia. Mientras tanto, los experimentos continúan. Estos son los años durante los cuales la ciencia decide correr más que nunca. En 1895, el físico Wilhelm Röntgen descubrió los rayos X; en 1896, Henri Becquerel descubrió la radiactividad natural: descubrió, en otras palabras, que el uranio emite rayos cuyo origen, sin embargo, resulta desconocido.

Y es acerca de este descubrimiento, de estos rayos, que Marie Skłodowska Curie decide escribir su tesis de doctorado, la primera en Francia presentada por una mujer. El director de la Sociedad de Apoyo a la Industria Nacional pone a disposición de los cónyuges Curie un laboratorio con unas mesas desvencijadas, una vieja estufa de hierro fundido y una pizarra. Del cercano Museo Natural, Marie obtiene un gran número de metales, sales, óxidos y minerales. Entre los instrumentos, destaca el electrómetro piezoeléctrico, perfeccionado por el mismo Pierre. Durante semanas, Marie Skłodowska Curie mide la radiación de las muestras que ha seleccionado. Hay un mineral, en particular, la pechblenda, que llama su atención. También denominada uraninita, por la gran cantidad de uranio presente, la pechblenda emite rayos que poseen una fuerza siete veces mayor que el propio uranio. En su interior, por lo tanto, debe existir algo más. Y efectivamente, en julio de 1898, los Curie logran aislar una pequeña cantidad de un nuevo elemento, 330 veces más radiactivo que el uranio. Lo llaman polonio, en honor al país de origen de Marie. Sin embargo, el polonio no es suficiente para justificar la cantidad de energía de la pechblenda. Otros experimentos y trabajos llevan al descubrimiento de un nuevo elemento, novecientas veces más radiactivo que el uranio: el radio.

Este último está presente en la pechblenda en cantidades milimétricas, demasiado pequeñas para calcular su peso atómico. Se necesitarían toneladas de uraninita. Y es precisamente sobre dichas toneladas que trabaja Marie. En una cubeta de hierro fundido vuelca un saco de veinte kilos de mineral, lo pone al fuego, funde, filtra, disuelve, recoge, y lo vuelve a disolver, obtiene una solución, la transvasa, la mide. Y comienza de nuevo. Utiliza el sulfuro de hidrógeno para purificarla; lleva a cabo el método de cristalización fraccionada para separar el radio del bario. Hasta que, el 28 de marzo de 1902, anota: RA = 225,93. Peso de un átomo de radio. Marie Skłodowska Curie lo logró. El descubrimiento del radio cambia la idea de la física y del universo para siempre. La medicina avanza a pasos agigantados en la lucha contra el cáncer y Marie Curie, que podía enriquecerse patentando el proceso de aislamiento del radio, decide dejarlo libre para que la ciencia y la investigación puedan seguir adelante. Para que no se detengan. Exactamente como ella.

 

Traduzione ucraina

Лікті міцно поставлені на стіл, голова в руках і пальці у вухах, щоб ізолювати зовнішній світ від внутрішнього. Тому що, часто, щоб спробувати пізнати перше, необхідно, щоб друге не мало відволікаючих факторів. Або перешкоди. І тому, що іноді, багато разів, ці перешкоди походять від простого факту народження в конкретному місці та певним чином. І тоді ми не можемо втрачати час, привід, звук чи голос, які можуть претендувати на право глушити ідеальний механізм міркувань. Вже є занадто багато перешкод від «природи», політики чи суспільства. Марія Склодовська це добре знає, народжена у Варшаві 1867 року, на польській землі, якої вже не існує, поглиненої сусідніми державами, які її поділили й погризли; народилася жінкою, в реальності царської Росії, в якій вона не має доступу до університетського навчання.  

Проте ця дівчина, остання з п’яти братів і сестер, з ненажерливим інтелектом, поглинена цікавістю відкриттів, не хоче дозволити себе зупинити. Її батьки вчителі, тато спрямовує її на наукову освіту. А вона вчиться, вчиться; знову читає і вивчає. Після закінчення середньої школи, наприкінці якої вона нагороджена золотою медаллю за заслуги, Склодовська вирішує вступити до Uniwersytet Latający, Летючий Варшавський Університет, підпільний інститут, створений саме з ідеєю та метою дозволити жінкам отримати університетську освіту. Як випливає з назви, офіси Uniwersytet Latający час від часу переміщуються, щоб запобігти уряду їх ідентифікації. Засобів у сім'ї, однак, небагато; грошей недостатньо, щоб гарантувати Марії, її сестрам і брату можливість продовжувати навчання, тим більше, що Летючий університет фінансується безпосередньо студентами, які його відвідують. І тоді Марія та її старша сестра Броніслава укладають угоду: перша піде на роботу, а друга – таким чином, поїде до Парижа, щоб вивчати медицину. Потім ролі поміняються. Марія Склодовська стає прибиральницею. Але зрештою настає її черга. Настав 1891 рік, і Броніслава пише її. Париж чекає на неї. Марія, яка тим часом стає Марі, вступає до Сорбонни та приєднується до трьох відсотків жінок, які відвідують університетські класи. Її академічне життя непросте: вона жінка та іноземка. Франція, яка палає революційним духом, не настільки сучасна, щоб сприймати її без сорому й упер її едженості.

Але вона все ще тримає лікті на столі, її голова все ще в її руках, а її пальці у вухах, щоб ізолювати зовнішній світ і світ всередині. Наука - це її життя і її місія. Вульгарні і тривіальні ідеї не будуть її спотикати. Її дух і винахідливість одразу помічаються. І справді, після закінчення факультету фізики, а потім математики, з Марі зв’язується Товариство підтримки національної промисловості, щоб провести дослідження магнітних властивостей різних металів. З цього приводу професор радить їй звернутися до фізика, який займається саме цією темою: П’єра Кюрі. П'єр і Марі починають співпрацю. Він, який писав у своєму особистому щоденнику, як мало поважає «геніальних» жінок, пише Марі – яка тим часом вирішила повернутися до Варшави, щоб бути вчителем і таким чином спробувати допомогти своїй землі та людям – щоб переконати її залишитися у Франції: «ваша патріотична мрія, наша гуманітарна мрія, наша наукова мрія». Бо якщо є щось, що об’єднує їх, окрім науки, то це саме ідея, що ця дисципліна може – має – стати основою для створення більш справедливого та щасливішого суспільства. Тому Марія залишається в Парижі, вони одружуються, і вона стає Марією Склодовською Кюрі, таким чином вирішуючи не втрачати свого прізвища чи незалежності. Експерименти тим часом тривають. Це роки, коли наука вирішує бігти вперед, як ніколи. У 1895 році фізик Вільгельм Рентген відкриває рентгенівські промені; у 1896 році Анрі Беккерель відкриває природну радіоактивність: він відкриває, що уран випромінює промені, природа яких, однак, невідома.

І саме на цьому відкритті, на цих променях Марія Склодовська-Кюрі вирішує зробити свою докторську дисертацію, перша у Франції, презентована жінкою. Директор Товариства підтримки вітчизняної промисловості надає подружжю Кюрі лабораторію з кількома хиткими столами, старою чавунною пічкою та дошкою. У сусідньому Природничому музеї Марі знаходить велику кількість металів, солей, оксидів і мінералів. Серед приладів виділяється п’єзоелектричний електрометр, розроблений самим П’єром. Тижнями Марія Склодовська Кюрі вимірювала радіацію відібраних нею зразків. Є мінерал, настуран, який привертає її увагу. Також відомий як уранініт через велику кількість присутнього урану, настуран випромінює промені, сила яких у сім разів перевищує сам уран. Усередині нього, отже, обов'язково має бути щось інше. І справді, у липні 1898 року подружжю Кюрі вдалося виділити невелику кількість нового елемента, у 330 разів радіоактивнішого за уран. Вони називають це полонієм на честь країни походження Марі. Полонію ще недостатньо, щоб виправдати кількість енергії в настираній обманці: він не присутній у кінцевих кількостях. Подальші експерименти та робота відкривають новий елемент, у дев’ятсот разів радіоактивніший за уран: радій.

Радій присутній в настурі в тисячних кількостях, занадто мало, щоб можна було обчислити його атомну вагу. Для цього знадобляться тонни уранініту. І саме на цих тоннах працює Марі. У чавунний таз висипає мішок із двадцять кілограмів мінералу, ставить на вогонь, плавить, фільтрує, осаджує, збирає, знову розчиняє, отримує розчин, розливає, відміряє. І починається знову. Вона використовує сірководень для очищення; вона винайшла метод фракційної кристалізації для відділення радію від барію. Поки одного разу, 28 березня 1902 року, вона не зазначає: RA = 225,93. Вага атома радію. Марія Склодовська Кюрі це зробила. Відкриття радію назавжди змінює уявлення про фізику і Всесвіт. Медицина робить величезні успіхи в боротьбі з раком, і Марія Кюрі, яка могла б розбагатіти, запатентувавши процес виділення радію, вирішила відмовитися від цього, щоб наука і дослідження могли розвиватися. Нехай вони не зупиняються. Так само, як і вона.

 

Bertha von Suttner
Fiorenza Taricone



Giulia Tassi

 

Motivazione del Premio Nobel per la Pace, assegnato nel 1905: «per la sua audacia nell'opporsi agli orrori della guerra».

A tutt’oggi, il personaggio e l’opera di Bertha von Suttner non sono molto noti presso il grande pubblico; attenzione tanto più parziale se si considera che fu la prima donna a essere insignita del Nobel per la Pace. Bertha Sophia Felicita nasce alla metà del XIX secolo, nel 1843, dai conti Kinsky von Chinic und Tettau, figlia postuma dell’imperial regio tesoriere e feldmaresciallo Franz Joseph, morto pochi mesi prima a settantotto anni, e di Sophia Wilhelmine, di ventotto anni, discendente della famiglia del poeta della libertà tedesca Theodore von Korner. L’educazione è quella impartita secondo le regole dell’aristocrazia asburgica: studia francese, inglese, italiano, poi russo. A trent’anni, nel 1873, decise di rendersi indipendente, considerate anche le non più floride condizioni economiche della madre. S’impiega quindi presso la famiglia del barone von Suttner, come insegnante accompagnatrice delle figlie, e s’innamora ricambiata del figlio minore, Artuhr Gundaccar, di sette anni più giovane.

L’avversione della famiglia von Suttner a questo legame la spinge nel 1876 ad abbandonare Vienna per Parigi, dopo aver risposto a un annuncio lavorativo di Alfred Bernhard Nobel (Stoccolma 1833-Sanremo 1896), il chimico e industriale svedese che nel 1867 aveva scoperto la dinamite; Nobel deciderà successivamente per testamento di destinare l’enorme ricchezza accumulata alla nascita di una Fondazione omonima e all’attribuzione del prestigioso Premio per la Pace, per testimoniare la sua convinzione che anche le scoperte più temibili, come quella della dinamite, devono essere indirizzate ai fini del progresso e non della distruzione. Bertha viene assunta in qualità di segretaria e governante, ma dopo appena una settimana, dietro invito di Arthur e delle sorelle, torna a Vienna, e si sposa segretamente con l'amato, partendo con lui per il Caucaso. I due vi restano nove anni, dal 1876 al 1885. Arthur esercita la professione d’ingegnere, Bertha dà lezioni di letteratura e musica, iniziando a scrivere le prime opere, in cui si trova già l’idea di una società in cui pace e progresso vanno di pari passo. Nel 1885 i coniugi fanno ritorno a Vienna, nella residenza di famiglia. Durante la stagione invernale del 1886, Bertha si reca a Parigi e incontra di nuovo Alfred Nobel, con cui era rimasta in contatto epistolare; lo informa dei suoi progetti per la pace e sente parlare per la prima volta di Società per la pace e per la Corte d’arbitrato. Fra il 1888 e il 1889 finisce di scrivere L’era delle macchine, contro l’esagerato nazionalismo e l’eccesso d’armamenti. Pubblica nello stesso anno Giù le armi!, tradotto in molte lingue, che ha subito un successo enorme. Nella sua frenetica attività pacifista, fonda nel 1891 la Società austriaca per la pace di cui resta presidente fino alla morte, avvenuta nel 1914, e che rappresenta, durante il terzo Congresso mondiale della pace, a Roma; in quell’occasione tiene il suo primo discorso pubblico, con meraviglia dei presenti alla vista di una oratrice. Arthur, da parte sua, contribuisce alla fondazione a Vienna della Società per la difesa contro l’antisemitismo. Anche a Berlino, i due coniugi diedero vita alla Società tedesca per la pace. Al quarto Congresso mondiale della pace, tenutosi a Berna, tiene una relazione insieme a Teodoro Moneta, futuro Nobel italiano, sul tema: La Confederazione degli Stati Uniti d’Europa. Nel 1896 muore Alfred Nobel: nel testamento assegna un premio rispettivamente per la fisica, la chimica, la medicina, la letteratura e la pace. In uno scritto del 1897 Bertha ricorda il testamento di Nobel come un avvenimento di massima importanza per il movimento pacifista. Dinanzi a tutto il mondo per la prima volta viene dichiarato che «l’affratellamento dei popoli, la riduzione degli eserciti e la sfida dei congressi della pace» potevano significare la felicità dell’intera umanità.

Nel 1902 muore il marito Arthur, ma Bertha intensifica comunque la sua attività, partecipando al Congresso mondiale per la pace a Boston, cui fa seguito un lungo giro di conferenze negli Stati Uniti, che replica nel 1912. A Washington viene ricevuta dal Presidente Roosevelt. Nel 1905 ottiene il Premio Nobel per la Pace, ma in seguito si allontana dalla cosiddetta "pace armata" di Nobel, per sostenere il disarmo totale di tutte le nazioni, con l’istituzione di una Corte d’arbitrato per ogni conflitto internazionale. Qualche anno dopo partecipa alla seconda Conferenza dell’Aja dalla quale nasce la Corte permanente d’arbitrato. Nel 1910 André Carnegie, industriale americano, istituisce una Fondazione per la pace su ispirazione di Bertha von Suttner e tre anni dopo, al XX Congresso universale all’Aja, viene inaugurato il Palazzo della Pace dovuto alla generosità di Carnegie che offre il terreno, mentre gli altri Stati contribuiscono al decoro della costruzione e all’arredamento. L’Italia fornisce i marmi per il magnifico vestibolo, la città dell’Aja fa realizzare a sue spese lo scalone, la Germania offre le porte monumentali in ferro battuto, l’Austria i grandi candelabri dorati ai piedi della scala, l’Ungheria vasi di porcellana, la Danimarca una fontana, l’Inghilterra le vetrate a colori, il Mikado arazzi giapponesi, il Belgio il carillon della torre. Appena un anno dopo, alle avvisaglie della Prima guerra mondiale, la scrittrice è sfiduciata. «Il movimento pacifista borghese – scrive – è da noi così fiacco che è condannato all’insuccesso. Dove sono i giovani pieni d’energie e di entusiasmo? E alla guida non c’è che una donna anziana…» La data di morte, 21 giugno 1914, una settimana prima dell'attentato di Sarajevo, in fondo è per lei una salvezza. Secondo le sue volontà, il corpo viene cremato. A testimonianza dell’ininterrotta attività pacifista, con l’introduzione della nuova moneta europea nel 2001, la sua effigie è stata posta sulla moneta da 2 euro del conio austriaco.

Il suo attivismo, oltre ai tratti della continuità e della coerenza, unisce alla forza ideale anche la progettualità politica: Bertha von Suttner ha sempre privilegiato l’individuare un sovrano o un presidente di uno Stato neutrale che funga da mediatore, quindi una sorta di arbitrato internazionale. La sua modernità è nell’aver capito subito il volto bifronte del progresso. Tanto le moderne conquiste come le ferrovie, il telegrafo, e la stessa dinamite scoperta da Alfred Nobel erano indici positivi, altrettanto, applicate alla guerra, si rivelavano nemiche del progresso stesso. Infine, la modernità della sua scrittura: Bertha vuole istruire, come si sarebbe detto nell’Ottocento, dilettando; Abbasso le armi! in Italia era comparso per la prima volta nel 1897, per le edizioni dei Fratelli Treves, basato sull’edizione del 1892. Il romanzo si presenta a tratti come un apparente feuilleton, che a conti fatti sembra però trasformarsi in un’abile operazione letteraria, tesa ad avvicinare lettori e lettrici a un tema politico-militare, attraverso i sentimenti.

 

Traduzione francese
Guenoah Mroue

Motivation du Prix Nobel de la Paix, décerné en 1905 : «pour son audace à s’opposer aux horreurs de la guerre».

À ce jour, le personnage et l’œuvre de Bertha von Suttner ne sont pas très connus auprès du grand public; attention d’autant plus partielle qu’elle fut la première femme à recevoir le prix Nobel de la Paix. Bertha Sophia Felicita naît au milieu du XIXe siècle, en 1843, des comtes Kinsky von Chinic und Tettau, fille posthume du trésorier royal impérial et maréchal Franz Joseph, mort quelques mois plus tôt à soixante-huit ans, et de Sophia Wilhelmine, 28 ans, descendante de la famille du poète de la liberté allemande Theodore von Korner. L’éducation est celle donnée selon les règles de l’aristocratie des Habsbourg : elle étudie le français, l’anglais, l’italien, puis le russe. À l’âge de trente ans, en 1873, elle décide de devenir indépendante, étant donné les conditions économiques de sa mère qui ne sont plus florissantes. Elle s’engage donc auprès de la famille du baron von Suttner, comme enseignante accompagnant ses filles, et tombe amoureuse en retour de son fils cadet, Artuhr Gundaccar, sept ans plus jeune.

L’aversion de la famille von Suttner pour ce lien la pousse en 1876 à quitter Vienne pour Paris, après avoir répondu à une annonce d’emploi d’Alfred Bernhard Nobel (Stockholm 1833-Sanremo 1896), le chimiste et industriel suédois qui avait découvert la dynamite en 1867; Nobel décidera ensuite par testament d’allouer l’énorme richesse accumulée à la naissance d’une Fondation homonyme et à l’attribution du prestigieux Prix pour la Paix, pour témoigner de sa conviction que même les découvertes les plus redoutables, comme celle de la dynamite, doivent être dirigées vers le progrès et non vers la destruction. Bertha est engagée comme secrétaire et gouvernante, mais après seulement une semaine, à l’invitation d’Arthur et de ses sœurs, elle retourne à Vienne et épouse secrètement son bien-aimé, partant avec lui pour le Caucase. Les deux y restent neuf ans, de 1876 à 1885. Arthur exerce la profession d’ingénieur, Bertha donne des leçons de littérature et de musique, commençant à écrire les premiers opéras, dans lesquels se trouve déjà l’idée d’une société où paix et progrès vont de pair. En 1885, les époux retournent à Vienne, dans la résidence familiale. Pendant la saison hivernale 1886, Bertha se rend à Paris et rencontre à nouveau Alfred Nobel, avec qui elle est restée en contact épistolaire; elle l’informe de ses projets pour la paix et entend parler pour la première fois de Société pour la paix et de la Cour d’arbitrage. Entre 1888 et 1889, elle finit d’écrire L’era delle macchine, contre le nationalisme exagéré et l’excès d’armement. Elle publie la même année Giù le armi! , traduit en plusieurs langues, qui a connu un énorme succès. Dans sa frénétique activité pacifiste, elle fonde en 1891 la Société autrichienne pour la paix dont elle reste président jusqu’à sa mort en 1914, et qui représente, au cours du troisième Congrès mondial de la paix, à Rome; à cette occasion, elle prononce son premier discours public, à la surprise des personnes présentes à la vue d’une oratrice. Arthur, pour sa part, contribue à la fondation à Vienne de la Société pour la défense contre l’antisémitisme. À Berlin aussi, les deux époux ont créé la Société allemande pour la paix. Au quatrième Congrès mondial de la paix, qui s’est tenu à Berne, elle fait un exposé avec Teodoro Moneta, futur Nobel italien, sur le thème : La Confédération des États-Unis d’Europe. En 1896, Alfred Nobel meurt : dans son testament, il décerne un prix respectivement pour la physique, la chimie, la médecine, la littérature et la paix. Dans un écrit de 1897, Bertha rappelle le testament de Nobel comme un événement de la plus haute importance pour le mouvement pacifiste. Devant le monde entier, pour la première fois, il est déclaré que «l’affranchissement des peuples, la réduction des armées et le défi des congrès de la paix» pouvaient signifier le bonheur de l’humanité tout entière.

En 1902, son mari Arthur meurt, mais Bertha intensifie son activité, participant au Congrès mondial pour la paix à Boston, suivi d’une longue tournée de conférences aux États-Unis, qui réplique en 1912. À Washington, elle est reçue par le président Roosevelt. En 1905, elle obtient le Prix Nobel de la Paix, mais s’éloigne ensuite de la soi-disant "paix armée" de Nobel, pour soutenir le désarmement total de toutes les nations, avec la création d’une Cour d’arbitrage pour tous les conflits internationaux. Quelques années plus tard, elle participe à la deuxième Conférence de La Haye de laquelle naît la Cour permanente d’arbitrage. En 1910, André Carnegie, industriel américain, fonde une Fondation pour la paix sur l’inspiration de Bertha von Suttner et trois ans plus tard, au XXe Congrès universel à La Haye, est inauguré le Palais de la Paix dû à la générosité de Carnegie qui offre le terrain, tandis que les autres États contribuent à la décoration de la construction et à l’ameublement. L’Italie fournit les marbres pour le magnifique vestibule, la ville de La Haye fait réaliser à ses frais l’escalier, l’Allemagne offre les portes monumentales en fer forgé, l’Autriche les grands chandeliers dorés au pied de l’escalier, la Hongrie vases en porcelaine, le Danemark une fontaine, l’Angleterre les vitraux, le Mikado tapisseries japonaises, et la Belgique le carillon de la tour. À peine un an plus tard, à l’annonce de la Première Guerre mondiale, l’écrivain est découragée. « Le mouvement pacifiste bourgeois - écrit-elle - est si faible chez nous qu’il est condamné à l’échec. Où sont les jeunes pleins d’énergie et d’enthousiasme ? Et au volant, il n’y a qu’une vieille femme...» La date de sa mort, le 21 juin 1914, une semaine avant l’attentat de Sarajevo, est au fond un salut pour elle. Selon sa volonté, le corps est incinéré. Preuve de l’activité pacifiste ininterrompue, avec l’introduction de la nouvelle monnaie européenne en 2001, son effigie a été placée sur la pièce de 2 euros de l’émission de monnaie autrichienne.

Son activisme, outre les traits de continuité et de cohérence, unit à la force idéale également la projectualité politique : Bertha von Suttner a toujours privilégié la recherche d’un souverain ou d’un président d’un État neutre agissant comme médiateur, donc une sorte d’arbitrage international. Sa modernité est d’avoir tout de suite compris le visage à double face du progrès. Tant les conquêtes modernes comme les chemins de fer, le télégraphe, et la dynamite même découverte par Alfred Nobel étaient des indices positifs, tout comme, appliquées à la guerre, elles se révélaient ennemies du progrès lui-même. Enfin, la modernité de son écriture : Bertha veut enseigner, comme on l’aurait dit au XIXe siècle, en se délectant; À bas les armes! en Italie, il est apparu pour la première fois en 1897, pour les éditions des Frères Treves, basé sur l’édition de 1892. Le roman se présente parfois comme un feuilleton apparent, qui en fin de compte semble se transformer en une habile opération littéraire, visant à rapprocher les lecteurs et les lectrices d’un thème politico-militaire, à travers les sentiments.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Bertha von Suttner was awarded the Nobel Peace Prize in 1905 with this motivation: «for her boldness in opposing the horrors of war».

To this day, Bertha von Suttner's character and work are not well known among the general public, especially surprising considering that she was the first woman to be awarded the Nobel Peace Prize. Bertha Sophia Felicita was born in the mid-19th century, in 1843, as the Countess Kinsky von Chinic und Tettau, the daughter of an Austrian Lieutenant-General who died at the age of seventy-five a few months before her birth, and of Sophia Wilhelmine, aged twenty-eight, a descendant of the family of German poet Theodore von Korner. Her education was that given according to the rules of the Habsburg aristocracy. She studied French, English, Italian, then Russian. At the age of 30, in 1873, she decided to become independent, in part due to her mother's no longer prosperous economic condition. She was then employed by Baron von Suttner's family, as a teacher and caregiver for their daughters, and fell in love with their youngest son, Arthur Gundaccar von Suttner, seven years her junior.

The von Suttner family's aversion to this connection prompted her in 1876 to leave Vienna for Paris, after responding to a job advertisement from Alfred Bernhard Nobel (b. Stockholm 1833- d. Sanremo 1896), the Swedish chemist and industrialist who had invented dynamite in 1867. Nobel would later decide in his will to allocate the enormous wealth he had accumulated to the establishment of a foundation of the same name and to the awarding of the prestigious Peace Prize, as a testament to his belief that even the most fearsome discoveries, such as that of dynamite, should be directed toward the ends of progress and not destruction. Bertha was hired as a secretary and housekeeper, but after only a week, at the invitation of Arthur and his sisters, she returned to Vienna and secretly married her beloved, leaving with him for the Caucasus. The two stayed there for nine years, from 1876 to 1885. Arthur worked as an engineer, Bertha gave lessons in literature and music, and began to write her first works, in which there was already the idea of a society in which peace and progress go hand in hand. In 1885 the couple returned to Vienna, to the family residence. During the winter season of 1886, Bertha traveled to Paris and met again with Alfred Nobel, with whom she had remained in correspondence. She informed him of her plans for peace and heard for the first time about the Peace Society and the Court of Arbitration. Between 1888 and 1889 she finished writing The Machine Age, against exaggerated nationalism and excessive armament. She published Lay Down your Arms! in the same year, translated into many languages, which was an immediate success. In her committed pacifist activity, she founded the Austrian Peace Society in 1891, of which she remained president until her death in 1914, and which she represented during the Third World Peace Congress in Rome. On that occasion she made her first public speech, to the amazement of those present at the sight of a female speaker. Arthur, for his part, helped found the Society for the Defense Against Anti-Semitism in Vienna. Also, in Berlin, the couple founded the German Peace Society. At the Fourth World Peace Congress, held in Bern, she presented a paper together with Teodoro Moneta, a future Italian Nobel laureate, on the theme, The Confederation of the United States of Europe. In 1896 Alfred Nobel died. His will provided for awards of prizes for physics, chemistry, medicine, literature and peace, respectively. In an 1897 essay Bertha recalled Nobel's will as a document of utmost importance for the peace movement. Before the whole world, for the first time, it was declared that «the brotherhood of peoples, the reduction of armies and the challenge of peace congresses» could greatly enhance the happiness of all mankind.

In 1902 her husband Arthur died, but Bertha nevertheless intensified her activities, attending the World Peace Congress in Boston, which was followed by a long lecture tour of the United States, which she repeated in 1912. In Washington she was received by President Roosevelt. In 1905 she was awarded the Nobel Peace Prize, but later moved away from Nobel's so-called "armed peace" to advocate total disarmament of all nations, with the establishment of a Court of Arbitration for every international conflict. A few years later she participated in the Second Hague Conference from which the Permanent Court of Arbitration was born. In 1910, Andrew Carnegie, an American industrialist, established a Peace Foundation inspired by Bertha von Suttner, and three years later, at the 20th Universal Congress in The Hague, the Peace Palace was inaugurated due to the generosity of Carnegie who offered the land, while other states contributed to the construction of the building and its furnishings. Italy provided the marble for the magnificent vestibule, the City of The Hague had the grand staircase made at its own expense, Germany offered the monumental wrought-iron doors, Austria the large gilded candelabra at the foot of the staircase, Hungary porcelain vases, Denmark a fountain, England stained glass windows, Mikado Japanese tapestries, and Belgium the tower carillon. Just a year later, seeing the warnings of World War I, the writer issued a challenge. "The bourgeois pacifist movement," she wrote, "is so sluggish that it is doomed to failure. Where are the young people full of energy and enthusiasm? And at the helm there is but one old woman...." The date of her death, June 21, 1914, a week before the Sarajevo assassination of Archduke Ferdinand, was basically a salvation for her. According to her wishes, the body was cremated. As a testament to her uninterrupted pacifist activity, with the introduction of the new European currency in 2001, her image was placed on the 2-euro coin of Austrian coinage.

Her activism, in addition to the traits of continuity and consistency, combined ideological strength with political planning. Bertha von Suttner always favored identifying a sovereign or a president of a neutral state to act as a mediator, thus a kind of international arbitration. Her modernity is in having understood early on the two-sided face of progress. As much as modern achievements such as railroads, the telegraph, and the very dynamite discovered by Alfred Nobel were positive contributions, equally, applied to war, they proved to be the enemy of progress itself. Finally, the modernity of her writing was key. Bertha aimed to instruct, as would have been said in the nineteenth century, by delighting. In Italy, Abbasso le armi! (Lay Down Your Arms) had first appeared in 1897, in the Fratelli Treves editions, based on the 1892 edition. The novel is presented at times as a call to action, which on balance, however, seems to turn into a skillful literary operation, aimed at bringing readers to a political-military understanding through an appeal to their emotions.

 

Traduzione spagnola
Martina Randazzo

Motivo del Premio Nobel de la Paz, otorgado en 1905: «por su audacia en oponerse a los horrores de la guerra.»

Hoy en día el personaje y la obra de Bertha von Suttner no son muy populares entre el gran público; aún más parcial es su popularidad, puesto que ella fue la primera mujer condecorada con el Nobel de La Paz. Bertha Sophia Felicita nació a mediados del siglo XIX, en 1843, descendiente de los condes Kinsky von Chinic y Tettau, hija póstuma de Franz Joseph, tesorero imperial regio y mariscal de campo, quien había muerto con 78 años pocos meses antes, y de Sophia Wilhelmine de 28 años, descendiente de la familia del poeta de la libertad alemana Theodore von Korner. Su educación fue la que se impartía conforme a los preceptos de la aristocracia habsbúrgica: estudió francés, inglés, italiano y luego ruso. Con 30 años, en 1873, decidió independizarse, también al no ser ya prósperas las condiciones económicas de su madre. Por lo tanto se empleó en la familia del barón Von Suttner como maestra y acompañadora de sus hijas y se enamoró correspondida de su hijo menor, Arthur Gundaccar, siete años más joven que ella.

En 1876 la aversión de la familia von Suttner a esta relación la indujo a abandonar Viena por París, después de haber contestado a un anuncio de empleo de Alfred Bernhard Nobel (Estocolmo 1833-San Remo 1896), el químico e industrial sueco, quien en 1867 había descubierto la dinamita; sucesivamente Nobel decidirá destinar por testamento la enorme riqueza acumulada para la creación de una Fundación homónima y para la atribución del prestigioso Premio de la Paz, a fin de testificar su creencia, según la cual también los descubrimientos más temibles, como el de la dinamita, deberían estar dirigidos hacia el progreso y no hacia la destrucción. Bertha fue contratada en calidad de secretaria y gobernanta, pero sólo una semana después volvió a Viena por invitación de Arthur y de sus hermanas, se casó en secreto con su amado y viajó con él a la vuelta del Cáucaso. Los dos se quedaron ahí durante 9 años, desde 1876 hasta 1885. Arthur ejercitaba la profesión de ingeniero, Bertha impartía clases de literatura y música, mientras empezaba a escribir sus primeras obras, en las cuales ya se encontraba la idea de una sociedad en que paz y progreso iban de la mano. En 1885 los cónyuges volvieron a Viena, a la residencia de familia. A lo largo de la estación invernal de 1886 Bertha fue a París y se encontró de nuevo con Alfred Nobel, con quien ella había seguido estando en contacto epistolar; le dio noticias acerca de sus proyectos a favor de la paz y oyó hablar por primera vez de Sociedad de la Paz y de la Corte de Arbitraje. Entre 1888 y 1889 terminó de escribir Das Maschinenzeitalter (La era de las máquinas) L’era delle macchine contra el excesivo nacionalismo y el exceso de armamentos. En el mismo año publicó Die Waffen nieder! (¡Abajo las armas!), traducido a muchos idiomas y que en seguida tuvo un gran éxito. Con su frenética actividad pacifista fundó en 1891 la Sociedad de la Paz austríaca de la que fue presidenta hasta su muerte en 1914 y que representó en el tercer Congreso mundial de la paz en Roma; en dicha ocasión pronunció su primer discurso público frente a la admiración de los presentes a la vista de una oradora. Arthur, por su parte, contribuyó a la fundación en Viena de la Sociedad para la defensa contra el antisemitismo. Los cónyuges crearon también en Berlín la Sociedad alemana de la Paz. En el cuarto Congreso mundial de la Paz, que se celebró en Berna, presentó una comunicación junto a Teodoro Moneta, el futuro Nobel italiano, sobre el tema: La Confederación de los Estados Unidos de Europa. En 1896 Alfred Nobel murió: en su testamento dispuso respectivamente un premio de física, de química, de medicina, de literatura y de paz. En una nota del año 1897 Bertha mencionó el testamento de Nobel en términos de un evento de importancia máxima para el movimiento pacifista. Por primera vez se declaró ante todo el mundo que «el hermanamiento de las poblaciones, la reducción de los ejércitos y el reto de los congresos de la paz» podían significar la felicidad de toda humanidad.

En 1902 murió su marido Arthur y, sin embargo, Bertha aumentó su actividad, participó en el Congreso mundial de la Paz en Boston, al que siguió una larga gira de conferencias en los Estados Unidos, que ella replicó en 1912. En Washington fue recibida por el presidente Roosvelt. En 1905 obtuvo el Premio Nobel de la Paz, pero más tarde se apartó de la llamada “paz armada” de Nobel, a fin de apoyar el desarme total de todas las naciones, con la institución de una Corte de Arbitraje para cada conflicto internacional. Unos años después participó en la segunda Conferencia de La Haya, de la que tuvo origen La Corte permanente de Arbitraje. En 1910 André Carnegie, industrial americano, instituyó una Fundación de la Paz inspirándose en Bertha von Suttner y tres años después, en el XX Congreso universal de La Haya, se inauguró el Palacio de la Paz, gracias a la generosidad de Carnegie, quien ofreció el terreno, mientras que los demás Estados contribuyeron al aspecto de la construcción y al mobiliario. Italia proporcionó los mármoles para el magnífico vestíbulo, la ciudad de la Haya hizo construir a su cargo la escalinata, Alemania ofreció las puertas monumentales de hierro forjado, Austria los grandes candelabros dorados al pie de la escalera, Hungría jarrones de porcelana, Dinamarca una fuente, Inglaterra vidrieras de colores, el Mikado tapices japoneses, Bélgica el carillón de la torre. Después de sólo un año, a la primera señal de la Primera guerra mundial, la escritora estaba muy preocupada. «El movimiento pacifista burgués –escribió– es tan débil entre nosotros que su destino es el fracaso. ¿Dónde está la juventud llena de energía y entusiasmo? Y al frente de esto sólo hay una mujer anciana…». La fecha de su muerte, 21 de junio de 1914, una semana antes del atentado de Sarajevo, fue en el fondo salvífica para ella. Conforme a su voluntad su cuerpo fue incinerado. Como prueba de su incesante actividad pacifista, con la introducción de la nueva moneda europea en 2001, se insertó su efigie en la moneda de 2 euros del cuño austríaco.

Su activismo, más allá del aspecto de continuidad y coherencia, reúne el proyecto político con la fuerza ideal: Bertha von Suttner siempre privilegió considerar un monarca o un presidente de un Estado neutral, que pudiera servir de intermediario, es decir una especie de arbitraje internacional. Su modernidad se encuentra en la comprensión inmediata de la cara bifronte del progreso. Tanto las conquistas modernas, es decir el ferrocarril, el telégrafo, así como la la misma dinamita descubierta por Alfred Nobel, eran señales positivas, tanto estas se revelaban enemigas del mismo progreso si se aplicaban a la guerra. Por fin, la modernidad de su escritura: Bertha quiso enseñar deleitando, como hubieran dicho en el siglo XIX; ¡Abajo las armas! había hecho su aparición en Italia por primera vez en ya 1897, con las ediciones de los hermanos Treves, basándose en la edición de 1892 mientras que en España parece haberse publcado por primera vez en 1905 (barcelona, Sopena). En unos puntos la novela se parece a un feuilleton, pero en definitiva parece convertirse en una hábil operación literaria, destinada a acercar lectores y lectoras a un tema político-militar, a través de los sentimientos.

 

Traduzione ucraina
Alina Petelko

Мотивація Нобелівської премії миру, присудженої у 1905 році: «за сміливість у протистоянні жахам війни».

До сьогодні постать і діяльність Берти фон Саттнер не надто відома широкому загалу, тим більше, що вона була першою жінкою, яка стала лауреатом Нобелівської премії миру. Берта Софія Фелісіта народилася в середині 19 століття, у 1843 році, в родині графів Кінських фон Чинік і Теттау, посмертної дочки імперського королівського скарбника і фельдмаршала Франца Йосифа, який помер кількома місяцями раніше у віці сімдесяти восьми років, і двадцятивосьмирічної Софії Вільгельміни, нащадка роду німецького поета-визволителя Теодора фон Корнера. Освіту здобув за правилами габсбурзької аристократії: вивчав французьку, англійську, італійську, потім російську мови. У віці тридцяти років, у 1873 році, він вирішив стати незалежним, в тому числі з огляду на вже неблагополучне матеріальне становище своєї матері. Потім вона працювала в сім'ї барона фон Саттнера, як вчителька, що супроводжувала його дочок, і закохалася в їхнього молодшого сина, Артура Гундакара, на сім років молодшого за неї.

Неприйняття сім'єю фон Саттнер цього зв'язку спонукало її виїхати з Відня до Парижа в 1876 році, після того, як вона відповіла на оголошення про роботу Альфреда Бернхарда Нобеля (Стокгольм 1833 - Сан-Ремо 1896), шведського хіміка і промисловця, який відкрив динаміт в 1867 році; Пізніше Нобель у своєму заповіті вирішив спрямувати накопичені ним величезні багатства на створення однойменного фонду і на присудження престижної премії миру, щоб засвідчити своє переконання в тому, що навіть найстрашніші відкриття, такі як відкриття динаміту, повинні бути спрямовані на прогрес, а не на руйнування. Берту наймають секретарем і економкою, але вже через тиждень, на запрошення Артура і його сестер, вона повертається до Відня і таємно виходить заміж за коханого, виїжджаючи з ним на Кавказ. Вони пробули там дев'ять років, з 1876 по 1885 рік. Артур працював інженером, Берта давала уроки літератури і музики, почала писати свої перші твори, в яких вже можна знайти ідею суспільства, в якому мир і прогрес йдуть пліч-о-пліч. У 1885 році подружжя повернулося до Відня, до родинної резиденції. Взимку 1886 року Берта здійснила поїздку до Парижа, де знову зустрілася з Альфредом Нобелем, з яким листувалася; вона розповіла йому про свої плани щодо миру і вперше почула про Товариство Миру та Третейський суд. Між 1888 і 1889 роками він закінчив написання книги "Епоха машин", спрямованої проти перебільшеного націоналізму і надмірного озброєння. У тому ж році він опублікував книгу "Геть зброю!", перекладену багатьма мовами світу, яка одразу ж мала величезний успіх. У своїй несамовитій пацифістській діяльності в 1891 році він заснував Австрійське товариство миру, президентом якого залишався до своєї смерті в 1914 році і яке представляв на Третьому Всесвітньому конгресі миру в Римі; з цієї нагоди він виголосив свою першу публічну промову, на подив присутніх, побачивши жінку-оратора. Артур, зі свого боку, допоміг заснувати у Відні Товариство захисту від антисемітизму. Також у Берліні подружжя заснувало Німецьке товариство миру. На Четвертому Всесвітньому конгресі миру, що проходив у Берні, він разом з Теодоро Монетою, майбутнім італійським лауреатом Нобелівської премії, виступає з доповіддю на тему: "Конфедерація Сполучених Штатів Європи". У 1896 році помер Альфред Нобель: у своєму заповіті він присудив премії з фізики, хімії, медицини, літератури та миру відповідно. У листі 1897 року Берта згадує заповіт Нобеля як подію надзвичайної важливості для руху за мир. Перед усім світом вперше було заявлено, що «братерство народів, скорочення армій і скликання мирних конгресів» може означати щастя всього людства.

У 1902 році помер її чоловік Артур, але Берта все ж активізувала свою діяльність, взявши участь у Всесвітньому конгресі миру в Бостоні, за яким послідувало тривале лекційне турне Сполученими Штатами, що повторилося в 1912 році. У Вашингтоні вона була прийнята президентом Рузвельтом. У 1905 році вона була нагороджена Нобелівською премією миру, але пізніше відійшла від так званого "збройного миру" Нобеля на користь повного роззброєння всіх націй, зі створенням третейського суду для кожного міжнародного конфлікту. Через кілька років він брав участь у Другій Гаазькій конференції, з якої народилася Постійна палата третейського суду. У 1910 році американський промисловець Андре Карнегі заснував Фонд Миру, натхненний Бертою фон Саттнер, а через три роки, на 20-му Всесвітньому конгресі в Гаазі, Палац Миру був урочисто відкритий завдяки щедрості Карнегі, який виділив землю, а інші держави зробили свій внесок в оздоблення будівлі та меблювання. Італія надала мармур для розкішного вестибюля, місто Гаага власним коштом виготовило парадні сходи, Німеччина - монументальні ковані двері, Австрія - великі золоті канделябри біля підніжжя сходів, Угорщина - порцелянові вази, Данія - фонтан, Англія - вітражі, японські гобелени "Мікадо", Бельгія - баштовий карильйон. Вже через рік, з початком Першої світової війни, письменникові кидають виклик. «Буржуазний пацифістський рух, - пише вона, - тут настільки млявий, що приречений на провал. Де молодь, сповнена енергії та ентузіазму? А біля керма - лише старенька бабця...» Дата смерті, 21 червня 1914 року, за тиждень до бомбардування Сараєво, по суті, є для неї порятунком. За її бажанням тіло кремують. Як свідчення її безперервної пацифістської діяльності, з введенням у 2001 році нової європейської валюти, її портрет було розміщено на монеті номіналом 2 євро австрійського карбування.

 

Її діяльність, окрім рис безперервності та послідовності, також поєднує ідеальну силу з політичним плануванням: Берта фон Саттнер завжди виступала за те, щоб знайти суверена або президента нейтральної держави, який виступав би в ролі посередника, таким чином, своєрідного міжнародного арбітражу. Її сучасність полягає в тому, що вона рано зрозуміла дволикість прогресу. Наскільки сучасні завоювання, такі як залізниця, телеграф і той самий динаміт, відкритий Альфредом Нобелем, були позитивними ознаками, настільки ж у застосуванні до війни вони виявилися ворогом самого прогресу. Нарешті, сучасність його письма: Берта хоче повчати, як сказали б у 19 столітті, захоплюючи; "Abbasso le armi!" в Італії вперше з'явилася в 1897 році у видавництві "Fratelli Treves" на основі видання 1892 року. Роман подається часом як явний фейлетон, який, однак, у підсумку перетворюється на майстерну літературну операцію, покликану через почуття наблизити читача до військово-політичної тематики.

 

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